PERSONALE E LAVORO GENNAIO 2015
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PERSONALE E LAVORO GENNAIO 2015
es e m p io tel.011.66.47.803 - [email protected] P INT AM o r m a z i o n e RES g g i o r n a m e n t o FOC E PER F SP A TUTTE LE AREE Rivista Personale e Lavoro © ISPER PERSONALE E LAVORO Rivista di cultura delle RISORSE UMANE 563 ANNO LI – N. 1 GENNAIO 2015 Luciano Pilotti Rischio, conoscenze e formazione nelle imprese del futuro Tra auto-riforma, mutazioni camaleontiche e nuovi saperi Claudio G. Cortese - Dario Cipolletti Fare reclutamento ai tempi del web: dall’e-recruitment al social recruitment RISORSE UMANE FOCUS A proposito di futuro e di reclutamento ISPER CORSO DANTE 124/A – 10126 TORINO PERSONALE 563 E LAVORO Rivista riservata alle Aziende Abbonate ai Servizi ISPER ANNO LI – N.1 GENNAIO 2015 COMITATO DI DIREZIONE Ing. Giancarlo BIANCHI Presidente AIAS Associazione professionale Italiana Ambiente e Sicurezza Prof. Avv. Sergio MAGRINI Professore Diritto del Lavoro Università di Roma Dr. ANTONIO MIGLIARDI Direttore Risorse Umane e Organizzazione Telecom Italia Dr.ssa Marella CARAMAZZA Direttore Generale Fondazione ISTUD per la cultura d’impresa e di gestione Dr. Massimo BOTTELLI Direttore Settore Lavoro, Welfare e Capitale umano Dr. Fabio CERCHIAI ASSOLOMBARDA Presidente ANIA Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici Dr. Franco PORRARI Membro del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza Dr.ssa Isabella COVILI FAGGIOLI INPDAP Presidente Nazionale AIDP Dr. Giuseppe DE RITA Presidente CENSIS Fondazione Centro Studi Investimenti Sociali Dr. Giuseppe ROMA Direttore CENSIS Fondazione Centro Studi Investimenti Sociali Dr. Giancarlo DURANTE Direttore Centrale ABI - Responsabile della Direzione Sindacale e del Lavoro Sen. Dr. Maurizio SACCONI Senato della Repubblica Prof. Franco FONTANA Direttore LUISS Business School Prof. Tiziano TREU Professore Emerito di Diritto del Lavoro Università Cattolica - Milano - Roma Prof. Michele LA ROSA Sociologo del Lavoro Direttore della Rivista “Sociologia del Lavoro” Coresponsabile CIDoSPeL - Centro internazionale di documentazione e studi sociologici sui problemi del lavoro Direzione e Redazione: ISPER - Corso Dante 124/A - 10126 Torino - Tel. 011.66.47.803 Internet: www.isper.org - E-mail: [email protected] Gli articoli sono originali ed inediti; riproduzione consentita ad aziende abbonate ai Servizi ISPER, citando: “da rivista PERSONALE E LAVORO dell’ISPER - Istituto per la Direzione del Personale” ed inviando due copie a ISPER - Torino. Protezione dei dati personali Egregio lettore di “Personale e Lavoro”, ai sensi della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali La informiamo che: i suoi dati personali, se non da Lei direttamente forniti, ci sono stati comunicati dall’azienda in cui opera al solo fine di informarLa sui servizi a cui ha diritto come cliente ISPER e riguardano esclusivamente l’ambito aziendale. I dati sono conservati su supporto elettronico al fine di inviarLe le comunicazioni di suo interesse in base alle indicazioni forniteci. Il conferimento dei dati ha natura facoltativa e il rifiuto a fornirli non ha altra conseguenza se non la mancata informazione sui servizi ISPER a cui può accedere o a cui ha diritto. Lei ha diritto a conoscere quali sono i dati trattati che La riguardano e a ottenerne l’aggiornamento, la rettifica, l’integrazione o la cancellazione facendo riferimento al titolare del trattamento di seguito riportato. Titolare del trattamento è ISPER Istituto per la direzione del personale - Corso Dante, 124/A - 10126 Torino - E-mail: [email protected]. I dati non saranno né comunicati né diffusi al di fuori dell’ISPER, le sole persone che ne verranno a conoscenza sono gli incaricati al trattamento dei dati, nell’ambito delle attività di gestione dei rapporti con i clienti. Autorizzazione Tribunale di Torino n. 1757 - 15 dicembre 1965 Iscrizione Registro Operatori di Comunicazione n° 4374 Un numero “curioso”? . Autori affini: docenti o ricercatori universitari. Titoli affini nella loro estensione “esplicativa”: - Rischio, conoscenze e formazione nelle imprese del futuro, tra auto-riforma, mutazioni camaleontiche e nuovi saperi; - Fare reclutamento ai tempi del web: dall’e-recruitment al social recruitment. Contenuti difformi, uno generale (il nuovo management) l’altro specifico (il nuovo reclutamento) ma affini nella logica. Che è quella inevitabile del cambiamento/innovazione e delle globalizzazione, informatizzazione, socializzazione, destrutturazione…. sue inevitabili cause: Un numero multiforme, ma “coerente” nell’approccio: temi attuali, ampi riferimenti concettuali, cospicui apparati bibliografici… E “curioso” per le prospettive che apre e le riflessioni che può suscitare. Ed anche per la “curiosità” delle notizie di Focus che lo completano. In questo numero Luciano Pilotti Rischio, conoscenze e formazione nelle imprese del futuro Tra auto-riforma, mutazioni camaleontiche e nuovi saperi Claudio G. Cortese - Dario Cipolletti Fare reclutamento ai tempi del web: dall’e-recruitment al social recruitment A proposito di futuro … e di reclutamento PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 3 Rischio, conoscenze e formazione nelle imprese del futuro Tra auto-riforma, mutazioni camaleontiche e nuovi saperi Luciano Pilotti Professore ordinario presso il dipartimento Economia, Management e Metodi Quantitativi, Università degli studi di Milano Queste note riflettono sulle forme delle nuove imprese nelle trasformazioni di lungo periodo che hanno mutato e stanno mutando figure imprenditoriali e manageriali consegnate dal fordismo e che separavano rischio e potere (proprietà e controllo) ben delineate da Berle e Means negli anni ’30 innervate in una economia fortemente “materiale”. Una trasformazione che oggi intacca le categorie stesse di organizzazione, controllo, leadership e così i concetti di capitale e lavoro sotto la pressione esercitata dall’economia e società della conoscenza. Una risorsa complessa che può riprodursi e diffondersi a costi (quasi) nulli. Proprietà controllo e rischio in un mondo “ordinato e lineare” e “oltre” La crisi del capitalismo manageriale Un primo punto è il riconoscimento della crisi del managerialismo e del capitalismo industriale che alle soglie del XXI secolo evolve rispetto ai due secoli precedenti. Due i fenomeni congiunti di crisi strutturale che accrescono complessità ed entropia. A - L’insufficiente formazione di capitale (di rischio) per rispondere alle trasformazioni “rischiose” dell’economia (globale) della conoscenza proiettata verso usi molteplici, interdipendenti e non prevedibili oltre che condivisi. B - Gli esiti evolutivi dell’impresa managerialista e delle sue funzioni del controllo. Due le funzioni cruciali almeno fino agli anni ’70: 1) stabilizzare i mercati con maggiori informazioni e tecniche gestionali adatte a migliorare le previsioni in un mondo lineare; 2) equilibrare le deleghe di potere trasferite da una proprietà più assente o soggetta alle pressioni delle borse per remunerazioni di breve termine non più disposta ad investimenti di lungo termine richiesti da un mondo a crescente domanda di innovazioni a ritorno incerto. Condizioni strutturali di fragilità proprietaria e finanziaria per le quali il management non può più svolgere quel ruolo di bilanciamento super partes tra gli interessi diffusi (e contrastanti) degli stakeholders, interni ed esterni. Nei mercati complessi e ad entropia competitiva degli anni ’70 e ’80 ciò che serviva non erano tanto le capacità di mediazione tra interessi - confidando in risorse crescenti e “infinite” - ma capacità selettive impresse da detenzione del potere proprietario di delega. Un management “risucchiato” entro i poteri di manovra dell’azionista che assume il rischio e dunque “assorbiti” dagli obiettivi di breve