Valutazione della struttura delle principali cenosi presenti nell`area

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Valutazione della struttura delle principali cenosi presenti nell`area
MINISTERO DELL’AMBIENTE
AREA MARINA PROTETTA PROMONTORIO DI PORTOFINO
Progetto di studio per la valutazione e valorizzazione delle emergenze
naturalistiche dell’Area Naturale Marina Protetta del Promontorio di
Portofino
PARTE I: Valutazione della struttura delle principali cenosi presenti
nell’area anche allo scopo di definirne la ricchezza specifica (biodiversità)
RELAZIONE FINALE
GENNAIO 2004
Responsabile: Prof. Riccardo Cattaneo-Vietti
URL-CoNISMa - Università degli Studi di Genova - Dipteris
Cenosi bentoniche
Dr. Simone Bava, Università degli Studi di Genova - Dipteris
Dr.ssa Giada Franci, Università degli Studi di Genova - Dipteris
Dr.ssa Luisa Mangialajo, Università degli Studi di Genova - Dipteris
Dr. Stefano Schiaparelli, Università degli Studi di Genova - Dipteris
Fauna ittica
Dr. Leonardo Tunesi, ICRAM- Roma
Dr. Andrea Molinari, ICRAM - Roma
Dott.ssa Eva Salvati, ICRAM- Roma
Prof. Mario Mori, Università degli Studi di Genova - Dipteris
Indice
Premessa
La zonazione
L’AMP di Portofino
Introduzione ambientale all’AMP di Portofino
1. Valutazione della struttura delle principali cenosi presenti nell’area
anche allo scopo di definirne la ricchezza specifica (biodiversità)
1.1 Le cenosi bentoniche
1.1.1. Siti di campionamento
1.1.2. Tempistica dei campionamenti
1.1.3. Materiali e Metodi
1.2. Descrizione siti
1.2.1. Punta Torretta (P0C)
1.2.2 Punta del Faro (C3)
1.2.3. Castello di Paraggi (C4)
1.2.4. Confronto tra stazioni
1.3. Il visual census delle specie ittiche
1.3.1. Premessa
1.3.2. Materiali e Metodi
1.3.3 Risultati
Numero di specie
Dati raccolti mediante transetti
1.3.4. Considerazioni conclusive
1.3.5. Referenze bibliografiche
1.4. Gli effetti della moria del 1999 su Eunicella cavolinii
1.4.1 Premessa
1.4.2. Materiali e Metodi
1.4.3 Risultati
1.4.4. Conclusioni
1.4.5 Referenze bibliografiche
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Premessa
Il progetto CoNISMa “Progetto di studio per la valutazione e valorizzazione delle
emergenze naturalistiche dell’Area Naturale Marina Protetta del Promontorio di
Portofino” intende produrre conoscenze atte a migliorare la gestione dell’AMP di Portofino,
raccogliendo informazioni, non solo dal punto di vista protezionistico-conservativo (cenosi
bentoniche, fauna ittica, biodiversità), ma cercando anche d’individuare quali siano i
problemi legati alla fruizione del bene (attività di pesca professionale e dilettantesca, diporto
nautico ed attività subacquea).
Scopo fondamentale di un’Area Marina Protetta (AMP) rimane, comunque, la conservazione
delle specie, delle comunità e dei differenti processi ecologici presenti in un’area, ovvero la
difesa della sua biodiversità, evitando la perdita o l’introduzione d’organismi, sostanze o
manufatti che in qualche modo possano alterarne gli equilibri.
Un’AMP si prefigge, dunque, finalità molto precise che riguardano, non solo la protezione e
la conservazione delle specie, delle comunità, della biodiversità e dei complessi processi
ecologici presenti all’interno dell’area, ma tengono conto anche della realtà socio-culturale in
cui si pone, facendo particolare attenzione ad un possibile sviluppo economicamente
sostenibile.
Ecco perché prima dell’attuazione di un’AMP è sempre necessaria un’analisi delle principali
componenti del territorio, delle attività economiche di maggior rilievo, attuando un contatto
con i cosiddetti interlocutori privilegiati, quali i Comuni interessati, le Associazioni
professionali e gli Enti di varia natura.
Allo scopo di raggiungere gli obiettivi legislativi, l’Ente gestore di un’AMP deve
preoccuparsi di:
Mantenere e valorizzare le attività produttive compatibili con l’equilibrio naturale,
promovendo l’uso sostenibile delle risorse
Gestire correttamente la fruizione del bene ambientale (educazione ambientale, ricreazione
e turismo)
Proporsi come area d’an alisi e controllo della qualità ambientale
Ripristinare, mantenere ed incrementare i valori biologici ed ecologici in aree
precedentemente perturbate
Ricercare il consenso delle comunità e degli Amministratori (concertazione) per una
corretta gestione compatibile con la realtà socio-economica locale
Le AMP hanno un ruolo chiave nella conservazione della biodiversità e, al tempo stesso,
promuovono la diffusione e la conoscenza dell’ecologia, l’educazione ambientale, lo studio e
la ricerca scientifica. Non è secondaria la promozione di uno sviluppo socio-economico
ecosostenibile, a partire dal coinvolgimento delle realtà locali, attraverso l’attivazione di
nuove attività economiche legate ai servizi offerti.
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Nelle aree tutelate viene posta particolare attenzione alla cultura della fruibilità compatibile,
intesa come occasione di sviluppo, promovendo quelle iniziative in grado di dare slancio alle
attività turistiche ed economiche delle AMP, ma che nel contempo garantiscano la
salvaguardia delle risorse naturali.
Ci si riferisce, ad esempio, alle attività legate alla nautica da diporto, alle immersioni
subacquee, al sea-watching, allo snorkeling, alle escursioni sui battelli collettivi, al whale
watching ed alle visite a Musei del Mare ed agli Acquari.
Lo scenario è quello d’aree che prevedano regole da rispettare nell’interesse collettivo, a
fronte di un’offerta aggiuntiva di servizi improntati alla sostenibilità ambientale, tenendo
conto che nelle AMP italiane non sono consentite quelle attività che possono compromettere
la tutela delle caratteristiche ambientali oggetto della protezione.
Nel settore della nautica da diporto, ad esempio, una specifica attenzione deve essere
dedicata a privilegiare i diportisti che utilizzano strumenti ed attrezzature che riducono
l’impatto ambientale delle loro imbarcazioni, ed è necessario promuovere una serie
d’interventi finalizzati ad incentivare la navigazione e l’ormeggio nelle forme più compatibili
con l’ambiente.
In quest’ottica, le AMP rappresentano laboratori avanz ati dove sperimentare politiche
virtuose di tutela e gestione del mare e forme sostenibili di sviluppo socio-economico.
La legge per la difesa del mare (979/82) e le leggi Quadro sui parchi (344/97, 426/98,
388/2000, 93/2001), hanno individuato complessivamente 52 “aree marine di reperimento”,
dove sussistono i requisiti per l’istituzione di un’AMP.
Secondo la normativa vigente la gestione delle AMP è delegata alle comunità locali ed è
assicurata da vari soggetti, in prevalenza Enti Locali, enti parco o consorzi misti.
La zonazione
All’interno di ogni AMP vengono generalmente individuate tre zone a diverso grado di tutela
che non prevedono un limite assoluto allo svolgimento delle tradizionali attività legate al
mare, prime fra tutte, pesca e turismo, ma le regolano secondo le diverse necessità di
conservazione.
La zona A, di riserva integrale, è generalmente interdetta a tutte le attività che possano
arrecare danno o disturbo all’ambiente marino. E’ il vero cuore dell’area protetta, sottoposto
alla più alta protezione per garantire la tutela della biodiversità e il ripopolamento delle
specie. In tali zone sono quasi sempre vietate la balneazione e la navigazione a remi o a vela,
mentre sono consentite le sole attività di ricerca scientifica. In media, l’e stensione delle zone
A supera appena il 3% dell’intera AMP.
Secondo il principio della protezione graduale degli ambienti marini attraverso fasce
tampone, al confine con la zona di protezione integrale (A) si trova la zona B, di riserva
generale, dove i vincoli cercano di coniugare la conservazione dei valori ambientali con la
fruizione compatibile dell’ambiente marino. In genere sono consentite, spesso regolamentate
e autorizzate dall’organismo di gestione, la balneazione, le visite guidate anche subacquee , la
navigazione a remi, a vela o a velocità ridotta, l’ormeggio e l’ancoraggio in zone limitate
dall’Ente Gestore.
Per consentire l’accesso agli eventuali approdi esistenti sono individuati corridoi aperti alla
navigazione. Anche le attività di pesca consentite si limitano, in genere, alle attività
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professionali esercitate dai residenti con mezzi selettivi della “piccola pesca”, mentre la
pesca sportiva, ove è consentita, è regolamentata. La pesca subacquea e la pesca a strascico
sono vietate.
Proseguendo secondo il principio del gradualismo, la zona B di riserva generale è racchiusa,
di norma, da una zona C di riserva parziale, che rappresenta la fascia tampone tra le zone di
maggiore pregio naturalistico (zone A e B) e i settori esterni all’AMP. In tale z ona sono
generalmente consentite e regolamentate dall’organismo di gestione, oltre a quanto già
consentito nelle altre zone, le attività di fruizione del mare di modesto impatto ambientale,
quali la navigazione delle imbarcazioni a motore, nel più dei casi a velocità ridotta,
l’ormeggio, l’ancoraggio e la pesca sportiva. La pesca a strascico è vietata.
L’AMP di Portofino
L’Area Marina Protetta del Promontorio di Portofino istituita il 26 aprile 1999, per decreto
del Ministero dell’Ambiente, interessa i C omuni di Camogli, Portofino e S. Margherita
Ligure ed è gestita da un Consorzio costituito dai Comuni di Camogli, Portofino, Santa
Margherita Ligure, dalla Provincia di Genova e dall’Università degli Studi di Genova.
L’area, che interessa una superficie t otale di 372 ettari di cui 10 di zona A (3.7%), è
delimitata da una struttura composta da 11 boe di colore giallo, con croci di Sant’Andrea
dotate di segnale luminoso e da 10 miragli a terra anch’essi contraddistinti da una croce di
Sant’Andrea.
L’AMP Por tofino è suddivisa in tre zone, ognuna a diverso grado d’accessibilità:
ZONA A, a Riserva Integrale. Comprende il tratto di mare denominato “Ca’ dell’Oro”, nella
quale è vietata ogni sorta di attività, compreso il transito e la balneazione. Sono consentite
solo attività di soccorso e la ricerca scientifica, previa autorizzazione del Consorzio.
