affondo di berlusconi: niente tasse sulle
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affondo di berlusconi: niente tasse sulle
d’Italia AFFONDO DI BERLUSCONI: NIENTE TASSE SULLE COMPRAVENDITE PER 6 MESI ANNO LXII N.284 Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Franco Bianchini «Ridurre le imposte, meno tasse, meno tasse, meno tasse su famiglie, lavoro e imprese. Serve una rivoluzione fiscale. Serve una Flex Tax con aliquota al 20% per avere un risultato positivo e accettabile. Questa tassa può produrre meno tasse per le famiglie. E poi niente imposte sulle compravendite per sei mesi». Lo ha detto Silvio Berlusconi in collegamento telefonico a un’iniziativa dei club Forza Silvio a Palermo. La flex Tax comporta meno evasione fiscale è una proposta già sperimentata in 38 Paesi. Anche la Lega è d’accordo e finalmente ha cambiato idea», ha aggiunto. Berlusconi: al lavoro per il rilancio del partito «Forza Italia dovrà tornare a essere una forza viva tra la gente presente in tutti comuni per dare vita a una rifondazione di Forza Italia che dovrà aderire alle campagne che metteremo in campo WWW.SECOLODITALIA.IT per le prossime elezioni nazionali. Sto lavorando per tornare che sia doveroso ritornare a occuparci a tempo pieno del nostro Paese», ha spiegato il Cavaliere. «Forza Italia dovrà cominciare a lavorare facendo la stessa quantità di lavoro che avevamo destinato ai club. In Italia siamo arrivati ad avere 1.200 club funzionanti; in quasi tutte le realtà locali si sono creati dei contrasti tra gli azzurri di Forza Italia e gli azzurri del club. Dopo aver fatto molti approfondimenti abbiamo deciso che le missioni affidate ai club siano prese in capo direttamente da Forza Italia e dagli azzurri di Forza Italia che devono interessarsi dei temi che oggi la situazione impone: ci sono sempre piu’ persone licenziate e famiglie che non arrivano alla fine del mese. Abbiamo la possibilità di dare una mano a chi ha bisogno– ha concluso Berlusconi – poi ci sono le vittime della giustizia e chi è stato ingiustamente condannato dalla magistratura». I talk show sono ormai inguardabili, la stampa ostile «Abbiamo a che fare con una stampa ostile, le televisioni sono diventate inguardabili con tutti questi domenica 7/12/2014 spettacoli di approfondimento dove la gente si parla uno sull’altro e non si capisce niente. Non so voi io non riesco più a guardare nessuno. Per le prossime elezioni dovremo mettere in campo dei contatti personali», ha sottolineato Berlusconi. «Dobbiamo andare a individuare gli indirizzi, gli orientamenti politici degli elettori e questo è una cosa facile, perché il numero è basso – ha aggiunto – Verificare chi ha votato, chi non ha votato e chi non ha intenzione di votare. C’è un esercito di elettori fatto da 25 milioni di persone deluse dalla politica dai politici e rassegnate». Povero Natale: 6 milioni di italiani senza doni. E arriva la stangata Tasi… Guido Liberati Nel 2014 solo un italiano su due (51%) ce la fa ad arrivare a fine mese, mentre il 36% non riesce a superare la terza settimana e il 13% la seconda. Lo rileva la Confesercenti sulla base di un sondaggio in vista del Natale. Sette anni fa la quota di italiani che poteva contare su un reddito sufficiente per tutto il mese era del 64%. La crisi rallenta anche la corsa ai regali di Natale: la quasi totalità degli italiani (il 96%) non rinuncerà almeno all’acquisto di un dono, ma il 13% – oltre 6 milioni di persone circa – non comprerà nessun regalo per sé o per la famiglia, ed il 71% opterà invece per un regalo utile. Secondo la ricerca, a risentirne anche il tradizionale simbolo natalizio: negli anni della crisi l’albero di Natale si è accorciato in media di mezzo metro e oggi la maggioranza degli abeti acquistati dagli italiani hanno una altezza inferiore al metro e mezzo e in molti casi non superano neanche il metro. Tasi più cara dell’Imu per il 53% degli italiani A condizionare i consumi natalizi, quest’anno, anche l’incombenza dei pagamenti fiscali. La Tasi e l’Imu busseranno insieme alla porta degli italiani. Il conto alla rovescia è iniziato: il pagamento del saldo delle due imposte dovrà essere fatto entro il 16 di dicembre. Come sempre accade con una imposta ”municipale” l’impatto sarà differenziato da zona a zona ma – secondo una ricerca della Uil – una famiglia su due pagherà per la Tasi un conto più salato della vecchia Imu. «È vero che il costo della Tasi sulla prima casa sarà complessivamente un po’ più basso dell’Imu – afferma uno studio elaborato dal Servizio Politiche Territoriali della Uil – ma la distribuzione della nuova tassa è meno equa». Dall’elaborazione emerge che 53,5% dei contribuenti pagherà un conto più salato. Il costo medio sarebbe di 156 euro, che sale e 197 euro per i capoluoghi. Il salasso di Fassino ai torinesi La città più cara è Torino dove si paga 403 euro seguita da Roma (391), Siena (356) e Firenze (346). Olbia e Ragusa sono i «paradisi fiscali» nel mondo Tasi con un’aliquota zero. Qui non paga nessuno proprietario di prima casa. Sempre secondo la Uil, «pagherà un po’ di più chi prima era esente o pagava cifre basse e pagheranno molto meno i proprietari di quelle abitazioni con rendite catastali elevate». A determinare le maggiori sperequazioni sono le molteplici variabili che incidono sul calcolo della cifra da pagare a cominciare dalle aliquote (si varia dall’aliquota zero di Olbia e Ragusa ai 3,3 per mille di città come Torino, Bari, Catania o Como), su queste intervengono poi le almeno 100.000 combinazioni di detrazioni