Dicembre 2007 - Concreta srl
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Dicembre 2007 - Concreta srl
M A G A Z I Acquadulza bar - wine butega & restaurant, dove la tradizione diviene contemporaneità N E 53 DICEMBRE 2007 alberghi hotels ristoranti pizzerie rifugi residences Valerio Gavazzi Pregiata finitura artigianale insieme ad alta tecnologia, design d’avanguardia in spazi perfettamente ottimizzati, qualità e funzionalità delle strutture, 16 anni di idee per la creazione di luoghi unici ed irripetibili. Questa è Concreta srl, un’azienda capace di progettare, realizzare e fornire “chiavi in mano” soluzioni d’arredo per alberghi e strutture commerciali di ogni genere. La professionalità e l’esperienza maturate consentono di offrire tutti i prodotti e i servizi legati all’arredamento avvalendosi delle tecnologie più avanzate e di un’equipe di lavoro altamente specializzata. Essere al tempo stesso ville re progettisti e produttori consente di ottimizzare le caratteristiche del prodotto e rispondere meglio alle esigenze della Clientela. Siamo qualificati per proporre un servizio “Chiavi in mano” dove viene richiesto un lavoro completo, un rapporto con un unico interlocutore, che garantisca costi definiti e tempi certi. Il concetto “Chiavi in mano” si basa infatti sul principio di sollevare il cliente da tutte le preoccupazioni gestionali ed avere un unico referente. Dalle esigenze del cliente alla realizzazione del prodotto, Concreta offre un servizio completo in grado di rispondere a desideri sempre nuovi. sidenziali bar-pub nights pasticcerie gelaterie out. Seguono poi bozzetti per le parti più significative dell’arredo. Tutto l’arredo prende poi forma in un’immagine virtuale creata da designer con i più sofisticati strumenti di computer graphics. La realizzazione in falegnameria La lavorazione del legno e l’assemblaggio dell’arredamento nella nostra falegnameria (3000 mq.) unite a un gruppo di professionisti della lavorazione dell’acciaio, della verniciatura, del vetro, Il contatto con il cliente È in questa fase che i requisiti di un progetto vengono raccolti in linea con i desideri del cliente; la combinazione dei Vostri bisogni e la nostra esperienza è il primo passo verso il progetto. La progettazione degli arredi e degli impianti Curata da importanti architetti e designer, garantisce lo sviluppo di un progetto sempre unico, che sviluppa e arricchisce gli arredi Concreta. Primo passo è la proposta planimetrica di lay- Concreta srl - Via Nazionale 14/a - Postalesio (SO) - Tel. ++39 0342 49 35 67 - Fax 0342 49 39 86 sono garanzia di un prodotto completo e inconfondibile. La falegnameria è senz’altro uno dei punti di forza dell’azienda. Sviluppa al proprio interno le diverse fasi della lavorazione del legno, dalla sezionatura alla laccatura e al premon- taggio prima della consegna. Il tutto sotto l’accurato controllo di architetti e progettisti che seguono ogni lavoro in ogni fase della produzione e del montaggio in cantiere. La consegna e il montaggio La consegna e il montaggio, effettuati con personale e mezzi nostri, assicurano i tempi concordati e un servizio di assistenza presente e puntuale nel tempo. Comunicazione e aggiornamento Concreta Magazine è un trimestrale di arredamento ed immagine, oltre a un versatile contenitore di storia, turismo e curiosità che viene redatto all’interno del nostro ufficio marketing. Viene spedito in 5000 copie ad operatori commerciali, professionisti e a coloro che lo richiedono. Corsi professionali per gelatieri, pasticceri, albergatori, barman, pizzaioli e cuochi, vengono proposti periodicamente nella nostra sala corsi, nella convinzione che l’aggiornamento, unito alla tecnologia, sia la chiave per qualunque successo imprenditoriale. www.concretasrl.com - [email protected] negozi uffici Umberto Paganoni Sommario Editoriale Dicembre 2007 14 40 PERIODICO TRIMESTRALE DI ARREDAMENTO, IMMAGINE E CULTURA Anno XII - N° 3 - Dicembre 2007 40 Direttore responsabile: ROBERTA BERTOLATTI [email protected] Redazione: EDITORIALE - Roberta Bertolatti 3 STRAORDINARIO ED INDIMENTICABILE TROFEO “KIMA” - Silvio Mevio 5 EDIZIONE 2007... L’UNDICESIMA SCULTURA Leila Giacomelli CONCRETA s.r.l. Via Nazionale 14 A Postalesio (SO) 12 ELIWORK: UNA REALTÀ DOVE LE RISORSE 32 UMANE SONO FONDAMENTALI - Attilio Piazza Tel. 0342/49.35.67 Fax 0342/49.39.86 VALTELLINA VALCHIAVENNA E GRIGIONI 37 SOTTO LA LENTE. ANTICA CARTOGRAFIA DAL XVI AL XVIII SECOLO www.concretasrl.com E-mail: [email protected] Aut. Trib. SO N° 258 del 5/12/95 PORTE, PORTONI E PORTALI DELLA PROVINCIA DI SONDRIO - Silver In copertina: 38 CONCRETA E IL MONDO DELL’OSPITALITÀ 50 PROFFESSIONALE A HOST 2007 - Roberta Bertolatti 1ª edizione “Notte senza tempo” Corte Cavalli Foto: • Andrea Basci • Alberto Ruzzene • Jurgen Eheim • Luca Gianatti • Giorgio De Giorgi • Marco De Campo • Archivio Associazione “Kima” • Archivio Eliwork • Archivio Mario Mariani - Accademia del Pizzocchero di Teglio • Center Ladin, Lia Rumantsha e Dicziunari Rumantsch Grischun • Archivio Fondazione “Fojanini” Studi Superiori • Archivio Stefano Zazzi • Archivio MBT - Ortopedia Borelli UNO SGUARDO AL PASSATO NEL CORSO DEI SECOLI - Cecilia Paganoni 52 “LA MEMORIA DELL’ACQUA” - Silver 54 LA FONDAZIONE “FOJANINI” E L’AZIENDA “CASTELLINA”: UN BINOMIO DI SUCCESSO... Silver 66 CON I DANCALI, GENTE DI SOLITUDINE E LIBERTÀ - Ermanno Sagliani 72 PER UNA STORIA DELLE MINIERE DELLA 74 VALLE DI FRAELE GLI “ALTOFORNI” DI PREMADIO Silvio Mevio UNA TRADIZIONE DI QUALITÀ IN VALTELLINA SUA MAESTÀ IL BITTO 77 “ALMA VIVA 2007”: GLI “STATI GENERALI”DELLA CUCINA ITALIANA A COLORNO … - Attilio Piazza 86 Grafica: DAI MASAI, INDIGENI AFRICANI, IL SEGRETO DELLA CAMMINATA - Attilio Piazza 90 Stampa: “IMPRESSIUNS”, FOTOGRAFI PER LA CULTURA 96 ROMANCIA GRIGIONE - Hermann Sagliani Lineagrafica s.a.s. Bonazzi grafica - Sondrio CHE COSA C’E’ DI VERO E CHE COSA 102 DI FALSO NEI MODI DI DIRE SUI NOSTRI AMICI A DUE E QUATTRO ZAMPE - Arcangelo Tartaro 78 CONCRETA RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE: MELLO’S pag. 4 GEOCLIMA pag. 31 EDILBI pag. 57 GR TENDAGGI pag. 70-71 VDM pag. 89 CREDITO VALT. pag. 101 58 REFERENZE 104 Arredamento 78 RELAIS CORTE CAVALLI E LA DINASTIA RESTAURANT - Ponti sul Mincio (MN) PARK HOTEL LADINIA - San Vito di Cadore (BL) TANCINI - Tirano (SO) RISTORANTE MUTI THOMAS BAR MASAI - Aprica (SO) PASTICCERIA TAVELLI - Sondrio GARNI DEL BOSCO - Livigno (SO) 2 14 40 58 78 92 98 92 Dopo le ferie d’estate eccoci di nuovo al nostro ultimo appuntamento di quest’anno. Con questa edizione siamo arrivati al numero traguardo del dodicesimo anno d’attività della nostra rivista e vorrei esprimere i miei più calorosi ed affettuosi ringraziamenti a tutte le persone che hanno collaborato nella realizzazione della stessa e a tutti Voi lettori! Nonostante l’impegno e le difficoltà che si sono presentate durante quest’attività editoriale non possiamo non essere contenti: le nostre fatiche sono state premiate dai vostri consensi. Anche quest’anno il Natale giunge gradito come uno dei periodi più magici e amati di tutto il calendario. In città e nelle campagne, l’aria frizzantina di fine autunno, per quanto purtroppo, le mezze stagioni sembrino destinate a restare mero ricordo, contribuisce ad incantare ogni cosa. Il Natale posa la sua magia su questo mondo e se osserviamo tutto a Natale è più dolce e più bello e tutti siamo più buoni e generosi. Ricerchiamo nel Natale, la sua magia nei gesti semplici, nei sapori genuini e nell’aiuto agli altri. E in questo Natale tutti noi di Concreta e di Confa vogliamo ricordare con affetto e stima una persona che ha lavorato con noi e che purtroppo ci ha lasciato, Emilio Paiè. Una serie di articoli storici e culturali vi accompagneranno nelle pagine successive. In apertura, a firma Silvio Mevio, “tre giornate“ all’insegna dell’ambiente, della cultura, dello sport, del turismo e della solidarietà con lo straordinario ed indimenticabile Trofeo “Kima”, la grande corsa, giunta alla sua tredicesima edizione, sul Sentiero “Roma” in Val Masino protagonista indiscussa nel panorama nazionale ed internazionale delle “skyrace”. Eliwork: piloti, tecnici, operatori ed impiegati rappresentano il fulcro dell’attività e sono il cuore pulsante dell’intera azienda; competenza e professionalità si uniscono ad entusiasmo, grinta e determinazione; non c’è ombra di dubbio, le risorse umane sono il vero patrimonio di questa importante azienda valtellinese nel mondo del trasporto aereo di Attilio Piazza. E poi lo scorso mese di ottobre 2007 Alma ha ospitato il “meglio” della cucina italiana con i più importanti cuochi e gastronomi italiani ed internazionali; l’invito del rettore, Gualtiero Marchesi, è stato quello di “unire le forze”. Leila Giacomelli ci racconta come ogni anno, dal 3 al 7 dicembre, artisti da tutto il mondo si ritrovano a Livigno per “Art In Ice”, il Concorso internazionale di sculture di neve. Silver ci accompagna alle porte di Sondrio in un centro all’avanguardia per l’intera agricoltura della provincia: la Fondazione“Fojanini” e l’azienda “Castellina” , un binomio di successo. Ancora Silver che dopo “Fontane di Valtellina e Valchiavenna”, presenta l’Accademia del Pizzocchero di Teglio ancora protagonista con un libro sulle Porte, Portoni e Portali. Una pubblicazione che ripercorre, da Chiavenna a Bormio, l’intera Valchiavenna e la Valtellina alla scoperta di bellezze architettoniche spesso dimenticate. Attilio Piazza con i Masai, indigeni africani, parla del segreto della camminata in una “salubre” lezione di postura; un paio di scarpe pensate per tenere in allenamento i muscoli, per migliorare la postura e per tonificare gambe e glutei. Per una storia delle miniere della Valle di Fraele e dei forni fusori da esse alimentati: gli “altoforni” di Premadio di Silvio Mevio ripropone,dopo oltre un secolo di oblio, l’interesse del Comune di Valdidentro per il recupero di questo straordinario insediamento di archeologia industriale. Cecilia Paganoni con uno sguardo al passato propone nel suo racconto una serie di avvenimenti accaduti nei secoli. Ermanno Sagliani con la mostra concorso fotografico “ Impressiuns” conclusa lo scorso autunno nella Chiesa Planta di Zuoz con alta frequenza di pubblico e promossa dalla Lia Rumantscha Center Ladin e con i Dancali, gente di solitudine e libertà. Arcangelo Tartaro con detti e curiosità sugli animali in cosa c’è di vero e di falso nei modi di dire sui nostri amici a due e quattro zampe. E poi ancora tanti altri articoli e la presentazione di alcuni dei nostri ultimi arredamenti. Un augurio di Buone Feste e un grazie a tutti i dipendenti e collaboratori, Concreta e Confa, che, giorno dopo giorno, contribuiscono al successo delle nostre aziende. Un augurio a tutti i clienti, fornitori e ai giornalisti che collaborano con entusiasmo alla buona riuscita del nostro Magazine e a tutti Voi lettori ! Grazie e buona lettura! Roberta Bertolatti 3 sport - ambiente - solidarietà Straordinario ed indimenticabile Trofeo “Kima” … Il logo dell’ Associazione “Kima” 24 – 25 - 26 agosto 2007 Tre giornate all’insegna dell’ambiente, della cultura, dello sport, del turismo e della solidarietà La grande corsa, giunta alla sua tredicesima edizione, sul Sentiero “Roma” in Val Masino (Sondrio) protagonista indiscussa nel panorama nazionale ed internazionale delle “skyrace” Txt: Silvio Mevio Foto: Archivio Associazione “Kima” 4 Dopo la scomparsa di Pierangelo Marchetti (fratello di Ilde), avvenuta l’8 luglio 1994 in seguito ad un tragico incidente durante un operazione di elisoccorso, in alcuni suoi amici si è acceso forte il desiderio di dare vita ai suoi “sogni”… nasce così un mese più tardi, il 5 agosto 1994, l’Associazione “Kima” (Pierangelo era conosciuto, infatti, con questo soprannome) con lo scopo di “diffondere l’amore e la passione per la montagna da intendersi quale espressione di rispetto della stessa e valorizzazione dei sentimenti interiori che legano coloro che la amano e la vivono”. Pierangelo “Kima”: l’uomo, la guida alpina, il soccorritore … un uomo schivo di carattere, ma con un cuore grande proiettato sempre verso il prossimo … un padre dolcissimo ed attento … un figlio diligente … un grande e vero amico che ha saputo lasciare a tutti quelli che l’hanno conosciuto dei grandi valori: solidarietà, umiltà, coerenza e tanta voglia di aiutare il prossimo. Il suo è stato il gesto più grande che un uomo possa fare verso il prossimo: dare la propria vita per salvarne un’altra! Non avrebbe mai voluto essere ricordato come un “eroe” ma come un uomo semplice che ha fatto della sua passione un lavoro. Pierangelo “Kima” aveva una forte carica interiore ed un grande spirito di solidarietà; era mosso da un amore profondo per la montagna vissuto e testimoniato, sempre ed in prima persona, ogni giorno in famiglia, in paese, con 5 gli amici e sul lavoro; era veramente una “creatura” straordinaria e meravigliosa … La grande gara di corsa in montagna lungo il Sentiero “Roma”, uno dei sogni di “Kima”, prende corpo e si avvera … il primo “sogno” di una lunga serie! L’Associazione “Kima”, lungo tutte le tredici edizioni che si sono svolte dal lontano 1994 fino ad oggi (2007), ha sempre cercato di sensibilizzare le diverse associazioni – organizzazioni e gli enti preposti che si occupano di soccorso in montagna al fine di migliorare le condizioni di sicurezza in cui operano tutti i soccorritori. Per ulteriori informazioni: Associazione “Kima” - Via Vanoni, 45 - S. Martino Valmasino (Sondrio) - tel. e fax 0342/64.11.54 www.kima.org - [email protected] Abbiamo incontrato, a questo proposito, la sorella di Pierangelo Ilde Marchetti, “deus ex machina” del “Kima”, per fare una bella chiacchierata dopo la tredicesima edizione di questa importantissima “skyrace” oramai diventata un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati “skyrunner” lungo l’affascinante Sentiero “Roma”. Ilde Marchetti, molto sinteticamente, in questa edizione che cosa la Val Masino ha proposto per rendere più appetibile questa manifestazione estiva “agostana”? <<Sono state tre giornate all’insegna dell’ambiente, della cultura, dello sport, del turismo e della solidarietà; infatti, 1. Il percorso completo 4. Il guppo di volontari davanti al Rifugio Kima 2. Il podio maschile. Da sinistra a destra: 2° Dino Melzani - 1° Pado Gotti - 3° Franco Sancassiani 5. Le “magnifiche donne” del Kima. Da sinistra a destra: Corinne Favre, Manuela Di Centa, Ilde Marchetti 3. La partenza 6. Un primo piano “intenso” della vincintrice Favre 2 1 di Pepi Merisio. E’ stato indubbiamente un grande evento sia da un punto di vista mediatico che di pubblico. Un ultima annotazione è quella riferita alla sistemazione del bivacco – rifugio “Kima”, realizzato in Val Cameraccio a quota 2750m dai volontari, che proprio per la sua posizione è punto di riferimento per i molti frequentatori del Sentiero “Roma”; ebbene i lavori sono oramai giunti al termine e con molta probabilità il prossimo anno (2008) sarà fruibile e disponibile per tutti gli appassionati>>. 3 nelle giornate comprese tra il 24 ed il 26 agosto 2007 la nostra Val Masino è stata teatro della 13^ edizione dell’evento “Kima” con la grande corsa sul Sentiero “Roma”, della 5^ edizione del minitrofeo “Kima” (abbinato alla Stramilano), della Festa delle Guide Alpine e “dulcis in fundo” di un importante convegno dal titolo “Sicurezza a confronto in montagna: velocità ed etica” - Come si deve affrontare la montagna? Velocità ed etica possono andare d’accordo? Mentre da un punto di vista culturale è stata allestita una mostra sul tema “Arti e Mestieri nella cultura contadina di montagna “ che ha voluto ricordare uno spaccato del passato in montagna attraverso le stupende foto Ilde, veniamo alla “grande corsa” sul Sentiero “Roma” … <<Per tutti gli appassionati delle corse di alta quota (skyrace) domenica 26 agosto 2007 si è disputata la tredicesima edizione del Trofeo “Kima”. La manifestazione ha ricevuto il patronato del Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni e ha goduto del patrocinio dell’Assessorato allo Sport Giovani e alla Promozione Attività Turistica della Regione Lombardia, della Provincia di Sondrio, della Comunità Montana Valtellina di Morbegno, del BIM di Sondrio, dei Comuni di Val Masino, di Dubino, dell’ERSAF e della FSA (Federazione Sport Alta Quota). La grande corsa sul Sentiero “Roma”, con 90 atleti iscritti, si è disputata lungo il famoso Sentiero “Roma” che collega i rifugi alpini: Ponti (2559m.), Allievi - Bonacossa (2384m.), Gianetti (2534m.) e Omio (2108m.). Hanno aderito alla manifestazione i migliori atleti internazionali; presenti una decina di nazioni tra cui ricordiamo 6 Stati Uniti d’America, Germania, Messico, Colombia, Austria, Francia, Spagna, Sud Africa e Svizzera. Il “team” affiatato e rodato di associazioni e di volontari ha curato in ogni particolare l’evento, migliorando e potenziando i punti di accoglienza, di controllo e di ristoro. A questo proposito vorrei sottolineare che hanno collaborato più di 300 volontari e gruppi tutti impegnati per garantire la massima sicurezza di ogni singolo partecipante ed il corretto svolgersi della manifestazione sportiva. Il compito della sicurezza, durante la gara, è stato curato dal Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), dal Soccorso Alpino della Guardia di Finanza (SAGF), dalle Guide Alpine, dal Gruppo della Protezione Civile e dal personale medico - paramedico del 118 (elisoccorso) dislocati sui vari passi e rifugi; da ricordare anche gli elicotteri del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza e dell’Associazione “Kima” (Eliwork), entrambi utilizzati per il trasporto in quota dei volontari alla sicurezza e di tutto quanto necessario per i ristori dislocati sull’intero percorso. Tutta questa organizzazione è stata seguita, in ogni minimo dettaglio, dai responsabili di ogni gruppo assieme all’Associazione “Kima. Un lavoro meticoloso e lungo, ma fatto sempre con entusiasmo e con idee migliorative. E’ bello porre l’accento sulla voglia e sull’entusiasmo di esserci al “Kima”; infatti, tutti indistintamente, i volontari che anno dopo anno partecipano attivamente a questa straordinaria manifestazione 4 agonistico - sportiva e ludico – ricreativa la sentono un po’ anche loro e pur non correndo … sono già sul tracciato prima dello spuntar del sole e vi rimangono fino al tramonto>>. Alcune considerazioni tecniche su questa impegnativa e particolare “ultraskymarthon” … <<La grande corsa sul Sentiero “Roma” è uno tra gli appuntamenti sportivi internazionali d’alto livello e più importanti della nostra Provincia e della nostra Regione. E’ conosciuta da buona parte degli appassionati “skyrunner” per la durezza del percorso e la sua particolarità … che la rende unica al mondo, ma allo stesso tempo è in grado di fornire forti ed indimenticabili emozioni che solo il “Kima” è in grado di regalare. Lungo i sentieri e le morene del Sentiero “Roma”, conosciuto ed apprezzato da tutti gli alpinisti, si sono confrontati per questa edizione targata con il numero “tredici”, in puro spirito agonistico, i migliori specialisti “skyrunnig”. Su tutti i passi, fuori dai rifugi, nell’area di partenza e di arrivo, ai Bagni, a S. Martino e a Filorera migliaia di persone, fin dalle prime luci del giorno, hanno incoraggiato indistintamente campioni, atleti e semplici partecipanti che per quasi mezza giornata sono stati impegnati a combattere la fatica, la delusione, il dolore, i crampi e la sete per una “prova d’alto contenuto sportivo” come è stato definito il “Kima”. Le grigie e granitiche montagne della Val Masino sono diventate per una giornata multicolori grazie a questi atleti che han- no cercato il confronto con se stessi, con la natura e con gli altri lungo un tracciato che è stato definito tra i migliori a livello internazionale. Il 2007 (tredicesima edizione) passerà alla storia: infatti, “Giove Pluvio” è rimasto a guardare (basti pensare alle precedenti edizioni) fornendoci una giornata calda e soleggiata … ma, purtroppo, le nevicate dei giorni precedenti non hanno permesso alla coltre nevosa di sciogliersi essendo gran parte del sentiero collocato a nord. Perciò la decisione da parte dell’organizzazione, visto le temperature sotto zero e la neve ghiacciata, è stata quella di percorrere (solo ed esclusivamente per ragioni di sicurezza) solamente 25,50km dei 48 previsti seguendo il percorso ridotto, ovvero partenza da Filorera, rifugio Gianetti, Passo del Barbacane, rifugio Omio, Bagni di Masino e arrivo a Filorera con un dislivello di 2000m. Nonostante ciò è risultato un percorso molto affascinante che ha attraversato uno degli scenari alpinistici più importanti al mondo, passando sotto le pendici del Pizzo Badile … comunque, anche se meno corta, è stata ugualmente una gara impegnativa>>. Ilde, in sintesi, quali sono stati i risultati “agonistici” del “Kima”? <<Ad aggiudicarsi il primo gradino del podio è stato il bergamasco (Villa d’Almè) Paolo Gotti in 3h. 00’ 54”, seguito da Dino Melzani di Bagolino staccato di un minuto (3h. 01’ 22’’); ottimo terzo il lariano (Bellagio - Como) ed olimpionico di canottaggio, Franco Sancassiani in 3h. 01’ 52’’. Tra 7 5 6 le donne, invece, prima è stata la grande atleta francese (Argentiere) Corinne Favre con il tempo di 3h. 41’ 27’’ davanti alla vicentina (Torri di Quartesolo) Federica Boifava che con il tempo di 3h. 55’ 53” ha preceduto la terza classificata, ovvero la trentina (Imer) Sara Rigoni con il tempo di 4h. 02’ 22”. Il record imbattuto rimane quello di 5h. 48’ (sul tracciato originale, ovvero quello dei 48 km.) che appartiene al plurivincitore del “Kima”, Mauro Gatta, con ben tre edizioni al suo attivo>>. Una “tre giorni” veramente indimenticabile; ci può raccontare Ilde, oltre al “Kima” vero e proprio, quali sono stati gli appuntamenti più importanti? <<A dare il via all’intera manifestazione, 8 7 9 7. Un passaggio tecnico della vincitrice Corinne Favre 8. Marco Zanchi, 4° assoluto al traguardo, ad un ristoro... 