Luca Corchia - Il sondaggio deliberativo di James S

Transcript

Luca Corchia - Il sondaggio deliberativo di James S
Il Trimestrale del Laboratorio
The Lab's Quarterly
2007 / n. 1 / gennaio-marzo
Laboratorio di Ricerca Sociale
Dipartimento di Scienze Sociali, Università di Pisa
Direttore:
Massimo Ampola
Comitato scientifico:
Roberto Faenza
Paolo Bagnoli
Mauro Grassi
Antonio Thiery
Franco Martorana
Comitato di Redazione:
Stefania Milella
Luca Lischi
Alfredo Givigliano
Marco Chiuppesi
Segretario di Redazione:
Luca Corchia
ISSN 2035-5548
© Laboratorio di Ricerca Sociale
Dipartimento di Scienze Sociali,
Università di Pisa
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Il sondaggio deliberativo di James S. Fishkin
Luca Corchia
Dipartimento di Scienze Sociali
Università di Pisa,
[email protected]
Abstract
I rapporti annuali su Gli italiani e lo stato, coordinati da Ilvo Diamanti, continuano a
rilevare che i cittadini sono impegnati negli associazionismi ma disincantati dalla politica.
Con le tipiche differenze nelle diverse aree del paese e a seconda del livello istituzionale,
accanto alla sfiducia verso le istituzioni pubbliche c’è una propensione alla partecipazione.
Come mostrano la diffusione delle primarie e le esperienze di democrazia partecipativa che
si moltiplicano a livello locale, si riscontra, infatti, una disponibilità a sperimentare forme
di coinvolgimento differenti rispetto alla militanza politica che possono costituire un utile
complemento della democrazia rappresentativa e degli strumenti di democrazia diretta.
La partecipazione non solo richiede la possibilità legale di votare ma anche un contesto
sociale che induca effettivamente il popolo a votare e ad esprimere i propri punti di vista
elevando il livello di informazione e il confronto su argomenti alternativi, cercando
di evitare nelle controversie pubbliche le valutazioni puramente opportunistiche o emotive.
L’interesse qui si rivolge verso il “sondaggio deliberativo” di James S. Fishkin, una
procedura molto diversa dal sondaggio d’opinione poiché rovescia la logica demoscopica.
Le persone sondate dagli istituti di ricerca a volte non hanno indicazioni adeguate sul
tema; altrettanto spesso non ci hanno riflettuto e non hanno confrontato le proprie
preferenze, scelte o credenze con gli argomenti in contrasto in una libera e approfondita
discussione. Renato Mannheimer, presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblica
opinione (Ispo) è d’accordo con l’affermazione secondo cui le persone rispondono anche su
ciò che non conoscono e, a suo parere, il problema si fa ancora più evidente a ridosso delle
elezioni. Oggi, a suo avviso, la maggior parte della gente vota non per vera convinzione, ma
sulla base di impressioni acquisite dalla TV durante le ultime settimane prima del voto. I
sondaggi deliberativi, invece, sono diretti a migliorare la qualità del confronto pubblico,
attraverso una procedura articolata che favorisce l’informazione,la riflessione e il dibattito,
a partire, ovvio, dall’idea di creare un rapporto diverso tra i sondaggi e l’opinione pubblica
intenso come misurazione di come muta l’opinione dopo che le persone hanno avuto
l’opportunità di diventare più competenti e di confrontare in un dialogo aperto le loro idee.
Nonostante alcune riserve di ordine metodologico e taluni rischi di strumentalizzazione
politica, l’esame dei sondaggi deliberativi risveglia una viva ammirazione per uno studioso
riuscito a riversare la passione civile e l'impegno politico in una pratica democratica
concreta alla quale ha dedicato, quasi interamente, molti anni del suo lavoro. Rimane,
certo, uno strumento insufficiente a rianimare e risollevare il momento deliberativo nelle
democrazie contemporanee, ma nessuno può negare che indichi a tutti la direzione giusta.
Indice
Introduzione
2
1. Che cos’è il sondaggio deliberativo?
2. Riserve metodologiche
3. Riserve politiche
5
13
16
Bibliografia minima
20
1
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Introduzione
Il sondaggio deliberativo (Deliberative polling) è una procedura di rilevamento su base
campionaria finalizzata alla creazione di opinioni pubbliche informate e rappresentative e,
al contempo, una proposta politica volta a far “esprimere al meglio” al popolo la “propria
voce in suo nome” attraverso riunioni in cui i cittadini possano riunirsi per ascoltare le
argomentazioni di esperti e di politici a favore o contro una determinata questione, e in
seguito, dopo aver discusso tra loro, faccia a faccia, giungere a una deliberazione collettiva.
La metodologia è elaborata da James S. Fishkin, professore di Stanford, in Democracy
and Deliberation: New Directions for Democratic Reform (1991)1 , in The Voice of the
People (1995)2 e in molti articoli in cui il politologo americano risponde alla seguente
domanda: quale sarebbe l’opinione espressa dai cittadini se, posti di fronte a un preciso
argomento, avessero la possibilità di informarsi, di discutere e di fare domande a esperti?
All’origine della proposta vi è la convinzione, corroborata da numerose ricerche sulle
opinioni dei cittadini che, anche nei casi di media ed elevata istruzione, la maggior parte
delle conoscenze politiche di base è inferiore a qualsiasi standard democratico auspicabile.
Infatti, generalmente, i cittadini non sono attenti, non hanno abbastanza informazioni,
discutono poco, non pongono domande agli esperti e di rado giungono a giudizi ponderati.
I sondaggi demoscopici – concesso che rispettino i requisiti di attendibilità e di validità rilevano le opinioni degli interpellati ma risentono di quella che Anthony Downs definì
“ignoranza razionale”. Numerosi studi di controllo hanno dimostrato che, molto più spesso
di quanto non si creda, le risposte affermative o negative o i giudizi di intensità sono
espressi quasi a caso o per vergogna pur di non dover scegliere l’opzione “non lo so”:
«I sondaggi tradizionali forniscono un modello di cosa pensa il pubblico, anche se magari il
pubblico non pensa poi moltissimo o non presta particolare attenzione ai temi trattati»3 .
Fishkin cita un sondaggio del 1976 divenuto un caso di studio negli Stati Uniti. Si chiese
a un campione della popolazione americana di esprimere un giudizio sul “Pubblic Affaire
Act” del 1975. Le risposte si divisero tra i molti favorevoli e contrari e i pochi “non lo so”. A
sondaggio avvenuto, i ricercatori resero noto che il «Public Affairs Act» non esisteva.
Vent’anni dopo, l’esperimento venne ripetuto, chiedendo se si era favorevoli al presidente
Clinton, che voleva conservare quella legge, o ai repubblicani, che la volevano abrogare. La
maggioranza si schierò con il presidente, senza che nessuno palesasse la propria ignoranza.
La razionalità individuale sottostante a questi comportamenti è ricondotta al seguente
calcolo: non conoscere i temi richiesti non comporta conseguenze negative, dato che la
J.S. Fishkin, Democracy and Deliberation: New Directions for Democratic Reform, Yale, Yale University Press, 1991.
J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, Venezia, Marsilio, 2003.
3 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 136.
1
2
2
The Lab's Quarterly, 1, 2007
propria opinione personale in quanto tale non è pubblicamente così rilevante. È preferibile
delegare le scelte politiche ai rappresentanti, dedicandosi pienamente alle attività private:
se il mio voto è uno su milioni, perché dovrei investire tempo e fatica per informarmi?
Sebbene contestabile questo assunto è stato riscontrato in molte “ammissioni d’ignoranza”.
Questo preoccupante fenomeno per la qualità della democrazia contemporanea è stato
sottolineato da Renato Mannheimer in diversi articoli pubblicati sul Corriere della Sera,
nei quali egli rimarcava, altresì, la banalizzazione mass-mediatica dei problemi trattati, la
superficialità del consenso dell’opinione pubblica sui programmi dei partiti politici e la
personalizzazione della campagna elettorale introno alle parole e alle immagini dei leader:
«la gente spesso non sia sufficientemente informata su certe tematiche e talvolta non è informata del
tutto. Esiste quindi un problema: le persone rispondono anche su ciò che non conoscono; ed il problema si fa
ancora più evidente nei periodi a ridosso delle elezioni. Chi vota consapevolmente sui programmi? Nessuno.
[…] Oggi circa il 15% della popolazione italiana dichiara di votare sulle base di impressioni acquisite
dalla tv durante le ultime settimane che precedono il voto, si tratta quindi di impressioni che dipendono
più dalla capacità di chi comunica che non dalle proposte che sono obiettivamente difficili da valutare»4.