nelle quali la fantasia dei Comuni si è sbizzarrita. Alla fine, a Bari (con aliquota al 3,3%) una prima casa con rendita catastale di 450 euro ma di proprietà di una famiglia con reddito dichiarato Isee di 10.000 euro, non paga la Tasi mentre una famiglia con lo stesso tipo di casa e di reddito Isee a Belluno, dove l’aliquota è del 2,5 per mille, pagherà 189 euro. La Rai e l’intervista-soft a Buzzi : «Siamo conosciuti, vinciamo le gare…» 2 Paolo Lami Dalla sponsorizzazione dei pannoloni Fater alla sviolinata sulla Cooperativa 29 giugno. Chissà chi chiese al mezzobusto Rai Franco Di Mare, quel 10 marzo scorso, di mettere in scena un altro teatrino, questa volta davanti alle telecamere de “La vita in diretta“, dove si inventò narratore di «un’Impresa Speciale», cioè quella cooperativa 29 giugno che oggi, si scopre, prendeva lavori smazzettando tangenti a destra e a manca. Così, con toni alti e aulici, quel giorno, l’inconsapevole Franco Di Mare, presenta ai telespettatori la Cooperativa 29 giugno e il suo dominus Salvatore Buzzi: «Oggi la storia che vi vogliamo raccontare è una storia speciale, la storia di una cooperativa che riesce a dare lavoro, in un periodo di crisi come questo, a persone con disagi mentali, donne in difficoltà ex-detenuti, immigrati…». Come riesce a dare lavoro in tempi di crisi la cooperativa 29 giugno fatturando 40 milioni di euro, oggi lo sappiamo grazie a un’inchiesta. La Rai celebra e santifica Buzzi a spese dei contribuenti Quel 30 marzo scorso negli studi della Rai, c’è un incravattato Salvatore Buzzi che, sprofondato in una poltrona candida, gongola di fronte alle parole entu- Secolo d’Italia siastiche del conduttore. Condite dagli applausi di una clacque ben istruita mentre le telecamere stringono su una foto dei lavoratori della coop 29 giugno, chi con una ramazza, chi con uno scopettone, chi su una macchina per pulizie industriali. Il claim è veramente aziendalista: «una storia comune per gente speciale», recita la giornalista mentre scorrono le immagini dei lavoratori della coop 29 giugno impegnati nei vari appalti: dalla pulizia dei piazzali dell’Auditorium alla raccolta porta a porta dei rifiuti su via della Conciliazione, dallo sfalciamento del verde pubblico romano dell’Eur (l’ex-ad di Eur Spa, Riccardo Mancini, è ora in carcere per l’inchiesta su Mafia Capitale) alla pulizia di vasche e laghetti dello zoo della Capitale, soprannominato più prosaicamente Bioparco, fino alla pulizia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. «Quando il riscatto arriva attraverso il lavoro», scorre la scritta a «dimostrazione – sottolinea la giornalista de “La vita in diretta” – che impresa e solidarietà possono convivere…». La puntata è, in realtà, una vera e propria “ospitata”di Buzzi, la celebrazione e la santificazione pubblica e a spese dei contribuenti di questo personaggio che andava a bussare a tutte le porte non solo per pretendere lavoro per promettere tangenti Buzzi corteggiava anche i parlamentari Pd: «Amici miei…» Laura Ferrari Meno tre. «Ozzimo,Coratti e Patanè si sono autosospesi dal Pd. Li ringrazio e gli auguro di riuscire a dimostrare la propria estraneità a questa storia». Lo annuncia su twitter Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, chiamato a fare pulizia nel partito a Roma dopo la bufera dell’inchiesta Mafia Capitale che ha scosso l’intero arco politico con ramificazioni da destra a sinistra. Ma a quanto pare, secondo quello che emerge dall’inchiesta, il lavoro di Orfini è apena all’inizio… Le pressioni di Buzzi sui parlamentari Pd Pressioni su alcuni deputati del Pd – tra cui Micaela Campana e Umberto Marroni – per ottenere un’interrogazione parlamentare sull’appalto su un centro rifugiati bloccato da un giudice del Tar del Lazio. La gara era stata vinta da una coop della holding di Mafia Capitale. È questa la storia raccontata nell’informativa del Ros depositata agli atti dell’inchiesta di Roma. Nonostante le pressioni l’interrogazione non fu mai presentata. Nel settembre 2013 il Consorzio Eriches di Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati, vince la gara per la gestione del Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto, vicino a Roma. «L’offerta del Consorzio veniva ritenuta anomala per l’esiguità del prezzo», scrivono i carabinieri, ma le verifiche danno esito positivo e il contratto di due anni viene firmato. L’azienda francese Gepsa, che gestiva il Cara, fa ricorso al Tar e la gara viene sospesa. A quel punto la “cupola” si muove per screditare il giudice che ha firmato il provvedimento, Linda Sandulli, insi- ma anche per fare marketing di sè stesso e della sua creatura. «Partita con un capitale di 140.000 lire, a distanza di 30 anni la cooperativa conta più di 900 lavoratori», spiega la speaker della Rai mentre scorrono le immagini di Buzzi fra i “suoi” lavoratori intento a ciancicare una gomma con una certa soddisfazione da vero american self made man. Immancabile l’intervista buonista all’immigrato: «la Cooperativa mi ha dato un’alternativa». Alternativa che pagavano, appunto, salata, i contribuenti, romani e non, attraverso le tangenti che Buzzi elargiva, soldi invariabilmente caricati su costi complessivi degli appalti. La chiusura del servizio è veramente un servizietto coi fiocchi: una foto di “famiglia”, un gruppo di lavoratori della coop 29 giugno soddisfatti e sorridenti seduti tutti insieme su una panchina. Immancabile parte l’applauso a comando della claque. L’assist politically correct: dottor Buzzi, ci vuole coraggio… «Questo Paese