AGGIORNAMENTO in - Giornale SIGENP
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3 orgaNo ufficiale della società italiaNa news Volume II - Settembre 2010 di gastroeNterologia epatologia e NutrizioNe pediatrica aggiornamento in gastroeNterologia epatologia Con il contributo educazionale NutrizioNe EDITORE - Area Qualità S.r.l. Via Comelico 3 - 20135 MI s ommario 3 Editoriale 4 Topic High Light… Claudio Romano Vecchi e nuovi markers fecali in età pediatrica di Mariella Baldassarre 6 Meta-analysis Reviews Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: quale evidenza? Elena Lionetti, Ruggiero Francavilla, Martino Ruggieri, Ilaria Lombardo, Domenico de Robertis, Alfredo Pulvirenti e Carlo Catassi 12 Pediatric Hepatology Outside Box Gestione dell'insufficienza epatica acuta di Silvia Riva 16 Training and Educational Corner Ruolo dell’ecografia nelle urgenze gastrointestinali in età pediatrica di Ermanno Bacchini e Simone Cella 19 Gastroenterology Clinical Research Ricerca clinica, diagnosi e trattamento dei GIST: verso quale meta? Quali prospettive? di Sergio Morini, Roberto Lorenzetti e Salvatore Campo FORUM 22 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology Acido ursodesossicolico (UDCA): approfondimento farmacologico e clinico di Chiara Amoruso, Sara Federica Fedeli e Gabriella Nebbia FORUM 25 Fellow’s Corner - L’angolo dello specializzando “Dotto’ mio figlio ha di nuovo la polmonite?” Uno strano caso di polmoniti ricorrenti di Dario Ummarino Con il contributo educazionale s ommario VIDEO 28 Endoscopy Learning Library Una diagnosi occasionale ed indaginosa di voluminoso polipo del colon di Giuliano Lombardi, Maria Teresa Illiceto e Marco Filippone FORUM 30 Pediatric Gastroenterology Educational Article L’ematemesi in PS di Massimo Fontana e Giorgio Fava 33 Ped GI Snapshots a cura del Comitato di Redazione 11 Con il contributo educazionale Presidente Vice-Presidente Segretario Tesoriere Consiglieri news © 2010 Area Qualità S.r.l. Direttore Responsabile Giovanna Clerici [email protected] Direttore Editoriale Claudio Romano [email protected] Redattore Capo Mariella Baldassarre [email protected] Comitato di Redazione Salvatore Accomando [email protected] Graziano Barera [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Francesco Cirillo [email protected] Giovanni Di Nardo [email protected] Erasmo Miele [email protected] Silvia Salvatore [email protected] Filippo Torroni [email protected] Francesca Vincenzi [email protected] Assistenti di Redazione Andrea Chiaro, Donatella Comito Coordinamento Redazionale Fiorenza Lombardi Borgia Consiglio Direttivo Sigenp Salvatore Cucchiara Roberto Berni Canani Paolo Gandullia Ruggiero Francavilla Osvaldo Borrelli, Gian Luigi de’ Angelis, Graziella Guariso, Pietro Vajro Editore Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com Redazione e Amministrazione: Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 025512322 e-mail: [email protected] Periodico quadrimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso. come si diventa soci della L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. quota associativa annuale SIGENP: (anno solare) # 60. Specializzandi: iscrizione SIGENP gratuita previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. Per chi è interessato la scheda è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segretaria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 025512322 e-mail: [email protected] ditoriale Un mix di approfondimenti e protocolli di comportamento utili nella pratica clinica Con la pubblicazione del n° 3 di SIGENP New siamo a “metà dell’opera”. Abbiamo cercato di non tradire le attese e Vi offriamo una serie di contributi di elevato livello scientifico. Nathalie Kapel nella rubrica Topic High Light chiarirà finalmente ruolo, sensibilità e specificità dei markers fecali nella definizione o nel sospetto di patologia GI acuta e cronica. Spesso l’indicazione ad indagini strumentali di tipo invasivo è guidato ed orientato dalla positività di tests sulle feci sulla cui sensibilità e specificità, spesso operatoredipendente, sono necessarie ulteriori validazioni sul "campo". La celiachia è una condizione in cui il coinvolgimento extra-gastrointestinale di organi ed apparati è frequente e molte volte preminente rispetto a quello intestinale. Si possono distinguere manifestazioni cliniche classiche ed atipiche, complicanze e patologie associate. Il sistema nervoso centrale apparentemente lontano da quello gastrointestinale può rappresentare un target per manifestazioni cliniche in associazione alla celiachia. Alcune di esse sono presunte, altre certamente correlate. La metanalisi e review della letteratura da parte di Elena Lionetti consente di avere un quadro aggiornato delle attuali conoscenze. Argomenti di epatologia trovano ampio spazio in questo numero con l’Outside Box sulla gestione delle emergenze ed un aggiornamento riguardo le proprietà farmacologiche e farmacocinetiche dell’UDCA (acido Ursodessosicolico). IIl GIST è una patologia poco consciuta dal pediatra, ma l'approfodimento ospitato in questo numero consentirà una profonda riflessione su un modello di malattia in cui le conoscenze genetiche e molecolari hanno una applicazione immediata sul piano clinico e terapeutico. Interessante il Caso Clinico con approfondimento presentato da Ummarino riguardo una entità clinica che spesso sfugge ad una precoce diagnosi. Sintetico, puntuale e pratico l’Educational Article di Massimo Fontana sulla gestione di un evento come l’ematemesi in PS: non sempre questa manifestazione clinica è secondaria a patologia GI ed un cor corretto inquadramento clinico puo’ consentire il “risparmio” di inutili ed invasive indagini strumentali. SIGENP News offre un protocollo di comportamento che può essere scaricato ed utilizzabile in qualunque struttura di PS. Tanta carne al fuoco….quindi… e nell’augurarVi una buona lettura Vi invito ad utilizzare il Forum, strumento molto utile per arricchire di nuovi contributi la rivista on-line. Claudio Romano 3 S I G E NP NE WS Volume II - n. 2 seTTemBRe 2010 Topic High light… a cura di Mariella Baldassarre Vecchi e nuovi markers fecali in età pediatrica Mariella Baldassarre U.O. di Neonatologia e T.I.N., Policlinico Universitario di Bari N athalie Kapel, laureata in biologia e farmacia presso l’Università «René Descartes -Paris 5» a Parigi, è dal 2003 direttore del Servizio di Coprologia Funzionale dell’Ospedale «Pitié-Salpêtrière» di Parigi. È professore Universitario presso la Facoltà di Biologia dell’Università «René Descartes » di Parigi. Autrice di 52 pubblicationi riportate su Pubmed, di 12 capitoli di libri e altre pubblicazioni didattiche, di 114 comunicazioni orali e scritte, è membro della Società Francofona di Nutrizione Enterale e Parenterale e della Società Francese di Parassitologia. Cosa possiamo aspettarci attualmente dall’analisi delle feci in età pediatrica? Le analisi realizzate sulle feci in età pediatrica sono: la ricerca del sangue occulto, il dosaggio dei lipidi per valutare la presenza o meno di una steatorrea, il dosaggio degli elettroliti, la determinazione della clearance dell’alfa1-antitripsina (a1AT), il dosaggio di alcuni markers quali l’elastasi fecale, l’attività chimotripsinica e la calprotectina fecale. È ancora utile il cosiddetto “esame chimico-fisico” delle feci? Questo tipo di analisi rimane utile in un certo numero di condizioni. Il dato principale dell’esame chimico delle feci utilizzato in età pediatrica è la misura delle perdite lipidiche fecali, l’unico metodo per documentare la steatorrea e di valutare le perdite nutrizionali associate sia di evidenziare una eventuale carenza di apporti. Il dosaggio concomitante dei lipidi e dell’elastasi fecale permette di diagnosticare l’insufficienza pancreatica esocrina e di valutarne le ripercussioni da un punto di vista 4 nutrizionale (il ( ruolo dell’elastasi fecale come marker nell’analisi coprologica verrà discusso più avanti). avanti Nel contesto di una diarrea acquosa può essere utile dosare gli elettroliti fecali per valutarne le perdite a livello dell’indell’in testino, ai fini anche della diagnosi dif differenziale tra la cloridorrea e la diarrea osmotica. In quest’ultimo caso, una ricerca associata dei monosaccaridi fecali potrà completare l’approccio diagnostico evidenziando il malassorbimento specifico di uno zucchero per difetto di trasporto o carenza di disaccaridasi. Infine la determinazione della clearance dell’a1AT rimane ancor oggi il “gold standard” per valutare l’essudazione proteica a livello intestinale e quindi per apprezzare l’attività e l’intensità delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Nei bambini più piccoli una standardizzazione di questa indagine effettuata rapportando la concentrazione fecale dell’a1AT all’estratto secco consente di correggere l’errore dovuto alla raccolta sul pannolino. Conviene sempre associare il dosaggio sierico dell’a1AT per valutarne un eventuale deficit che renderebbe il dosaggio fecale non interpretabile. SIGENP NEWS La ricerca del sangue occulto fecale (SOF) può oggi essere sostituita da altri markers o resta sempre un metodo valido di screening della flogosi del tratto G.I.? Al momento attuale la ricerca del SOF mantiene il suo interesse ma è imporimpor tante conoscerne bene tutti i limiti. Nell’ambito della flogosi del tratto G.I. mi sembra che nuovi markers comparsi negli ultimi anni, tra cui la calprotectina fecale, siano di maggiore utilità perché più sensibili e specifici. Qual è allo stato attuale e secondo la tua opinione, l’utilità concreta dei vari markers fecali? Il dosaggio della elastasi fecale è attualattual mente entrato negli esami di routine ef effettuati ai neonati o lattanti con sospetsospet to di fibrosi cistica ed ai bambini affetti da deficit staturo-ponderale al fine di evidenziare il più precocemente possibile l’insufficienza pancreatica esocrina. Bisogna tuttavia conoscere i limiti di tale indagine nei bambini più piccoli. Se diversi studi hanno evidenziato che i livelli di elastasi fecale si normalizzano nel corso del primo mese di vita, uno studio realizzato dal mio gruppo di ricerca ha dimostrato che un singolo dosaggio di elastasi fecale non permette sempre di escludere o diagnosticare in maniera definitiva una insufficienza pancreatica esocrina in bambini di età < 2 anni: in questi casi è necessario un secondo prelievo a distanza di tempo dal primo. Nello studio retrospettivo da noi condotto su 236 lattanti seguiti nei primi 2 anni di vita è stata osservata una evoluzione patologica dei livelli di elastasi fecale nel 14.8% di lattanti dopo un primo esame risultato normale, che Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Topic High light... a cura di Mariella Baldassarre Vecchi e nuovi markers fecali in età pediatrica Mariella Baldassarre ha condotto a porre diagnosi di insufficienza pancreatica esocrina al termine del follow-up. In senso inverso è stata ritrovata una normalizzazione dell’elastasi nel 45.6% dei lattanti che avevano presentato un valore anormale al primo dosaggio (< 200 mg/g di feci). Va sottolineato che in lattanti con un dosaggio iniziale di elastasi < 15mg/g la normalizzazione si è verificata solo nel 13.6% dei casi. Bisogna ricordare infine che una riduzione transitoria della elastasi fecale può essere osservata in bambini con enterite acuta. Dopo la diagnosi di insufficienza pancreatica esocrina e l’inizio della terapia enzimatica sostitutiva, il dosaggio dell’attività chimotripsinica fecale si può rivelare utile per valutare la compliance del trattamento, soprattutto in ragione del fatto che non esiste, per gli enzimi pancreatici, una forma galenica che si adatti come posologia ai bambini più piccoli. Un altro campo di grande interesse per ciò che riguarda i markers fecali è quello della infiammazione intestinale. Tra i tanti markers proposti nella letteratura internazionale (lisozima, mieloperossidasi, lattoferrina, TnFa), la calprotectina rappresenta oggi il più affidabile e deve far parte degli esami di “routine”. Il dosaggio della calprotectina è stato proposto agli inizi degli anni 2000 come markers di malattie infettive, neoplastiche o infiammatorie dell’intestino nell’adulto, con valori molto elevati nel corso delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). Gli studi successivi hanno altresì mostrato una sensibilità del 100% ed una specificità del 97% del dosaggio della calprotectina nell’adulto nella diagnosi differenziale tra MICI e disturbi funzionali, con un valore di cut-off di 50 mg/g di feci. Il dosaggio della calprotectina permette di seguire in maniera non invasiva l’attività delle MICI e l’ef l’efficacia terapeutica durante il follow-up. Inoltre è il parametro biologico meglio correlato allo score endoscopico e la sua normalizzazione corrisponde ad una guarigione della mucosa. In età pediatrica, il valore cut-off di 50 mg/g di feci è valido a partire dai 4 anni di età. Nei bambini di età inferiore i valori normali sono più elevati, simili a quelli osservati nel corso delle MICI, con importanti 5 variazioni inter ed intra-individuali, senza tuttavia differenze significative tra i nati a termine e pretermine. Questi valori così elevati potrebbero essere il riflesso dell’aumentata permeabilità intestinale, fisiologica a quell’età, che può favorire la transmigazione dei granulociti polimorfonucleati. Altri fattori ipotizzati come spiegazione degli alti livelli di calprotectina nei primi anni di vita sono rappresentati dalla risposta della mucosa alla colonizzazione batterica intestinale e/o la stimolazione da parte degli antigeni alimentari. Quali sono i markers fecali più recenti che offriranno più informazioni e si svilupperanno maggiormente in futuro? Nei neonati e nei lattanti la sintomatologia clinica associata alla patologia digestiva è spesso poco specifica (diarrea, coliche, pianto, difficoltà alimentari, dolori e distensione addominale) e può richiedere indagini di esplorazione morfologica e/o istologica spesso invasive. È dunque in questa fascia d’età che bisogna raddoppiare gli sforzi per sviluppare markers biologici non invasivi. Al momento attuale la calprotectina offre le migliori prospettive. In effetti, nonostante le importanti variazioni inter ed intra-individuali già descritte, gli studi pubblicati concordano nell’evidenziare un incremento dei valori di calprotectina fecale in corso di processi patologici (coliche neonatali, allergia alle proteine del latte vaccino, enteropatia intestinale, enterocolite necrotizzante) e la loro normalizzazione dopo il trattamento. Vi sono tuttora in corso studi per ottimizzare i valori di cut-off a seconda delle varie condizioni patolopatolo giche nella suddetta fascia d’età in momo do da rendere tale dosaggio un punto di riferimento come già avvenuto nei bambini più grandi e negli adulti. Un altro dosaggio promettente è quello della βdefensina-2 (HBD-2). Le defendefen sine rappresentano una delle principali famiglie di peptidi cationici endogeni ad attività antimicrobica con un amam pio spettro d’azione (batteri Gram+ e Gram-, funghi, virus capsulati, propro tozoi) che permettono lo sviluppo di un microbiota in equilibrio. Se alcune defensine (a-defensina, ( β-defensina-1) SIGENP NEWS sono prodotte naturalmente dalla mucosa intestinale, alcuni lavori recenti hanno evidenziato l’induzione di due β-defensine (HBD-2 ed HBD-3) dalle cellule epiteliali della mucosa colica nelle situazioni di flogosi digestiva come le MICI. Al momento attuale è stato validato nelle feci solo il dosaggio della HBD-2. In modo interessante è stato evidenziato un incremento più significativo della HBD2 in corso di rettocolite ulcerosa rispetto alla malattia di Crohn, come risultato di un diverso processo fisiopatologico alla base delle due malattie. Inoltre, a differenza della calprotectina fecale, la HBD-2 risulta elevata in corso di sindrome dell’intestino irritabile, e questo suggerirebbe una stimolazione della risposta immunitaria innata che può dare origine allo sviluppo di un processo pro-infiammatorio, nonostante l’assenza di qualunque segno d’interessamento organico. Nei neonati alcuni lavori preliminari hanno evidenziato tassi fisiologicamente elevati di HBD-2, che aumentano ulterior ulteriormente in corso di condizioni patologiche come l’enterocolite necrotizzante. Questo ci permette di ipotizzare l’associazione di questo marker con la calprotectina fecale per proporre un profilo di markers non invasivi del processo infiammatorio. learningPoints ¬¦ ¬¦ ¬¦ ¬¦ l’esame delle feci in età pediatrica riveste un interesse notevole nella diagnosi di