«Uno dei limiti principali dei sondaggi è costituito dalla scarsa informazione di chi risponde.
Vengono posti infatti quesiti sui temi più diversi, che l’intervistato spesso ignora totalmente o sui
quali ha una conoscenza generica e approssimativa. Di conseguenza le risposte sono spesso improvvisate
o basate sul “sentito dire”. Per la verità un problema analogo si pone spesso anche in occasione delle
elezioni “vere”, ove si finisce di frequente con lo scegliere sulla base di mere impressioni, senza
avere la possibilità o la voglia di approfondire realmente le diverse proposte sottoposte agli elettori»5.
Inoltre, i sondaggi di demoscopici sono spesso connotati in termini emotivi, operano
drastiche semplificazioni dei temi, non concedono tempi alla riflessione e si prestano a
manipolazioni. Tali sondaggi, in effetti, rilevano spesso delle “opinioni grezze”, nel senso di
opinioni espresse sulla base delle scarse e assai incerte informazioni esistenti. Per contro,
l’oggetto dei sondaggi deliberativi è l’“impatto dell’informazione” sugli atteggiamenti dei
soggetti coinvolti. Mentre i sondaggi demoscopici offrono un’”istantanea dell’opinione
pubblica così com’è”, questi “quasi-esperimenti” ricostruiscono artificialmente “un quadro
dell’opinione pubblica come sarebbe, se si raffinasse e si arricchisse con la deliberazione” –
nell’ipotesi, tutta da provare, che il campione scelto sia rappresentativo della popolazione.
Va precisato, quindi, che il sondaggio demoscopico e il sondaggio deliberativo non sono
degli strumenti in competizione fra loro, in quanto rispondono a delle differenti finalità.
In L’invenzione di un elettore competente (2002), Giancarlo Bosetti, sottolinea come la
finalità dei sondaggi deliberativi sia di rafforzare la competenza dei cittadini in modo che
non si facciano più influenzare dagli slogan ma assumano decisioni ponderate e dibattute,
dopo aver compreso e apprezzato che in democrazia ogni singola opinione o voto conta:
4
5
R. Mannheimer, Lo stimolo vero è la tv, in «Corriere della Sera», 15.06.2003.
R. Mannheimer, I sondaggi su temi politici hanno acquisito sempre più ..., in «Corriere della Sera», 22 maggio 2003.
3
The Lab's Quarterly, 1, 2007
«i deliberative pollings non si aggiungono al repertorio di strumenti a disposizione degli istituti
demoscopici, dei giornali, dei partiti politici e dei candidati per affinare le capacità di previsione o
aumentare la forza persuasiva degli slogan. Lo scopo persegue un obiettivo importante per chi
guarda il processo politico dall'altra parte: è quello di rafforzare la competenza dell'elettorato, di
raffinare se mai proprio la sua capacità di non farsi persuadere da semplici slogan, di esigere molto
di più delle sound bites, delle battute di pochi secondi al tg, di imporre un reale confronto di argomenti»6.
Fishkin esprime il mutamento che si verifica nei partecipanti al sondaggio deliberativo
impiegando due immagini ricorrenti nel vocabolario delle scienze sociali e politiche:
«Il campione casuale si esprime prima e dopo la deliberazione. I risultati che otteniamo prima
incorporano l’idea di rappresentazione come “specchio”, l’opinione pubblica così com’è realmente,
con tutti i suoi limiti e le sue imperfezioni. I risultati che otteniamo dopo riflettono gli effetti
del “ filtro” - l’opinione pubblica deliberativa contraffatta che il pubblico avrebbe se deliberasse»7 .
Come vedremo, nell’espressione “deliberative polling” l’accento cade sul primo termine.
Con il concetto di deliberazione, egli indica l’insieme delle attività volte a favorire
l’informazione consapevole. Ogni aspetto del procedimento deve facilitare una discussione
informata ed equilibrata. Al riguardo, Bosetti rimarca che il termine inglese deliberation,
diversamente dall’italiano deliberazione, indica il processo di valutazione di una proposta
o di una tematica, prima ancora che venga presa una decisione favorevole o una contraria:
«Per capirsi su quel che è la democrazia deliberativa, bisogna anzitutto mettere in chiaro una
questione linguistica: in inglese to deliberate ha un significato diverso che deliberare in italiano e vuol
dire esaminare attraverso una discussione i pro e i contro di una scelta, prima di decidere. Il
significato italiano mette invece l’accento sul dopo, sul decidere. E questo fa una bella differenza»8.
A tale senso inglese pensava Luigi Einaudi con la formula “conoscere per deliberare”.9 Il
fine del sondaggio deliberativo non è di rappresentare ciò che gli interpellati credono o
auspiscano su determinati problemi ma mostrare che la stessa gente, avendo la possibilità
di approfondire tali questioni tramite la raccolta delle chiarimenti, giunge a livelli di
cognizione che assicurano una riflessione e una discussione che avvicinano quelle assise ai
modelli normativi di democrazia deliberativa teorizzati dai classici del repubblicanesimo.
Il concetto di cittadinanza è costruito non soltanto sui diritti civili alla tutela della sfera
privata – “le libertà negative” -, ma anche sui diritti politici alla formazione della volontà
generale – “le libertà positive” – rifondando la libertà degli antichi che rende possibile la
prassi dell’autoderminazione civica a partire dalla moderna dottrina dei diritti soggettivi.
Ma l’autonomia privata delle persone rinvia all’esercizio della loro autonomia pubblica:
esse non possono essere autonome se non considerandole come “autori” di quelle stesse
norme dell’ordinamento giuridico ai quali come “destinatari” devono prestare obbedienza.
6
G. Bosetti, L’invenzione di un elettore competente, «Caffè Europa» 183, 14.06.2002.
J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democraz ia, una proposta, cit., p.
8 G. Bosetti, Tutti insieme per ragionare appasionamente, in «La Repubblica», 19.07.2003.
9 G. Sartori, Ecco un'idea per il servizio pubblico, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2005.
7
4
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Secondo tale dottrina, un potere legittimato democraticamente deve garantire e rendere
effettivi quei diritti di partecipazione politica che consentono al cittadino di prender parte,
nei modi previsti dalla costituzione, alla formazione dell’opinione e della volontà pubblica.
Se la volontà pubblica si concretizza in deliberazioni formulate nelle istituzioni politiche
centrali e periferiche, le discussioni sugli interessi generali che si svolgono nella sfera
dell’opinione pubblica svolgono funzioni di indirizzo e di controllo nella società civile.1 0
Il concetto di democrazia deliberativa restituisce ai cittadini la sovranità accentuando
l’importanza delle discussioni che si svolgono per un verso nei dibattimenti parlamentari e
per l’altro nella rete comunicativa delle sfere pubbliche politiche. All’interno e all’esterno
dei corpi politici deputati a deliberare, le comunicazioni politiche formano arene in cui –
riguardo ai temi rilevanti per l’intera società e intorno a materie bisognose di regolazione –
può avere luogo una discussione razionale tramite il confronto di buone ragioni opposte.
Ogni tema deve essere assunto con carattere ipotetico e oggetto di discussione razionale. E
se è vero che in ogni argomentazione, gli interlocutori sono motivati da interessi specifici e
orientati da credenze precostituite, soltanto nella discussione le preferenze sono poste a
confronto le une con le altre e possono essere modificate in tutto o in parte … anche gli
interessi possono esser diversamente interpretati o bilanciati tramite argomenti pertinenti.
L’ideale controfattuale della deliberative democracy è che i cittadini si sentano investiti
della responsabilità civica di decidere sugli affari pubblici e scoprano di avere un grande
bisogno di informazioni e di competenze per deliberare – come gli abitanti di Grandview
nella storia che J. Fishkin ha riproposto in apertura del suo libro The Voice of the People.
1. Che cos’è il sondaggio deliberativo?
Il sondaggio deliberativo è un marchio registrato i cui introiti sono destinati al Center
for Deliberative Polling, creato nel 1996 alla University of Texas al fine di promuovere
questa specifica procedura di democrazia partecipativa. Fishkin propone questo strumento
poiché ritiene che possa “dar voce” a un campione dell’opinione pubblica rappresentativo:
«L'idea è semplice. Si preleva un campione casuale dell'elettorato a livello nazionale e lo si trasporta
dai luoghi di provenienza di ciascuno, disseminati per il paese, in un unico luogo. Il campione lo si immerge
poi nei temi trattati, lo si dota di materiale informativo che tenga rigorosamente conto delle diverse posizioni
esistenti sui temi in oggetto, lo si fa discutere in gruppi ristretti, e gli si dà l'opportunità di interrogare
degli specialisti e degli uomini politici che abbiano punti di vista contrapposti. Al termine di alcune giornate
di lavoro in cui tali temi vengono discussi faccia a faccia, si sondano i partecipanti in profondità.
