BRASILIA 2012 I PUNTI CONCRETI D`IMPEGNO E

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BRASILIA 2012 I PUNTI CONCRETI D`IMPEGNO E
BRASILIA 2012
I PUNTI CONCRETI D’IMPEGNO E LA COMPARTECIPAZIONE
1- LA SPIRITULITÀ CONIUGALE E LA SUA PEDAGOGIA
La scoperta della spiritualità coniugale è stato il grande contributo delle Équipe Notre
Dame alla Chiesa, per una comprensione più ampia e profonda del sacramento del
matrimonio. In ogni caso è giusto riconoscere che altrettanto decisiva è stata la
pedagogia che ha accompagnato questa scoperta, che ha permesso di trasformare
l’intuizione iniziale in qualcosa di concreto e reale, sulla cui base le coppie possono
appoggiarsi per crescere e per continuare a essere coppia. Questa idea rivoluzionaria,
infatti, avrebbe potuto non superare il suo enunciato teologico, come a volte accade
nel Magistero della Chiesa, se questa proposta non fosse stata integrata con alcuni
strumenti che potevano essere utilizzati per attuarla concretamente nella vita reale.
Come hanno scoperto, le prime coppie e Padre Caffarel, quella pedagogia che
costruisce la spiritualità coniugale? Hanno potuto scoprirla, perché l’impronta di Dio è
in quelle realtà della terra che rispondono “si, voglio”, anche se si tratta solo di un
germoglio. Proprio questa convinzione li ha fatti partire dall’antropologia, dalla vita
stessa. È stata una scoperta induttiva e non deduttiva. Non è stata, dunque, una
elaborazione teorica ma è sorta guardando con ammirazione e con tenerezza alle
coppie, a quello che queste cercavano di vivere, anche se in una fase iniziale e
imperfetta , e che doveva essere vissuto pienamente.
Di questi tempi è urgente parlare di spiritualità coniugale e della sua pedagogia, per
poter comprendere meglio che l’amore di una coppia non è solo un sentimento
apparentemente condannato a essere inevitabilemnte caduco.
L’amore è una adesione della volontà profonda di una persona a un’altra persona che
mette in gioco tutto ciò che questa persona è: intelligenza, emozioni, sensibilità,
cratività, volontà. Questo amore, che durerà tutta la vita, è come l’opera d’arte di un
artista che, per crearla, attraversa crisi di espressione, a volte anche per notti scure dei
sensi. È una colonna intorno alla quale l’uomo balla, una fonte da cui l’uomo beve, un
combattimento in cui i due individui sono determinati, come diceva Santa Teresa da
Avila, a non rinunciare, a perdonarsi, a ricominciare sempre da capo.
L’amore di coppia assomiglia a una di quelle bambole russe che piacevano tanto a
Padre Caffarel, a una matrioska, che si aprono man mano e al cui interno si trova
un’altra bambola. Alla fine appare l’ultima, la più piccola, ma non per questo meno
importante, perché è quella in cui si concentra tutto. Allo stesso modo, man mano che
l’uomo e la donna affondano nella realtà, nell’incontro e nella volontà di Dio, arrivano,
ognuno dei due, nel proprio profondo e tutto cambia quando uno di quei due “io
profondo” si mettono in relazione a partire dalla comunione.
L’amore della coppia umana rappresenta, meglio di qualsiasi altra realtà terrena,
l’amore di Dio per gli uomini. Padre Caffarel ce lo descrive alla maniera di Peguy in
questo bellissimo testo:
Coppia umana, mia beneamata creatura,
mio testimone privilegiato
capisci perché tu, tra tutte le crature, mi sei tanto cara?
Capisci quale sia l’immensa speranza che ho risposto in te?
Sei portatrice della mia reputazione, della mia gloria.
Sei, per l’universo, la grande ragione di speranza,
perché tu sei l’amore.
2- LA TRIPLICE RICERCA CHE I PUNTI CONCRETI D’IMPEGNO CI PROPONGONO
L’amore coniugale è un segno dell’amore di Dio ma, paradossalmente, non esiste
amore più fragile di questo. L’amore per i figli sopporta tutto. L’amore coniugale ha
bisogno di cure continue, di quella pedagogia di cui parleremo e che è un tesoro che le
Équipe offrono.