importanti patologie quali l’insufficienza pancreatica esocrina, la diarrea acquosa, la flogosi del tratto gastrointestinale Nell’insufficienza pancreatica esocrina la valutazione delle perdite lipidiche fecali associata al dosaggio della elastasi fecale e dell’attività chimotripsinica fecale sono fulcro della diagnosi e della compliance terapeutica la calprotectina fecale ha confermato in tutte le fasce di età pediatrica la sua validità come marker di flogosi, sia in fase diagnostica che di follow-up molto promettente è lo studio della βdefensina-2 come marcatore di flogosi Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: quale evidenza? La letteratura al riguardo è piuttosto dibattuta con risultati contrastanti in considerazione dei diversi criteri di selezione, metodi di studio e caratteristiche dei pazienti. Pochi dati basati sull’evidenza sono disponibili in età pediatrica Elena Lionetti1, Ruggiero Francavilla2, Martino Ruggieri3,4, Ilaria Lombardo1, Domenico de Robertis5, Alfredo Pulvirenti6 e Carlo Catassi7 Dip. di Pediatria, Università di Catania - 2Dip. di Pediatria, Università di Bari - 3Dip. dei Processi Formativi, Università di Catania - 4Ist. di Scienze Neurologiche, Ist. Nazionale di Ricerca Italiana di Catania - 5Dip. di Biomedica dell'età evolutiva, Università di Bari - 6Dip. di Matematica e Bioinformatica, Università di Catania - 7Dip. di Pediatria, Università Politecnica delle Marche di Ancona 1 Introduzione La malattia celiaca (MC) è un’enteropatia immuno-mediata scatenata dall'ingestione di cereali contenenti glutine in soggetti geneticamente predisposti (1). È una delle malattie permanenti più comuni in assoluto, presentando una prevalenza nel mondo compresa tra lo 0.7% - 2% nella popolazione generale e fra lo 0.4% - 1.3% nella popolazione pediatrica (2). Recentemente, studi effettuati sugli adulti hanno riportato tra le numerose possibili manifestazioni extraintestinali della MC un ampio spettro di malattie neurologiche e psichiatriche tra cui neuropatie periferiche, atassia cerebellare, mielopatie, miopatie, encefalite del tronco cerebrale, epilessia, cefalea e autismo (3). La prevalenza di complicanze neurologiche associate alla MC negli adulti è stata stimata intorno al 26% (3). Ulteriori dati suggeriscono che gli anticorpi associati alla MC siano presenti tra il 16 ed il 57% dei soggetti con disfunzioni neurologiche (3). Alla base dell’associazione tra patologie neurologiche e MC è stata ipotizzata un’eziopatogenesi multifattoriale. In primo luogo alcune complicanze neurologiche possono essere secondarie al malassorbimento di vitamina B12 (es. mielopatie e neuropatie), di vitamina D (es. miopatia), o alla carenza di vitamina E (es. atassia cerebellare e miopatia) (3). Tuttavia, le complicanze neurologiche sono state frequentemente riportate anche in individui che non presentavano segni di malassorbimento. Nuove evidenze suggeriscono un possibile ruolo di meccanismi umorali; infatti, sono state riscontrate immunoglobuline (Ig) G dirette verso antigeni dei nervi periferici in soggetti affetti da celiachia e neuropatie periferiche (4). Un meccanismo umorale è 6 stata postulato anche per l'atassia da glutine: Hadjivassiliou et al (5) hanno rilevato anticorpi diretti contro le cellule di Purkinje nei sieri di soggetti con atassia da glutine ed una crossreattività tra anticorpi anti-gliadina ed epitopi presenti sulle cellule del Purkinje. Tuttavia, altri autori non hanno confermato questi risultati (6). Se tali anticorpi siano i veri agenti patogeni responsabili del danno neuronale o se siano solo un marker aspecifico di autoimmnuità non è ancora chiaro. Pochi dati basati sull’evidenza (per lo più aneddotici) sono disponibili in età pediatrica, con dati di incidenza differenti a seconda dei criteri di selezione utilizzati, dei differenti metodi di studio e delle caratteristiche dei pazienti. Scopo di questo articolo è di fornire una meta-analisi ed una revisione sistematica della letteratura pediatrica sulle manifestazioni neurologiche della MC, e cercare di rispondere alla domanda se vi siano prove di un nesso causale tra la MC e le patologie neurologiche (7). metodologia Sono stati inclusi nella review tutti i tipi di studio (trasversale, di coorte, casocontrollo e case-series), ad eccezione dei casi clinici. Sono stati inclusi solo studi pediatrici pubblicati in lingua inglese. Le principali misure di outcome sono state la prevalenza di malattie neurologiche nei bambini con MC e la prevalenza della MC nei bambini con disturbi neurologici. Gli studi sono stati identificati mediante ricerca nelle banche dati elettroniche, scansione della bibliografia degli articoli e consultazione con esperti del settore. La ricerca è stata effettuata nel database di Medline con PubMed, combinando i termini di ricerca per i disordini neurologici (atassia, autismo, epilessia, convulsioni, cefalea, neurologia, malattie SIGENP NEW S neurologiche, neuropatia, neuropatia periferica, convulsioni, lesioni della sostanza bianca) con le parole chiave per la MC (malattia celiaca, celiachia, intolleranza al glutine, sensibilità al glutine). Tutti gli studi descritti in questa review sono stati pubblicati tra il 1950 (inizio di Medline) e maggio 2009. La valutazione degli studi è stata eseguita indipendentemente da due revisori (EL e MR). Abbiamo sviluppato una scheda di estrazione dei dati (sulla base del Cochrane Consumers and Communication Review Group’s data extraction template), testata su tre studi inclusi, selezionati in modo casuale, e successivamente modificata. Un autore (EL) ha estratto i dati provenienti dagli studi inclusi, e il secondo autore (MR) ha verificato i dati estratti. Le informazioni estratte da ogni studio incluso riguardavano le caratteristiche dei pazienti (numero, età, metodo di diagnosi della MC, età alla diagnosi, dieta senza glutine, compliance alla dieta senza glutine) e la presenza ed il tipo di malattia neurologica, le sue caratteristiche cliniche, di laboratorio e di imaging. Abbiamo effettuato uno studio di metanalisi per valutare la correlazione tra MC ed epilessia e tra MC e cefalea. Abbiamo calcolato il rischio relativo (RR), l’odds ratio (OR), e la differenza di rischio (RD) usando il metodo fixed-effect. La varianza inversa di Mantel-Haenszel è stata applicata per unire i dati di studi differenti (8). La meta-analisi non è stata applicata per gli altri disturbi (atassia, neuropatie, autismo, lesioni della sostanza bianca) perché i dati in letteratura erano insufficienti. risultati Le caratteristiche dei quattordici studi inclusi nella review sono riassunti nella tabella 1; quattro erano studi comparativi osservazionali prospettici di coorte, (912) due erano studi comparativi osservazionali caso-controllo, (13,14) e otto Volume II - n. 2 maggio 2010 Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: qual è l'evidenza? Elena Lionetti et al Tab. 1 Sommario degli studi inclusi nella review referenza Fois 1994 (15) Vascotto 1997 (16) Pavone 1997 (17) Salur 2000 (18) Disegno dello studio pazienti gruppo controllo età media (aa) O,CS 783 - 7.5 Criteri di inclusione risultati valutati livello di evidenza* grado§ Epilessia Prevalenza di MC 2c B 2c B O,CS 3.969 - 15.5 MC alla diagnosi Prevalenza di Epilessia O,CS 1210 - 9.3 Epilessia Prevalenza di MC 2c O,CS 120 20 9.6 MC Prevalenza di autismo 4 O,CS 11 11 6.9 Autismo Prevalenza di MC 4 O,CS 206 - 8.2 Epilessia (n=69) Ritardo psicomotorio (n=29) Paralisi cerebrale (n=23) Cefalea (n=21) Ritardo del linguaggio (n=16) Altro (n=48) Prevalenza di MC 4 C O,CS 167 34 12.5 Epilessia (n=36) Prevalenza di MC 2c B 9.5 Cefalea (n=41) 8.5 ADHD (n=39) Lahat 2000 (19) C 2.5 Ipotonia (n=51) Labate 2001 (20) O,CS 72 - 12.6 Epilessia Prevalenza di MC 2c B Kieslich 2001 (21) O,CS 75 - 10.7 MC a dieta senza glutine Coinvolgimento neurologico 4 C Pratesi 2003 (9) C,O,Coorte 119 2034 7.97 Epilessia Prevalenza di MC 1b A Zelnik 2004 (13) C,O,Caso- 111 211 20.1 MC a dieta senza glutine Prevalenza di: Epilessia Atassia Neuropatia periferica Cefalea Tic Disturbi del linguaggio Ipotonia Ritardo dello sviluppo 2b B controllo Dalgic 2006 (10) C,O,Coorte 70 103 10.6 Epilessia Prevalenza di MC 1b A Mavroudi 2007 (11) C,O,Coorte 255 280 7.93 Epilessia Prevalenza di MC 1b A Anomalie neurologiche 4 C A Cakir 2007 (22) O,CS 27 - 11.22 MC a dieta senza glutine C,O,Coorte 835 300 7.08 MC alla diagnosi Prevalenza di: Epilessia Atassia Neuropatia periferica Cefalea 1b 930 300 6.5 Epilessia (180) Atassia (10) Neuropatia (8) Cefalea (50) Ritardo mentale (100) Ritardo dello sviluppo (n=270) Sindromi neurologiche (300) Prevalenza di MC 1b C,O,Casocontrollo 354 200 9.4 MC a dieta senza glutine Prevalenza di cefalea 2b C,O,Coorte 79 - 9.9 Cefalea Prevalenza di MC 2c Ruggieri 2008 (12) Lionetti 2009 (14) C: comparativo O: osservazionale CS: cross sectional MC: malattia celiaca MC 7 SIGENP NEWS *: Livello di evidenza secondo i criteri Oxford Centre EBM §: Grado di raccomandazione secondo i criteri Oxford Centre EBM Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 B Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: qual è l'evidenza? Elena Lionetti et al erano studi descrittivi trasversali (15-22). Gli studi inclusi hanno coinvolto 11.772 partecipanti. In nessuno degli articoli era stato effettuato un calcolo del power dello studio per determinare le dimensioni della popolazione necessarie per rispondere alla domanda di ricerca. Tutti gli studi inclusi erano a basso rischio di bias di selezione, ma a rischio di altri potenziali bias a causa dello specifico disegno di studio usato o di insufficienti informazioni fornite per consentire di valutare eventuali rischi di bias. Tre studi catalogati come studi pediatrici coinvolgevano una popolazione mista di bambini, adolescenti, e giovani adulti (13,18,21). Convulsioni ed epilessia Epilessia in bambini affetti da celiachia. In una larga serie multicentrica di 3.969 bambini con MC, è stata riportata una prevalenza di epilessia pari all'1%, dato paragonabile alla prevalenza dell'epilessia nella popolazione generale pediatrica (0.6-1.7%) (16). Tuttavia, l'analisi dei sottogruppi ha rivelato che la prevalenza dell'epilessia nella forma "classica" di celiachia è stata di 0.79%; nella for forma atipica di celiachia era 1.6%, e nella forma asintomatica era pari a 3.5%, suggerendo che più si ritarda la diagnosi della malattia, più si prolunga il tempo di esposizione al glutine e più alto diventa il rischio di sviluppare epilessia (16). In un recente studio prospettico su una popolazione di 835 bambini affetti da celiachia, solo quattro (0.5%) avevano avuto un diagnosi di epilessia, in accor accordo con la prevalenza nella popolazione generale pediatrica (12). Dati simili sono stati registrati da Cakir et al (22), che non hanno trovato casi di epilessia tra 27 bambini con celiachia, e da Kieslich et al (21), che hanno riportato un bambino (1.3%) con convulsioni epilettiche tra 75 bambini con MC. Solo Zelnick et al (13) hanno riportato una aumentata prevalenza di epilessia in bambini con MC (8/111; 7.2%) rispetto ad un gruppo di bambini sani (6/211; 2.8%). Tuttavia, gli stessi autori hanno riportato le seguenti considerazioni: • i "pazienti epilettici non erano omogenei"; • una "forte associazione con la MC probabilmente esiste solo in un paziente con epilessia e calcificazioni occipitali"; • la "presenza di epilessia potrebbe essere solo un riscontro accidentale". In particolare, questo studio ha incluso tra i pazienti "epilettici" le convulsioni febbrili benigne (n=4) e una singola convulsione non febbrile non provocata (n=1). 8 La prevalenza complessiva che abbiamo calcolato di epilessia in bambini con MC (1%) è simile a quella della popolazione generale (0.6-1.7%); (24) la meta-analisi mostra che il RR di sviluppare epilessia tra i bambini con MC è 2.1 (95% CI 1.5 - 2.8), l’OR è 2.1 (95% CI 1.5 - 2.8), e la RD è 0.007 (95% CI 0.0030.004; p<0.03). . MC nei bambini con epilessia. Diversi studi hanno valutato la prevalenza della MC in bambini con epilessia. Entrambi gli studi di Fois et al (15) e Vascotto e Fois (16) hanno osservato che la prevalenza della MC in bambini con epilessia (0.8% e 1.1% rispettivamente) era in accordo con la prevalenza della MC nella popolazione generale. Labate et al (20) hanno sottoposto a screening per celiachia bambini con epilessia infantile parziale, includendo sia i casi con parossismo occipitale sia quelli senza, e hanno registrato una prevalenza della malattia pari al 2.7% tra coloro che presentavano parossismo occipitale (0% per quelli senza). In un recente studio prospettico (12) effettuato su una popolazione di bambini con patologia neurologica ad etiologia sconosciuta (n=630) o con sindromi neurologiche conosciute (n=300), 6 bambini su 279 con epilessia avevano anche la MC (2.1%). Salur et al (18) hanno effettuato il dosaggio degli anticorpi anti-gliadina (AGA IgA e IgG) e anti-endomisio in bambini con epilessia (n=69). Nessuno dei partecipanti è risultato positivo per gli anticorpi anti-endomisio e un partecipante che aveva atrofia dei villi intestinali compatibile con la MC era positivo esclusivamente per AGA IgA e IgG (1.4%). Tre recenti studi prospettici controllati sono stati effettuati per studiare ulteriormente questo aspetto; due studi (10,11) hanno dimostrato un'aumentata prevalenza di celiachia tra bambini con epilessia idiopatica rispetto ai bambini sani (2.8% vs 0% e 0.8% vs 0%; p<0.05), e uno studio (9) non ha dimostrato alcuna differenza (0.8% vs 0.3% p=0.5). Lahat et al (19) hanno esaminato la prevalenza della celiachia in 167 bambini con vari disordini neurologici, compresi 36 bambini con epilessia. Anche se sono stati riscontrati AGA IgG in 22 dei 167 bambini (13%) rispetto a 3 bambini su 32 (9%) nel gruppo controllo, nessun bambino è risultato essere SIGENP NEWS positivo per AGA IgA o anticorpi antiendomisio, e quindi le biopsie duodenali non sono state effettuate. La prevalenza complessiva che abbiamo calcolato di MC nei bambini con epilessia (1.1%) è in accordo con quella registrata nella popolazione generale pediatrica (0.4 -1.3%) (2). La meta-analisi ha mostrato che il RR della MC nei bambini con epilessia è 1.7 (95% CI 1.4–2.1), l’OR è 2.4 (95% CI 1.8–3.2), e la RD è 0.007 (95% CI 0.004–0.01; p<0.03). In base alla revisione della letteratura e ai risultati della meta-analisi concludiamo che (1) la maggior parte degli autori raggruppano tutti i pazienti con epilessia in un unico gruppo come se l'epilessia fosse un'unica entità nosografica, nonostante sia largamente riconosciuta come un'entità eterogenea con sottostanti differenti eziologie (2); malgrado l’aumentato rischio calcolato per i pazienti con MC di sviluppare epilessia, e viceversa, le basse cifre di RD indicano che probabilmente esiste solo un’associazione casuale tra due disordini molto comuni; e (3) in bambini con celiachia ed epilessia, il tipo di convulsioni più frequentemente riscontrate sono in linea con quelle riportate nella popolazione generale (24). MC, epilessia e calcificazioni cerebrali. Abbiamo calcolato che 7 (0.2%) dei 2.893 bambini con epilessia sottoposti a screening per MC negli studi fin ora riportati, presentavano calcificazioni cerebrali. Alcuni autori hanno suggerito che la ben conosciuta sindrome caratterizzata da celiachia, epilessia e calcificazioni cerebrali potrebbe svilupparsi solo più avanti nella vita, e che la MC nella fase iniziale può manifestarsi con epilessia in assenza di calcificazioni – la precoce identificazione e il trattamento della MC, quindi, potrebbe invertire la tendenza a sviluppare l'epilessia e diminuire il rischio di sviluppare calcificazioni cerebrali (10,20,23). Non ci sono trials controllati che abbiano valutato l'effetto di una dieta senza glutine in pazienti con MC ed epilessia. atassia cerebellare ("atassia da glutine") Pochi studi, la maggior parte dei quali retrospettivi, hanno valutato questo aspetto in età pediatrica. Kieslich et al (21) hanno riportato che due pazienti con MC in corso di dieta senza glutine presentavano "atassia lieve" (2,7%), Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: qual è l'evidenza? Elena Lionetti et al mentre Cakir et al (22) non hanno osservato casi di atassia in bambini celiaci a dieta senza glutine. Zelnick et al (13) hanno constatato che sei pazienti affetti da atassia avevano anche celiachia (5.4%) ma nessuno dei 211 bambini del gruppo controllo aveva atassia. È importante sottolineare che in questo studio (13) veniva riportata un'età media di 20 anni (DS 8,9 anni), ad indicare che l'inizio dell'atassia potrebbe essere stato in età