ZONA B, a Riserva Generale. Comprende il tratto di mare dalla Punta del Faro di Portofino
a Punta Chiappa, tranne il corridoio d’accesso alla Baia di S. Fruttuoso.
In tale zona sono consentite la balneazione, la navigazione secondo le norme del regolamento
per natanti e imbarcazioni, l’ormeggio nei siti designati con appositi gavitelli (non è
assolutamente consentito ancorare), la pesca è regolamentata e subordinata al rilascio
d’apposita autorizzazione da parte del Consorzio. L’attività subacquea è permessa in 20 siti,
individuati da altrettante boe di segnalazione, sempre previa autorizzazione.
ZONA C, a Riserva Parziale. Comprende i restanti tratti di mare dell’AM P. Qui è consentita
la balneazione, la navigazione e la pesca sempre regolamentate, l’attività subacquea è libera,
l’ancoraggio è consentito solo fino alla fine del 2003, periodo dopo il quale è prevista la
messa in opera di campi boe d’ormeggio.
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Introduzione ambientale all’AMP di Portofino
Il Promontorio di Portofino, di forma grossolanamente quadrangolare, si protende nel Mar
Ligure per oltre 3 chilometri, costituendo una delle emergenze salienti della Riviera Ligure
con uno sviluppo costiero di circa 13 chilometri.
In tutto il Promontorio, la zona emersa è caratterizzata da una rigogliosa macchia
mediterranea costituita principalmente da leccio, mirto, lentisco e corbezzolo, sostituita, in
vicinanza al mare, da una cintura di alofite litoranee, come il finocchio di mare.
La linea di costa è caratterizzata, all’estremità occidentale del Promontorio, da Punta
Chiappa, uno sperone roccioso di circa 200 m e dalle baie di Ca’ dell’Oro, San Fruttuoso,
Portofino e Paraggi occupate, nella loro parte più interna, da spiagge di fiumara.
Le caratteristiche sedimentologiche sono essenzialmente determinate dal fiume Entella che
sfocia a meno di un miglio ad est del Promontorio ed i cui apporti tendono ad infangare il
versante orientale del Promontorio.
La costa meridionale, dominata da falesie sommerse che scendono rapidamente fino a circa
40-50 m di profondità, è costituita dalla puddinga di Portofino, un conglomerato oligocenico
a clasti prevalentemente calcarei, molto caratteristico. Ai lati, sia verso Camogli che verso
Rapallo, affiorano, al contrario, i calcari del Monte Antola, rocce sedimentarie stratificate.
Le caratteristiche geomorfologiche del Promontorio hanno determinato un ambiente
subacqueo molto ricco d’anfratti, tetti e piccole grotte che favorisce l o sviluppo di una ricca
fauna bentonica, che va a costituire cenosi assai diversificate.
Le correnti marine (velocità media superficiale 25 cm/sec), generalmente in direzione E-W,
acquistano notevole velocità in prossimita' della Punta del Faro di Portofin
o, assicurando un
continuo ricambio d'acqua impedendo la presenza d’acque inquinate sotto costa e
contribuendo allo sviluppo di una ricca fauna bentonica di filtratori e sospensivori. Le falesie
meridionali, esposte a forti venti di scirocco e libeccio, sono caratterizzate da un forte
idrodinamismo.
La zona meridionale del promontorio e' considerata "oasi xerotermica" per la presenza di
numerose specie termofile proprie del Mediterraneo meridionale e, già dal 1982 fu inclusa tra
le aree da sottoporre a misure di protezione (legge 979, 31-12-1982).
I primi studi sui popolamenti bentonici di Portofino si possono far risalire a Raffaele Issel
(1911-1918) pioniere delle biologia marina italiana, che, proprio lungo la costa portofinese
studia, tra i primi, la fauna associata alle praterie di Posidonia. Alla fine degli anni
cinquanta, Enrico Tortonese, direttore del Museo di Storia Naturale di Genova, in
collaborazione con il Centro Immersioni Subacquee di Nervi diretto da Duilio Marcante,
pioniere della subacquea italiana, conduce diverse ricerche sui popolamenti coralligeni,
seguite dagli anni 70 in poi da una serie di lavori condotti soprattutto dall’Università degli
Studi di Genova.
Per dare un’idea della ricchezza e diversità delle comunità bentoniche presenti in questa
zona, si può notare come, lungo un transetto verticale da 0 a 20 m di profondità, siano state
identificate 114 specie diverse appartenenti al solo phylum dei Poriferi. Per quanto riguarda i
Molluschi, inoltre, è stato possibile segnalare nelle acque del Promontorio oltre 380 specie
(dati ancora inediti).
In bibliografia generale vengono riportati i contributi scientifici più significativi alla
conoscenza di quest’area.
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Breve descrizione delle principali cenosi bentoniche presenti nell’AMP di Portofino
La scogliera emersa
La scogliera emersa è caratterizzata dalle tipiche comunità del Mediterraneo occidentale:
sono presenti solo poche specie adattate a vivere in una condizione che solo raramente è
interessata dall’immersione, in seguito a mar eggiate o maree eccezionali. A seconda delle
differenti condizioni microlocali di umettazione ed esposizione, si sviluppano, estese
popolazioni di cirripedi (Euraphia depressa, Chthmalus stellatus e C. montagui), che
possono ricoprire completamente la roccia, accompagnate da Verrucaria symbalana e dal
gasteropode Melaraphe neritoides e rare patelle nell’orizzonte inferiore (Patella
ulyissiponensis, P. cerulea, P. rustica).
La frangia intermareale
La frangia superficiale, regolarmente interessata dalla marea, è ristretta a pochi decimetri
d’altezza ed è caratterizzata superiormente da Rissoella verruculosa, un’alga calcifuga che in
primavera-estate si sviluppa in cinture molto evidenti ed, inferiormente, da Lithophyllum
byssoides, un’alga rossa a tallo cal careo, che può costituire cornici calcaree, chiamate
trottoir. E’ spesso presente il pomodoro di mare, l’attinia Actinia equina.
I popolamenti fotofili
Nella fascia immediamente sottostante la frangia intermareale, l’alga bruna Cystoseira
amentacea var. stricta forma una cintura continua la cui produttività è caratterizzata da una
spiccata stagionalità, mentre Cystoseira compressa si afferma con individui isolati nei punti
più ridossati.
La copertura della frangia a Cystoseira amentacea var. stricta è localmente variabile in
funzione dei fattori edafici: diminuisce notevolmente nella stagione estiva a causa
dell’abbassamento dell’acqua durante le alte pressioni (in primavera la copertura minima
della cintura a C. amentacea var. stricta è del 75%, mentre in autunno del 50%).
Le specie animali quantitativamente più importanti nel sottostrato della canopy fogliare di
Cystoseira amentacea var. stricta sono Mytilus galloprovincialis e Mytilaster minimus,
Patella ulyissiponensis e P. caerulea, Vermetus spp. Didemnidae, Serpulidae, Balanus
perforatus, Corynactis viridis, diverse specie d’idroidi tra cui Aglaophenia spp. Tra le alghe
dominano Corallina elongata, Pterocladia capillacea, Laurencia spp., Valonia utricularis e
Ralfsia verrucosa, oltre alle onnipresenti corallinacee incrostanti.
Più in profondità (0.5-10 m), i popolamenti algali delle scogliere sommerse più illuminate
sono caratterizzate dallo sviluppo di Dictyota spp., Dictyopteris membranacea, Sargassum
vulgare, Codium bursa e di alghe corallinacee erette quali Corallina spp., Amphiroa rigida e
Jania rubens, mentre nelle aree più riparate si sviluppa Stypocaulon scoparium, Padina
pavonica e, talvolta, Acetabularia acetabulum. Tra gli organismi animali sono spesso
presenti i poriferi Spirastrella cunctatrix, Crambe crambe, e Clathrina cerebrum, il bivalve
Arca noae, gli idroidi del genere Eudendrium e gli stoloniferi Clavularia e Cornularia,
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madreporari solitari (Balanophyllia italica) e coloniali (Cladocora caespitosa), il polichete
Protula tubularia, il briozoo Pentapora fascialis. E’ comune il paguro sedentario Calcinus
ornatus.
Le praterie sommerse
In presenza di una falesia così accentuata, la prateria di Posidonia oceanica a Portofino può
svilupparsi quasi esclusivamente all’interno delle baie e lungo i lati del Promontorio (da
Porto Pidocchio verso Camogli e tra Punta del Faro e Santa Margherita L.) dove il pendio dei
fondali è più dolce e, comunque, non raggiunge mai estensioni rilevanti.
Pur modeste in estensione, le praterie presenti all’int erno dell’AMP sono piuttosto conosciute
e studiate.
La prateria di Posidonia oceanica di Porto Pidocchio (Punta Chiappa) si sviluppa, tra i 5 ed i
25 m di profondità sul lato occidentale del Promontorio di Portofino dalla zona sottostante la
falesia rocciosa sulla quale si trova la frazione di San Rocco fino a poco prima di Punta della
Chiappa, per un'estensione di oltre 25 ettari (Pastorino & Canu, 1965; Melegari, 1973; Morri
et al. 1988).
Sul versante meridionale del Promontorio, lungo il tratto di costa compreso tra Punta
Chiappa e Punta del Faro di Portofino, si trovano piccole praterie sopratutto nella caletta ad
est di Punta Chiappa, all’interno di Ca’dell'Oro (Tortonese, 1958) e di San Fruttuoso
(Tortonese, 1961). Altrove compaiono praterie meno cospicue, spesso su roccia. La
profondità a cui si sviluppa P. oceanica è, in genere, compresa tra 10 e 25 m, ma spesso si
incontrano limiti batimetrici oscillanti tra 5 e 30 m di profondità. La prateria più estesa è
quella della Baia di San Fruttuoso, che comunque non supera i 3 ettari.
A Ca’ dell'Oro, Boyer et al. (1995) indica il limite superiore a 15 m, quello inferiore a 27 m.
La densità media varia da 587 fasci m-² (a 15 m) a 450 fasci m-² (a 22 m).
Le praterie di Posidonia presenti sul lato orientale sono state compromesse dal generale
aumento della torbidità e dell'infangamento dovuto allo sviluppo edilizio ed industriale dei
comuni del Golfo del Tigullio. Inoltre un ruolo primario l’ha certamente avuto prima la
costruzione della strada costiera (agli inizi del ‘900) e poi lo sviluppo del porto di Santa
Margherita Ligure e la discarica di materiale terroso nella zona del Covo di Nord-Est.
Benché la discarica sia inattiva da tempo, i danni arrecati non sembrano recuperabili in tempi
brevi.