Noi abbiamo lavorato molto nella Pastorale Familiare in Spagna e siamo stati membri
del Pontificio Consiglio per la Famiglia. In questo modo abbiamo potuto conoscere
molti movimenti coniugali e familiari, e vi possiamo dire che, così come per quanto
riguarda le riunioni mensili, esistono molte similitudini tra tutti i movimenti, nessuno di
questi utilizza questa pedagogia dei Punti Concreti d’Impegno, che nella vita
quotidiana, e durante tutto il mese, costruisce la spiritualità che poi condividamo nella
Compartecipazione.
Qual è il senso che sta dietro ai Punti Concreti d’Impegno, e qual è lo spirito che li
rende attuali e validi per il futuro? Nelle Équipe non si scelgono azioni in maniera
arbitraria, né si attua una formazione di mero volontarismo, ma ci si chiama a riflettere
e ad approfondire per trovare le ragione per cui una proposta viene messa in campo.
Magari se capissimo meglio i Punti Concreti d’Impegno, ci sarebbe più facile inserirli
nella nostra vita quotidiana.
Proveremo a esporvi, molto brevemente, cosa ci ha regalato lo scoprire questi punti in
un ambiente di preghiera e di ascolto, nell’anno 1990; punti che poi abbiamo plasmato
nel documento della Compartecipazione.
a) I Punti Concreti d’Impegno sono comportamenti interiori che vanno svegliati,
comportamenti di vita che vanno assimilati, gradualmente e personalizzandoli.
Per questo, per nominare i Punti Concreti d’Impegno si utilizza il verbo all’infinito e
non all’imperativo: “ascoltare”, “riservare”, “trovarsi”, “fare attenzione”,
“mettersi”. Non sono cose che ci vengono imposte dall’esterno. Sono una
chiamata interiore a compiere uno sforzo personale e di coppia, un impegno di
realismo e di costanza che riguarda tutta la nostra persona. Uno sforzo per cui
ognuno di noi si obbliga a impegnarsi un minimo al principio, per poi affondare,
con verità e esigenza, in un cammino di conversione che non ha altro limite che la
santità. Niente di più e niente di meno.
Così come l’amore ha bisogno che noi lo ricordiamo, lo celebriamo, lo rendiamo
evidente, perché altrimenti si spegne, languisce e muore, e questo amore lo
manteniamo vivo con piccoli “riti di incontro”, che ogni coppia include nella propria
vita, che ci circondano, che revitalizzano date, appuntamenti, ricordi, musica e
parole, che ci riservano piccoli spazi di tempo e di silenzio. Allo stesso modo una
vita cristiana senza “riti di incontro”, volti a rivitalizzare in noi l’amore e la presenza
di Dio, si diluisce, non si rafforza, non si trasforma, non cresce. Una persona
semplicemente “si lascia vivere”.
b) Nei punti concreti di impegno non ci sono dispersione né arbitrarietà. Questi
punti hanno una coerenza interna che appare anche in tutta la metodologia delle
Équipe, in tutti i suoi diversi livelli, una logica che li incatena, dei fini che li
integrano l’uno con l’altro. I comportamenti costanti che i Punti d’impegno
vogliono svegliare in noi sono fondamentalmente una ricerca triplice, una chiamata
triplice.
1- Verità. Una chiamata a sviluppare la capacità di vivere a partire dalla verità e
nella verità: “vero incontro con il Signore” (orazione), “vero dialogo coniugale”
(dovere di sedersi), “una regola per la vita” (Regola di Vita).
2- Incontro. Una chiamata ad aumentare la possibilità di incontro e quindi di
comunione tra di noi: “ascoltare” (l’ascolto della Parola), “incontro con il Signore”
(orazione), “incontrarsi tra marito e moglie” (preghiera coniugale), “nel
matrimonio” (ritiri).