Il rilevamento che ne risulta offre una rappresentazione dei giudizi ponderati del pubblico, delle opinioni
che avrebbe l'intero paese nel caso in cui tutti sperimentassero l'opportunità di comportarsi come cittadini
ideali, come individui, cioè, che studiano a fondo le questioni per un periodo di tempo prolungato»1 1 .
J. Habermas, trad. it. Tre modelli normativi di democrazia, in Id., L’inclusione dell’altro: studi di teoria politica,
Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 235-248.
11 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 135.
10
5
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Un vasto campione di diverse centinaia di persone viene riunito e diviso in gruppi più
piccoli di lavoro, alcuni giorni, per informarsi e discutere su temi rilevanti e controversi.
Degli esperti fanno le domande, preparano le informazioni e illustrano le opzioni
alternative. Dei moderatori conducono le discussioni, alle quali partecipano anche dei
rappresentanti politici che espongono e confrontano i loro programmi. La televisione e la
stampa danno ampia copertura all’evento e ne moltiplicano gli effetti sulla cittadinanza,
mostrando come questo metodo produca effetti sensibili sulle opinioni dei partecipanti. Si
raccolgono in questionari le opinioni dei partecipanti, prima e dopo la discussione, e si
misura di quanto le opinioni possano mutare grazie a deliberazioni pubbliche organizzate.
La procedura del sondaggio deliberativo si compone di una serie di diversi momenti:
1. il campionamento;
2. il primo sondaggio;
3. le istruzioni sui temi;
4. la sessione deliberativa;
5. la revisione dei giudizi;
6. la copertura mediatica.
Il deliberative polling 1 2 è stato sperimentato negli ultimi decenni in numerose occasioni
in diversi stati sparsi in tutto il mondo finendo per affrontare argomenti molto eterogenei:
la criminalità (1994), il rapporto del Regno Unito con l’Unione Europea (1995) e il ruolo
della monarchia nelle istituzioni politiche in Gran Bretagna (1996); la National Issues
Convention a Austin in Texas (1996); le elezioni politiche in Gran Bretagna (1997);
l’introduzione delle energie rinnovabili in Texas (1998); il referendum sulla Costituzione
repubblicana in Australia (1999); l’adozione dell’euro in Danimarca (2000); la
riconciliazione con la popolazione aborigena in Australia (2001); la suddivisione delle
entrate tra le città e le circoscrizioni e altri temi locali a New Haven in Connecticut (2002);
il contrasto della criminalità in Bulgaria (2002); le scelte di bilancio dell’amministrazione a
Wenling in Cina (2005); l’elezione del presidente degli Stati Uniti d’America (2004); la
scelta del candidato sindaco alle amministrative 2006 nella città di Marosi dell’area
metropolitana di Atene da parte del Pasok (il partito socialista greco di G. Papandreou).
Molti ritengono che sarebbe opportuno introdurre l’esperimento anche in Italia, paese
in cui la stampa quotidiana e periodica raggiunge solo una modesta frazione dell’elettorato
e la maggior parte dei cittadini ottiene l’informazione soltanto tramite il network televisivo.
Le pagine seguenti invitano a riflettere sulle procedure e sulle implicazioni del progetto.
12
http://cdd.stanford.edu/polls/index.html
6
The Lab's Quarterly, 1, 2007
1. Il campionamento
Il sondaggio deliberativo condivide con il sondaggio demoscopico il campionamento.
Una volta individuata l’unità d’analisi, si provvede a costruire il campione rappresentativo
della popolazione selezionando i casi secondo le note procedure statistiche probabilistiche.
I campionamenti finora si sono orientati verso campioni dell’intera popolazione costruiti
casualmente o stratificati su basi territoriale, censitaria, di genere, generazionale, ecc.
Proprio la valenza statistica differenzia i sondaggi deliberativi dalle semplici riunioni di
cittadini, in quanto la loro composizione si basa sul campionamento rappresentativo della
unità di riferimento e richiede la costituzione di un panel di discussione su temi specifici.
Come ha sottolineato George Papandreou in occasione del sondaggio deliberativo greco
vi è un forte nesso tra la casualità dell’estrazione e il principio di eguaglianza dei casi scelti:
«la scelta casuale di coloro che partecipano alla decisione secondo il principio per cui ciascuno ha la
stessa possibilità di poter essere sorteggiato, è un meccanismo che rafforza e mette in pratica l’idea
secondo cui tutti i cittadini sono uguali. A questa caratteristica, il sistema di Fishkin aggiunge un supporto
scientifico che garantisce la rappresentatività del campione e ci offre l’istantanea di un’opinione pubblica
che prima di decidere si è nutrita di informazione, di conoscenza, di discussione. Inoltre il campione
casuale garantisce l’assenza di pressioni da parte di gruppi di potere, politici o economici, e può essere un
valido modo per abbattere quelle strutture clientelari che appartengono spesso alla politica tradizionale»1 3.
I sondaggi deliberativi realizzati hanno consentito incontri, solo in piccoli gruppi, ovvero
su un campione rappresentativo della popolazione di dimensioni necessariamente limitate.
Delle persone contattate, sono scelte in maniera scrupolosa - attraverso delle interviste
ripetute, fino a 32 colloqui con gli stessi soggetti1 4 - soltanto una parte, circa 250 persone.
In occasione del cosiddetto Pbs Deliberative day organizzato da Fishkin il 16 ottobre 2004,
a soli 15 giorni dalle elezioni presidenziali U.S.A. – Bush vs. Kerry – sono stati riuniti quasi
2000 americani per discutere di alcuni temi chiave della campagna elettorale. In genere,
però, i campioni del sondaggio deliberativo sono circa 200-400, come ad esempio, nel caso
dell’Australia Deliberates (1999) che ha riunito a Camberra un campione di 347 elettori, o
ancora, nel caso del sondaggio svolto a Wenling in Cina (2005) ristretto a sole 235 persone.
2. Il primo sondaggio
Le persone selezionate vengono sottoposte a delle domande su dei temi specifici (il
programma dei candidati alle elezioni, come ridurre il consumo energetico, come
combattere la criminalità, cosa pensano di una riforma costituzionale, ecc.). Si tratta di un
sondaggio demoscopico classico condotto attraverso un questionario (auto)somministrato.
13
14
G. Papandreou , Senza partecipazione la polis muore, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2006;
P. Casella, trad. it. Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
7
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Ad esempio, in occasione del sondaggio deliberativ o sul crimine svolto in Gran Bretagna
nel 1994 al campione selezionato fu richiesto di esprimersi con un si o un no sulle seguenti
affermazioni: 1. Sono d’accordo che: a. “Mandare più delinquenti in prigione è un modo
efficace di combattere il crimine”; b. “Le regole che si applicano in tribunale dovrebbero
essere meno favorevoli all’imputato”: c. “I sospettati dovrebbero avere il diritto di
rimanere in silenzio alle domande degli inquirenti”; 2. Non sono d’accordo sul fatto che: a.
“La polizia dovrebbe talvolta poter “forzare le regole” per ottenere una prova incriminante”
(fortemente in disaccordo); b. “Un ragazzo di 16 anni che compie per la prima
volta una rapina dovrebbe essere mandato in una prigione normale” (fortemente contro).
3. Le istruzioni sui temi
Dopo il primo rilevamento sul campione rappresentativo, i partecipanti all’esperimento
sono invitati in una sede predefinita per alcuni giorni a conoscere e discutere faccia a faccia
su temi specifici, avendo cura che le giornate che non coincidano con le giornate lavorative.
Alcune volte sono stati previsti incontri di orientamento precedenti all’iniziativa pubblica.
Come momento propedeutico alla deliberazione, ai soggetti è fornito del materiale
informativo (cartaceo, fotografico, video, ecc.) che rappresenti in modo semplice ed
equilibrato le molteplici e alternative posizioni sui temi cui sono chiamati ad esprimersi. Il
sondaggio, infatti, richiede ai cittadini di esprimere le loro opinioni solo dopo averli
sottoposti ad un processo di informazione e di discussione pubblica, completo e pluralista.
Rendendo consultabili attraverso internet i contenuti informativi offerti ai partecipanti al
sondaggio si cerca d’assicurare quella trasparenza che accompagna sempre l’imparzialità.1 5
Fishkin consiglia, una volta stabiliti i problemi, di stilare un documento introduttivo, nel
quale vengano presentate fino a quattro opzioni di base – anche se ne potranno emergere
altre durante le sessioni deliberative - cercando di riassumere in modo chiaro ed esaustivo,
per ogni alternativa, tutte le informazioni e gli argomenti principali favorevoli e contrari.