Tra la Punta del Faro di Portofino e Santa Margherita L., Issel (1912) descrisse sette praterie
(Cala dell'Olivetta; l’estremità meridionale del porto di Portofino; la cala sottostante al
"Piccolo Hotel" di Portofino; Cala Niasca; l’insenatura a nord del Convento della Cervara; la
costa a sud di Punta del Pedale; l’insenatura a nord di Punta Bagno delle Donne).
Dalle osservazioni di Issel, si deduce che le praterie erano rigogliose (soprattutto quella di
Niasca), con foglie di 80-120 cm di lunghezza e con frequenti fioriture sul finire dell'estate
.
Dalla definizione stessa ch'egli dà del terminesuperficiali se ne deduce che il loro limite
superiore fosse assai prossimo a riva e che probabilmente dava origine a formazioni tipo
"récif-barrière" o "récif- frangeant". A distanza di settant'anni, Bavestrello (1983) e Balduzzi
et al. (1984) effettuarono tra dicembre 1982 e maggio 1983 una serie d’osservazioni
subacquee sulle stesse praterie descritte da Issel per verificare possibili modificazioni.
E’ stata notata una sensibi le regressione nelle praterie localizzate nel porto di Portofino e
nella cala sottostante il Piccolo Hotel. Similmente, la prateria di Cala Niasca non sale
attualmente oltre 2 m di profondità, mentre qui, un tempo, le foglie di Posidonia oceanica
giungevano a toccare la superficie dell'acqua ederano più lunghe e rigogliose che in altre
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località circonvicine (Issel, 1918). Le praterie di Punta del Pedale e di Punta Bagno delle
Donne sono state soffocate, nella loro porzione superficiale, da discariche di materiali terrosi
(Pansini & Pronzato, 1975) e pertanto il loro limite superiore si è abbassato di circa 3 m.
Le praterie di Cala dell'Olivetta e del Convento della Cervara non sembrano aver subìto
alcuna regressione: esse ricoprono completamente il fondale da 0.5 a 9 m di profondità.
Purtroppo Issel non ha dato indicazioni precise sulla profondità del limite inferiore, ma
afferma di aver prelevato i suoi campioni sino a 10 m di profondità (Issel, 1912): è dunque
possibile che una regressione ci sia stata anche in questo senso. Bavestrello (1983) sottolinea
che 9 m è una profondità decisamente bassa per il limite inferiore e ritiene che ciò sia
probabilmente in relazione all'elevata torbidità delle acque.
Tra il Convento della Cervara e Punta del Pedale si estende, per circa 13 ettari, una prateria
di Posidonia oceanica che inizialmente presenta un impianto su substrato roccioso nella sua
parte più meridionale, ma si sviluppa poi su matte che raggiunge spessori considerevoli (circa
2 m) nella zona antistante la spiaggia a sud di Punta Pedale.
Il limite superiore, che segue il profilo della costa, si trova a profondità comprese tra 2 e 4 m
per quasi tutta l'estensione della prateria; il limite inferiore si trova tra 15 e 17 m di
profondità ed è di tipo netto su substrato sabbioso.
Questa prateria fa parte molto probabilmente di una fascia continua che correva parallela alla
costa per tutto il lato occidentale del Golfo del Tigullio, come testimoniano il già citato
insediamento di P. oceanica nella insenatura di Niasca e, poco oltre, lo sviluppo delle altre
praterie.
Ancora Bavestrello (1983) rileva che le praterie presso Punta del Pedale e Punta Bagno delle
Donne, che Issel considerò distinte, non sono in realtà che le estremità di un'unica prateria
che corre parallelamente al tratto di costa compreso tra queste due punte.
Nell’ottobre 2003, tutta la zona è stata interessata da un’anomala fioritura che ha interessato
diverse piante per metro quadrato; fioriture minori erano già state segnalate da Boyer et
al.(1995) e da Matricardi (1995) nel 1992.
Rade praterie di Cymodocea nodosa sono presenti nella la zona centrale della Baia di
Paraggi, così come nel tratto di mare antistante Prelo e Santa Margherita Ligure, intorno ai
10-15 m di profondità, per una superficie che non supera i 7 ettari.
I popolamenti sciafili
Le comunità bentoniche sciafile dell’AMP del Promontorio di Portofino sono il
precoralligeno, dominato da Peyssonnelia spp., Halimeda tuna e Flabellia petiolata ed in cui
è presente la gorgonia Eunicella singularis e lo zoantideo Parazoanthus axinellae, ed il
coralligeno con le diverse facies caratterizzate, a seconda delle condizioni microlocali, da
diverse specie di gorgonacei (Paramuricea clavata, Eunicella cavolinii e Corallium rubrum).
Il coralligeno è una struttura biogenica assai complessa, dovuta alla continua sovrapposizione
di strati calcarei prodotti principalmente dall’attività costruttrice d’alghe, dette appunto
corallinacee. A Portofino, il coralligeno è caratterizzato dalle alghe calcaree sciafile
Mesophyllum lichenoides e Lithophyllum stictaeforme che costituiscono lo strato basale di
questi fondali e da diverse specie appartenenti al genere Peyssonnelia.
Questa struttura organogena è un ambiente in continua evoluzione a causa della presenza
d’elementi costruttori (alghe, madreporari, briozoi) che depongono carbonato di calcio e
distruttori (poriferi clionidi, molluschi bivalvi), che lo erodono. Il prevalere di una delle due
attività favorisce il suo sviluppo o ne determina la riduzione.
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Lungo il versante meridionale dell’AMP, in migliaia d’anni (datazioni recenti fanno risalire il
coralligeno di Portofino a 12.000 anni fa), sono venute costituendosi, lungo le falesie tra i 20
e i 50 m di profondità, concrezioni di notevole spessore che costituiscono uno dei paesaggi
sottomarini più spettacolari del Mediterraneo.
La comunità animale è dominata da organismi che producono concrezioni calcaree, quali i
briozoi (Sertella septentrionalis, Pentapora fascialis, Smittina cervicornis, Rhynchozoon
pseudodigitatum, Myriapora truncata) ed i madreporari (Leptosammia pruvoti, Madracis
pharensis, Hoplangia durotrix).
Il ricco popolamento di spugne è rappresentato da Phorbas tenacior, Oscarella lobularis,
Petrosia ficiformis, Chondrosia reniformis, Agelas oroides, Acanthella acuta, Axinella
verrucosa, Axinella damicornis, Aplysina cavernicola, Dictyonella incisa, Dysidea fragilis.
Alcuni grandi poriferi (Spongia agaricina, S. officinalis, Cacospongia scalaris, Ircinia
foetida) e gorgonie (Eunicella cavolinii, Paramuricea clavata) (Fig.1.1) determinano un
sovrastrato imponente.
Al largo di Punta del Faro, intorno ai 100 m, su modesti affioramenti rocciosi, si sviluppa una
ricca popolazione di Thecocarpus (Lytocarpia) myriophyllum, idroide di grandi dimensioni
(oltre un metro d’altezza), accompagnato dal grande antipatario Anthipathes subpinnata, uno
dei pochi rappresentanti mediterranei di questi organismi, a cui appartengono i coralli neri
tropicali.
Questi ambienti, di per sé irraggiungibili dal subacqueo, sono fortemente minacciati
dall’attività dei pescherecci a strascico che operano in zona e che, sollevando con i divergenti
i sedimenti fini, provocano un soffocamento della comunità.
Lungo la falesia del promontorio, le grotte sottomarine non sono comuni e, comunque, di
modesta estensione: ricordiamo la Grotta dei Gamberi una cavità con un ingresso di circa 2
m di larghezza, ed una lunghezza di circa 10 m che si apre a 35 m di profondità a Punta
Chiappa e che ospita una ricca popolazione di gamberi (Plesionika narval).
Anche a Punta Carega si aprono diverse grotte (Colombara I, II, III, Grotta del Raviolo I, II)
tra i 10 ed i 38 m di profondità il cui sviluppo medio varia tra i 10 ed i 20 m circa ed un’altra
piccola cavità è segnalata sotto il Castello di San Giorgio con un ingresso di circa 5 m di
larghezza, ed una lunghezza di circa 15 m. Altre 2 piccole grotte si aprono nella falesia
sottostante il Castello di Paraggi. In tutte queste grotte si sviluppano le biocenosi di grotta
semi-oscura ed oscura.
Alla base della falesia il fondale è prevalentemente detritico, dovuto all’erosione ed al
disfacimento della costa rocciosa ed arricchito dai resti calcarei degli organismi del
coralligeno sovrastante. Sono piuttosto comuni i ricci Centrostephanus longispinus, specie ad
affinità tropicale. Sul fango e sul detrito infangato, ancora tra gli echinodermi è presente
Cidaris cidaris.
Nel tratto compreso tra Punta del Faro e Punta Bagno delle Donne (all’interno del Golfo
Marconi), la biocenosi del detritico costiero ha un'estensione notevolmente ridotta, non va
oltre la batimetrica dei 30 metri, e lascia il posto alla biocenosi dei fanghi litorali legati agli
alti livelli di sedimentazione dovuti agli apporti fluviali del torrente Boate (a Rapallo) e del
fiume Entella (secondo in Liguria per portata ed ampiezza del bacino imbrifero).
Il fondale è caratterizzato, sottocosta, dal gorgoniaceo Leptogorgia sarmentosa che
costituisce rade praterie intorno ai 15 m di profondità, mentre verso il largo, fino ad oltre 100
m di profondità, sono comuni fondi detritici e fangosi, dove non sono rari l’alcionaceo molle
Alcyonium palmatum e la gorgonia bianca Eunicella verrucosa.
La successione delle biocenosi in direzione costa-largo lungo il tratto costiero Camogli-Punta
del Faro di Portofino, mostra una notevole uniformita': biocenosi dei fondi detritici costieri
10
(DC), biocenosi dei fondi detritici del largo (DL), fondi detritici del largo con facies a
Leptometra phalangium, biocenosi dei fanghi profondi (VP).
Il fondale al largo di Portofino fra i 200 e gli 800 metri di profondità appare piuttosto
omogeneo(aree fangoso-limose), composto da fango grigio chiaro, di scarsa compatezza.
Sono fondali molto sfruttati dalla pesca a strascico e ospita facies a gorgoniari profondi come
Isidella elongata ed il pennatulaceo Funiculina quadrangolaris, tranne dove affiorano rocce
vulcaniche (lave a felde spatoidi e cineriti alterate) che forniscono il substrato per l'impianto
di madreporari profondi, i coralli bianchi (CB) con facies a Madrepora oculata intorno ai
200 metri e con facies a Lophelia pertusa (per lo piu' una tanatocenosi) oltre i 600 metri.
