punti di vista - Università di Catania
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punti di vista - Università di Catania
punti di vista verse città, ognuno dei quali era specializzato in un distinto ramo del sapere. Fu così che nacquero i clerici vagantes, studenti itineranti e non più monaci chiusi nel loro chiostro per tutto il ciclo di studi. Ben presto lo status di studente errabondo cominciò ad infastidire l’autorità clericale,che si vedeva sbeffeggiata e criticata per il suo degrado morale dai carmina degli scanzonati bohémiens ante litteram, carmina in cui si cantava inoltre dei piaceri della vita, il vino, l’amore ed il gioco, argomenti questi, cari ad ogni goliarda. Simbolo per antonomasia dei clerici vagantes fu Pietro Abelardo, filosofo e fine dicitore, illustre maestro di logica alla scuola di Parigi, che, peccando di passione per le grazie muliebri della sua giovane allieva Eloisa, si attirò le ire del clero che lo bollò come “Golia”, cioè Satana. Dalla combinazione delle due parole Golia e Abelardo si vuole popolarmente sia nata la parola goliarda. Solo nella seconda metà del diciannovesimo secolo , venne introdotto l’uso della feluca, trecentesco cappello a punta che anche oggi i goliardi con fierezza sfoggiano quale distintivo immancabile della propria identità di studente universitario. Tutti i goliardi, dalla matricola al fuoricorso, portano le feluche,che si differenziano per il colore e il numero degli ornamenti, proporzionali all’anzianità. Catania di feluche ne ha viste parecchie negli ultimi tempi, da quando un gruppo di amici ha deciso di “risvegliare” il sovrano ordine catanese del liotro (SOCL) che si era concesso una “ pausa di riflessione” di qualche decennio. In quest’ottica vanno viste le attività dei membri del SOCL, come ad esempio la parata ormai leggendaria del primo pontefice massimo (il capo-città a Catania si chiama così) del risvegliato SOCL, che, all’interno di una perfetta papa-mobile e scortato da suore in minigonna e bodyguard attraversò via Etnea per poi entrare trionfalmente alla villa Bellini benedicendo gli studenti dell’ateneo visibilmente in delirio e schivando le borsettate di qualche attempata signora che non gradì. Per non parlare del ripristino di una storica tradizione catanese che vuole le matricole intente a lavare le pudenda del liotro in segno di buon auspicio, tradizione questa ripristinata dai ragazzi del SOCL fra lo stupore e le risate dei passanti , la curiosità della stampa locale, e la certa soddisfazione del granitico pachiderma che ormai da anni non riceveva tali attenzioni. È proprio il vedere il mondo da un altro punto di vista che fa dei goliardi una voce libera all’interno dell’università e della città, mai di parte, aperta a chiunque sia disposto a mettersi in gioco e sia dotato di sense of humour e autoironia, che al momento del “processo”, la via di iniziazione dei goliardi, devono essere presenti in abbondanza; come avrebbe fatto altrimenti quel goliarda che per entrare ha dovuto fermare in via Etnea trenta donne e con loro fare una foto vestito solo di un camice e di un paio di mutandoni? Non paghi di cotante beffe, i goliardi hanno voluto dimostrare la loro natura a tutto tondo organizzando di recente una rassegna alle Ciminiere di Catania, che li ha visti sul palco a spiegare le loro complesse e simpatiche tradizioni e ad interpretare i versi del grande poeta dialettale Domenico Tempio, simbolo della radicata tradizione burlesca etnea, fra gli applausi di un numeroso pubblico piacevolmente divertito( da www.socl.splinder.it ). Da oggi, se incontrate feluche e mantelli in giro per la città, non stupitevi, ma gioite di questa risorsa umana, fresca e super partes, lasciatevi coinvolgere . E il liotro ringrazia... Goliardi catanesi, 2003 45