4. La sessione deliberativa
I membri del campione scelto sono invitati a partecipare a una sessione deliberativa,
in un centro congressi o in un albergo – in ogni modo, in un luogo accogliente e appartato.
La composizione numerica della sessione è prestabilita ma rimane aperta poiché, secondo
le indicazioni di Fishkin, le persone che si presenteranno in più non saranno mandate via.
La discussione è svolta in tanti piccoli gruppi composti da circa 10-30 persone. Ognuno
è assegnato casualmente, evitando preferenze tematiche e/o personali, al proprio gruppo.
15
P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
8
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Come vedremo, la misura e il limite del confronto fra opinioni diverse sono quelli dettati
dalla struttura separata dei gruppi di discussione. Non è da escludere che i partecipanti
facciano tante esperienze diverse quanti sono i gruppi in cui si divide la sessione plenaria. 1 6
Per altro verso, secondo Fishkin, le opere di Madison e dei padri fondatori americani ci
insegnano che affinché sussista la possibilità di deliberare, i gruppi di discussione devono
essere relativamente ristretti, con la facoltà di confrontarsi faccia a faccia sulle questioni. 1 7
Tutti i gruppi ristretti di discussione sono gestiti da moderatori formati ad hoc, il cui
compito è di instaurare un clima di reciproco ascolto senza alcun tipo di prevaricazione e
di assicurare che ogni punto di vista esistente venga espresso liberamente nelle sessioni.
Ai moderatori viene richiesto di non esternare mai la propria opinione sul tema discusso. 1 8
Nell’intervista Una proposta seria e concreta rilasciata a Giancarlo Bosetti per Reset
(2002), J. Fishkin precisa il ruolo svolto dai moderatori nel favorire il libero confronto tra
argomenti diversi come una funzione di garanzia che richiede competenze specifiche. Nei
gruppi ristretti i moderatori sono perlopiù sconosciuti al grande pubblico, mentre nelle
sessioni plenarie, ci si affida a personalità televisiv e di spicco che promettano neutralità. 1 9
Vengono distribuite informazioni preparate da esperti, si ascoltano relazioni, si pongono
domande e si confrontano le opinioni di specialisti e, quindi, dei rappresentanti politici.
Per ogni possibile alternativa occorre avere a disposizione sia un sostenitore che un critico.
Ma la scelta di persone indipendenti o di “avvocati” di parte è ancora un problema aperto.
In occasione del sondaggio deliberativo per le elezioni politiche in Gran Bretagna (1997),
erano stati convocati tre esperti per ciascuno dei tre grandi partiti, ma anche dei consulenti
indipendenti per costringere quelli politicamente schierati a evitare i ragionamenti faziosi.
La condizione essenziale del modello deliberativo è la pari opportunità dei partecipanti
di accedere alle informazioni e di argomentare, in condizioni che si avvicinano a quel
“modello controfattuale” che J. Habermas aveva definito “situazione linguistica ideale”.2 0
Il weekend deliberativo vede l’alternarsi di gruppi ristretti e di assemblee plenarie, nelle
quali i moderatori dei diversi gruppi ristretti incoraggiano i partecipanti a interpellare gli
specialisti e gli uomini politici invitati di diversa provenienza sulle questioni evidenziate.
Secondo Fishkin sarebbe preferibile che i partecipanti al sondaggio deliberativo fossero
trasportati e ospitati per almeno un weekend in un'unica sede. Ma la compresenza può
essere assicurata a distanza anche attraverso l’uso delle videoconferenze o mezzi simili. Ad
esempio, in occasione del suddetto Pbs Deliberative day i quasi 2000 partecipanti erano
Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, p. 31.
Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
18 P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
19 Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
20 J. Habermas, trad. it. Osservazioni propedeutiche per una teoria della competenza comunicativa, in J. Habermas –
N. Luhmann, Teoria della società o tecnologia sociale, Etas Kompass Libri, Milano 1973, pp. 67 -94.
16
17
9
The Lab's Quarterly, 1, 2007
dislocati in 17 comunità (Albuquerque, NM; Baton Rouge, LA; Boise, ID; Charlottesville,
VA; Cleveland, OH; Detroit, MI; Houston, TX; Kansas City, MO; Lexington,
KY; Lincoln, NE; Miami, FL; New Haven, CT; Pittsburgh, PA; Rochester, NY; San
Diego, CA; Seattle, WA; and St. Louis, MO) ciascuna coperta dalla locale stazione della Pbs.
L’uso delle telecomunicazioni consente oggi di realizzare il sondaggio deliberativ o anche
tra persone che si trovano in luoghi diversi e di prolungare la durata per diverse settimane,
concedendo alle persone coinvolte di incontrarsi in forum permanenti organizzati on-line.
5. La revisione dei giudizi
Una volta letti i materiali, discusso, fatto domande e ascoltato le risposte si torna alle
domande iniziali. Si raccolgono in questionari le opinioni dei partecipanti e si misura
quanto e come le opinioni si siano arricchite e/o modificate rispetto al primo rilevamento.
Nella differenza delle risposte, date prima e dopo della sessione deliberativa, risiede la
specifica discordanza tra un campione di opinione pubblica informato e uno che non lo è.
Nei deliberative polls finora condotti, in Usa, Gran Bretagna, Danimarca, Australia,
Bulgaria, ecc. c’è sempre stato uno scarto statistico sostanziale tra opinioni iniziali e finali.
Infatti, confrontando le risposte dei due questionari precedenti e successivi la discussione
si rilevano solitamente dei significativi mutamenti negli indirizzi dell’opinione pubblica
intervistata ed una generale convergenza, prima assente, rispetto a molti giudizi di fondo.
Così accadde, ad esempio, nel caso del sondaggio deliberativo inglese sul crimine del 1994:
1. SONO D’ACCORDO SUL FATTO CHE
a. “Mandare più delinquenti in prigione è un modo
efficace di combattere il crimine”
b. “Le regole che si applicano in tribunale
dovrebbero essere meno favorevoli all’imputato”
c. “I sospettati dovrebbero avere il diritto di
rimanere in silenzio alle domande degli inquirenti”
2. N ON SONO D’ACCORDO SUL FATTO CHE
a. “La polizia dovrebbe talvolta poter ‘forzare le
regole’ per ottenere una prova incriminante”
(fortemente in disaccordo)
b. “Un ragazzo di 16 anni che compie per la prima
volta una rapina dovrebbe essere mandato in una
prigione normale” (fortemente contro)
% prima della
deliberazione
% dopo la
deliberazione
%
di differenza
57
38
-19
42
52
+10
36
50
+14
37
46
+9
33
50
+17
Fishkin rimarca continuamente che nel corso dei sondaggi deliberativ i si sono avuti dei
“cambiamenti d’opinione statisticamente significativi”, a riprova che i giudizi riflettuti
sono sovente diversi dalle risposte affrettate che sono fornite nei sondaggi convenzionali:
10
The Lab's Quarterly, 1, 2007
«Ma che rappresentano i risultati? Coloro che hanno partecipato a questo esperimento sono stati in
grado di vincere gli impulsi dell’ignoranza razionale, che normalmente hanno la meglio sulla massa del
pubblico. Invece di un unico voto perso tra milioni di altri, essi, infatti, dispongono di un voto tra le poche
centinaia di voti del campione esaminato nel corso del fine settimana, e una voce su più o meno quindici
altre nei gruppi ristretti di discussione. Il fine settimana è costruito in modo tale da rendere credibile la
pretesa che la loro voce conti qualcosa. Superando l’apatia, la mancanza di relazioni, la disattenzione e
l’iniziale mancanza di informazioni, i partecipanti, qualunque sia la loro origine sociale, deliberando,
cambiano. Dalla conoscenza del loro grado di istruzione, dalla conoscenza delle loro disponibilità
economiche non si può estrapolare il cambiamento che avverrà in loro durante la deliberazione. Sappiamo
invece che a far loro cambiare atteggiamento sarà il fatto di informarsi sui temi oggetto della discussione»21 .
Contrariamente alla tesi di alcuni analisti secondo i quali molti cittadini userebbero
delle “scorciatoie” per formare le proprie opinioni e intenzioni, a cui giungerebbero anche
accettando gli sforzi necessari ad acquisire maggiori competenze, Fishkin ritiene di aver
mostrato che, se si ha la possibilità di studiare e discutere, l’opinione delle persone cambia.
Ciò non significa che le convinzioni che erano manifestate in precedenza fossero errate.
Semplicemente, si tratta spesso di opinioni argomentativamente fragili, non fondate su
precise cognizioni dei problemi e non corroborate intersoggettivamente dalla discussione.