adulta. Nessun bambino mostrava disfunzione cerebellare nello studio prospettico di Ruggieri et al (12), e nessuno dei bambini con atassia, ad eziologia conosciuta e non, sottoposti a screening per la MC aveva sierologia positiva. Una possibile spiegazione per l'alta prevalenza di atassia negli adulti con MC (40%) (3) comparata con la bassa o nulla prevalenza di disfunzione cerebellare in bambini con MC potrebbe essere l’effetto età-correlato sul sistema nervoso, e più specificatamente sul cer cervelletto. Un'altra possibile spiegazione potrebbe essere l’influenza di una precoce eliminazione del glutine dalla dieta sulla prevenzione dello sviluppo di atassia. Rimane poco chiaro se gli anticorpi della celiachia contribuiscano alla patogenesi dei disordini cerebellari o se invece rappresentino solo un epifenomeno di un altro processo responsabile della malattia. In particolare, bisogna notare che c'è evidenza di un'elevata prevalenza di positività per anticorpi anti-gliadina anche nei disordini neurodegenerativi geneticamente trasmessi (3) Neuropatia periferica Pochi studi sono stati effettuati sulla prevalenza della neuropatia periferica in età pediatrica, e sulla sua potenziale associazione con la celiachia. Cakir et al (22) hanno osservato che il 7.4% dei bambini con MC a dieta senza glutine avevano polineuropatie periferiche con quadri misti di polineuropatia assonale motoria e sensoriale e polineuropatia sensoriale pura (tra questi alcuni bambini non erano aderenti alla dieta senza glutine). Ruggieri et al (12) hanno ripor ripor-tato il follow-up a lungo termine di una ragazza (su 835 bambini con celiachia; 0.1%) affetta da una neuropatia periferica acuta demielinizzante, principalmente motoria (rispetto a nessuna neuropatia periferica nel gruppo-contollo sano e nessun celiaco nel gruppo controllo sot sottoposto a follow-up per neuropatia periferica), che aveva avuto ricadute quando 9 il glutine era stato accidentalmente reintrodotto nella sua dieta e le cui condizioni erano rapidamente migliorate con l'inizio del regime dietetico. Lesioni della sostanza bianca cerebrale Kieslich et al (21) hanno usato la risonanza magnetica cerebrale per studiare soggetti affetti da celiachia, e hanno rilevato, nelle sequenze T2, lesioni della sostanza bianca focali iperintense mono- e bilaterali, localizzate nelle aree parieto-occipitale, parietale monolaterale, frontale, e parieto-temporo-occipitale monolaterale nel 20% di pazienti con MC in trattamento con dieta senza glutine. Non c'era correlazione tra la presenza delle lesioni e l'aderenza alla dieta o tra le anomalie neurologiche o elettroencefalografiche; l'esposizione media al glutine era leggermente più lunga in questi pazienti rispetto a quelli con risonanza magnetica negativa (dato statisticamente non significativo). Gli autori hanno ipotizzato che le lesioni focali della sostanza bianca cerebrale potessero essere ad eziologia ischemica, sia come risultato di una vasculite, sia secondarie a demielinizzazione infiammatoria. Le lesioni periventricolari della sostanza bianca sono state rilevate anche nel 13.6% dei bambini con MC con disfunzione neurologica studiati da Ruggieri et al (12) (figure 1 e 2); due erano femmine con associati disturbi psichiatrici e scarFig. 1 Immagine della sezione coronale T2 della risonanza magnetica cerebrale di una ragazza con celiachia e disturbi psichiatrici. Sono evidenti le lesioni iperintense diffuse bi bilaterali della sostanza bianca periventricolare sa aderenza alla dieta, mentre una era venuta all'osservazione per cefalea. Le lesioni focali della sostanza bianca cerebrale dunque potrebbero rappresentare una manifestazione extrainte- SIGENP NEWS Fig. 2 Immagine della sezione assiale T2 della risonanza magnetica cerebrale di due gemelli con celiachia e cefalea. Sono evidenti le lesioni iperintense diffuse bilaterali della sostanza bianca periventricolare posteriore A B stinale della MC come si verifica in altre patologie gastrointestinali croniche immuno-mediate in età pediatrica (25). Il dato elevato di prevalenza registrato necessita comunque di ulteriori conferme ed il valore prognostico di tali lesioni rimane ancora da chiarire. Cefalea In un recente studio che abbiamo ef effettuato su bambini affetti da celiachia (14), abbiamo trovato un'aumentata prevalenza di cefalea al momento della diagnosi di celiachia, significativamente più alta rispetto al gruppo controllo (24,8% vs 8%; p=0,001). Questo dato è in accordo con la prevalenza (i.e. 29.7%) riportata da Zelnik et al (13) in pazienti affetti da MC. Ci sono dati precedenti (12) che riportano una frequenza di cefalea più bassa tra i bambini con MC pari allo 0.35%. Questi differenti risultati possono essere spiegati dalle differenti metodologie nella raccolta dei dati, ed in particolare: Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: qual è l'evidenza? Elena Lionetti et al • un'età inferiore alla diagnosi di MC nei bambini arruolati, che probabilmente non erano in grado di riferire cefalea; • differenti fonti di informazione (questionari rispetto ad interviste e visite neurologiche); • studi multicentrici effettuati in ambiente ospedaliero rispetto a studi monocentrici population-based. La meta-analisi applicata ai dati disponibili mostra che il RR dei pazienti con celiachia di sviluppare cefalea è 3.2 (95% CI 2.2 - 4.7), l’OR è pari a 4.0 (95% CI 2.6 - 6.1; p<0.001, I²<27.6%), e la RD è 0.08 (95% CI 0.06–0.11; p<0.001), indicando che i bambini con MC possono essere ad alto rischio di cefalea. Nel nostro studio (14) l'aderenza alla dieta senza glutine ha portato a miglioramento dei sintomi della cefalea nel 76.4% dei bambini. Inoltre, nella parte prospettica dello stesso studio (14), finalizzata all'ac all'accertamento della prevalenza di MC in bambini con cefalea, è stato osservato che il 5% dei bambini che facevano riferimento al servizio ambulatoriale neurologico per le cefalee, risultava positivo allo screening per la MC; questa prevalenza era significativamente più alta di quella at attesa. La differenza osservata nella prevalenza corrisponde a un OR di 7.9. Lahat et al (19) non hanno trovato pazienti celiaci su 41 bambini con cefalea. autismo L'ipotesi che la MC possa essere coinvolta nella patogenesi dell’autismo è basata principalmente sull'osservazione della presenza di una mucosa intestinale alterata nei bambini con autismo, e questo potrebbe permettere l'anomalo assorbimento di piccoli peptidi come la gliadina che possono scatenare una reazione immunitaria o determinare un danno diretto al sistema nervoso (3). Tuttavia, l’alterazione della permeabilità intestinale nei soggetti autistici non è ancora stata dimostrata e non ci sono studi in letteratura che dimostrino un associazione tra celiachia e autismo. Pavone et al (17) hanno verificato la presenza di problemi comportamentali e tratti autistici retrospettivamente in 93 bambini celiaci in trattamento dietetico, in 27 bambini celiaci alla diagnosi e in 20 soggetti non affetti da celiachia che rappresentavano il gruppo controllo. Nessuno dei pazienti affetti da celiachia e del gruppo controllo aveva 10 un test positivo per l'autismo infantile (DSM-III-R). Gli autori hanno inoltre effettuato lo screening per la MC in 11 pazienti con autismo infantile e 11 bamini sani di pari per sesso ed età. Nessun caso di MC è stato rilevato nel gruppo controllo e nel gruppo dei pazienti con autismo, e anche se due bambini presentavano un lieve incremento dei livelli di AGA IgG e degli anticorpi anti-endomisio, le biopsie digiunali e le successive determinazioni anticorpali risultavano normali. Questi risultati sembrano confutare una associazione tra MC e autismo. Inoltre, si deve sottolineare che l'autismo è un disturbo neurologico precoce dello sviluppo cerebrale, e quindi una correlazione temporale con i danni derivati dal glutine è difficile da ipotizzare. Sono necessari ulteriori studi per stabilire se il glutine di per sè possa avere un ruolo nell’eziopatogenesi del disturbo autistico al di fuori del contesto della MC. ConClusIonI La review sistematica della letteratura con la metanalisi indica che i soggetti con MC hanno un rischio aumentato di sviluppare (almeno alcune) complicanze neurologiche durante l'infanzia (ad esempio: cefalea, neuropatie periferiche e lesioni della sostanza bianca). La prevalenza complessiva del coinvolgimento neurologico nei bambini è più bassa rispetto agli adulti. Tale discrepanza può avere diverse spiegazioni: • la durata relativamente breve della malattia nei bambini potrebbe non essere sufficiente perchè si osservi il coinvolgimento del sistema nervoso (il tessuto neuronale necessità di molto tempo perchè sia dannaggiato irreversibilmente) • l’eliminazione precoce del glutine dalla dieta può prevenire lo sviluppo delle alterazioni neurologiche • la migliore aderenza alla dieta senza glutine può svolgere una funzione preventiva (la compliance alla dieta è più elevata durante l'infanzia che in adolescenza o in età adulta) • le due popolazioni possono differire nella suscettibilità ai disturbi immunomediati. Le principali limitazioni di questa review sono: • la scarsità di studi disponibili nella fascia di età pediatrica, • il fatto che alcuni studi etichettati SIGENP NEWS come puramente pediatrici o riguardanti l'età infantile analizzino popolazioni con età eterogenee (ad esempio estensione del limite di età verso l'adolescenza e la giovinezza), • il raggruppamento di tutti i pazienti con disturbi neurologici in un unico studio, • il raggruppamento di condizioni eterogenee in un unico gruppo, come se fossero un’unica malattia (ad esempio l'epilessia nei soggetti con MC) • uso di criteri clinici non chiari nella definizione e nella diagnosi di alcune malattie neurologiche (ad esempio l’atassia, l’epilessia, e la cefalea). Key Points ¬¦ ¬¦ ¬¦ ¬¦ ¬¦ Studi effettuati sugli adulti hanno riportato un ampio spettro di malattie neurologiche e psichiatriche in associazione alla celiachia, tra cui neuropatie periferiche, atassia cerebellare, mielopatie, miopatie, encefalite del tronco cerebrale, epilessia, cefalea e autismo, con una prevalenza stimata intorno al 26% Pochi dati basati sull’evidenza sono disponibili in età pediatrica la review della letteratura mostra che in età pediatrica i soggetti con mC hanno un rischio aumentato di sviluppare solo alcune complicanze neurologiche, quali cefalea, neuropatie periferiche e lesioni della sostanza bianca, ma il rischio è inferiore rispetto all’età adulta la discrepanza potrebbe essere dovuta alla breve durata della malattia, alla precoce eliminazione del glutine dalla dieta, ad una migliore aderenza alla dieta, o alla differente suscettibilità ai disordini immuno-mediati Ulteriori studi mirati a verficare l’associazione tra celiachia ed ogni singolo disturbo neurologico sono necessari per chiarire la presenza di un nesso causale tra celiachia e complicanze neurologiche Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Meta-analysis Reviews a cura di Erasmo Miele Le complicanze neurologiche della celiachia in età pediatrica: qual è l'evidenza? Elena Lionetti et al <<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<Bibliografia >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Fasano A. Clinical presentation of celiac disease in the pediatric population. Gastroenterology 2005;128(4 Suppl 1):S68-73. Rewers M. Epidemiology of celiac disease: what are the prevalence, incidence, and progression of celiac disease? Gastroenterology 2005;128(4Suppl1):S47-51. Bushara KO. Neurologic presentation of celiac disease. Gastroenterology 2005;128(4Suppl1):S92-7. Alaedini A, Green PHR, Sander HW et al. Ganglioside reactive antibodies in the neuropathy associated with celiac disease. J Neuroimmunol 2002;127:145-8. Hadjivassiliou M, Boscolo S, Davies-Jones GAB et al. The humoral response in the pathogenesis of gluten ataxia. Neurology 2002;58:1221-6. Wiendl H, Mehling M, Dichgans J et al. The humoral response in the pathogenesis of gluten ataxia. Neurology 2003;60:1397. 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Acute CNS white matter lesions in patients with inflammatory bowel disease. Inflamm Bowel Dis 2009;15:576-80. Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo Gestione dell'insufficienza epatica acuta L’insufficienza epatica acuta (ALF) è una sindrome clinica rara, innescata da molteplici cause (metaboliche, tossiche, infettive o autoimmuni) che, data la rapidità e la severità del quadro, in una significativa quota di casi non è possibile caratterizzare dal punto di vista eziologico silvia riva ISMETT Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione di Palermo L’ALF rappresenta una vera emergenza medica, spesso riconosciuta in ritardo con gravi conseguenze negative sulla prognosi finale. La popolazione pediatrica, in particolare, presenta nella maggioranza dei casi caratteristiche aspecifiche che rendono la diagnosi ancora più problematica. L’identificazione precoce dei primi segni di ALF è cruciale: permette ai medici di indirizzare rapidamente il paziente ai Centri di Riferimento, necessariamente dove sia attivo un programma di Trapianti di Fegato Pediatrico, per la diagnosi ed il supporto necessario. deFInIzIone L’attuale definizione di ALF nel bambino, suggerita dal consensus Pediatric Acute Liver Failure (PALF), identifica una condizione di coaugulopatia, non corretta dopo somministrazione di vitamina K, in bambini ed adolescenti senza nota malattia epatica preesistente, cui può associarsi, ma non necessariamente, l’encefalopatia (1,2). Dal punto di vista biochimico la sindrome è caratterizzata da coaugulopatia e da deficit globale della funzione di sintesi epatocellulare, sia energetica che proteica, identificabile anche attraverso la grave riduzione dei valori di glicemia, colesterolo, albumina e pseudocolinesterasi. gestIone La gestione dell'ALF è multidisciplinare e persegue più obbiettivi paralleli: 1 2 3 4 5 monitoraggio e sostegno delle funzioni vitali prevenzione, identificazione e trattamento precoce delle complicanze definizione diagnostica con strategie differenziate per età trattamento eziologico se disponibile giudizio sul potenziale di reversibilità ed eventuale valutazione per trapianto di fegato 12 In considerazione della complessità del quadro clinico e della necessità di monitoraggio continuo, la gestione più appropriata richiede generalmente il trasferimento del paziente nei reparti di terapia intensiva, obbligato in presenza di encefalopatia o anche di sola coaugulopatia severa (INR > 4). L'approccio al bambino con ALF deve porsi come obiettivi prioritari il sostegno delle funzioni vitali e la prevenzione delle complicanze dell'insufficienza epatica, ma anche il riconoscimento precoce di tutti gli elementi prodromici di una condizione di “non ritorno”, curabile unicamente dal trapianto di fegato. È immediatamente opportuno reperire accessi vascolari “sicuri”: un accesso venoso centrale per infusioni anche ad elevata osmolarità, ed un accesso arterioso per il monitoraggio invasivo della pressione arteriosa e l'esecuzione di esami ematochimici (tabella 1). Fra gli elementi clinici più attendibili per la prognosi ricordiamo la valutazione dell’epatomegalia: un fegato di piccole dimensioni o una sua rapida riduzione volumetrica, con drastico miglioramento della citolisi ma non della coaugulopatia e la persistenza di ridotte concentrazioni di alfafetoproteina sono segni prognostici negativi ed espressione di scarsa propensione alla rigenerazione epatocellulare. La presenza di ipofosfatemia e la somministrazione precoce di fosforo sono associate a prognosi migliore, mentre l'iperfosfatemia è predittiva di decorso sfavorevole. Un’attività respiratoria spontanea controindica la sedazione farmacologica, in particolare la somministrazione di benzodiazepine, per non mascherare o aggravare il quadro di encefalopatia. SIGENP NEWS Le principali indicazioni alla ventilazione meccanica includono l'evidenza di ipossia, di encefalopatia di grado moderato/severo, ma anche di grado lieve in caso sia previsto il trasferimento del paziente ad altra struttura. Il ruolo della biopsia epatica è controverso: aiuta ad identificare situazioni di scompenso acuto di malattie croniche (M. di Wilson, epatite autoimmune) ed infezioni virali suscettibili di trattamento medico specifico, ma nei restanti casi di ALF non modifica, in genere, l'approccio terapeutico. Anche il suo valore prognostico non è assoluto e sebbene la presenza di necrosi epatica massiva, superiore al 50%, suggerisca una prognosi sfavorevole, è possibile che la lettura istologica sia inficiata da errori di campionamento. Quando ritenuta necessaria, la biopsia epatica dovrebbe sempre essere effettuata con approccio transgiugulare o chirurgico per ridurre il rischio emorragico: la sua esecuzione dipende principalmente dalla familiarità del Centro con le metodiche. ComPlICanze La necrosi epatica massiva e l'immissione in circolo di metaboliti tossici vasoattivi producono una cascata di eventi che, nelle forme più severe di ALF, può determinare instabilità emodinamica e favorire l'insorgenza di edema cerebrale. Instabilità emodinamica La gestione dei pazienti affetti da ALF richiede sempre il monitoraggio invasivo della pressione venosa centrale, necessaria per definire il fabbisogno infusionale (cristalloidi, colloidi ed emoderivati) e per identificare precocemente i segni iniziali di un’insufficienza circolatoria. Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo Gestione dell'insufficienza epatica acuta Silvia Riva Tab. 1 Approccio al bambino con insufficienza epatica acuta monitoraggio Monitoraggio parametri vitali Controllo diuresi oraria Monitoraggio neurologico (EEG a giorni alterni e fundus oculi secondo necessità) Ogni 4 ore: equilibio acido-base, glicemia, lattato, ammonio Ogni 12 ore: elettroliti, funzione renale, test coagulazione + fattore V, osmolarità Ogni 24 ore: esami completi (funzione epatica, renale, emocromo, procalcitonina, protidemia, albumina) Ogni 48 ore: alfafeto-proteina, colesterolo, trigliceridi Colture sangue/urine/cateteri (secondo necessità) prevenzione delle complicanze dell’insufficienza epatica Ipo/iperglicemia, acidosi/alcalosi metabolica range glicemici Encefalopatia Sovraccarico emodinamico/edema cerebrale Sindrome epatorenale Coagulopatia/emorragia digestiva Sepsi Via venosa centrale Accesso arterioso Stop alimentazione enterale fino all’esclusione galattosemia/tirosinemia (nel lattante) Stop di ogni farmaco Vitamina K 5 mg IM/IV Apporto idrico pari a 2/3 del fabbisogno Dieta normocalorica normoproteica (in assenza di eziologia che richieda un ridotto apporto proteico): - Apporto glucosio 0.5-1 g/kg/h (parenterale o enterale), atti a mantenere glicemia 120-180 mg/dl (bambino piccolo); 90-140 mg/dl (bambino grande) - Apporto proteico 0.5-1.5 g/kg/die (< 0.5 g/kg/die se necessaria restrizione proteica) Inibitore di pompa protonica Correzione ipo-PO4 e Mg Terapia antibiotica a largo spettro Terapia antifungina se sospetto di infezione o isolamento colturale Terapia antivirale (fino ad esclusione di infezione erpetica in epoca neonatale) Lattulosio per via orale o rettale in presenza di stipsi, sanguinamento intestinale o iperammoniemia Plasma fresco congelato: 10 ml/Kg/6h se sindrome emorragica o INR > 4 (INR ≥ 3 + piastrinopenia) Emofiltrazione o emodialisi se diuresi < 1 ml/kg/ora o in presenza di sovraccarico idrico Fototerapia se bilirubina indiretta ≥ 20 mg/dl in epoca neonatale, o ≥ 30 mg/dl fino all’anno di vita Plasmaferesi: plasma fresco (1.5 volumi/sessione) in attesa di OLT (da concordare in base al quadro generale: miglioramento del circolo, con incremento di indice cardiaco e riduzione delle resistenze sistemiche; controllo dell'encefalopatia) Exanguinotrasfusione in presenza di caogulopatia severa, nel sospetto di emocromatosi neonatale (associata a ferrochelazione e cocktail antiossidante) Inotropi: ipotensione con normale pressione di riempimento capillare N-acetilcisteina: intossicazione da paracetamolo/Amanita Phalloides. Da considerare in presenza di instabilità emodinamica, nonostante inotropi l'ipoglicemia può peggiorare il quadro di encefalopatia e causare un rapido deterioramento neurologico. Trasferimento in ICU se encefalopatia, grave coaugulopatia o instabilità emodinamica 13 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo Gestione dell'insufficienza epatica acuta Silvia Riva In corso di ALF frequentemente si verificano episodi di sanguinamento, raramente fatali: tuttavia, poiché la coaugulopatia è uno fra gli elementi prognostici più attendibili, la sua correzione preventiva dovrebbe essere riservata ai pazienti già iscritti in lista d’attesa per trapianto, a quelli che devono subire procedure invasive ed ai pazienti con associata severa piastrinopenia. La somministrazione di farmaci ad azione inotropa si rende necessaria in presenza di ipotensione nonostante una normale pressione di riempimento capillare. In assenza di risposta clinica soddisfacente dovrebbe essere considerata la contemporanea somministrazione di N-acetilcisteina, efficace nel migliorare globalmente l’ossigenazione e la perfusione tissutale (3,4). Sovraccarico idrico, oliguria (diuresi <1 ml/kg/min) ed insufficienza renale richiedono sempre un trattamento dialitico (emodialisi/filtrazione). Utili in attesa di trapianto, anche se probabilmente non determinanti sulla prognosi, metodi di depurazione plasmatica, dai più semplici (plasmaferesi) ai più complessi (MARS). Encefalopatia ed edema cerebrale Rappresentano le principali complicanze neurologiche e riconoscono pochi validi trattamenti. L'eziopatogenesi dell'encefalopatia è ancora poco nota e probabilmente è l'esito di più fattori causali; coinvolge la maggioranza dei bambini affetti da ALF, ma è difficilmente riconoscibile, almeno nella fase iniziale. Fra i primi segnali clinici ricordiamo l'alterazione del ciclo sonno-veglia, stati di irritabilità alternata a sopore e, nei bam- bini più grandi, inspiegabili esplosioni di rabbia o di pianto. Le alterazioni elet elettroencefalografiche rilevabili in corso di encefalopatia sono aspecifiche, ma certamente utili nella diagnosi: in genere sono molto precoci e precedono la comparsa dei segni clinici. L'encefalopatia si beneficia solo parzialmente di una restrizione proteica, di decontaminazione intestinale e di somministrazione di lattulosio; anche la somministrazione di aminoacidi ramificati risulta efficace solo temporaneamente e non sembra influenzare la prognosi a distanza. Recentemente è stata segnalata l’utilità del trattamento con ornitina, aspartato o sodio benzoato per controllare l'iperammoniemia (5). L'ipertensione endocranica, rara negli stadi I e II, è sempre presente negli stadi III e IV dell'encefalopatia e nelle Fig. 1 Algoritmo diagnostico della insufficienza epatica acuta nel bambino Fig. 1 Elementi anamnestici e clinici di orientamento Anamnesi esame obiettivo Neonato < 6 mesi Nulla per Os Nutrizione parentale Escludere Galattosemia/Tirosinemia Bambino più grande Nutrizione enterale Terapia di supporto • HSV1-2 (neonatale) • Enterovirus • INfezioni batteriche • Fruttosemia • Deficit ciclo Urea • Errori sintesi acidi biliari • Malattia di Wilson (> 5 aa) Diagnosi urgenti • Epatite autoimmune (> 12 mesi) • Epatite a cellule giganti con anemia emolitica (max 6 mesi - 3 aa) Terapia specifica • Emocromatosi Neonatale (neonatale) • Linfoistiocitosi emofagocotica (< 3 aa) • HHV-6 • HAV, HBV, HCV • Parvovirus B19 • Paramixovirus Completare indagini • Deficit di glicosilazione proteine • Malattia da accumulo • Difetti beta-ossidazione • Malattie mitocondriali • Malattie perossisomiali Terapia di supporto Valutare iscrizioni in lista d'attesa per trapianto 14 SIGENP NEWS • Malattie infiltrative • Paracetamolo/tossici Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Pediatric Hepatology Outside Box a cura di Francesco Cirillo Gestione dell'insufficienza epatica acuta Silvia Riva forme più severe può causare l'erniazione cerebrale e l’exitus. Più frequentemente può determinare alterazioni del flusso cerebrale con possibile edema cerebrale e conseguente danno anossico, anche permanente. Per ridurre il rischio edemigeno, se non sono presenti segni di disidratazione, l'apporto idrico non dovrebbe superare i 2/3 del fabbisogno. L'ipertensione sistemica è un segno precoce di ipertensione intracranica, ma non è più evidente nelle fasi tardive, quando in genere compaiono ipertono, iperiflessia, iperventilazione, postura decerebrata e asincronia dei movimenti oculari, fino alla perdita dei riflessi oculari e neurologici in genere. Il monitoraggio invasivo della pressione intracranica (ICP), gravato da rischi infettivi e di emorragia intracranica, è a tutt'oggi controverso (6,7). Il trattamento cardine dell'ipertensione endocranica è rappresentato dal mannitolo, per la sua azione diuretica e di incremento del flusso cerebrale. Studi prospettici condotti sull'adulto documentano l'efficacia dell'ipernatremia (valori > 145 mEq/L) nel ridurre significati- vamente l'incidenza e la gravità di ipertensione ed edema cerebrale (8). Infine, anche l'ipotermia lieve (32°->35°C) sembra favorire la riduzione della ICP e l'incremento del flusso cerebrale, con potenziali effetti positivi sul metabolismo azotato, l'osmolarità plasmatica e l'attività critica sub clinica (9). Trapianto di fegato Nonostante il miglioramento in termini di supporto delle funzioni vitali, di possibilità diagnostiche (figura 1) e di terapia eziologica, l’outcome dei pazienti affetti da ALF risulta significativamente modificato solo grazie all'introduzione dei programmi di trapianto di fegato. L’opzione trapianto, controindicata in caso di avanzato deterioramento neurologico, deve essere riservata ai pazienti in cui vi sia la ragionevole certezza che la patologia di base sia curabile con il trapianto e che la prognosi a lungo termine dopo il trapianto sia migliore rispetto a quella della sottostante patologia. Il trapianto di fegato ausiliario e di epatociti, che teoricamente permettono il recupe- ro del fegato nativo, necessitano di ulteriore valutazione attraverso studi prospettici controllati (3,10). <<<<Bibliografia >>>>> 1. Trey C, Davidson CS. The management of fulminant hepatic failure. Prog Liver Dis 1970;3;282-98. 2. Squires R jr, Shneider B, Bucuvalas J et al. Acute liver failure in children: the first 348 patients in the pediatric acute liver failure study group. J Pediatr 2006;148:652-8. 3. Dhawan A, Cheeseman P, Mieli-Vergani G. Approaches to acute liver failure in children. Pediatr Transplantation 2004:8:584-588. 4. Lee WM, Squires RH Jr, Nyberg SL, DooE and Hoofnagle JH. Acute Liver Failure: Saummary of a Workshop. Hepatol 2008;47:1401-1415. 5. Arya R, Gulati S, Deopujari S. Management of hepatic encephalopathy in children. Postgrad Med J 2010;86:34e41. 6. Keays RT, Alexander GJ, Williams R. The safety and value of extradural intracranial pressure monitors in fulminant hepatic failure. J. Hepatol 1993;18:205-9. 7. Blei AT, Olafsson S, Webster S, Levy R. Complications of intracranial pressure monitoring in fulminant hepatic failure. Lancet 1993;341:157-8. 8. Murphy N, Auzinger B, Bernel W, Wendon J. The effect of hypertonic sodium chloride on intracranial pressure in patients with acute liver failure. Hepatol 2004;39:464-70. 9. Vaqueto J, Rose C, Butterwoth RF. Keeping cool in acute liver failure: rationale for the use of mild hypotermia. J Hepatol 2005;43:1067-77. 10. Mahadeb P, Gras J, Sokal E, Otte JB, Lerut J, Detaille T, de Cléty SC, Reding R. Liver transplantation in children with fulminant hepatic failure: The UCL experience. Pediatr Transplantation 2009:13:414-420. Key Points ¬¦ ¬¦ ¬¦ ¬¦ l’insufficienza epatica acuta è una condizione potenzialmente reversibile se adeguatamente gestita, preferibilmente in centri in cui sia attivo un programma di trapianti di fegato pediatrico. richiede un attento monitoraggio, finalizzato a prevenire e/o riconoscere precocemente le complicanze dell'AlF, quali infezioni, insufficienza renale, encefalopatia ed edema cerebrale Il ruolo della biopsia epatica non è definito: utile per identificare e guidare il trattamento medico di alcune forme di AlF, non offre certezze sulla prognosi e pone evidenti rischi emorragici. la sua esecuzione, per via transgiugulare o chirurgica, è subordinata alla familiarità del centro con le metodiche Encefalopatia ed edema cerebrale rappresentano la più frequente causa di morte in corso di AlF; la presenza di ipertensione intracranica (≥ 20 mmHg) e la difficoltà a mantenere adeguate pressioni di perfusione cerebrale (≥ 50 mmHg) sono fattori prognostici sfavorevoli. la gestione delle complicanze neurologiche richiede attenzione ai bilanci idro-elettrolitici e glicemici ed una attenta sorveglianza clinica ed elettroencefalografica Il trapianto di fegato ha rivoluzionato l’outcome dei pazienti affetti da AlF. Il trapianto di epatociti e di fegato ausiliario offrono potenziali vantaggi, ma la loro efficacia deve ancora essere valutata 15 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Training and Educational Corner a cura di Ruolo dell’ecografia nelle urgenze gastrointestinali in età pediatrica Barbara Bizzarri Francesca Vincenzi L’ecografia rappresenta indubbiamente l’indagine di prima scelta per un inquadramento diagnostico in presenza di una sintomatologia addominale sia nell’adulto ma soprattutto nel bambino in tutte le sue fasi di crescita ermanno Bacchini1 e simone Cella2 Radiologia Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma Istituto di Scienze Radiologiche, Università degli Studi di Parma 1 2 IntroduzIone In questi ultimi anni l’ecografia è stata oggetto, specie in età pediatrica, di un crescente interesse e di una maggiore applicazione in molte situazioni cliniche ordinarie ed urgenti grazie alla sua innocuità e alla molteplicità di informazioni ottenute con rapidità e spesso completezza. In questo articolo verrà analizzata la sua efficacia diagnostica e i suoi limiti nelle più frequenti patologie gastrointestinali dell’età pediatrica. Le cause di patologia gastrointestinale caratterizzata dal dolore addominale ricorrente o acuto si possono classificare in base all’età di insorgenza: in epoca neonatale (o del lattante) e in quelle dell’infanzia, fino all’adolescenza. Stenosi ipertrofica del piloro, invaginazione intestinale, malrotazioni e volvoli del piccolo intestino, ileo da meconio ed enterite necrotizzante appartengono al primo mentre nel secondo gruppo prevalgono: appendicite acuta, adenomesenterite, patologia epatobiliare malformativa e non, pancreatite, enterite acuta, malattie infiammatorie croniche intestinali e porpora di Henoch-Schonley. L’ecografia è spesso la metodica diagnostica di primo approccio, ma il suo contributo è variabile in relazione alla patologia trattata. Nella stenosi ipertrofica del piloro, l’ecografia ha dimostrato un’elevata sensibilità (90-96%) e specificità. L’aspetto ecografico mostra l’ispessimento ipoecogeno della tonaca muscolare della parete del canale pilorico (figura 1). La misurazione dello spessore parietale totale supera 8 mm nella scansione traversa mentre la lunghezza globale del canale supera i 17 mm. Valori borderline possono trovarsi frequentemente nel prematuro e nel piloro- 16 SIGENP NEWS n. 3 seTTemBRe 2010 Volume II - Fig. 1 Stenosi ipertrofica del piloro (A). Ispessimento parietale del canale pilorico (B) A spasmo persistente. Segno associato frequente è la presenza del prolasso della mucosa pilorica nell’antro. L’invaginazione intestinale è la causa più comune di addome acuto nel bimbo sotto i 3 mesi di vita. La forma più frequente è ileo-colica. Nel 90% dei casi non esiste un elemento che la favorisce ma è legata a semplice iperplasia linfoide. Negli ultimi anni l’ecografia si è imposta come prima B metodica diagnostica rispetto alla radiologia tradizionale per la sua sensibilità del 100%. L’aspetto più tipico è rappresentato dall’immagine a cerchi concentrici o comunque alla dimostrazione di un’ansa intestinale inserita in un’altra ansa: entrambe mostrano la stratificazione parietale. Spesso è associato versamento libero in peritoneo. Il colordoppler è in grado inoltre di evidenziare la riduzione di flusso nel seg- Fig. 2 Invaginazione intestinale. Tipico aspetto a bersaglio da ansa invaginata (A), al colordoppler ipervascolarizzazione parietale dell’ansa contenente (B) A B Training and Educational Corner a cura di Barbara Bizzarri e Francesca Vincenzi Ruolo dell’ecografia nelle urgenze gastrointestinali in età pediatrica Ermanno Bacchini et al mento intestinale invaginato (figura 2). Gli ultrasuoni hanno un ruolo marginale nella diagnosi di malrotazioni intestinali, ileo da meconio ed enterite necrotizzante. Nell’appendicite acuta (0,4% in età pediatrica), la diagnosi pre-operatoria, in almeno in un terzo dei pazienti, è dubbia, specie nelle adolescenti dove la patologia ovarica può simulare l’appendicite acuta. L’ecografia riveste quindi un ruolo fondamentale nella diagnosi differenziale. Viene utilizzata una sonda lineare con focalizzazione media e superficiale, sia per spostare le anse sia per visualizzare meglio le pareti. I vasi iliaci ed il muscolo ileopsoas rappresentano i reperi anatomici di riferimento. L’appendice si rende visibile con aspetto digitiforme e regolare solo nel 5-10% dei casi. Il suo diametro traverso massimo è di 0,6 cm, è facilmente comprimibile e si distinguono bene il lume e la parete muscolare. La non comprimibilità, così come un diametro traverso superiore, sono indicativi di flogosi in atto. Il riscontro di appendicolite è patognomonico di appendicite flemmonosa (figura 3). Nel 40% dei casi si associano linfoadenomegalie mesenteriche con diametri da 0,5 a 3 cm. Le stesse adenopatie della radice del mesentere o lungo i vasi mesenterici, nell’adenomesenterite, possono simulare un’appendicite. I linfonodi reattivi sono ovalari con diametro corto non superiore al centimetro e risultano dolenti alla compressione dosata. Il blumberg ecografico è negativo. La presenza di ascesso periappendicolare o di iperecogencità del relativo meso indicano spesso una perforazione viscerale. Al colordoppler l’ipervascolarizzazione è caratteristica della flogosi in atto. Versamento endoaddominale e anse ileali iperdistese a pareti ispessite, sono segni indiretti di peritonite. L’appendicite focale, la sede retrocecale e la perforazione possono dare invece, falsi negativi. È opportuno insistere sulla compressione graduale del cecoascendente. Sono viceversa cause di falsi positivi le flogosi risolte, il morbo di Crohn e gli ascessi tubo-ovarici; più raro poi il diverticolo di Meckel complicato, che difficilmente comporta dolori in fossa iliaca destra. Nella diagnosi di appendicite acuta, l’ecografia presenta una sensibilità (44-94%) e una specificità (47-95%) molto variabili secondo i dati della letteratura. 