Complessità ed ontogenesi dei paesaggi: un punto di incontro Almo
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Complessità ed ontogenesi dei paesaggi: un punto di incontro Almo
Complessità ed ontogenesi dei paesaggi: un punto di incontro Almo Farina & Ileana Schipani Istituto di Ecologia e Biologia Ambientale Università di Urbino [email protected] Riassunto La teoria della complessità e la teoria dell’ontogenesi dei paesaggi sono state confrontate sulla base dei loro rispettivi principi. Della teoria della complessità sono state analizzate l’ipotesi dell’incertezza, l’ipotesi dell’interdominio e l’ipotesi della connessione. Della teoria ontogenetica è stato approfondito la prospettiva probabilistica, la prospettiva energetica e la prospettica dei driver. Dalla comparazione tra le ipotesi sulla complessità e le prospettive entro le quali l’ontogenesi dei paesaggi si realizza emerge una comunanza concettuale ed operazionale che avvalora la tesi che i paesaggi sono entità complesse per il cui studio, interpretazione e gestione vengono richiesti approcci adeguati alla luce delle loro proprietà. Parole chiave: complessità, ontogenesi, ecologia del paesaggio, novità, opportunità, eventi Introduzione In anni recenti il paradigma della complessità è stato ampiamente utilizzato per comprendere le relazioni tra sistemi viventi, matrice ambientale e meccanismi cibernetici attivati dalle società umane tecnologicamente avanzate (f.i. Lewin 1992, Merry 1995, Cilliers 1998, Arthur 1999, Levin 1999, Bossomaier & Green 2000, Manson 2001, Taylor 2001). Ma come è stato recentemente sottolineato da Li (2004) la ricerca sul tema della complessità sebbene abbia fatto progressi, è ancora in uno stadio embrionale soprattutto nel settore ecologico dove la definizione di complessità di per sè ed il relativo contesto in cui opera, rispettivamente di tipo epistemologico e sperimentale, ne rallentano lo sviluppo. Altra serie di problemi emerge nell’uso di un appropriato vocabolario. Per esempio Loehle (2004) sottolinea come certe entità quali il disturbo trovino difficoltà ad essere definite non essendo né oggetti fisici né forze ma solo astrazioni. Il trasferimento del tema della complessità al mondo reale vede il paesag1 gio un dominio fenomenologico adatto ad affrontare questo difficile e sfuggente argomento. In realtà il paesaggio è di per sé un soggetto di non facile accesso per gli ecologi che devono confrontarsi con svariate discipline quali, tra l’altro, l’architettura, la pianificazione e la gestione delle risorse che ne hanno delineato fondamenti e nomenclature in un crescendo di assiomi e di sinonimie. Il paesaggio può essere considerato sia un’ entità fisica (Forman & Godron 1986) che un’ entità concettuale (Naveh 2003, Farina et al. 2004), con pattern e processi che si incontrano in domini spaziali e temporali intersecantisi lungo un costrutto dalle caratteristiche gerarchiche (O’Neill et al. 1986). Recentemente la complessità in ecologia è stata distinta da Loehle (2004) in almeno sei tipi : spaziale, temporale, strutturale, di processo, comportamentale e geometrica. Fra questi differenti tipi di complessità abbiamo individuato la complessità di processo con cui confrontare la recente teoria dell’ontogenesi dei paesaggi (Farina & Hong 2004). Le finalità di questo contributo è di trovare convergenze epistemologiche ed operazionali tra la teoria della complessità ecologica e la teoria dell’ontogenesi, tali da rafforzare le basi della scienza del paesaggio (sensu Farina 2004) e rintracciare quel percorso epistemologico che in un recente passato è stato utilizzato da von Bertalanffy (1969) nella ricerca di una Teoria Generale dei Sistemi. Come affrontare la complessità di processo Abbiamo individuato tre ipotesi operazionali per descrivere la complessità di processo: l’ipotesi dell’incertezza, l’ipotesi dell’inter-dominio ed infine l’ipotesi della connessione. Ogni ipotesi va inserita in un dominio fenomenologico specifico in cui spazio/tempo ed attori appaiono tra loro connessi all’interno di una ristretta finestra operazionale. 