11
Il progetto di studio per la valutazione e valorizzazione delle emergenze naturalistiche
dell’Area Naturale Marina Protetta del Promontorio di Portofino del CONISMA si
articola in due fasi:
1. Valutazione della struttura delle principali cenosi presenti nell’area anche allo scopo di
definirne la ricchezza specifica (biodiversità)
2. Valutazione dell’impatto antropico sul sistema costiero, con parti colare riferimento alle
attività consentite all’interno dell’area (pesca, turismo, attività subacquee)
1. Valutazione della struttura delle principali cenosi presenti
nell’area anche allo scopo di definirne la ricchezza specifica
(biodiversità)
1.1 Le cenosi bentoniche
Il progetto intende definire la struttura delle cenosi bentoniche dell’AMP in 3 siti, Punta
Torretta (lato di levante), Punta del Faro (lato di ponente) e Castello di Paraggi, effettuando
analisi a tre quote prestabilite.
Le cenosi bentoniche di substrato duro dell’AMP di Portofino sono da considerare tra le più
interessanti di tutto il Mar Ligure, sia per il generale buono stato di conservazione, sia per
l’alta biodiversità, che per la presenza di molte specie “bandiera” (in quanto molt o vistose e
considerate piacevoli alla vista, sommando così un valore di bellezza alla risorsa fondale
sottomarino).
Le specie di maggiore interesse per i numerosissimi subacquei, che ogni anno scelgono il
Promontorio a fine ricreativo, sono presenti principalmente nella biocenosi del coralligeno,
che si sviluppa in maniera notevole in queste acque.
Grazie alla divulgazione naturalistica che è in atto negli ultimi anni anche da parte dei mass
media, iniziano a diventare interessanti agli occhi del turista subacqueo anche le biocenosi
più superficiali, dove grazie ad un maggiore spirito d’osservazione è possibile notare
organismi forse più piccoli e meno colorati, ma altrettanto interessanti. Anche il notevole
incremento di specie ittiche di interesse commerciale ha contribuito ad aumentare il valore
naturalistico delle biocenosi meno profonde: gran parte dei pesci considerabili come trofei
virtuali, come i dentici, i grossi saraghi maggiori e pizzuti, i branzini, le mostelle brune, le
corvine e le cernie, non disdegnano le biocenosi presenti nella prima decina di metri di
profondità quando non disturbati.
Dovendo descrivere la struttura delle principali cenosi bentoniche del subtidale del
Promontorio di Portofino si è voluto utilizzare il rilievo fotografico, metodo che permette di
effettuare in modo non distruttivo, rapido ed efficace, un alto numero di campioni, anche in
condizioni di mare non ottime, e di rappresentare bene la variabilità naturale di tali
popolamenti grazie ad un alto numero di repliche.
La successiva analisi delle fotografie, in laboratorio, è stata effettuata con l’avvalersi della
consultazione di guide specialistiche per i differenti taxa ed ovviamente con l’aiuto d’esperti
tassonomi.
12
1.1.1. Siti di campionamento
Sono state scelte tre stazioni distanti tra loro circa un miglio marino.
La stazione P0C, è situata sul lato est di Punta Torretta, la quale divide Ca’dell’Oro a ovest
e la Baia di S. Fruttuoso ad est, ed è costituita da costa alta di puddinga.
La stazione P0C è stata appositamente scelta in zona B, di fronte al noto punto d’immersione
di Punta della Torretta, poiché la struttura delle comunità bentoniche della zona A sono state
studiate nell’ambito del Progetto Afrodite del’ICRAM (Roma).
La stazione C3 si trova a Punta del Faro di Portofino nel versante di ponente in zona B di
tutela parziale. Punta del Faro, con un’apposita meda, delimita la zona B sul fronte sud, dalla
zona C che si estende invece sul lato levantino. La stazione C3 ha caratteristiche
apparentemente simili a quelle della stazione P0C, sia per la pendenza e la natura del
substrato duro, che per l’esposizione all’idrodinamismo generato dai venti meridionali di
scirocco e libeccio dominanti in zona.
La stazione C4 del Castello di Paraggi, è situata in zona C sul versante meridionale del
piccolo promontorio, esattamente al di sotto dello sbocco d’alcune tubazioni che fuoriescono
dal Castello e scendono al mare seguendo il profilo della parete strapiombante. A differenza
del più profondo versante meridionale del promontorio, compreso tra Punta del Faro e Punta
Chiappa dove la parete finisce mediamente a 40 metri, la falesia qui termina intorno alla
profondità di 22 -24 m.
Le coordinate geografiche dei siti di campionamento sono indicate in Tab. 1.1.
Tab. 1.1: Coordinate geografiche dei siti di campionamento del benthos nella AMP del
Promontorio di Portofino (sistema di proiezione Universal Traverse Mercator (ED 50), zona
32).
Stazione
latitudine
Longitudine
P0C, Punta Torretta (lato levante)
51 33 60 m E
49 068 00 m N
C3, Punta Faro (lato ponente)
51 75 50 m E
49 052 60 m N
C4, Castello di Paraggi
51 71 00 m E
49 065 60 m N
1.1.2. Tempistica dei campionamenti
I campionamenti fotografici sono stati condotti nella stazione P0C il 24 Gennaio 2003, nella
stazione C3 il 18 Febbraio 2003 ed il giorno 19 Febbraio 2003 nella stazione C4.
1.1.3. Materiali e Metodi
13
I campionamenti sono stati effettuati nelle fasce batimetriche 1, 2 e 3, rispettivamente alle
profondità di 4-7 metri per la prima, 12-16 metri per la seconda e 24-33 per la terza.
Le fotografie sono state effettuate dalla fascia batimetrica 3 (la più profonda) alla più
superficiale (1), durante la risalita, seguendo i dettami dell’immersione in sicurezza in coppia
per ciascun sito.
In corrispondenza dei siti scelti, è stato condotto un campionamento fotografico su substrato
duro con pendenza compresa tra 45° e 90°.
Nella stazione C4 (Castello di Paraggi) non è stato possibile campionare la terza fascia
batimetrica su substrato duro, poiché la falesia finisce intorno ai 20 metri di profondità. In
seguito ad alcuni sopralluoghi si è deciso ugualmente di campionare anche se in presenza di
fondale fangoso, per poter documentare la presenza della biocenosi del detrito infangato
(biocenosi DE, secondo Peres & Picard, 1964).
I rilevamenti fotografici sono stati condotti effettuando dieci repliche, in ogni fascia
batimetrica di ciascun sito, disposte casualmente mediante fotocamera Nikonos V, corredata
da obiettivo 28 mm, due flash (di cui uno in servo-flash) e close-up (frame 16 x 23 cm).
I campioni così ottenuti (le diapositive) sono stati analizzati in laboratorio attraverso l’uso di
uno stereomicroscopio di tipo Leica MZ 8 (plan 1,0 X) con l’illuminatore direzionato dal
basso verso l’alto. Per attribui re la percentuale di copertura del substrato di ogni rispettivo
taxa rinvenuto, nell’analisi visiva si è utilizzato un’apposito reticolo trasparente da
sovrapporre al campione, il quale recava applicato un rettangolo grosso quanto il film
positivo, diviso in 4 righe e 6 colonne per facilitarne la lettura. In totale la superficie del
campione è stata perciò divisa in 24 quadrati; all’organismo o al gruppo morfologico che
ricopriva un’intero quadrato gli veniva attribuita una superficie di ricoprimento uguale a 4,
agli organismi che occupavano un quarto del quadrato veniva attribuita una superficie di 1, e
agli organismi che avevano una copertura troppo ridotta, ma che comunque erano
identificabili, veniva attribuita una superficie di 0,5 (presenza). In conclusione il
ricoprimento totale di un campione deve risultare uguale a 96 o maggiore nel caso in cui
fossero presenti molti organismi di copertura 0,5, tenendo conto che l’analisi quantitativa
rimane di tipo soggettivo. Per alcuni gruppi, la cui identificazione al più basso livello
tassonomico (la specie) era impossibile, sono stati istituiti gruppi morfologici, come per
esempio EB (briozoi incrostanti), ECR (rodofite calcificate incrostanti), GFA (alghe verdi
filamentose), etc.
Il metodo fotografico ha fornito importanti informazioni sulla struttura di comunità bentonica
di substrato duro in tre stazioni dell’AMP, in modo completamente non distruttivo, ma non
permette di valutare la struttura fine della comunità, quella costituita sopratutto dagli
organismi vagili della componente sciafila, che avrebbero invece potuto essere stati
campionati con le consuetudinari tecniche di sorbona-grattaggio-sorbona.
Il sistema del grattaggio avrebbe rallentato notevolmente i tempi di stesura dei risultati, per il
fatto che gli specialisti di alcuni gruppi sistematici sono sempre più rari, mentre il metodo
fotografico facilita la comparabilità con eventuali futuri studi che dovranno continuare ad
essere effettuati in modo non distruttivo e in tempi di realizzazione ragionevoli.
Gli organismi, la cui identificazione era dubbia o impossibile attraverso l’analisi della
diapositiva al microscopio binoculare, sono stati campionati, quando possibile, al fine di
poter arrivare al più basso livello tassonomico.
La classificazione della maggior parte degli ascidiacei coloniali, non è stato possibile per la
mancanza di specialisti a livello nazionale. Una collezione di confronto di alcuni organismi
14
fissati in formalina alla percentuale di diluizione necessaria in acqua di mare a seconda del
gruppo sistematico (per es., gli Idrozoi in soluzione di formalina al 4%, i Poriferi esclusa la
classe Calcarea al 6-8%, o in alcool all’80% in acqua di mare per gli organismi animali con
“scheletro calcareo”) è in allestimento.
1.2. Descrizione siti
Nell’analisi dei 90 campioni sono stati rinvenuti in totale 133 taxa, con un picco massimo per
diapositiva di 18 ed uno minimo di 0 (nella stazione C4-fascia batimetrica 3) dove in alcuni
campioni è stato rinvenuto solo fango, nell’ambito della bioceno si di detrito infangato (DE).
Nella Fig. 1.2 è rappresentato l’istogramma del numero di taxa mediamente rinvenuti per
campione in ognuna delle tre stazioni investigate (con barra d’errore della deviazione
standard).
Il numero medio di taxa per campione è stato 11,7± 4 (n = 90); da un confronto per stazioni,
per quel che riguarda il numero medio di taxa rinvenuto per diapositiva, risulta che la
stazione P0C presenta il valore più alto (14 ± 2,4, n = 10).