17 Fig. 3 Appendicite flemmonosa. Immagine circolare dell’appendice a pareti ispessite (A) Al colordoppler ipervascolarizzazione parietale (B) A B La localizzazione più frequente del M. di Crohn, sebbene possa interessare qualunque tratto del tubo digerente, è l’ileo terminale ed il colon prossimale. I casi più frequenti hanno esordio dopo i 10 anni. Il contributo offerto dall’ecografia, oltre che primo approccio diagnostico, è la diagnosi delle patologie associate (vie biliari, tiroide ed articolazioni) oltre che nel followup dell’interessamento intestinale, lasciando alla endoscopia il ruolo di gold standard. L’ispessimento ipoecogeno parietale (da 5 a 14 mm) può essere facilmente documentato, ma il carattere distintivo è l’estensione segmentaria con perdita della fisiologica pluristratificazione delle diverse tuniche. L’ansa colpita appare fissa, ipoperistaltica e circondata da una iperecogenicità da proliferazione fibroadiposa del mesentere. Nel 20% dei casi si associa ad appendicite acuta con la quale va posta in diagnosi differenziale. È facile inoltre documentare linfoadenopatie satelliti reattive. L’evoluzione ascessaluale e fistolosa comporta il rilievo di masserelle d’aspetto ecografico complesso. L’impiego del colordoppler, reso più sensibile dall’utilizzo dei mdc sonografici, ha dato un reale contributo sulla definizione di attività della malattia, analogamente alla determinazione del flusso nell’arteria mesenterica superiore. Yersinia, tubercolosi, histoplasmosi, campylobacter e salmonella possono causare forme gravi di ileiti che si presentano ecograficamente con quadri analoghi alle MICI. L’ecografia rimane la metodica di imaging di scelta per lo studio della colecisti e vie biliari anche in età pediatrica. SIGENP NEWS La calcolosi della colecisti è la patologia che incide per l’1,5% in età pediatrica, di cui il 70% negli adolescenti. Nei neonati la causa più frequente è da ricercarsi nelle nutrizioni parenterali (40%) mentre nei bambini ed adolescenti è opportuno elencare la fibrosi cistica, il mal assorbimento, le malattie del fegato, il Crohn e l’anemia emolitica. Le complicanze includono: le colecistiti, coledocolitiasi, colangiti e perforazione della colecisti. Ma la più frequente, con un’incidenza dell’8%, è la pancreatite acuta. La sensibilità e specificità nell’individuare i calcoli nella colecisti è elevata, circa il 95-96%: caratteristica tipica del calcolo iperecogeno è il “cono d’ombra acustica posteriore”, che può essere assente in calcoli con diametro inferiore a 3 mm. La presenza poi di calcificazioni lineari della parete colecistica può mascherare il calcolo e lo studio condotto in vari decubiti può essere di aiuto. I granuli di bilirubinato di calcio od occasionalmente i cristalli di colesterina sono spesso i costituenti del cosiddetto fango biliare (privo di cono d’ambra posteriore). La colecistite acuta litiasica è meno comune nel bambino che nell’adulto. La causa più frequente di ittero neonatale è da attribuirsi, alla nascita, all’atresia delle vie biliari e all’epatite diffusa che ne rappresentano 8090% dei casi, mentre nel bambino più grande prevale la malattia epatocellulare. La diagnosi differenziale tra le due entità è fondamentale perché l’atresia richiede terapia chirurgica. L’aspetto ecografico del fegato può essere normale o lievemente ipoecogeno mentre le vie biliari intrae- Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Training and Educational Corner a cura di Barbara Bizzarri e Francesca Vincenzi Ruolo dell’ecografia nelle urgenze gastrointestinali in età pediatrica Ermanno Bacchini et al patiche possono non essere visibili in entrambi i casi. Nell’atresia invece è spesso visibile l’iperecogenicità di aspetto triangolare all’ilo epatico, al davanti della vena porta, per fibrosi, la colecisti poi è piccola, dismorfica o assente mentre nelle epatiti è normale. L’ecografia ha in questi casi una specificità del 100% e sensibilità dell’85%. L’associazione con la scintigrafia con traccianti epato-biliari e la colangioRM si sono rivelati indispensabili nella diagnosi differenziale. La cisti del coledoco può essere diagnosticata nel 30% dei casi entro il primo anno di vita, nel 50% entro i 10 anni e nel restante 20% nella seconda decade od oltre. L’ecografia e la scintigrafia epatobiliare sono indispensabili anche per distinguere i casi con associata atresia delle vie biliari. La colangio-RM può essere di aiuto nella definizione del dettaglio anatomico. Nella M. di Caroli l’ecografia e l’ecocolordoppler offrono un notevole contributo diagnostico nell’individuare la dilatazione cistica dei dotti intraepatici che presentano dilatazione sacculari e possibili complicanze litiasiche e flogistiche (colangiti ricorrenti). Nel 3550% dei casi le cause di pancreatite acuta in età pediatrica sono sconosciute. Oltre alle post-traumatiche, frequenti, vanno segnalate le anomalie congenite (alterazione funzionali esocrine) e le infezioni virali. L’aspetto ecografico nelle pancreatiti acute di lieve-media entità può essere del tutto normale, 18 mentre nelle forme più severe si apprezza un aumento volumetrico, una diffusa ipoecogenicità della struttura ed un’irregolarità dei margini, nonché la dilatazione del coledoco e del dotto pancreatico. Con diffusione del liquido peripancreatico alle strutture anatomiche adiacenti La formazione di pseudocisti, frequenti, sono ben visibili agli ultrasuoni. La parete capsulare è ispessita ed il contenuto ipoecogeno più o meno omogeneo. Le successive complicanze possono poi essere la rottura o la formazione di ascessi. <<<<Bibliografia >>>>> 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Berrocal T. Congenital anomalies of the upper gastrointestinal tract. Radiographics 1999 JulAug;19(4):855-72. Gorincour G. Chronic inflammatory diseases of the bowel: diagnosis and follow-up. Pediatr Radiol 2010 Jun;40(6):920-6. Epub 2010 Apr 30. Quillin SP. Color Doppler US of children with acute lower abdominal pain. Radiographics 1993 Nov;13(6):1281-93; discussion 1294. Sivit CJ. When appendicitis is suspected in children. Radiographics 2001 JanFeb;21(1):247-62; questionnaire 288-94. Tsung JW. Point-of-care ultrasound diagnosis of pediatric cholecystitis in the ED. Am J Emerg Med. 2010 Mar;28(3):338-42. Epub 2010 Jan 28. 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Volume II - n. 3 seTTemBRe 2010 Gastroenterology Clinical Research a cura di Ricerca clinica, diagnosi e trattamento dei GIST: verso quale meta? Quali prospettive? Silvia Salvatore Sergio Morini, Roberto Lorenzetti e Salvatore Campo PTP Nuovo Regina Margherita di Roma Le mutazioni alla base dell’insorgenza dei GIST determinano il decorso clinico e la sensibilità ai farmaci. Le mutazioni secondarie impongono modifiche del trattamento. Le metodiche diagnostiche sono fondamentali per definire prognosi, terapia e follow-up. Sono allo studio altri punti di attacco del processo oncogenetico. I GIST sono rari e presentano una incidenza < 1% di tutti i tumori gastrointestinali. Poco comuni in età pediatrica, nella popolazione adulta possono essere considerati i più comuni tumori mesenchimali del tratto GI e rappresentano il 5% di tutti i sarcomi. Negli USA sono riportati circa 6000 nuovi casi/anno con una incidenza di 14.5 casi ogni milione di abitanti. La maggior parte dei tumori inclusi in questa categoria venivano in precedenza definiti come leiomiomi, leiomioblastomi e leiomiosarcomi. Gran parte delle conoscenze sui GIST derivano dalla letteratura sulla popolazione adulta e non è confermato il possibile ruolo di una trasmissione genetica in età pediatrica. Bates AW et al (Histopathology 2000,37:316-22) segnalano che i GIST in età pediatrica sono morfologicamente simili a quelli dell’adulto anche se non esprimono il CD117 e quindi presentano una prognosi più favorevole. Alcuni GIST sono stati descritti nell’ambito della triade di Carney’s (sarcoma epitelioide gastrico, paraganglioma extrasurrenalico e condroma polmonare). La localizzazione più frequente nel bambino appare quella gastrica (6070%), di dimensioni tra 3 e 15 cm anche se talvolta possono arrivare a dimensioni di 30-40 cm e comportare effetti compressivi su organi adiacenti. La presentazione clinica più comune è il sanguinamento gastrointestinale (SGI) con franca ematemesi nel 40% dei casi. Sintomi associati: dolori addominali, febbre e perdita di peso. Le più importanti novità in ambito genetico, clinico, diagnostico e terapeutico sono emerse recentemente per cui ospitiamo il puntuale update di Sergio Morini. Claudio Romano 19 INTRODUZIONE La peculiarità dei GIST (GastroIntestinal Stromal Tumor) rispetto agli altri sar sarcomi è legata ad alcuni aspetti emersi nell’ultimo decennio. Il primo, evidenziato da Hirota, è il riconoscimento del ruolo della mutazione del recettore transmembrana c-KIT, ad attività tirosin-kinasica, espresso da oltre il 90% dei GIST. Il secondo riguarda l’efficacia di un inibitore delle tirosin-kinasi (TKI), l’Imatinib (Gleevec), segnalata da Joensuu in un paziente con tumore stromale gastrointestinale. Si apre così, la strada della terapia a bersaglio molecolare dei GIST. Tra gli altri elementi che caratterizzano questi tumori ricordiamo il ruolo del CD117 e del CD34 nella diagnosi immunoistochimica del KIT e dell’altro fattore coespresso dai GIST, il PDGFRA (Platelet Derived Growth Factor Receptor Alfa) e la loro origine dalle cellule interstiziali di Cajal la cui attività citoproliferativa è valutabile con il Ki-67. La mutazione del c-KIT determina un’attivazione costitutiva della funzione con autofosforilazione della tasca. Questo processo porta ad incontrollata proliferazione cellulare, riduzione dell’apoptosi, attività chemiotassica e di adesione cellulare legate a una catena di segnali che coinvolgono PI3-K e MAPK. Le mutazioni interessano l’esone 11 nel 70% dei casi, ma possono coinvolgerne altri [9 (10%), 13/14, 17/18] e possono interessano diverse regioni del codone. Anche il tipo di mutazione, ad esempio la delezione nell’esone 11, può costituire fattore prognostico più severo rispetto alle altre mutazioni dello stesso esone. Progressivamente si è delineata la eterogeità delle alterazioni molecolari che sono alla base di decorso clinico e SIGENP NEWS sensibilità al trattamento assai differenziati. La singolarità dei GIST è legata al fatto che pur essendo in circa l’80% dei casi sensibili all’Imatinib, nel corso della terapia si determinano delle resistenze al trattamento legate alla insorgenza di nuove (secondarie) mutazioni. Questo fenomeno si presenta anche con altri TKI e genera una sorta di partita a scacchi tra il tumore ed il farmaco. L’obiettivo prioritario della ricerca, di conseguenza, è l’individuazione del più ampio numero possibile di eventi mutazionali, anche indipendentemente dal KIT e dal PDGFRA, che contribuiscono allo sviluppo dei GIST. Le mutazioni sono eventi precoci e le oncoproteine costituiscono il bersaglio dei TKI. Le mutazioni che insorgono in corso di trattamento determinano un cambio di “assetto” del tumore e richiedono farmaci alternativi per contrastare la perdita si sensibilità. Realmente, quindi, la ricerca tende a rendere possibile una terapia veramente “su misura”. L’importanza di stabilire una diagnosi morfologica delle lesioni mesenchimali è legata al loro potenziale maligno. La valutazione della sensibilità e della specificità, sia dell'EUS-FNA che dell’EUS-guided Trucut biopsy (EUSTCB) ha, tutt’ora, dei limiti che richiederanno una migliore definizione della metodologia della tecnica e della cor correlazione tra istologia e clinica. Fletcher (2) nel 2002 ha stratificato il rischio di malignità in 4 classi basate su due parametri morfo-funzionali: la dimensione del tumore (> 5 < cm) e l’indice mitotico mitotico (> 5/50 < mitosi su “high power field” (HPF). Questi, insieme alla mutazione nel c-KIT, costituiscono condivisi fattori di prognosi sfavorevole e di ridotta sopravvivenza libera da recidiva Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Gastroenterology Clinical Research a cura di Silvia Salvatore Ricerca clinica, diagnosi e trattamento dei GIST: verso quale meta? Quali prospettive? Sergio Morini et al (RFS) dopo resezioni ritenute curative. Successivamente anche la sede del tumore è stata inclusa nel diagramma di valutazione prognostica (tabella 1). Seguire l’uno o l’altro dei criteri può modificare la decisione di adottare o meno un trattamento farmacologico adiuvante nei casi a rischio intermedio ed appare, dunque, una scelta critica. Studi recenti sembrano indicare che la risposta istologica (fibrosi, necrosi, ialinizzazione) è eterogenea e non legata alla durata del trattamento. Mancano dati sul rappor rapporto tra risposta clinica ed istologica con i diversi farmaci. Ulteriori indicazioni terapeutiche possono derivare dal Ki-67 nei foci residui e di quelli di nuova comparsa. Il monitoraggio della risposta alla terapia si basa su metodiche quali la TC, MR, PET, Fluoro-PET o TC/FPET in merito alle quali alcuni aspetti richiederanno maggiore consenso. Ad esempio, la risposta clinica al trattamento farmacologico è graduata in molti studi con il metodo RECIST (Response Evaluation Criteria In Solid Tumors). Tuttavia una metodica basata sulla TC - considerando una riduzione della dimensione del tumore >10% e della sua densità >15% - si è rivelata più precisa del RECIST nella diagnosi della risposta metabolica e nella valutazione della RFS e della sopravvivenza globale (OS). A sua volta in questo senso la Fluoro-PET è risultata superiore alla sola TC. Un altro aspetto che necessita di maggiore consenso è l’interpretazione dei reperti per valutare la risposta al trattamento dato che nel 16% dei pazienti con maggiore sopravvivenza le lesioni appaiono stabili, ma non ridotte, durante la terapia. La chirurgia occupa un ruo- lo centrale ed è il trattamento di scelta nei GIST localizzati, in tutte le forme sintomatiche ed in quelle asintomatiche maligne o sospette (dimensioni oltre i 3-4 cm o riscontro di incremento di volume) resecabili. La sopravvivenza a 5 anni (dal 20% al 78%) dipende dalla completezza della resezione che in era pre-TKI, nei casi metastatici, non era superiore a 12 mesi. Il trattamento neoadiuvante con Imatinib può essere efficace consentendo la resezione ma per quanto riguarda la rimozione delle metastasi in corso di trattamento adiuvante non si hanno a tutt’oggi dati certi. Studi prospettici sono in corso per chiarire questo importante aspetto. La terapia con i TKI si basa attualmente sull’Imatinib mesilato (Glivec) ed il Sunitinib (Sutent) che sono approvati per i GIST metastatici o resistenti. Questa indicazione è supportata dalla loro efficacia in quasi tutte le mutazioni del KIT e in molte del PDGFRA. La terapia adiuvante con Imatinib è efficace e migliora, vs placebo, la RFS ad un anno dall’intervento (8% vs 20% di recidive). L’analisi delle mutazioni è fondamentale per la valutazione prognostica poichè il tipo di