3- Volontà di Dio. Una chiamata ad aprirci per scoprire la volontà di Dio sulla
nostra vita: “la Parola di Dio” (lettura), “sotto lo sguardo di Dio” (dovere di
sedersi), “pianificare la vita davanti al Signore” (ritiri)
Per assimilare alcuni comportamenti è necessaria una certa assiduità, perché solo
la ripetizione ci esercita, ci dà forza, ci mantiene in tensione. Per questo anche i
tempi ci vengono indicati: “assiduamente” (lettura della Parola), “ogni giorno”
(preghiera coniugale), “ogni mese” (dovere di sedersi), “tutti i mesi” (la Regola di
Vita), “ogni anno” (ritiri spirituali).
Questa è anche una chiamata all’essere riconoscenti. Riserviamo uno spazio nel
nostro tempo libero, quello che è nostro e che sempre riserviamo a noi stessi,
all’altro, e ancora di più a Colui che è totalmente Altro.
3- CHE COS’È LA COMPARTECIPAZIONE?
La compartecipazione è un impegno congiunto di mutuo aiuto spirituale per
avanzare in un cammino di conversione comunitario. La comunità non esiste solo
in qualità di mero incontro di un gruppo di gente. La comunità si può creare e si
può distruggere. Si crea quando si condivide veramente la vita, quando
condividiamo nel circolo comune quel dono di Dio che abbiamo ricevuto.
Questa condivisione avviene per tutta la durata della riunione; inizia con il pasto,
continua nella messa in comune, si approfondice con il tema di studio, si intensifica
nel tempo di preghiera, ma è nella compartecipazione che il suo obbiettivo
raggiunge la maggiore importanza. Anche se la somiglianza tra le due espressioni
“compartecipazione” e “messa in comune” può confondere alcune persone, è bene
preservare mantenere la terminologia adottata dal movimento più di 60 anni fa. La
Carta con cui sono state fondate le Équipe distingue la “messa in comune” delle
preoccupazioni familiari, professionali, civiche, ecclesiali, dei successi e dei
fallimenti, dei dolori e delle gioie dalla Compartecipazione su quelle che allora si
chiamavano “Obbligazioni” e che attualemte sono i Punti Concreti di Impegno. Il
realizzarsi della prima è una condizione necessaria per arrivare in modo vero e
concentrato alla seconda.
La compartecipazione è il momento della riunione in cui ognuno accoglie l’essere
dell’altro nel suo senso più profondo; quello di condividere il suo progetto
cristiano, il suo itinerario di conversione, reallizzando così un segno reale del
fatto che siamo, insieme agli altri, uno in Cristo, del fatto che l’équipe vuole
essere una comunità santa e sa che ogni coppia è parzialmente responsabile di
quella santificazione e non prenderne atto andrebbe a scapito dell’intero gruppo.
È certamente vero che ogni coppia inzia da un punto, ha delle difficoltà, un ritmo
proprio, delle capacità, dei “talenti”. Non c’è nessuno che sia migliore degli altri,
come è vero che non c’è nessuno che non possa mettere a frutto ciò che ha
ricevuto.
Perchè il momento della compartecipazione è tanto difficile?
- In primo luogo perchè quando, in riunione, condividiamo i punti concreti di
impegno, ci rendiamo conto delle nostre debolezze, delle nostre mancanze, del
ripetersi delle nostre omissioni e questo fa male ed è difficile da accettare. Dire a
voce alta riunione dopo riunione, “non l’ho fatto”, “non abbiamo avuto tempo”,
“l’ho tenuto presente però...”, ci mette di fronte alla differenza che c‘è tra quello
che diciamo e quello che in realtà facciamo, la distanza che media tra le parole
sofferte e quello che è il tessuto reale della nostra vita.
- La seconda cosa che accade è che ci sbagliamo nel porci le domande e le risposte
della Compartecipazione. Invece di “abbiamo fatto” o “non abbiamo fatto”, che
può essere seguito da un silenzio indifferente o addirittura di disapprovazione da
parte degli altri , dovremmo formulare le domande che contano, quelle che vanno
a fondo e che ci spingono a parlare della verità profonda.
Vi riportiamo quindi alcune domande possibili.
- Ascoltare la Parola non è solo leggerla, è qualcosa di più, è assaporare, leggere
tra le righe, come si legge una lettera d’amore. Cosa ho soperto a proposito di
Cristo ascoltando la sua Parola? Che tipo di risposta ha provocato in me? Quella
Parola ha illuminato qualche aspetto della mia vita questo mese?