Facendo un confronto del numero di categorie tassonomiche medio rinvenuto per campione
in ogni stazione, divisi per fasce batimetriche (Fig. 1.3), risulta che il sito P0C a profondità 1
presenta il valore medio più alto in numero taxa per diapositiva (14,9 ± 2,8, n = 10).
Per valutare quali gruppi sistematici contraddistinguono di più le stazioni investigate, è stato
rappresentato il ricoprimento medio della superficie in percentuale per campione dei soli taxa
la cui copertura cumulativa media è risultata maggiore o uguale al 90% ed escludendo i
gruppi restanti assemblandoli nel gruppo “ altro".
Durante l’analisi dei campioni sono stati identificati tutti i taxa, la cui matrice è a
disposizione.
1.2.1. Punta Torretta (P0C)
La stazione P0C (Punta Torretta) nella prima fascia batimetrica dei 4-7 m presenta una tipica
biocenosi ad alghe fotofile, dove le uniche presenze animali sono costituite dal crostaceo
cirripede toracico Balanus perforatus, da alcuni comuni idrozoi e da alcuni tunicati
ascidiacei coloniali (Tab. 1.2).
Interessante è la presenza dell’uni ca specie di cnidario corallimorfario presente in
Mediterraneo, Corynactis viridis, che in questa stazione presenta una copertura di superficie
del substrato abbastanza importante trattandosi di singoli individui gregari (2%).
C. viridis è generalmente considerata una specie sciafila, soprattutto abbondante sui relitti in
profondità nel piano circalitorale, in realtà è molto comune sia nell’infralitorale superiore in
forma “ nana”, che al di sotto della canopy delle alghe brune Cystoseira nella frangia
infralitorale superiore-mesolitorale.
C. viridis è molto appariscente in quando di colore fucsia, però può presentare, nello stesso
ambiente, individui con colorazioni più disparate (color panna, giallo, rosa, marrone o verde,
con tutte le varianti intermedie) ed in questo caso viene notata meno dai subacquei.
15
Tab. 1.2: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione di Punta
Torretta, prima fascia batimetrica (4-7 m).
P0C1 bat1
feltro algale
Corallina elongata
Balanus perforatus
Ascidiaceo coloniale ind.
buco scuro nella parete
GFA – alghe verdi filamentose
Peyssonnelia "libere"
feltro misto
Sertularella spp.
ECR- rodofite calcificate incrostanti
Aglaophenia spp.
Hydrozoa
Corynactis viridis
Dictyotales
Didemnidae
Altro
percentuale/diapo
27,43
9,95
8,91
7,87
6,31
6,31
6,31
4,05
4,05
3,59
3,36
2,49
2,03
1,91
1,50
8,62
A Punta Torretta, nella seconda fascia batimetrica compresa tra i 12 ed i 16 metri, pur
essendo ad una profondità dove in Mediterraneo su substrato duro si rinviene tipicamente
ancora una biocenosi delle alghe fotofile, inizia ad essere sempre più importante la presenza
di organismi animali quali poriferi, idrozoi, briozoi incrostanti e ramificati eretti.
La presenza della cloroficea Flabellia petiolata, specie caratteristica della biocenosi del
precoralligeno partecipa a confermare l’affinità sciafila di questo popolamento (Tab. 1.3).
16
Tab. 1.3: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione di Punta
Torretta, seconda fascia batimetrica (12-16 m).
P0C1 bat2
ECR – rodofite calcificate incrostanti
feltro misto
Peyssonnelia "libere"
feltro algale
Spirastrella – Crambe
TRB – Briozoi ramificati esili
Codium bursa
EB – Briozoi incrostanti
Hydrozoa
AC – Corallinacee articolate
buco scuro nella parete
Flabellia petiolata
Tricleocarpa fragilis
GFA – alghe verdi filamentose
Corallina elongata
Altro
percentuale/diapo
23,28
17,81
15,83
9,01
7,40
3,85
3,75
2,55
2,50
2,29
1,56
1,56
1,46
1,15
0,94
9,84
Nella terza fascia batimetrica, compresa tra i 24 ed i 33 m, la componente animale ha un
peso
sempre più importante, unita alle alghe rosse incrostanti.
La biocenosi più caratteristica dell’AMP di Portofino è il coralligeno che si viene a formare
oltre i 25 m di profondità grazie allo sviluppo delle alghe rosse sciafile (Mesophyllum
lichenoides e Lithophyllum stictaeforme), costituendone lo strato basale insieme a una ricca
comunità animale a scheletro calcareo (madreporari, briozoi). Ne risulta una struttura
biogenica assai complessa, formata dalla sovrapposizione di strati organogeni di notevole
spessore e d’alta biodiversità.
Il coralligeno a Portofino mostra diverse facies dominate da grandi gorgonie (Eunicella
cavolinii, Paramuricea clavata), dal corallo rosso e da spugne di grandi dimensioni (Spongia
agaricina, S. officinalis, Cacospongia scalaris).
Queste facies si sviluppano, in particolare, lungo tutto il versante meridionale del
Promontorio di Portofino, a profondità variabili a seconda del diverso orientamento dei
substrati rocciosi e, conseguentemente, della diversa irradiazione luminosa.
In particolare nei dieci campioni da noi analizzati, spicca un feltro costituito da organismi
vegetali (Cianoficee, Cloroficee, etc.) ed animali (Idrozoi, Stoloniferi, etc.) intricati l’un
l’altro a costituire una sottilissima “matte” che funge anche da trappola di sedimento (Tab.
1.4).
Ovviamente è alta la presenza di Rodoficee, e di specie animali dette “bandiera”, quali i
grandi gorgonacei Paramuricea clavata, Eunicella cavolinii, o le grandi colonie del briozoo
Pentapora fascialis, insieme al madreporario Leptosammia pruvoti e allo zoantideo
Parazoanthus axinellae.
17
Tab. 1.4: copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione di Punta
Torretta, terza fascia batimetrica (24-33 m).
P0C1 bat 3
feltro misto
Peyssonnelia "libere"
Paramuricea clavata
Parazoanthus axinellae
Eunicella cavolinii
ECR – Rodofite calcificate incrostanti
feltro misto infangato
Spirastrella - Crambe
Leptosammia pruvoti
Peyssonnelia “incrostanti”
Smittina cervicornis
buco scuro nella parete
Hydrozoa
Porifero indet.
EB – Briozoi incrostanti
Pentapora fascialis
Altro
percentuale/diapo
27,97
8,70
8,44
7,81
7,29
5,94
5,42
4,69
3,91
3,13
2,19
2,14
2,03
1,82
1,61
1,30
9,06
18
1.2.2 Punta del Faro (C3)
I campioni superficiali della stazione C3 (Punta del Faro di Portofino) presentano una
composizione specifica caratteristica della biocenosi delle alghe fotofile.
La componente animale è abbastanza alta; risaltano i cirripedi toracici, il porifero
Chondrosia reniformis, alcuni tunicati ascidiacei, cnidari idrozoi, e l’echinoderma
echinoideo Arbacia lixula (Tab. 1.5).
Tab. 1.5: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione di Punta
del Faro, prima fascia batimetrica (4-7 m).
C3 bat1
feltro misto
feltro algale
ECR – Rodofite calcificate incrostanti
Spirastrella – Crambe
Balanus perforatus
buco scuro nella parete
Hydrozoa
Chondrosia reniformis
Aglaophenia spp.
EB – Briozoi incrostanti
Ascidiaceo coloniale ind.
Didemnidae
Arbacia lixula
Altro
percentuale/diapo
32,40
30,05
9,84
3,96
2,86
2,71
2,29
2,24
2,08
1,98
1,88
1,56
1,35
10,00
Dall’analisi dei campioni della fascia batimetrica 2, compresa tra i 12 ed i 16 m, si rileva un
popolamento ad alghe fotofile impoverito insieme ad alcune specie ad affinità sciafila, come
per esempio il madreporario Leptosammia pruvoti o la calcispongia Clathrina clathrus (Tab.
1.6).
Il taxon dominante è un “feltro misto” costituito da micro - e macroalghe inframmezzato ad
alcuni gruppi animali di piccole dimensioni che è stato impossibile caratterizzare all’analisi
al microscopio binoculare a livello sistematico più fino; in particolare questo algal matte
presentava anche un infangamento notevole da parte di particellato fine.
19
Tab. 1.6: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione di Punta
del Faro, seconda fascia batimetrica (12-16 m).
C3 bat 2
feltro misto infangato
feltro misto
ECR – Rodofite calcificate incrostanti
Leptosammia pruvoti
Spirastrella – Crambe
Peyssonnelia sp. “libere”
EB – Briozoi incrostanti
Hydrozoa
Peyssonnelia sp. “incrostanti”
Delesseriacea indet.
Arbacia lixula
TRB – Briozoi ramificati esili
Porifero indet.
Halopteris spp.
Ircinia oros
GFA – alghe verdi filamentose
Clathrina clathrus
Serpulidae
Altro
percentuale/diapo
20,68
16,15
15,63
9,11
6,30
5,36
5,21
3,07
3,07
1,88
1,56
1,46
1,30
1,15
1,15
0,99
0,99
0,99
9,11
Nella terza fascia batimetrica (24-33 m), sono stati rinvenuti taxa caratteristici della
biocenosi del coralligeno (Tab. 1.7), ma il dato più rilevante riguarda la forte percentuale di
sedimentazione dovuta ad un non favorevole gioco di correnti che sulla Punta del Faro di
Portofino determina una forte sedimentazione sul lato orientale.
E’ importante, inoltre, notare l’elevata percentuale di Paramuricea clavata morta, indice
della moria di massa che ha colpita la zona nel 1999 e che, dopo 3 anni, è ancora evidente.
20
Tab. 1.7: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione di Punta
del Faro, terza fascia batimetrica (24-33 m).
C3 bat 3
Fango
ECR – Rodofite calcificate incrostanti
feltro misto infangato
Peyssonnelia “libere”
Paramuricea clavata
Paramuricea clavata morta
Hydrozoa
Porifero indet.
lenza di nylon persa
buco scuro nella parete
TRB – Briozoo ramificato esile
Pentapora fascialis
Altro
percentuale/diapo
21,88
18,33
14,17
9,32
5,89
4,95
4,32
3,75
2,86
2,81
2,08
1,61
9,79
Inoltre in questa stazione sono stati rinvenuti moltissimi attrezzi da pesca sportiva persi, del
tipo utilizzato per la pesca a traina e bolentino in tutte e tre le fasce batimetriche investigate,
con particolare abbondanza nella fascia più profonda dove a causa della maggiore diversità
nella morfologia del fondale, che con la presenza di numerosi massoni staccati dalla parete,
piuttosto che i numerosi organismi eretti come i grossi gorgonacei, hanno aumentato
notevolmente la possibilità di perdita di parte degli attrezzi. Ciò è dovuto al fatto che le punte
e le secche sono frequentate maggiormente da pesce ad alto valore commerciale e perciò
risultano essere decisamente più battute dai pescatori sportivi.