mutazione predice la risposta alla terapia. I pazienti con mutazione KIT nell’esone 9 trattati con Imatinib 800 mg/die presentano una RFS statisticamente superiore a quella dei pazienti trattati con 400 mg. Nella resistenza primaria la mutazione del kit sull’esone 9 e quella del PDGFRA sono più frequenti di quelle sull’esone 11. Sono, inoltre, resistenti all’Imatinib le forme senza mutazione KIT/PDGFRA e quelle con mutazioni dell’esone 17 nel KIT o dell’esone 18 nel PDGFRA. Le point mutazioni D842V nell’esone 18 del gene PDGFRA si accompagnano ad assoluta resistenza primaria. Anche nelle forme sensibili, tuttavia, la risposta è raramente completa. La recidiva è legata a nuove mutazioni del c-KIT/ PDGFRA, più frequenti se la mutazione primaria interessa l’esone 11. Differenze di struttura dell’ansa ATP-legante possono determinare ridotta affinità per l’Imatinib. In questi casi l’aumento della dose sembra migliorare la risposta. Motivi alternativi di resistenza sono dovuti all’amplificazione del gene KIT con iperespressione delle kinasi o attivazione di un’altra, non ancora nota, TK recettoriale con perdita dell’espressione del KIT. La sospensione dell’Imatinib si accompagna a ripresa della malattia nel 31% dei casi. Il 92%, tuttavia, risponde favorevolmente alla reintroduzione del farmaco senza che si osservino variazioni della OS. Nei nuovi farmaci in studio sarà necessario verificare se esiste un analogo comportamento. Il Sunitinib è l’altro TKI approvato nei casi resistenti/ intolleranti all’Imatinib nei quali è efficace nel 25% dei casi; particolarmente sensibili risultano quelli con mutazione dell’esone 9. La sede delle mutazioni secondarie durante Imatinib influisce sull’efficacia di altri farmaci di seconda linea. Nei pazienti shuntati a Sunitinib perchè refrattari al trattamento con Imatinib, se la mutazione secondaria del KIT coinvolge gli esoni 13/14 che codificano per la tasca ATP-legante, il decorso libero da progressione del tumore (PFS) e la OS sono migliori rispetto ai casi con mutazioni secondarie nell’esone 17/18 che codificano per l’ansa di attivazione kinasica. Studi in vitro indicano che il Sunitinib ed altri TKI quali Nilotinib Da- Tab. 1 Sede e valutazione prognostica del tumore Dimensioni (CM) Indice mitotico (HPF) Sede stomaco Sede duodeno Sede Dig-Ileo Sede retto <2 <5 Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno 2>5 <5 Molto basso Basso Basso Basso 5 < 10 <5 Basso Intermedio Dati scarsi Dati scarsi > 10 <5 Intermedio Alto Alto Alto <2 >5 Nessuno Alto Dati scarsi Alto >2>5 >5 Intermedio Alto Alto Alto > 5 < 10 >5 Alto Alto Alto Alto > 10 >5 Alto Alto Alto Alto 20 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Gastroenterology Clinical Research a cura di Silvia Salvatore Ricerca clinica, diagnosi e trattamento dei GIST: verso quale meta? Quali prospettive? Sergio Morini et al satinib e Sorafenib possono essere più attivi dell’Imatinib nei GIST Wild Type. Molto interesse stanno suscitando la valutazione dei livelli ematici dei TKI in relazione alla risposta clinica; uno studio recente sembra indicare che ai più bassi valori ematici dell’Imatinib si potrebbe avere una riduzione della PFS. In studi preclinici le mutazioni resistenti ad Imatinib e Sunitinib sembrano sensibili a più potenti TKI quali il Nilotinib, da solo o in combinazione con Imatinib, ed il Sorafenib, attivo nelle modificazioni della tasca legante ATP e quelle dell’ansa di attivazione del KIT. Il Masitinib, che ha una selettiva affinità in vitro per il recettore c-KIT Wild Type, è un farmaco per quale si profila anche un ruolo di prima linea. Azione oncosoppressiva è svolta sia dagli inibitori dell’HSP90, che favoriscono la degradazione di KIT/PDGFRA mutati, sia dai farmaci che ostacolano i processi transcrizionali del KIT, come il flavopiridolo. La HSP90 (heat shock protein) è una proteina coinvolta nell’omeostasi delle proteine cellulari tra cui le oncoproteine del KIT. Sono in corso studi preclinici su 17-AAG (AllylAmino-Geldanaminina) ed IPI-504 (Retaspimincin hidrochloride) che agiscono sulla HSP90. Anche gli inibitori 21 delle PI3-kinasi - sia da soli che associati a m-TOR inibitori, coinvolti nella divisione cellulare e nell’angiogenesi - possono essere efficaci nei GIST TKI-refrattari. Controverso, per i rischi tromboembolici, è il ruolo del Bevacizumab associato all’Imatinib, mentre l’associazione di Imatinib con Everolimus (RAD001) sembra sinergica. Più recentemente alcuni lavori hanno mostrato che l’Insulin-like Growth Factor-1 Receptor (IGF-1R) è fortemente iperespresso nei Gist Wild-Type indicando il suo coinvolgimento nella patogenesi sia dei GIST dell’adulto che del bambino. Di questi farmaci (e di molti altri non elencati) e delle loro associazioni, comunque, dovranno essere valutate efficacia clinica e sicurezza. <<<<Bibliografia >>>> 1. 2. 3. Dematteo RP, Ballman KV, Antonescu CR. Adjuvant imatinib mesylate after resection of localised, primary gastrointestinal stromal tumour: a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2009 Mar 28;373(9669):1097-104. Epub 2009 Mar 18. Fletcher CD, Berman JJ, Corless C, Gorstein F, Lasota J, Longley BJ, Miettinen M, O'Leary TJ, Remotti H, Rubin BP, Shmookler B, Sobin LH, Weiss SW. Diagnosis of gastrointestinal stromal tumors: a consensus approach. Hum Pathol 2002;33:459-465. doi: 10.1053/ hupa.2002.123545. Hoda KM, Rodriguez SA, Faigel DO. EUS-guided SIGENP NEWS 4. 5. 6. 7. 8. sampling of suspected GI stromal tumors. Gastrointest Endosc 2009;69:1218-23. Hirota S, Isozaki K, Moriyama Y et al. Gain of function mutations of c-kit in Human gastrointestinal stromal tumor.Science 1998;279:577-80. Le Cesne A, Blay JY, Bui BN. Phase II study of oral masitinib mesilate in imatinib-naïve patients with locally advanced or metastatic gastrointestinal stromal tumour (GIST). Eur J Cancer 2010 May;46(8):1344-51. Epub 2010 Mar 6. Miettinen M, Majidi M, Lasota J. Patholigy and diagnostic criteria of gastrointestinal stromaltumours (GISTs): a review. Eur J Cancer 2002;38:S39-S51. Reichardt P. Optimal use of targeted agents for advanced gastrointestinal stromal tumours. Epub 2010 Apr 13. Oncology 2010;78(2):130-40. Soria JC, Massard C, Magné N. Phase 1 dose-escalation study of oral tyrosine kinase inhibitor masitinib in advanced and/or metastatic solid cancers. Eur J Cancer 2009 Sep;45(13):2333-41. Epub 2009 Jun 21. Key Points ¬¦ ¬¦ Se si ritiene importante il ruolo del c-KIT nel precedere la malignità delle lesioni, tutti i pazienti dovrebbero essere testati preoperatoriamente Lo studio dei sottotipi di mutazione del KIT nell’esone 11 potrebbe spiegare le differenze di decorso clinico Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a cura di Acido ursodesossicolico (UDCA): approfondimento farmacologico e clinico Graziano Barera L’acido ursodesossicolico viene utilizzato nella maggior parte delle malattie colestatiche. Considerata la sua efficacia e tollerabilità è prevedibile un incremento delle indicazioni cliniche Chiara Amoruso, Sara Federica Fedeli e Gabriella Nebbia U.O Pediatria II, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore, Policlinico di Milano INTRODUZIONE Fin dall’antichità, nella medicina cinese per il trattamento delle epatopatie è stata utilizzata la bile essiccata degli orsi dell’Himalaya (Yutan), la cui componente principale è l’acido ursodesossicolico (UDCA, ursodiolo). Dopo la definizione della struttura chimica dell’UDCA nel 1936, le sue proprietà terapeutiche vennero valutate scientificamente prima come agente litolitico nella colelitiasi, indi, negli anni ’80, nelle principali malattie colestatiche. Oggi l’UDCA rappresenta uno dei farmaci più validi e più frequentemente utilizzati nelle malattie epatobiliari. STRUTTURA ChIMICA, EFFETTI FARMACOLOGICI E MECCANISMI D’AZIONE Gli acidi biliari e i loro coniugati sono componenti essenziali della bile; il 95% del pool è costituito da acido colico, chenodesossicolico e desossicolico, mentre l’acido litocolico e l’ursodesossicolico sono costituenti minori. L’UDCA (3α,7β-diidrossi-5β-acido colanoico) (figura 1) è un acido biliare idrofilo, normalmente presente nella bile umana in una percentuale del 3% sul totale degli acidi biliari. Esso Fig. 1 Struttura molecolare dell'acido ursodesossicolico 22 viene formato dall’epimerizzazione dell’acido chenodesossicolico nel lume intestinale ad opera dei batteri. L’UDCA esercita effetto anti-colestatico in vari modi (1,2); a seconda della fisiopatologia e dello stadio della malattia epatica, il meccanismo d’azione predominante può variare. I principali meccanismi d’azione dell’UDCA (tabella 1 e figura 2) sono: • Alterazione pool acidi biliari: nei pazienti con colestasi, l’accumulo di acidi biliari può raggiungere concentrazioni tossiche. La terapia con UDCA modifica le concentrazioni relative degli acidi biliari: aumentando l’UDCA, idrofilo, viene contrastata l’azione tossica di altri acidi biliari idrofobici. • Stimolazione della secrezione epatocellulare e colangiocellulare: in pazienti con colestasi gli acidi biliari si accumulano; l’UDCA stimola la secrezione di acidi biliari idrofobici e di altri composti organici tossici. • Effetto citoprotettivo: gli acidi biliari idrofobici sono potenzialmente epatotossici mediante interazione diretta con epatociti e colangiociti, su cui possono causare necrosi ed apoptosi. L’UDCA ha un effetto protettivo: da un lato con meccanismo diretto, inibendo l’apoptosi mediante stabilizzazione dei mitocondri e della membrana citoplasmatica, e dall’altro, inducendo meccanismi anti-apoptotici. • Potenzialeeffettoimmunomdulatorio: nella colestasi cronica le molecole di classe I e II del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) risultano sovra-espresse negli epatociti e nei colangiociti, con conseguente possibile distruzione cellulare da parte dei linfociti T citotossici. L’UDCA sembra contrastare tale fenomeno. SIGENP NEWS CARATTERISTIChE FARMACOCINETIChE E FARMACODINAMIChE L’UDCA, somministrato per via orale, viene assorbito in forma non coniugata nel piccolo intestino ed in parte nel colon (2) e subisce un effetto di primo passaggio del 50% circa. Raggiunto il fegato, viene coniugato con glicina e taurina e viene secreto nella bile. Tale forma coniugata, ricondotta nell’intestino, viene assorbita soprattutto nell’ileo distale, dove compete con gli acidi biliari endogeni per il trasporto attivo, ritornando così al fegato attraverso il circolo enteroepatico. L’UDCA coniugato, non assorbito, passa nel colon, viene deconiugato e convertito in acido litocolico; tale acido, scarsamente solubile in acqua, rimane in gran parte all’interno del colon e solo una piccola quota torna al fegato. Entrambe le componenti vengono poi eliminate con le feci (1). Nella somministrazione cronica l’UDCA può raggiungere anche una percentuale pari al 30-50% degli acidi biliari plasmatici totali. Il picco di concentrazione plasmatica è raggiunto 1-3 ore dopo la somministrazione, con un’emivita variabile tra 3,5 e 5,8 giorni. L’eliminazione del farmaco avviene principalmente con le feci ed in parte per via renale. Si segnala un ridotto assorbimento se il farmaco viene assunto con colestiramina e antiacidi che contengono alluminio; di conseguenza si raccomanda di somministrare l’UDCA ad almeno 5 ore di distanza da tali farmaci. Quadri importanti di colestasi possono ridurne l’assorbimento e la biodisponibilità. Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a cura di Graziano Barera Acido ursodesossicolico (UDCA): approfondimento farmacologico e clinico Chiara Amoruso et al Tab. 1 Meccanismi d’azione dell’acido ursodesossicolico [modificata da Angulo P (2)] Alterazione del pool degli acidi biliari Riduce acidi biliari idrofobici Aumenta acidi biliari idrofilici Inibisce assorbimento ileale acidi biliari Effetto citoprotettivo su epatociti e colangiociti Preserva e stabilizza membrane plasmatiche e mitocondri Induce antiapoptosi subcellulare Effetto immunomodulatorio Riduce espressione molecole del complesso maggiore di istocompatibilità di classe I e II Corregge l’alterata attività delle cellule NK nella cirrosi biliare primitiva Riduce livelli sierici di IgM, di anticorpi anti-componenti della piruvato deidrogenasi, compresi anticorpi anti-mitocondrio Riduce eosinofili plasmatici periferici, inibisce attivazione e degradazione degli eosinofili stessi Protegge dal danno epatico indotto dai linfociti T helper I, attraverso l’inibizione dei due rami, rispettivamente proapoptotico e proinfiammatorio, della superfamiglia delle caspasi Effetto coleretico Stimola secrezione epatocellulare di acidi biliari Aumenta concentrazione intracellulare di calcio nei colangiociti Fig. 2 Potenziali meccanismi e siti d'azione dell'acido ursodesossicolico nell'epatopatia colestatica (1) 23 SIGENP NEWS EFFETTI COLLATERALI L’UDCA è un farmaco molto ben tollerato. In letteratura sono stati descritti rari effetti collaterali in pazienti adulti in trattamento prolungato: diarrea, dolori addominali, nausea, vomito, cefalea, disturbi del sonno, rash cutaneo, artralgie, mialgie. USI TERApEUTICI IN ETà pEDIATRICA L’UDCA è un farmaco frequentemente usato in bambini con colestasi cronica, con differente efficacia nelle diverse indicazioni (3). Il dosaggio oscilla tra 15 e 30 mg/kg/die in 2-3 somministrazioni. Sono elencate le malattie pediatriche in cui è stata data dimostrazione della sua efficacia. Considerata l’eterogeneità delle azioni farmacologiche dimostrate, è prevedibile un ulteriore incremento delle indicazioni. Atresia delle vie biliari extraepatiche: l’UDCA è efficace nei pazienti con un buon drenaggio biliare post-intervento di Kasai, sia nel breve termine (diminuzione degli acidi biliari ed incremento ponderale) sia nel lungo termine (scomparsa dell’ittero e sopravvivenza a lungo termine con il fegato nativo). Nei pazienti con fallimento dell’intervento di portoenterostomia, l’UDCA deve essere somministrato con cautela (4). Colestasi familiare intraepatica progressiva (pFIC-1, pFIC-2, pFIC-3): l’UDCA è il trattamento elettivo nelle 3 forme cliniche, ove si assiste ad un notevole miglioramento dei parametri di colestasi e del prurito (5). Sindrome di Alagille: sono stati documentati effetti clinici (diminuzione dell’ittero, del prurito e degli xantomi) e biochimici (riduzione tassi plasmatici lipidici, della bilirubina e della fosfatasi alcalina) (6). Difetti congeniti della biosintesi degli acidi biliari: sono stati descritti diversi difetti del metabolismo degli acidi biliari in cui il danno epatico è dovuto all’accumulo di precursori tossici e alla carenza degli acidi biliari primari. Il trattamento, a seconda dello specifico difetto enzimatico, prevede la somministrazione di UDCA e/o dell’acido colico e chenodesossicolico (7). Nutrizione parenterale totale (NpT): p pT): la patogenesi della colestasi non è anco- Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology a cura di Graziano Barera Acido ursodesossicolico (UDCA): approfondimento farmacologico e clinico Chiara Amoruso et al ra ben nota, ma nei neonati prematuri parecchi meccanismi sono stati chiamati in causa: accresciuta sintesi di acidi biliari endogeni tossici, traslocazione batterica, composizione inadeguata della formula. Uno studio pilota ha dimostrato che l’UDCA è in grado di ridurre la durata e l’intensità della colestasi (8). Fibrosi cistica: l’UDCA stimola la capacità secretoria biliare, riduce la viscosità della bile e previene l’accumulo di acidi biliari tossici; migliora significativamente la funzionalità epatica e lo stato nutrizionale dei pazienti (9). Deficit di α1-antitripsina: è stata recentemente riportata l’efficacia dell’UDCA nelle forme meno gravi di malattia epatica, mentre tale effetto non sarebbe confermato nelle epatopatie più gravi (10). Colangite sclerosante: nei pazienti adulti l’uso di UDCA è ampiamente diffuso e recentemente ne è stata confermata l’efficacia ad alti dosaggi (11); anche nel bambino viene utilizzato con buona efficacia clinica. Calcolosi della colecisti: l’uso dell’UDCA nella colelitiasi in età pediatrica non è ben standardizzato e non ne è stata dimostrata l’efficacia a lungo termine (12). In sintesi, somministrando UDCA si possono ottenere, in una crescente scala di efficacia, i seguenti effetti sulla malattia di base: 24 • Riduzione del prurito e dell’ittero, senza influenza sull’evoluzione a lungo termine • Miglioramento dei test di funzionalità epatica senza effetti sulla prognosi finale • Arresto della progressione della malattia • Completo controllo della patologia ursodeoxycholic acid on cystic fibrosis- related liver disease. J Clin Gastroenterol 2001;32:324-328. 