termine della Borsa e della finanza piuttosto che dagli investimenti di lungo che gli davano forza. Un management debole dunque nella disponibilità di risorse finanziarie (utili distribuiti contro risorse di investimento) per la crescita. Né Galbraith né Marris negli anni ’50 e ’60 coglieranno a fondo questa trasformazione PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 4 Nuove spinte alla globalizzazione mentre si incrinava anche la forza “universalizzante” della Corporation managerialista di stampo americano degli anni ’60. Un esito che in Giappone viene frenato da un management (e da una proprietà) più sensibili al lungo periodo in funzione di una coesione nazionale e culturale che facevano del Sol Levante un sistema integrato all’interno (e chiuso all’esterno) del quale le Sogo Shosha erano espressione potente in stretta relazione con le banche. Così in Italia e in Europa (se escludiamo UK): un sistema bancocentrico, con una Borsa asfittica e concentrata in un arcipelago di poche famiglie interconnesse e in un oceano di PMI distrettuali, “resistente” alla separazione tra proprietà e controllo (Pilotti, Rullani, 2001). Una gestione che con ricorso (prevalentemente commerciale) al credito bancario non metteva in discussione il controllo familiare così come nel modello “nippo-renano”. Ogni paese dunque, dati i vincoli di una economia a base materiale stabile (dalla siderurgia all’edilizia, dall’auto all’ICT, all’agrifood) con costi di riproduzione crescenti (imposti dalle economie di scala) cerca una via d’uscita alle diverse crisi “locali” del capitalismo manageriale alla ricerca di un esito (non distruttivo) di tipo post-manageriale che aveva tentato di separare il rischio dal potere. Turbolenze e ondate innovative degli anni ’70 e ’80 (dalle crisi petrolifere fino alla caduta del muro di Berlino) apriranno i confini planetari con una nuova spinta alla globalizzazione e renderanno quei tentativi fragili perché coerenti con un sistema mondiale chiuso entro le mura dell’occidente e della triade di Omahe (USA, Europa e Giappone). Un mondo con circa 800 mil.ni di consumatori e con modelli produttivi (quasi) omogenei e un welfare “sovradimensionato” con i BRIC in arrivo quali nuove locomotive. Diversi modelli di (auto) riforma dell’impresa e politico-istituzionali verso economia della conoscenza e social innovation Quale modello va prevalendo? Il modello “nippo-renano” più o meno corretto nelle varianti europee o giapponesi dove si riconduce la finanza sotto il controllo di poche e grandi famiglie e/o delle banche associate? Il modello americano della public company e dell’azionariato (capitalismo borsacentrico) popolare? O invece si vede un ritorno al modello inglese con una finanza “più ordinata” controllata da forti “authority” che cerca di ricondurre il controllo verso la proprietà diretta e il monitoraggio esercitato dai mercati? Nasce l’economia e la società della conoscenza Dopo l’89 avremo un nuovo contesto mondiale e operativo che si innerva nei pilastri dell’economia e società della conoscenza che, come noto, trascina tre caratteristiche strutturali dei beni: non esclusività, non rivalità, cumulatività. E ciò innesta una occasione evolutiva che richiede nuove basi istituzionali all’impresa oltre che profonde linee di riforma del welfare e probabilmente delle stesse travi portanti della democrazia e dei diritti (oltre che dei doveri).“Oltre” lavoro e capitale nasce l’economia e la società della conoscenza per mondi aperti e innovativi e l’impresa necessita di una transizione capace di accogliere tutte le opportunità attraverso: auto-organizzazione, coopetizione, leadership allargate e resilienza. Verso modelli e comportamenti economici di organizzazione e produzione (e di consumo) più aperti, piatti e flessibili, ma anche solidali, responsabili e parsimoniosi: modelli capaci di coinvolgimento e PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 5 partecipazione per sollecitare le vere risorse creative e innovative. Persone e menti sempre più connesse per assorbire saperi distribuiti “oltre” confini d’impresa crescentemente porosi. Impresa network e sfide dell’innovazione L’impresa diviene innanzitutto un milieu cooperativo tra intelligenze e saperi, come parte di un grande sforzo di innovazione collettiva e in senso più ampio di open e social innovation. Quindi non più espressione di un principio e di un solo soggetto proprietario (non più in grado peraltro di contribuire di per sé al finanziamento della crescita dell’impresa) o di un principio di mediazione e composizione (unico anche questo) da parte del management, come emergeva nell'impresa fordista (verticale e gerarchica) con la netta separazione tra line e staff e la catena di montaggio o le logiche divisionali per esempio. I soggetti di elaborazione strategica dell’impresa si allargano ed estendono e commisurano il loro agire al fine comune di valorizzazione complessiva delle risorse aziendali acquisendo titolo ad appropriarsi di una quota, positiva o negativa. L’impresa all’interno diviene un network brain di saperi e di solidarietà (à là Bauman, 2012) che si fondono e confondono, tra diverse unità e tra diversi interessi che non sono più semplicemente aziendali ma anche di vita, sul quale investire in modo congiunto da parte dell’impresa e di tutti i suoi partecipanti, diretti e/o indiretti (fornitori, banche, partners, consumatori, investitori). L’impresa network, orientata alla creatività di un brain collettivo si auto-imprenditorializza e autonomizza rispetto ai soli obiettivi proprietari e/o manageriali forgiando un terzo focus di allargamento delle basi di assunzione dei rischi derivanti dalle sfide dell’innovazione. Un superamento delle funzioni di assunzione del rischio in modo esclusivo da parte dei conferenti il capitale di rischio (azionisti) e di una finanza disposta solo a distribuire la rischiosità tra molteplici investimenti a fronte di un certo livello di remunerazione secondo tradizionali logiche di portafoglio. Proprietà non disposta a rischiare su progetti di lungo periodo, adagiata nel short termism, non interessata né ad investimenti problematici (AIDS, Ebola!) né agli interessi allargati di molteplici stakeholders disposti a rischiare le proprie risorse e la propria life cycle competence per un progetto di lungo periodo con la community d’impresa e/o di network. La finanza standard - disvelata dalla crisi biblica in corso - sembra allontanarsi dunque da attività rischiose, lasciando l’innovazione (soprattutto quella radicale) ad altri soggetti e stakeholders privati (e pubblici). Quindi altre forze diffuse si affacciano alle soglie del rischio industriale e sono proprio quelle più in contatto con i potenziali delle conoscenze emergenti nell’impresa e tra imprese e suoi partners. Servirebbero istituzioni e regole per accompagnare tale assunzione di rischio diffuso come riconoscimento di queste pratiche di partecipazione al rischio e al potere. Rimuovendo zone “non protette” che possono intrappolare la continuità dell’impresa, aggiornando quelle institution di impresa che connettono il potere di decidere a chi rischia. Basi di rischio e soggettive che si sono fortemente espanse negli ultimi 30 anni sulla spinta dell’economia e società della conoscenza e di innovazioni sempre più sociali. La ragione di tale estensione è chiara: le componenti di ricerca applicata e di base delle produzioni e dei beni e servizi del futuro stanno crescendo enormemente e i soli soggetti che conferiscono il capitale di rischio azionario non sono in grado di farvi fronte perdendo una visione d’insieme di lungo periodo. Allargata la base di assunzioni del rischio il PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 6 Ricerca di nuovi punti di equilibrio tra rischio e potere punto successivo è trovare punti di equilibrio relativi ai rapporti tra rischio