noi ne parliamo sempre male, dottor Buzzi, però è un Paese pieno di iniziative del genere…» – incalza il conduttore rivolgendosi a Buzzi «però ci vuole anche coraggio…». L’assist è fantastico, l’apoteosi del politically nuando che “avrebbe quote in una società che fa manutenzione al Cara”. Buzzi cerca di ottenere un’interrogazione parlamentare dai deputati Campana – ex moglie dell’assessore del Campidoglio Daniele Ozzimo, indagato e dimissionario – e Marroni (Pd). “Amici miei” dice Buzzi. Nell’informativa è citato anche il deputato Pd Fabio Melilli, segretario del Pd Lazio: Buzzi, si legge nell’ordinanza, era sicuro “che l’interrogazione sarebbe stata presentata probabilmente anche a firma Fabio Melilli”. L’interrogazione viene preparata ma non verrà presentata, spiega il segretario di Campana a Buzzi, “perché bloccata dal sottosegretario”. La cena dei mille euro nel mirino del M5S «La rovente e velenosa polemica esplosa tra Francesco Boccia e il tesoriere nazionale del Pd in merito alle cene di finanziamento del partito, e sulla presenza o meno tra i finanziatori di Buzzi, ci costringe a sollecitare il governo a rispondere ad una nostra interrogazione, pre- DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 correct: «C’è un mio amico – racconta Di Mare per passare la parola a Buzzi – che ha una gelateria in Sicilia e che assume persone che vengono dal carcere. E, al più difficile di queste persone, ha affidato la cassa. La sera trova un euro in più piuttosto che un euro in meno». La porta è aperta. E Buzzi ci si tuffa. Racconta, spiega, celebra se stesso e la sua cooperativa. Non spiega il segreto di come trova lavoro per la 29 giugno. Ma si intuisce che gli si spalancano magicamente tutte le porte. «Fare un lavoro del genere significa anche impegnarsi in una missione che non è detto che tutti colgano, io immagino che lei abbia dovuto superare più di una difficoltà…», gli torna sotto Di Mare. La sfacciataggine di Buzzi si manifesta in tutta la sua sfrontatezza: «…guardi noi abbiamo dovuto supera’ due tre difficoltà…però noi, oramai, c’abbiamo un nome conosciutissimo: “29 giugno” a Roma è sinonimo di cooperativa con i detenuti…siamo il primo operatore del verde su Roma, facciamo la raccolta differenziata per conto di Ama…». Non si capisce perché Ama, inzeppata di personale o il Comune di Roma, che ha un esercito di giardinieri debbano affidare i lavori all’esterno, alla cooperativa 29 giugno. O forse lo si capisce fin troppo bene. Fatto sta che la domanda, perfino ovvia, non arriva… Finalmente Buzzi, al quale è stato offerto gratuitamente da Di Mare questo straordinario palcoscenico che è “La vita in diretta“, spiega, con una faccia tosta fuori misura, come la cooperativa 29 giugno prenda i lavori: «…tutte cose che abbiamo conquistato piano piano andando sul mercato, facendo le gare…». sentata in tempi non sospetti, proprio sulla cena di finanziamento che il Pd organizzò a Roma. Rileggendola oggi quell’interrogazione è quanto mai lungimirante visto che con molta probabilità vi avranno partecipato anche i politici romani oggi coinvolti nell’inchiesta mafia capitale che a loro volta avranno portato finanziatori». Lo scrive sulla sua pagina facebook Emanuele Cozzolino deputato di M5S, che va all’attacco del premier e della sua corte, come già era accaduto ieri in Campidoglio. «Anche la sede dove la cena si è svolta, di proprietà di Eur Spa società partecipata al 90 per cento dal Mef qualche curiosità la suscita, se non altro per il costo dell’affitto del locale. Visto che tra i ministri interrogati c’è la ministra Madia lei ci potrebbe anche spiegare perché dopo aver parlato su di un barcone sul Tevere di organizzazioni a delinquere interne non ha poi denunciato i suoi sospetti alla magistratura e si è presentata ad una cena in cui forse c’erano quegli stessi politici e sponsor che lei aveva definito così duramente…». La Moschea? “Chiusa, è pericolosa”. I migranti? “Parlino la nostra lingua” DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 Secolo d’Italia 3 Francesco Signoretta In Italia non si può nemmeno far polemica sulle prediche “violenti” che vengono fatte nelle moschee: c’è sempre chi è pronto a intervenire dicendo che vietarle sarebbe da intolleranti e chiudere la struttura sarebbe da razzisti. Ma qualcosa comincia a muoversi, in altri paesi c’è finalmente chi ha il coraggio di opporsi alla vulgata della sinistra, La Moschea chiusa: sospetto sostegno ai terroristi A Brema, nel nord della Germania, la polizia ha chiuso una moschea da cui sospetta provenisse sostegno per i jihadisti dello Stato islamico (Isis). Lo rende noto il governo della città-Land. La decisione è stata decisa dopo una perquisizione ed è stata estesa anche ad un’associazione ad essa legata, il Circolo della cultura e delle famiglie dei salafiti (Kuf), che si ritiene facesse propaganda per l’Isis, fa sapere il ministro dell’interno del Land, Ulrich Maeurer. La sede dell’associazione è stata perquisita insieme a 17 appartamenti. «Non c’è alcuna tolleranza» per questo ge- nere di associazioni, ha dichiarato Maeurer, per impedire attentati in Germania e reclutamento di jihadisti da inviare a combattere in Siria o Iraq. Secondo una nota delle autorità del Land di Brema, nelle prediche tenute nella mosche si incitava a considerare i jihadisti in Siria come dei “modelli” da imitare. Gli immigrati? “Devono parlare la nostra lingua” Gli stranieri che vogliono vivere a lungo in Germania dovrebbero parlare solo tedesco anche in casa, tra di loro. È l’ultima proposta della