10. Lykavieris P, Ducot B, Lachaux A, Dabadie A, Broué P, Sarles J, Bernard O, Jacquemin E. Liver disease associated with ZZ alpha1antitrypsin deficiency and ursodeoxycholic acid therapy in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2008;47(5): 623-9. 11. Cullen SN, Rust C, Fleming K et al. High dose ursodeoxycholic acid for the treatment of primary sclerosing cholangitis is safe and effective. J Hepatol 2008;48:792-800. 12. Della Corte C, Falchetti D, Nebbia G, Calacoci M, Pastore M, Francavilla R, Marcellini M, Vajro P, Iorio R. Management of cholelithiasis in italian children: a national multicenter study World J Gastroenterol 2008;7;14 (9):1383-8. <<<<Bibliografia >>>> 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Beuers U. Drug insight: mechanisms and sites of action of ursodeoxycholic acid in cholestasis. Nature Clinical Practice Gastroenterology and Hepatology 2006;3(6):318-328. Angulo P. Use of ursodeoxycholic acid in patients with liver disease. Current Gastroenterology Reports 2002;4:37-44. Balistreri WF. Bile acid therapy in pediatric hepatobiliary disease: the role of ursodeoxycholic acid. J Pediatr Gastroenterol Nutr 1997;24(5):573-589. Hartley JL, Davenport M, Kelly DA. Biliary atresia. Lancet 2009;374:1704-13. Jacquemin E, Hermans D, Myara A et al. Ursodeoxycholic acid therapy in pediatric patients with progressive familial intrahepatic cholestasis. Hepatology 1997;25:519-523. 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Long-term prospective study of the effect of SIGENP NEWS Key Points ¬¦ ¬¦ ¬¦ ¬¦ ¬¦ UDCA esercita effetto benefico in varie malattie colestatiche, soprattutto a livello di epatociti e colangiociti Dosaggio pediatrico: 15-30 mg/kg/die in 2-3 somministrazioni Farmaco ben tollerato ed efficace Indicato in varie malattie colestatiche Possibili interazioni farmacologiche con colestiramina e antiacidi che contengano alluminio Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Fellow’s Corner - L’Angolo dello Specializzando a cura di L’attività di formazione di uno specializzando è correlata alla gestione condivisa di casi clinici che spesso rimangono impressi per la loro peculiarità, per l’impegno assistenziale e perché hanno rappresentato l’occasione per un adeguato approfondimento dell’argomento. Questa rubrica concede uno spazio che consente di definire il percorso diagnostico che ha portato alla risoluzione di un complesso caso clinico e relativa revisione critica della letteratura. Claudio Romano Claudio Romano “Dotto’ mio figlio ha di nuovo la polmonite?” Uno strano caso di polmoniti ricorrenti Dario Ummarino Dipartimento di Pediatria Generale e Specialistica, Università degli Studi “Federico II” di Napoli Un pomeriggio ero di “sottoguardia” in reparto quando ricevo una telefonata da una Struttura del Territorio che mi chiede la possibilità di ricoverare Carmine, un bambino di 3 anni e 5 mesi, che da fin dai primi mesi di vita presentava broncopolmoniti ricorrenti, correlate a cianosi e disfagia per i cibi solidi. Per quest’ultimo motivo i genitori avevano eseguito un esofagogramma con riscontro di una stenosi esofagea con difficoltà al passaggio del mezzo di contrasto, con riduzione del calibro del lume a livello di D6. A seguito di tale riscontro veniva ricoverato presso un diverso Centro che decide di trasferi trasferire il piccolo Carmine presso la nostra Struttura. Avviso lo Strutturato di turno e decidiamo di accogliere il piccolo per approfondire il caso… pRESENTAZIONE CLINICA I genitori non riferiscono altri sintomi associati (febbre, perdita di peso, irritabilità). Oltre i due problemi clinici di base il piccolo presenta anche una bassa statura, con altezza, però, inquadrata nel target genetico. La crescita ponderale è nella norma (peso al 50° percentile). Il piccolo è nato pretermine ed è stato ricoverato in TIN per 5 mesi senza sequele. Ha assunto latte formulato fino a un anno. Svezzamento a 6 mesi con successiva dieta libera. Fin dai primi mesi di vita ha presentato i suddetti episodi di broncopolmoniti ricorrenti associati a cianosi che hanno necessitato di ospedalizzazione. Inoltre, i genitori riferiscono disfagia per i cibi solidi. Durante l’ultimo ricovero dovuto ad un episodio di broncopolmonite ha praticato una radiografia del torace che mostrava una accentua- 25 zione della trama vascolo-bronchiale ilo-perilare bilaterale con ili congesti. La valutazione sierologica per l’infezione da Clamidia e Mycoplasma risultava negativa così come il test del sudore. Ha praticato, inoltre, una esofagogastroduodenoscopia (EGDS) che mostrava una stenosi del terzo medio dell’esofago facilmente superabile con lo strumento e la presenza di una picchiettatura biancastra sulla mucosa delle prime tre porzioni della mucosa duodenale, dove venivano praticate diverse biopsie. L’istologia mostrava solo in un campione una lieve atrofia dei villi, con una quota di linfociti CD3+ intraepiteliali nella norma. Nel sospetto di una Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale (MICI) veniva inviato presso la nostra Struttura per competenza. ESAME ObIETTIvO Condizioni cliniche generali buone. Apiressia, colorito cutaneo roseo, stato di idratazione buono. Linfonodi palpabili bilateralmente in sede laterocervicale, mobili, non dolenti. Lieve ipertrofia tonsillare. Attività cardiaca ritmica e valida, F.C. 104 bpm. Al torace MV normotrasmesso su tutto l’ambito polmonare con timbro aspro, lieve prolungamento della fase dell’espiro. F.R. 22 apm. Addome marcatamente globoso ma trattabile, apparentemente non dolente alla palpazione superficiale né profonda. Esame otoscopico negativo, rettorragia e del tenesmo. IpOTESI DIAGNOSTIChE L’incidenza di polmoniti acquisite in comunità in età pediatrica è tra 1540/1000 bambini nei paesi sviluppati. Le polmoniti ricorrenti sono de- SIGENP NEWS finite dalla presenza di >2 episodi in un anno o >3 episodi, con evidenza di risoluzione radiografica tra gli episodi. Con questa definizione, la polmonite ricorrente occorre nel 7.7-9% di tutti i bambini con polmonite. Non esiste una causa comune di polmoniti ricorrenti in età pediatrica. Le cause più comuni sono rappresentate dall’asma, da patologie che causano aspirazione di materiale alimentare quali difetti della deglutizione, stenosi esofagea, alterazione della peristalsi esofagea e reflusso gastroesofageo o difetti anatomici quali la presenza di una fistola tracheo-esofagea. Altre cause di polmoniti ricorrenti sono rappresentate da sindromi genetiche quali la fibrosi cistica o la discinesia primitiva delle ciglia, e da cause di immunodeficienza quali la malattia granulomatosa cronica, deficit delle immunoglobuline quali deficit delle IgG (Sindrome di Bruton o agammaglobulinemia X-linked) o la immunodeficienza comune variabile. I deficit di IgA, molto comuni in età pediatrica, possono provocare polmoniti ricorrenti solo se associate a deficit delle sottoclassi IgG. Inoltre, deficit dell’immunità cellulare, quali i deficit di linfociti T, possono causare tali disordini (1). Nell’associazione tra polmoniti ricorrenti e linfadenopatia deve essere presa in considerazione anche una causa infettiva quale la tubercolosi. Inoltre, devono essere considerate le cause di stenosi esofagea, evidenziata attraverso l’esofagogramma praticato nel precedente ricovero, quali la stenosi congenita, la stenosi peptica e la stenosi causata da malattia infiammatoria cronica intestinale. Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Fellow’s Corner a cura di Claudio Romano “Dotto’ mio figlio ha di nuovo la polmonite?” Uno strano caso di polmoniti ricorrenti Dario Ummarino SvILUppO DEL CASO CLINICO I problemi clinici principali del piccolo Carmine erano rappresentati dalle polmoniti ricorrenti, oltre 10 episodi che avevano richiesto l’ospedalizzazione, e dalla disfagia per i cibi solidi. Il piccolo non aveva presentato altri sintomi associati quali diarrea o perdita di peso. Durante il precedente ricovero il piccolo aveva praticato una radiografia del torace che confermava la presenza di una polmonite in atto. Aveva, inoltre praticato alcuni test infettivologici ed il test del sudore che erano risultati tutti negativi. Tal riscontri, riconfermati presso la nostra Struttura, escludevano cause infettivologiche e la fibrosi cistica. Improbabile era anche il riscontro di un’immunodeficienza così come confermato dagli esami ematochimici che il piccolo ha praticato. La possibilità di una MICI, alla base della stenosi esofagea del piccolo Carmine, veniva esclusa per la negatività degli indici infiammatori e della calprotectina, oltreché dal mancato riscontro endoscopico ed istologico. Il piccolo ha praticato anche il test di Mantoux, per escludere un’infezione tubercolare, risultato negativo. Gli indici di flogosi e gli altri esami ematochimici non mostravano alcuna alterazione. Gli esami allergologici sono risultati tutti nella norma. Durante la degenza presso la nostra Struttura ha praticato una radiografia a contrasto di bario dell’apparato digerente per valutare la presenza di alterazioni della deglutizione e di altre cause che possano essere alla base si micro o macroaspirazioni, il cui quadro clinico è compatibile con la clinica di Carmine. Tale esame mostrava un esofago modicamente dilatato con visibilità a livello del terzo medio di una lieve riduzione di calibro che non ostacola in modo particolare il transito del bolo opaco con aspirazione di minima quantità del bario nel polmone di destra (figura 1). A seguito di tale riscontro il piccolo ha praticato una EGDS per escludere la natura peptica della stenosi. Tale esame, tuttavia, mostrava a 15 cm dal margine orale presenza di orifizio, da attribuire a verosimile fistola 26 traceo-esofagea (figura 2). Pertanto, non risultava necessaria l’esecuzione di una broncoscopia, gold-standard della diagnosi di fistola tracheo-esofageo. Ma non in questo caso! A seguito di tale riscontro il piccolo paziente è stato inviato presso il reparto di Chirurgia Pediatrica dove ha praticato intervento di sezione e chiusura della fistola tracheo-esofagea. L’intervento è stato condotto con incisura trasversale sopraclaveare a destra. Individuato il tramite fistoloso, si seziona e si chiude con chiusura a strati della parete (figura 3). Il decorso post-operatorio è stato regolare e il piccolo Carmine è stato dimesso dopo circa una settimana in buone condizioni cliniche generali. FISTOLA TRAChEO-ESOFAGEA La prima classificazione di tale disordine è stata postulata da Waterston et al nel 1962, basato sul peso alla nascita, sulle polmoniti e sulle altre malformazioni associate. Tale classificazione è stata poi rivisitata da Spitz recentemente, basata sull’impatto sulla prognosi del peso alla nascita e delle malformazioni cardiache (2). La classificazione anatomica distingue 5 condizioni: Fig. 1 Immagine radiografica di stenosi esofagea e aspirazione di mezzo di contrasto a livello del bronco di destra (freccia) (Per gentile concessione della Dott.ssa Hana Dolezalova, Dipartimento di Radiologia pediatrica, Università degli Studi di Napoli Federico II) Fig. 2 Immagine endoscopica della fistola tracheo-esofagea (freccia) Atresia esofagea senza fistola tracheo-esofagea Atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea prossimale Atresia esofagea con fistola tracheo-esofagea distale Atresia esofagea con doppia fistola (prossimale e distale) (Per gentile concessione del Dott. Erasmo Miele, Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Napoli Federico II) Fistola H Clinicamente il quadro varia a seconda dei casi e della presenza o meno di malformazioni concomitanti. Nell’atresia esofagea la diagnosi è precoce per l’incapacità del paziente di alimentarsi. Mentre un completo lume esofageo ma con la presenza di una fistola come nel caso di una Fistola H (caso in esame) può complicare la diagnosi per la presenza di una sintomatologia più sfumata. In letteratura sono presenti numerosi studi che valutano la clinica e il management di questi pazienti. SIGENP NEWS Fig. 3 Intervento di fistola H-type. Evidenza del tramite fistoloso (freccia) (Per gentile concessione del Dott. Antonino Tramontano, Dipartimento di Chirurgia Pediatrica dell'AORN Santobono-Pausilipon, Napoli)) Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Fellow’s Corner a cura di Claudio Romano “Dotto’ mio figlio ha di nuovo la polmonite?” Uno strano caso di polmoniti ricorrenti Dario Ummarino Nello studio di Yoo et al sono stati presi in esami 187 bambini affetti da atresia esofagea con o senza fistola e con associazione di stenosi dell’esofago. Ventidue bambini con fistola tracheo-esofagea presentavano, in associazione, una stenosi esofagea distale rispetto alla fistola. In tali pazienti è stata osservata una sintomatologia caratterizzata da disfagia per i cibi solidi e la presenza di numerosi episodi di aspirazione con conseguente polmonite ab-ingestis. In tale studio il 12% dei pazienti presentava l’associazione tra fistola tracheo-esofagea e la stenosi congenita dell’esofago, più comunemente nei bambini affetti da fistola H, come il caso in esame (3). L’incidenza della stenosi esofagea congenita associata a fistola varia tra 0.4% e 14% dei pazienti affetti da fistola tracheo-esofagea. La diagnosi di fistola tracheo-esofagea associata o meno a stenosi esofagea è basata sull’evidenza del dotto di comunicazione tramite la radiografia a contrasto di bario e l’EGDS. Tuttavia anche la clinica gioca un ruolo fondamentale nell’orientamento diagnostico. La terapia è prettamente chirurgica con resezione del dotto e chiusura dello sbocco tracheale ed esofageo (4). <<<<Bibliografia >>>> 1. 2. STENOSI ESOFAGEA CONGENITA La presenza di una stenosi esofagea congenita è una condizione rara, con un’incidenza di 1/25000-50000 nati vivi. Ne esistono tre tipi istologici, da resti tracheo-bronchiali ectopici, da ispessimento fibromuscolare e da diaframma membranoso. La clinica è caratterizzata da una disfagia per i cibi solidi nei bambini più grandi e dal vomito. Tuttavia nei lattanti la sintomatologia può essere molto sfumata, sono stati descritti casi che presentavano esclusivamente un failure to thrive. La diagnosi è radiologica con l’evidenza della stenosi al passaggio del mezzo di contrasto. La terapia può essere endoscopica con la dilatazione della parte interessata per mezzo di palloni a pressione variabile. La mancata risoluzione della stenosi dopo più tentativi di dilatazione è un’indicazione all’intervento chirurgico (5). 3. 4. 5. Fisher MC, Overturf GD, Chadwick EG et al. Evaluation of recurrent pneumonia. Pediatr Infect Dis J 2005;24:265-266. Okamoto T, Takamizawa S, Arai H et al. Esophageal atresia: Prognostic classification revisited. Surger y 2009;145:675-81. Yoo HJ, Kim WS, Cheon JE et al. Congenital esophageal stenosis associated with esophageal atresia/tracheoesophageal fistula: clinical and radiologic features. Pediatr Radiol. 