e potere riconiugando i poteri post-manageriali al rischio senza necessariamente passare per una mediazione proprietaria. È questa la sfida inevitabile dell’economia della conoscenza e degli investimenti immateriali che sono sempre più trasversali e interdipendenti e dunque caratterizzati da complessità, dall’ideazione al prodotto ai processi, dalla logistica alla progettazione, dalla R&S alla distribuzione e all’assistenza. La differenza dal regime fordista precedente è chiara: tali investimenti proprio per la loro trasversalità interdipendente mostrano un valore fortemente mobile e precario perché il costo di riproduzione è strutturalmente inferiore ai costi di produzione. I costi della prima copia scendono asintoticamente verso zero nel lungo termine e il costo diviene sostanzialmente quello di innovazione per poi ripartirsi sui volumi soglia generati. Le imprese non sono più in grado di usare in modo esclusivo le conoscenze possedute, così come i consumatori che le utilizzano domandano connettività (tra software, funzioni, device, ecc). Il valore delle conoscenze più o meno incorporate tende a scendere man mano che viene meno la condizione di esclusività degli usi come spiega bene Dominique Foray (2006). Infatti nella produzione di massa il valore era determinato dalla prevalenza di investimenti idiosincratici, ossia connessi a specifici impianti e produzioni rendendo tangibili i valori dei capitali immateriali posseduti dalle singole imprese. Valore che si esaurisce man mano che la conoscenza circola attraverso catene del valore esterne e reticolari o lungo filiere e piattaforme integrate, dove si formalizza e diviene meno contestuale e meno tacita, tra esternalità e appropriabilità. Le imprese allora investono in conoscenza ma con margini ridotti dati dal minore uso esclusivo da diffusione di questi capitali immateriali. Che paradossalmente si lega sempre più alle competenze formate ed investite dall’impresa nel tempo, che tuttavia sono radicalmente mobili perché persone e menti sono appunto interconnesse e inoltre più sensibili a life career che a task career. Oltre il controllo tra scaffolding, creatività ed employeeship Una nuova impresa Le imprese diventano corpi biologici adattivi e dinamici, piatte e flessibili, generative di creatività individuale e collettiva e dunque con l’implosione del concetto e delle pratiche di controllo standard “sostituite” da autoorganizzazione. Così la nozione di leadership è erosa da quella di employeeship (Pilotti, Ganzaroli 2011). Una impresa, piatta, adattiva, destrutturata che assume forme lunghe a network con confini intersettoriali porosi e che ricentralizza le risorse formative per customizzazione. Entrano in crisi le tradizionali funzioni di direzione del personale consegnate dal fordismo maturo tra specializzazione e standardizzazione. Le competenze assumono forti funzioni comunitarie (multitasking) che si inseriscono nel biosistema aziendale lungo una tutorship allargata anche definita da processi di scaffolding (Vygotskij 1980: Wood, Bruner, Ross, 1976; Bruner, 1996). Ciò richiede coinvolgimento motivazionale e partecipazione economica risaldando anche rischio e potere (Pilotti, 2014). Le forme del lavoro cambiano con modalità più diffuse e complesse per team progettuali, gruppi integrati PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 7 multicompetenza, community di ricerca in molteplici ambiti dell’organizzazione per la soluzione di problemi più o meno complessi attraverso differenziate risorse materiali, relazionali e di gioco interazionale (Sherin, Reiser, Edelson, 2004). Rete e community quali strutture di scaffolding Tutorship complesse e lavoro integrato (a due vie) per l’accesso a conoscenze e informazioni sia per pratiche faccia-a-faccia e sia in rete. Allora rete e community divengono strutture di scaffolding utili per accompagnare o affiancare soggetti o strutture di supporto di tipo non dinamico con nuove funzioni che arricchiscono le impalcature di apprendimento e trasferimento delle conoscenze utili alla soluzione di uno specifico (o più) problema(i). Rete e community si affiancano (collective brain) più spesso in questo processo di costruzione del framing e sense making di un problema e delle sue soluzioni (collaborative solutions) alle attività proposte dal tradizionale tutor d’aula, del capo progetto o di reparto legando routine consolidate e integrandole: modeling, contingency management, feeding back, instructing, questioning, cognitive structuring (Tharp, Gallimore, 1988). Tutor e/o siti/supporti di rete specializzati dovranno poi svolgere quel fondamentale compito di verifica dei risultati raggiunti in modo da sottrarre quelle parti di impalcatura che divengono via via superflue o ridondanti per non ostacolare l’emersione dei potenziali dei singoli e/o dei gruppi, come di interi network aziendali. La valutazione dei risultati raggiunti consentirà di attivare/disattivare specifiche attività di organizzazione e/o collaborazione utili a migliorarne le performances in forme autonome (Rodgers, Rodgers, 2004; Cfr. Faiella, 2012). Emerge la centralità dei processi di interazione dialogica tra soggetti e/o strutture team e organizzazioni-network quale condizione attraverso la quale un contesto può favorire la creatività diffusa migliorando i processi di emersione dei potenziali attraverso una capillare diffusione delle informazioni e delle conoscenze utili (cfr. Sennet, 2000). Un processo che configura una sorta di self-scaffolding come fenomeno diffuso di una collaborazione distribuita e di massa ad evidenziare come anche nelle organizzazioni, nei team-network o nei cluster di impresa questa attività divenga rilevante come bridge tra integrazione funzionale e collaborazione svolta dai new social media di community nell’alimentare interazione e condivisione progettuale come proiezione di valore ecologico, osmoticamente auto-prodotto per interdipendenza (tra chain o nest di tutor-utenti, individuali-collettivi) dall’eco-sistema di appartenenza. L’organizzazione e/o il team, o il network vede costruire attorno ed entro a sé quell’esperienza di senso che libera risorse di conoscenza emergente perché generate da un nuovo contesto di interazione collaborativa aperta e di massa. Emerge allora il quadro costruttivista nel quale agiscono i processi di scaffolding come descritti da Varisco (2002). I processi di conoscenza (codificata e non), sviluppo e apprendimento (formale o informale) non sono definibili come capacità innate dell'individuo (indipendentemente dall’ambiente o contesto di applicazione e sviluppo), ma rappresentano funzioni fortemente determinate: dal tessuto di interazioni sociali; dalla molteplicità delle relazioni situate in un contesto; dall’interazione permanente tra conoscenze codificate e tacite; dalle varietà situazionali ed esperienziali vissute ed esperite dai soggetti (individuali e/o collettivi). PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 8 Sociabilità, tecnologie e apprendimento collettivo a diffusione planetaria Natura e logiche dell’employeeship Una prospettiva che pone “l'interazione, la negoziazione e l'attività verbale-comunicativa alla base dello sviluppo dei processi mentali superiori, riconoscendo una funzione fondamentale alla facoltà simbolico-linguistica che consente la co-costruzione della conoscenza, nonché l'interpretazione, più o meno condivisa, del mondo esterno”. Ciò sembra avvenire sia a livello individuale che collettivo, come un integrated collective brain che agisce e lavora alla de-costruzione/ricostruzione dei contesti di interazione favorendone la riproduzione della varietà, alimentata da tolleranza (oltre che da tecnologia e talenti) a là Florida (2005, Florida, Tinagli, 2005). Una tecnologia a forte sociabilità diviene supporto fondamentale di un apprendimento collettivo a diffusione planetaria come mai