Csu, «Chi vuole vivere qui per un lungo periodo deve essere esortato a parlare tedesco non solo negli spazi pubblici, ma anche in famiglia», è scritto in un documento che sarà discusso nel congresso di partito alla fine di novembre. Già in passato la Csu aveva raccolto il malcontento popolare nei confronti dei migranti, accusati senza mezzi termini di abusare della generosità dello stato sociale tedesco. Oggi la Cdu, considerato l’alto numero di rifugiati accolti in Germania, intende spingere il governo a chiedere all’Europa un programma di aiuti miliardario. Intanto, però, la proposta di invitare a usare esclusivamente la lingua tedesca rivolta agli stranieri ha raccolto un’ondata di critiche, anche sarcastiche. Dopo il Crocifisso, il presepe: la sinistra “in lotta” dall’Italia alla Francia Girolamo Fragalà Non c’è solo il caso della scuola di Bergamo, dove il preside – nonostante le proteste – continua ostinatamente a insistere che il presepe «crea divisione». Come se fosse una strategia studiata a tavolino, si diffonde a macchia d’olio la crociata contro i simboli della religione cattolica, non solo in Italia ma anche in Europa. Una sorta di passaparola aiutata dall’ideologismo della sinistra. Prima contro il Crocifisso nelle aule e nei luoghi pubblici, poi contro il Natale, poi ancora contro la capanna con il bue e l’asinello. Tutto fa notizia, tutto fa brodo. Niente pastori, niente Re Magi Torna puntuale la polemica sui presepi in Francia, che vede opposti i fautori delle radici cristiane della Francia – che vorrebbero vedere la tradizione bene in evidenza negli edifici pubblici _ e i difensori del laicismo di Statp, che si dicono indignati dall’esposizione do quello che giudicano un retaggio religioso. A dar fuoco alle polveri è stata una decisione giudiziaria: chiamato in causa dalla Federazione del libero pensiero, il Tar di Nantes, nell’ovest, ha ordinato al Consiglio regionale della Vandea – la terra più ancorata alle antiche tradizioni cattoliche in Francia – di smontare il presepe che, come ogni anno, aveva esposto nell’ingresso della propria sede. Pur di vietare il presepe, si pesca una legge del 1905 Il Tar si è basato su una legge del 1905, che sancì in Francia la separazione fra chiese e stato. Il consiglio regionale, presieduto da Bruno Retailleau (la destra dell’Ump) ha annunciato ricorso. È un sindaco molto popolare, Robert Menard (Front National di Marine Le Pen), già fondatore di Reporters sans Frontieres, che nella sua Beziers (nel sud) si è opposto alla sentenza decidendo di mantenere il presepe in municipio. Ma le associazioni lo hanno già minacciato di ricorrere anche al Tar locale per far rispettare la “laicità repubblicana”. I conti di Renzi in odore di “spazzatura”: ecco cosa rischiano i nostri risparmi Secolo 4 Luca Maurelli Il tanfo della spazzatura si inizia ad avvertire anche dalle finestre di Palazzo Chigi. I conti di Renzi non piacciono ai ragionieri di bocca buona, quelli che non si fidano dei suoi annunci. Fino a qualche mese fa le agenzie di rating erano autorevolissime e ogni qualvolta declassavano i conti italiani, com’è avvenuto frequentemente negli ultimi anni, era tutto un fiorire di allarmismi, indignazioni, mobilitazioni di tecnici ed economisti che ci prefiguravano un futuro da clochard con i nostri titoli pronti a trasformarsi magicamente in carta straccia. Oggi quel cassonetto dei rifiuti è vicinissimo ma al governo c’è Renzi, quell’ennesima bocciatura arrivata ieri dall’agenzia Standard & Poor’s viene trattata dai media come fosse un buffetto goliardico al premier con un invito, neanche troppo pressante, a fare le riforme e a ridurre il debito. Invece è uno schiaffone in faccia senza precedenti. Ci fossero stati al governo Berlusconi, Monti o Letta, a quest’ora forse saremmo con le file alle banche di gente che corre a ritirare i risparmi di una vita, allarmati da giornali, politici e speculatori pronti a cavalcare le difficoltà finanziarie italiane. Sia chiaro, al momento il pericolo di un default è lontano, ma fa paura quella improvvisa tendenza a mininizzare: “tanto tra poco variamo il Jobs Act, tanto stiamo per appravare l’Italicum, tanto ci sono gli 80 euro…”. Acqua fresca, per i mercati. Ma qui da noi la prima pagina le conquistano solo le promesse. È la stampa renziana, bellezza, direbbe Humphrey DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 d’Italia schio. Ecco perché quasi ogni settimana il governatore della Bce Mario Draghi è costretto a promettere ai mercati “operazioni non convenzionali” per sostenere il debito dei paesi in difficoltà. Bogart se fossimo a Casablanca. Uno schiaffone che fa male Quello di Standard & Poor’s è uno schiaffo che fa male, perché il downgrade – il declassamento del livello di affidabilità italiano – deciso dall’agenzia finanziaria statunitense porta il rating del nostro Paese quasi al livello “spazzatura”: BBB- da BBB. Solo un gradino più in alto del livello “junk”, quello che in italiano si traduce con “spazzatura”. L’outlook sulle prospettive economiche è invece “stabile” ma è una magra consolazione. Il verdetto di ieri sera, se da un lato fa rabbia per l’arroganza di certe valutazioni delle agenzie di rating (finite sotto inchiesta della procura di Trani), dall’altro deve farci riflettere sul modo in cui il governo affronta questa bocciatura. «Non è una bocciatura del Jobs Actı, si appresta a commentare Palazzo Chigi, ci dicono che le riforme vanno bene, ma che bisogna andare più veloci, che ci sono elementi buoni nelle riforme ma non tali da