9. Il vincitore Paolo Gotti venerdì 24 agosto 2007, è stata l’inaugurazione della mostra “Arti e Mestieri nella cultura contadina di montagna” attraverso l’esposizione degli attrezzi di una volta, oltre alle splendide fotografie di Pepi Merisio ed organizzata in collaborazione con Ersaf; è rimasta aperta al pubblico tutti i giorni fino al 9 settembre 2007. La giornata si è conclusa con la degustazione dei prodotti tipici locali e la serata di musica organizzata dalla Pro - Loco della Val Masino. Sabato 25 agosto 2007 l’Associazione “Kima”, intendendo avvicinare alla montagna non solo i professionisti ma anche e soprattutto il grande pubblico, ha organizzato una gara non competitiva aperta a tutti denominata “Mini Trofeo Kima”. Giunta alla sua quinta edizione e gemellata con la Stramilano, fin dalle prime ore della mattina, ha visto ai nastri di partenza ben 140 atleti sul percorso di sei km. e 105 sul percorso da sedici. Numerosi i gruppi famigliari al via: dal papà alla mamma, dai nonni ai nipotini, tutti, insomma, hanno dato vita ad avvincenti sfide lungo i sentieri della Val Masino e della Val di Mello (paradiso dei free – climber e di tutti gli amanti della natura incontaminata). La competizione, proprio perché aperta a tutti e perché rientra nei propositi statutari dell’Associazione “Kima”, ha visto al via anche ventiquattro disabili che non si sono certamente risparmiati, sfidandosi a suon di corse e fiatone … in una “gara unica” per l’affascinante scenario che le fa da cornice. La giornata di sabato 25 agosto 2007 non è stata solo un momento ludico – ricrea- 8 tivo – agonistico, ma anche un “happening” per la montagna visto il positivo abbinamento con la festa delle Guide e la conseguente premiazione della “Guida Alpina Emerita” 2007. Un momento, questo, voluto fermamente dai promotori della kermesse sportiva per ricordare Pierangelo Marchetti. Il riconoscimento è stato assegnato a Stanislao Fiorelli di S. Martino Val Masino, Guida Alpina e Maestro di sci alpino; un veterano, a tutti gli effetti, con i suoi 90 anni ben portati e con molteplici esperienze vissute in prima persona in montagna. Decorato con medaglia d’argento al Valor Militare e guida alpina dal 1938. Nella sua vita ha scalato buona parte delle montagne dell’intero arco alpino: basta ricordare il Bianco, il Cervino, il Rosa, etc. … è stato anche membro del Soccorso Alpino. L’Associazione “Kima”, oltre alla guida emerita sopra ricordata, ha premiato anche altri due grandi personaggi del mondo dell’alpinismo mondiale: Riccardo Cassin per il 70 ° anniversario (1937 - 2007) della prima salita alla parete Nord - Est del Pizzo Badile e Kurt Diemberger per il 50° anniversario (1957 - 2007) della prima salita al Broad Peak (8047m). Il pomeriggio del sabato, inoltre, si è tenuto presso il Comune di Val Masino un importante convegno – seminario a cui hanno partecipato i più rappresentativi esperti del settore dal titolo “Sicurezza a confronto in montagna”: come affrontarla? Velocità ed etica possono andare d’accordo? Moderatore è stata la guida alpina Cesare Cesa Bianchi. Relatori: 10 Erminio Sertorelli (Presidente Collegio Nazionale Guide Alpine); Maurizio Della Libera (Presidente Commissione Nazionale Scuole Alpinismo – Sci alpino – Sci Alpinismo – Arrampicata del Club Alpino Italiano); Giancarlo Morandi (Responsabile del Centro per la gestione delle montagne dell’Università degli studi di Milano); Vittorio Bedogni (membro della Commissione Nazionale Materiali e Tecniche Alpinismo del Club Alpino Italiano); Gabriele Bianchi (Past Presidente Club Alpino Italiano). La serata è terminata con una degustazione di prodotti tipici locali e all’insegna della montagna, con l’amico alpinista Kurt Diemberger, attraverso la visione di un inedito filmato dove lo stesso Kurt assieme ad Hermann Buhl sono i protagonisti nella spedizione (1957) per la conquista del Broad – Peak – 8047m>>. Ilde ci può spiegare il perché di un convegno – seminario sulle tematiche che riguardano da vicino gli aspetti di sicurezza ed etica in montagna? <<Questo convegno ha proposto una riflessione sulla combinazione tra velocità (agonismo) ed etica nei confronti della sicurezza in montagna. Ha voluto appositamente sviscerare i pro e contro di due correnti di pensiero: da una parte quella di chi è contrario alle discipline agonistiche in montagna poiché, se si raggiungono gli obiettivi in velocità, si va a discapito della sicurezza; dall’altra, invece, quella di chi sostiene che si può andare “in velocità e fare agonismo” sen- za mettere a repentaglio la propria incolumità e quindi la sicurezza. La montagna e le sue discipline, in questi ultimi anni, hanno subito molti cambiamenti in relazione alla tecnica e ai materiali impiegati e proprio in relazione a ciò per quanto riguarda l’innovazione si sono effettuati notevoli passi … e forse proprio per questo si sono trasformati anche i modi di fruizione e di vivere la montagna (dall’arrampicata classica fino ad arrivare al free climbig). Le nostre vette alpine e a volte anche gli “Ottomila” vengono affrontati in “stile alpino” senza troppi campi “intermedi di avanzamento” … aumentando così la velocità e diminuendo il rischio di esposizioni troppo a lungo ai pericoli della natura. Anche lo sci alpinismo, l’arrampicata su ghiaccio, il trekking, la corsa in montagna (skyrunnig), etc. hanno subito repentinamente notevoli cambiamenti. Il convegno – seminario proprio su queste tematiche è servito, principalmente, per creare un punto di incontro e di riflessione tra etica – velocità e sicurezza in montagna, oltre a discutere su tematiche relative alla sistemazione ed alla messa in sicurezza degli ambienti di montagna e di tutto ciò che risulta essere “prevenzione” il quale spesso viene sottovalutato dalle persone che “vanno in montagna” e dagli enti preposti. Non ultimo perché meno importante un cenno è stato fatto anche sulla conoscenza e sulle caratteristiche dell’ambiente montano e relativo rispetto della montagna>>. Ilde, a conclusione di questa bellissima e 9 11 12 10. Il “severo” tracciato di gara 11. Atleti sul percorso 12. In discesa verso il traguardo Un bivacco per i nostri sogni… e un libro per la Val Masino Il rifugio – bivacco “Kima” Grazie a persone come Vera Cenini Lusardi e moltissimi amici, il cui elenco occuperebbe diverse pagine, l’Associazione “Kima” ha potuto raggiungere lusinghieri livelli organizzativi e crescere realizzando sogni e progetti che erano stati elaborati da mio fratello Pierangelo. Tra questi la realizzazione, sul Sentiero “Roma” che collega tutti i rifugi alla testata della Val Masino, di un moderno bivacco - rifugio in muratura, un importante punto di appoggio per chi affronta la grandiosa traversata dal rifugio Ponti alla Omio e oltre. Quelle quattro mura volute con tutte le energie dai soci dell’Associazione “Kima” rappresentano un messaggio importante che rimarrà nel tempo a testimoniare la passione e la dedizione di Pierangelo “Kima” Marchetti per le sue montagne. In fase di realizzazione (oramai concluso e prossimo all’inaugurazione), la scelta è andata alla valle Cameraccio, proprio per la sua posizione strategica essendo collocata a metà tra il rifugio Allievi - Bonacossa 13 proficua chiacchierata, alcune considerazioni … <<Numerosi sono stati i media che hanno diffuso l’evento “Kima” sia per quanto riguarda la televisione nazionale che internazionale (tedesca ed inglese) che buona parte dei quotidiani locali e nazionali, oltre a riviste di settore (montagna) e come del resto il numeroso pubblico “online” che ha visitato il sito della manifestazione: www.kima.org. L’obiettivo dichiarato del “Kima” è stato e rimane quello della promozione di un appuntamento estivo di grande interesse sportivo e ludico – ricreativo che ha permesso e negli anni a venire permetterà a tutti i valligiani di far conoscere, in modo più approfondito, la propria terra, le proprie tradizioni e le proprie offerte turistico – alpinistico - naturalistiche. Lo sforzo organizzativo di questa tredicesima edizione è stato notevole in quanto l’Associazione “Kima” ha potenziato i parametri di sicurezza, di ospitalità e di efficienza logistico - organizzativa attraverso un impegno praticamente totale sia per quanto concerne l’aspetto delle risorse umane che per gli investimenti economici. La manifestazione ha saputo, negli anni, crescere e porsi all’attenzione nazionale superando ogni più rosea aspettativa. Questo ha obbligato l’Associazione “Kima”, organizzatrice dell’evento, ad un salto qualitativo non indifferente ed a un grosso impegno economico: investimenti, questi, che vanno al di là della semplice spesa organizzativa e che hanno avuto una positiva ricaduta sull’intera Val Masino e sulle sue differenzia- ed il rifugio Ponti: una zona, questa, prima sprovvista di punti d’appoggio per escursionisti che alcune volte possono trovarsi in difficoltà per il maltempo, la quota o altri motivi. In effetti il preesistente bivacco Manzi posto nelle vicinanze dell’Allievi Bonacossa non poteva rappresentare una reale garanzia, visto che dista parecchie ore di cammino dal rifugio Ponti. Va notato che, in un recente passato, la mancanza di ricoveri è stata causa di eventi tragici; basta ricordare che nel tratto di Sentiero “Roma” compreso tra il bivacco Manzi ed il rifugio Ponti, sfortunati alpinisti sorpresi da tempeste sono morti assiderati … In più, va osservato che nella zona ci sono belle vie di arrampicata e percorsi di scialpinismo e perciò il rifugio - bivacco “Kima”, collocato ad una decina di metri dal tracciato del Sentiero “Roma”, con sei posti letto più due di emergenza, è in una posizione assolutamente strategica. Oltre agli escursionisti che transitano sul sentiero “Roma”, possono giovarsene anche quelli che scendono dal passo di Mello e dal passo Cecilia. A giudizio unanime la struttura progettata in muratura 1. Ilde Marchetti, “Deus ex machina” del Kima con il suo libro 2. Rifugio bivacco “Kima” 14 te attività: turistica, alberghiera, alimentare ed artigiana spostando di almeno una settimana la chiusura della stagione estiva … un modo diverso per creare un turismo sostenibile, preservando l’ambiente e stimolando i giovani ad amare la montagna e dando prova, anche se a volte è difficile e costa sacrifico, che in montagna si può vivere ancora bene! Come consuetudine al “Kima” c’è stata una notevole affluenza di pubblico: tra il parterre e lungo tutto il percorso di gara sono stati circa 30.000 gli spettatori che sono saliti “in quota” per assistere a questo straordinario “happening” … e che hanno messo a dura prova (fortunatamente) l’intera ricettività della valle che può contare solo su circa 600 posti letto … al punto di dover destinare ospiti anche al fondo valle. Ma il “Kima” non è solo l’evento dei tre giorni, ma è un 10 15 3. Ilde e Stanislao Fiorelli, guida emerita 2007 13. Fabio Meraldi, vincitore della 1^ edizione “Kima” (1995) e oggi direttore di gara 14. Mario Poletti, all’arrivo. Vincitore parimerito con Fabio Meraldi 6^ edizione Kima (2000) 15. Il podio femminile. Da sinistra a destra: 2^ Federica Boifava, 1^ Corinne Favre, 3^ Sara Rigoni 2 “momento magico” che dura un anno intero e che deve essere assolutamente preservato e potenziato anno dopo anno. Un grazie particolare a tutta la redazione di Concreta per l’ampio spazio che mi ha concesso; un grazie ancora e di cuore agli amici Roberta, Valerio ed Umberto>>. 3 1 11 sul territorio demaniale bene si integra nel contesto ambientale a 2750m di quota. Questi territori alpini ricchi di acque si distinguono infatti per la molteplicità di ambienti e di paesaggi, con pascoli, boschi e mitiche cime rocciose … La struttura è in muratura di pietrame. Per il tetto è stata utilizzata una lamiera speciale che si usa per le costruzioni in quota in modo da garantire un idoneo inserimento ambientale. I muri sono rivestiti in legno e sempre con il legno sono stati realizzati dei tavolati che servono come appoggio per i materassi. L’arredamento è costituito da un tavolo con sei sgabelli, una credenza, una cucina a gas (la bombola è esterna); il tutto per potere garantire il meglio possibile e una buona accoglienza per gli escursionisti. E’ giusto e doveroso ricordare i nomi dei volontari che hanno realizzato il rifugio - bivacco “Kima”: Leonardo Conforti, Fabio Duca, Paolo Dolci, Ermanno Ciappini, Tommaso Ciappini, Gianfranco Cassina, Claudio Merga, Gianni Taeggi, Attilio Sondini, Arcangelo Giglio, Armando Folini, Andrea Lanzini, Sandro Zappa, Milena Zappa, Franco Marchetti, Bruno Marchetti, Mari Dolci, Alessandro Iobizzi, Mario Cotta, Ezio Cotta, Mario Speziale, Valter Speziale, Gian Piero Petrelli e Giacomo Landi. Attualmente (2007) questa struttura è una straordinaria realtà grazie agli amici e ai soci dell’Associazione “Kima”, ma soprattutto alla gente comune del paese, ai volontari che hanno dato l’anima per costruirlo … e un grazie, che nasce dal profondo del cuore, va sicuramente a loro. Il problema maggiore è stato quello di riuscire a reperire fondi economici per completarlo, proprio da questo presupposto è nata l’idea di realizzare un libro “Sotto le stelle del Masino” che racconta la vita di una grande donna (Vera Cenini Lusardi) e di un periodo leggendario per la nostra valle; il ricavato verrà devoluto interamente per completare la struttura che per generazioni e generazioni resterà a disposizione di tutti gli appassionati della montagna e della nostra Val Masino. sculture di neve 1. Art in Ice Village 2. Squadra filandese capitanata da Heikki Ulvi, nome della scultura AURORA BOREALIS Edizione 2007…… l’undicesima scultura Dal 3 al 7 dicembre, artisti da tutto il mondo si ritrovano a Livigno per la XII edizione di Art In Ice, il Concorso internazionale di sculture di neve. In occasione del centernario del Credito Valtellinese è stato istituito il “Gran Premio centenario del Credito Valtellinese”. Txt: Leila Giacomelli Cinque team stranieri e cinque team italiani si affrontano per modellare un cubo di neve pressata alto tre metri e trasformarlo in un’opera di arte contemporanea. Un lavoro lungo, in condizioni estreme, visto che il termometro scende parecchi gradi sotto lo zero. Il quartier generale di Art In Ice è l’Hotel Lac Salin Spa & Mountain Resort, da sempre legato a questa manifestazione. Le sculture delle passate edizioni si ritrovano nelle foto presenti in tutte le camere mentre nella lounge si possono ammirare i bozzetti e i progetti. Novità 2007 è l’Undicesima scultura, che accoglie gli ospiti proprio davanti all’ingresso. Ma all’Hotel Lac Salin Spa & Mountain Resort gli artisti presenteranno le loro opere, prima di iniziare il lavoro all’aperto, e passeranno le serate insieme agli ospiti interessati al loro lavoro. Senza contare che, per tutta la durata della manifestazione, Art In Ice Accademy, gratuita per gli ospiti, permette di imparare i segreti per dare forma alle neve. Un’idea per valorizzare le attrattive turistiche e commerciali di Lungolivigno. Ecco, quindi Art in Ice, un momento culturale, artistico e di immagine che si propone come evento e come occasione per celebrare l’inizio della stagione invernale. Una manifestazione che di anno in anno è cresciuta per importanza e partecipazione e che, insieme alle straordinarie piste da sci, rappresenta una grande attrazione della splendida Valle. Ad Art in Ice partecipano dieci squadre composte ciascuna da tre scultori, scelti fra tutti coloro che inviano i bozzetti alla segreteria della manifestazione. “Art in Ice” è il tema del concorso e lascia ad ogni artista la possibilità di interpretare liberamente l’arte e la neve per cinque giorni. Al termine dei quali un Comitato artistico che ha visto il coinvolgimento di critici d’arte quali Carlo Branzaglia, Gianni Perotti, Sergio Perri, Valeria Vaccari, Athos Collura e Lidia Silvestri, seleziona e giudica le opere premiandole. È stato istituito il 12 “Premio del pubblico”. La partecipazione alla selezione è condizionata all’invio del progetto, del coupon di adesione e del curriculum professionale. Le postazioni sono sorteggiate. Il concorso si svolge lungo le vie innevate di Livigno a ridosso del centro abitato, si crea così un suggestivo laboratorio a cielo aperto dove le sculture prendono vita sotto gli occhi di appassionati, artisti e curiosi, non di rado entusiasti di dare una mano, trasportando blocchi di neve o ghiaccio. Le squadre hanno a disposizione nient’altro che 27 metri cubi di neve pressata. Non possono utilizzare motoseghe e altri attrezzi elettrici, supporti, coloranti, sostegni interni. Sono comunque in grado di creare abbaglianti luminescenze e forme strabilianti; sculture di neve che ritornano, dopo parecchi mesi, al loro stato liquido. Il ghiaccio o la neve pressata resistono fino a marzo e, per gli artisti che le hanno create, il bello è vedere la propria opera d’arte cambiare forma, grazie al calore del sole. Gli artisti vengono ospitati in alberghi Lungolivigno. Durante i dodici anni di manifestazione Art in Ice ha visto aumentare la propria fama e il proprio prestigio: 1998 Olimpiadi di Nagano, Giappone – la squadra italiana vincitrice del concorso ha rappresentato l’Italia durante i Giochi Olimpici nella sezione “Nagano olimpics festival of culture and art” nella sezione delle sculture di neve, riuscendo a vincere la medaglia d’argento. Art in ice nel 2005 ha selezionato la squadra che ha rappresentato l’Italia a Bardonecchia in occasione dei Giochi Olimpici di Torino 2006. Sono stati instaurati importanti partnership con i maggiori organizzatori di eventi in questo settore a livello internazionale: Juhani Lillberg presidente dell’Associazione internazionale dei sculture di neve e ghiaccio; A.I. Tioutnev presidente dell’associazione russa non commerciale 3. Squadra olandese capitanata da Ton Kalle, nome della scultura LA PORTA DI FUNGHI di sculture “Edinenie” e organizzatore del Festival Internazionale di sculture di ghiaccio ”Polar Rhapsody”. Entrambi hanno partecipato in qualità di membri della giuria. Fin dall’inizio della manifestazione Luca Rendina ha curato la direzione artistica non solo di Art in Ice ma anche di Pietrate e Fienarte interventi artistici di Land Art. Nell’ottobre 2003 si costituisce l’Associazione artistica e culturale “Art in Ice”. Art in Ice è una libera associazione di fatto, apartitica e apolitica, con durata illimitata nel tempo e senza scopo di lucro. Persegue i seguenti scopi: - diffondere la cultura dell’arte visiva legata alla neve e al ghiaccio; - ampliare la conoscenza della cultura artistica attraverso contatti fra persone, enti ed associazioni; - allargare gli orizzonti didattici di educatori, insegnanti ed amanti dell’arte, affinché sappiano trasmettere l’amore per l’arte intesa come un bene per la persona ed un valore sociale; - proporsi come luogo di incontro e di aggregazione nel nome di interessi culturali assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l’ideale dell’educazione permanente. Per conoscere i segreti delle sculture di neve, ormai da anni è stata istituita Art in Ice Academy, un’accademia della neve: l’unica scuola italiana che insegna a scolpire neve e ghiaccio con lo scopo di avvicinare grandi e piccoli a questa forma d’arte. L’accademia tiene corsi, gratuiti, aperti a 1 2 3 4 tutti, senza distinzione di età. Sotto la guida di importanti artisti, come Milvia Quadro e Patrizia Roussel Molti allievi dell’accademia, sono diventati dei professionisti. Nel corso degli anni si sono formati importanti e interessanti collaborazioni con istituti d’arte e accademie. L’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, ha istituito, prima in Italia, un corso di cultura su neve e l’anno scorso alcuni giovani artisti, sotto la guida di Geremia Renzi e Lucia Rosano, hanno partecipato all’11a edizione di Art in Ice. Nel corso delle passate edizioni molti fotografi, come Mario De Biasi e Ugo Panella, hanno immortalato queste sculture; le loro opere sono state raccolte in preziosi libri: “Neve, Arte, Art in Ice” di Mario De Biasi e “Sculture di neve a Livigno” di Ugo Panella. 5 Lelia Giacomelli - Presidente Associazione Art in Ice Mail: [email protected] Ufficio Livigno - Mail: [email protected] 13 4. Particolari di sculture 5. Nome della scultura SURFING squadra italiana capitanata da Patrizia Roussell alberghi “Volevo che movimento e dinamicità si alternassero a pause e silenzi in una danzante sinergia di colori, suoni e sapori … e Concreta ha saputo interpretarli!“ Claudio Mantovanelli Un luogo magico ed incantevole in una dimensione affascinante e fuori dal tempo RELAIS CORTE CAVALLI E LA DINASTIA RESTAURANT GESTIONE: Corte Cavalli srl DIRETTORE: sig. Arrigo Bussinello INDIRIZZO: Strada Peschiera 73/2 46040 Ponti sul Mincio (MN) TELEFONO: Relais 0376-88094 Ristorante 0376-88494 FAX: 0376-88056 E-MAIL: [email protected] SITO INTERNET: www.cortecavalli.it www.ladinastia.it ATTIVITA’: attività alberghiera e ristorativa. CAMERE: 20 camere, tra cui suites, junior suites, doppie deluxe, doppie superior e singole superior. Le camere offrono: aria condizionata a controllo autonomo, connessione cablata ad internet, TV satellitare, SKY, minibar, cassaforte, telefono, asciugacapelli, accappatoio. È previsto servizio in camera, servizio lavanderia, servizio di segretariato. Disponibili baby-sitter su richiesta e Hotel Shuttle service da/per Verona/Fiera/Aeroporto. STRUTTURE: bar “Il Satiro”, cantina, sale meeting, terrazza ristorante, lounge bar, ascensori, aria condizionata in tutte le zone comuni e camere, piscina, servizio bar piscina, giardino, parco, parcheggio privato. All’interno dell’area della struttura è possibile ammirare una cappella del XVI secolo. RISTORANTE: “la Dinastia Restaurant”, con cucina curata direttamente dal sig. Andrea Mantovanelli, è accompagnato dai vini nazionali ed internazionali della cantina. PROGETTAZIONE: Concreta Srl Geom. Stefano Boscacci REALIZZAZIONE: Concreta Srl FOTO: Alberto Ruzzene 14 Alcuni momenti della 1ª edizione “Notte senza tempo”. 15 16 17 Corte Cavalli il nuovo Relais a 4 stelle, immerso nel verde delle colline moreniche ha aperto i suoi cancelli, ad un passo dal Lago di Garda, al centro della tenuta agricola si estende tra boschetti e vigneti per 42 ettari di parco e 4.000 Mq. di strutture coperte. L’amore per la tradizione della famiglia Mantovanelli ha permesso al complesso seicentesco Corte Cavalli di rinascere dopo una paziente opera di restauro. Coniugando stile e natura, sono stati creati spazi a misura d’uomo, nel rispetto dell’ambiente, con la ricercatezza del dettaglio e grande utilizzo di materiali naturali, soluzioni mai estreme hanno alla fine consentito di ottenere risultati eccellenti. Un sentiero di cipressi, dove l’aria dal sapore frizzante ti coinvolge, conduce al Relais che pur conservando la sua anima antica, in una dimensione di serenità, riservatezza e stile, offre tecnologia e spazi adeguatamente allestiti per ogni Evento, in un’atmosfera di relax incomparabile. Le 20 camere affacciate sulla grande corte interna, arredate con gusto, finiture di 18 19 20 21 pregio e affreschi che le caratterizzano singolarmente, sono provviste di tutte le dotazioni che distinguono la categoria. Il ristorante gourmet racchiude il momento in cui la cultura della terra, lo studio dei sapori e l’amore per le primizie si uniscono deliziando il palato e lo spirito. Molto suggestiva e ricca di sorprese è stata la serata di inaugurazione in un percorso itinerante alla scoperta di Corte Cavalli, tra arte moda e gusto. Un momento conviviale da assaporare immersi nel relax, tra i colori della natura e le luci sfavillanti della notte, dove dolci eteree donne scalze hanno posato dolcemente i piedi su un tappeto erboso. I passaggi in pietra bianca della Corte, illuminati da una fioca luce calda, quasi come passerelle naturali per modelle e danzatrici... Le donne delle opere Pucciniane hanno preso vita per una notte, vestendo i capi raffinati ed eleganti di Roberto Cavalli. Una notte di moda e opera tutta al femminile. Un unico personaggio maschile presenzia nel cast, un attore che impersona Puccini 22 stesso. Il Relais Corte Cavalli sembra essere nato per ospitare uno spettacolo di classe costruito proprio attorno alla figura di Giacomo Puccini, ricordando che Maria Zamboni, voce soprano e musa ispiratrice dell’autore, è legata a Corte Cavalli e al territorio circostante. Ogni luogo del Relais diventa poesia, gli scorci suggestivi della location vengono esaltati da uno spettacolo che ha in sè ingredienti unici e straordinari: l’accompagnamento musicale dell’Ensemble Guarnieri, che rappresenta da solo un vero e proprio evento operistico. L’orchestra è stata diretta dal Maestro Giorgio Fiori (violoncellista che ha suonato con Bernstein, primo violoncello a Santa Cecilia, Teatro di Bologna e nei Solisti Veneti); un pianista degno di nota quale Marco Grisanti, che ha suonato spesso in duo con Uto Ughi; al violino Glauco Bertagnin dei Solisti Veneti; un cast di danzatrici/performers eccellenti e di modelle/attrici, superbe interpreti delle diverse anime delle donne Pucciniane, dalla Madama Butterfly alla Turandot, da Tosca alla Fanciulla 23 del West; un luogo magico come il Relais Corte Cavalli, che conduce gli ospiti dell’evento in una dimensione affascinante e fuori dal tempo. LA PAROLA AL CLIENTE • La realizzazione degli arredi del Relais Corte Cavalli sono stati affidati a Concreta. Come è venuto a contatto con quest’azienda e cosa l’ha convinta ad affidarle l’esecuzione del Suo progetto? «Ho conosciuto Concreta durante una visita alla fiera Host 2005 a Milano. Quello che mi ha convinto ad affidare a Concreta il mio progetto è stato l’incontro con il proprietario, Valerio Gavazzi. Mi hanno convinto la sua disponibilità, la passione per il suo lavoro e l’interesse che ha dimostrato per il mio progetto». • Prima della stesura di un vero e proprio progetto, la mente umana elabora uno schizzo, un’immagine o anche solo un sogno confuso. Da dove nasce, com’è maturata in Lei l’idea del Relais Corte Cavalli? «L’idea di Corte Cavalli è nata dalla volontà di una famiglia molto unita che, proveniente da ambiti diversi ha lavorato 24 25 sinergicamente per riportare alla luce un tesoro di famiglia che noi volevamo condividere». «Rispecchia la pace e la serenità di un tempo, quello che vivevo quando trascorrevo il mio tempo qui, con la mia famiglia». • Ammirando oggi il Suo sogno realizzato, che relazione mantiene con quell’idea di partenza? • Concreta ha saputo progettare e realizzare fedelmente quel Suo iniziale schizzo mentale, oppure ha contribuito alla sua 26 evoluzione pratica arricchendole con la propria personale idea d’arredo? «Concreta è stata fedele. Ha saputo interpretare e concretizzare il mio sogno». • Quale relazione mantengono gli elementi di richiamo territoriale, come ad 27 esempio la scelta dei materiali, con la creazione di un’atmosfera che sia insieme moderna e conservatrice delle più genuine tradizioni del luogo d’origine? «Tutta Corte Cavalli è improntata sulla sinergia con il territorio che la circonda. Concreta è riuscita a trovare per noi ma- 28 teriali moderni che rievocano allo stesso tempo quelli originali, tuttora presenti nella Villa padronale». • Se dovesse riassumere il Relais Corte Cavalli attraverso un Suo dettaglio, quale descriverebbe? «L’albero che Vi accoglie quando arrivate. Corte Cavalli è un ricordo che rimane, e quell’albero è lì, da sempre, con le sue radici, simbolo della storia e delle tradizioni». • La riuscita di un progetto, al di là di quel 29 che può essere il suo aspetto estetico, si va poi a misurare con l’apprezzamento riscontrato nella sua clientela. Che impressioni e che commenti genera il Relais Corte Cavalli nel cliente? «L’impressione dei nostri clienti coincide con la nostra, è fantastico. In genere Via Nazionale, 70 - 23012 Castione Andevenno (SO) Tel. 0342 567600 Fax 0342 567817 quando si entra si resta senza fiato. Poi il silenzio e la tranquillità fanno il resto della magia». • Lei crede che il Relais Corte Cavalli detenga una forza d’impatto o, piuttosto, sia un luogo che si dischiude poco a poco, che si lasci in qualche modo scoprire lentamente? «L’impatto iniziale è forte, ma Corte Cavalli è anche una scoperta continua. Da ogni punto del Relais si ha uno scorcio diverso, come in un viaggio itinerante». • Il cliente spesso ritorna non in base ad una scelta razionale, ma grazie a suggestioni che navigano nell’inconscio. Quali sensazioni è secondo Lei in grado di trasmettere l’idea d’arredo di Concreta che ha trovato espressione nel Relais Corte Cavalli? «Connubio tra modernità, funzionalità e tradizione. Un naturale equilibrio di stili». • Se nella Sua mente affiorasse un nuovo schizzo, un nuovo sogno, affiderebbe la sua realizzazione pratica nuovamente a Concreta? «Quello che noi diamo è accoglienza, coinvolgimento, discrezione e familiarità, ed è quello che ci ha trasmesso Valerio Gavazzi, con il suo team e la sua azienda». 