- La preghiera personale è un incontro dialogico IO-TU, non è un incontro con se
stessi. Come faccio a stabilire quel dialogo? In che momento del giorno? Che tipo di
preghiera faccio; lettura spirituale, con parole liturgiche, di petizione, di
meditazione... riesco a trovare il silenzio dentro di me?
- Ci viene detto che la preghiera coniugale è un incontro tra “marito e moglie”. Ci
rendiamo conto che la cosa più importante nella preghiera di coppia non è tanto la
preghiera in sè, quanto il dirigersi insieme al Signore, anche se fossimo amareggiati
o distanti, affinché dia vita alle grazie del nostro sacramento? Che metodo
utilizziamo? Questa preghiera riesce a risanare le nostre ferite?
- Il dovere di sedersi è un dialogo, quindi entrambi parlano e ascoltano, ed è un
dialogo vero, in cui ognuno si sforza di non manipolare o ingannare l’altro. Che
segno utilizziamo come presenza di Dio? Ci è stato possibile comunicare con l’altro
e incontrarci? Ci siamo sentiti accolti dall’altro? Siamo capaci di riconoscere la
nostra parte di colpa negli argomenti di discussione? Ci siamo anche detti qualcosa
di bello? Che passi in avanti abbiamo compiuto?
- La regola di vita è un lavoro personale di ricerca della verità che deve portare
beneficio agli altri. Su che punto della mia personalità ho lavorato nella regola di
vita? Come l’ho scelto? Che indizi mi hanno portato a riconoscerlo? Gli altri membri
dell’équipe mi potrebbero aiutare a vedere più chiaramente la mia regola di vita?
- Nei ritiri spirituali, più importante del sacerdote che li prepara, siamo noi, il
nostro comportamento di riflessione e di incontro e, per questo, bisogna dedicargli
il tempo necessario. Negli ultimi ritiri, cosa abbiamo scoperto sulla volontà di Dio?
Da che elemento siamo stati colpiti maggiormente? Con che sentimenti abbiamo
portato a termine il ritiro?
Basterebbe che in ogni riunione, ogni coppia, si attenesse solo a una delle
domande formulate su quel Punto Concreto che, quel mese, è stato fonte di
scoperta di verità, motivo di incontro o indicazione della volontà di Dio. Il resto
dell’équipe ascolta quello che ogni coppia ha da dire, con mente e cuore aperti,
con sguardo attento e comprensivo, con postura attiva e accogliente.
4- L’IMPEGNO E LA GRAZIA
Voi, qui presenti, siete coppie di paesi diversi e con diverse culture; coppie con
pilotaggio recente che si scoprono a vicenda gioisamente nelle riunioni d’équipe,
coppie che hanno superato il disincanto della routine con creatività e che man
mano si formano, creando una sempre maggiore amicizia tra di loro, con una vita
familiare piena, coppie che prestano servizio nel Movimento, o impegnate nella
Chiesa, coppie che rimangono fedeli ed unite nonostante gli anni passino, coppie
che hanno accompagnato i loro membri d’équipe nel loro passaggio ad una nuova
Vita, vedove e vedovi che si sentono membri dell’équipe in cui l’altro continua ad
essere misteriosamente presente, e consiglieri amici, compagni e maestri. Essendo
vicini alla realtà coniugale, avete potuto comprendere che l’insegnamento della
Chiesa deve tener conto, non solo delle necessità delle coppie, ma anche di quello
che loro scoprono sul loro amore, la loro spiritualità e il loro sacramento. Uniti,
consiglieri e coppie, riusciamo ad ottenere una maggiore fecondità spirituale.
Vogliamo condividere con voi l’immagine che abbiamo scelto per il cammino della
nostra stessa équipe.
“Siamo sei coppie e un celibe. Ci siamo imbarcati perchè tutti noi volevamo arrivare
a quell’”altra riva” che si intravede da lontano, all’orizzonte. Non sappiamo molto
di navigazione, né di apparecchi di navigazione, ma viaggiamo con gioiosa
speranza e con un po’ di incertezza. Il lago brilla come una promessa. Al momento
non c’è nebbia, e il sole splende, ma intuiamo che non sarà sempre così, che ci
saranno giorni di nebbia, di temporale, di tormenta. Vicino a noi ci sono altre
barche, anche loro si preparano, come noi, per la traversata.