Al termine, i partecipanti hanno maggiore conoscenza delle ragioni della parte opposta
e una migliore capacità di argomentare in modo convincente le proprie buone ragioni. I
sondaggi deliberativi non risolvono le forti divergenze ideologiche, ma rendono le posizioni
in campo più informate e costituiscono un piano discorsivo che può smorzare il conflitto.
Certo, vi sono contrasti così radicati che non si prestano alla discussione pubblica, ma la
maggior parte delle questioni pubbliche, rileva Fishkin, riguarda problemi meno cruenti.2 2
Come ha sottolineato Mauro Buonocore, il punto decisivo è che la risposta, qualunque
essa sia, migliore o peggiore, sia l’esito conseguente di un dibattimento ragionato e non di
un «sonnecchiante allineamento agli spot televisivi, qualunque sia il loro colore politico». 2 3
Non si dovrebbe sottovalutare, inoltre, che l’accrescimento delle conoscenze politiche
e del senso civico non è limitato ai soli partecipanti, ma genera degli effetti sociali a catena.
Anzitutto, abbiamo almeno 200 persone che discutono della loro esperienza a casa e che
circolano in giro per la società come fossero agenzie di democratizzazione “porta a porta”.2 4
Un secondo aspetto dei sondaggi deliberativi riguarda il ruolo dei mezzi di comunicazione.
6. Copertura mediatica
La discussione condotta nella sessione deliberativa dovrebbe essere sottoposta, secondo
Fishkin, ad ampia copertura da parte dei giornali e delle televisioni, i quali sono la vera
“cassa di risonanza” di questo singolare processo di formazione di un’opinione pubblica
informata di fronte a tutti coloro che non partecipano direttamente all’evento deliberativo.
J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p.
P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
23 M. Buonocore, Ascolto l’esperto, ne parlo con gli altri, poi decido, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
24 E. Ambrosi, Se non deliberi, come fai a decidere, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
21
22
11
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Le dirette televisive dalle sessioni di discussione e i servizi registrati sull’intero weekend
deliberativo avvicinano le opinioni dei cittadini - la gente comune - al grande pubblico.
Sono i loro giudizi che costituiscono la materia su cui si confrontano gli esperti e i politici.
Occorre sottolineare che i lavori dei gruppi ristretti e della sessione plenaria così come i
verbali delle discussioni del week-end sono pubblici, ma i questionari che i partecipanti
compilano prima e dopo la deliberazione sono “questionari confidenziali”, ovvero anonimi.
Riguardo ai broadcasting, Fishkin consiglia la diretta televisiva, più imprevedibile, per
le prime sessioni deliberative, mentre i risultati finali sono resi con dei montaggi registrati.
Ad esempio: per il sondaggio australia no del 1999 sono stati trasmessi da ABC tv due
giorni di diretta del dibattito e uno spettacolo registrato sui risultati della discussione;
quello tenuto per le presidenziali americane del 2004 è stato tutto trasmesso in diretta
ma uno speciale registrato ha sintetizzato i numerosi interventi dei gruppi ristretti;
nei sondaggi inglesi, di solito, si predilige una breve diretta dei lavori e dei risultati finali.
I diversi sondaggi deliberativi che si sono svolti in Gran Bretagna a partire dal 1994,
sono stati organizzati con la promozione mediatica del canale televisivo Channel Four, così
come la Pbs fu decisiva negli Stati Uniti e le altre emittenti in Danimarca, Australia, ecc.
Dietro a queste esperienze vi è un altro modo di intendere il servizio pubblico televisivo.
Forse il progetto di educare a una riflessione e a una discussione argomentata, invece della
politica condotta a colpi di slogan, sulle questioni nazionali cruciali quali immigrazione,
criminalità, tasse, pensioni, scuola, ecc., o sulle problematiche di competenza locale –
viabilità, strategie di trasporto pubblico, tutela delle acque e dei parchi, orari dei servizi valorizzando la democrazia deliberativa come una vera “democrazia delle buone ragioni”.
L’idea di una televisione che intrattenga il pubblico favorendo il senso civico costituisce
la motivazione che ha spinto Dan Werner, già dirigente della Pbs e oggi produttore
esecutivo della MacNeil Lehrer Productions, a realizzare dalle frequenze del servizio
pubblico americano la trasmissione By the people – il format che da alcuni anni racconta
sugli schermi dei cittadini americani i deliberative polls di James Fishkin e collaboratori.
«By the People nasce innanzitutto dalla premessa che le opinioni dei cittadini sono importanti e
possono essere notizie interessanti. […] Dal nostro punto di vista è un modo per fare buona televisione,
in cui si combina il racconto di storie interessanti, il background educativo, l’informazione sul tema
trattato di modo che attraverso i video anche il pubblico possa apprendere di più sulla questione
che viene presa in esame. Tutte caratteristiche che appartengono a un buon programma d’informazione.
[…] Con i finanziamenti giusti si potrebbero fare degli ottimi programmi che sarebbero un’esperienza
democratica fantastica e aiuterebbero a definire cos’è la televisione pubblica»25.
La Pbs negli Usa, Channel 4 in Gran Bretagna, la DR in Danimarca e l'Abc in Australia
sono esempi di servizio pubblico che mostra la volontà di impegnare risorse economiche
e gestionali in esperimenti che esulano dalla stretta logica della televisione commerciale.
25
D. Werner, Una tv che migliori l’opinione pubblica, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2006;
12
The Lab's Quarterly, 1, 2007
2. Riserve metodologiche
Una maggiore consapevolezza in chi sceglie è l'auspicio e il motivo fondante da cui parte
J. Fishkin, e da questo punto di vista la sua proposta è assolutamente opportuna, offrendo
altresì alle scienze sociali l'occasione di sperimentare delle nuove procedure di ricerca.
Ma proprio su tale piano occorre compiere le dovute osservazione tecniche, di carattere
propriamente metodologico, sulla validità scientifica dei nuovi tipi di sondaggi deliberativi.
Come primo passo sarà utile rileggere come il regolamento in materia di pubblicazione e
diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa (delibera n. 273/03/CSP
dell’11 novembre 2003 dell’Autorità Garante per le Comunicazioni) definisce il sondaggio:
«ogni rilevazione di opinioni, comportamenti, giudizi, atteggiamenti, previsioni, atti e fatti effettuati con
metodo campionario, probabilistico o non probabilistico, che consente di generalizzare i risultati al collettivo
di riferimento; il metodo di individuazione delle unità che fanno parte del campione e la estensione
dei risultati al collettivo rispettano i criteri statistici definiti dai codici di autoregolamentazione
adottati dalle associazioni professionali maggiormente rappresentativi sul piano nazionale e internazionale».
È vero che il sondaggio demoscopico e quello deliberativo sono strumenti assolutamente
diversi e perseguono differenti finalità. Fishkin lo riconosce esplicitamente quando afferma
che il sondaggio deliberativo non si presta né per descrivere, né per predire lo stato
dell'opinione pubblica 2 6 , bensì intende indicare le conclusioni cui dovrebbe pervenire la
popolazione se fosse motivata, messa in condizione di informarsi e discutere a lungo i temi:
«Se prendiamo un microcosmo dell'intera nazione e lo sottoponiamo ad una determinata esperienza, e se
il microcosmo (comportandosi nel modo in cui ameremmo si comportassero i cittadini ideali nel deliberare
seriamente tra loro) giungesse allora a conclusioni diverse sui temi oggetto della discussione, potremmo
dedurre semplicemente che, se, in qualche modo, l'intero paese fosse sottoposto alla medesima esperienza
vissuta nel microcosmo, allora, in via ipotetica, l'intero paese giungerebbe a conclusioni analoghe»27 .
Ma la diversa destinazione d’uso del sondaggio è stata molto criticata dai professionisti
delle indagini demoscopiche, secondo i quali il compito dei ricercatori non è migliorare il
funzionamento della democrazia, ma registrare ciò che la gente pensa o non pensa. Inoltre,
Renato Mannheimer ha obiettato che, sebbene il campione del sondaggio deliberativo
possa essere statisticamente attendibile, la disponibilità a partecipare all’esperimento e
l’impegno nelle sessioni di discussione potrebbero indicare differenti tipologie di persone:
quelli che sono motivati per senso civico o per appartenenza politica, quelli che desiderano
apparire in televisione, quelli che lo fanno soltanto per il “gettone di presenza”, quelli che
hanno interessi propri da difendere o altrui da rappresentare, ecc. In ogni modo, gli
indifferenti continuano a rimanere esclusi dal campione in un processo di auto-selezione.
26
27
J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 136.
J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., pp. 149 -150.