1. L’ipotesi dell’incertezza (II) Questa ipotesi considera la imprevedibilità di un fenomeno come fattore chiave che impedisce la produzione di un sistema accoppiato “causa-effetto”. In altre parole la mancanza di un percorso certo impone ad un sistema di rimanere “separato” rispetto a sistemi contigui. In questo caso ci si trova di fronte ad una “non evoluzione” dei sistemi. Per esempio le dinamiche ed i pattern che si generano in un ammasso di neve che si scioglie con l’arrivo della bella stagione non possono essere intercettati dalla vegetazione se non in minima misura perché soggetti dall’imprevedibilità stagionale. L’incertezza impedisce alla memoria del sistema di operare per mantenere la propria omeostasi. Un evento inaspettato non ha possibilità di essere “gestito” dalla memoria del sistema e i proces2 si di ridondanza del sistema non possono essere attivati al loro grado di massima efficienza. 2. L’ipotesi dell’inter-dominio (IID) Questa ipotesi prende in considerazione i meccanismi semiotici attraverso i quali un dominio fenomenologico (sensu Farina et al. 2004) comunica con un altro dominio. In questo modo la complessità viene colta nei meccanismi messi in atto per permettere la comunicazione (quindi lo scambio di informazione) tra due o più sistemi. I codici ed i relativi meccanismi sono l’espressione di tale complessità (vedi p.e. Barbieri 2003). Questa ipotesi è stata prevista, sebbene non in termini esplicitamente semiotici, da diversi autori che hanno elaborato la teoria gerarchica (p.e. Allen & Starr 1982, O’Neill et al. 1986, Allen & Hoekstra 1992). 3. L’ipotesi della connessione (IC) L’azione dell’uomo a scala planetaria porta come diretta conseguenza un aumento di connessione tra sistemi un tempo isolati. Per questo nuove specie o varietà possono raggiungere aree remote superando le barriere naturali attraverso l’energia fornita indirettamente dai mezzi utilizzati dall’uomo per i suoi spostamenti (aerei, navi, automobili). Non vi sono oggi sistemi ambientali dove l’uomo non abbia prodotto modificazioni dirette ed indirette. L’aumentata connettività creata ad hoc dalle società umane ha quindi implicazioni nei sistemi naturali mettendo in contatto tra di loro specie e sistemi altrimenti isolati. Questa aumentata connessione influenza il comportamento dei sistemi che appaiono quindi soggetti ad influenze “aliene”. Riconosciamo in questo tipo di relazioni un’importante espressione della complessità e quindi del comportamento non lineare dei sistemi che non possono entrare in uno stato informativo strutturato, sensu Stonier 1996) che si rende necessario per il mantenimento della omeostasi. La caratterizzazione di un sistema e quindi la sua ontogenesi richiedono l’innesto di processi di centripetalità e di autocatalisi (sensu Ulanowicz 1997) caratterizzati da una forte asimmetria. La teoria dell’ontogenesi dei paesaggi L’ontogenesi dei paesaggi viene compresa in una teoria generale che cerca di spiegare le dinamiche non sempre gradualistiche attraverso le quali i paesaggi, intesi come entità sistemiche, reagiscono a input di energia ed informazione provenienti dal mondo esterno, nonché i processi che determinano la loro continua auto-organizzazione (Farina & Hong 2004). Questa teoria ha solo appa3 renti somiglianze con la teoria evolutiva degli ecosistemi descritta da Holling & Gunderson (2002). Questi autori prevedono quattro fasi dinamiche degli ecosistemi: “exploitation”, “release”, “conservation” e “reorganization”. Secondo questa visione il sistema si auto-organizza e si autoregola. Sebbene questa visione non sia in contrasto con quanto esposto dalla teoria ontogenetica, quest’ultima prende in considerazione un mondo dove la ciclicità è raramente compiuta ma dove piuttosto vengono ad operare episodi energetici esterni ai sistemi che ne impediscono una completa evoluzione. E soprattutto la teoria ontogenetica prende in considerazione l’importanza che i pattern associati alle differenti fasi hanno per la dinamica dei sistemi stessi. Torneremo più avanti su quest’ ultimo aspetto invocando l’ipotesi del “fenotipi esteso” ed il cambiamento di scala operazionale. Novità, Opportunità, Eventi sono le fasi, tra loro in rapporto sequenziale, che vengono riconosciute come responsabili dell’ontogenesi dei paesaggi. Le Novità rappresentano l’episodio che proveniendo dall’esterno modifica profondamente strutture e processi nei sistemi. Le Opportunità sono episodi di auto-regolazione che intervengono all’interno di un sistema non disturbato da episodi esterni. Gli Eventi sono episodi di organizzazione successiva di un sistema in elementi distinti (sotto-sistemi). Sono quindi episodi di ulteriore differenziamento. Le