30 - IMPIANTI SALE FUMATORI - ESTRAZIONE ARIA PER IMPIANTI INDUSTRIALI - LAME D’ARIA - RISCALDAMENTO E IRRAGGIAMENTO - CONDIZIONAMENTO - CAPPE CUCINE INDUSTRIALI - CONTRATTI DI MANUTENZIONE - VIDEOISPEZIONE E PULIZIA CANALI Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone FesteAuguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste Auguri di Buone FesteAuguri di Buone Feste Auguri di Buone Feste www.geo-clima.com [email protected] 31 aziende valtellinesi Eliwork: una realtà dove le risorse umane sono fondamentali … PZL Sokol in azione Un azienda valtellinese protagonista nel trasporto aereo e fiore all’occhiello dell’intera provincia di Sondrio Piloti, tecnici, operatori ed impiegati rappresentano il fulcro dell’attività e sono il cuore pulsante dell’intera azienda; competenza e professionalità si uniscono ad entusiasmo, grinta e determinazione; non c’è ombra di dubbio, le risorse umane sono il vero patrimonio di questa importante azienda valtellinese nel mondo del trasporto aereo Txt: Attilio Piazza Foto: Archivio Eliwork Recentemente siamo andati a visitare il bellissimo hangar dell’Eliwork, situato alle porte di Talamona e in prossimità del viadotto sul torrente Tartano, che in questi ultimi anni ha effettuato “passi da gigante” nel mondo del trasporto aereo con elicottero a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale; a questo proposito abbiamo avvicinato Gianpiero Petrelli, socio fondatore di Eliwork S.r.L., per farci raccontare più nel dettaglio la storia affascinante di questa azienda fiore all’occhiello dell’intera provincia di Sondrio per quanto riguarda il lavoro aereo attraverso l’impiego della sua flotta di elicotteri. Chi è Giampiero Petrelli? <<Sono nato a Morbegno nel 1964. Ho conseguito il diploma di esperto forestale nel 1980. Titoli professionali: licenza di pilota commerciale I - CPL- H- 016828 - iscrizione all’ENGA n°4182 del 13/05/87. Certificato di radiotelefonista in lingua inglese n° 2746 del 28/03/91. Esperienze lavorative: dal 1987 al 1990 pilota TPP/LA gruppo Elitrans (Elimongardino, Rotorservice, CSA); dal 1990 al 1991 pilota TPP/LA Eliliguria; dal 1991 al 2006 fondatore ed amministratore unico di Elipuket; dal 1994 al 1997 e dal 2000 al 2002 amministratore unico della Società Istituto Ecologico Edelweiss; dal 1999 al 2001 pilota TPP/LA Elisystem; dal 2001 al 2003 socio fondatore di Eliwork Italia S.r.l.; dal 2001 al 2003 pilota TPP/LA Eliwork Italia; dal 2003 socio fondatore di Eliwork S.r.l. e dal 2003 al 2007 pilota TPP/LA Eliwork S.r.l. Ho all’attivo oltre 12.000 ore di volo. Abilitazioni al pilotaggio di: R22 - NH 300 - AB 47 - UH 12E - NH 500 - AB 206 - SA 316 - SA 315 – AS 350 – A 109 - AS 355 – PZL W3 ; abilitazione al volo in montagna ed al lancio di paracadutisti>>. Petrelli, ci può raccontare alcuni “passaggi chiave” che hanno caratterizzato la sua vita di pilota? <<Correva il 1982 quando ho iniziato il corso per conseguire la licenza di pilota privato di elicottero; esattamente 32 un anno dopo (1983) ho conseguito l’ambita licenza e mi sono buttato a capofitto in questo mondo con tutto l’entusiasmo dei miei (allora) 17 anni. Ho scelto di fare il pilota perché mi sembrava un lavoro abbastanza semplice. Ero, infatti, convinto che passato l’impegno e la fatica dello studio per conseguire la “patente” per pilotare le mie “aquilette” … tutta la mia vita fosse una lunga e rilassatissima discesa. Pensavo che fare il pilota fosse realmente semplice: pochi conti (non ho mai provato simpatia per la matematica), poco da scrivere (cosa mai dovrebbe scrivere un pilota), una vita avventurosa, economicamente gratificante e perché no, diciamoci la verità, un discreto successo con le ragazze; invece … >>. Fino a qui tutto in discesa e come si dice “rose e fiori” … invece, Gianpiero, negli anni a venire che cosa è subentrato? <<Oggi sono più di 20 anni che lavoro in questo mondo “rotante”; a lungo ho respirato i vapori della benzina “avio” … poi sono passato ai vapori del “kerosene JA1”, il tutto “condito” con olio motore delle più disparate marche e fluidi idraulici di ogni genere. La realtà, vi prego di credermi, si rivelò molto diversa da ogni mia aspettativa. Tanto per cominciare ho passato diversi anni impiegando la licenza di pilota guidando ogni genere di furgone, su e giù per le montagne ed “inseguendo” gli elicotteri per portare loro l’attrezzatura necessaria per effettuare il lavoro aereo e il rifornimento di carburante. Ho pulito hangar, uffici, etc. … ed avendo, come aspirazione massima, quella di lavare l’elicottero ed ingrassarlo a fine giornata. Erano tempi diversi quelli (Anni Ottanta) ed erano pochi i piloti a cui potevo dare del “tu” e la maggior parte di loro veniva chiamata con un “Signor Comandante” !!! In tutta sincerità mi chiedevo se fossi io il “diverso” … invece no, non ero per niente il “diverso” … era, quella generazione, educata a dire “no grazie” di fronte ad un panino quando hai una fame boia e speri che il tuo inter- 1 locutore insista nel voler fartelo mangiare … solitamente non insiste mai e ti ritrovi a maledire quel “no grazie” che ti è uscito in automatico>>. 2 1. PZL Sokol in volo sul gruppo Disgrazia 2. PZL Sokol in azione 3. Alcuni elicotteri flotta Eliwork Ci sembra di capire che la sua esperienza di pilota sia stata veramente “molto formativa”; oggi (2007), sicuramente, i tempi sono cambiati in peggio oppure in meglio? Che cosa ci può raccontare a riguardo? <<La mia carriera professionale è stata tutta in salita. Ho passato la mia vita di pilota a studiare e a fare esami. La cosa sorprendente, sconosciuta ai non addetti ai lavori, è che nel mondo aeronautico per ogni cosa che intendi fare devi effettuare un corso e sostenere un esame. Corso ed esame per la licenza di pilota privato; corso ed esame per la licenza di pilota commerciale; corso ed esame per ogni tipo di elicottero a cui sei abilitato al pilotaggio (dodici corsi e dodici esami per me); corso ed esame per poter parlare italiano in frequenza; corso ed esame per poter parlare inglese in frequenza; corso ed esame per poter volare in montagna, etc. Direte voi ma questi esami non finiscono mai? Mai. Esatto, gli esami non finiscono mai!!! Esami e controlli medici ogni sei mesi; esami sull’abilità e sulla manualità nel condurre il volo, ogni sei mesi, per ogni tipo di elicottero su cui si vola (proficiency check); esami sull’abilità e sulla professionalità nel condurre il volo con passeggeri ogni dodici mesi per ogni tipo di elicottero su cui si vola (line check); esami annuali sulle procedure 3 di emergenza; corsi annuali sulla “safety” e sulla “security”, oltre ad una “montagna” di corsi e di esami che non elenco per non tediarvi troppo. In tutta sincerità agli inizi degli “Anni Novanta” la mia vita professionale di pilota mi sembrava ardua e difficile; ora, credetemi, è decisamente peggio, molto peggio. La normativa europea non ha fatto che complicare ed esasperare ogni aspetto professionale: se quindici anni fa l’allora CIVILAVIA era un caos, l’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) di oggi, sicuramente molto migliorata come efficienza e risposta all’utente, è però preda della burocrazia. A volte viene da chiedersi se chi pensa e scrive le leggi e i regolamenti aeronautici abbia solo una minima idea di come si possa dare loro una applicazione pratica. Nel panorama italiano le molte società di lavoro aereo con elicotteri hanno pochissima rilevanza ai fini economici e politici rispetto al trasporto aereo di linea con aeroplani. Di fatto la maggior parte della legislazione che si applica agli elicotteri 33 viene estrapolata per “adattamento” dal trasporto aereo di linea, dimenticando la totale diversità tra “ala rotante” (elicottero) ed “ala fissa” (aeroplano). Gli scenari dove operano gli aeroplani e gli elicotteri sono completamente diversi, come diverse sono le problematiche che ci si trova ad affrontare; l’aerodinamica è totalmente diversa così come la manutenzione. Perché leggi e regolamenti devono essere uguali? Voglio essere provocatorio: provate ad immaginare quanto costa tutto questo apparato ciclopico? Costi, infatti, che limitano fortemente l’espansione degli elicotteri e che vengono ripartiti interamente solo sugli operatori dell’ala rotante. Tutti questi costi sono il frutto, almeno così dicono, di una politica europea volta alla massima sicurezza delle operazioni … Personalmente non credo a questa teoria e mi sembra piuttosto un “ufficio complicazioni affari semplici attraverso procedure inutili”. La sicurezza, indipendentemente dalla burocrazia, è la prerogativa principale della nostra azien- 4. Hangar Talamona - Tartano con due Ecureil B3 7. Ecureil B3 ai piedi del ghiacciaio del Disgrazia 5. Ecureil B3 in azione 8. PZL Sokol in azione 6. Sokol PZL al lavoro 9. Ecureil B3 “al gancio” 6 4 se e straordinarie che sorridono solo ed esclusivamente a me>>. 5 da e dei nostri piloti perché non dimentichiamoci che prima di tutti, a bordo, siede sempre un pilota. Non credo che quindici anni addietro, senza tutta questa esasperazione delle regole, ci fosse meno sicurezza e meno professionalità; è chiaro che il mio approccio al volo è diverso rispetto al passato, ma se la mia “sicurezza” è migliorata ciò è dovuto all’esperienza acquisita e che nessuna regolamentazione mi avrebbe potuto insegnare. Mi ritengo un professionista serio, lo ero anche quindici anni fa … figuriamoci alla fine del 2007!!! Probabilmente se andassi “in analisi” uscirebbe, sicuramente, un mio profilo improntato al masochismo nel voler continuare a fare questo mestiere; preferisco non avere la conferma di questa mia certezza. Volo ancora perché, a distanza di tanti anni, ritengo impagabili ed irripetibili alcuni momenti che questo mestiere mi permette di vivere, ovvero i tramonti mozzafiato visti da 4.000m. di altezza sulle cime più alte delle Alpi oppure albe indimenticabili, grandio- Giampiero Petrelli ci può tracciare, in sintesi, un profilo di Eliwork S.r.l.? <<Eliwork S.r.L. è una azienda nata per rispondere alle esigenze del lavoro aereo. Inizialmente nasce come “Eliwork Italia” nel 1999 e, successivamente (2003), diventa s.r.l. Nel 2001 attraverso l’impiego di un “minuscolo” elicottero (Hughes 530 FF di fabbricazione americana e costruito appositamente come elicottero militare durante la guerra in Vietnam ), che con una modesta portata (cinquecento kg.) e con il suo caratteristico rumore veniva chiamato dai valligiani della Val Masino “la mosca”, inizia la sua bellissima avventura ... Successivamente, le esigenze di maggiori prestazioni ed ulteriore lavoro, hanno portato all’impiego di un elicottero più performante (Ecureuil AS 350 B2 di fabbricazione francese); la flotta, negli anni a venire, è poi cresciuta attraverso l’acquisto dei più potenti “Ecureuil AS 350 B3” che oggi sono gli elicotteri mono - motore più versatili e ideali per le esigenze di una compagnia, come la nostra, che spazia in tutti i settori: dal lavoro aereo fino al trasporto passeggeri. Nel 2004 la flotta era composta da cinque Ecureuil AS 350 di cui due nella versione B2 e tre nella versione B3; nel 2005 erano tre gli Ecureil AS 350 B3 ed un PZL W3 Sokol; dal 2006 ad oggi (2007) la flotta di Eliwork è formata da tre Ecureil AS 350 B3 (di fabbricazione francese) e da due PZL W3 Sokol (di fabbricazione 34 polacca). Nell’ottica di una crescita aziendale, mirata alla massima soddisfazione del cliente, l’Eliwork ha sentito la necessità in questi ultimi anni di dotarsi di elicotteri con “performance superiori” in modo da poter offrire ai propri clienti diverse e variegate possibilità di trasporto che altrimenti erano appannaggio di compagnie non italiane, con notevoli costi di posizionamento degli elicotteri e degli equipaggi e che inevitabilmente ricadevano sui clienti. Il bacino di operazioni della società, inizialmente, era limitato al territorio delle province di Sondrio, Bergamo, Lecco e Como; successivamente si è esteso a tutta l’Italia e, soprattutto, dove era richiesto un servizio rapido, preciso e altamente professionale. Diversi e molteplici sono i servizi che Eliwork propone: dal trasporto di carichi esterni al trasporto pubblico di passeggeri, dal servizio di antincendio e protezione civile a quello delle riprese cine – fotografiche. La base principale di armamento è situata a Talamona, in prossimità del viadotto sul torrente Tartano (località Tartano), dove esiste un’area pari a 45.000metri quadrati (elisuperficie) omologata dal Ministero dei Trasporti e dove sono collocati gli hangar adibiti al ricovero degli elicotteri, gli uffici commerciali e tecnici, oltre al deposito fiscale del carburante; abbiamo anche una base a Clusone (Bergamo) dove è collocato, stabilmente, un elicottero Ecureil AS 350 B3 con relativo equipaggio. Lo staff di Eliwork è composto da personale altamente preparato, professionale e qualificato 7 così suddiviso: reparto amministrativo, tecnico ed operativo; ogni singolo individuo del reparto operativo è sottoposto a frequenti controlli fisici ed operativi, oltre a corsi di perfezionamento atti a garantire sempre ed in ogni momento sicurezza nelle operazioni. In questo contesto mi sembra giusto e doveroso ricordare l’intero staff: reparto amministrativo Aldisio Speziale ed Andrea Mottarella per l’amministrazione e Domenico Rini per quanto riguarda la parte commerciale; reparto tecnico – operativo Christian Ossensi, Massimiliano Soave, Gabriele Scotti e Nicola Fistolera per l’ufficio tecnico; i piloti Vinicio Megar, Tedy Foppoli, Diego Casari, Maurizio Folini ed il sottoscritto; i tecnici Giordano Senini, Gabriele Scotti e Antonio Tagliaferro; reparto coadiutori (operatore) Alan Barlascini, Alfio Codega, Graziano Codega, Renato Gusmeroli e Daniele Maffezzini>>. Nel giro di un “lustro”, avete veramente bruciato ogni tappa per quanto riguarda l’acquisto di “macchine” altamente “performanti” e che vi hanno permesso di raggiungere obiettivi molto importanti; una però vi ha fatto fare il salto di qualità: il polacco “PZL W3 Sokol” … ci può raccontare qualcosa a riguardo? <<In considerazione di quanto in precedenza ricordato, circa tre anni fa, eravamo alla ricerca di un elicottero bimotore con capacità di carico di circa duemila kg. e con l’impiego di tale “macchina” potevano permetterci di operare in completa sicurezza, anche in centri urbani, per il montaggio di antenne e di condizionatori, attraverso una capacità di carico superiore a qualsiasi altro elicottero operante in Italia. Questa esigenza si concretizzo, per l’appunto, nel 2004 con la scelta di un elicottero (di fabbricazione polacca) il PZL W3 Sokol, utilizzato in weat lease (noleggio dello scafo compreso equipaggio e manutenzione) e operante in antincendio per il Consorzio Costa Smeralda (Sardegna). I parametri che hanno determinato la scelta del Sokol sono stati i seguenti: è un elicottero bimotore certificato in categoria “A”, ovvero può decollare, volare e atterrare anche con un solo motore funzionante; risponde a tutte le nuove normative europee in quanto dotato di cockpit voice recorder e flight data recorder (registratori dei parametri di volo e delle voci equipaggio); presenta una grande affidabilità provata da oltre quindici anni di operazioni; ha una capacità di carico esterno pari a duemilacento kg.; una capacità di trasporto pari a 12 passeggeri oppure duemilacento kg. di merci interne ed una cabina per trasporto passeggeri di ampie dimensioni (oltre sette m3). Correva il 2005 e ci viene consegnato il “nostro” Sokol … comincia l’avventura! L’elicottero viene immatricolato e reso operativo con registrazione italiana; il successo nelle operazioni di volo e la soddisfazione dei clienti ci ripagano delle molte difficoltà burocratiche incontrate causate, fondamentalmente, dallo “zelo” di alcuni funzionari … il cui unico scopo sembrava essere la determinazione ad impedirci le 35 8 9 operazioni di volo con il “nuovo”elicottero. Un anno dopo, nel 2006, siamo al lavoro per l’acquisto e rendere operativo il secondo “Sokol” … >>. Eliwork è una realtà dove le risorse umane sono fondamentali … un fiore all’occhiello che pone la vostra azienda ai primi posti per quanto riguarda il lavoro aereo con elicottero; a questo proposito alcune sue considerazioni Petrelli? <<La nostra filosofia aziendale è racchiusa in un semplice motto: “esserci dove e quando serve” … ciò esprime quanto Eliwork crede nella propria clientela e nella sua massima soddisfazione: in ogni momento, ogni giorno, festivi compresi, un elicottero della nostra flotta è pronto al decollo!!! Il nostro successo è dovuto essenzialmente al personale impiegato (come la domanda evidenzia) che risulta essere sempre al passo con i tempi, preparato, efficace ed attento ad ogni bisogno del cliente; i piloti ed i tecnici, inoltre, vantano una pluriennale espe- 4 5 10. Hangar Talamona - Tartano 11. Ecureil B3 in prosimità Rifugio “Marco e Rosa” 6 12. PZL Sokol in volo sul ghiacciaio Disgrazia rienza nel campo aeronautico condizione questa di fondamentale importanza per ottenere altissimi standard di sicurezza e di qualità in tutti i servizi offerti. Eliwork ha fatto sua la politica per salvaguardare “la qualità e l’ambiente”; essa, infatti, mette al centro della sua attività da una parte la soddisfazione del cliente e dall’altra la riduzione degli impatti ambientali. Crediamo, sinceramente, di svolgere un buon lavoro e siamo certi di operare con successo nei confronti di tutte le aziende che hanno la necessità di trasportare, in luoghi altrimenti inaccessibili, pesi fino a duemilacento kg. come compressori, generatori, mini - escavatori, ragni, trattori, etc. (sono solo alcuni esempi di un tipo di intervento che, se fatto con elicotteri tradizionali, comporta spese aggiuntive di smontaggio e successivo montaggio in loco). In modo analogo succede per alcuni tipi di lavori che vengono effettuati in centri urbani come il trasporto di condizionatori montati direttamente sopra i tetti dei palazzi oppure il montaggio di antenne, di parabole; insomma dove le gru non possono essere montate per problemi di spazio, di altezza, di tempo e soprattutto di costi o di autorizzazioni. Qualsiasi sia la necessità di movimentazione aerea, per qualsiasi peso e destinazione … dal mare alle vette più alte delle Alpi, per montaggi di alta precisione, per “tesatura” di elettrodotti, per quanto non potete immaginare di poter trasportare … non vi preoccupate: lasciate a noi il vostro problema e lo risolveremo!!! Come ho avuto modo di sottolineare in precedenza, in qualsiasi giorno dell’anno, un equipaggio ed un elicottero 36 sono pronti a levarsi in volo; mono - motore, pluri - motore, da cinque a dodici passeggeri, per ogni peso fino a cinquemila kg., la nostra flotta è sempre a disposizione e pronta al decollo. In pochi minuti di volo si possano risolvere enormi problemi. Logistica e organizzazione, senza ombra di dubbio alcuno, rappresentano gli elementi fondamentali per operare con efficacia … ma ritengo che oltre a ciò, il vero “motore” che determina il nostro successo aziendale sia dato dalla qualità degli uomini che compongono la nostra azienda, ovvero il patrimonio della nostra azienda rappresentato dal nostro personale. Uomini che affrontano, giornalmente, i lavori più incredibili attraverso un’esperienza unica che li porta a risolvere problemi importanti grazie alla specifica competenza e ad un pizzico di genio. Piloti, tecnici, operatori ed impiegati rappresentano il fulcro della nostra attività, il cuore pulsante di Eliwork. Competenza e professionalità si uniscono ad entusiasmo, grinta e determinazione … le risorse umane sono il vero patrimonio della nostra azienda e di queste persone siamo particolarmente fieri ed orgogliosi!!! Prima di concludere questa bellissima e proficua chiacchierata concedetemi ancora due righe: fondare e migliorare Eliwork è stato il concretizzarsi di un sogno, di una meravigliosa avventura che è stata resa possibile grazie alle persone che hanno avuto la capacità di credere in questo sogno … e da questa pagine voglio ringraziarli perché è grazie al loro impegno che abbiamo assieme raggiunto traguardi inaspettati. Un grazie particolare a tutti i clienti perché il nostro successo è stato determinato dalla fiducia che in noi hanno riposto; molti di loro in questi anni sono diventati grandi amici; un grazie anche alle istituzioni pubbliche e private e al sistema bancario per aver creduto nel nostro sogno. Ultimo, ma non meno importante, un ringraziamento a Jacopo Merizzi, nostro cliente (diventato poi amico), “guida alpestre” (così si presentò la prima volta che ci incontrammo), fotografo e giornalista, che ho convinto a diventare direttore responsabile del nostro magazine “Eliwork” in quanto credo che la sua particolare sensibilità umana e la sua professionalità saranno determinanti nell’esprimere le potenzialità della nostra azienda>>. recensione Valtellina Valchiavenna e Grigioni sotto la lente Antica cartografia dal XVI al XVIII secolo Alcuni momenti della presentazione della pubblicazione presso la galleria del Credito Valtellinese (Foto Giorgio De Giorgi) La realizzazione di questo volume si inserisce nell’ambito delle iniziative promosse dal Credito Valtellinese in occasione del centenario della sua fondazione, avvenuta nel luglio del 1908, e costituisce l’ideale prosecuzione della mostra cartografica tenutasi presso la Galleria Credito Valtellinese di Sondrio tra il marzo e il maggio del 2006. Esso offre un’ampia panoramica della produzione cartografica relativa alla Valtellina e contadi nel periodo storico in cui queste valli sono state aggregate allo Stato delle Tre Leghe e rappresenta un utile strumento per contestualizzare sul territorio vicende storiche e socio-economiche che in precedenza sono state fatte oggetto di studi e pubblicazioni promosse dalla banca e dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, nell’ambito delle proprie collane. I materiali raccolti, centosessantotto