l’uomo ha visto nel suo sviluppo recente. Ciò avviene attraverso processi istantanei e di sviluppo orizzontale (e non più e solo verticali, lenti e sequenziali) che diffondono le conoscenze con rapidità impensata solo due decenni orsono. Un apprendimento eco-sistemico che si esprime come una complessa interdipendenza tra sociabilità e tecnologie diffuse che genera a sua volta una terza dimensione per un apprendimento come processo multidimensionale, definito da alcuni studiosi anche di blended learning, che associa l’apprendimento formale e strutturato a forme non strutturate e informali, dalle aule della scuola alle aziende, alle classi delle business school. Una modalità che deve auto-educarci a comprendere il futuro non tanto quando un evento avverrà ma come avverrà e come dovremo comportarci, predisponendoci a mappe di feedback utili a segnalarci scenari futuri, a come rispondere a eventuali scarti, vuoti, rotture e ricostruzioni. Da qui la necessità di sviluppare resilienza diffusa nelle capacità e competenze delle persone e dei gruppi (teamworks) che formano le organizzazioni in sistemi complessi. È questa la natura profonda dell’employeeship come mediazione culturale nella pluriversalità dei saperi che supera le rigidità del controllo ed estende il contesto di leadership al collettivo. La formazione aziendale e manageriale allora sarà tanto più efficace quanto più saprà associare varie forme di istruzione per cicli di azione e intervento concreto-astratto-concreto: dall’aula, alla simulazione, alla sperimentazione, alla rete e ancora all’aula (concreta e/o virtuale). Più performante quanto più capace di sperimentare possibilità di collaborazione tra molteplici users. Nella collaborazione interattiva di scaffolding si attivano i diversi potenziali emergenti correlandoli attorno a idee, progetti, esperienze, collassando le molecole creative del gruppo come esplorazione sperimentale di innovazione per mobilitazione. La sociabilità diviene allora contesto che salda emersione di talenti e potenziali alle performances interattive, rinforzate da pulsioni altruistiche-comunitarie piuttosto che individualistiche-egoistiche. Il significato di scaffolding si espande: miscelando metodologie didattiche, saperi, culture, materiali multiscopo, scenari attesi alla ricerca di creatività e innovazione condivisa, incrociando caratteristiche di tutoring, potenzialità di rete e interconnessioni di community, dove la tecnologia connettiva disvela il profondo potenziale di sociabilità come fonte di varietà (cfr. Faiella, 2012). Cambia la natura e funzione della leadership verso una employeeship che meglio interpreta la multidimensionalità del processo educativo di scaffolding/fading dotandosi di più adeguate PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 9 risorse di tipo ecosistemico/ecologico. Employeeship come una leadership distribuita, orizzontale e aperta coerente con le spinte all’open innovation (Chesbrough, 2003) e di supporto ad apprendimento partecipativo/collaborativo per gestire processi formativi aziendali ecosistemici. Stimolando gli attori (interni ed esterni) all’interazione, aiutandoli a maturare una propria autonoma comprensione del contesto (e del mondo) nell’acquisizione condivisa di conoscenze e competenze appropriate. Employeeship come parte di una 'impalcatura relazionale' capace di gestire le dinamiche di gruppo, governare l’accesso ad una visione d’insieme e condivisa dei processi aziendali e per questo di essere riconosciuta e legittimata. Employeeship come guida e canalizzazione delle attività collaborative attorno ai progetti d’impresa come in un’aula simulata di virtualizzazione della realtà competitiva e sociale nel quale l’azienda opera ridisegnando il passato per comprendere più adeguatamente il futuro. Le logiche di employeeship aderiscono ad un profilo organizzativo/interorganizzativo di “mediazione culturale” che abbandona tradizionali funzioni di comando e di controllo top-down per sollecitare auto-organizzazione e valorizzazione delle interdipendenze bottom-up agendo su “beni comuni intra/inter-aziendali” nella costruzione, manutenzione e proiezione di knowledge creation: qualità relazionale, reputation, reciprocità e vision condivisa nella sostenibilità e responsabilità. Ciò si realizza integrando i diversi canali e strumenti di scaffolding con una costante azione di monitoraggio e valutazione soprattutto attraverso le leve dell’impresa ecologica: coaching, breeding, gardening. L’impresa elitaria, rigida, verticale e anamorfica del tardo fordismo che concentra le conoscenze in staff lascia il posto ad una nuova impresa: interconnessa al contesto, isomorfica con questo, aperta, creativa. Una impresa responsabile che interfaccia le knowledge community interne ed esterne - riunendo e integrando saperi ed esperienze, nuove culture e linguaggi plurali, competenze specialistiche e visioni - in una comune piattaforma di apprendimento ecologico nella responsabilità (individuale e collettiva) di tutti gli stakeholders. Bibliografia Chesbrough H. (2003), The Open Innovation, The New Imperative for Creating and Profiting from Technology, Harvard Business School Press Bauman Z.(2012), “Solidarietà”, relazione tenuta al Convegno “Dialoghi sull’Uomo”, Pistoia Bruner J. (1996), The Culture of Education, Cambridge, Mass: Harvard University Press. Foray D. (2006), L’economia della conoscenza, Il Mulino, Bologna Faiella F.(2012), “Metodologie di scaffolding per il blended learning”, Working Paper, Univ. di Salerno Florida R. (2005),The Flight of the Creative Class, Harper's Collins, (IT: L’ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, 2006) Fragnito R., Organizzazione ipermediale dei saperi, Kat edizioni, Benevento 2002 Galliani L., Costa R., Valutare l'e-learning, Pensa Multimedia Editore, Lecce 2003 Gibbons P., Scaffolding language, scaffolding learning, Heinemann, Portsmouth 2002 Motterlini M., Guala, F. (2012), Mente mercati decisioni. Introduzione all'economia cognitiva e sperimentale, e-Book, Università Bocconi Pilotti L.(2011), a cura di, Creatività, innovazione e territorio - gli ecosistemi del valore per la competizione globale, Bologna, Il Mulino Pilotti L. Ganzaroli A. (2009), Proprietà condivisa e open source, F. Angeli, Milano Pilotti L. (2014), “Impresa e network tra creatività, saperi e scaffolding”, Sviluppo & Organizzazione, maggio-giugno-luglio, n. 259 PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 10 Parola chiave Management Pilotti L., Rullani E. (2001), “Corporate Governance tra teoria e prassi nell’economia della conoscenza”, Sinergie, n.73/74 Pea R. D., “The Social and Technological Dimensions of Scaffolding and Related Theoretical Concepts for Learning, Education, and Human Activity, in The journal of the learning science, 13(3), Lawrence Erlbaum, Associates, 2004 Rodgers A., Rodgers E. M., Scaffolding Literacy Instruction, Heinemann, Portsmouth 2004 Sennet R. (2000), L'uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli Sherin B., Reiser B. J., Edelson D., Scaffolding Analysis: Extending the Scaffolding Metaphor to Learning Artifacts, in "The journal of the learning science", 13(3), Lawrence Erlbaum Associates, 2004 Tharp, R. G. & Gallimore, R. (1988). The redefinition of teaching and schooling (Chapter 1, pp. 13-26), A theory of teaching as assisted performance (Chapter 2, pp. 27-43) in Rousing minds to life: Teaching, learning and schooling in social context. New York. Cambridge University Tinagli I., Florida R. (2005), L’Italia nell’era creativa, report Creativity Group Europe Varisco B. M., (2002), Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psicopedagogici, applicazioni didattiche, Carocci, Roma Vygotskij L. S., Il processo cognitivo, Bollati Boringhieri, Torino 1980 Wood D., Bruner J. S., Ross G., The role of tutoring in problem solving, in Journal of Child Psychology and Psychiatry, volume 17, Pergamon Press, Great Britain 1976 ……………………………………………………………..