compensare il debito e risvegliare a breve l’economia». Contenti loro. Il buco nero del debito pubblico Standard & Poor’s spiega come a pesare sulla sua decisione sia stato un mix di preoccupazioni tra una crescita molto basa e un debito pubblico ancora enorme. «Secondo i nostri criteri – scrivono gli analisti dell’agenzia – un forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e da una bassa competitività non è compatibile con un rating BBB». E sulle riforme lo scetticismo è forte. «Prendiamo atto che il premier Renzi ha fatto passi avanti col Jobs Act», si spiega nel rapporto di S&P, “ma crediamo che le misure previste creeranno occupazione nel breve termine e i decreti attuativi” della riforma – si aggiunge – potrebbero essere ammorbiditi”. Cos’è un titolo “spazzatura” Li chiamano “junk bond” e sono quei titoli pubblici o privati che hanno un rendimento altissimo grazie a un gradi di affidabilità molto basso. Non è ancora il caso, per fortuna, dei bond italiani, quelli che lo Stato emette per finanziare la spesa corrente. Grecia e Cipro sono già nel “cassonetto”, l’Italia li sta avvicinando come livello di ri- Le consguenze del declassamento L’Italia ha il peggior debito dell’eurozona, il 106 per cento del pil, in valore assoluto oltre i 1.400 miliardi di euro- Molti altri paesi sono messi peggio di noi quanto a deficit, Francia e Germania in testa, ma hanno debiti intorno al 60 per cento del pil. Ecco perché il declassamento dei titoli italiani porta delle immediate conseguenze sugli interessi che tutti noi paghiamo, direttamente o indirettamente, grazie alla cinghia di trasmissione dei titoli emessi da enti o aziende pubbliche. A cominciare dalla Cassa depositi e prestiti che finanzia i nostri enti pubblici e le aziende controllate, che a lor volta saranno costrette a rivalersi, per il surplus pagato, sui servizi forniti ai cittadini, o tagliandoli o aumentandone i costi. Anche le banche, agganciate allo spread (per fortuna molto basso) ma soggette alle oscillazioni dell’economia nazionale, scaricano spesso i costi delle incertezze dei mercati proprio sui risparmiatori, avendo in portafoglio grandi quantià di titoli pubblici italiani, che dopo una bocciatira come questa perdono immediatamente valore. E i risparmi? Per ora sono sicuri. Ma l’ottimismo avventuriero di Renzi nøn farebbe stare traquilli neanche i lingotti del caveau della Banca d’Italia. Si è celebrato San Nicola, il Babbo Natale dell’Europa medievale Renato Berio Con la giornata dedicata a San Nicola, che si è celebrata ieri, si entra nel vivo del ciclo liturgico del Natale. San Nicola, il santo-vescovo venuto dall’Oriente, ha tutte le caratteristiche che si ritrovano poi nel più familiare Babbo Natale. Chi era Nicola di Mira? Era nato a Patara, nella Licia intorno al 270, figlio unico di una coppia facoltosa, si rese presto popolare per i suoi atti di bontà e di carità. Morì tra il 345 e il 352 e fu sepolto nella chiesa di Mira – l’attuale villaggio turco di Dembre – dove riposò fino al 1087quando i suoi resti vennero trafugati da alcuni marinai e trasportati fino a Bari, la città che ancora oggi venera quelle reliquie. La leggenda che lo avvicina alla missione di Babbo Natale, cioè di dispensatore di doni, è così riassunta da Alfredo Cattabiani nel suo Calendario: “Narra una leggenda che un vicino di casa, caduto in mi- seria, non poteva assicurare la dote alle tre giovani figlie, condannate così a non maritarsi, Allora Nicola gettò loro nottetempo attraverso la finestra tre palle o borse piene d’oro. Un’altra leggenda racconta che un oste criminale aveva tagliato a fettine e immersi in salamoia tre fanciulli del coro che la sera prima erano entrati nella locanda; ma Nicola li aveva fatti risorgere dai barili di salamoia e addirittura convertito l’oste”. Episodi, questi, che legano direttamente il santo ai fanciulli al punto che la festa di San Nicola è considerata un anticipo del Natale. Il vescovo di Mira diventa Santa Claus Il santo divenne poi popolare anche nell’Europa centrale e settentrionale dove il nome mutò in Santa Claus. Emigrato in America -spiega ancora Cattabiani – “il suo aspetto subì una metamorfosi: il mantello vescovile diventò un robone rosso orlato di pelliccia, la mitra un cap- puccio a punta. E con queste nuove sembianze è tornato in Europa come Babbo Natale: maschera-simbolo della frenesia laica che informa quello che un tempo era il memoriale della nascita di Gesù e oggi è per molti la festa principale del Consumo”. I Saturnali romani Eppure anche Babbo Natale racchiude in sé l’eco di feste precristiane come i Saturnali romani celebrati tra il 17 e il 23 dicembre: veniva nominato un rex Saturnaliorum che regnava per una settimana tra banchetti e giochi proibiti dando il via a un’inversione di ruoli che ricorda il Carnevale per cui gli schiavi si facevano servire a tavola dal padrone e potevano burlarsi di lui. Un allegro caos che era metafora dell’età dell’oro in cui appunto aveva regnato Saturno. Fallisce il blitz degli Usa in Yemen, ucciso il giornalista Luke Somers Secolo DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 Roberta Perdicchi Il blitz è fallito, l’ostaggio è morto. Luke Somers, il giornalista americano rapito da al Qaida oltre un anno fa nello Yemen, è stato ucciso nel corso di un raid delle forze americane e yemenite per tentare di liberarlo a poche ore dallo scadere dell’ultimatum lanciato da al Qaida giovedì scorso. Dopo un rincorrersi di notizie contrastanti con il ministero della difesa yemenita che parlava di “liberazione” mentre