carte, provengono in parte dalla collezione del Credito Valtellinese, in parte sono stati reperiti in collezioni private e pubbliche, italiane e straniere. Tra gli enti pubblici va segnalata la Civica Raccolta di Stampe «A. Bertarelli» di Milano, che possiede un vastissimo e prezioso patrimonio documentario; tra i collezionisti privati, che hanno messo genero- Eliwork – località al Tartano Talamona (Sondrio) - tel. 0342/67.08.99 web: www.eliwork.it- info: [email protected] 37 samente a disposizione il loro materiale illustrativo. vanno ricordati Oscar Sceffer e Giorgio Aliprandi. Le raffigurazioni cartografiche sono presentate in modo organico e sistematico secondo una successione cronologica e sono accompagnate da schede illustrative che offrono notizie sulla corretta attribuzione all’ambito di pertinenza e l’evidenziazione delle rispettive peculiarità secondo un metodo prevalentemente storico-artistico. L’opera, pubblicata per i tipi di Priuli & Verlucca, è stata curata da Silvia Bianchi, autrice di un saggio e delle schede del catalogo, contiene i saggi di Giorgio Aliprandi, collezionista e studioso di storia della cartografia alpina cui ha dedicato varie pubblicazioni, e Guido Scaramellini, autore di numerosi studi dedicati alla storia della Valtellina e della Valchiavenna, una presentazione di Claudio Salsi, Direttore delle Civiche Raccolte d’Arte Applicata ed Incisioni e dell’Archivio Fotografico del Comune di Milano, che ha garantito il proprio supporto all’iniziativa. Per informazioni: Fondazione Gruppo Credito Valtellinese Tel. 0342.522.645/673 - Email: [email protected] arte - cultura - storia 1. Portali Bormio-Valdisotto-Cepina Sovrastante Bow Indow Via Roma 2. Piazza Quadrivio Palazzo Sertoli Porte, Portoni e Portali della Provincia di Sondrio Portali Tirano - Aprica Villa di Tirano Stazzona via Piazza Dopo “Fontane di Valtellina e Valchiavenna”, l’Accademia del Pizzocchero di Teglio ancora protagonista con un libro sulle porte, portoni e portali Una pubblicazione che ripercorre, da Chiavenna a Bormio, l’intera Valchiavenna e la Valtellina alla (ri) scoperta di bellezze architettoniche spesso dimenticate … Txt: Silver Foto: Giorgio De Giorgi Il libro, edito dalla Nodo Libri di Como, costituisce un’importante realizzazione lungo il percorso culturale intrapreso dall’Accademia con lo scopo di porre in risalto, tra l’altro, le emergenze architettoniche della nostra Provincia. Di particolare pregio sono le straordinarie fotografie di Giorgio De Giorgi, perfettamente riprodotte dai tipi della “Ramponi Arti Grafiche”, ed i testi di importanti storici e uomini di cultura: Ernesto Ferrero, Direttore della Fiera del Libro di Torino (prefazione), Guido Scaramellini, Presidente del Centro Studi Storici di Chiavenna (per la Comunità Montana di Valchiavenna), Augusta Corbellini, Presidente della Società Storica Valtellinese (per la Comunità Montana Valtellina di Sondrio), Gianluigi Garbellini, Presidente del Centro Tellino di Cultura (per la Comunità Montana Valtellina di Tirano), Giulio Perotti (per la Comunità Montana Valtellina di Morbegno), Stefano Zazzi, ingegnere, socio del Centro Studi Storici Alta Valtellina (per la Comunità Montana Alta Valtellina), mentre l’architetto Graziano Tognini ha curato il saggio “Oltre la soglia”. Di rilievo anche l’Introduzione del Libro a firma di Rezio Donchi, presidente dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio e del dott. Gianfranco Avella, Procuratore della Repubblica di Sondrio e socio onorario della stessa Associazione, che di seguito riportiamo. «”La porta, consentendo o precludendo l’accesso dall’esterno negli spazi privati, costituisce da sempre l’elemento più importante della dimora dell’uomo: dalla capanna, dalla casa più semplice al palazzo. La porta sbarra, protegge, delimita. Può esprimere significati opposti: di esclusione, di rifiuto, quando viene chiusa; di accoglienza, di ospitalità, quando si apre. Questa dicotomia è ben presente nella stessa escatologia cristiana che contrappone la “janua coeli” alla “porta inferi”. Il portale copre; la soglia si varca; lo stipite sorregge; l’arco conclude quel che il 38 portone chiude. La soglia, ovvero quello spazio impercettibile che sta alla base degli stipiti, non è semplicemente la parte inferiore del vano di una porta; è la linea che separa dall’ambiente esterno un individuo, una famiglia, una bottega, un luogo di lavoro, un gruppo di persone, una comunità religiosa. Varcarla ci sposta da una parte all’altra: dall’aperto al chiuso (e viceversa), secondo le necessità e le situazioni del momento. La porta sigilla l’azione anche con forza, col rumore. Anticamente le chiavi della porta principale della città venivano offerte, in segno di ospitalità, al personaggio di riguardo oppure, in segno di resa, al nemico vincitore. Nelle città moderne le porte sono “blindate” ormai da decenni mentre nei paesi ancora oggi spesso non vengono chiuse. Ina cosa normale se si va indietro negli anni quando il chiavistello di legno serviva solo perché la porta non sbattesse al vento. La chiave, quando c’era, s’appendeva al chiodo oppure si metteva sotto il vaso. Nel contempo le chiese si chiudevano solo la notte, ma erano sempre aperte di giorno; i cimiteri avevano cancellate, ma non chiavi; i palazzi e i castelli avevano – invece – porte, portoni e portelli e anche soldati al controllo del passaggio. Anche i conventi chiudevano le porte dietro le spalle di monaci e suore di clausura, magari per sempre. Dentro e fuori dagli edifici gli uomini e le donne andavano attraverso porte e portoni, spesso costruiti con pietra verde, granito, sanfedelino (detto anche cudèra), ghiandone (giandùm) o sarizzo (sarizz) e con liste di legno rinforzate da spranghe in ferro, chiodi, borchie, sorretti da cardini possenti. Di tutto questo qualcosa è rimasto. Dopo il volume “Fontane di Valtellina e Valchiavenna”, l’Accademia del Pizzocchero di Teglio ha voluto offrire, con questo libro, l’occasione per ripercorrere un 2 1 altro tratto della storia delle due valli (Valtellina e Valchiavenna), prima che l’opera incessante dell’uomo possa velarne la memoria, documentando una parte degli innumerevoli porte, portoni e portali, certamente più numerosi delle numerosissime fontane, che ancor oggi caratterizzano, con singolare varietà funzionale formale, la provincia di Sondrio. L’ampia documentazione fotografica (le foto sono del bravissimo fotografo Giorgio De Giorgi), che accompagna i testi storici, mostra i loro tratti distintivi o salienti, evidenzia come spesso le mani dei loro costruttori, abili artigiani rimasti sconosciuti, siano state sospinte dal soffio dell’arte, e induce una soffusa nostalgia in chi ne osserva la bellezza, carica di memorie. Ancora una volta non si è voluto procedere in forma di catalogazione (né riteniamo sia compito di un’associazione culturale) bensì si è inteso mostrare la varietà del nostro patrimonio architettonico e decorativo ed il pericolo che esso corre quando i rifacimenti sono azzardati o gli interventi di manutenzione troppo indirizzati al soddisfacimento delle comodità moderne. Nello sfogliare il volume ci si accorgerà, 4 3. Portali Morbegno Albaredo baite Per S Marco 3 tra le tante, tantissime situazioni di grande bellezza, di alcune emergenze opinabili sul piano estetico, che non abbiamo voluto ignorare, per esigenze di corretta documentazione. “» Hanno contribuito alla ricerca e alla realizzazione del volume: Provincia di Sondrio, Gruppo Credito Valtellinese, Pro Valtellina Fondazione della comunità locale, BIM (Bacino Imbrifero Montano) dell’Adda, AEM - Milano, Comunità Montana della Valchiavenna, Comunità Montana Valtel- 39 4. Portali Morbegno Morbegno S. Maria Assunta lina di Morbegno, Comunità Montana Valtellina di Sondrio, Comunità Montana Valtellina di Tirano, Comunità Montana Alta Valtellina. “Porte, Portoni e Portali della Provincia di Sondrio”- edito da “Nodo Libri” - Como; ottobre 2007; stampa Ramponi Arti Grafiche - Sondrio; fotografie di Giorgio De Giorgi; pagine 298; rilegatura filo refe; copertina cartonata e sovra- copertina; disponibile nelle librerie della provincia di Sondrio; per ulteriori informazioni: [email protected] - www.nodolibri.it alberghi “Abbiamo chiesto di creare atmosfere di intenso coinvolgimento emotivo. Rivisitando il rustico, Concreta, ha saputo creare un ambiente decisamente moderno!” Albino, Annamaria e Marco Peruz Linee e dettagli di stile innovativo e contemporaneo senza dimenticare la tradizione L’ Hotel Residence Ladinia **** di San Vito di Cadore (9 km. da Cortina d’Ampezzo) nel cuore delle Dolomiti è situato vicino al centro del paese e agli impianti di risalita di San Vito di Cadore ed è circondato da un ampio parco privato di 5000 mq. La posizione privilegiata, gli ampi spazi comuni e la completezza dei servizi offerti ne fanno un albergo dove comfort e eleganza accompagnano l’Ospite per tutta la vacanza. Quest’anno è stato realizzato un considerevole ampliamento su progetto dell’Architetto Romana Peruz. Si è costruito un complesso moderno realizzando una nuova costruzione che si pregia del marchio “Casa Clima” nel quale sono state ricavate ampie camere e suite e una sala attrezzata per riunioni con 30 PARK HOTEL LADINIA GESTIONE: Famiglia Peruz DIRETTORE: Albino Peruz INDIRIZZO: via Ladinia 14 32046 San Vito di Cadore (BL) TELEFONO: 0436-890450 FAX: 0436-99211 E-MAIL: [email protected] SITO INTERNET: www.hladinia.it ATTIVITA’: attività alberghiera e ristorativa. CAMERE: l’Hotel dispone di 34 camere, di cui 5 singole, 5 junior suites e 24 doppie, con possibilità di letto aggiunto. Vi sono inoltre 7 appartamenti, di cui 2 trilocali e 5 bilocali. STRUTTURE: area wellness con piscina coperta, sauna, bagni turchi, idromassaggi, thermarium, palestra, solarium UVA integrale e trifacciale e beauty-farm. È stata realizzata una sala attrezzata per il gioco dei bambini, seguiti da personale specializzato. Il bar ed il soggiorno riprendono lo stile delle vecchie “stube” locali. RISTORANTI: la sala da pranzo è stata recentemente ampliata e suddivisa in più settori, con diverse ambientazioni. ALTRO: situato a 9 km. da Cortina d’Ampezzo, nel cuore delle Dolomiti, è vicino al centro del paese di San Vito di Cadore e agli impianti di risalita. È circondato da un ampio parco privato di 5000 mq. PROGETTAZIONE: Concreta Srl Arch. Corrado Selvetti Arch. Romana Peruz REALIZZAZIONE: Concreta Srl TESTI: Roberta Bertolatti FOTO: Jurgen Eheim 40 41 posti. Sono stati completamente rinnovati gli appartamenti; si tratta di unità abitative bilocali o trilocali dotate di cucina e direttamente collegate alla struttura alberghiera. Sono state inserite nuove aree comuni ed una nuova splendida area wellness con piscina coperta, sauna, bagni turchi, idromassaggi, thermarium, palestra, solarium UVA integrale e trifacciale e beauty-farm. E’ stata inoltre predisposta una sala attrezzata per i piccoli ospiti dove possono giocare in tranquillità controllati da personale specializzato consentendo in tal 42 modo ai genitori di godersi momenti di relax. La ristrutturazione ha interessato la hall dell’Hotel che è stata ricavata nel corpo di collegamento tra la struttura esistente e la nuova costruzione, la sala da pranzo ingrandita e suddivisa in più settori con ambientazioni diverse, il soggiorno e il bar che riprendono lo stile delle vecchie “stube” locali. La nuova struttura ha una ampia superficie vetrata orientata a sud che sfrutta il sole per il risparmio energetico e consente di godere di scorci straordinari sulle montagne circostanti. Nell’arredare i nuovi spazi si è voluto inserire elementi di design e combinazioni di materiali locali con linee innovative che creano una ambientazione moderna e allo stesso tempo calda e accogliente tipica delle case di montagna. Si prevede di completare la realizzazione dell’intero progetto entro la prossima estate 2008 ampliando ulteriormente gli spazi dedicati al wellness con l’obiettivo di posizionarsi come uno dei pochissimi “wellness hotel” della zona e quindi di richiamare clientela interessata a questo tipo di offerta anche in periodi di bassa stagione. LA PAROLA AL CLIENTE • Signor Albino, da dove nasce l’idea dell’Hotel Ladinia di San Vito di Cadore? «Come in altre realtà del territorio alpino, l’offerta turistica di Cortina d’Ampezzo si sta evolvendo e differenziando. Il progetto di ristrutturazione dell’Hotel Ladinia nasce dall’esigenza di stare al passo con i tempi e di poter offrire un prodotto all’avanguardia che sappia stupire la sua clientela garantendo il massimo dell’eleganza e del comfort». un’eleganza raffinata e contemporaneamente l’impressione di un ambiente caldo e accogliente. Dopo aver contattato Concreta e parlato con loro del progetto, non ci sono più stati dubbi. La sintonia creatasi tra noi, i progettisti e l’azienda è stata perfetta sin dall’inizio». • Come ha deciso di affidare la realizzazione pratica del Ladinia a Concreta? «Il contatto con Concreta è avvenuto tramite il responsabile di zona. Così ci siamo presto accorti che alcuni progetti realizzati dall’azienda valtellinese si sposavano perfettamente con la nostra idea di creare un ambiente che trasmetta 43 • Negli anni Concreta ha posto in essere molti progetti d’interni dove l’arredamento mantiene un chiaro riferimento al territorio d’appartenenza. Come quest’aspetto ha preso forma nella realizzazione dell’Hotel Ladinia? «Innanzi tutto, abbiamo lavorato molto sulle linee e sulla scelta dei materiali e dei colori. Dal punto di vista del creare un ambiente vivo, non sganciato dal territorio, essenziale è stato l’ampio uso del legno anche nelle pareti, nei pavimenti e nei soffitti. Il legno, ma anche il vetro e grandi finestre, perché lo scenario montano of- 44 ferto da Cortina è veramente spettacolare e unico, quindi abbiamo cercato di dare al paesaggio la massima visibilità possibile. Partendo dallo studio di ambienti tradizionali abbiamo poi inserito linee e dettagli di stile innovativo e contemporaneo. E’ stata una bella sfida. Rivisitando l’idea dell’antico credo che abbiamo creato un ambiente decisamente moderno». • Lei parla di dettagli. Da questo punto di vista il Ladinia è un ambiente molto ricercato. Come secondo Lei Concreta si è posta di fronte al particolare? 45 46 47 «Sono veramente soddisfatto del lavoro svolto da Concreta. Sia nel generale che nel dettaglio. L’albergo ha una grande forza d’impatto, alcune sale fanno obbiettivamente rimanere di stucco chi ci entra fin dalla prima occhiata. Ma poi vi sono appunto mille dettagli curiosi che le persone notano poco a poco. Direi che abbiamo giocato molto sui dettagli, anche usando spesso decorazioni e intagli tipici dell’artigianato alpino. Ma l’antico e il moderno finiscono sempre col mescolarsi creando effetti piacevoli. Penso ad esempio all’uso dei tronchi tra divani dal design attuale, o alla reception, dove delle linee molto essenziali vanno a incontrare elementi decorativi ricercati. Si, devo dire che tutti hanno messo in campo la loro creatività ottenendo risultati stupefacenti. Ripensandoci oggi, ci siamo divertiti molto nella realizzazione del Ladinia». • Se nella Sua mente affiorasse un nuovo schizzo, un nuovo sogno, affiderebbe la sua realizzazione pratica nuovamente a Concreta? «Certamente, con Concreta c’è stata piena sintonia fin dal principio della nostra collaborazione. E oggi, guardando al risultato finale, la fiducia verso quest’azienda non può che essere totale e sincera». 48 49 fiere Concreta e il mondo dell’ospitalità professionale a Host 2007 Creare in ogni ambiente un’atmosfera in grado di suscitare forti emozioni, fornire un servizio completo “chiavi in mano” per risolvere ogni esigenza tecnica; saper cogliere in anticipo le tendenze, sviluppare progetti e realizzarne gli arredi è la sfida che la nostra azienda si propone quotidianamente In questi anni l’impegno della nostra azienda è stato quello di crescere attraverso una continua ricerca, un’elevata professionalità del personale e un nuovo modello organizzativo. Tutti elementi che riteniamo alla base di un processo aziendale orientato alla percezione delle esigenze del potenziale cliente e alla loro rapida ed efficace traduzione in un prodotto affidabile e di qualità. Creare in ogni ambiente un’atmosfera in grado di suscitare forti emozioni, fornire un servizio completo chiavi in mano per risolvere ogni esigenza tecnica; saper cogliere in anticipo le tendenze, sviluppare progetti e realizzarne gli arredi è la sfida che la nostra Txt: Roberta Bertolatti 50 azienda si propone quotidianamente. Per raccontare tutto questo, alla Host 2007, abbiamo deciso di presentarci attraverso un susseguirsi di immagini e di parole che illustrassero e raccontassero brevemente ciò che abbiamo realizzato negli ultimi anni con il nostro lavoro quotidiano. Ogni lavoro esposto ha rappresentato la sintesi migliore di forma e funzione, di linearità e modernità e di stili che incontrano differenti esigenze. Ma non solo, abbiamo colto l’occasione per realizzare e presentare, con la cura di ogni dettaglio, una camera campione di un grande villaggio in fase di costruzione, cercando di interpretare al meglio le esigenze del nostro cliente. L’ intento progettuale preposto, racconta l’architetto Francesco Venzi, è stato quello di cercare di identificare spazi “diversi” per tipologia e caratteristiche, ma appartenenti ad un unico ambiente. L’alternanza dei materiali, zebrano, teak, marmo e vetro, unita alla progettazione specifica dei vari elementi crea una separazione degli ambiti funzionali senza delimitarne le zone. L’ingresso “accompagna” verso il cuore della stanza ( la zona letto), sia per la geometria dello spazio, che per il design degli arredi che per la matericità del pavimento che prosegue “idealmente” verso l’esterno .L’elemento di maggior interesse è il “tappeto” che unisce la testata letto (superficie verticale) il letto (superficie orizzontale) e la parete/scrivania posta di fronte al letto (superficie verticale). Questo costituisce un’insieme unico, dando continuità ad elementi diversi, che in altro modo sarebbero “puntiformemente” distribuiti nello spazio: questa visione fa capire che l’intento progettuale è quello di non intendere l’arredo come parte a sè stante di uno spazio, ma come parte integrante e inscindibile, “misurato” in relazione all’ambiente di cui fa parte. Il letto che si assottiglia integrandosi nel pavimento per poi rialzarsi sulla parete, in qualche modo delimita e sottolinea la diversità degli spazi, stabilendone una gerarchia. Ingresso, letto, spazio esterno di relax ( o interno come in questo caso) sono ben identificabili, ma senza separazioni fisiche o frammentazioni tecnicoestetiche. Anche bagno e cabina armadio fanno parte del “tutto” pur essendo, per ovvie ragioni pratiche, separate dal resto della camera. Ecco che le superfici verticali diventano trasparenti e i materiali impiegati trovano relazioni con quelli usati per la stanza da letto. Da qui si evince, ancora una volta, che l’intento del progettista è quello di dare sempre la sensazione di appartenere ad un unico ambiente, in cui le parti sono relazionate fra loro, e la suddivisione fra i diversi ambiti (sia interni che esterni all’edificio) è solo percettiva e non fisica. Una sfida molto impegnativa, quella della Host, consapevoli dell’importanza di essere presenti sul mercato mantenendo ben visibile un’immagine coerente di azienda e di prodotto. Qui con tanta voglia di essere propositivi ritrovando le motivazioni che rendono ancora più interessante, entusiasmante e creativo questo lavoro. 51 calendario storico Uno sguardo al passato nel corso dei secoli Avvenne nel mese di novembre del…. 1347 Giunse in Morbegno il grande pittore Gaudenzio Ferrari per eseguire diversi lavori, tra cui la mirabile lunetta sul pronao della chiesa di S. Antonio, chiesa che all’interno venne poi dipinta dall’altro valente pittore Francesco Stella da Caravaggio. Il Ferrari fu chiamato dall’illustre vescovo di Como Feliciano Ninguarda. 1516 Francesco I Re di Francia riconquistata la Lombardia, per tenersi amici i Grigioni propose loro se volevano mantenere il possesso della Valtellina e delle Contee di Chiavenna e di Bormio o farne vendita a lui per la somma di 150.000 scudi d’oro. I Grigioni si decisero per il primo partito. Ebbe così inizio quel dominio che escluso un intervallo di 19 anni durò poi fino al 1797. 1555 Moriva il marchese Gian Giacomo Medici, detto il Meneghino, signore di Musso sul lago di Como e di altri luoghi. Occupò per qualche tempo il contado di Chiavenna e Morbegno, cercò con le sue armi e con le insidie di occupare tutta la Valle che ebbe così a passare tristi momenti e a sostenere gravi difficoltà, combattimenti e imposizioni. Guerriero coraggioso e impavido, grazie alle sue imprese meritò per le sue gesta di essere collocato nella schiera dei più validi condottieri italiani. Suo fratello Giovanni Angelo, già arciprete di Mazzo dopo molte e diverse vicende salì al sommo Pontificato col nome di PIO IV. 1586 Incombeva una grave minaccia di carestia, pertanto il governatore Paolo Fiorini pubblicava una grida con cui veniva proibito di vendere a qualsiasi persona ogni tipo di burro, formaggio e qualunque altra cibaria e condurla fuori dai confini della Valle, sotto pena di venti colpi di corda, tra le più orribili che si possano dare in pubblico. Txt: Cecilia Paganoni 1627 Gian Giacomo Paribelli qualità di pretore di Sondrio, in seguito ai voti conformi del Consiglio generale fece pubblicare un 52 decreto di proscrizione di tutti i protestanti, intimando che entro quattro giorni avrebbero dovuto uscire dalla Valle. Coloro che non avrebbero ottemperato a tale ordine avrebbero potuto essere uccisi. A seguito di tale atroce decreto trovarono la morte a Traona Odoardo Parravicini e a Caspano Giuseppe Malacrida. 1689 Il Governatore della Valle concesse a diverse persone – per denaro – licenza di portare liberamente alcuna sorta di armi, di praticare qualunque tipo di pesca e di caccia, eccettuata quella del cervo e del cinghiale. Pare che vi fossero in Valle oltre ai cervi e ai cinghiali anche dei lupi fino all’inizio del secolo in corso di cui ora non esiste più alcuna traccia. (Evidentemente i tempi sono cambiati e quegli stessi animali ora 2007 sono tornati a popolare le nostre montagne) 1740 Trascorsi più o meno i tempi in cui si procedeva con tante atrocità contro le credute maliarde, si volle procedere anche contro le bestie citandole a comparire formalmente innanzi ai pretori e ai commissari. Caduta in disuso anche simile ridicola intimidazione si ricorse alle maledizioni. In un consiglio segreto tenutosi a Chiavenna fu proposto scrive i Crollalanza nella sua Storia di quel Contado, di impetrare dal Pontefice l’autorità di maledire non solo gli orsi, ma tutti gli altri animali nocivi, specialmente le gattane, (processionarie) che infestavano il territorio, nonché contro i lupi. 1789 L’ I. R Delegato provinciale in Sondrio ordinò con un decreto di vuotare le piazze, le osterie e i caffè durante il periodo delle sacre Funzioni, sotto pena di due scudi di Milano -per ciascun contravventore- la prima volta, di 4 la seconda e di sei la terza volta. Per coloro che non erano in grado di ottemperare alla pena pecuniaria era pre- visto un giorno di prigione la prima volta, due la seconda, e tre per la terza volta, sempre a pane e acqua. 1813 Vinto Napoleone a Lipsia e fattasi incerta la condizione politica della Valtellina, gli animi della popolazione erano fortemente turbati, tanto più che circolavano alcune bande armate allo sbaraglio, pronte a compiere ogni genere di angherie e soprusi. Il Governo italiano inviava dapprima alcune truppe al comando di tal Masi che seppe fare poco o nulla, e in seguito il colonnello Neri ignorante nel campo delle lettere, ma soldato coraggioso e valoroso. Questi direttosi a Tirano e venuto a conoscenza che un certo De Angeli tirolese si trovava con un drappello di soldati dalle parti dell’Aprica, si recava,senza perdere tempo, con 150 uomini a incontrarlo e riuscì a respingerlo fino a Corteno nelle vicinanze della Valcamonica. Il Neri continuando nella sua intrepida impresa riusciva a riportare la sicurezza e la tranquillità nella popolazione. 