tre categorie di episodi si differenziano anche in base alla frequenza di occorrenza. Le Novità hanno una bassa frequenza, le Opportunità hanno per contro una frequenza molto elevata. Gli Eventi vengono collocati in una posizione intermedia. Ancora l’energia in gioco decresce dalle Novità andando verso le Opportunità. La prospettiva probabilistica (PP) Come abbiamo già detto la probabilità che un episodio si verifichi è molto basso per le Novità, intermedio per gli Eventi e basso nelle Opportunità. Gli episodi che si verificano raramente in un sistema determinano nel sistema una “sorpresa”, vale a dire il sistema non ha nella propria memoria (genetica ed ecologica), elementi di riconoscimento. Per esempio un tornado o una inondazione possono sconvolgere interi sistemi senza alcuna possibilità per detti sistemi di contrastare gli effetti. La sorpresa è quindi sia di tipo energetico che di tipo fenomenologico. Il vento è un fenomeno ben conosciuto dalla vegetazione arborea ma quando questo supera certi livelli di intensità, un tale disturbo non può essere incorporato dal sistema che viene quindi distrutto. Allo stesso tempo l’introduzione di una specie biogeograficamente aliena come il gatto in Australia ha prodotto 4 irreversibili modificazioni sulla biodiversità di questo continente trovando facilmente marsupiali privi di qualsiasi tipo di difesa da questo mesopredatore. Per contro le Opportunità sono conosciute dal sistema che ha memoria e quindi è in grado di riconoscerle ed eventualmente contrastarle. Per esempio una influenza virale è un tipo di disturbo che viene immediatamente riconosciuto dal nostro sistema immunitario, ma non certo le radiazioni atomiche. Le Opportunità possiedono meccanismi più lineari e deterministici. La prospettiva energetica (PE) Le Novità sono determinate dallo straordinario input energetico proveniente dall’esterno del sistema. Sono casi di Novità prodotte da una immissione di energia esterna valanghe e frane, maremoti e colate laviche. L’effetto meccanico oppure l’effetto termico, nel caso di nubi ardenti che escono dai vulcani di tipo stromboliano, determina la distruzione del sistema su cui vanno ad agire. In altre parole il surplus di energia non riesce ad essere trasformato in negentropia ed il sistema la dissipa attraverso la distruzione del proprio ordine. Per contro le Opportunità vedono un trasferimento a piccola scala di quantità discrete di energia da un sotto-sistema ad un altro, producendo un crescente stato di ordine e quindi mantenendo uno steady state neg-entropico. Fenomeni di mutualismo e di simbiosi danno al sistema una crescente asimmetria sensu Ontogenesi Complessità Prospettiva probabilistica Ipotesi della incertezza Ipotesi dell’Interdominio Ipotesi della connessione Prospettiva enegetica Prospettiva dei driver Novità Eventi Opportunità Fig. 1 - Teoria della Complessità ed Teoria ontogenetica dei paesaggi mostrano punti comuni delle rispettive basi paradigmatiche quando analizzate secondo ipotesi dell’emergenza della complessità e approccio prospettico dell’ontogenesi. 5 von Bertalanffy (1969). Quando l’ordine si accresce negli episodi di Opportunità si arriva ad un livello per il quale si ha un salto di scala ed un nuovo dominio fenomenologico, gli Eventi, compare all’interno del sistema. Questo dominio opera sui livelli di gradiente che si determinano ai bordi delle neo-formate patch che assumono quindi l’aspetto di sistema di ordine superiore, gli ecotoni. La prospettiva dei driver (PD) Secondo questa prospettiva tre tipologie di driver sono responsabili dell’ontogenesi dei paesaggi. Driver esterni al sistema producono le Novità, il loro dominio scalare è assai diverso da quello del sistema in cui vanno ad agire. Così un tornado ha dimensioni di diversi ordini di grandezza superiori a quelle dei sistemi che vengono investiti. A livello di Opportunità i driver agiscono all’interno del sistema in cui operano. In questo caso è la loro numerosità una proprietà distintiva. Un gran numero di driver, ciascuno competente in un ambito scalare ristretto, finisce per determinare la nascita di una fitta rete di connessioni che vanno ad aumentare le proprietà neg-entropiche del sistema stesso. Negli Eventi i driver si trovano ai bordi dei sistemi e controllano la quantità di energia, materia ed informazione che vengono veicolati per differenza di gradiente o attraverso un