Ci hanno detto che, anche se non lo vediamo, un timoniere ci accompagna. Ci
hanno parlato del suo amore per quelli che viaggiano, e ci hanno detto che
quell’amore ci garantisce la consolazione della sua presenza. Questo non ci
dispensa dal guardare con attenzione la mappa, dal controllare che gli strumenti
funzionino, dall’usare le vele, dall’assegnare, a ognuno di noi, un compito per la
navigazione, a seconda delle nostre qualità.
Qual è il nostro obbiettivo? Vogliamo viaggiare insieme, su questa piccola
barchetta, e raggiungere “l’altra riva”, che porta anche il nome di Verità, e che
tanta gente cerca di raggiungere. Ognuno di noi, si è man mano reso conto del
fatto che, anche se si tratta dell’unica Verità, si è talmente sparsa sul territorio,
quando arrivò sulla terra, che non riusciremo a scoprirla tutta se la cerchiamo da
soli. Comminando insieme agli altri, quegli altri ci fanno da specchio, e il loro
riflesso ci restituice la nostra verità accolta, arricchita di sfumature, completata.
Sulla nostra barchetta, Luis fa domande sulla mappa, su cose che nessuno mette in
dubbio , Pilar gli fa da contrappeso perchè è più realista. Margarita appoggia i
movimenti di Guillermo e Guillermo appoggia quelli di Margarita e così i due
bilanciano il peso. Antonio e Amparo orientano la vela perchè raccolga quanta più
aria possibile. Mercedes canta e prepara il pranzo e Alvaro scruta l’orizzonte col
binocolo. Paco e Maiju sostengono l’albero maestro perchè non arrivi in testa a
nessuno. Trini e Juan, che si sono aggiunti alla nostra ciurma, ci sostengono.
Federico, Carlos, Jovi controllano l’andatura e animano il viaggio.
Il tempo passa e, via via, iniziamo a percepire che quell’”altra riva” altro non è che
l’oceano che si perde nell’infinito e, allo stesso tempo, scopriamo che la Verità è
l’Amore, che la Verità è la Fede e che la Verità è la Speranza. E per andare verso
quella Verità, che si fonde con il mare, ci rimettiamo in viaggio, con il cuore acceso,
e vediamo, dai quattro punti cardinali, molte altre barche che si avvicinano.
Questa è più o meno la storia della nostra équipe, che naviga da 46 anni e che si
propara a fare rotta verso l’eternitá”.
Non scoraggiamoci se non riusciamo ad assimilare i comportamenti proposti dai
Punti Concreti Di Impegno. Chiaramente non è facile, ci manca il tempo e
l’assiduità, siamo due e così diversi... In più chiediamo troppo all’amore coniugale,
e ogni realtà umana è ferita dal peccato fin dalle sue radici. Ci apettiamo anche
troppo dall’altro, che è una persona limitata, come noi.
Passano gli anni e i risultati sono pochi, ma restiamo a galla come la barchetta di
cui abbiamo parlato prima; navighiamo e ci lasciamo trasportare, ci sforziamo e
rimaniamo sull’attenti. La cosa importante è che continuiamo a lavorare essendo,
allo stesso tempo, aperti, flessibili, malleabili. Aspettare non significa rimanere
inattivi, significa avanzare perchè sappiamo che ciò che cerchiamo deve ancora
arrivare. E può arrivare in modo inaspettato e totalmente immeritato. Non si vince
il fatto che il Signore ci faccia vivere della sua Vita a forza di sacrifici. Solo la Sua
Grazia lo rende possibile.
Dio misura il tempo in maniera diversa da come lo misura l’uomo. Un mometo di
grazia, a noi, può sembrare molto corto comparato con la durata di una vita. Per
Dio un istante di grazia può avere valore eterno. Ciò che è importante, è che, prima
o poi, nella nostra vita, riusciremo ad accettare la Sua grazia e, sostenuti
nell’attesa, finalmente ci lasciamo amare da Lui.