………….………… ……………………………………………………………..………….………… PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 11 Fare reclutamento ai tempi del web: dall’e-recruitment al social recruitment Claudio G. Cortese Professore straordinario in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino Dario Cipolletti Dottore magistrale in Psicologia del lavoro e del benessere nelle organizzazioni - Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino The war for talent has moved to the Internet. You’d better have a battle plan. [Peter Cappelli, 2001] “Io rifiuto sempre le richieste di amicizia su Facebook che vengono da colleghi o professionisti del mio settore: va contro la mia etica, la mia vita privata deve rimanere separata da quella lavorativa. Non sopporterei l’idea che persone che mi conoscono sul piano professionale possano crearsi un’impressione su di me in base alle mie abitudini o le mie frequentazioni. Voglio che se qualcuno mi deve valutare, nel bene o nel male, lo faccia per le mie competenze”. Uso dei social network ai fini del reclutamento e virtuoso intreccio tra selezione, comunicazione e marketing Dal punto di vista di uno psicologo della salute, la scelta di fare il possibile per separare i contesti di vita non solo è lecita, ma addirittura consigliabile. Se si indossano gli occhiali di un selezionatore, tuttavia, risulta chiaro come oggi la rete e i social network (d’ora in poi: SN) siano una importante fonte di dati e informazioni, frequentemente utilizzata sia nella fase di reclutamento sia in quella di valutazione ai fini della selezione (Cortese e Del Carlo, 2008). Se per quest’ultima finalità, ovvero la valutazione ai fini della selezione, la letteratura recente evidenzia molte aree di rischio non solo in termini di possibili errori, ma anche di violazione della privacy (Cortese e Pellerei, 2013), l’utilizzo dei SN con finalità di reclutamento appare meno problematico e già ampiamente in uso, ancorché spesso in modo del tutto naïf. D’altra parte, come per ogni aspetto della vita organizzativa, immaginare oggi un’azione di reclutamento strutturata come venti o trent’anni fa sarebbe un paradosso: il web ha cambiato completamente la prospettiva sulla ricerca di candidati per la posizione da coprire. Non solo per il bacino di contatti quasi illimitato che mette a disposizione, ma anche per la possibilità che offre all’azienda di giocare un ruolo decisamente attivo e di generare un virtuoso intreccio tra selezione, comunicazione e marketing. In questo senso, l’attrazione del candidato, il dialogo con gli utenti in rete e la promozione dell’immagine risultano sempre più azioni interdipendenti. Così, i selezionatori non possono più essere solo ed esclusivamente esperti nella valutazione dei profili dei candidati: devono diventare bravi comunicatori, integrati nella strategia di marketing dell’organizzazione, e capaci di trasmettere la vision e la mission di PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 12 riferimento. Questo contributo si propone di delineare alcune opportunità offerte dal web, e in particolare dai SN, al fine di realizzare un’attività di reclutamento efficace, e al tempo stesso individuare delle modalità di utilizzo in grado di ridurre i possibili svantaggi e rischi. C’era una volta l’e-recruitment In un mercato globale altamente competitivo, il reclutamento è da tempo riconosciuto come un antecedente chiave dell’efficacia organizzativa (Allen, Mahto, Otondo, 2007). Esso consiste in quelle attività che hanno come obiettivo identificare e attrarre i potenziali lavoratori, persuadendoli a candidarsi a diventare membri dell’organizzazione (Barber, 1998; Breaugh e Starke, 2000). I vantaggi dell’erecruitment Con e-recruitment si intendono tutte le attività di reclutamento realizzate mediante strumenti di tipo informatico connessi a Internet: dai siti aziendali, ai portali di ricerca/offerta di lavoro (ad esempio monster.it, indeed.com o jobrapido.com), ai blog, tutto ciò che si avvale della rete rientra sotto tale definizione. Con l’aumento costante degli utenti connessi, da oltre un decennio il modo più semplice e veloce per pubblicare annunci e ricercare candidati è proprio l’utilizzo dei canali informatici. Oggi tutte le grandi organizzazioni hanno sezioni dedicate alle attività di reclutamento sui propri siti aziendali (“lavora con noi”) e la maggior parte degli individui alla ricerca di nuove opportunità di lavoro compie una parte importante della propria attività online. Rispetto alle modalità tradizionali, l’e-recruitment fornisce un duplice vantaggio. Da un lato, il bacino di potenziali candidati a disposizione del selezionatore si fa molto più ampio; dall’altro, il selezionatore può assumere un ruolo maggiormente attivo: ovvero, non sarà vincolato alle risposte che riceverà ai propri annunci, ma avrà la possibilità di elaborare una personale strategia per contattare i profili che gli interessano (e che ha, ad esempio, intercettato su un blog) proponendo loro di candidarsi. Anche in termini economici i benefici che l’erecruitment ha portato sono enormi. Alcune stime indicano che l’individuazione di un candidato attraverso Internet costa solo un ventesimo rispetto alle modalità tradizionali di reclutamento. Non sorprende pertanto che già da qualche anno ormai le pagine web dedicate al reclutamento siano la prima fonte di CV per la maggior parte delle grandi organizzazioni (Cober e Brown, 2006). Quando si utilizza l’e-recruitment, è necessario prendere in considerazione i processi cognitivi che portano un candidato ad interessarsi, a livelli diversi, all’opportunità di proporre il proprio CV all’organizzazione. Tenendo conto di tali processi, infatti, i selezionatori potranno determinare in maniera più attenta quale sia il modo migliore per presentare la propria offerta con il fine di attrarre un numero più elevato, e qualitativamente migliore, di candidati. Un punto chiave sul quale focalizzarsi per aumentare i livelli di attrazione è la progettazione accurata del sito Internet attraverso il quale i candidati entrano in contatto con l’azienda: la qualità di informazioni fornite (mediante testi, immagini, video, audio, link interattivi, ecc.) e l’usabilità, così come l’aspetto estetico sono solo alcune delle caratteristiche importanti per PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 13 aumentare i livelli di attrattività del sito, e quindi dell’organizzazione stessa. Sulla base della signaling theory, ogni punto di contatto tra il candidato e l’organizzazione (selezionatore, sito aziendale, processo di reclutamento) verrà utilizzato come segnale, in modo che possa crearsi un’impressione globale sull’azienda. Questa impressione influenzerà la sua decisione o meno di candidarsi e - successivamente - proseguire nell’iter di selezione (Thompson, Braddy, Wuensch, 2008). Questo accade poiché i candidati percepiscono i siti aziendali come elementi che indicano quali standard (di eccellenza professionale, di trasparenza comunicativa, di stile relazionale) potranno trovare all’interno dei diversi contesti di lavoro. Ruolo chiave delle modalità di comunicazione L’attenzione da dedicare alle modalità di comunicazione è quindi molto elevata: la rete darà infatti modo di diffondere velocemente le informazioni recuperate dai candidati e le impressioni suscitate, e l’immagine dell’organizzazione ne subirà le conseguenze. Un tema particolare è quello del rapporto tra politiche di diversity management (Argentero, Cortese, Piccardo, 2010) e attrattività dell’azienda. Uno studio di Walker, Feild, Bernerth e Becton (2011) ha dimostrato come fare riferimento al tema della diversità nelle informazioni fornite attraverso il proprio sito aumenti l’attrattività presso i candidati che appartengono a minoranze, sia in