1818 Si diede il via alla costruzione della grande strada detta dello Spluga, che da Chiavenna porta nel Canton Grigione discendendo fino nel villaggio che da essa porta il nome. L’impervio giogo di tale montagna si varcava prima attraverso sentieri tortuosi, pericolosissimi per forre e burroni e che si potevano superare soltanto a piedi e talvolta a cavallo. La nuova strada aprì un comodo passaggio per veicoli a ruota, l’opera cominciata su disegno e assistenza del valente ingegner Carlo Donegani fu portata a termine in due anni sul versante valtellinese e in altri due su quello dei Grigioni. Costò più di un milione e mezzo di lire e fu solennemente inaugurata con un’epigrafe lapidaria posta sotto una roccia nei pressi di Campodolcino. Avvenne nel mese di dicembre del …. 1633 Moriva il benemerito Gian Giacomo Paribelli. Così ne parla il Lavizzari: G. Gia- como Paribelli sprezzando il proprio pericolo personale la notte di Natale lasciò il suo palazzo in Albosaggia e si diresse in Sondrio, ove presso il castel Masegra era in corso un grande banchetto degli ufficiali francesi. La notte seguente fu colto da violenti coliche che ne determinarono il decesso. Sebbene fosse da tempo soggetto a simili convulsioni, si diffuse la voce che fosse stato avvelenato dai Francesi in quanto disturbatore dei loro progetti. Grande fu la perdita per la Valtellina, privata di un uomo di così gran valore e capacità diplomatiche, fu esperto ambasciatore in variati stati d’Europa ove sostenne con grande impegno i problemi della sua Valle. 1695 Nacque in Ponte il celebre storico Francesco Saverio Quadrio. A 15 anni indossò in Venezia l’abito dei Gesuiti, visitò numerose città d’ Italia, dotato di grande ingegno fu instancabile negli studi. Scrisse molte opere tra cui “ Della storia e ragione di ogni poesia in 7 volumi “Di grande interesse risulta ancora oggi una storia della Valtellina in tre ponderosi volumi intitolata “ Dissertazione critiche storiche intorno alla Retia di qua dalle Alpi oggi detta Valtellina “ Scrisse numerosi manoscritti molti dei quali purtroppo andarono dispersi. Trascorse la maggior parte dei suoi giorni a 53 Milano presso la casa Trivulzio dove morì il 21 / 11 / 1756 1723 Fu pubblicato un decreto che proibì ogni sorta di strepiti e bagordi ed altre scandalose insolenze che provocarono disturbi tra gli abitanti, specialmente di notte, sotto pena di scudi 200 ; per gli inabili al pagamento erano previsti tre squassi di corda. 1807 Dopo un periodo di piogge insistenti, le acque penetrando negli anfratti del monte Masuccio di fronte a Sernio- monte spoglio e deserto caratterizzato solo da numerosi macigni sparsi qua e là - provocarono all’inizio un rotolare di massi e terra e sul far del giorno un’immensa frana si staccò dal monte portatrice di immensi disastri e rovine, seppellendo sotto una spessa coltre di detriti una donn a incinta, il marito e un ragazzo, cinque mulini da macina e quattro torchi da vino. Il disastro fu di immani proporzioni, i massi e un’enorme quantità di terriccio, fango e tronchi provocarono uno sbarramento che impedì il deflusso normale delle acque dell’Adda che formarono il cosiddetto lago di Lovero, lungo m.2580, largo 830 e dalla superficie di metri quadrati 1087,500. Lo sgorgo delle acque avvenne poi soltanto il 16 maggio successivo con grave pericolo per i paesi sottostanti e specialmente per Tirano. arte - storia - cultura “La memoria dell’acqua” 1 Gli autori Gisi Schena e Marco De Campo, in collaborazione con il Centro Studi Storici Alta Valtellina, presentano questo “prezioso” lavoro… L’acqua è con molta probabilità l’unica risorsa naturale che interessa tutti gli aspetti della civiltà umana, dallo sviluppo agricolo e industriale ai valori culturali e religiosi radicati nella società: perciò una ricchezza da proteggere! Txt: Silver Foto: Marco De Campo Premessa Sappiamo bene tutti quanto prezioso ma limitato sia il “bene acqua” e dunque con quanta oculatezza e razionalità vada gestito ed usato per assicurare il funzionamento dell’intero sistema sociale ed economico. Oggi più che mai. Soprattutto alla luce dei forti cambiamenti climatici che si stanno manifestando a livello globale e che impongono nuove strategie di prevenzione delle crisi idriche ed una rinnovata cultura dell’acqua. L’acqua dolce è l’elemento indispensabile per la vita sulla terra. Essa risulta essere essenziale per soddisfare le necessità umane fondamentali, come per la salute, la produzione alimentare, l’energia ed il mantenimento degli ecosistemi regionali e globali. L’acqua è un fattore fondamentale nella creazione dei paesaggi umani ed è quindi ancora oggi come è sempre stata: una necessità irrinunciabile per ogni prospettiva di vita umana, animale e vegetale; un’occasione di sviluppo per le singole comunità, variamente localizzate; un possibile fattore di rischio per le medesime comunità. Essendo incontestabile il fatto che essa è assolutamente necessaria alla vita di ogni essere vivente è facile dedurre che, laddove è abbondante, la vita risulti potenzialmente agevole e che laddove invece manchi del tutto, insediarsi e vivere diviene più difficoltoso. Lo scopo di questa importante ricerca, da parte di Gisi Schena e Marco De Campo, è l’analisi (nella prima parte della pubblicazione) di alcuni modi di utilizzo dell’acqua da parte della popolazione di Bormio, un paese della medio – alta montagna alpina. L’attenzione, da parte degli autori, è posta su questo comune dell’Alta Valtellina, situato a 1225m di altitudine e sulla sua economia che, nel corso del XIX secolo si è basata esclusivamente sull’allevamento dei bovini e degli ovini e sull’agricoltura. Quest’ultima consisteva nella coltivazione di prodotti tradizionali quali la patata, il lino e la segale, ma soprattutto nella cura della grande “prateria” dell’Alute, un’area di oltre “mille pertiche censuarie” (circa sette chilometri quadrati) che a detta degli abitanti delle limitrofe vallate era considerata come la massima estensione di “spazio agricolo”. Bormio 54 con i suoi poco più mille abitanti, accentrati in cinque “vicinanze” (reparti), posizionato al centro della grande conca ed ai margini della suddetta “grande prateria”, era servito fino dal Medioevo dalla forza idraulica del canale “Agualar” e di altri minori, tutti derivati dal torrente Frodolfo proveniente dalla Valfurva e dall’Adda proveniente dalla Valdidentro. Queste canalizzazioni erano raffinati sistemi di raccolta dell’acqua per gli opifici e per l’irrigazione dei prati, strutture di regimazione analoghe ad altre riscontrabili ovunque sulle Alpi, tra cui si possono citare i “bisses” del Vallese (Svizzera), i “rus” valdostani, i “fosc” valtellinesi dei Terzieri, i “waalen” sud – tirolesi. In effetti, gli abitanti della montagna praticavano tutti gli accorgimenti possibili per evitare che l’acqua si disperdesse e per ridurre al minimo i danni delle alluvioni e delle esondazioni che ciclicamente li colpivano. Oltre a queste acque “regimate” nel territorio di Bormio ne esistevano altre come polle, ruscelli, piccoli torrenti, sorgenti fredde incanalate attraverso lunghe tubazioni per rifornire le fontane del paese, ma soprattutto sorgenti calde. Nella parte seconda della pubblicazione Gisi Schena e Marco De Campo pongono la loro attenzione sul Comune di Sondalo (Mondadizza) ed in particolare sulla “roggia di Campo”. La parola agli autori: Gisi Schena e Marco De Campo … Abbiamo incontrato gli autori della pubblicazione “La memoria dell’acqua”, in occasione della mostra fotografica (1-15 gennaio 2008) allestita presso il vecchio mulino Sala Crist a Bormio che ripercorre fedelmente buona parte del libro, attraverso una serie di fotografie veramente uniche; a Gisi abbiamo chiesto come è nata l’idea di questa ricerca storica, mentre a Marco la domanda è stata quella rivolta al discorso “cartografico”. Gisi Schena <<Premetto che ho sempre avuto una passione viscerale per gli aspetti storici ed in modo particolare per gli archivi. Nel corso dell’elaborazione di questo lungo lavoro di 2 ricerca documentaristica, durato un lustro, ovvero cinque anni: dal 2003 al 2007, ho compiuto un viaggio lungo alcuni secoli attraverso gli usi che a Bormio e a Sondalo la popolazione faceva dell’acqua. Ora, come tutti i viaggi che si rispettino anche questo mi ha fatto nascere delle sensazioni. Quella preponderante è stata certamente quel senso profondo di “appartenenza” che si prova quando si riprende il contatto con le proprie origini, con la propria memoria (casa mia, ovvero l’hotel Cervo in quel di Bormio, è stata costruita proprio in prossimità della famosa “Agualar”). Il mio viaggio si è svolto per la maggiore parte in archivio (quello storico di Bormio), luogo questo di verità antiche su come eravamo, ma anche testimone “muto” del cambiamento naturale, religioso, culturale ed amministrativo del territorio in cui viviamo. Grazie al contatto con i documenti analizzati (oltre duemila) si incontrano i fatti, ad esempio un’opera pubblica da effettuare, ma si incontrano soprattutto gli uomini artefici di queste azioni. E si prova, mi sia permesso sottolinearlo, per alcuni dei protagonisti di queste interessanti storie, un moto naturale di empatia. Qualcosa di simile mi è successo nei confronti del nobile Antonio De Simoni, sindaco e amministratore del Comune di Bormio per oltre quarant’anni nella seconda metà dell’Ottocento. Uomo attivo e battagliero, amante di ogni tipo di novità, con le sue missive scritte in stile colto e con una grafia precisa ed elegante inizialmente, successivamente tremolante e dal tratto più sottile, mi ha svelato essendone stato sempre un accesso promotore, tutti i cambiamenti avvenuti nel tempo dell’utilizzo delle acque pubbliche. Per quanto riguarda, invece, il lavoro effettuato circa le rogge di Sondalo, questo è nato come naturale prosecuzione 1. Il frontespizio del libro 2. Ortofoto tratto “Bormino” Frodolfo confluenza a S. Lucia (Valdisotto) con fiume Adda 3. La controcopertina del libro della parte “prettamente” bormina. L’essermi trovata a stretto contatto con il materiale documentaristico donato dagli eredi di Pietro Pozzi, detto “Pédro Guèc” al Centro Studi Storici Alta Valtellina ha suscitato in me la curiosità di “scendere” sotto il ponte del “Diavolo” per gettare uno sguardo su come, nel Terziere Superiore, ci si occupasse della gestione delle acque. Ecco che dal faldone si è “schiuso il seme” dell’antica storia di Campo Sondalino, storia che poi in un secondo momento si è arricchita di nuovo materiale (donato, successivamente, al Centro Studi Storici Alta Valtellina) grazie alla grande disponibilità di Martino Muscetti, detto Pitòr, vera memoria storica delle acque di Sondalo, ma soprattutto vero amico. Mi sia permesso concludere, questo mio breve intervento, con un grazie di cuore a tutta la mia famiglia, agli amici del Centro Studi Storici Alta Valtellina (Dario Cossi in primis) ed al mio relatore prof. Guglielmo Scaramellini; lascio la parola a Marco che vi darà alcune notizie “cartografiche”>>. Marco De Campo. <<Mi riallaccio a quanto sottolineato da Gisi in precedenza e cioè a quando lei ha terminato il grosso lavoro di consultazione dei documenti presso l’Archivio Storico di Bormio. In quel periodo, infatti, capitano due episodi che risulteranno poi essere determinanti per la “stesura” della nostra pubblicazione: mi riferisco al nostro incon- 55 3 tro casuale e alla donazione del materiale storico dell’ultimo fontaniere di Sondalo (Pietro Pozzi detto “Pédro Guèc”) al Centro Studi Storici Alta Valtellina. Quello comunque che mi sta più a cuore è proprio l’incontro fortuito con Gisi: è un fatto che sulle autolinee di trasporto pubblico si incontrano persone dalla dialettica brillante e dalle idee molto “sottili”. In una delle nostre prime conversazioni, non a caso lungo il tragitto che da Bormio porta a Sondalo, abbiamo parlato di acqua. In particolare della memoria dell’acqua! Mi sono meravigliato come entrambi fossimo approdati a questo concetto, partendo da sponde diametralmente opposte. La mia formazione tecnico – scientifica mi ha spinto a decifrare la morfologia del territorio alpino come risultato del trasporto delle acque superficiali. Il fondovalle e i coni di deiezione sono ciò che rimane dello scorrimento dei torrenti e dei fiumi. La preziosa ricerca archivista di Gisi ci racconta di un tempo lontano, di fatti e di persone impegnate nella gestione delle risorse idriche del territorio. L’archivio storico di Bormio come custode dei ricordi del passato. Per entrambi, appunto, la “memoria dell’acqua” e una passione comune per questo “elemento” naturale di fondamentale importanza per il mondo intero. Perciò tornando al nostro libro, Gisi era arrivata in dirittura finale della pubblicazione; mi sono detto perché non dare a tutto il lavoro (documenti storici del catasto) una rappresentazione grafica. A questo punto ho lanciato una sfida a me stesso, oltre che alla mia compagna di “avventura”. Volevo comunque evitare la banalità di una citazione sterile del solito “tratto particolare del catasto” e rendere lo stesso leggibile in “chiave – forma paesaggistica”. Sono l’Archivio di Stato di Sondrio e di Milano, oltre all’Archivio Storico di Bormio i luoghi dove ho reperito la maggiore parte dei documenti utilizzati per comporre la cartografia storica allegata alla nostra pubblicazione. Ho consultato in modo particolare il catasto napoleonico del 1815 del territorio di Sondalo e di Bormio ed il catasto teresiano (austriaco) del 1845 degli stessi territori. Il catasto ricopre una porzione di territorio in scala paesaggistica e non urbanistica; di conseguenza Bormio ed in particolare il suo centro storico, oltre a tutta la parte riferita alla piana dell’Alute dove erano collocate tutte le rogge prese in esame da Gisi, è stato rappresentato così. Il catasto in origine (scale 1:1000) è stato pensato per rappresentare oggetti urbanistici come case, orti, campi, prati, etc. Il nostro lavoro ha portato il catasto napoleonico e quello teresiano (austriaco) leggibili da un punto di vista territoriale, ovvero paesaggistico (scala 1:40.000). Per fare rivivere i vecchi catasti abbiamo perciò effettuato una ricerca fotografica approfondita attraverso i tre archivi poco sopra ricordati. Entrambi i catasti storici hanno una divisione più frazionata rispetto a quella attuale ed ogni sezione è fisicamente costituita da un foglio di circa un metro e mezzo per due metri. Il catasto teresiano (austriaco), invece, è fisicamente formato da fogli di cinquanta per settanta centimetri circa, che compongono un mosaico dell’intero territorio preso in esame ed ordinato in diversi quadri di unione. E’ stato perciò necessario acquisire su supporto informatico tutti i fogli componenti i catasti singoli; l’acquisizione è consistita nel fotografare sistematicamente con una foto camera digitale l’intera cartografia reperita e a ciò è seguita una successiva e paziente ricomposizione della stessa. Per evitare la distorsione delle immagini, tipica dell’obbiettivo delle macchine fotografiche, sono state scattate molte fotografie da distanza ravvicinata in modo da sovrapporle tra loro; è stata creata perciò una sorta di fotogrammetria dei catasti storici, la stessa tecnica usata per la redazione degli attuali catasti. Il risultato finale potrebbe essere definito una orto - foto storica dell’intero territorio dell’Alta Valtellina. Sei sono le tavole (a colori ed in scala 1:40.000) dei catasti napoleonico e teresiano (austriaco) riportate all’interno della pubblicazione; infine, fanno bella mostra, sulla copertina del libro (nella prima e nell’ultima) stampati a colori, rispettivamente, il quadro di unione del catasto storico austriaco di Bormio e l’insieme dei quadri di unione del catasto austriaco dell’Alta Valle, ovvero da Bormio a Sondalo>>. Il volume “La memoria dell’acqua”, edito dal Centro Studi Storici Alta Valtellina, è stato stampato grazie al contributo del Bim - Adda - Sondrio, della Comunità Montana Alta Valtellina - Bormio, del Comune di Bormio e del Comune di Sondalo; è disponibile nelle migliori cartolibrerie della provincia di Sondrio al prezzo di copertina di euro 20 e presso il Centro Studi Storici Alta Valtellina (solo per i soci); è composto da 204 pagine con sei catasti interni a colori; formato 29.7 x 84cm.; rilegatura filo a refe; stampato presso Bonazzi Grafica S.r.L. di Sondrio nel settembre 2007; nel suo interno sono contenute cinque tavole prospettiche, a colori, del geometra Enrico Vitalini di Bormio che raffigurano le cinque fontane dei cinque rioni di Bormio. 4. Catasto storico, 1845 “austriaco-teresiano” 4 5. Catasto storico, 1815 “napoleonico” 5 56 57 negozi Uno spazio vivibile, accogliente e pratico … uno spazio dove il cliente può “vivere” il prodotto e toccarlo … senza avere la sensazione di essere di fronte ad un’esposizione asettica, ma nel contempo uno spazio razionale, gestibile e di facile “lettura” … Lo storico “show room” Bruna BRUNA GESTIONE: Bruna snc SOCI: Bruna Fomasina, Leonardo Tancini e Stefania Caligari INDIRIZZO: via XX Settembre 37 23037 Tirano (SO) TELEFONO: 0342-701904 FAX: 0342-701904 E-MAIL: [email protected] SITO INTERNET: www.myvetrina.com ATTIVITA’: pelletteria, profumeria e valigeria. ALTRO: recentemente il negozio è stato completamente rinnovato ed ora gode di una superficie espositiva di 200 mq posta su due piani, con due entrate e sette vetrine. PROGETTAZIONE: Concreta Srl Arch. Francesco Venzi REALIZZAZIONE: Concreta Srl TESTI: Silvio Mevio FOTO: Andrea Basci Lo storico negozio “Bruna”, nasce nel 1981, dall’idea di Bruna e del marito Sergio nella vecchia sede di via XX settembre, al civico quaranta. Inizialmente era una piccola bottega con annessa tabaccheria e dove, oltre agli articoli tipici del “tabacco”, si vendevano anche articoli da regalo ed articoli in pelle. Successivamente, nel 1991, l’attività viene trasferita di fronte alla sede originaria, ampliando l’esposizione ed offrendo una più ampia scelta di borse e di valigie, di prodotti cosmetici e di profumi ed accessori in pelle; contemporaneamente entrano in società il figlio Leonardo e sua moglie Stefania che prendono in gestione il vecchio “negozio” di via XX settembre al civico quaranta, ovvero la fortunata e conosciuta tabaccheria- ricevitoria Tancini. Nel 2000 entrano nello “staff” anche Sabrina e Sara che contribuiscono, senza ombra di dubbio alcuno, alla crescita della stessa azienda. Con il 2007 nasce l’esigenza di ristrutturare, completamente, tutti i locali aumentando la superficie di vendita e rendendola più funzionale nei suoi due piani di esposizione. Proprio in relazione a ciò 58 59 nasce l’idea di fornire una decisa, moderna e sostanziale impronta a tutto l’arredamento creando un ambiente in tipico “stile metropolitano” e riunendo, nel contempo, anche l’iniziale tabaccheria - ricevitoria. Lo “show room”, ora, si presenta con due entrate, sette vetrine e circa duecento metri quadrati di superficie espositiva: il tutto chiaramente molto attraente grazie anche alla presenza delle migliori “griffe” per quanto riguarda la pelletteria come Coccinelle, Just Cavalli, Piero Guidi, Zippo, Calvin Klein, Roccobarocco, Mandarina Duck, The Bridge, Piquadro, Kipling, Eastpack; non dimentichiamoci, anche, delle migliori “maison” riguardanti la valigeria come Samsonite, Bric’s e America Tourister, oltre ad una varia e completa offerta di prodotti da profumeria e di cosmesi, con possibilità di acquisto di articoli come sciarpe, guanti, ombrelli ed articoli da regalo per ogni esigenza e gusto. TIPO DI INTERVENTO In un unico spazio di circa 110 mq al piano 60 terra e di 100 mq di interrato si è cercato di fare convivere tabaccheria, valigeria, borse e profumeria. L’intervento eseguito per inserire la scala di collegamento fra i due livelli è stato quello di tagliare il solaio. Nella zona di maggior passaggio abbiamo mantenuto la tabaccheria per lasciare a reparto borse e profumeria le zone con vetrine ma con accessi separati dalla tabaccheria e relegare il reparto valige al piano interrato visto che si tratta comunque di merce ingombrante e meno bella da vedere. Sono stati usati colori chiari e linee pulite il più possibile al piano terra con l’utilizzo degli stessi materiali; legno di rovere sbiancato, vetro, acciaio e ferro naturale; bianco per le pareti e un’illuminazione differenziata in relazione alla merce esposta. Le varie zone non sono state fisicamente separate, ma comunicanti tra loro e ben identificate per funzionalità; in tutto il negozio emerge trasparenza sia dall’esterno che tra i vari reparti. 61 62 63 L’interrato è stato concepito in modo totalmente diverso dal “tradizionale” negozio ; materiali, forme, colori sono stati impiegati nella loro naturalità (o essenza), senza processi di mimesi o trasformazione artigianale o industriale. Infatti si è utilizzato 64 multistrato a vista semplicemente verniciato opaco con parti in lamiera verniciata e ferro tipo “mandorlato” naturale e pavimentazione con materiali tipo resina . La scala è stata eseguita in cemento armato a vista con vetro e ferro per i parapetti . 