2010 Mar 10. [Epub ahead of print]. Bruch SW, Hirschl RB, Coran AG. The diagnosis and management of recurrent tracheoesophageal fistulas. Journal of Pediatric Surgery 2010;45:337-340. Jones DW, Kunisaki SM, Teitelbaum DH et al. Congenital esophageal stenosis: the differential diagnosis and management. Pediatr Surg Int 2010;26:547-55. Spunti di approfondimento Quando la fistola tracheo-esofagea va presa in considerazione nella diagnosi differenziale delle polmoniti ricorrenti? Quando la stenosi esofagea deve essere considerata congenita se non si hanno riscontri precedenti? Key Points ¬¦ ¬¦ ¬¦ Considerare nel work-up delle polmoniti ricorrenti alterazioni anatomiche gastrointestinali Ruolo fondamentale dell’endoscopia nella diagnosi di entrambe le condizioni (stenosi esofagea e fistola tracheo-esofagea) del piccolo paziente L’endoscopia digestiva in alcuni casi può evitare l’uso di tecniche maggiormente invasive 27 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Endoscopy Learning Library a cura di Una diagnosi occasionale ed indaginosa di voluminoso polipo del colon Giovanni Di Nardo Filippo Torroni Una piccola paziente di 6 aa e mezzo viene ricoverata per iperpiressia persistente e resistente alla terapia antibiotica, inappetenza, linfoadenomegalia latero-cervicale e splenomegalia. Nel corso delle varie indagini diagnostiche laboratoristiche e strumentali emerge un reperto ecografico di “neoformazione tondeggiante” di non chiara interpretazione oltre a quadro di mononucleosi infettiva. Giuliano Lombardi, Maria Teresa Illiceto, Marco Filippone U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Pediatrica, O.C. "Spirito Santo" di Pescara DESCRIZIONE CASO CLINICO Alice 6 aa, viene ricoverata per un quadro caratterizzato da iperpiressia persistente, resistente alla terapia con amoxicillina, inappetenza, edema palpebrale ed iperemia del faringe. All’ingresso presenta, inoltre, linfoadenomegalia latero-cervicale e splenomegalia (milza palpabile a circa 2 cm dall’arcata costale). L’esame obiettivo cardio-respiratorio e la radiografia del torace evidenziano un quadro di normalità, e l’addome risulta trattabile. Gli esami ematochimici documentano GB 16.200, Li 70.2% e N 19.3%, Hb 13.1, transaminasi e bilirubina normali, VES 5 e PCR 17. Anamnesticamente risulta familiarità per calcolosi renale, pregresse allergia respiratoria e dermatite atopica. La paziente viene sottoposta ad ecotomografia dell’addome che evidenzia splenomegalia e, tra margine inferiore del rene destro e margine inferiore del lobo epatico destro, una neoformazione tondeggiante di 3x2 cm di diametro, di aspetto disomogeneo, vascolarizzata, la cui origine non appare chiara. Nel frattempo si assiste ad incremento della leucocitosi (24.100), anemizzazione (Hgb 11.8) e movimento delle transaminasi (GOT 83, GPT 56). A questo punto le ipotesi che entrano in diagnosi differenziale sono: patologia emolinfoproliferativa massa tumorale endoaddominale (origine colica o renale o epatica) processo infettivo. La TC torace evidenzia linfonodi del diametro massimo di 8 mm in sede mediastinica, ilare bilaterale ed a livello dei cavi ascellari. La TC addome 28 polipoide intraluminale non è associata ad ispessimento della parete colica contigua né ad immagini riferibili ad infiltrazione della parete colica e/o degli organi circostanti. L’iter diagnostico prosegue quindi con valutazione ematologica dello striscio periferico e della biopsia midollare con tipizzazione immunologica che depongono a favore di un quadro ascrivibile a virosi. La positività delle IgM ed IgG anti EBV conferma quindi il sospetto diagnostico di mononucleosi infettiva. A questo punto si pone l’indiFig. 2 TAC addome dopo assunzione di cazione alla asportazione della gastrografin: disomogenea opacizzazione della porzione posteriore della flessura colica dx per neoformazione endoluminale la presenza nel proprio contesto di difetto di colica, peraltro non urgente conriempimento. siderata l’assenza di sintomi ad essa riferibili (non dolori addominali). La sede ed il volume della neoformazione ci hanno fatto optare per un esame endoscopico in narcosi, ma le condizioni generali defedate e l’immunosoppressione della piccola Alice hanno imposto una dilazione della procedura alla risoluzione dell’episodio infettivo. Circa 2 mesi dopo si è quindi effettuata rettocolonscopia in narcosi e consensuale polipectomia con ansa diatermica senza particolare difficoltà. Per con m.d.c. permette di documentare quanto vari autori consiglino l’infiltraziouna neoformazione solida rotondegne della base del polipo con soluzione giante a margini polilobati (dimensiofisiologica o adrenalina, in questo caso ni assiali di 2.5 cm) con omogenea un’alternanza bilanciata di taglio e coimpregnazione del m.d.c., isodensa agulo ci ha permesso di concludere la rispetto alle anse intestinali, che dopo assunzione di gastrografin si evidenzia polipectomia con una procedura comcome difetto di riempimento della por por- pleta e sicura, al termine della quale la zione posteriore della flessura colica neoformazione è stata recuperata endestra; tale neoformazione di aspetto doscopicamente. Fig. 1 TAC addome: in sede sottoepatica: tessuto solido a morfologia rotondeggiante, con margini polilobati, di dimensioni assiali di circa 2.5 cm, con omogenea impregnazione, isodenso rispetto alle anse intestinali SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Endoscopy Learning Library a cura di Giovanni Di Nardo e Filippo Torroni Una diagnosi occasionale ed indaginosa di voluminoso polipo del colon Giuliano Lombardi et al Fig. 3A-B Polipo del colon destro B A Fig. 4 Polipectomia con ansa diatermica Tab. 1 rischio di ripresentazione di polipo giovanile e proposta di follow-up endoscopico (1) n° polipi all'esordio Rischio Diagnosi Colonscopia 1 Presente PGS° 1-3 aa* ≤3 Basso SPG 1-3 aa* >3 Alto SPG 1-3 aa* °: diagnosi confermata se assenti: familiarità, mutazioni genetiche, displasia e ripresentazione di polipi giovanili al follow-up endoscopico *: secondo presenza o meno di fattori di rischio specifici individuali (presenza/assenza di familiarità, riscontro o meno di mutazioni genetiche, presenza o meno di displasia all’esame istologico) PGS: polipo giovanile solitario SPG: sindrome poliposi giovanile Fig. 5 Esito di polipectomia con polipo resecato endoscopicamente libero nel lume colico L’analisi anatomopatologica ha poi diagnosticato “polipo giovanile amartomatoso senza segni di displasia”. Trattandosi di riscontro di singolo polipo giovanile in assenza di familiarità, non abbiamo ritenuto opportuno eseguire counseling 29 genetico per escludere una sindrome polipoide familiare. I polipi giovanili singoli (PGS) sono amartomi sporadici e benigni che rappresentano il tipo più frequente di lesione polipoide in età pediatrica, con un rischio di trasformazione neoplastica davvero basso. Al contrario alcuni autori hanno recentemente dimostrato che in pazienti con polipi giovanili multipli ed in particolare a localizzazione nel colon dx vi è un considerevole rischio di recidiva (44.7%), e di trasfor trasformazione neoplastica (4%). Un recentissimo studio retrospettivo di Fox et al ha sottolineato la considerevole incidenza di ripresentazione di polipo giovanile (15%) in pazienti pediatrici in cui la patologia esordisca con PGS non associato né a familiarità, né a displasia, né a mutazioni genetiche, suggerendo quindi di definire correttamente la diagnosi paziente-specifica solo dopo accurato follow-up clinico-strumentale; SIGENP NEWS l’intervallo di follow-up e monitoraggio colonscopico suggerito dagli autori è di 1-3 aa dall’eradicazione del primo polipo diagnosticato, successivamente modulabile secondo le caratteristiche della storia clinica del paziente stesso. Con questo approccio si identificherebbero precocemente le lesioni displasiche (direttamente proporzionale al n° di polipi sviluppati), riducendo inoltre significativamente i rischi di diagnosi tardive di degenerazione neoplastica. <<<<Bibliografia >>>> 1. 2. 3. Fox VL, Perros S, Jiang H, Goldsmith JD. Juvenile polyps: recurrence in patients with multiple and solitary polyps. Clin Gastroenterol Hepatol 2010 Sept; 8(9):795-9. Aretz S. The differential diagnosis and surveillance of hereditary gastrointestinal polyposis syndromes. Dtsch Arztebl Int. 2010 Mar;107(10):163-73. Epub 2010 Mar 12. Wang LC, Lee HC, Yeung CY, Chan WT, Jiang CB. Gastrointestinal polyps in children. Pediatr Neonatol. 2009 Oct;50(5):196-201. Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Pediatric Gastroenterology Educational Article a cura di Salvatore Accomando L’ematemesi in PS Massimo Fontana1 e Giorgio Fava2 U.O. di Pediatria e Pronto Soccorso pediatrico, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano U.O. di Chirurgia Pediatrica, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano 1 2 L’ematemesi (emissione di sangue dalla bocca proveniente dal canale alimentare) è un motivo relativamente comune di accesso al Pronto Soccorso in età pediatrica. Nella grandissima maggioranza di casi si tratta di situazioni non urgenti. Peraltro non va dimenticato che, tra le emorragie digestive, quelle “alte” (in genere pre-piloriche) comprendono le situazioni potenzialmente più pericolose per la sopravvivenza. La stabilizzazione del paziente critico è la priorità principale. Questo testo è in larga parte basato sul Consensus Statement sul sanguinamento GI in età pediatrica (SIGENP/SIED/ SICP/IPPE, giugno 2005) al quale si rimanda per ogni approfondimento. Flow chart Percorso diagnostico-terapeutico Si tratta di sangue? Il sangue proviene dal tratto Gl? Box 1 NO entità del sanguinamento superiore a "tracce"? rivalutazione a distanza considera osservazione in OBI in generale, EGDS non necessaria SÌ stima del sanguinamento e valutazione del circolo Box 2 ricerca delle cause del sanguinamento Box 3 emergenza in atto? SÌ NO stabilizzazione posiziona SNG Box 4 sanguinamento ancora in atto? SÌ NO considera EGDS in urgenza se non evidenziate cause mediche inizia PPI (bolo 2mg/kg, poi 1mg/kg ogni 8-12h Box 5 evidenziate cause mediche? Box 5 NO EGDS in urgenza 30 SIGENP NEWS SÌ terapia medica se possibile Volume II - n. 3 SETTEMBRE 2010 Pediatric Gastroenterology Educational Article a cura di Salvatore Accomando L’ematemesi in PS Testatina apertura rubrica Massimo Fontana et al Box 1 Cause del sanguinamento "falso" ed extra-digestivo Cause di “falso” sanguinamento Alimenti: spinaci, liquerizia Farmaci: ferro, carbone, amoxicillina Cause di sanguinamento extra-digestivo Ragadi del capezzolo (lattante) Epistassi Recente avulsione dentaria Lesione traumatica della lingua (es. paziente cerebroleso) Adeno/tonsillectomia (ricorda: il sanguinamento può essere precoce, ma anche tardivo, fino a 10-14 giorni dopo l’intervento, e può essere severo) Box 2 Stima dell’entità del sanguinamento Se è possibile una stima “ispettiva” della quantità di sangue vomitato (perchè si è assistito direttamente o perchè vengono portati panni o indumenti sporchi di sangue), è prudente considerare potenzialmente grave ogni sanguinamento superiore al volume di mezzo/un bicchiere Valutare sempre l’aspetto del paziente. Nel lattante, valorizzare segni generali, quali letargia, difficoltà ad alimentarsi, iporeattività Ricordare che i valori di emoglobina e di ematocrito esprimono una concentrazione. In presenza di emorragia massiva possono rimanere normali o quasi per ore, finchè il richiamo di acqua dal fluido interstiziale non ne rivelerà la diminuzione La tabella che segue consente una stima del sanguinamento e della gravità clinica basata sui parametri vitali (Nota: oltre lo stadio 2 necessita la presenza del Rianimatore). Perdita ematica (% del volume circolante)* Stadio 1 Stadio 2 Stadio 3 Stadio 4 ≤ 15 15-25 25-40 > 40 ≤3 >3 >5 >5 Sensorio normale irritabile letargico non reattivo Frequenza cardiaca normale aumentata aumentata + Pressione al polso normale normale o ridotta ridotta ridotta Pressione sistolica normale normale normale o ridotta ridotta ± ± ridotta ridotta Refiling capillare (sec) Diuresi (*) tra 2 e 16 anni volume circolante = 70-80 mL/kg Box 3 Ricerca delle cause di sanguinamento Anamnesi Esami ematochimici Storia di incannulamento dei vasi ombelicali e/o di epatopatia (varici) Emocromo Attività protrombinica Interventi ORL o odontoiatrici TTP Assunzione di FANS Fibrinogeno Ematemesi dopo ripetuti episodi di vomito chiaro (s. di Mallory Weiss) Transaminasi/gammaGT Indicatori di sintesi epatica (albumina, pCHE) Esame obiettivo Ispezione del cavo orale Cute (ittero, spider naevi, porpora di Shonlein-Henoch, s. di Peutz-Jeghers, ecc) Ricerca epatosplenomegalia 31 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SETTEMBRE 2010 Pediatric Gastroenterology Educational Article a cura di Salvatore Accomando L’ematemesi in PS Massimo Fontana et al Box 4 Stabilizzazione Chiamare Rianimatore Posizionare un accesso vascolare stabile e di buon diametro (se necessario, non esitare a posizionarne un secondo) Bolo di fisiologica (o Ringer lattato): 20 mL/kg in 10 minuti Emazie concentrate (se possibile, sangue intero): 5-10 mL/kg Box 5 Indicazioni e timing dell’endoscopia Scopi fondamentali dell’endoscopia nel paziente con ematemesi Diagnosi della sede e della causa del sanguinamento Studio della lesione e definizione del rischio (in genere, del rischio di risanguinamento) Indicazione al trattamento più opportuno Nel paziente pediatrico l’esame endoscopico può spesso essere procrastinato (rispetto al paziente adulto), o addirittura evitato - in generale, può essere evitato o eseguito in elezione nei pazienti: In condizioni di stabilità emodinamica Senza segni di emorragia in atto Senza anemizzazione Con anamnesi suggestiva per emorragia auto-limitantesi (es. lesione di Mallory-Weiss) L’endoscopia è comunque sempre indicata nei pazienti con Sanguinamento in atto (lavaggio naso-gastrico positivo) Emorragia grave con instabilità emodinamica che richieda tecniche rianimatorie Emoglobina inferiore di oltre 3 g/L rispetto alla media per l’età L’endoscopia deve essere eseguita quanto più precocemente possibile e preferibilmento entro le 12-24 ore dall’esordio dell’evento Andrà eseguita in emergenza (dopo aver stabilizzato il paziente) nei pazienti con Instabilità emodinamica Shock ipovolemico Coagulopatie Sangue rosso vivo nel sondino naso-gastrico Anamnesi positiva per pregressi sanguinamenti digestivi a causa non determinata o per sanguinamento occulto o per anemia sideropenica Sospetto (o anamnesi positiva) di presenza di varici esofagee <<<<Bibliografia >>>> 1. Arain Z, Rossi TM. Gastrointestinal bleeding in children: an overview of conditions requiring nonoperative management. Seminars in Pediatric Surgery 1999;8:172-80. 2. Squires RH. Gastrointestinal bleeding. Pediatrics in Review 1999;20:95-100. 3. Smith JA, Bruggen JT. A prospective, randomized, controlled trial assessing the benefit of upper endoscopy performed in hemodynamically stable patients with acute upper gastrointestinal bleeding within six hours of presentation to the emergency department. Gastrointest Endosc 2001;53:AB214. 4. Mitchell SH, Schaefer DC, Dubagunta S. A new view of occult and obscure gastrointestinal bleeding. Am Fam Physician 2004;69:875-81. 5. Lee JG. Urgent endoscopy: does it matter if they don't listen to us ? Gastrointest Endosc 2004;60:94-5. 32 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SETTEMBRE 2010 Ped GI Snapshots a cura del Comitato di Redazione Eventi, Corsi e Congressi XVII CoNGRESSo NAzIoNAlE SIGENP Pescara 7 - 9 ottobre 2010 Anticipazioni del prossimo numero NASPGHAN ANNuAl MEEtING & PoStGRADuAtE CouRSE Palacongressi d’Abruzzo Montesilvano, Pescara SEGRETERIA ORGANIZZATIVA ECON S.r.l. Meta-analysis Reviews Malattie linfoproliferative e IBD di Paolo Lionetti Via della Moscova, 16 - 20121 Milano Tel. +39 02 29005745 Fax +39 02 29005790 [email protected] www.sigenp.org New Orleans, LA, USA 21 - 23 ottobre 2010 Sheraton New Orleans SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Contact: NASPGHAN Sandy Fasold Gastroenterology Clinical Research La patologia anorettale nelle IBD: nuovi orizzonti della chirurgia di Gilberto Poggioli 66° CoNGRESSo NAzIoNAlE SIP "I bAMbINI CI GuARDANo" NASPGHAN P.O. Box 6 Flourtown, PA 19031 (215) 333-0808 www.naspghan.org Roma 20 - 23 ottobre 2010 IX CoNGRESSo DEllA SoCIEtà ItAlIANA DI NutRIzIoNE PEDIAtRICA (SINuPE) Centro Congressi Ergife Palace Hotel News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology SEGRETERIA ORGANIZZATIVA iDea congress Esomeprazolo: approfondimento farmacologico e clinico di Costantino De Giacomo Via della Farnesina, 224 - 00135 Roma Tel. +39 06 36381573 Fax +39 06 36307682 [email protected] www.ideacpa.com Milano 18 - 20 novembre 2010 Hotel Executive, Milano SEGRETERIA ORGANIZZATIVA DOMM International Via Rossini, 1 - 20122 Milano Tel. +39 02 7779181 Fax +39 02 76000181 [email protected] www.milanopediatria.it 33 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010 Ped GI Snapshots a cura del Comitato di Redazione Eventi, Corsi e Congressi 2011 MAlAttIE INFIAMMAtoRIE CRoNICHE INtEStINAlI 2011 6° CoNGRESSo EuRoPEo DEl CRoHN E DEllA ColItE FoRuM NAzIoNAlE DEllE MAlAttIE INFIAMMAtoRIE INtEStINAlI dal bambino all'adulto Dublino, Ireland 24 - 26 febbraio 2011 Roma 3 - 5 dicembre 2010 Convention Centre Nh Vittorio Veneto SEGRETERIA ORGANIZZATIVA ECCO SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Contact: E MEETING&CONSuLTING Via Michele Mercati, 33 - 00197 Roma Tel. +39 06 80693320 Fax +39 06 3231136 [email protected] www.emec-roma.com Hollandstr. 14/Mezzanine A-1020 Vienna / Austria Tel. + 43 (0)1 212 74 17 Fax + 43 (0)1 212 74 17-49 [email protected] Website: ecco10.ecco-ibd.eu 44tH MEEtING ANNuAlE ESPGHAN FIRSt FEllowS wINtER ClASS oN PEDIAtRIC ENDoSCoPy Sorrento 25 - 28 maggio 2011 Hilton Sorrento Palace Hotel Milano 17 - 18 dicembre 2010 SEGRETERIA ORGANIZZATIVA ESPGHAN 2011 Istituto Clinico Humanitas c/o MCI UK, Durford Mill, Petersfield, Hampshire GU31 5AZ Tel. + 44 (0) 845 1800 360 Fax + 44 (0) 870 4429 940 [email protected] www.espghan2011.org SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Contact: SIDERA Emanuela Bellet Vicolo Tonale, 4 - 25032 Chiari (BS) Tel. + 39 030 7002164 Fax + 39 030 5109168 [email protected] www.sideraweb.it 34 SIGENP NEWS Volume II - n. 3 SeTTemBRe 2010