termini diretti sia, indirettamente, sollecitando una maggior propensione a valutare in maniera approfondita (ad esempio in termini di tempo di visualizzazione del sito e accuratezza nella lettura delle informazioni) il contenuto del sito stesso. Inoltre, questo studio ha evidenziato che questo processo è valido non solo per le minoranze, ma anche per coloro che - pur non appartenendo a una minoranza - sono attenti al rapporto dell’organizzazione stessa con temi di natura sociale. Una rete senza confini In un articolo del 2001, Peter Cappelli, citava questo esempio: “Con un motore di ricerca e un paio di parole chiave, Ed Melia può recuperare 567 pagine di CV di software engineers con conoscenze in ambito C++ o Java. Questo potrebbe non stupire, se non si considera che tutti gli ingegneri lavorano per IBM, e nessuno di loro sta cercando nuove opportunità di lavoro. I loro CV sono semplicemente disponibili su Internet, se sai dove cercarli. Melia, un consulente di Boston esperto di tecniche di recruiting, può rintracciare candidati ‘passivi’ in qualunque organizzazione (…)”. Il caso di Ed Melia rende evidente come Internet, da più di un decennio, abbia portato una radicale trasformazione nelle dinamiche di reclutamento: se in passato i selezionatori avevano a disposizione un bacino limitato di candidati tra cui poter scegliere, e per lo più la scelta ricadeva su uno dei job seeker attivi, non occupati o non soddisfatti del proprio lavoro, grazie a Internet chiunque può essere “attivato” e trasformato in un job seeker, mediante lo stabilirsi di una relazione diretta intrapresa dal recruiter. Tuttavia, parlare genericamente di ‘Internet’ ai primi del 2015 è superato. Aspetti quali la diffusione di tablet e smartphone, la comunicazione peerto-peer, la possibilità di essere sempre in contatto con tutti in ogni istante della nostra giornata e non solo davanti a un personal computer PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 14 hanno modificato il quadro di un decennio fa: basti pensare che la connessione alla rete è stata definita dall’ONU un diritto umano (Wilson, 2011) e che le persone potenzialmente connesse alla rete, nei prossimi anni, arriveranno a cinque miliardi. Così, più che genericamente a Internet, risulta oggi più corretto rivolgere l’attenzione a quei siti che movimentano la maggior parte del traffico dati: i SN1. I SN sono definibili come piattaforme che mettono gli utenti in connessione tra loro, consentendo l’inserimento di contenuti (testuali/ipertestuali, immagini, foto, audio, video, ecc.), la condivisione di informazioni (in diretta o in momenti successivi), la creazione di gruppi (aperti o chiusi), favorendo l’espressione di sé, la ricerca di relazioni, la discussione, la partecipazione, la collaborazione, lo scambio e il commercio, in una logica - appunto - di networking (Beer, 2008). Il boom dei SN, che dura da circa un quinquennio e mette potenzialmente in contatto un quarto della popolazione mondiale, ha rivoluzionato nuovamente il modo di intendere la comunicazione tra utenti, i rapporti tra le persone e, di conseguenza, i rapporti tra le organizzazioni e il mondo esterno. In tal senso, le organizzazioni definiscono oggi strategie ad hoc di marketing e comunicazione per sfruttare il canale dei SN, i cui utenti sono visti come possibili clienti e come preziose fonti di informazioni riguardo il mercato e le sue dinamiche. Social network e trasformazione del recruitment: da dinamica passiva ad attiva Ma non solo: i SN sono anche dei formidabili canali di reclutamento. I loro utenti sono spesso definiti customers&applicants, clienti e potenziali lavoratori allo stesso tempo. E, all’interno di questi canali, si invertono decisamente i ruoli tra recruiter e candidato: non più il secondo che cerca il primo, inviando il CV, ma il primo che cerca il secondo, illustrandogli l’offerta e chiedendogli il CV. In altre parole, quello che fino a qualche anno fa era uno scambio di informazioni, tendenzialmente predefinite (offerta di lavoro e CV, prospettive di carriera e abilità/competenze possedute), tramite i SN diventa una vera e propria relazione tra due attori completamente in gioco. Da una parte abbiamo l’organizzazione, impegnata a presentarsi nella maniera migliore possibile e individuare il talento più promettente, dall’altra l’individuo, non solo candidato ma realmente persona, che attraverso il SN ha la possibilità di trasmettere non solo le sue conoscenze ed esperienze, ma anche i propri gusti, interessi, passioni, punti di forza e aree di miglioramento, insomma, la propria personalità, ancora prima di un vero colloquio. Il processo qui presentato è, ovviamente, decisamente semplificato, ma aiuta a comprendere come i SN abbiano trasformato il recruitment: non più “solo” una raccolta di candidature, ma un reale dialogo, in cui l’organizzazione decide di mostrare la propria immagine direttamente al mondo e cerca, attraverso strumenti diversi, di individuare i profili più adatti per i propri obiettivi. I SN, in questo quadro, hanno moltiplicato i collegamenti a disposizione del selezionatore interessato a costruire un bacino di candidati da valutare all’interno di un processo selettivo. Il ruolo dei collegamenti è 1 A luglio 2014 Facebook ha superato gli 1,3 miliardi di utenti attivi ogni mese, mentre ad aprile 2014 Linkedin ha celebrato i 300 milioni di iscritti al sito. Anche in termini di pagine visitate ogni mese Facebook gioca la parte del leone (più di mille miliardi secondo quanto riportato da Berruto, 2014), seguita da You Tube e Twitter. PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 15 particolarmente importante: immaginando un SN come una grande rete in cui il selezionatore può muoversi, a suo piacimento, per contattare i candidati migliori (azione che ben esprime come il processo di recruitment sia passato da una dinamica prevalentemente passiva a una attiva), diventa cruciale il ruolo dei rapporti che egli riesce a instaurare. In ultima analisi, il valore del lavoro di un recruiter dipenderà in larga parte dalla “rete nella rete” che egli riesce a costruire intorno a sé: oggi, la rete di contatti online, composta dalle relazioni su cui fare affidamento, alcune più forti che fungeranno da ponti nei confronti di candidati interessanti, altre più deboli ma altrettanto importanti per allargare il proprio network in settori o mercati di interesse, ha sostituito la rete di amicizie, conoscenze e contatti utilizzata nell’ambito del reclutamento tradizionale. Un recruiter che è in contatto con tanti attori, soprattutto se all’interno di reti diverse, potrà raggiungere un grande numero di potenziali candidati, attraendo così con maggiori probabilità individui interessati alle opportunità per cui sta cercando (Ollington et al., 2013): il successo di SN professionali come LinkedIn (ma dello stesso Facebook utilizzato con finalità di reclutamento) si basa proprio su questa dinamica. In altre parole, ciò che è alla base dello sviluppo del social recruitment non è solo lo sfruttamento tecnico di un canale dalle potenzialità illimitate, ma un vero e proprio processo di evoluzione culturale che vede la nascita e la crescita di un sistema di relazioni virtuali, fatto di pixel e trasmissione di dati, in cui le organizzazioni devono imparare a muoversi e di cui devono apprendere il linguaggio per non rischiare di sparire nel nulla. Si può usare Facebook per il reclutamento? Come la maggior parte dei SN, Facebook consente ai suoi utenti di creare un profilo personale in cui inserire informazioni su di sé da condividere con altri utenti creando una propria rete di contatti. Il profilo contiene dati anagrafici, percorso di studio, attività professionale, ecc. ma anche informazioni più controverse come l’orientamento sessuale o religioso, e tutto ciò viene condiviso con gli amici aggiunti alla propria lista. Gli