Ricordiamoci della storia dell’eremita che aveva avuto un sogno in cui si trovava di
fronte alla porta di bronzo del Paradiso e, nel desiderio di incontrarsi con il Signore,
gridava e gridava con violenza, ma la porta non si apriva. Gridava, spingeva con
tutta la sua forza quella porta che rimaneva chiusa e, alla fine, si addormentò,
come il cane che aspetta sulla porta del padrone. All’improvviso, fu svegliato da un
raggio di luce. La porta si stava aprendo dall’interno, verso l’esterno. Spingendola
con tutte le sue forze le aveva solo impedito di aprirsi. Invece, mentre dormiva, il
Signore aveva aperto la porta verso l’esterno, con delicatezza, per uscire e
incontrarsi con suo figlio, e forse per dirgli: “se ogni tanto mi lasciassi essere il
protagonista, io ti darei con dolcezza, senza che tu te lo aspetti, tutto ciò che cerchi
con tanta tenacia”.
5- QUALSIASI DONO È UNA VOCAZIONE
Padre Caffarel, il 25 marzo 1973 in una conferenza per i responsabili di settore
nella quale annunciava il suo ritiro dalla responsabilità nelle END, e rifletteva sul
suo futuro, disse due cose che noi riteniamo essere essenziali:
in primo luogo, che nessun Movimento si può rinnovare se non rimane fedele al
carisma d’origine, se non ritrova il suo dinamismo interno, l’impulso
dell’entusiasmo iniziale. Tutto ciò va anche applicato alla riflessione sulla
pedagogia.
In secondo luogo, che la grande domanda è stata fin dall’inizio: “ cos’è l’amore?”.
Non ci sono due amori. Se conosciamo meglio l’amore umano, potremo conoscere
meglio l’amore di Dio e viceversa. “Penso,” disse Padre Caffarel in questa
conferenza, “che questo meditare sull’amore non si debba mai interrompere perchè
è l’unica realtà che esiste; Dio è Amore, l’uomo è amore. Se ci poniamo al di fuori
dell’amore non potremo comprendere nulla”.
Ciò che riceviamo nelle END è un dono; il dare un valore all’amore umano, alla sua
spiritualità, alla sua pedagogia, alla possibilità di formarci, di pregare e di aiutarci a
vicenda nell’équipe, la testimonianza e il servizio delle altre coppie, l’amicizia, la
preparazione ed il tempo dei consiglieri...
Le cose che ci sono state date gratuitamente sono talmente tante che quando uno
ci pensa resta sorpreso dalla responsabilità. Niente di tutto ciò può rimanere
sepolto in noi stessi né nel piccolo gruppo incontaminato dell’équipe. Infatti, per il
suo stesso dinamisno, qualsiasi dono tende ad espandersi, a comunicare, perché
qualsiasi dono è una vocazione, una chiamata, una missione.
Non c’è nessuna eccezione. Siamo chiamati ad ESSERE, nella maniera più profonda
possibile, e a integrare ciò che siamo; spiritualità ed impegno, contemplazione e
azione, coppia e mondo, piccola comunità e Chiesa universale, chiamata e risposta.
Se all’inizio del cammino del Movimento tutto ciò era molto chiaro, e si è ripetuto
con diverse formule per tutta la storia delle Équipe, ora ci troviamo in un momento
di urgenza. Per questo l’orientamento di questo incontro di riassume in due verbi
di azione all’imperativo “cammina e fai”. Il soggetto è un pronome personale di
seconda persona singolare, “tu”, e ci interpella direttamente, “tu”, ognuno, ogni
coppia. Quello che ci viene proposto è di fare “la stessa cosa” che fece il
samaritano per il ferito sulla strada, “la stessa cosa” con i tanti “feriti” che
incontriamo nella nostra vita. Specialmente per i “feriti nell’amore coniugale”. “La
stessa cosa”, è tutto ciò che non era programmato, che però risulta inevitabile, è
ciò che l’amore detta, anche se rappresenta un rischio, ciò che non tiene da conto
le giustificazioni proposte dalla ragione, ciò che si vede e impegna solo se ci si lascia
muovere a compassione.
Cari amici, vicini l’uno all’altro, dandoci forza a vicenda, solo a partire da una
spiritualità più profonda e vera, potremo fare “la stessa cosa”.
Alvaro e Mercedes Gómez-Ferrer Lozano