65 agricoltura - territorio A sinistra: La fondazione “Piero Fojanini” di Sondrio La Fondazione “Fojanini” e l’azienda “Castellina”: un binomio di successo … Alle porte di Sondrio un centro all’avanguardia per l’intera agricoltura della provincia Fondazione e azienda agricola rappresentano un sicuro e importante riferimento per la viticoltura provinciale Txt: Silver Foto: Archivio Fondazione “Fojanini” Studi Superiori La Fondazione “Fojanini” (dedicata al compianto e indimenticabile dott. Piero Fojanini) di Studi Superiori di Sondrio è stata costituita nel 1971; ha come obiettivi la realizzazione di attività destinate alla valorizzazione ed al potenziamento della ricerca scientifica nelle discipline agrarie ed ambientali, oltre all’assistenza tecnica in agricoltura in provincia di Sondrio; promuove, inoltre, lo sviluppo e la crescita del settore primario attraverso corsi di formazione e di aggiornamento a cui accedono gli operatori interessati. Attraverso tali obiettivi la fondazione, grazie agli enti finanziatori e ad uno staff tecnico altamente preparato, da oltre trent’anni è attiva con un progressivo e costante inserimento nel tessuto rurale provinciale. I servizi sono forniti agli imprenditori con una precisa logica di ricerca del miglioramento qualitativo delle produzioni e le azioni intraprese hanno pertanto una concreta applicazione su tutte le fasi di prodotto e di processo delle produzioni agrarie. La “Fojanini” esprime per tutto ciò un ruolo importante nell’affrontare tematiche di grande valore territoriale, rappresentando un punto di riferimento che potrà offrire un sostanziale impulso alla qualificazione ed allo sviluppo dell’agricoltura di montagna. I settori di attività sono: la viticoltura, la frutticoltura, la foraggicoltura, l’alpicoltura, l’apicoltura, l’enologia e l’ecologia alpina. I servizi offerti sono: la ricerca e la sperimentazione applicata, la formazione e la didattica, l’assistenza tecnica alla difesa fitosanitaria, il servizio di analisi del terreno, il servizio di analisi fogliare, il servizio per la gestione dell’irrigazione, il servizio di analisi del vino e del miele ed il monitoraggio ambientale. Quattro i “servizi” dove la “Fojanini” eccelle; ci riferiamo, in particolare, alla ricerca ed alla sperimentazione applicata, all’assistenza tecnica, ai laboratori di analisi e alla formazione e didattica. Nel primo caso la fondazione persegue 66 un obiettivo molto importante per la valorizzazione delle produzioni di montagna attraverso la ricerca della “massimizzazione” della qualità, ponendosi queste finalità attraverso programmi concreti di ricerca e di sperimentazione legati alle attività agricole e di trasformazione dell’intera provincia di Sondrio. Nel secondo il personale della fondazione “Fojanini” offre da anni un servizio di assistenza tecnica affiancando gli agricoltori nella gestione ordinaria e straordinaria delle proprie aziende agricole. I punti di forza del servizio offerto sono l’assistenza alla difesa fitosanitaria delle coltivazioni e l’assistenza enologica. Nel terzo i laboratori di analisi sono strettamente legati all’assistenza enologica: viene monitorato il livello qualitativo delle produzioni con analisi approfondite su uva raccolta, mosto e vino; i laboratori, inoltre, operano su mele e miele. Nel quarto caso, ovvero la formazione e la didattica, è proprio quest’ultima che evidenzia in modo marcato il “valore aggiunto” della fondazione: essa, infatti, risulta un momento di crescita culturale e professionale di tutti gli operatori del settore agricolo; l’organizzazione di corsi, di seminari ed incontri formativi destinati soprattutto alle scolaresche della provincia sono i momenti pregnanti dove vengono illustrate le materie oggetto di insegnamento della Fondazione “Fojanini”. Dulcis in fundo e fiore all’occhiello della fondazione, l’azienda agricola “La Castellina”, situata a Sondrio nel cuore della produzione del vino “Valtellina Superiore DOCG Sassella”. La superficie aziendale pari a ettari (ha.) 10 è distribuita in un unico corpo ed è disposta in forte pendenza in modo che il profilo del terreno coltivato assuma la conformazione di terrazzamenti dalle dimensioni irregolari più o meno grandi. L’insieme dei terrazzamenti, con le frequenti rocce affioranti, crea uno spettacolo unico nel suo genere come uniche sono le condizioni climatiche che si verificano su queste pendici esposte a sud. Infatti la vocazione viticola, in tali zone, ha escluso ogni altro tipo di coltura ed il vigneto aziendale, agronomicamente condotto in modo rigorosamente scientifico, rappresenta un punto di riferimento per i produttori di uva dell’intera provincia di Sondrio. Clima da una parte e terreno dall’altra, unitamente allo straordinario vitigno nebbiolo o meglio conosciuto nella tradizione locale come “Chiavennasca”, creano un’alchimia che esprime potenzialità enologiche ineguagliabili. Sfruttando al meglio queste peculiarità, l’azienda agricola “La Castellina” della Fondazione “Fojanini” produce vini rossi all’insegna della più antica tradizione valtellinese, ma con un’attenzione particolare alle innovazioni di processo che permettono di soddisfare le esigenze anche dei consumatori più esigenti. Fondazione e cantina, perciò, nell’ottica di ottimizzare le sinergie strutturali, coniugano l’utilizzo delle cantine con l’attività di laboratorio e con l’analisi della sezione sperimentale in viticoltura, impostando momenti di completamento dei lavori di ricerca estendendoli a tutta la filiera vite – vino dell’intera provincia di Sondrio. In relazione a quanto sopra ricordato siamo riusciti ad incontrare il direttore della fondazione, Graziano Murada (“primo cittadino” di Albosaggia) e con lui abbiamo fatto una chiacchierata, veramente proficua, sul tema della viticoltura e sui terrazzamenti valtellinesi che rappresentano la più grande area viticola di montagna d’Italia, un autentico capolavoro della cultura contadina che ha tutti i requisiti per essere riconosciuto patrimonio universale dell’umanità (UNESCO). - Graziano Murada, alcune sue considerazioni sull’agricoltura “di montagna” ed in particolare sui terrazzamenti vitati valtellinesi? <<La letteratura che sottolinea la necessità di puntare sull’agricoltura di montagna, come fattore essenziale per la tutela ed il rilancio delle Alpi, è oramai piuttosto ampia. I concetti di fondo sono chiaramente riassunti dall’autore, il prof. Luigi Zanzi (Università di Pavia) nelle seguenti affermazioni che personalmente ritengo fondamentali. L’agricoltura di “montagna” è imprescindibile per “salvare la montagna”. Se non si riconosce tale ruolo fondamentale all’agricoltura di “montagna”, non può attuarsi alcuna politica di tutela ambientale della montagna stessa, soprattutto 67 perché questa attività economica è la sola che consente di mantenere insediata tra le montagne una popolazione di “montanari” che possa vivere “della montagna” e “nella montagna”. La sussistenza in luogo di tale popolazione è cruciale affinché si possa affidare ad essa la responsabilità della “custodia” dell’ambiente ed affinché vi sia una “resistenza” in luogo di qualcuno che si batta per la difesa dell’ambiente contro chiunque voglia stravolgere l’ambiente stesso ai fini di uno sfruttamento economico incompatibile con l’integrità ambientale. Difendere l’agricoltura “di montagna” diventa, pertanto, una scelta strategica irrinunciabile al fine di “salvare le Alpi”. Uno degli aspetti particolari dei vigneti retici valtellinesi è che, in questo caso, non siamo di fronte ad una fuga dall’agricoltura di montagna come succede in tante altre zone delle alpi, ma ad una agricoltura che tenacemente vuole restare e svilupparsi e che, con estrema determinazione, sta cercando di superare, attraverso la qualità i grandi svantaggi competitivi di cui soffre. Essa chiede solamente alle autorità italiane competenti di pagare un giusto “corrispettivo” per l’opera di manutenzione svolta dall’agricoltore, senza la quale la comunità dovrebbe comunque subire costi e perdite enormi. E chiede all’UNESCO di riconoscere lo straordinario valore artistico – culturale – ambientale di questa “viticoltura eroica” … noi crediamo fermamente che questo riconoscimento avrà effetti positivi non solo sui diretti interessati, non solo sulla Valtellina intera, ma su tutta la civiltà delle Alpi. Comunque quale sia la decisione dobbiamo assolutamente sostenere le iniziative economicamente “vive” e “culturalmente” esemplari come i nostri vigneti del versante Retico della Valtellina. L’analisi che ha condotto la Fondazione “Provinea – “Vita alla vite di Valtellina” – Onlus, dimostra in modo molto esauriente, a mio avviso, il valore storico, culturale, paesaggistico – ambientale ed economico della zona dei vigneti terrazzati del versante Retico della Valtellina per la quale viene avanzata come ho già ricordato in precedenza la candidatura al riconoscimento come patrimonio mondiale dell’umanità – UNESCO>>. - Esistono senza ombra di dubbio alcuno altre viticolture “eroiche” di montagna a livello delle Alpi, alle quali molte delle considerazioni che ha menzionato sopra per il versante Retico si possono applicare; quali sono le specificità che questa “zona”, unica ed emblematica, presenta? <<Innanzitutto la sua estensione, pur in un dimensionamento corretto con criteri molto rigorosi e restrittivi; poi la sua unitarietà e compattezza che ne fanno un “eco - museo vivente” e, coprendo il cuore dell’intero versante Retico, danno vita ad uno dei più straordinari paesaggi di 68 coltura alpina; il grande sviluppo dei muretti terrazzati (oltre duemilacinquecento chilometri) e ancora il loro buono stato di conservazione e di manutenzione; la presenza di attività vitivinicola ancora viva e in questi ultimi anni in rigorosa ripresa, contrassegnata da molti piccoli agricoltori, ma anche da alcuni importanti produttori di marca capaci di svolgere un’azione di trascinamento dell’intero territorio; basta ricordare il Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina e la stessa Fondazione Provinea, che non è assolutamente rappresentanza di interessi di parte e particolari, ma unisce e coordina le diverse sensibilità all’insegna della tutela e della valorizzazione del territorio, inteso come bene primario e comune, oltre alla presenza di enti di ricerca e di formazione come la nostra fondazione e da un appoggio più che convinto dagli enti locali (comuni, provincia, regione), dalla camera di commercio e dalle banche locali; per finire alla storia unica di significati culturali, paesaggistici ed ambientali di grande e crediamo di ineguagliabile significato e rilevanza. Tutto ciò fa di questa zona e del suo potenziale una realtà unica capace di rappresentare qualcosa di molto importante per l’intero territorio valtellinese e, più in generale, per la civiltà alpina>>. - Un’ultima annotazione, Murada, riguarda la vostra collaborazione con ERSAF (Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo e Forestale) e con la regione Lombardia attraverso un nuovo progetto; ci può dare qualche “dritta” su quanto la “Foja- nini”, attualmente, sta facendo in questa direzione? << Premesso che la nostra provincia risulta essere, per la maggiore parte, estesa su un territorio tipicamente “di montagna” e che quindi l’agricoltura praticata recita non solamente un ruolo economico, ma anche uno ambientale - paesaggistico (forse il prevalente) e, di conseguenza, di mantenimento bisogna evidenziare che la nostra “agricoltura di montagna” da un punto di vista economico non può competere con l’agricoltura tradizionale; perciò a questa agricoltura deve essere riconosciuto il ruolo fondamentale che svolge e che viene chiamato con il termine di “multi - funzionalità” … solo attraverso tali modalità sarà possibile mantenere questo straordinario paesaggio (i terrazzamenti vitati) e solo così l’intera valle potrà contare su versanti “terrazzati” … paesaggi questi finemente coltivati e frutto di secoli di fatiche, di storia e di tradizione. Sorge spontanea, a questo punto, una domanda: che cosa potrebbe essere la Valtellina senza i suoi terrazzamenti vitati? La risposta è altrettanto spontanea … ed è legata proprio alle attese circa il riconoscimento, da parte dell’UNESCO, di questo straordinario ed impareggiabile patrimonio storico, agricolo - vitivinicolo, ambientale e culturale che il versante valtellinese Retico presenta … Per quanto concerne il nuovo progetto posso affermare che la nostra fondazione, in collaborazione con ERSAF (Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo e Forestale) e con la regione Lombardia, ha lanciato un nuovo progetto chiamato “selezione storica”. E’ una novità a livello italiano perché fino ad ora si era fatta, solo ed esclusivamente, selezione clonale per scegliere le nuove viti (barbatelle); noi, invece, vogliamo mettere a disposizione delle aziende agricole vitivinicole locali selezione di materiale che rispecchi il patrimonio genetico e storico. Quindi la possibilità concreta di fornire all’agricoltore piantine di vite “figlie” di piante madri che possono avere più di un secolo; questo permetterà, alla stessa azienda agricola, di utilizzare tale patrimonio genetico ma soprattutto storico per dare valore aggiunto alle loro produzioni>>. - Graziano Murada, ci permetta un’ultima domanda relativa alla richiesta che Provinea e la sua fondazione, “Vita alla vite” – Onlus, ha fatto per avere da parte dell’UNESCO il riconoscimento mondiale dei terrazzamenti valtellinesi quale patrimonio dell’umanità: quali attese riponete, come fondazione “Fojanini”, in questo ambito riconoscimento? <<Il rafforzamento dell’identità e delle motivazioni di chi continua, imperterrito, a svolgere questa difficile ed “eroica” attività; la preservazione e lo sviluppo di questa peculiare attività nel suo triplice ruolo di: attività economicamente rilevante, di attività custode di antichi valori tipici delle culture agricolo – alpine e di attività che svolge un ruolo essenziale di difesa contro l’erosione e l’inselvaticamento del territorio; lo stimolare le autorità locali e soprattutto la regione Lombardia ad assumere precisi impegni finanziari ade- 69 guati e sistematici per la manutenzione dei muretti a secco che rappresentano un interesse comune e non solo per i viticoltori; lo sviluppo di attività turistiche complementari, culturali, ambientalistiche ed enogastronomiche che facilitino l’integrazione del reddito dei singoli vitivinicoltori e ne consolidino la permanenza e la continuità. Concludo sottolineando che nei terrazzamenti ci sono i semi di un valore economico, ecologico ed ambientale ancora da sviluppare e valorizzare in modo appropriato … semi che possono portare ad un ulteriore valore aggiunto per l’intera Valtellina; allorchè i valtellinesi inizieranno a sentire e a far proprio questo orgoglio, questo “bene paesaggio” unico al mondo, diventerà l’identità di tutta la valle>>. Per ulteriori informazioni: Fondazione “Fojanini” - via Valeriana, 32 – Sondrio – tel. 0342/51.29.54 – 51.39.91 – www.fondazionefojanini.it – [email protected] - [email protected] Auguri di Buone Feste Hotel Garni Del Bosco - Livigno (So) Albergo La Grolla - Livigno (So) Bar Ristorante Thomas - Aprica (So) Albergo La Grolla - Livigno (So) Bar Ristorante Thomas - Aprica (So) Siamo all’avanguardia nella fornitura di tendaggi e tessuti d’ar- La vastissima gamma di tessuti antifiamma, obbligatori per redo sia in campo alberghiero in genere, sia verso il privato. legge nel settore ricettivo è segno del continuo rinnovamento ed Utilizziamo materiali delle migliori ditte in campo nazionale, evoluzione della nostra attività, in modo di soddisfare qualsiasi progettiamo, assembliamo e costruiamo i manufatti nel labo- esigenza, dal classico al moderno, diversificando e persona- ratorio artigianale di Via Nazionale a Berbenno di Valtellina, in lizzando ogni ambiente. 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Gessi e crinale del vulcano Afderà m. 2225 1 Con i dancali, gente di solitudine e libertà Txt e foto: Ermanno Sagliani Ancor oggi per percorrerla è necessario attrezzarsi per un itinerario difficile, portando con sè viveri e acqua. La temperatura, salvo la notte è tra le più elevate del globo. Il territorio è interessante per la sua imponente stessa desolazione. Molto povero di fauna e di flora, specie rare sono in parte estinte: l’onagro o asino selvatico, il cudu e l’orix dalle lunghissime corna, semiscomparso il gattopardo e lo struzzo, più numerose, ottarde, faraone, facoceri, lepri, antilopi. La popolazione dei Dancali o Afar, ossia nomadi pastori, a lungo chiusa a ogni penetrazione, conservano carattere fiero, indipendente ed è quasi impossibile e rischioso accedere ai loro territori senza particolari introduzioni. Dall’altopiano di Macallè, m. 2040, scendiamo per valli con un fuoristrada dove i rilievi vulcanici sono improntati a una vastissima zona sprofondata, rotta e frammentata, tra quote di meno 140 metri fino a circa m. 2500 del superbo Assabot. Frequenti i crateri basaltici di un vulcanismo che si manifesta ancora con solfatare e acque termali, acquitrini permanenti per 72 le piogge. In prevalenza rocce vulcaniche e crateri, espandimenti di lave traboccate da dorsali, masse laviche striate, stratificate in disegni e tinte surreali. Creste ed erti profili disimmetrici, depressioni di argille e sabbie. La pista scende in vista del candido Piano del Sale esteso circa 100 Km. Prima dell’ultimo insediamento abitato di Gozzeblè, sulla pista veniamo fermati a vari posti di blocco. Le attese sono lunghe. Gli Afar, riconoscibili per le tipiche treccine e riccioli lucidi di burro, sono armati di Kalashnikov. Hanno la fama di irriducibili e feroci guerrieri, che in passato eviravano i nemici catturati e uccisi. Per proseguire si attendono le decisioni dei capi clan, a volte occupati a fare un interminabile pisolo, anche per un giorno e mezzo. Senza guide e referenze è impossibile proseguire. Negli anni ’90 un gruppo di turisti italiani venne tenuto in ostaggio dagli Afar e fu liberato dopo settimane con l’intervento del nostro Ministero e difficili trattative diplomatiche. Con l’automezzo si prosegue con difficoltà e rischio di triturare i pneumatici, tra le colate laviche, serpeggian- 3 2 do, aggirandole. A quota meno 140 metri si raggiunge il lago Afrera, già Giulietti. Nella città di Assab, sul Mar Rosso, un obelisco ricorda i caduti e lo stesso Giuseppe Giulietti, che col compagno Bilieri a fine maggio 1881, furono ferocemente trucidati da una tribù Dancala, durante un’espolarazione. Lo specchio d’acqua salmastra, tra neri basalti pomice grigia, e la depressione, accumulano il calore del sole. Il lago salato di Afrera accoglie dozzine di sorgenti calde che defluiscono nell’acqua a 43 gradi, insopportabile al metabolismo dell’uomo, ma i pesci si sono incredibilmente adattati. La riva è salata e fangosa, eppure in questo paesaggio lunare vivono uomini e animali. Poniamo il campo per la notte. Ci cibiamo con una zuppa d’avena e pane che gli Afar cuociono avvolgendo sassi vulcanici già roventi. Ci laviamo a una sorgente. Attorno il paesaggio è disseminato di vulcani. Ne saliamo uno in un clima torrido e giungiamo in vetta spossati. Quando si fa buio diventiamo testimoni di un meraviglioso spettacolo della natura. I vulcani sono incredibili valvole da cui esce l’energia dal nucleo infuocato del globo. Il 4 magma incandescente illumina l’oscurità con barbagli di luce rossa. Nella caldeira si osserva il processo di risalita della lava. Spettacolo impressionante e primordiale delle lingue di fuoco, sotto la spinta delle forze geologiche capaci di far sorgere o di sprofondare masse di roccia o di magma. Qui la pista finisce e gli Afar formano una carovana di dromedari carichi di molta acqua. Si riprende il percorso a piedi nel deserto lavico, arido ed estenuante. Si marcia solo all’alba o all’imbrunire. Per non disidratarci si bevono parecchi litri di acqua al giorno, poco cibo, zuppe, e the. Si incontra un povero insediamento di igloo di blocchi lavici, coperto di frasche essiccate. Altra sosta. I dromedari sono tormentati dalle zecche e trovano beneficio nel fango di una sorgente ter- 73 male. Tutto è come il primo giorno della creazione del mondo in un ambiente primordiale da origine della terra. Siamo giunti ai piedi della nostra meta. Il vulcano Afderà, m. 2225 con una dorsale verticale estesa per 11 km di scisti, gessi, imponente. Questo deserto di Dancalia, inferno del creato, è grandioso nell’espressione delle forze naturali. Partendo col buio ci inerpichiamo sull’erta dorsale di rocce. Gli Afar e i dromedari ci attenderanno alla base. Si guadagna con fatica una piccola sella, acceso alla vetta, mentre il sole illumina l’orizzonte, immenso e spettacolare, di questa metamorfosi senza fine, dettata dall’energia che modifica in continuo l’aspetto geologico della terra. Energia non solo come forza della natura, ma come evoluzione della vita. storia 1.- 3. Immagini fotografiche di alcuni particolari complesso architettonico dell’altoforno 2. Area forni fusori Premadio in un’altra foto storica di fine ‘800 Per una storia delle miniere della Valle di Fraele: gli “altoforni” di Premadio Valdidentro: l’area dei forni fusori di Premadio (in basso a destra) in una foto di fine ‘800 Dopo oltre un secolo di oblio, l’interesse del Comune di Valdidentro per il recupero di questo straordinario insediamento di archeologia industriale, porrà finalmente termine al degrado … Il territorio dell’Alta Valtellina potrà così aggiungere, al suo già ricco patrimonio storico - artistico questo esclusivo sito restaurato, destinato a museo minerario. Txt: Silvio Mevio Foto: Archivio Stefano Zazzi Premessa L’estrazione e la lavorazione del ferro in valle di Fraele (Valdidentro – Alta Valtellina) ha origini remote e fu per diversi secoli una delle principali risorse economiche del bormiese. Un’attività che si diffuse in molte vallate valtellinesi: basta pensare alla valle Venina, alla valle Ambria e a quelle di Tartano e di Gerola. Le notizie più antiche risalgono al fine del XIII secolo (1272): in quell’anno, infatti, il forno di Semogo (Valdidentro - Alta Valtellina) veniva affittato ad una società di cui si ricordano un Alberti, un Besta ed un Marioli per l’affitto annuo di “vent’otto imperiali”. Il ferro doveva provenire, si da allora, dalle ricche e floride miniere della valle di Fraele, nonostante solo verso la metà del secolo XIV si parli di forni posti lassù! Forse era già attivo quello denominato di “Cazzabella”, presso la località S.Giacomo di Fraele a quota 1930m s.l.m., noto poi come forno vecchio che nel 1422 doveva appartenere a Cristoforo Alberti. Il forno era poco distante dalla miniera della valle Bruna, così da ridurre i costi di trasporto del pesante materiale grezzo ed aveva intorno fitti boschi di pino nano, il cosiddetto “muff”, da cui di estraeva il carbone per la fusione. Ma non solamente dalla valle di Fraele proveniva il ferro se il “Quaternus Eventariorum” accenna ad una fornitura di “trentasei libbre” ottenuta dagli Iuvalta di Bellaggio, da parte del Comune di Bormio. Un forno ed una fucina, dotati di ogni attrezzatura per la lavorazione del metallo, erano collocati 74 1 in quel di Livigno come risulta da un atto con cui il 6 settembre 1332 sei uomini di Bormio li presero in affitto per venticinque anni. Nel 1377 le fucine erano ben tredici, di cui sei nella sola Semogo (Valdidentro – Alta Valtellina); altre ancora ne sorsero come per esempio quelle di Morignone (Validisotto – Alta Valtellina) menzionate in un atto datato 18 aprile 1474 e citato dal Besta. Quanto ai forni di Premadio (Valdidentro), dovevano essere posti sin da quei tempi poco sotto la chiesa parrocchiale, dove venivano condotti la ghisa ed il ferro prodotti in valle di Fraele. Il ferro bormiese si vendeva in “broza”; nella Valtellina si commerciava invece in “quadrones” oppure in “regiones”. Brozi e reggioni si riferivano alla forma con cui il minerale veniva “confezionato”. Un “brozo” pesava all’incirca sei “centenaria” di libre e veniva pagato nel 1349 “dieci soldi” per centenario. Lo sfruttamento minerario venne poi regolamentato dagli Statuti di Bormio. In quelli del 1561 si ordinava tra l’altro “ … che niuna vena di metallo, ferro, argento e d’alcune altre sorte di metallo si ritroverà in tutto il territorio di Bormio, d’alcune persone forestiere e che quelli metalli, che son già trovati e che nell’avvenire si troveranno, siano totalmente del comune, salvo che se quella vena fosse trovata o si ritroverà a nome delli vicini di Bormio e questo sempre s’intenda salvo l’autorità e superiorità delli Signori delle Tre Leghe … ”. Localmente con il ferro si facevano (confezionavano - costruivano) cerchioni per carrozze, per carri agricoli, per le botti del vino e del latte, falci, secchi, zappe ed altri attrezzi – utensili. Fiorì, così, un pregevole artigianato, testimoniato da inferriate, balconi, catenacci, serrature, attualmente ancora rilevabili nelle più antiche abitazioni di Bormio. Parte degli utensili ricavati dal materiale ferroso veniva scambiata per l’acquisto del sale ed altre necessità occorrenti ai lunghi inverni nelle baite. L’Urangia Tazzoli accenna pure ad un commercio di armi lavorate nel contado che venivano condotte in Trentino Alto - Adige. Fino al 1612 lavoravano le miniere di ferro della valle di Fraele certi signori Muti di origine bergamasca; a detta del Bardea il loro forno era collocato non lontano dal ponticello che conduceva alla chiesa di S. Giacomo e all’osteria di valle di Fraele, nei cui pressi costruirono più tardi il loro forno gli Sprecher. Le miniere (cave) di ferro per la maggiore parte erano ubicate, come abbiamo già evidenziato, in valle di Fraele; ad oriente della stessa erano quelle di Pedenolo, Pedenoletto e Jal (in alta valle Forcola), quasi sospese nel vuoto sui costoni verticali e strapiombanti sulla sottostante valle del Braulio. Di vena tenera, per essere adeguatamente coltivate abbisognavano del carbone di legna non forte, il cosiddetto “pecé” che scarseggiava da quelle parti. Una quarta cava era collocata nella valle Bruna (oltre lo xenodochio di S. Giacomo Fraele), più dura e quindi adatta al carbone che si ricavava dal pino mugo di cui l’intera vallata abbondava; servivano però per l’estrazione scalpelli e cariche di esplosivo, così che per buona parte del fabbisogno si ricorse ad altre miniere più economiche da scavare. Dopo oltre un secolo di oblio l’interesse del Comune di Valdidentro, per il recupero dello straordinario insediamento di archeologia industriale (il forno di Premadio), porrà finalmente termine al degrado in cui lo stesso versava oramai da parecchi anni. A questo proposito, recentemente, abbiamo incontrato l’ingegnere Stefano Zazzi, presso il suo studio di ingegneria di Bormio, per avere informazioni più dettagliate su questo importante manufatto che dopo un secolo verrà restaurato completamente per essere messo a disposizione come “museo minerario” dell’Alta Valtellina. La parola a Stefano Zazzi <<Non si conosce con esattezza l’origine della fucina di Premadio, che era strettamente legata all’estrazione del ferro in Val Fraele. Sull’attività estrattiva nelle miniere di Val Fraele esistono invece documenti a partire dal sec. XIII. Da notizie del secolo scorso si apprende comunque che l’altoforno di Premadio, dove confluiva il minerale estratto, era “uno dei più perfetti allora in Lombardia”. L’impianto era costruito da vari caseggiati in cui si aveva: un altoforno, un forno