la sorella di Somers annunciava la sua morte, la conferma dell’uccisione è arrivata da fonti americane. Il drammatico appello in video “La mia vita è in pericolo, aiutatemi”, aveva detto in un drammatico appello il fotoreporter in un video pubblicato giovedì scorso dall’Aqap, il ramo yemenita-saudita di al Qaida. Immagini in cui i suoi sequestratori lanciavano un ultimatum a Barack Obama: il presidente Usa ha “tre giorni” per soddisfare le richieste del gruppo, d’Italia poi Somers “conoscerà il suo destino inevitabile”. L’appello di Somers, nato in Gran Bretagna e poi divenuto cittadino Usa, era preceduto dalle dichiarazioni di Nasser bin Ali al-Ansi, un comandante locale dell’Aqap, che attaccava gli Usa per i “crimini contro i musulmani” commessi “con i suoi aerei e i suoi droni” in Somalia, Yemen, Iraq, Siria fino in Sinai e Pakistan. Ed è stato proprio un raid oggi, in cui sono rimasti rimasti uccisi anche 10 sospetti membri di al Qaida, a mettere fine drammaticamente alla vicenda. I ripetuti blitz falliti Solo ieri il disperato appello della famiglia ai rapitori: «Abbiamo notato che avete avuto buona cura di Luke e lui sembra essere in buona salute. Vi ringraziamo per questo», diceva la mamma chiedendo di “mostrare pietà: per favore, permetteteci di vederlo ancora. “È tutto ciò che abbiamo”, le sue accorate parole. Mentre il Fuoco su Erdogan per il palazzo con 1150 stanze. E lui: «È del mio popolo» Roberto Mariotti Il palazzo della discordia sorge su una collina alla periferia ovest della capitale Ankara. È la nuova residenza presidenziale di Erdogan, che sta dividendo l’opinione pubblica in Turchia, suscitando clamore e perplessità. Occupa 150mila metri quadri di terreno, è costato un occhio della testa (non si sa esat- tamente il reale costo, c’è chi parla di 490 milioni di euro) che in tempi di magra fanno notizia. L’edificio è «adatto» per gli incontri con politici e capi di Stato, c’è un centro congressi, una residenza per gli ospiti, il giardino botanico e un parco. Enorme, supera la Casa Bianca, Buckingham Palace, il Cremlino. E 5 fratello di Luke spiegava: “È solo un fotoreporter, non è responsabile per nessuna delle azioni intraprese dal governo Usa». La famiglia assicurava di non sapere dei tentativi per liberarlo. Perché oltre a quello finito tragicamente stanotte – in cui sarebbe morto anche un altro ostaggio straniero, l’insegnante sudafricano Pierre Korkie – ce ne era stato almeno un altro, fallito, il 25 novembre, che aveva fatto infuriare i leader di Aqap. ci sarebbe anche un bunker antiatomico. Favorevoli e contrari I tradizionalisti sono favorevoli perché l’architettura richiama antichi splendori, con le colonne in marmo, lo stile ottomano del tardo medioevo, i lunghi corridoi e i pavimenti tirati a lucido. L’opposizione invece protesta, troppi soldi spesi, e incassa il sostegno degli ambientalisti. Erdogan però ha incassato il primo successo: nonostante gli inviti a non farlo, Papa Francesco è stato il primo ospite ad avere varcato la soglia del nuovo sontuoso palazzo presidenziale di Ankara. Erdogan non demorde e rilancia Il presidente turco ha difeso la controversa scelta di dotarsi di un enorme palazzo presidenziale e, nel farlo, si è vantato che le stanze dell’edificio di Ankara sono più numerose di quanto finora indicato dai media: non le già clamorose mille ma «almeno 150 in più». «L’opposizione critica la nuova dimora presidenziale», ha ricordato lo stesso Erdogan parlando a imprenditori a Istanbul. «Ma lasciatemi dire essa ospita almeno 1.150 stanze, non un migliaio come si dice in giro», ha aggiunto. Il capo di Stato ha difeso con veemenza la decisione di costruire il palazzo : «Non si fanno economie, quando si tratta del prestigio» di una nazione, ha insistito il presidente sottolineando che, del resto, «non è il mio palazzo, non è una proprietà privata: è del popolo, gli appartiene». Aggredirono Salvini, gli antagonisti occupano un altro palazzo a Bologna 6 Secolo d’Italia Carlo Marini Scontri e incidenti venerdì sera a Bologna, dove gli attivisti dei centri sociali hanno occupato un altro stabile. L’occupazione è avvenuta al termine di un corteo di un centinaio di antagonisti che ha attraversato il centro storico. L’edificio di cui ha preso possesso la protesta è in via Albiroli,a due passi da piazza Maggiore e vicino alla curia ar- civescovile. Nel gruppo c’erano anche attivisti di Hobo, il collettivo che il 29 novembre era stato sgomberato da uno stabile in via San Vitale e che avevano aggredito il leader della Lega, Matteo Salvini. Il palazzo occupato dal collettivo è di proprietà della parrocchia della cattedrale di San Pietro e dell’Istituto diocesano per il sostentamento del Laura Ferrari Deve restare in carcere con le accuse di estorsione e tentata estorsione il cameriere di 31 anni arrestato martedì scorso mentre cercava di incassare 90mila euro da Lapo Elkann, dopo averne ottenuti già 30mila, in cambio della non diffusione di un presunto video nel quale si vedrebbe il rampollo della famiglia Agnelli passare un pomeriggio con lui e con il fratello del giovane. Lo ha deciso il gip di Milano Stefania Pepe, che accogliendo la richiesta del pm Giancarla Serafini ha convalidato l’arresto in flagranza e disposto la custodia cautelare in carcere. Da quanto si è saputo, il cameriere ha spiegato che, dopo aver incontrato fuori da un locale di Milano Lapo Elkann “seminudo” un pomeriggio dello scorso aprile e dopo averlo accompagnato a casa sua assieme al fratello (indagato), sarebbe stato lo stesso Lapo