21
1.2.3. Castello di Paraggi (C4)
Nella fascia superficiale della stazione C4 sono stati rinvenuti taxa tipici delle alghe fotofile
con una piccola componente sciafila costituito dalla cloroficea Flabellia petiolata.
Interessante l’alta quantità d’alghe rosse incrostanti e la presenza del madreporario
zooxantellato Cladocora caespitosa (Tab. 1.8). Sono inoltre state rinvenute alcune colonie
dell’antozoo alcionaceo Parerytropodium coralloides, più comune, a batimetrie più elevate,
quale epibionte di gorgonacei. Questo splendido corallo molle alle batimetrie superficiali
costituisce colonie piccole in dimensioni, e vive all’interno di piccoli anfratti rocciosi,
insediato direttamente sul substrato.
Un popolamento più sciafilo rispetto all’atteso è determinato dall’esposizione del sito, rivolto
a nord-est e quindi meno illuminato.
Tab. 1.8: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione del
Castello di Paraggi, prima fascia batimetrica (4-7 m).
C4 bat1
ECR – Rodofite calcificate incrostanti
feltro misto
feltro algale
Flabellia petiolata
EB – Briozoi incrostanti
buco scuro nella parete
Codium bursa
Hydrozoa
Corallina elongata
Halopteris spp.
Cladocora caespitosa
Filograna implexa cfr.
Paracentrothus lividus
Altro
percentuale/diapo
35,31
14,43
6,82
6,72
5,57
5,21
5,00
3,33
2,92
1,98
1,67
0,94
0,94
9,95
Anche nella fascia intermedia del Castello di Paraggi sono presenti delle specie ad affinità
sciafila, con le facies a Leptosammia pruvoti ed a Eunicella cavolinii. Anche la presenza di
numerose specie di poriferi ed in particolare della demospongia Axinella damicornis indica
un popolamento ad affinità sciafila (Tab. 1.9). Qui, infatti, la parete è spezzata in due da una
gola, con pareti molto pendenti e strette che si guardano una all’altra, e perciò l’insolazione è
minore che in altre zone, ed è ridotta alle ore del mattino e primo pomeriggio, in quanto
esposta ad nord-est.
La piccola popolazione di E. cavolinii presente in questo sito è stata pesantemente colpita
dalla moria del settembre 1999 (vedi paragrafo 1.3. Gli effetti della moria del 1999).
Anche se con copertura del substrato minima, sono state rinvenute alcune colonie
dell’interessante madreporario Madracis pharensis.
22
Tab. 1.9: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione del
castello di Paraggi, seconda fascia batimetrica (12-16 m).
C4 bat 2
feltro misto
Peyssonnelia "libere"
Leptosammia pruvoti
buco scuro nella parete
feltro misto infangato
GFA – alghe verdi filamentose
Eunicella cavolinii
ECR – Rodofite calcificate incrostanti
Axinella damicornis
Agelas oroides
Pleraplysilla spp.
Porifero indet.
Hydrozoa
Dysidea spp.
Raspaciona aculeata
Spirastrella – Crambe
Ircinia variabilis
Altro
percentuale/diapo
29,79
20,63
8,23
6,56
5,83
3,70
3,49
2,92
1,77
1,61
1,56
1,56
1,51
1,46
1,41
1,30
1,25
9,74
Come spiegato precedentemente, il campionamento fotografico nella terza fascia batimetrica
è stato effettuato ugualmente anche su substrato incoerente, vista l’importanza faunistica
riscontrata. Questo piccolo tratto di falesia e la prospicente “fangata” sono molto frequentate
dai subacquei sportivi ed in particolare fotografi subacquei. E’ probabile che questo sito sia
da più di trenta anni il più frequentato del Promontorio grazie alla sua accessibilità, anche da
terra attraverso la strada che collega Santa Margherita L. a Portofino.
Per la presenza di una biocenosi del detritico costiero e detritico infangato in rapida
successione con la biocenosi dei fanghi terrigeni costieri a batimetrie facilmente
raggiungibili, il sito del Castello di Paraggi ha spesso regalato incontri inusuali rispetto ad
altri siti del Promontorio, come ad esempio la facies a pennatulacei, o la bianca gorgonia
Eunicella verrucosa.
La gorgonia Eunicella verrucosa non è stata censita in questo campionamento poiché dopo il
fenomeno di mortalità di massa del 1999 non si è ancora ripresa in questo sito di profondità
troppo ridotta (30 m) rispetto ad altri siti come per esempio la Secca dell’Isuela, dove però è
rinvenibile al disotto dei 50 m di profondità.
Nel campionamento fotografico si è censita la gorgonia Leptogorgia sarmentosa, antozoo
raramente rinvenibile se non nella baia di Paraggi o nel punto d’immersione del Bigo (Aurora
o Olivetta).
Essendo la biomassa a metro quadrato molto più bassa che su un substrato duro, questo
campionamento è stato effettuato in modo non quantitativo, cercando cioè di fotografare le
zone con il maggior numero d’organismi possibili (Tab. 1.10). L’unico organismo vagile
23
rinvenuto è stato un individuo d’echinoderma oloturoideo, Holoturia tubulosa, detritivoro
comunissimo in tutti i fondali dell’AMP.
Tab. 1.10: Copertura del substrato medio per campione in percentuale nella stazione del
castello di Paraggi terza fascia batimetrica (24-33 m).
C4 bat 3
Detrito infangato
Leptogorgia sarmentosa
substrato duro
feltro misto
Detrito
Peyssonnelia "libere"
Holoturia tubulosa
Altro
percentuale/diapo
70,31
10,83
4,48
3,85
2,45
2,40
2,14
7,92
24
1.2.4. Confronto tra stazioni
Per valutare quali gruppi sistematici contraddistinguino maggiormente le tre stazioni
investigate (senza divisioni batimetriche), è stato rappresentato (Fig. 1.4) il ricoprimento
medio della superficie in percentuale per campione dei soli taxa la cui copertura cumulativa
media è risultata maggiore o uguale al 80%, escludendo i gruppi restanti assemblandoli nel
gruppo “ altro”.
Vengono esclusi taxa per i quali la somma cumulativa in percentuale di copertura del
substrato, non raggiunge il 10%. Tali taxa sono costituiti principalmente da organismi
rinvenuti raramente o da organismi di dimensioni molto ridotte.
I primi 4 taxa a ricoprimento maggiore sono tutti rappresentati da alghe, comunque spiccano
anche organismi animali come i gorgonacei, i poriferi, i cirripedi toracici e gli ascidiacei.
Successivamente sono stati confrontati i principali taxa in ordine di importanza per
ricoprimento del fondale di ciascuna stazione in ogni fascia batimetrica.
Nella prima fascia batimetrica, gli unici taxa rappresentati in tutte le stazioni sono il feltro
algale, feltro misto, rodoficee calcaree incrostanti e l’unico gru ppo animale, gli idrozoi (Fig.
1.5).
Nella seconda fascia batimetrica, i taxa rappresentati in tutte le stazioni sono le rodoficee
calcaree incrostanti, il feltro misto e le peyssonelie “libere” (Fig. 1.6). L’elevato numero di
taxa in questa fascia batimetria, ci ha obbligato, nell’istogramma di confronto stazioni, ad
ampliare la categorie “ altri” al 20%, al fine di ridurre il numero di colonne e per poterlo
perciò rappresentare in un foglio A4, come per gli altri siti.
Nella terza fascia batimetrica, l’u nico taxon rappresentato in tutte e tre le stazioni è quello
delle peyssonnelie “libere” (Fig. 1.7). Come prevedibile, si nota per la fascia batimetria
profonda una estrema differenza nel tipo di popolamento tra una stazione e l’altra, poiché a
queste profondità si ha maggiore disomogeneità.
Importante la presenza di specie caratteristiche del coralligeno per la stazione P0C, mentre è
minore nella stazione C3.
Anche nell’istogramma della Fig. 1.7 spicca la presenza del detrito infangato (biocenosi DE
secondo Peres & Picard, 1964).
25
1.3. Visual census delle specie ittiche
La valutazione della struttura delle comunità ittiche presenti all’interno dell’AMP Portofino è
stata condotta dal Dr. Leonardo Tunesi (ICRAM - Roma) che, nelle attività di rilevamento è
stato affiancato dal Dr. Andrea Molinari e Dott.ssa Eva Salvati (ICRAM - Roma) e dal Prof.
Mario Mori (DIP.TE.RIS., Università di Genova).
1.3.1. Premessa
Le aree marine protette (AMP) sono considerate a livello mondiale efficaci strumenti
gestionali in grado di consentire la ricostituzione delle risorse naturali marine (National
Research Council, 2001), e più in generale la conservazione ambientale.
I popolamenti ittici rappresentano una delle componenti faunistiche che meglio rispondono
alla messa in atto di misure di protezione (Roberts & Hawkins, 2000), con l’incremento del
numero di specie (Garcia Charton et al., 2000) e d’individui (Sánchez Lizaso et al., 2000).
Inoltre lo studio della fauna ittica è indispensabile per disporre d’informazioni nec essarie alla
gestione della pesca e, più in generale, delle attività turistiche come le immersioni (Kelleher
& Recchia, 1998; McManus et al., 1998; Zabala, 1999; Salm et al., 2000; Agnesi et al.,
2001; Di Nora & Tunesi, 2002).
La composizione dei popolamenti ittici, soprattutto nella zona infralitorale, dove fattori
abiotici come la temperatura, la salinità e la luce variano in maniera importante, appare
fortemente influenzata dalla profondità e dalla tipologia del fondale (Garcia Charton &
Perez-Ruzafa, 2001; Guidetti, 2000; Tunesi et al. submitted). Per questo motivo lo studio
della fauna ittica in una AMP richiede che siano considerate, oltre al diverso livello di
protezione, anche la profondità e la tipologia del fondale, e l’applicazione di metodologie di
studio compatibili con le forme di protezione in atto nell’AMP di Portofino.
Per questi motivi, lo studio della fauna ittica della AMP di Portofino è stato condotto
mediante l’applicazione di metodiche di censimento visuale in immersione (Harmelin -Vivien
et al.,1985), generalmente impiegate nelle AMP dove le attività di prelievo sono vietate o
strettamente regolamentate.