di pudellatura con generatore , un forno contese, un forno alla bergamasca, un cubilotto, due maglie ed una gru per la fonderia, un forno a riverbero per la bollitura in cui si utiliz- 75 2 3 zavano le energie perdute nel servizio di riscaldo del ferro. La forza motrice era fornita da una turbina di 80 HP. Annessa alla ferriera, trovavasi pure una piccola officina di costruzione e di riparazione meccanica con tre magli distendini, cesoie, torni per cilindri, utensili: locali separati erano destinati a magazzini, uffici ed alloggi. Alla lavorazione della ferriera erano adibiti un direttore, un assistente, capisquadra per la pesatura, per il lavaggio, per il trasporto in fonderia, dieci “gazeurs”, tre operai per il forno, tre per la fonderia, due sottilatori, quattro addetti ai lavori in legno, uno per la pulizia del carbone e dieci al laminatoio. Dopo un periodo molto fiorente, nel 1875, l’industria del ferro nel bormiese dovette cessare per varie cause, che si possono così riassumere: la grande quantità di legna richiesta che ne aveva elevato il prezzo, l’aumentato costo dei trasporti e della manodopera, la concorrenza del ferro belga e inglese che, pur di inferiore qualità, costava assai meno. Si comprende 4 5 4. Particolare interno della centralina 5. - 6. Particolari complesso architettonico altoforno Premadio quindi il degrado attuale del sito pressoché abbandonato da oltre un secolo. Lo sfruttamento del ferro ebbe poi, verso la metà del secolo scorso, un ulteriore impulso: nel 1848 Luigi Corneliani di Milano, richiede al governo del Lombardo - Veneto la concessione per cinquant’anni delle quattro miniere di Val Fraele e successivamente di altre tre: una sopra Molina, un’altra a Ferrarola ed una terza sopra il bosco di Arsiccio (tutte collocate in Valdidentro – Alta Valtellina). Con l’avvento della ditta Corneliani lo sfruttamento delle cave viene a perdere l’impostazione artigianale che aveva avuto in passato, con scarso impiego di capitali ed il lavoro di poche persone, che non sempre portò a risultati stimolanti. Si costruirono le grandiose ferriere di Premadio, con forni per la ghisa e per il ferro; sulle sponde dell’Adda quattro 6 imponenti magli davano nuova forza alla lavorazione del metallo. Come in passato, il materiale proveniva quasi esclusivamente da Pedenolo, ed aveva un tenore di ferro del 58%, ma si trovò che miscelandolo con altro proveniente dalla Val Zebrù ne risultava un prodotto eccellente. Negli anni tra il 1856 ed il 1859 l’industria ferriera visse il suo momento migliore e si lavorarono giornalmente 12-15 tonnellate di minerale. L’attività si svolgeva continuamente nel corso dell’anno ed aveva una pausa solo nei giorni più rigidi dell’inverno; nei secoli addietro si dava il fuoco ai forni per soli otto mesi l’anno. Il prodotto trovava smercio sui mercati di Milano e a Malles in Val Venosta; gli utensili ricavati venivano invece trasportati per buona parte a Colico, da dove raggiungevano tutti i paesi del lago. Il Bardea in anni anteriori, par- 76 lava anche di forniture ai grigioni svizzeri. Le ferriere impiegarono in quegli anni quasi cinquecento operai: vi erano addetti al taglio della legna, alla confezione del carbone, allo scavo, per cui si praticavano gallerie armate, ed al trasporto a valle del minerale che si effettuava in parte con slitte ed in parte con carri a due ruote, le cosiddette «benole». Negli ultimi anni di esercizio si ricorse a funicolari: una scendeva dalla miniera di Pedonolo a Campo dei Fiori, un’altra andava di qui alla prima cantoniera dello Stelvio; poi il materiale, lungo la leggendaria strada dello Stelvio, raggiungeva l’altoforno di Premadio. L’impianto era composto da sette caseggiati ed è visibile in parte nel servizio fotografico che correda l’articolo (una in particolare reperita in un archivio di Salisburgo). Ma, pur dopo un periodo così glorioso, nel 1875 l’industria del ferro nel bormiese dovette cessare; furono molte le cause del declino, e il Martinelli ne indicò le principali qui di seguito riportate. 1. La grande quantità di legna che si richiedeva ne aveva elevato il prezzo, mentre i comuni sociali del bormiese, preoccupati per l’eccessivo disboscamento, si mostravano sempre più contrari ad accordare ulteriori concessioni di tagli, finché deliberarono per non più concederne. 2. L’aumentato prezzo dei trasporti e della mano d’opera in conseguenza dell’aumentata emigrazione temporanea e permanente. 3. La concorrenza del ferro belga e inglese che, per quanto inferiore di qualità, costava assai meno. Nel 1912, quando il prof. Stella del Politecnico di Torino eseguì alcuni rilievi geologici nella zona, le miniere tornarono a ridestare un certo interesse. Ancora, negli anni tra il 1919 ed il 1922, la ditta Giongo compì dei lavori che confermarono essere il giacimento di grande interesse; accurate indagini permisero di rintracciare nuovi affioramenti nella zona di Pedenolo, che si estendevano fino al vallone di Radisca. Non si arrivò però a nulla di concreto e, pur con i rinnovati progressi compiuti in seguito dalla tecnica, l’attività mineraria in Val Fraele non ebbe modo di riprendere. Dopo oltre cento anni di oblio, l’interesse del Comune di Valdidentro per il recupero di questo straordinario insediamento di archeologia industriale, porrà finalmente termine al degrado; il territorio dell’Alta Valtellina potrà così aggiungere al suo già ricco patrimonio storico - artistico questo esclusivo sito restaurato, destinato a museo minerario>>. recensione Una tradizione di qualità in Valtellina sua maestà il Bitto Formato: 28x28cm Pagg: 128 Foto: 100 a colori Testi: italiano e inglese Costo di copertina al pubblico � 45,00 Autore: Livio Piatta – Emanuela Zecca Editore: Edizioni Worl Images ISBN: 978-88-89498-03-3 Il libro è in vendita presso l’editore e nelle migliori librerie della Lombardia. Attraverso testi e fotografie, il volume monografico si prefigge di raccontare la tradizione del formaggio Bitto, che riassume in sé, nel gusto, nella lunga stagionatura, i caratteri intrinsechi di un popolo fiero e ardito, legato alla terra e alle tradizioni, che fonda la propria esistenza sul lavoro e sull’impegno. Un prodotto che si tramanda da generazioni di padre in figlio. Questo volume sul Bitto è la testimonianza viva e reale di un piccolo universo che sopravvive al trascorrere del tempo. E’ un omaggio alla provincia intera che ancora oggi si identifica nel suo formaggio più rappresentativo, riconoscendo ai casari ed agli alpeggiatori il merito di preservare il territorio e di mantenerne inalterata la bellezza. Gustando il Bitto apprezziamo anche gli uomini, gli animali e i luoghi dai quali si nasce. Questo libro fotografico potrà fare molto per fissare nella memoria e nell’animo di tutti quelli che lo sfoglieranno le immagini più significative del piccolo universo che ruota attorno ad uno dei formaggi più celebrati delle Alpi: Sua maestà il Bitto. Livio Piatta è nato a Sondrio, nel 1959. Inizia ad accostarsi alla natura fin da bambino, seguendo la famiglia nel Parco nazionale dello Stelvio, dove i genitori conducono una baita durante i mesi estivi. Si diploma in fotografia naturalistica, geografia e comunicazione visiva per la divulgazione scientifica all’Istituto Europeo di Design di Milano, e avvia collaborazioni con periodici italiani (Meridiani Montagne, Alp, Airone, Bell’Italia, Bell’Europa, Tuttoturismo, In Viaggio, Traveller) e stranieri (Watch, Sunday Telegraph). Da 20 anni viaggia in numerosi paesi fotografando montagne, deserti e ambienti marini. Partecipa a spedizioni alpinistiche extraeuropee. Ha effettuato esposizioni fotografiche in Italia e all’estero. Scrive articoli sui temi della montagna e della conservazione della natura ed è titolare dell’Agenzia fotografica World Images di Sondrio. 77 Emanuela Zecca, nata a Morbegno nel 1966, giornalista. Dal 1988 ha scritto per diverse testate e collaborato con emittenti radiofoniche e televisive approfondendo, in anni recenti, i temi legati all’economia della provincia di Sondrio con particolare riferimento all’enogastronomia, all’agricoltura e al turismo. Nel 2002 ha fondato la Ezetra Comunicazione Integrata per mettere a disposizione di aziende, organismi ed Enti Pubblici la lunga esperienza maturata nei media e le conoscenze acquisite nel campo della comunicazione. Ha collaborato all’organizzazione delle ultime sei edizioni della Mostra del Bitto e di Nebbiolo Grapes nel 2004. E’ stata addetto stampa del Consorzio di Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto dal 2002 al 2005, ha curato la pubblicazione “L’Arte del Formaggio”, edita nel 2004, e scritto contributi e articoli sulla enogastronomia e sui prodotti tipici. Dall’ottobre del 2004 è responsabile dell’ufficio stampa dell’Amministrazione Provinciale di Sondrio. bar I “Masai” popolazione africana, protagonisti all’Aprica Un rinnovato bar-ristorante dal gusto tipicamente etnico Il ristorante “Muti” da Thomas all’Aprica, situato proprio davanti ai “campetti da sci”, è gestito direttamente dai proprietari così come la cucina. Possibilità di organizzare e realizzare banchetti di ogni genere; la ristorazione si basa, essenzialmente, sulla preparazione di piatti tipicamente valtellinesi e nazionali. Su prenotazione si può mangiare ottimo pesce fresco di mare (antipasti misti caldi e freddi, grigliata mista con possibilità di scelta tra una quindicina circa di varietà di pesce RISTORANTE MUTI DA THOMAS GESTIONE: gestione familiare. Chiuso il martedì. INDIRIZZO: via Adamello 41 23031 Aprica (SO) TELEFONO: 0342-746580 FAX: 0342-746580 ATTIVITA’: gestione interamente curata dai titolari con possibilità di realizzare dei banchetti. Ristorazione con piatti della cucina tipica valtellinese e nazionale. Su prenotazione, pesce fresco di mare (antipasti caldi e freddi, grigliata mista con circa 10/13 varietà di pesce cucinato alla brace). Il menu viene completamente rinnovato con cadenza mensile, sulla base dei piatti di stagione. BAR MASAI GESTIONE: gestione familiare. Chiuso il martedì. INDIRIZZO: via Adamello 41 23031 Aprica (SO) cucinato anche alla brace). Il menù viene rinnovato con cadenza mensile, sulla base dei piatti di stagione. Il bar “Masai” all’Aprica, collocato proprio davanti ai “campetti da sci”, è gestito direttamente dai proprietari; è bar, ovviamente, oltre che paninoteca, gustosa bruschetteria e “loungue bar”; vengono preparati e serviti, anche, ottimi aperitivi (specialità); si organizzano, infine, feste, ritrovi e coscrizioni. Il bar “Masai” è arredato secondo uno TELEFONO: 0342-746580 oppure 349-2720783 FAX: 0342-746580 ATTIVITA’: bar, paninoteca e bruschetteria. Specialità aperitivi e lounge bar. Si organizzano feste, ritrovi e coscrizioni. STRUTTURE: arredato secondo uno stile etnico. Durante la stagione invernale, al termine della giornata sulle adiacenti piste da sci, i colori caldi degli affreschi del bar Masai e il sottofondo musicale di suoni africani Vi proietteranno direttamente in un’atmosfera magica. Durante l’estate, invece, sarà possibile assaporare i cocktail del Bar Masai anche nel giardino. PROGETTAZIONE: Concreta Srl Arch. Valter De Pianto Geom. Michela Bagiotti REALIZZAZIONE: Concreta Srl TESTI: Silvo Mevio FOTO: Andrea Basci 78 79 stile etnico in relazione all’impronta che i proprietari gli hanno voluto dare (in seguito ad un viaggio in Kenya - ci raccontano i proprietari – siamo rimasti colpiti da questa popolazione africana dai corpi scultorei, i “Masai” per l’appunto, popolazione che abita questa zona africana collocata 80 nell’Africa dell’Est e precisamente nella parte sud del Kenya e nella Tanzania del nord). Durante la stagione invernale, al termine di una rilassante e piacevole giornata passata sulle adiacenti piste di sci (il bar “Masai”, infatti, è collocato davanti ai “campetti da sci”), i colori caldi e parti- colari degli affreschi, oltre al sottofondo musicale di suoni “africani” … proietteranno tutti gli avventori direttamente in un’atmosfera magica … Durante l’estate, invece, al bar “Masai” sarà possibile gustare i particolati cocktail anche nel giardino adiacente. 81 82 83 84 85 enogastronomia 1. Il palazzo ducale di Colorno - Parma “Alma Viva 2007”: gli “stati generali” della cucina italiana a Colorno … Lo scorso mese di ottobre 2007 Alma ha ospitato il “meglio” della cucina italiana con i più importanti cuochi e gastronomi italiani ed internazionali; l’invito del rettore, Gualtiero Marchesi, è stato quello di “unire le forze” … Txt: Attilio Piazza Foto: Archivio Mario Mariani – Accademia del Pizzocchero di Teglio 3. Gualtiero Marchesi con la delegazione dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 4. Un momento del convegno 5. Luciano Andreoli, il primo a sinistra, vicepresidente Accademia del Pizzocchero di Teglio con il direttore didattico Alma, Luciano Tona 3 2 1 I pizzoccheri dell’accademia omonima di Teglio protagonisti indiscussi nella maratona delle paste fresche in occasione della rassegna eno - gastronomica della Scuola Internazionale di Cucina Italiana 2. Al centro Gualtiero Marchesi, alla sua destra Alberta Marchioni e alla sua sinistra Flora Folli Il profilo di Alma Alma è il più autorevole centro di formazione della Cucina Italiana a livello internazionale; è una scuola che forma cuochi provenienti da ogni Paese per farne veri professionisti della Cucina Italiana, grazie ai programmi di alto livello realizzati attraverso l’insegnamento da parte di autorevoli docenti che provengono dal mondo della cucina e dell’alimentazione italiane. Questa scuola di formazione ha iniziato la sua attività nel gennaio del 2004 e si è particolarmente focalizzata sulla specializzazione professionale dei giovani cuochi e pasticcieri. Ha sede presso il palazzo ducale di Colorno (Parma) dove dispone di tremilacinquecento metri quadrati di superficie appositamente attrezzati dalla provincia di Parma. E’ gestita da una società a responsabilità limitata (s.r.l.) i cui soci principali sono l’Unione Camera Commercio e la provincia di Parma, ma che comprende anche l’Unione degli Industriali e l’Ascom di Parma, numerosi consorzi di tutela dei prodotti tipici e dei vini. La scuola ha stipulato protocolli di intesa con il ministero della Pubblica Istruzione e con l’Istituto Nazionale del Commercio Estero (ICE) con cui collabora attivamente. Nel 2006 ha ottenuto l’accreditamento da parte della Regione Emilia Romagna; la società Alma S.r.l. gode di certificazione ISO 9001; recentemente ha siglato un’intesa con l’Università Bocconi di Milano. Il comitato scientifico di Alma, presieduto dal rettore Gualtiero Marche- 86 si, è responsabile degli indirizzi, della didattica e comprende tra i suoi membri i più autorevoli studiosi dell’enogastronomia italiana, cuochi e pasticcieri tra i più qualificati, esperti accademici dei prodotti e dei territori italiani. L’italianità e l’inconfondibile “italian style” in cucina sono l’indirizzo di fondo che viene interpretato nell’insegnamento del direttore didattico Luciano Tona, dal suo staff docente interno e da una rosa di settanta cuochi e pasticcieri provenienti dalla diverse regioni italiane che vengono chiamati “special guest” a dimostrare agli “allievi” le cucine dei territori da cui prende consistenza e ricchezza espressiva la cucina italiana. La pasta fresca italiana La pasta fresca è l’anima della cucina italiana, anzi delle molteplici cucine italiane. Anche chi non conosce a fondo la nostra arte culinaria individua nei piatti di pasta, fresca, secca o ripiena la peculiarità del nostro “desinare”. Lo straniero che viene a visitare l’Italia, quasi sempre, porta nella sua valigia di ricordi un piatto di pasta che tenta poi di riprodurre nel suo paese di origine con prevedibile insuccesso. Per sottolineare quello che affermava Aldo Fabrizi, indimenticabile attore italiano, quella pasta condita “co er sugo della fanciullezza” riporta antichi mangiari del “tempo ch’ero poveretto”. In tutte le regioni italiane troviamo formati tradizionali di pasta che stanno a dimostrare, se ce n’era bisogno, la grande fantasia della no- stra gente. Alma ha scelto, proprio in questa occasione, di mettere a fuoco la pasta fresca, con o senza uova oppure con o senza ripieno. La scelta che ha effettuato la Scuola Internazionale della Cucina Italiana, in occasione di questa riuscitissima “due giorni” (7 e 8 ottobre 2007) è stata dettata dal fatto che la stessa scuola è di origine emiliana, il luogo di eccellenza di tante paste fresche lisce e/o ripiene. Ma uno sguardo oltre il Po ed il Rubicone ha messo in evidenza che queste tradizioni sono anche patrimonio di tante altre regioni del nord e del sud dell’Italia; cambiano gli ingredienti, il grano può essere tenero o duro e perché no scuro, come il grano saraceno (polygonum fagopirum) dei nostri pizzoccheri … vi possono entrare le uova oppure solo l’acqua … gli strumenti inventati per creare la pasta fresca, poi, sono veramente straordinari: si va da un semplice ferretto, ad un piccolo torchio fino ad una grande chitarra che trasforma la pasta in tagliolini sottili … Paste fresche, che passione! I piatti forti: la maratona di dodici ore con “sfogline” e chef … Nell’ambito della manifestazione “Paste fresche, che passione!” … I piatti “forti” attraverso una maratona di dodici ore, con il coinvolgimento di molteplici chef e delle loro “”creature – sfogline” ed il progetto “Centro di tutela delle paste fresche”, con sede presso Alma, l’Accademia del Pizzocchero di Teglio ha presentato il suo 4 “re pizzocchero” in qualità di pasta fresca, suscitando in tutti gli intervenuti (eno - gastronomi, chef, invitati e addetti ai lavori) consensi unanimi e tanta curiosità (vedi i segreti sull’impasto e sulla preparazione) nei confronti di questa pietanza tipicamente valtellinese … E’ stata anche organizzata una riuscitissima tavola rotonda proprio sul tema delle paste fresche nella tradizione regionale attraverso un confronto tra cuochi ed assessori regionali e proprio in tale occasione la scuola ha presentato il progetto “Centro tutela paste fresche” affinché non vada persa quella peculiarità gastronomica della cucina italiana affidata soprattutto a quando si tramandano le “sfogline”. Il momento più spettacolare è stato certamente quello della “maratona delle paste fresche” dove si sono alternati “sfogline” e relativi chef davanti ad un pubblico desideroso di 87 5 cogliere quei segreti dell’impasto e della preparazione … non poteva, ovviamente, mancare la degustazione gratuita! Testaroli, tortelli con la coda, trofie, tortelli parmigiani, orecchiette, agnolotti dal plin e “dulcisi in fundo” i nostri pizzoccheri; queste in sintesi alcune delle paste fresche che hanno partecipato a alla “maratona”. A questo proposito siamo riusciti 6. Un’altra veduta del palazzo ducale di Colorno 7. La “cuoca scarpellatrice” Alberta Marchioni 8. In primo piano Flora Folli e sul fondo Luciano Andreoli della deleg. Accademia del Pizzocchero di Teglio 7 8 ad avvicinare, durante la “scarrellatura” e la presentazione in tavola dei pizzoccheri, il vice presidente dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio, Luciano Andreoli ed un consigliere della stessa associazione, Flora Folli; a loro abbiamo chiesto alcune impressioni su questa manifestazione, organizzata dalla Scuola Internazionale di Cucina Italiana Colorno, in provincia di Parma. La parola a Flora Folli e a Luciano Andreoli Flora Folli (consigliere Accademia Pizzocchero Teglio) <<E’ stata senza ombra di dubbio alcuno un’esperienza veramente straordinaria. Un’emozione unica ed irripetibile; vedere dal vivo come e quali tipi di pasta fresca l’Italia è in grado di preparare e di offrire a tutti i “buongustai” che apprezzano la nostra cucina, oramai diventata a livello mondiale il riferimento per il “made in Italy”. Dicevo, poco sopra, emozionata 6 proprio perché mi sono trovata di fronte il riferimento mondiale della Cucina Italiana e cioè Gualtiero Marchesi, il Rettore della Scuola Internazionale di Cucina Italiana, il quale mi ha detto (dopo essersi complimentato per il nostro piatto – il pizzocchero - presentato dall’Accademia del Pizzocchero di Teglio) “ … che dopo tanti anni non avrà più il coraggio di preparare e di cucinare i nostri pizzoccheri … ”. Oltre a Gualtiero Marchesi, ho avuto l’onore di conoscere anche Alfonso Iaccarino, chef molto rinomato e conosciuto del famoso “Don Alfonso” (Napoli - Positano) e il “Baby” di Roma, il quale possiede anche un’azienda agricola di prodotti biologici ed un’enoteca con cucina “fusion” a Positano; anch’esso si è complimentato con noi per il nostro “indimenticabile”, pizzocchero … Non ultimo perché meno importante, un particolare ricordo e menzione va ad Alberta Marchioni, tellina doc (originaria di Teglio) che ha preparato la nostra pietanza, la nostra pasta fresca dopo averla “scarrellata”, cucinata e portata in tavola>>. Luciano Andreoli (vicepresidente Accademia Pizzocchero Teglio) <<E’ stata per tutta l’accademia, per la Valtellina intera e soprattutto per la mia Teglio, un’opportunità unica e difficilmente ripetibile; potere lavorare, gomito a gomito, con i migliori chef a livello internazionale, tra l’altro molto affermati e conosciuti, per l’Accademnia del Pizzoc- 88 chero di Teglio, considerata la sua giovane età (cinque anni dalla sua fondazione – agosto 2002), è stata un’esperienza altamente pregnante, ricca di contenuti e soprattutto un momento di confronto con altre realtà italiane che operano nell’ambito della pasta fresca. Il potersi confrontare, poi, con il “gotha” della cucina italiana ed internazionale, è stato veramente indimenticabile … attimi che rimarranno indelebili nella nostra mente perché abbiamo toccato con mano quale patrimonio, a livello italiano e non solamente, rappresenta il settore della pasta fresca: dalla sua preparazione e alla sua commercializzazione. Mi sia permesso un ultimo appunto, in considerazione di quanto espresso poco sopra: mi piacerebbe, magari già il prossimo anno (2008), riuscire ad organizzare in Valtellina e a Teglio, un incontro tipo quello organizzato a Colorno, in occasione della maratona delle paste fresche, dove il soggetto sia l’enogastronomia “di montagna” nei suoi aspetti più intimi, più nascosti … insomma un momento di confronto per evidenziare quali e quanti piatti sono capaci di preparare i “nostri montanari” … >>. Dalla natura e dalla tradizione nasce una sana dimensione del caldo STUFE IN MAIOLICA Per ulteriori informazioni: Alma S.r.l. – la Scuola Internazionale di Cucina Italiana – Reggia di Colorno – piazza Garibaldi, 26 – 43052 Colorno (Parma) – Italia – tel. +39.0521.52.52.11 – www.Alma.scuolacucina.it – [email protected] di Emanuele Del Molino Postalesio (SO) - Via Nazionale, 18 tel. 0342 590077 - Fax 0342 590166 www.delmolino-stufe.com [email protected] 89 movimento & benessere Dai Masai, indigeni africani, il segreto della camminata… Quanto conta la scarpa giusta? Moltissimo! Un paio di scarpe pensate per tenere in allenamento i muscoli, per migliorare la postura e per tonificare gambe e glutei Txt: Attilio Piazza Foto: Archivio MBT - Ortopedia Borelli Attenzione: abituati alle superfici piatte e dure dei pavimenti non diamo più stimolo alla camminata che così diventa passiva e “strascicata” condizione questa che procura alla colonna vertebrale ed alla giunture una serie di microtraumi quanti sono i passi che in media effettuiamo ogni giorno… Il popolo “Masai” dell’Africa dell’Est vive nel Kenya del sud e nella Tanzania del nord e non conosceva due aspetti: da una parte le scarpe e dall’altra il mal di schiena … Durante gli Anni Novanta l’ingegnere di origine svizzera, Karl Muller, ha scoperto il collegamento tra questi due aspetti della vita moderna ed ha sviluppato, per l’appunto, la “Masai Barefoot Tecnology” (MBT nel settore delle calzature). Questa tecnologia è in grado di aiutare le persone a perdere peso, riducendo contemporaneamente il mal di schiena ed offrendo supporto durante l’allenamento sportivo (come vedremo più avanti) , consentendo al corpo di muoversi in materia naturale. Il successo di questo brevetto è attualmente disponibile sul mercato in oltre quindici Paesi; parte dall’assunzione che il piede non è costituito per camminare sopra superfici dure come il cemento e l’asfalto e pertanto abbisogna di un “ritrovato” che