amici possono essere individuati tra tutti gli utenti iscritti, e a meno di restrizioni di privacy particolari tutti gli utenti possono richiedere l’amicizia ad ogni altro utente. Gli utenti hanno inoltre la possibilità di comunicare tra loro, attraverso dei servizi di messaggistica istantanea (chat) o attraverso l’uso della bacheca, la sezione principale del sito: l’utente può decidere infatti di condividere con i propri collegamenti foto, video, pensieri o link esterni pubblicando tali contenuti sulla bacheca. La funzione è simile a quella di un forum: il contenuto pubblicato diventa di pubblico dominio, e a meno di restrizioni di privacy, raggiungibile da tutte le persone in rete, non per forza iscritte a Facebook. Nonostante la rete sia ormai satura di SN di successo, Facebook mantiene la sua posizione di dominio poiché riesce a concentrare in un solo sito tutte le funzioni messe a disposizione dagli altri, gratuitamente e con una funzionalità semplice e accattivante. Inoltre, vi si può accedere praticamente da tutti i dispositivi elettronici connessi a Internet: dai computer ai tablet, dagli smartphone alle consolle videoludiche fino ai televisori smart, ogni dispositivo ha la sua versione di Facebook; in PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 16 definitiva, ogni iscritto ha così modo di restare connesso con il proprio network in qualunque momento della giornata. Le organizzazioni hanno da tempo iniziato ad utilizzare Facebook non solo con finalità promozionali o di customer care, ma anche di reclutamento. Attraverso le proprie pagine, infatti, possono attrarre potenziali candidati, condividendo link, video, immagini che i follower potranno visualizzare, valutare e a loro volta condividere. Le pagine corporate non hanno “amici” ma “fans”, sono completamente pubbliche e quindi i contenuti possono comparire anche tra i risultati su motori di ricerca quali Google o Yahoo, favorendone l’accessibilità. Tra i contenuti che le organizzazioni postano su Facebook troviamo quindi anche gli annunci di posizioni aperte, che compariranno su tutte le bacheche degli utenti che seguono tale azienda. In questo modo potrà essere contattata o contattare i candidati, farli entrare nel proprio network di follower e, attraverso commenti, discussioni e informazioni condivise, avere un supporto maggiore per la valutazione (Chauhan, Buckley, Harvey, 2013). Oltre a ciò, attraverso Facebook le organizzazioni possono attrarre potenziali candidati sulle loro pagine istituzionali: ad esempio, un’azienda potrebbe aprire una pagina corporate dedicata esclusivamente al recruitment, su cui pubblicare i propri annunci e raccogliere candidature, e indurre gli utenti di Facebook ad accedervi utilizzando il SN. Lo sviluppo di questo utilizzo di Facebook fa pensare che arriverà in breve a contrastare siti specializzati nella ricerca di personale come Monster o Indeed (Chauhan, Buckley, Harvey, 2013), anche perché a differenza di siti come LinkedIn, Facebook non prevede funzioni aggiuntive a pagamento (oltre all’advertising): i recruiter possono quindi accedere a tutte le informazioni sui candidati rese disponibili esattamente come ogni altro utente connesso al sito. Buone pratiche e aree di attenzione Alcune condizioni di base I vantaggi che derivano dall’utilizzo dei SN per il processo di reclutamento si manifestano se vengono rispettate alcune condizioni di base relative a: - fornire sempre feedback e follow-up adeguati: rispondere - e velocemente - ai candidati, o perlomeno notificare la ricezione di una candidatura, permettendo un contatto reale con chi è “dietro lo schermo”, soprattutto nei casi in cui l’organizzazione sia interessata ad entrare in contatto con i job seeker “passivi”, ovvero individui occupati e non seriamente interessati a valutare ulteriori opportunità, ma con un profilo di potenziale interesse per opportunità future; - fornire job description e job specification dettagliate: sebbene la scelta di fornire job description volutamente vaghe e ampie aiuti ad aumentare il numero di candidature, il non fornire informazioni precise potrebbe portare a risultati discordanti. Alcuni job seekers infatti potrebbero decidere di non candidarsi se non vengono presentate informazioni precise, soprattutto riguardo retribuzione ed eventuali benefit; - curare le procedure per presentare e analizzare le candidature: l’architettura del sito organizzativo deve rendere chiaro come PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 17 presentare la propria candidatura, semplificare il più possibile il processo e dare la possibilità di allegare documenti in formati diversi; dal punto di vista del recruiter, è importante disporre di software che migliorino e velocizzino le procedure di screening; - aggiornare le attività pubblicate: inserire la data di pubblicazione dell’annuncio, rimuovere ricerche di lavoro ormai concluse dal sito. Possibili rischi Il 63% dei datori di lavoro che utilizza i SN nel processo di selezione afferma di aver scartato una candidatura sulla base di informazioni raccolte con questi strumenti (Chauhan, Buckley, Harvey, 2013). Ma è bene riflettere sulle informazioni rese disponibili dai SN, che permettono al selezionatore di “entrare” nel mondo del candidato e di iniziare a valutarlo (come peraltro avveniva anche in passato, ad esempio con la telefonata di convocazione che seguiva la lettura del CV): cosa dovrebbe fare un selezionatore di tali informazioni? Sono utili? È corretto utilizzarle per farsi una prima impressione? Le ricerche iniziano a delineare un quadro più preciso, mettendo in risalto soprattutto due rischi: l’ingratiation/deception e il ruolo delle informazioni negative. Il primo binomio sta a indicare la possibilità, per i job seekers, di costruire in modo artefatto il proprio profilo professionale, mettendo in luce tutte quelle informazioni che possono aumentare le possibilità di essere individuati e selezionati dalle organizzazioni e nascondendo quelle che si ritengono dannose rispetto a tale scopo. Già da un decennio gli studi hanno dimostrato che gli utenti spesso costruiscono profili ad hoc (in passato sui propri siti personali, oggi sui SN) per trasmettere un’immagine particolarmente attraente per i selezionatori (Vazire e Gosling, 2004). Parlando di ruolo delle informazioni negative, si vuole invece sottolineare il rischio che poche (anche una sola) informazione relative a comportamenti socialmente inaccettabili o imbarazzanti (i cosiddetti faux pas, cfr. Karl, Peluchette, Schlaegel, 2010) gettino un alone negativo sul candidato nella sua interezza, nonostante essi siano stati messi in atto occasionalmente e in contesti differenti da quello lavorativo. Per fare un esempio, ubriacarsi una volta nella vita a una festa di compleanno non significa essere né incapaci di controllarsi né privi di etica. Inoltre, gli utenti potrebbero essere taggati in immagini dal contenuto sgradevole da amici senza saperlo, oppure potrebbero essere denigrati in rete in modo pretestuoso senza che il contenuto venga rimosso. A questo proposito va ricordato che vi sono SN marcatamente di tipo professionale, come LinkedIn, e SN più vicini alla dimensione personale, come Facebook. In conclusione, quando decide di utilizzare questo secondo tipo di SN a scopi di reclutamento, come sempre più frequentemente avviene, è bene che il recruiter sia consapevole del rischio che corre nell’attribuire troppo peso alle informazioni negative. Un tema da considerare è anche quello del rispetto della privacy, ovvero dell’utilizzo di informazioni che il candidato non desidera condividere al di fuori della propria cerchia di contatti. Talvolta i selezionatori adottano metodi “creativi” (in qualche caso oltre i limiti della deontologia nonché della legalità) per aggirare tali ostacoli e accedere alle informazioni riservate, come ad esempio