Otro Ejército Es Posible

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Otro Ejército Es Posible
Otro Ejército Es Posible
08 Dicembre 2015 13:27
di Javier Parra, Segretario generale del Partito Comunista del Paese Valenciano
da larepublica.es
Traduzione di Giulia Salomoni per Marx21.it
Intervento di Javier Parra all’incontro organizzato con il Tenente Segura dal PCPV
(Partito Comunista del Paese Valenciano) e UJCE-PV (Unione dei Giovani Comunisti di
Spagna - PaeseValenciano)
“Serenos, alegres,
valientes, osados,
cantemos, soldados,
el himno a la lid”.
Molti di noi che siamo repubblicani e repubblicane, sono rappresentati da un inno, l'Himno de
Riego, che suona in molti dei nostri eventi. Tuttavia, purtroppo, molte persone non sanno
l'origine di questo inno.
L’Himno de Riego è il nome dato all’inno cantato dalle truppe del tenente colonnello Rafael de
Riego durante la rivolta di quest’ultimo contro il re assolutista Ferdinando VII iniziata il 1
gennaio 1820 a Las Cabezas de San Juan (Siviglia). Un'insurrezione che voleva ripristinare la
Costituzione del 1812, la prima Costituzione spagnola, la Costituzione di Cadice, "la Pepa".
Un’insurrezione contro l'assolutismo che costrinse Ferdinando VII a sottomettersi alla
Costituzione e impedì inoltre all'esercito riunito a Cadice di andare in America per sedare la
rivolta guidata da Simon Bolivar nelle colonie latinoamericane.
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Due anni dopo quella rivolta, nel 1822, e proprio con Riego come deputato iniziarono le prime
rivolte contro il nuovo governo. Ben presto Fernando VII iniziò ad organizzare in segreto la
restaurazione dell'assolutismo. E le potenze europee decisero che una Spagna liberale era una
minaccia per l'equilibrio europeo ed incaricarono la Francia di ristabilire la monarchia assoluta
in Spagna. Il 7 aprile 1823 un esercito francese, conosciuto come “i Centomila Figli di Saint
Louis”, attraversò il confine a Bidasoa.
Riego marciò a Cadice, dove si unì alla maggioranza liberale delle Corti Generali per
organizzare la resistenza e votare per l’incapacità del re. Il 15 Settembre fu tradito,
abbandonato dalle sue truppe e imprigionato. Il 7 Novembre 1823 è stato letteralmente
trascinato al patibolo in Plaza de la Cebada Madrid, impiccato e poi decapitato, tra gli insulti
della stessa popolazione madrilena che poco prima lo aveva acclamato.
Questo fu Riego. Un militare. Il suo inno, quello che lui e i suoi soldati cantavano quando si
ribellarono contro l'assolutismo, è stato adottato come inno della Seconda Repubblica, sotto
questo inno fu difeso il popolo spagnolo dalle truppe di Franco, di Mussolini e di Hitler.
A differenza della Marcia Reale (che è oggi l’inno nazionale spagnolo), che è lo squillo che
annuncia l'arrivo del monarca, questo inno ricorda coloro che hanno combattuto per la libertà.
Molti anni più tardi, il 29 luglio 1936, un sergente di nome Carlos Fabra Marin, in questa stessa
città, a Paterna (la città dove si è svolto l’incontro n.d.t.), è riuscito a fermare con un pugno di
uomini una ribellione militare a Valencia. Nella stanza delle bandiere, a poche centinaia di metri
da qui, si erano riuniti i capi e gli ufficiali che stavano per scagliarsi contro la Seconda
Repubblica fino a quando il sergente, accompagnato da una squadra di volontari che erano
caporali e sergenti, reduci, disarmò ed arrestò i ribelli. Impugnava la sua arma di servizio, una
Bergman 9 mm, e la sparatoria causò tre morti e diversi feriti. Però permise successivamente ai
militanti e alla popolazione di entrare nella stanza senza un sol colpo. Da allora, nessun militare
golpista ha osato intervenire nella regione militare di Valencia. Oggi la sezione del PCE porta il
suo nome.
Il PCE è stata l'unica organizzazione - ripeto, l'unica - che fino all'ultimo momento, fino al 1
Aprile del 1939, ha difeso la legalità repubblicana con gli ultimi militari fedeli.
Un PCE che alla fine è stato anche l'unico partito dell’antifranchismo, e per anni è anche
riuscito a infiltrarsi nell'esercito, dove molti ufficiali appartenevano al partito comunista. Il PCE
ha lavorato nell'esercito fino al 1974, quando nacque l'Unione Democratica Militare sotto
l’influsso della rivoluzione dei garofani in Portogallo. Un'organizzazione che non nasceva per
realizzare nessuna attività militare, ma, come dichiarava, "per bagnare la polvere da sparo
dell'esercito di Franco”. La UMD che si dissolse nel giugno 1977 sulla base del fatto che non
era più necessaria la loro esistenza e che, in una democrazia, non c’era posto per
un’organizzazione militare di questo tipo.