faciliti la camminata. Una suola particolare MBT, con un sensore nel tacco, aiuta dunque la camminata agevolando i movimenti e proteggendo le estremità, come hanno provato molti test scientifici, offrendo tra l’altro modelli di design piacevole ed in linea con le tendenze attuali della moda. 90 “Barefooting”. Terminologia inglese che significa “a piedi nudi”. Inizialmente sembrava riguardare una nicchia di individui che iniziarono a camminare a piedi scalzi anche in città, sull’asfaltato, in piena estate oppure a percorrere sentieri ricoperti da aghi di pino, da pigne, da sassi, da tronchi di albero per “risensibilizzare” il piede e stimolarne la percettività. Gente eccentrica, viene da pensare … non è poi così, invece, se ci fermiamo a riflettere sul perché di questo comportamento “integralista”. Secondo uno studio americano recente il 99% dei piedi risulta essere perfetto alla nascita; successivamente l’8% mostra delle deformazioni ad un anno, il 41% a cinque e l’80% a venti anni; ecco perché per le nostre “amate” estremità inferiori è fondamentale preservare un corretto habitat. Ad averci pensato, mettendo a punto una soluzione molto convincente, è stata la Masai Barefoot Tecnology (MBT). Camminare sopra ad una nuvola Si chiama “Masai Barefoot Tecnology” (tecnologia piedi nudi Masai) ed è il sistema che ha dato il nome ad una particolare calzatura, studiata per ricreare la naturale irregolarità del suolo e trasformare le superfici dure ed artificiali in morbido terreno. Le MBT sembrano una variazione sul tema delle tradizionali sneakers. La differenza si nota quando si “calzano”, si indossano: la loro suola non sostiene il piede, non lo stabilizza ma, al contrario, offre l’opportunità di camminare sopra ad una superficie curva e morbida. “E’ proprio grazie a questo meccanismo – spiega il prof. Luigi Gatta, docente di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e specialista in medicina dello sport – che i nostri piedi riprendono a “lavorare” proprio come accade quando percorriamo terreni irregolari; questa irregolarità, infatti, obbliga chi indossa questo particolare tipo di calzature a ricercare continuamente equilibrio e, per questo, a mantenere sempre una buona e idonea posizione eretta. In tale situazione, infatti, il piede deve continuamente “aggiustarsi” per trovare la stabilità e, di conseguenza, i muscoli profondi della gamba, difficili da allenare e che molto facilmente perdono tonalità, si riattivano”. Il sistema MBT risulta essere, perciò, un vero e proprio strumento di allenamento medico – sportivo: “esso - interviene il prof. Luigi Gatta – origina dall’evidenza che il passo ideale della nostra deambulazione dovrebbe avvenire su un terreno naturale pronto ad adattarsi alle impronte fisiologiche dei nostri piedi. In verità, nel tempo, avviene esattamente il contrario: è il nostro apparato locomotore che si adatta ai pavimenti duri su cui camminiamo e/o corriamo condizionando la nostra postura, dal piede in su fino alla colonna vertebrale cervicale ed oltre. Il corretto lavoro di informazione, elaborazione ed attivazione dei muscoli dell’arto inferiore, viene progressivamente a mancare con la conseguente assunzione di un atteggiamento posturale alterato, gradualmente ben visibile e in alcune situazioni anticipato dalla comparsa di fastidiose sindromi prodromiche a carico delle articolazioni interessate”. Cosa accade indossando un paio di calzature MBT? Calzando, indossando queste particolari calzature, il piede poggia prima sul tallone, poi la pressione passa sul lato esterno della pianta dello stesso ed infine sulle dita che si allargano per “fare presa” sul terreno: i vantaggi di questa articolazione completa sono assai evidenti attraverso un netto rinforzamento generale della muscolatura, una riduzione degli infortuni ed un sostanziale miglioramento delle prestazioni atletiche. “ La corsa “rullata” – come sottolinea il prof. Luigi Gatta – rappresenta una metodica di allenamento particolarmente efficace: la sensazione che si ha del movimento è leggera. Il carico corporeo è distribuito in modo ottimale, la muscolatura si rilassa rigenerandosi continuamente un training sportivo che, pur richiedendo un maggiore dispendio energetico, non affatica ”. Una palestra in miniatura Secondo i promotori di questa “nuova deambulazione”, un’ora di tranquilla passeggiata con ai piedi le MBT equivarrebbe a tre ore di esercizi in palestra: indossandole quindi, non solo si assume una postura eretta e si combattono le patologie della schiena, ma si perde peso; glutei e cosce si rassodano, la circolazione viene attivata e la cellulite viene arginata. Per i patiti del fitness, però, le MBT non sono 91 una novità: in molte palestre inglesi e americane vengono utilizzate già da alcuni anni come complemento dell’attività sportiva. Per non parlare dei seguaci delle varie discipline yoga, i ballerini e soprattutto i sostenitori del metodo “Pilates” che le preferiscono alle calzature sportive tradizionali. Una vera e propria risorsa, quindi, tutta da scoprire e provare, che promette, oltre ad un’andatura sciolta come quella della popolazione africana dei Masai da cui prendono il nome, un fisico più snello e tonico in poche settimane di impiego. In breve … Grazie alle calzature “Masai Barefoot Tecnology” (MBT) è possibile stimolare la muscolatura che solitamente non viene sollecitata, oltre alla riduzione di alcuni problemi legati alla cattiva postura e deambulazione come per esempio: 1. diminuzione dei dolori legati all’apparato locomotore; 2. miglioramento della circolazione sanguigna e linfatica; 3. maggiore ossigenazione corporea; 4. diminuzione dei dolori muscolari; 5. stimolazione muscolare con effetti benefici sulla cellulite. Per ulteriori informazioni: MBT Italia - www.mbtitalia.com – Tarvisio (Udine) – www.swissmasai. it - [email protected] – Rivenditore autorizzato per la provincia di Sondrio: Ortopedia Borelli – via Stelvio, 42 a Sondrio oppure a Sondalo (Alta Valtellina) - info: [email protected] pasticcerie Nuova atmosfera alla rinomata pasticceria Tavelli “Tradizione, accurata scelta degli ingredienti e sapiente attenzione per i dettagli. In una sola parola: qualità. Ecco cosa rende la pasticceria Tavelli il luogo migliore per realizzare i propri sogni con dolcezza.” PASTICCERIA TAVELLI GESTIONE: Essegipi srl INDIRIZZO: via Nazario Sauro 35 23100 Sondrio (SO) TELEFONO: 0342-216345 FAX: 0342-216345 SITO INTERNET: www.pasticceriatavelli.it ATTIVITA’: bar, pasticceria e gelateria. PROGETTAZIONE: Concreta Srl Arch. Gabriele Rolfi Geom. Michele Giana REALIZZAZIONE: Concreta Srl TESTI: Roberta Bertolatti FOTO: Luca Gianatti Punto di riferimento di una clientela giovane, esigente e desiderosa di un ambiente caldo e accogliente con proposte piacevoli e originali. Questo locale concretizza l’idea di un luogo di incontro aperto e informale in cui la proposta estremamente varia riesce a soddisfare le molteplici esigenze di una clientela differenziata ma soprattutto giovane. Tutto è stato curato nei minimi particolari, dagli arredi, alle tonalità dei colori utilizzati cercando di soddisfare le esigenze e i gusti delle proprietarie. Un servizio accurato con prodotti di alta qualità e un ottimo rapporto con la clientela sono i punti di forza delle proprietarie che con grande professionalità hanno sempre operato senza lasc iare nulla al caso. Ottimo il risultato e la risposta dell’affezionata clientela. Uno spazio di 96 mq. dove, grazie a un’equilibrato progetto d’interni e a scelte d’arredo importanti, ma declinate con la giusta leggerezza, non manca davvero nulla. E’ la rinnovata Pasticceria Tavelli, classico esempio di locale capace di accogliere la clientela in un’atmosfera al tempo stesso sobria e raffinata. Legno di rovere sbiancato, laccato arancio, acciaio e cuoio sono le scelte materiche predominanti del banco bar e del suo retro, cui la particolare sagoma tondeggiante del vano scala conferisce un accento di notevole efficacia estetica. 92 93 Le scelte progettuali e d’arredo adottate, oltre a sfruttare in maniera ottimale gli spazi, valorizzano l’ambiente grazie a soluzioni eleganti che si rivelano anche di efficace impatto visivo. Spicca il banco bar che con la sua forma e una sapiente combinazioni di materiali lo 94 rendono elemento dominante del locale. Il progetto ha previsto la realizzazione di una piccola adiacente area di soggiorno attrezzata con tavoli e sedute le cui linee richiamano in toto le scelte minimaliste che caratterizzano gli arredi del locale. Fa da sfondo una parete intonacata giallo qui utilizzata in funzione di elemento d’arredo che ben si accosta con il laccato delle mensole e dei piani di appoggio. L’ottimale equilibrio delle soluzioni d’arredo ha consentito di sfruttare al massimo l’estensione del banco bar correttamente suddiviso per aree funzionali. 95 fotografia “Impressiuns”, fotografi per la cultura romancia grigione Straordinarie vallate del sud dei Grigioni: Poschiavo, Engadina, Monostero e Bregaglia Txt: Hermann Sagliani Foto: Center Ladin, Lia Rumantsha e Dicziunari Rumantsch Grischun La mostra concorso fotografico “Impressiuns” conclusa lo scorso autunno nella Chiesa Planta di Zuoz con alta frequenza di pubblico, promossa dalla Lia Rumantscha Center Ladin e col sostegno dell’Alpen Akadenie di St. Moritz, dopo selezione di numerose fotografie ne ha ammesse in esposizione 140 di 75 autori. Sono stati premiati 12 autori di 18 fotografie da Ka- I premiati Primi tre premi per foto singole 1. Giorgio Murbach (Poschiavo) per Viadotto di Brusio 2. Piero Conconi (Biaggio) per S. Carlo 3. Alberto Giacometti (Vicosoprano) per Balcone a Castasegna Primi tre premi 3 foto in serie 1. Yvonne Schmid – Angst (Basilea) per Capre a Isola Maloja 2. Christian Walker (Bever) per Mulino a Pramontagno 3. Marco Nunzi (Silvaplana) per Borgonovo 96 tharina Von Salis dell’Alpen Akademie di St. Moritz. Tra i premiati anche un fotografo votato per urna dal pubblico presente alla mostra. Gli autori sono Svizzeri, d’Italia, Germania, Austria. I documenti fotografici sono attualmente conservati presso il Center Ladin di Zernez. Le fotografie rappresentano le valli del sud Grigioni; (Bregaglia, Engadina, Monastero, Poschiavo) riprese in un periodo di tempo delimitato da giugno ad agosto 2007. Gli scatti, su tematiche scelte dagli autori assumono significato storico, culturale e ambientale sul passato e il presente. Anna Ratti del Center Ladin Lia Rumantscha di Zernez è stata soddisfatta ed entusiasta animatrice e coordinatrice di tutto l’evento “Impressiuns” e per il 2008 è in programma una serie di esposizioni itineranti in tutte le valli rappresentate. Le immagini inoltrate a “Impressiuns” sono archiviate anche in forma digitale nel Dicziunari Rumantsch Grishun e sono spunto per altre attività trilingue. Le fotografie mostrano paesaggi, luoghi, attività, umanità, colgono aspetti, usi e costumi del mondo contemporaneo alpino, retico costituiscono l’analisi odierna di un mondo che cambia, in evoluzione sotto la spinta globale, ma con moderazione, erede di principi civili e democratici, coltivati per secoli e riconosciuti in tutto il pianeta. Premi singole valli - Poschiavo: Hermann Sagliani (Sondrio) per Pentagramma pastorale - Bregaglia: Rafael Spinas (Vicosoprano) per Sensazioni a Pramontogno - Müstair: Hartmut Eckstein (Germania) Baita - Alta Engadina: Michael Schütz (Samedan) per Celerina - Bassa Engadina: Elfriede Otter (Tirolo – Austria) - Premio Pubblico: Giulio Roganti (Bondo) 97 alberghi A Livigno un “Garni” per una vacanza “extradoganale” indimenticabile Garni del Bosco: un “mondo di piacevolezze” GARNI DEL BOSCO PROPRIETÀ: gestione familiare a cura della famiglia Elio Galli. DIRETTORE: sig. Elio Galli INDIRIZZO: via Teola 160 23030 Livigno (SO) TELEFONO: 0342-996780 FAX: 0342-996509 E-MAIL: [email protected] SITO INTERNET: www.hoteldelbosco.i ATTIVITÀ: attività alberghiera e ristorativa. CAMERE: 13 camere con balcone cher offrono una vista panoramica sulla vallata di Livigno. STRUTTURE: giardino, parco per bambini. Ristorante con cucina curata direttamente dai proprietari. Si realizzano piatti tipici e della cucina nazionale PROGETTAZIONE: Concreta Srl Geom. Stefano Boscacci Geom. Silvia Donini REALIZZAZIONE: Concreta Srl TESTI: Silvio Mevio FOTO: Andrea Basci E’ proprio il posto che ci si aspetta di trovare in una località di montagna come Livigno. Tutto in perfetta atmosfera alpina, ci si sente coccolati non appena si varca la soglia. Merito di questa accoglienza và alla calda struttura del Garnì, dove l’arredamento è di quanto più confortevole ci si possa aspettare guardando paesaggi innevati dalla finestra. Ma la componente fondamentsale per creare una miscela tra confort e benessere è senz’altro data dalla Signora Piera, il vero “deus ex machina” del Garnì del Bosco. La sua mano è presente ovunque e si vede in mille particolari: fiori sempre presenti in ogni angolo, una cura maniacale nell’allestimento delle camere, un tocco di raffinatezza nelle preparazioni culinarie, invitanti vassoi per la colazione del mattino... Si esce per affrontare le piste di sci oppure lunghe passeggiate estive con l’animo ed il fisico completamente ristorati. Le camere danno quella sensazione accogliente che invoglia ad infilarsi sotto i 98 99 piumoni con in mano una buona lettura, tutto è al posto giusto e studiato nei minimi particolari. La posizione del Garnì, un poco sollevata rispetto al centro di Livigno, offre un colpo d’occhio mozzafiato: Livigno è lì sotto in tutta la sua famosa lunghezza e le piste sono proprio a due passi. Tutte le camere offrono una vista del genere e alla sera le luci del paesaggio si confondono con le stelle delle classiche notti alpine. E’ il posto giusto per chiudere le porte alla vita di tutti i giorni ed entrare in un “mondo di piacevolezze”. Una breve passeggiata per raggiungere il centro ed avventurarsi nello shopping più famoso d’Italia è poi la cornice giusta per giornate di sport e divertimento. L’offerta di Livigno per i turisti è vastissima, mille attività da provare, passeggiate a piedi, cavallo o motoslitta, appuntamenti serali in tanti locali per ascoltare buona musica, sorseggiare un drink in compagnia; insomma, è vacanza, di quelle vere, di quelle che non ci si dimentica. 100 101 curiosità Che cosa c’e’ di vero e che cosa di falso nei mo C’è quello ignorante come un asino che si crede intelligente come un’aquila; quello che se la cava sempre perché è furbo come una volpe; quello infido come una serpe che piange lacrime di coccodrillo quando gli altri, imbufaliti, lo lasciano da solo come un cane. Ma che cosa c’è di vero in tutto questo? Ben poco, in realtà, come una attenta osservazione degli animali in questione può dimostrare. Modi di dire, proverbi e luoghi comuni da Fedro ai giorni nostri consegnano pregi e difetti dell’essere umano, creando simmetrie a volte giuste, ma molto spesso sbagliate. Quasi sempre ingenerose nei confronti dei nostri amici a due e quattro zampe, ai quali attribuiamo, a volte, comportamenti e sentimenti sgradevoli o malvagi – l’ira, la vigliaccheria, la ferocia – che sono invece propri soltanto dell’uomo. Vediamo perché. IGNORANTE COME UN ASINO. Asino: sinonimo di ignoranza fin dai banchi della scuola elementare. Niente di più sbagliato. L’asino è un animale dotato di grande sensibilità e intelligenza, un po’ come i cavalli. È però meno timido dei suoi cugini “nobili”, e quindi meno reattivo agli stimoli. Per questo, a torto, viene considerato incapace di apprendere e assolutamente “cocciuto” . Inoltre, per una totale riabilitazione dell’asino, va detto che è un animale robusto, un gran lavoratore, che mantiene il suo vigore fino ai 25 anni, chiedendo in cambio poco o niente: si nutre infatti solo di erba e fieno, e non ha bisogno di altri elementi energetici. VISTA D’AQUILA. Sinonimo di intelligenza. L’aquila non è, invece, un animale dotato di meccanismi istintivi molto complicati. Predatore altamente specializzato, non ha strategie di attacco diversificate. Per cacciare si serve sempre e solo di una vista, questa sì prodigiosa, che le permette di puntare una piccola preda anche a centinaia di metri di distanza; il resto lo fanno la sua velocità e la potenza degli artigli. ARRABBIATO COME UN BUFALO. “Imbufalirsi”, deriva giustamente da bufalo. Questi mammiferi ruminanti hanno davvero un caratterino di tutto rispetto. Vivono generalmente in piccoli gruppi, passano le giornate a rotolarsi nel fango per difendersi dal calore, ma, soprattutto, “pattugliano” il territorio con grande accanimento. Montano su tutte le furie e attaccano senza preavviso chiunque metta piede, o zampa, nella zona che si sono scelti. Nella savana sono considerati più pericolosi dei leoni. LACRIME DI COCCODRILLO. Forse gli esseri umani riescono a piangere come i “coccodrilli”, ma è sicuro che i coccodrilli non piangono come gli esseri umani. Mai lacrimuccia ha bagnato gli occhi di questi animali. Non posseggono, infatti, ghiandole lacrimali. Il detto è forse derivato dall’atteggiamento che questi rettili assumono dopo aver divorato una grande preda; la lunga digestione li fa entrare in uno stato di torpore e immobilità, quasi se ne stessero lì a rimuginare e a pentirsi del male commesso. Niente di più sbagliato. 102 PAUROSO COME UN CONIGLIO. Il coniglio è sinonimo di codardia, ed è un errore “bestiale”. È vero che i conigli, prede naturali, come strumento di difesa non hanno che le loro veloci zampe per la fuga; ma va anche detto che questi animali, come tutti i roditori, sono anche dotati di una certa aggressività: messi alle strette, sanno sfoderare un bel paio di pericolosissimi incisivi. Provare con i conigli nati domestici, per credere. PAZZO COME UN CAVALLO. Quando uno è del tutto imprevedibile si dice che è pazzo come un cavallo. Ed è vero. Questi animali sono timidissimi e sensibili ai rumori: basta un niente per farli imbizzarrire. Inoltre distinguono molto male gli oggetti e le persone vicini, quindi un gesto brusco li può spaventare moltissimo. SOLO COME UN CANE. “Mondo cane”, “Vita da cane”, “Porco cane”, “Solo come un cane”. L’antologia non restituisce grande dignità ai nostri migliori amici, chiamati in causa, chissà perché, quasi sempre con accezione negativa. Per fortuna, sono solo la consuetudine e la familiarità con questo animale a partorire tanti brutti modi di dire. Che restino tali. INNAMORATI COME COLOMBI. I colombi sono il simbolo dell’innamoramento, protagonisti assoluti a San Valentino. Peccato che, proprio loro, dopo aver “tubato come…”, non esitino a tradirsi senza ritegno. Un mito infranto. MEMORIA DA ELEFANTE. Avere una memoria da elefante è cosa da pochi ed è cosa vera. A questi animali si riconosce un notevole livello d’intelligenza. Anche se non è accertato che sia proprio la capacità di ricordare volontariamente la loro facoltà più sviluppata. Molti addestratori confermano comunque, ciò che le favole hanno tramandato nei secoli e cioè, che questi animali non dimenticano proprio nulla. DORME COME UN GHIRO. Dormire come un ghiro è quasi una fatica. Questo simpatico roditore, infatti, se ne sta in letargo durante tutto l’inverno. E non solo: anche in primavera e in estate non rinuncia alle sue 18 ore di sonno quotidiano. DUE GALLI IN UN POLLAIO. Due galli in un pollaio, non è solo un detto, proprio non ci possono stare. Sono animali dalla proverbiale foga amatoria, possessivi, aggressivi e violenti. Non tollerano rivali in “amore” e, se è il caso, lottano fino a uccidere il nemico. di di dire sui nostri amici a due e quattro zampe CATTIVO COME UNA IENA. Ridere come una iena è sinonimo di malvagità; e viene considerato tale chi si approfitta delle disgrazie altrui. Eppure le iene di malvagio non hanno proprio nulla e non si approfittano di alcunché. Predatori notturni, questi animali, se non trovano niente di “vivo” da mangiare, si accontentano dei cadaveri che trovano qua e là, senza far male a nessuno e svolgono un importante servizio da buoni “spazzini” della savana. VELOCE COME UNA LEPRE. Correre veloci come una lepre è già un buon risultato: 30 chilometri orari non sono uno scherzo. Niente, però, in confronto agli 80 chilometri l’ora raggiunti dal ghepardo. Ma la tradizione popolare, per aggiustare le metafore, non va troppo per il sottile, e si misura sui Guinness nostrani. SPORCO COME UN MAIALE. Chi non ha grande consuetudine con acqua e sapone, inesorabilmente finisce per essere sporco come un maiale. E va bene: porcelli e porcellini non profumano di violetta, ma, dal loro punto di vista, direi, di naso, sono tutt’altro che puzzolenti e sporchi. Quel rotolarsi nel fango tipico del maiale equivale all’umano spalmarsi di creme e unguenti. È un modo, per il nostro, di mantenere la pelle umida, elastica e protetta dai parassiti. STUPIDA COME UN’OCA. Oca, peggio se giuliva. Non c’è offesa peggiore per una donna, quand’anche svagata. E invece le destinatarie dovrebbero andare orgogliose dell’epiteto. Le oche sono animali molto intelligenti. Spesso, all’interno della coppia, sono capaci di assoluta fedeltà reciproca, come avviene per i falchi, e hanno una organizzazione sociale fortemente strutturata con diversi livelli gerarchici. Di “giulivo” non hanno davvero nulla. SANO COME UN PESCE. Beato chi è sano come un pesce, anche se è tutto da dimostrare che i pesci siano sempre e comunque sani. Al contrario, sono animali delicatissimi, sensibili ai cambiamenti di temperatura e d’ambiente. Il detto, forse, è dovuto al fatto che, per ovvie ragioni, è molto difficile, per l’uomo, vedere un pesce malato. MANGIARE COME UN PASSEROTTO. Probabilmente una indossatrice qualsiasi mangia come un passerotto. Sicuramente, un passerotto mangia, in proporzione, molto, ma molto di più di una Naomi Campbell qualsiasi. Gli uccellini arrivano, infatti, a ingerire quotidiana- mente fino al 30 per cento del loro peso. Un po’ come se una persona di 60 chili ingurgitasse, in un giorno solo, 20 chili di pasta. Vi sembra poco? INDIGESTO COME UN ROSPO. Ingoiare rospi, di questi tempi, è un esercizio diffuso. E il modo di dire non è nato per caso: la locuzione deriva, infatti, dalla difficile digestione che procura a un serpente l’aver ingoiato, appunto, il rospo. Questo animale, infatti, ha la pelle cosparsa di ghiandole che secernono liquidi velenosi, come dire? Un po’ troppo “pesanti”. INFIDO COME UN SERPENTE. Ce l’hanno tutti un collega o un parente infido come un “serpente”. E però, se non si può smentire che le serpi, come tali, avanzino strisciando o insinuandosi subdolamente per poi colpire a tradimento, a loro difesa va anche il detto che spesso, questi animali, se non vengono disturbati o, peggio, calpestati, se ne stanno tranquilli per i fatti loro, cacciando come tutti gli altri, senza dare alcun fastidio all’uomo. FEROCE COME UNA TIGRE. Con connotazione quasi affettuosa, spesso, di una donna particolarmente aggressiva, si dice che è una tigre. E questi grandi felini, in effetti, sono molto attivi nella caccia. Ma non c’è aggressività o, peggio, ferocia, nel loro agire. Braccano la preda con lo stesso spirito con cui noi ci rechiamo dal macellaio o dal salumiere. CIECO COME UNA TALPA. Quando le diottrie che mancano cominciano a essere tante, il nomignolo è uno solo: sei cieco come una talpa. Ed è una locuzione azzeccata. Le talpe hanno occhi minuscoli ricoperti da una membrana trasparente che permette loro di percepire solo un filo di luce. Questi piccoli mammiferi, infatti, si orientano solo con l’udito e con l’olfatto. ASTUTO COME UNA VOLPE. Beato chi riesce ad essere astuto come una volpe. Ma più che scaltra, la volpe si potrebbe definire cauta: quando ha i piccoli nella tana, infatti, va a cacciare lontano per non farli scoprire. Quanti errori bestiali sugli animali!!! Lido di Ostia, Roma, maggio 1967 Txt: Arcangelo Tartaro 103 referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze referenze ALBERGHI – HOTEL – RESIDENCES HOTEL ABACO Sirmione (Bs) ALB.RIST.BAIT DE ANGIAL Livigno (So) ALBERGO BERGOIN Sauze d’Oux (To) ALBERGO CESAR Roma ABETE BLU S. Caterina (So) ALBA SRL Livigno (So) ALPINA Livigno (So) AMERIKAN Livigno (So) APRICA Aprica (So) APP. CUSINI Livigno (So) APPARTAMENTO MARCO CONFORTOLA APPARTAMENTO PRIVATO St. Moritz (Ch) ACQUI TERME G.H. 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