13
The Lab's Quarterly, 1, 2007
La ribalta televisiva non basta a eliminare lo scarto tra chi delibera e chi improvvisa
contribuendo semmai a riprodurre il rischio di una spettacolarizzazione della vita activa.2 8
Perché non ipotizzare da parte dei partecipanti una sorta di agire drammaturgico da attore
consumato che strategicamente simula opinioni che non muteranno i suoi intimi pensieri.
G. Bosetti ha sottoposto il problema a J. Fishkin, domandandogli - considerato che anche
in Europa non c’è bisogno di alimentare ulteriormente la politica-spettacolo, pur dovendo
evitare di annoiare il pubblico - quale forma televisiva devono avere i sondaggi deliberativi
- se, ad esempio, essi devono assomigliare più a dei talk shows o a una specie di “Grande
Fratello” o ancora se devono avere una veste ufficiale – non ottenendo la risposta attesa.2 9
Si consideri, poi, che il sondaggio deliberativo è caratterizzato solo da alcune procedure
standardizzate (ad esempio, il sondaggio campionario iniziale), mentre altre non lo sono
affatto (ad esempio, la gestione dei partecipanti – cittadini, esperti, moderatori, politici alle
assemblee) o lo sono parzialmente (ad esempio, la composizione dei gruppi faccia a faccia).
Qui si presenta il problema di limitare l’effetto distorsivo del contesto umano e ambientale
nella discussione, con danno alla possibilità di estendere i risultati dal campione scelto a
tutta la popolazione. Le peculiarità di un sondaggio deliberativo che è un insieme di
strumenti, procedure e pratiche sociali diverse sono date dalla varietà delle parti da cui è
composto e dalle molteplici fasi in cui esso si realizza. In assenza di standardizzazione, le
possibilità di ripetere l’intero esperimento o di generalizzarne i risultati sono assai ridotte.
Non si può escludere che la discussione svolta in tanti piccoli gruppi composti da circa
10-30 persone, risenta della composizione e delle circostanze specifiche dei singoli insiemi.
Alcuni studiosi, come Ken Dautrich, rimarcano come sia difficile sostenere che l’opinione
della popolazione debba modificarsi alla stessa maniera in cui cambia quella del campione.
Il fatto di portare delle persone in un luogo artificiale può averle cambiate in qualche
modo, avendole sottoposte a esperienze che altre persone nel paese non hanno vissuto. 3 0
Nell’articolo Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo comparso su
«Social trends» (2003), la rivista dell’Eurisko, si trovano riunite tutte le riserve di metodo:
«Quanto alla predicabilità dei risultati, non bisogna dimenticare che il cosiddetto sondaggio deliberativo è
in realtà un insieme molto articolato di pratiche quantitative e qualitative, l'esito finale delle quali può essere
fissato solo concettualmente. Non si esclude che particolari aspetti di tale esito siano presentabili anche con
numeri e percentuali, ma va tenuto presente che questi dati godono di una validità statistica limitata
all'insieme delle persone cui si riferiscono, resa comunque precaria dall'estrema variabilità delle condizioni
in cui le persone si sono trovate. Quindi, i risultati di un sondaggio deliberativo su alcuni elettori non sono
predicabili per altri, né si deve presumere come invece fa Fishkin che se tutti gli elettori dello stesso paese
fossero sottoposti, in tantissimi gruppi separati, alla medesima procedura, i risultati sarebbero gli stessi.
Fishkin non può estendere arbitrariamente all'intera popolazione di un paese i risultati ottenuti dalla
complessa manipolazione mentale di poche centinaia di soggetti: né, soprattutto, ha senso che lo faccia,
essendo praticamente impossibile trattare con igienici lavaggi del cervello un'intera popolazione. Così stando
le cose, di quale utilità democratica o gestionale sono i risultati di un ristretto sondaggio deliberativo?»31
R. Mannheimer, Lo stimolo vero è la tv, in Corriere della Sera, 23.05.2002.
Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
30 Joseph Straw, Se discutono e leggono i dossier cambiano idea, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
31 Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, p. 32.
28
29
14
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Nel format di Fishkin i partecipanti sono estrapolati dal proprio contesto di vita e posti
in un contesto artificiale, creato ad hoc, con lo scopo di stimolare nei partecipanti opinioni
diverse, anzitutto più consapevoli, rispetto a quelle elaborate nei contesti di vita quotidiani.
I partecipanti ai sondaggi deliberativi devono, per così dire, “dimenticarsi”, almeno in una
certa misura, dei propri specifici interessi cercando di trovare mediazioni compromissorie.
Sottratti ai concreti contesti di vita, essi si travestono da cittadini ideali e disinteressati, dai
quali non ci si attende una soluzione conflittuale ma un bilanciamento imparziale ed equo.
Ma i partecipanti sono davvero in grado di valutare le cause e gli effetti dei problemi posti?
In particolare, il risultato di un sondaggio potrebbe dipendere molto dall’arte persuasiva
degli esperti o dei politici invitati, a dispetto del convincimento delle loro buone ragioni.
Domenico Fisichella solleva questi e altri dubbi riguardo alla formazione delle convinzioni:
«Le risposte di un determinato numero di persone, che si confrontano e discutono in presenza di
persone che le giudicano perché più competenti di loro, sono probabilmente condizionate dall'ambiente
in cui questa interazione ha luogo. Che cosa succede quando quelle persone escono da quell'ambiente?
Mantengono vive le capacità acquisite durante le discussioni, oppure ritornando nel loro mondo
abituale tornano a reagire col loro solito atteggiamento agli stimoli della vita pubblica? Personalmente
credo che questa seconda ipotesi sia la più probabile e coloro che hanno partecipato al sondaggio
deliberativo tornino a seguire i loro atteggiamenti abituali, legati più agli interessi e alle passioni che
non alla capacità di assumere orientamenti sulla base di conoscenze acquisite»32.
Il rischio dell’eterodirezione si ritrova nell’introduzione di Giuliano Amato all’edizione
italiana del libro di Fishkin riguardo al ruolo degli esperti che informeranno il campione.3 3
In quest’ottica, risulta molto importante sapere chi organizza il sondaggio deliberativo.
Ma, a tale riguardo, non si trovano indicazioni univoche nelle precedenti esperienze, visto
che la definizione e il controllo delle procedure sono stati affidati, volta per volta, alla
televisione, a ricercatori o accademici, a quotidiani, istituti di ricerca costituiti ad hoc, ecc.
Ad esempio, nel caso del sondaggio per il referendum costituzionale australiano (1999) fu
fondato un istituto di ricerca, lo Hawke Institute, appoggiato da un gruppo di consulenza,
lo Issues Deliberation Australia, composto di ex politici e accademici, persone di prestigio
e dai due comitati ufficiali del Sì e del No al referendum. Nei sondaggi inglesi, invece, la
gestione fu affidata a consorzi tra la televisione Channel Four, un istituto di ricerca e il
giornale Independent con l’ausilio di alcuni consulenti esterni, tra i quali lo stesso Fishkin.
Mentre il sondaggio deliberativo danese sull’euro (2000) nasce dalla collaborazione tra la
University of Southern Denmark di Odense, la rete televisiva nazionale DR – che ha
trasmesso su tutto il territorio nazionale – col patrocinio del periodico Monday Morning.
Punto di riferimento rimane il Center for Deliberative Polling creato da Fishkin nel Texas.
32
33
Fisichella D., La democrazia, l'élite ed un'idea plausibile, in Caffè Europa 230, 13.06.2003.
G. Amato, I l sondaggio deliberativo, l’innovazione di Fishkin, in J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce, cit., pp. 5-12.
15
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Prima di esaminare alcune considerazioni finali di ordine strettamente politico, occorre
prendere in esame uno scoglio su cui si scontra il sondaggio deliberativo: il costo elevato.
Secondo il progetto di J. Fishkin, tutte le persone coinvolte nel sondaggio deliberativo, a
vario titolo come cittadini, esperti, moderatori devono essere retribuite per il tempo
dedicato alla partecipazione ai seminari. I soggetti coinvolti beneficiano gratuitamente,
inoltre, del viaggio per raggiungere la sede, del vitto e dell’alloggio per tutto l’esperimento.
Per inciso, la proposta di retribuire i cittadini, ad esempio quanto i giudici popolari o gli
scrutatori alle elezioni in una misura equivalente al costo medio di una giornata di lavoro al prezzo di alcuni anni fa circa 200 dollari ciascuno per un impegno di diciotto ore circa costituisce per molti una forma troppo venale di incentivare la partecipazione politica,
anche se la democrazia ateniese compensava con 3 oboli chi partecipava alle assemblee.