a tirare fuori della cocaina che aveva portato con sé. E poi il fratello del giovane con un telefono cellulare avrebbe girato di nascosto delle immagini di quel pomeriggio. Lapo Elkann, invece, nella sua denuncia presentata in Procura avrebbe spiegato, da quanto si è saputo, che la droga era già in quella casa. Il rampollo della famiglia Agnelli avrebbe poi fatto avere al cameriere un pallone con gli autografi dei calciatori della Juventus, ma l’uomo non si sarebbe accontentato e avrebbe cominciato a chiedere soldi e a ricattarlo. Nel luglio scorso, il cameriere si sarebbe fatto consegnare 30mila euro da Lapo Elkann, attraverso il suo maggiordomo, consegnando in cambio il cellulare con il quale erano state girate le immagini. Nelle scorse settimane, poi, l’uomo avrebbe chiesto altri 90mila euro. All’appuntamento all’Hotel Four Seasons di Milano, però, sono arrivati anche gli investi- Ricattava Lapo Elkann con un video: in galera un cameriere milanese DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 clero. In precedenza la protesta del corteo si era rivolta contro Confabitare, associazione di proprietari immobiliari, la cui sede è stata imbrattata. Nelle stess ore, il sito del Comune di Bologna è stato “hackerato” ed è risultato a lungo non raggiungibile. Il gesto è stato rivendicato su twitter da Anonymous Italy, che ha dichiarato la propria solidarietà al collettivo bolognese: «La casa è di chi l’abita, è un vile chi lo ignora. Occupare è giusto». zione. È probabile quindi che, non appena arriveranno gli atti dalla Digos, la Procura chieda un sequestro anche per questo immobile, come è già avvenuto una settimana fa per quello di via San Vitale. Sull’allarme ordine pubblico è intervenuto anche Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare, la cui sede in via Marconi a Bologna – saracinesca e muri – è stata imbrattata venerdì sera dagli antagonisti. «Occorre – ha detto Zanni – un maggior confronto e un maggiore impegno da parte delle istituzioni Le associazioni dei proprietari immobiliari non sono mai state coinvolte su questo tema. Chi occupa le case vive nell’illegalità e contro costoro occorre il pugno duro e nessuna trattativa, determinazione e severità». Confabitare presenterà «a giorni a tutti i gruppi parlamentari e al governo la proposta di istituire il carcere per chi occupa abusivamente gli alloggi». gatori, che hanno arrestato in flagranza il giovane. Lapo Elkann, che in passato era stato già coinvolto in situazioni analoghe, dopo il secondo tentativo di ricatto, aveva presentato una denuncia in Procura. contengono taluni riferimenti a circostanze manifestamente false e non vere, quale il fantasioso accostamento a “stati di droga e autoerotismo”, attribuite dall’arrestato a Lapo Elkann nell’evidente tentativo di oscurare le sue accertate responsabilità». Per questo motivo, sottolinea il legale di Lapo Elkann, «nel rispetto delle impegnative indagini condotte dall’autorità giudiziaria e dall’Arma dei carabinieri proporremo comunque ogni ulteriore azione legale a tutela della persona di Lapo Elkann». Nella rivendicazione ironie su Papa Francesco La rivendicazione arriva anche sul web: «Lo stabile, abbandonato da tempo, è di proprietà della curia: del resto, non è papa Francesco ad aver dichiarato di essere dalla parte di “chi odora di lotta e di quartiere”? Ebbene, eccoci qua». «Attendiamo gli atti e poi agiremo di conseguenza», ha commentato il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, in merito all’occupa- Per il legale di Elkann sono “fatti falsi” L’avvocato Giovannandrea Anfora, legale di Lapo Elkann, in una dichiarazione all’Ansa ha precisato che «le notizie divulgate oggi da alcuni organi di stampa, per altro in palese violazione del segreto istruttorio, Musei colabrodo, Roma umiliata anche sull’arte: rubato “il bambino malato” Secolo DOMENICA 7 DICEMBRE 2014 d’Italia Valter Delle Donne È sparito nel nulla, venerdì pomeriggio, sotto gli occhi della vigilanza il “Bambino Malato” di Medardo Rosso, un capolavoro, stimato intorno ai 500 mila euro, che fa parte della collezione del museo della Galleria nazionale d’arte moderna. Un’opera che era in mostra in queste settimane inserita nel percorso della rassegna dedicata a Secessione e Avanguardia. L’allarme nel pomeriggio, dopo che gli addetti alla vigilanza si sono accorti della sparizione della piccola testa in bronzo. Erano le 16 e 30. La scultura rubata si trovava nella sala 48. Il sistema d’allarme era regolarmente in funzione, verrà spiegato poi agli inquirenti, così come le telecamere, puntate sulle opere in mostra. Chiamati dai custodi sono arrivati i carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, che hanno assunto il comando dell’indagine. E che a tarda sera si trovavano ancora nel museo, insieme con la direttrice Maria Vittoria Marini Clarelli per visionare i filmati delle telecamere e fare tutti gli accertamenti necessari cercando di ricostruire le modalità del furto. L’ultimo furto alla Gnam ri- 7 sale al 20 maggio del 1998 quando vennero rubate due tele di Van Gogh, “Il giardiniere” e “L’Arlesiana” e un Cézanne, il “Cabanon de Jourdan”. Tutte le opere verranno ritrovate il 6 luglio dello stesso anno. Ma per il Maxxi della Melandri i soldi ci sono Un furto clamoroso, ma per sotto certi versi annunciato. Esattamente un anno fa a lanciare l’allarme era stata la stessa direttrice Clarelli. A metà dicembre si era trovata senza bigliettai e custodi, costretti a vacanze – più o meno – forzate fino a fine anno per aver raggiunto il limite