assumere “amici” in veste di spie per contattarli e riferire le informazioni, quando non le password PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 18 (Brandeburg, 2008), o creare profili “civetta” con l’obiettivo di ottenere l’amicizia. Purtroppo, in particolare i giovani prendono poco in considerazione i rischi legati a una rinuncia alla propria privacy, considerando i SN e la rete in generale un luogo sostanzialmente sicuro (Roulin, 2014). Non va in tal senso dimenticato che in diversi casi le informazioni comparse sui profili online di dipendenti sono state causa di veri e propri “suicidi professionali” (Chauhan, Buckley, Harvey, 2013). Probabilmente il caso più noto è quello di una tirocinante impegnata in attività di insegnamento che perse il suo lavoro da insegnante e la possibilità di laurearsi a causa di una foto, comparsa su un suo profilo social, dove veniva etichettata come “piratessa ubriaca”. La studentessa fece ricorso ma perse, poiché la Corte sentenziò che, essendo lei una dipendente pubblica, rappresentava l’istituzione sia durante che oltre l’orario di lavoro. Nel caso specifico la studentessa non utilizzava alcuna restrizione di visibilità sul suo profilo: questo caso è un esempio chiaro di come le informazioni condivise in rete siano di dominio pubblico, e che i SN non forniscono alcuna difesa in caso di comportamento inappropriato. Un ultimo rischio, infine, riguarda paradossalmente (ma non troppo) gli stessi recruiter: la possibilità di entrare in contatto rapidamente con un alto numero di candidati, infatti, fa sì che la dirigenza si aspetti che le ricerche vengano concluse sempre più velocemente (Vick e Walsh, 2010). Gli studi hanno invece dimostrato che ci si può aspettare piuttosto una maggiore efficacia, ma i tempi necessari per raggiungere l’obiettivo di un buon reclutamento non saranno “comprimibili” oltre un certo limite. In sintesi: sì al reclutamento 2.0 mediante i SN, no a un utilizzo governato da senso di onnipotenza, superficialità e fretta. Bibliografia Allen, D.G., Mahto, R.V., Otondo, R.F. (2007), Web-based recruitment: effect on information, organizational brand, and attitudes toward a web site on applicant attraction. Journal of Applied Psychology, 92 (6), pp. 1696-1708. Argentero, P., Cortese, C.G., Piccardo, C. (a cura di) (2010), Psicologia delle risorse umane. Raffaello Cortina Editore, Milano. Barber, A.E. (1998), Recruiting employees: individual and organizational perspectives. Sage, Thousand Oaks, CA. Beer, D. (2008), Social network(ing) sites; revisiting the story so far: a response to danah boyd and Nicole Ellison. Journal of Computer-mediated Communication, 13 (2), pp. 516529. Berruto, G. (2014), Pig data. Wired, 65, pp. 50-63. Brandenburg, C. (2008), The newest way to screen job applicants: a social networker’s nightmare. Federal Communication Law Journal, 60, pp. 597-626. Breaugh, J.A., Starke, M. (2000), Research on employee recruitment: so many studies, so many remaining questions. Journal of Management, 26, pp. 405-434. Cappelli, P. (2001), Making the most of on-line recruiting. Harvard Business Review, 79, pp. 139-146. Chauhan, R.S., Buckley, M.R., Harvey, M.G. (2013), Facebook and personnel selection: what’s the big deal?. Organizational Dynamics, 42, pp. 126-134. Cober, R.T., Brown, D.J. (2006), 2006 Direct Employers Association recruiting trends survey. Booz, Allen & Hamilton, Washington, DC. PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 19 Cortese, C.G., Del Carlo, A. (2008), La selezione del personale. Raffaello Cortina Editore, Milano. Cortese, C.G., Pellerei, F. (2013), Reclutamento e selezione del personale ai tempi del web 2.0: l’utilizzo dei social network. Sviluppo & Organizzazione, 256, pp. 26-36. Karl, K., Peluchette, J., Schlaegel, C. (2010), Who’s posting Facebook faux pas? A cross-cultural examination of personality differences. International Journal of Selection and Assessment, 18, pp. 174-186. Ollington, N., Gibb, J., Harcourt, M. (2013), Online social networks: an emergent recruiter tool for attracting and screening. Personnel Review, 42 (3), pp. 248-265. Roulin, N. (2014), The influence of employers’ use of social networking websites in selection, online self-promotion, and personality on the likelihood of faux pas postings. 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Time, disponibile online http://techland.time.com/2011/06/07/united-nations-report-declaresinternet-access-a-human-right ……………………………………………………………..………….………… ……………………………………………………………..………….………… PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 20 A proposito di Futuro … Micro-scoppio è la traduzione letterale di micro-burst, termine coniato da Jack Groppel e Janet Nikolovski per indicare un ritorno sproporzionatamente grande (uno scoppio) per un piccolo (micro) investimento di energia. Il management “microscoppico” L’essere umano ha bioritmi altalenanti e un impegno ininterrotto non è naturale: secondo le ricerche da loro citate, 2-3 minuti di moto ogni mezz’ora contribuiscono ad aumentare il metabolismo e ad abbassare il livello di grasso nelle cellule; e lo stare in piedi agevola le capacità di pensare e di concentrarsi. Da tutto questo può scaturire un nuovo stile manageriale. Alcuni dei suoi elementi sono “facili”; ad esempio: riunioni di non più di un’ora, con un po’ di moto o di stretching ogni mezzora; meno posta elettronica interna e più contatti personali fra uffici; salire le scale a piedi; usare bagni di piani diversi (se possibile). Altri un po’ meno: postazioni di lavoro in piedi, o con scrivanie che si alzano e abbassano, o con sedie “a pallone”… Si tratta di uno stile manageriale contro-intuitivo, ammettono gli autori, consigliando di procedere per gradi… “Nella nuova economia globale, vincitori e perdenti si delineano chiaramente. Gli uomini e le donne istruiti ed in grado di comunicare facilmente al di là dei confini nazionali traggono vantaggio dalla situazione attuale. Altri invece no. Le nuove divisioni fra classi non separano tanto i ricchi dai poveri, quanto le élite istruite e metropolitane dai provinciali meno sofisticati, meno flessibili e meno connessi . E che si sentono alienati in un mondo che appare loro sconcertante e pieno d’odio”. (Ian Buruma) I vincitori Parola chiave Management ……………………………………………………………..………….………… ……………………………………………………………..………….………… ... e di Reclutamento Obesità… Secondo una recentissima ricerca Gallup, ci sarebbe una stretta correlazione fra disoccupazione e obesità (e malattie cardiovascolari connesse): per questo le aziende eviterebbero di assumere candidati sovrappeso: una “spirale perversa”… Parola chiave Selezione Ed il peso corporeo come principale criterio di valutazione: un ritorno al pre-industriale, quando contavano soprattutto le braccia? ……………………………………………………………..………….………… ……………………………………………………………..………….………… PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 21 I 28 SERVIZI ISPER a supporto di chi opera nella Funzione Personale Autodiagnosi Amministrazione Personale Benchmark Lampo® Benchmark Osservatorio® Bilancio Professionale e Autosviluppo Calcolo e Previsione Pensioni INPS Costo Vita città estera - Elaborazione personalizzata Costo Vita Nazione Estera Disagio all’estero - Valutazione personalizzata Disagio all'Estero - Software Documentazione Attività Formative ISPER Edizioni Orizzonti Internazionali Osservatorio Risorse Umane nei Bilanci Panorama Risorse Umane Pareri Amministrazione Personale Personale e Lavoro Promemoria Tascabili Quadro Normativo Rappresentare le risorse umane nei bilanci - Strumenti Risorse Umane Internazionali Scenario Risorse Umane Sentenze e Commenti Formazione Base Formazione di Approfondimento Formazione Convegnistica e di Confronto Formazione Excel per l’Amministrazione del Personale Percorsi di Perfezionamento Formazione su Misura PERSONALE E LAVORO N. 563 GENNAIO 2015 22