Le attività di rilevamento sono state pianificate adottando due approcci distinti, finalizzati a
fornire risposte diverse:
raccogliere informazioni sulla ricchezza specifica e sulla composizione del
popolamento ittico in funzione di profondità e natura del fondale;
ottenere informazioni sugli effetti dei diversi livelli di protezione in atto nella AMP di
Portofino sui popolamenti ittici.
26
1.3.2. Materiali e Metodi
Le attività di studio della fauna ittica sono state condotte nel corso del 2003, in due distinti
periodi: dal 15/04/2003 al 15/06/2003 e dal 15/09/2003 al 15/11/2003.
La Fig. 1.8 presenta i siti di rilevamento.
Le attività di studio del popolamento ittico, in funzione della profondità e tipologia del
fondale, sono state condotte in zona A (Ca’ dell’Oro) e nelle zone C di Paraggi (C1) e del
Versante di Camogli (C2) mediante l'applicazione di due metodologie di censiment
o visuale
in immersione:
percorsi (della durata di 15’), finalizzati principalmente alla raccolta di informazioni sulle
specie presenti, corredate dalla registrazione delle classi di taglia;
punti fissi (di 5m di raggio), per raccogliere dati quantitativi per specie e classe di taglia.
I censimenti, condotti sia mediante percorsi che su punti, sono stati allocati seguendo una
strategia random, stratificata in base a:
profondità - suddivisa in 4 fasce batimetriche (0-3; 4-7; 12-16; 24-30 m);
natura del fondale - considerando 3 tipologie principali (fondi duri, Posidonia, fondi mobili).
Questo approccio ha portato ad identificare per ogni sito di studio, nel caso di presenza di
tutte e 4 le fasce batimetriche e delle 3 tipologie di fondale, ben 12 (3 x 4) “strati” di
rilevamento.
Per ogni “strato” riscontrato, il rilevamento mediante “punto” ha visto l'effettuazione di 5
repliche.
Al fine di valutare gli effetti dei diversi livelli di protezione sulla fauna ittica, sono state
condotte attività di rilevamento mediante transetti (25 x 5 m) nei seguenti siti: zona A (Ca’
dell’Oro), zona B (Altare), zona C (Cala dell’Olivetta), in un’area esterna alla AMP (Punta
Manara) (Fig. 1.8).
Il rilevamento mediante transetti è stato scelto poiché generalmente applicato per questo tipo
di studi, consentendo di raccogliere dati quantitativi per specie e classe di taglia; nello
specifico, la allocazione dei transetti è stata effettuata a 3 intervalli di profondità (4-7; 12-16;
24-30 m), solo su fondo duro con inclinazione inferiore o uguale a 70°. In ciascun intervallo
di profondità sono state condotte 8 repliche per periodo.
Tutti i rilevamenti sono stati condotti nella fascia oraria compresa tra le 9:00 e le 16:00.
Il conteggio degli esemplari è stato effettuato in base a 8 classi di abbondanza numerica (1;
2-5; 6-10; 11-30; 31-50; 51-100; 101-200; 201-500), e 3 di taglia (piccola, media, grande),
stimate in relazione alle dimensioni massime raggiunte dalle singole specie (Fischer et al.,
1987).
27
1.3.3 Risultati
Nel corso dei campionamenti del 2003, sono stati condotti complessivamente 502 rilevamenti
(55 percorsi; 255 punti e 192 transetti).
In totale sono state identificate 81 specie, in maggioranza appartenenti alle famiglie dei
Labridi e degli Sparidi (15 e 13 specie rispettivamente: Tab.1.11).
Tabella 1.11: Lista delle specie rilevate mediante le tre metodologie di censimento applicate
nel corso del presente studio nelle zone A, B e C della AMP di Portofino, e nella zona
esterna alla AMP.
Zona A
Zona B
Zone C
Esterno AMP
Sito
Ca’ dell’Oro
Altare
Olivetta
Paraggi (C1)
Vers.Camogli(C2)
Specie / Metologia impiegata Percorso Punto Transetto Transetto Transetto Percorso Punto Percorso Punto
x
x
x
Apogon imberbis
x
x
x
x
x
Atherina sp.
x
x
x
x
Belone belone
Aidablennius sphynx
x
x
x
Coryphoblennius galerita
x
x
Lipophrys canevai
x
Lipophrys nigriceps
x
x
Lipophrys trigloides
x
x
Parablennius gattorugine
Parablennius incognitus
x
Parablennius pilicornis
x
x
x
x
x
Parablennius rouxi
x
x
x
x
x
Parablennius sanguinolentus
x
x
x
x
x
x
Parablennius zvonimiri
x
x
x
x
x
Bothidae
Bothus podas
x
x
x
x
Carangidae
Seriola dumerili
x
Centracanthidae Spicara flexuosa
x
x
x
x
x
Spicara maena
x
x
x
x
x
x
x
Spicara smaris
x
x
x
Engraulidae
Engraulis encrasicholus
x
x
Gadidae
Phicis phicis
x
x
x
x
x
Gobiesocidae Lepadogaster lepadogaster
Gobius sp.
x
x
x
Gobiidae
Famiglia
Apogonidae
Atherinidae
Belonidae
Blenniidae
Labridae
Gobius bucchichi
Gobius cruentatus
Gobius geniporus
Coris julis
Labrus bimaculatus
Labrus merula
Labrus viridis
Symphodus cinereus
Symphodus doderleini
Symphodus mediterraneus
Symphodus melanocercus
Symphodus melops
Symphodus ocellatus
Symphodus roissali
Symphodus rostratus
Symphodus tinca
Thalassoma pavo
Xyrichthys novacula
P.ta Manara
Transetto
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
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x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
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x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Segue >>
28
Tabella 1(continua): Lista delle specie rilevate mediante le tre metodologie di censimento applicate nel
corso del presente studio nelle zone A, B e C della AMP di Portofino, e nella zona esterna alla
AMP.
Zona A
Zona B
Zone C
Esterno AMP
Sito
Ca’ del’Oro
Altare
Olivetta
Paraggi (C1) Vers. Camogli(C2) P.ta Manara
Famiglia
Specie / Metodologia impiegata Percorso Punto Transetto Transetto Transetto Percorso Punto Percorso Punto Transetto
Mola mola
Molidae
X
x
x
Dicentrarchus labrax
Moronidae
x
X
x
X
x
x
x
x
Mugilide sp.
Mugilidae
x
x
x
X
x
x
Mullus barbatus
x
x
Mullidae
x
x
x
x
Mullus surmuletus
x
x
x
x
x
x
x
Murena helena
Muraenidae
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Pomacentridae Chromis chromis
x
x
x
x
x
x
x
Sciaena umbra
Sciaenidae
Sarda sarda
Scombridae
x
x
x
x
Scorpaenidae Scorpaena notata
x
x
x
Scorpaena maderensis
x
x
x
x
Scorpaena porcus
x
x
x
x
x
Scorpaena scrofa
x
x
x
Scyliorhinidae Scyliorhinus canicula
x
x
x
x
x
Anthias anthias
Serranidae
x
x
x
x
x
x
x
Epinephelus marginatus
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Serranus cabrilla
x
x
x
x
x
x
Serranus hepatus
x
x
x
x
x
Serranus scriba
x
x
x
x
x
x
x
x
Boops boops
Sparidae
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Dentex dentex
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Diplodus annularis
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Diplodus puntazzo
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Diplodus sargus
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Diplodus vulgaris
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Lithognatus mormyrus
x
x
x
x
Oblada melanura
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Pagellus erythrinus
x
x
x
Pagrus pagrus
x
x
x
x
Sarpa salpa
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Sparus aurata
x
x
x
x
x
x
x
Spondyliosoma cantharus
x
x
x
x
x
x
x
x
Sphyraenidae Sphyraena viridensis
x
Syngnathidae Syngnathus spp
x
Synodontidae Synodus saurus
x
Trachinus draco
Trachinidae
x
x
Trigla lucerna
Triglidae
Tripterygiidae Tripterygion delaisi
Tripterygion melanurus
Tripterygion tripteronotus
Specie per sito
x
x
x
x
x
x
56
x
46
29
x
x
38
x
x
x
x
60
x
x
x
42
x
36
1.3.3.1 Visual census ittico: dati raccolti mediante percorsi e punti
La Tab. 1.12 mostra gli “strati” rinvenuti nelle tre aree di studio nelle quali sono stati
condotti percorsi e punti (A, C1 e C2) ed il tipo ed il numero di rilevamenti effettuati.
Tab. 1.12: Lista degli “strati” di rilevamento riscontrati in zona A e nelle due zone C di
Paraggi e del versante Camogli e numero di rilevamenti condotti per periodo di studio.
Tipologia
di fondale
Profondità
(m)
0-3
Fondo
duro
4-7
12-16
24-30
Zona
A
(Cala
dell’Oro)
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
0-3
4-7
Posidonia
12-16
24-30
0-3
Fondo
mobile
4-7
12-16
24-30
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
Zona C1
(Paraggi)
1Percorso
+ 5Punti*
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti*
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
1Percorso
+ 5Punti
Zona
C2
(Versante
Camogli)
1Percorso +
5Punti
1Percorso +
5Punti
1Percorso +
5Punti
1Percorso +
5Punti
1Percorso
5Punti
1Percorso
5Punti
1Percorso
5Punti*
+
1Percorso
5Punti
+
+
+
In relazione alle particolari conformazioni del fondale ed alle condizioni meteo-marine, i
rilevamenti contrassegnati sono stati condotti solo nel secondo periodo di campionamento.
Gli “strati” relativi alla Posidonia alle profondità di 0 -3 e 4-7 m, non sono risultati presenti in
zona A. Sempre in Ca’ dell’Oro non è stato possibile e ffettuare i punti in corrispondenza
dello “strato” Posidonia 24 -30 m, poiché non sussistono i presupposti per effettuare questa
tipologia di rilevamento. Presso la zona C di Paraggi non è presente lo “strato” Posidonia 24 30
30 m ed inoltre i campionamenti su fondo duro nel primo e nell’ultimo intervallo di
profondità sono stati condotti solo durante il secondo periodo di campionamento.
Presso la zona C del Versante Camogli non sono presenti gli “strati” Posidonia 0 -3 m,
Mobile 0-3, 4-7 e 12-16 m e, in relazione alle particolari conformazione del fondale ed alle
condizioni meteo-marine, i rilevamenti su Posidonia nell’ultimo intervallo di profondità sono
stati condotti solo nel secondo periodo di campionamento.