In tal senso, Corrado Ocone ritiene l’esercizio delle prerogative di cittadini a partecipare
alla vita democratica non dovrebbe rientrare nella logica delle transazioni economiche e
consig lia di considerare la ricompensa pecuniaria una strategia motivazionale transitoria. 3 4
I sondaggi deliberativi richiedono delle ingenti risorse per coprire le cospicue spese.
A tal fine occorrono dei soggetti pubblici o privati disposti a finanziare gli esperimenti –
un problema che, come vedremo, introduce il tema della manipolazione dei loro risultati.
Fishkin si è, perciò, impegnato a lungo nel cercare la sponsorizzazione di nuovi sondaggi
deliberativi tramite la collaborazione di reti televisive e radiofoniche, cui fosse delegabile il
compito di diffondere in diretta, o registrati, lo svolgimento e gli esiti di ciascuno di essi.
Pur sapendo che finora i programmi di informazione non ottengono gli stessi livelli di
audience dei programmi di intrattenimento, alcuni canali televisivi in Inghilterra, America,
Australia hanno scelto di finanziare le trasmissioni ottenendo dei discreti seguiti televisivi.
3. Riserve politiche
Il sondaggio deliberativo può essere uno degli strumenti indirizzati ad incentivare la
partecipazione dei cittadini alla vita politica delle loro comunità e, quindi, può essere un
valido antidoto all’ignoranza che affligge la riproduzione delle istituzioni democratiche.
L'aspetto a cui Fishkin dedica gran parte dei suoi scr itti e che rappresenta il problema che i
sondaggi deliberativi cercano di affrontare e risolvere riguarda la creazione dell’opinione
pubblica. Non si tratta solo di reagire al degrado di un dibattito politico che non informa,
ma di sottrarre il cittadino dalla somministrazione coatta, ritrovando luoghi di discussione.
34
Corrado Ocone, Di cosa parliamo quando parliamo di democrazia, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
16
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Secondo il politologo americano, le scienze sociali hanno dimostrando che il pubblico è
molto più competente di quanto non si creda, ma soltanto alle giuste condizioni. La “voce
della massa”, invece, è pericolosa se viene alterata come nel mito della caverna di Platone:
«Oggi i cittadini vivono in una versione high-tech della caverna di Platone. L'allegoria di Platone risulterà
meno sorprendente ai lettori moderni di quanto sia risultata agli antichi, poiché, come gli abitanti della
caverna di Platone, tendiamo a prendere per mondo reale la nostra immagine del mondo, specialmente la
nostra immagine del mondo politico, a partire da immagini riflesse e da echi di voci. Invece delle ombre
formate dal riverbero del fuoco che si riflette sul muro di una caverna, guardiamo le immagini della
televisione nel nostro salotto. Invece dell'eco delle voci di coloro che creano queste ombre cinesi, ascoltiamo
le voci dei dibattiti e delle pubblicità radiofoniche e televisioni. Come gli abitanti della caverna di Platone,
tendiamo a prendere per mondo reale queste immagini riflesse e queste voci. Quantomeno nei termini del
nostro ruolo di cittadini, le cose che non accadono in televisione non hanno nessuna forza, vivacità
o immediatezza, o ne hanno pochissima. Sono le immagini riflesse che appaiono reali ed importanti»35.
La maggior parte degli studiosi concorda che, almeno nelle intenzioni, questo strumento
potrebbe migliorare la qualità dell’opinione pubblica. Richiamando il riferimento all’opera
di Robert Putnam, Fishkin ritiene che i sondaggi deliberativi riunendo persone provenienti
da diverse esperienze di vita per discutere i problemi comuni creano il “capitale sociale”.3 6
Si può condividere i giudizio espresso da R. Mannheimer, secondo il quale aumentare la
consapevolezza dei cittadini delle democrazie è una questione urgente ed importante
che, sebbene presenti un notevole grado di complessità e limiti metodologici, rappresenta
uno stimolo, una provocazione e un passo in avanti nello studio dell'opinione pubblica. 3 7
Come ha rilevato puntualmente, S. Rodotà, i tentativi di inserimento dei cittadini nei
circuiti deliberativi locali, motivati dalla volontà di contrastare l'astensionismo, non hanno
provocato una ripresa della partecipazione generale, avendo i cittadini considerato la loro
esperienza diretta nella vita municipale come una indicazione del loro vero potere reale.3 8
Anche Fishkin riconosce che la democrazia deliberativa è particolarmente utile in ogni
circostanza in cui il pubblico non è ben informato, ma deve prendere una decisione diretta,
come nei referendum o nelle primarie. Anche se il politologo americano ritiene che la sua
metodica sia del tutto adeguata per la deliberazione della maggior parte dei problemi. 3 9
Che cosa accadrebbe, si domanda Fishkin, se questo nuovo tipo di sondaggio venisse
applicato non solo occasionalmente a un campione statistico, ma all’intera popolazione?
A tale riguardo, occorre interrogarci a fondo sull’effettiva portata dei sondaggi deliberativi.
«si possono davvero riscattare i cittadini da un lungo servaggio, da una pervasiva rational ignorance,
ricorrendo soltanto alla riunione di piccoli gruppi rappresentativi nel corso breve d'un fine settimana?
Lo stesso, corale Deliberation Day può supplire, a pochi giorni dal voto, ad un deficit d'informazione
e di discussione d'un lungo periodo precedente? Dovremmo sapere tutti, e ce lo ha ben ricordato
Cass Sunstein indagando i destini di una Republic.com, che si ha vita democratica solo in presenza di un
diffuso e permanente pluralismo informativo, di una costante esposizione di ciascuno ad opinioni diverse»40 .
J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 19.
F. Carducci, Antidoto contro l'ignoranza, in «Il Sole 24Ore», 22.05.2003.
37 R. Mannheimer, Lo stimolo vero è la tv, in «Corriere della Sera», 15.06.2003.
38 S. Rodotà, Non siamo “carne da sondaggio”, «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
39 F. Carducci, Antidoto contro l'ignoranza, in«Il Sole 24Ore, 22.05.2003.
40 S. Rodotà, Non siamo “carne da sondaggio”, «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
35
36
17
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Fishkin assicura che il sondaggio deliberativo costituisce un contributo contro i rischi di
populismo che derivano dall’ignoranza sui temi su cui il cittadino è consultato e dalla
egemonia di gruppi d’interessi particolari che cercano di parlare a nome di tutti. 4 1 Tuttavia,
i rischi di strumentalizzazione esistono in ogni forma di sondaggi, e non è scontato che la
procedura deliberativa sia davvero in grado di rivitalizzare la democrazia politica e di
rompere il ciclo della manipolazione cinica dei media che sta indebolendo la vita pubblica.
Giovanni Sartori insiste molto sull’influenza che i mass-media esercitano sul pubblico:
«emerge in modo in equivoco che il demo-pensiero è solo il riflesso di convinzioni indotte dagli
stessi media. E come potrebbe essere altrimenti? Interrogata su cose di cui non può sapere nulla in modo
diretto, la gente si regola su quanto ha saputo dai media. Ma allora è spudorato presentare i sondaggi come
una “vox populi vox dei” perché la cosiddetta voce del popolo non è che la voce dei me dia del popolo»42.
Se i sondaggi demoscopici agiscono, anche, per accreditare l’immagine positiva di un
leader politico o indebolire l’immagine di un avversario, per affermare la priorità di un
tema escludendo gli altri dall’agenda politica e per preordinarne le alternative di soluzione,
i sondaggi deliberativi sono davvero in grado di sottrarsi a forme di strumentalizzazione?
Se questi esperimenti di partecipazione devono colmare il disamore dei cittadini per la
politica migliorando le loro capacità di giudizio, sul versante istituzionale, possiamo
contare su pubbliche amministrazioni pronte a promuovere la partecipazione consapevole?
Il rischio che si corre è di ritenere che i sondaggi deliberativi, trasformati in pratiche
democratiche da utilizzare ad hoc costituiscano uno strumento di manipolazione politica.
La politica è un regno, in cui ogni mossa può risultare ambivalente e anche il migliore
artificio istituzionale può essere piegato alle esigenze contingenti di una parte o dell’altra:
«I rischi di strumentalizzazione esistono per tutti i sondaggi. Quello deliberativo ne corre assai di più.
Fishkin l’ha concepito, e realizzato più volte, al servizio della democrazia e della crescita dei cittadini.