massimo degli straordinari effettuabili. Per garantire quindi la regolare apertura del museo, si erano messi a fare da custodi e bigliettai dirigenti e funzionari, compresa la direttrice. «Nessuna provocazione – aveva raccontato la dottoressa Clarelli alla rivista web Artribune – l’abbiamo fatto proprio per spirito di servizio, perché era necessario. Certo, non ci sfugge la valenza di denuncia che assume il fatto: i tagli hanno ridotto gli organici ben sotto i livelli minimi. Ma non ci scoraggiamo: prendiamo regolarmente servizio, io stesso già per 4 turni». La stessa Artribune faceva notare che «la Gnam sta all’Italia come il Whitney Museum sta agli Stati Uniti. È il nostro museo del Novecento… Dopo la cura-Clarelli, con un restauro e un riallestimento straordinario, il museo è bellissimo, ma ancora trascurato». La rivista faceva anche un parallelo con il Maxxi per il quale il governo guidato da Enrico Letta aveva stanziato cinque milioni l’anno lasciando solo le bricole per la Gnam. La differenza? Al Maxxi è stata piazzata l’ex ministra Pd Giovanna Melandri. Una differenza non da poco. Loris, la disperata rabbia della madre: «tutti contro di me, ridatemi mio figlio» Roberto Frulli Gli investigatori guardano e riguardano il puzzle che hanno faticosamente costruito. Le tessere che si sono andate incastrando e lo spazio vuoto di quelle che ancora mancano. Poche, per la verità. Sono convinti che oramai non ci voglia poi molto per completare il quadro. È questione di poco. Nessuno più crede davvero che il cacciatore Orazio Fidone, per atto dovuto per sequestro di persona e omicidio, abbia avuto un quache ruolo nell’omicidio e nella scomparsa di Loris Stival. Lui, dal canto suo, giura che se tornasse indietro rifarebbe tutto ciò che ha fatto. «Sono sereno – dice – lo rifarei». E assicura di «sentirsi più sollevato» anche se sostiene di «non aver mai avuto paura di restare impigliato» nella rete delle indagini. L’importante, per il cacciatore è che «i giornalisti separino i due fatti, il paese e quello che è accaduto, perché la nostra è una comunità sana». Anzi, si spinge a chiedere ai giornalisti di lasciare in pace il paese. E i bambini che soffrono per questa situazione. Il cacciatore indagato: rifarei tutto daccapo «Non è stato facile e semplice, soprattutto per la mia famiglia che sta soffrendo maledettamente, ma per fortuna le cose stanno finendo», dice Fidone. E chiede ai giornalisti «di non andare nelle scuole per non fare subire questo shock tremendo ai bambini creato da questa condizione mediatica. Agli investigatori auguro di venire a capo di tutto nel più breve tempo possibile». Certo la sua sensazione è che «siamo sulla strada giusta». E quella strada porta, invariabilmente, a uno scenario nel quale la madre del bambino sembra aver ruolo. Lei sembra non capire dove sta puntando l’indagine. Chiede solo di riavere il figlio per poterlo riabbracciare e seppellire. Ma non è ancora il momento. Mancano, appunto, alcune tessere del puzzle. Manca ancora lo zainetto del bambino. Elicotteri di polizia e carabinieri ieri mattina hanno sorvolato a lungo le campagne attorno a Santa Croce Camerina nella spe- ranza di individuare dall’alto il punto dove potrebbe essere stato gettato lo zainetto. E’ caccia allo zainetto nei dintorni del paese L’ipotesi degli investigatori è infatti che lo zainetto blu con le cinghie gialle sia stato gettato da qualche parte o dall’assassino o da qualcuno che potrebbe averlo aiutato. Invece le telecamere del paese hanno già “parlato”. E il verdetto è spietato con la madre del piccolo. Non ha mai accompagnato il figlio a scuola. Anzi, non è mai andata vicino a scuola del bambino. Questo è certo. Le telecamere non l’hanno mai ripresa. Nè hanno mai ripreso la sua auto, quella Polo nera che, invece, si vede passare a poche centinaia di metri dalla strada poderale che portaal Mulino Vecchio, lì dove, in un canzone, è stato poiritrovato il corpo del piccolo Loris. Gli orari, purtroppo, coincidono: l’ato transita davanti alla telecamera di un distributore di benzina e, poco dopo, scompare dietro una curva. Il me- Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO D’ITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Ugo Lisi (Vicepresidente) Antonio Giordano (Amministratore delegato) Italo Bocchino Antonio Tisci dico legale fissa in quelle ore la morte del bimbo. La madre non dovrebbe essere lì, nel suo racconto. Ma in tutt’altra zona, diretta al castello di Racalmuto perun corsodi cucina. Solo che il suo racconto non coincide. E, ora dopo ora, fa a pugni con quello che gli investigatori scoprono. «Io ho detto la verità, qui sono tutti contro di me», assicura Veronica Panarello. Si lamenta con i familiari di non essere creduta. Avverte che gli investigatori tornano sempre sugli stessi punti. Quel buco di 15 minuti nel racconto. La Polo che è dove non dovrebbe essere e non si vede passare dove, invece, dovrebbe passare. Le fascette di plastica. E quel segnosul collo del bambino. Fra i tanti accertamenti ce ne è uno, in particolare, dal quale gli investigatori si aspettano una svolta. Sono quelle forbici sequestrate a casa Stival e sulle quali i primi esami hanno rintracciato materiale organico. A breve gli esami diranno a chi appartiene. E se è compatibie con i graffi lasciati sul collo del bambino per tagliare la fascetta che lo ha soffocato. Direttore Editoriale Italo Bocchino Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Vicecaporedattore Francesco Signoretta Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250