trasporto attivo da una patch ad un’altra. Il rapporto tra teoria della complessità e teoria dell’ontogenesi Una volta descritte le tre prospettive con le quali l'ontogenesi dei paesaggi viene formalizzata, abbiamo voluto verificare se queste tre prospettive (probabilistica, energetica, di driver) avessero punti in comune con le tre ipotesi (l’ipotesi dell’incertezza (II), l’ipotesi dell’inter-dominio (IID) e l’ipotesi della connessione (IC) con le quali la complessità è stata evidenziata. Va sottolineato che ogni episodio ontogenetico può essere interpretato alla luce della teoria della complessità e che all'interno di questa comunanza emergono delle relazioni logiche e fenomenologiche più consistenti. Ma come si può vedere nella tabella comparativa ogni episodio ontogenetico mostra una specificità selettiva con le fenomenologie legate alla complessità. Le Novità appaiono sensibili alla coppia ipotesi dell’incertezza(II)-prospettiva probabilistica (PP). Gli Eventi mostrano una posizione peculiare nell’accoppiata ipotesi dell’inter-dominio (IID) e prospettiva energetica (PE). Infine le Opportunità trovano nella coppia ipotesi della connessione (IC) e prospettiva dei driver (PD) la maggiore concordanza. Discussione 6 Da in punto di vista epistemologico la teoria ontogenetica non si discosta dal paradigma della complessità, ne è anzi un suo corollario. L’ontogenesi dei paesaggi rientra in una fonomenologia non lineare e per la cui comprensione devono essere invocati comportamenti complessi. Così vengono scansati i concetti di equifinalismo (von Bertalanffy 1969) che sono stati invocati per descrivere fenomeni quali la successione ecologica, oppure i modelli di panarchia (Gunderson & Holling 2002). Molto spesso eliminiamo nella pratica dell’analisi dei mosaici ambientali l’eterogeneità ambientale determinata dalla fase ontogenetica. Infatti l’ontogenesi è un fenomeno con espressione locale. Pertanto quando si osserva un paesaggio ad una scala sufficientemente grande inevitabilmente inseriamo più episodi ontogenetici che insistono sia su contesti geografici differenti che sullo stesso contesto ma con una storia distinta, quindi con una temporalità diacronica. Un mosaico ambientale è quindi la giustapposizione di patch distinte sia in termini di energia, risorse, biodiversità ma, soprattutto, di differente livello ontogenetico. L’uso che fa l’uomo del mosaico ambientale impone di considerare le caratteristiche delle singole patch e per questo nel considerare la teoria dell’ontogenesi si ha la possibilità di una migliore caratterizzazione delle patch stesse. Se in qualsiasi procedura gestionale dovessimo modulare certi disturbi come gli incendi, dovremmo essere in grado di escludere in questa fase tutte quelle aree che fossero nello stadio delle Opportunità e questo per evitare che una Novità con un tempo di ritorno troppo breve andasse a determinare un degrado reale ad un sistema che non abbia ancora recuperato il proprio livello organizzativo. L’uomo utilizzando sempre più energia fossile ed informazione attraverso il net digitale influenza in maniera crescente i processi ontogenetici. L’informazione non strutturata, cioè l’informazione cinetica (sensu Stonier 1990, 1996) non ha possibilità di essere trasformata in una informazione strutturata e degrada rapidamente in uno stato entropico (Rifkin 1981). Altri effetti legati alle alterazioni delle sequenze temporali inducono ulteriori alterazioni ontogenetiche. L’impiego di nuovi paradigmi può contribuire ad un avanzamento delle conoscenze soprattutto quando vengono considerate entità complesse quali i paesaggi nei quali i “fenotipi estesi” cioè le modificazioni ambientali indotte da espressioni genetiche e culturali (sensu Odling-Smee 1996) diventano i template di nuove interazioni funzione-specifiche. Bibliografia 7 Allen, T.F.H. & Starr, T.B. 1982 - Hierarchy. Perspectives for ecological complexity. The University of Chicago Press, Chicago. Allen, T.F.H. & Hoekstra, T.W. 1992 - Toward a unified ecology. Columbia University Press, New York. Arthur, W.B. 1999 - Complexity and the economy. Science 284:107-109. Barbieri. M. 2003 - The organic codes. An Introduzione to semantic biology. Cambridge University Press, Cambridge. Bossomaier, R.J. & Green, D.G. (eds.) 2000 - Complex systems. Cambridge University Press, Cambridge. 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