In futuro, potrebbe essere attuato, anche senza di lui, per fini meno nobili e disinteressati. La caratteristica
che rischia maggiormente di sottrarlo ad un uso democratico è proprio il suo costo. Solo un “forte potere”
economico, istituzionale o politico è in grado di finanziarne l'esecuzione. Purtroppo, si dà il caso che il
potere operi raramente in modo liberale; più sovente lo fa in modo cinico e per calcolo. Contro le
intenzioni di chi l’ha creato, il sondaggio deliberativo potrebbe divenire in futuro, nella forma originale o in
forme derivate, privilegio esclusivo di un potere corrotto. In tal caso, uno strumento qualitativamente
produttivo, quanto molti focus group messi insieme, finirebbe per avvantaggiare nuove strutture tiranniche e
non il popolo, non la democrazia. Questo è un timore che lascia sgomenti e che, se percepito, accompagna
come un amaro retrogusto le confortanti, anche se illusorie, promesse del sondaggio deliberativo»43.
A questi dubbi, Fishkin ha risposto che l’obiettivo dei sondaggi deliberativi è quello di
creare dei conflitti di opinioni, consentendo ai partecipanti al sondaggio di decidere da
che parte stare, dopo aver ascoltato le argomentazioni di tutti gli esperti e di tutti i politici.
F. Carducci, Antidoto contro l'ignoranza, in «Il Sole 24Ore», 22.05.2003.
G. Sartori, Dall’homo sapiens all’homo insipiens?, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 20..
43 Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, p. 33.
41
42
18
The Lab's Quarterly, 1, 2007
In particolare, nessun politico può intervenire in maniera sproporzionata rispetto agli
altri, e quanto all’utilizzo dei risultati, certo, questo avviene, ma a valle, non a monte.
Nessun politico sa, a priori, quale sarà l’esito del sondaggio, e neppure gli organizzatori. 4 4
La strada verso una compiuta democrazia non prevede facili e definitive scorciatoie.
Certamente è più facile manipolare l’opinione pubblica mantenendola nell’ignoranza e non
è affatto sicuro che la democrazia deliberativa possa attenuare il ruolo del marketing dei
candidati venduti, dagli specialisti del sondaggio, come merci confezionate con i loro volti
ed etichettate con gli slogan, ancor più che con le bandiere. Sfogliare i giornali, parlare con
gli amici, leggere le corrispondenze degli elettori, interpellare le organizzazioni politiche e
le rappresentanze di interessi organizzati, gli esperti dei sondaggi e dei focus group. Ogni
volta che si presenta una scadenza elettorale o una decisione politica importante sembra
riemergere quel misto di mito e di avidità che spinge i politici a ricavare la loro fisionomia
del cittadino-elettore ideale: quello che lo sostiene senza troppe domande e deliberazioni.
Fishkin è ritiene che, alcuni politici, pur potendo scegliere la disinformazione metodica,
alla lunga, vedranno nel sondaggio deliberativo un importante mezzo di progresso sociale.
Non certo, i politici “puramente paternalistici”, che ritengono di sapere cosa è meglio per il
loro elettorato né quelli che si rimettono all’opinione pubblica, rilevata dai sondaggi
tradizionali. Saranno coloro che ascoltano gli individui che esprimono opinioni ragionate,
piuttosto che l’istinto politico o i sondaggi d’opinione, a beneficiare della deliberazione.4 5
Ma la responsabilità dello stato della democrazia è sempre nelle mani dei cittadini, prima
ancora che dei politici: da loro dovrà rifiorire la rinnovata cultura del consenso informato.
44
45
P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
19
The Lab's Quarterly, 1, 2007
Bibliografia minima
Abis I., trad. it. Democrazia deliberativa: origini e prospettive, in «Caffè Europa», 229, 06.06.2003.
Amato G., Il sondaggio deliberativo, l’innovazione di Fishkin, in J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce, cit.,
pp. 5 -12.
Ackerman B. – Fishkin J., trad. it. Alla scoperta di una nuova opinione pubblica, in «Caffè Europa», 184,
21.06.2002.
Ackerman B. – Fishkin J., trad. it. Come scegliere il si o il no , in «La Repubblica», 23.06.2006.
Ambrosi E., Se non deliberi, come fai a decidere , in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
Arendt H, trad. it. Vita activa: la condizione umana, Bompiani, Milano, 1989.
Bobbio L., Le arene deliberative, in «Rivista Italiana di Politiche Pubbliche», 3, 2002 , pp. 5 -29.
Bobbio, L., La democrazia deliberativa nella pratic a, in «Stato e mercato», 73, 2005, pp. 67 -88.
Bobbio, L., Quando la deliberazione ha bisogno di un aiuto: metodi e tecniche per favorire i processi
deliberativ i, in L. Pellizzoni (a cura di), La deliberazione pubblica, Roma, Meltemi, 2005, pp. 177-203.
Bonanni, M., Preferenze o argomentazioni congelate? Alle radici della democrazia deliberativ a, in «Studi di
sociolo gia», 42, 1, 2004, pp. 23- 51.
Bosetti G., L’invenzione di un elettore competente, «Caffè Europa» 183, 14.06.2002.
Bosetti G., Tutti insieme per ragionare appassionalmente, in «La Repubblica», 19.07.2003.
Bosetti G. – Maffettone S., Democrazia deliberativa: cosa è, Roma, Luiss University Press Editore, 2004.
Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
Buonocore M., Ascolto l’esperto, ne parlo con gli altri, poi decido, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
Buonocore M., Esperimenti di deliberative pollings, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
Caffè Europa, Domande e risposte sui sondaggi deliberativi, in «Caffè Europa»,229, 06.06.2003.
Caffè Europa, Come scelgo il candidato , in «Caffè Europa», 229, 06.06.2003.
Carducci F., Antidoto contro l'ignoranza, in «Il Sole 24Ore», 22.05.2003.
Casella P., Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, 1999.
Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, pp. 31-33.
Fishkin J.S., Democracy and Deliberation: New Directions for Democratic Reform, Yale, Yale University
Press, 1991.
Fishkin J. S., trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, Marsilio, Venezia, 2003.
Fishkin J. S., trad. it. Quanto conta il mio voto, in «Caffè Europa», 229, 06.06.2003.
Fishkin J. S., trad. it. Per un sondaggio deliberativo europeo, in «Caffè Europa», 284, 14.09.2005.
Fishkin J.S., trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, Venezia, Marsilio,
2003.
Fisichella D., La democrazia, l'élite ed un'idea plausibile , in «Caffè Europa», 230, 13.06.2003.
Forquet F., trad. it. Il fascino della democrazia del villaggio , in «Il Sole 24 Ore», 22.05.2003.
Habermas J., trad. it. L’inclusione dell’altro: studi di teoria politica, Milano, Feltrinelli, 1988,
Habermas J., trad. it. Fatti e norme, Milano, Guerini, 1996.
Lanzara G.F., La deliberazione come indagine pubblic a, in L. Pellizzo ni (a cura di), La deliberazione
pubblic a, cit., pp. 51-73.
Mannheimer R. (a cura di), I sondaggi elettorali e le scienze politiche. Problemi metodologici, Milano,
Franco Angeli, 1989.
Mannheimer R., Lo stimolo vero è la tv , in «Corriere della Sera», 15.05.2002.
Mannheimer R., I sondaggi su temi politici hanno acquisito..., in «Corriere della Sera», 22.05.2003.
Morlino L., Democrazia e Democratizzazioni, il Mulino, Bologna, 2003.
Natale P., Il sondaggio , Roma-Bari, Laterza, 2004.
Panebianco A., La crisi attuale e i progetti partecipativi. Una democrazia col fiato grosso , in «Corriere della
Sera», 25.05.2003.
Papandreou G., trad. it. Senza partecipazione la polis muore, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2006;
Pellizzoni L., La deliberazione pubblica tra modello e processo , in «Quaderni del Dipartimento di Scienze
dell’Uomo», 2, 2006.
Pellizzoni L., Cosa significa partecipare, «Rassegna italiana di sociologia», 46, 3, 2005, pp. 479-514.
Pellizzoni L., Cosa significa deliberare? Promesse e problemi della democrazia deliberativ a, in Id. (a cura
di), La deliberazione pubblic a, cit., pp. 7 -48.
Perelli D.C., Un giorno di discussione per scegliere il presidente, in «Caffè Europa» 264, 30.10.2004;
Ocone C., Di cosa parliamo quando parliamo di democrazia, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
Regonini G., Paradossi della democrazia deliberativa, in «Stato e mercato», 73, 2005, pp. 3 -31.
Roccato M., Desiderabilità sociale e acquiescenza. Alcune trappole delle inchieste e dei sondaggi, Milano,
LED, 2003.
Rodotà S., Non siamo “carne da sondaggio”, «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.
Sartori G., Dall’homo sapiens all’homo insipiens?, Roma-Bari, Laterza, 1995.
Straw J., trad. it. Se discutono e leggono i dossier cambiano idea, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.
Werner D., trad. it. Una tv che migliori l’opinione pubblica, in «Caffè Europa» 305, 14.09.2006;
20