Complessivamente sono stati effettuati 55 percorsi 255 punti (26 percorsi e 135 punti nel
primo periodo; 29 percorsi e 140 punti nel secondo periodo).
1.3.3.2 Numero di specie
Il campionamento mediante percorsi ha consentito di rilevare il numero maggiore di specie
sui fondi duri, rispettivamente 42 in zona A (Ca’ dell’Oro), 38 e 30 nelle zone C di Paraggi e
del Versante Camogli. Presso la prateria di Posidonia in Ca’ dell’Oro sono state censite 28
specie, mentre presso quelle delle zone C di Paraggi e del versante Camogli 25 specie. I
fondi mobili della zona A (caratterizzati quasi esclusivamente da ciottoli) e della zona C di
Paraggi ospitano un buon numero di specie (rispettivamente 27 e 26), mentre solo 12 sono
state le specie registrate sui fondi mobili (limitati alla profondità di 24-30 m) presenti nella
zona C del Versante Camogli.
Il campionamento effettuato mediante punti ha confermato la presenza di un maggior numero
di specie sui fondi duri (38 specie in zona A, 34 e 36 nelle zone C di Paraggi e del Versante
Camogli), rispetto alla Posidonia, (22 specie in zona A, 31 a Paraggi e 24 nel Versante
Camogli) e ai fondi mobili (30 specie in zona A, 23 a Paraggi e 9 nel Versante Camogli).
Abbondanze medie e composizione di taglie per sito investigato, per tipologia di fondale e
periodo di rilevamento
I valori di abbondanza media per punto, calcolati per i popolamenti ittici rilevati nelle tre
zone considerate (A – Ca’ dell’Oro, C1 - Paraggi e C2 - Versante Camogli), distinti per
tipologia di fondale e per periodo di rilevamento, consentono di rilevare che i fondi duri
presentano le abbondanze medie maggiori (ad esclusione della Posidonia in zona C2 nel
periodo autunnale) (Fig. 1.9).
Analizzando singolarmente ciascuna zona di studio è possibile rilevare che tali differenze
sono più accentuate nelle zone C di Paraggi e del Versante Camogli, dove il numero medio di
esemplari rilevati su fondo mobile è molto inferiore rispetto a quello rilevato su Posidonia e
su fondo duro. Inoltre, mentre in Zona A i valori di abbondanza media sono risultati maggiori
in primavera, nelle zone C di Paraggi e del Versante Camogli accade il contrario.
Nel primo periodo (primavera) (Fig. 1.10) la classe di taglia media è la più rappresentata (con
percentuali maggiori del 50%).
Percentuali superiori al 20% sono stati registrati per esemplari di taglia piccola sui fondi
mobili del Versante Camogli (40%), mentre il valore percentuale più elevato per la classe di
taglia “grande” è stato registrato sui fondi duri di Paraggi (17%).
In autunno (Figura 1.11) la classe di taglia media rappresenta, quasi sempre, percentuali
uguali o superiori al 50%, ad esclusione dei fondi mobili in zona A (dove le classi piccola e
media sono parimenti rappresentate 47%), e dei fondi duri nella zona C del Versante
Camogli (dove domina la classe di taglia piccola con il 58%). La taglia grande è
31
maggiormente rappresentata sui fondi mobili di Paraggi (22%) e sulla Posidonia in zona A
(17%).
1.3.3.3. Dati raccolti mediante transetti
I transetti sono stati condotti sui fondi duri della zona A (Ca’ del l’Oro), della zona B
(Altare), della zona C (Cala dell’Olivetta) e di un sito esterno alla AMP (P.ta Manara).
Complessivamente sono stati effettuati 48 transetti per sito e per periodo, arrivando ad un
numero complessivo di 192 transetti.
Considerando entrambi i periodi di campionamento, il maggior numero di specie sono state
rinvenute nella zona B dell’Altare (46), seguita dalla zona A di Cala dell’Oro (41 specie),
dalla zona C dell’Olivetta (38 specie) e dall’area di controllo di P.ta Manara, esterna alla
AMP (36 specie).
Nel periodo primaverile il popolamento ittico presente in zona A ha mostrato valori di
abbondanza media maggiori rispetto a quelli rilevati nelle altre zone della AMP e della zona
esterna, mentre nel periodo autunnale, il valore medio di esemplari censiti in zona A è
risultato inferiore a quelli rilevati nelle zone C e B (Fig. 1.12).
L’analisi delle composizione di taglia del popolamento ittico nel periodo primaverile
evidenzia la rilevanza della classe “media”, rappresentata da percentu ali sempre maggiori al
50% (Fig. 1.13). La classe di taglia “grande” diminuisce la sua importanza al ridursi del
livello di protezione, esattamente al contrario di quanto accade per la classe di taglia
“piccola” (Fig. 1.13).
In autunno, gli esemplari di taglia “media” costituiscono sempre la componente più rilevante
del popolamento con percentuali uguali o maggiori del 45% (Fig. 1.14). In questo periodo la
taglia “piccola” è sempre rappresentata da valori percentuali maggiori del 25%, arrivando a
toccare il valore percentuale massimo del 45% nell’area esterna alla AMP. Gli esemplari di
taglia “grande” sono invece sempre scarsamente rappresentati (12% in zona A e 13% in zona
C costituiscono i valori più elevati registrati).
1.3. 4. Considerazioni conclusive
Le considerazioni preliminari condotte sul set di dati raccolto consentono di rilevare che il
popolamento ittico dell’AMP di Portofino è caratterizzato da una notevole ricchezza
specifica e da rilevanti valori di abbondanza, soprattutto a carico della fauna ittica associata
ai fondi duri. Le notevoli diversità riscontrate, sia in funzione della tipologia di fondale che
del periodo di campionamento, suggeriscono di approfondire l’analisi dei dati e di continuare
la conduzione delle attività di rilevamento. Solo in questo modo sarà possibile disporre di
serie di dati in grado di consentire una più approfondita interpretazione dell’eventuale
presenza di fattori stagionali in grado di influenzare la composizione del popolamento ittico
costiero e, soprattutto, di valutare gli effetti delle diverse misure di protezione nel tempo.
1.3.5. Referenze bibliografiche
32
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Mer. Médit., 36: 347.
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approccio sistematico per l’organizzazione delle attività gestionali. Atti del convegno
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34
1.4. Gli effetti della moria del 1999 su Eunicella cavolinii
1.4.1 Premessa
Nella tarda estate 1999, in seguito al fenomeno di anomalia termica (Cerrano et al., 1999;
Perez et al., 2000; Garrabou et al., 2001) che ha investito il bacino ligure-provenzale, la
maggior parte dei gorgonacei presenti lungo il Promontorio di Portofino è stata coinvolta da
un imponente fenomeno di mortalità di massa che ha colpito numerosi migliaia d’esemplari
fino a circa 50 m di profondità.
La gravità di questo episodio, vista l’estensione dell’area colpita, l’alto numero di taxa
interessati e i tassi di mortalità registrati, è paragonabile solo a simili eventi osservati in
ambienti tropicali ed è risultato essere il più grave caso di moria di massa mai registrato in
Mediterraneo.
In seguito a tale evento si è studiata la modalità e dei tempi di rigenerazione in Eunicella
cavolinii, specie di grande importanza ecologica per il ruolo che riveste nello strutturare le
comunità sciafile di substrato duro mediterranee.
1.4.2. Materiali e Metodi
Una popolazione di E. cavolinii è stata studiata per 3 anni nel sito di Paraggi (15-17 m)
delimitando, all’interno di un quadrato di 4 m 2, un totale di 142 colonie. Quindici di queste
sono state marcate singolarmente e fotografate mensilmente per il primo anno seguente alla
moria (1999-2000) ed ogni quattro mesi negli anni seguenti (2000-2002). La ricrescita del
cenenchima è stata valutata su singoli “rami” di ognuna delle colonie marcate.
1.4.3 Risultati
La densità di popolazione è apparentemente cresciuta durante il primo anno seguente la
moria (1999-2000) da 34,5 colonie/m2 a 41,8 colonie/m2; successivamente (2000-2002)
questa è scesa fino a 36,8 colonie/m2. L’incremento iniziale è, probabilmente, dovuto ad un
maggior successo iniziale nel reclutamento in E. cavolinii legato ad una minore competizione
con altre specie bentoniche scomparse dopo la moria.
La taglia media è diminuita (taglia modale di 20 cm nel 1999, 10 cm nel 2000 e 5 cm nel
2001) determinando un “ringiovanim ento” della popolazione. In questo caso diversi fattori
hanno contribuito alla fluttuazione osservata: i) morte e distacco delle colonie di taglia
medio-grande; ii) distacco di cospicue porzioni di rami morti dalle colonie più grandi per
autotomia; iii) arrivo di nuove colonie (recruits).
La ricrescita del cenenchima sui rami colpiti da moria è stata elevata nei primi mesi dopo la
moria (1,4 ± 0,8 cm/mese; n =71), poi è rallentata progressivamente a causa della sempre più
cospicua presenza d’epibionti sugli sclerassi non ricoperti da cenechima, fino ad arrestarsi a
distanza di circa un anno dalla moria.
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1.4.4. Conclusioni
In E. cavolinii, la moria è stata taglia-dipendente: le colonie inferiori ai 10 cm d’altezza
hanno evidenziato una maggiore resistenza e capacità rigenerativa.
In E. cavolinii, le maggiori velocità di rigenerazione sono state riscontrate nel periodo
invernale; successivamente si registra un significativo rallentamento dei processi di
rigenerazione, in concomitanza ad un notevole sviluppo degli epibionti.
E. cavolinii ha inoltre evidenziato una notevole capacità d’autotomia dei rami (sia malati che
epibiontati ed, in alcuni casi, anche sani) che permette non solo un rimodellamento
morfologico della colonia stessa, ma anche del popolamento nella sua totalità, in funzione
delle condizioni locali.
In laboratorio è stato possibile mettere in evidenza come la moria non possa essere ricondotta
al solo innalzamento della temperatura o alla presenza di agenti patogeni.
E. cavolinii ha, infine, mostrato una discreta capacità di riproduzione asessuale per
frammentazione del cenenchima che potrebbe rappresentare un’importante strategia
riproduttiva nel fronteggiare momenti di stress.
1.4.5 Referenze bibliografiche
Cerrano C., Bavestrello G., Bianchi C.N., Cattaneo-Vietti R., Bava S., Morganti C., Morri
C., P. Picco, Sara G., Schiaparelli S., Siccardi A. & F. Sponga, 2000. A catastrophic massmortality episode of gorgonians and other organisms in the Ligurian Sea (North-Western
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