Ci sono voluti più di 35 anni perché un soldato, l’ex tenente Luis Gonzalo Segura, che è con noi
oggi, trovasse il coraggio di dire apertamente ciò che accade all'interno dell'esercito, un esercito
che è molto lontano da quello che potrebbero volere soldati come Rafael de Riego, il sergente
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Fabra, quei soldati fedeli alla Repubblica, o molti membri di quella l'Unione Democratica
Militare, e, naturalmente, che non ha nulla a che fare con l'esercito di cui avrebbe bisogno di un
popolo sovrano in un paese democratico.
È per questo che siamo orgogliosi e onorati di essere con lui a Paterna questo pomeriggio, e so
che è così anche per voi.
Il suo primo libro si intitola “Un Paso al Frente”. Per noi questo evento è importante perché
stiamo anche facendo un passo avanti. Penso che sia arrivato il momento che la sinistra
cominci a sollevare apertamente la questione delle forze armate che abbiamo e di quelle che
vorremmo, e che il Partito Comunista parli di questo è particolarmente importante.
Se chiedete a noi che siamo qui sono sicuro che tutti vi diremmo che ci piacerebbe che non ci
fossero eserciti, che la pace regnasse su tutto il pianeta, che nessun essere umano avesse la
volontà di dominare nè sfruttare nessuno e che, naturalmente, tutto questo non potremmo
realizzarlo con la forza. Per questo, tra le altre cose, molti sono comunisti.
Ma sappiamo anche che questo è impossibile mentre regna nel mondo un sistema economico
che può imporsi solo con la guerra (Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Ucraina ...).
Quindi dobbiamo cercare di fare in modo che gli eserciti rispondano alle classi popolari e dei
lavoratori, e non agli interessi economici internazionali. E in particolare che il nostro esercito
non sia soggetto ad un'organizzazione come la NATO, che ha milioni di morti alle spalle proprio
per soddisfare questi interessi economici, né sia soggetto a poteri economici nazionali o
internazionali. Senza andare oltre mi limito a portare come esempio il ministro della difesa, che
ha un passato come fabbricante d’armi, ed ha anche chiesto un risarcimento di 60 milioni di
euro al governo di Spagna per aver vietato la fabbricazione di bombe a grappolo. Questi sono i
capi dell'esercito che abbiamo.
E l'esercito del resto è organizzato come la società stessa. In classi. Da un lato l'alto comando
dell'esercito, uno spazio chiuso ed esclusivo riservato alle caste familiari provenienti dal regime
di Franco, e dove è molto difficile progredire nella carriera militare per i membri della truppa.
Questi sono quelli che hanno tutto, vivono bene, fanno affari, hanno un buon rapporto con il
potere, hanno un futuro assicurato, i loro figli si sposano tra di loro per perpetuare casta, ecc ...
Dall’altra parte la truppa e parte dei sottufficiali, provenienti soprattutto da famiglie operaie, con
pochi diritti, in balia dell'arbitrarietà dei capi e senza futuro assicurato.
Questo status quo si mantiene in due modi: con una disciplina di ferro che allontana chi lo mette
in discussione, e con appelli ad un patriottismo vuoto, di bandiere e simboli attraverso i quali
viene nascosta la cosa più importante. Non nego che i simboli siano importanti, ma quando
cercano di nascondere le miserie, i crimini, la dimenticanza, l'ingiustizia... cessano di essere
simboli rappresentativi per diventare elementi di dominazione, consci o inconsci, per gli
oppressi.
In questo paese siamo troppo abituati al fatto che dietro le bandiere patriottiche si nascondano
le più grandi miserie, i più grandi tradimenti, la più grande corruzione, i più grandi crimini.
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Molti tra coloro che affermano di difendere la Spagna portano i loro soldi in Svizzera. Molti tra
coloro che affermano di difendere la Spagna e si avvolgono in bandiere sono responsabili del
fatto che milioni di spagnoli e spagnole non abbiano un futuro, che milioni di spagnoli e
spagnole siano disoccupati, che centinaia di migliaia di loro perdano la propria casa. Sono
responsabili del fatto che milioni di spagnoli e spagnole vivano al di sotto della soglia di povertà,
mentre loro vanno in tribuna negli stadi, cenano con i reali, con i ministri...
La domanda è: come cambiare la base dell’Esercito esistente? Non è facile, naturalmente, non
sarà una cosa di un giorno o due. Ma prima inizieremo a diffondere nelle caserme e nelle strade
questa idea che un altro esercito è possibile prima cominceremo ad incamminarci in questa
direzione.
Perché la trasformazione dell'esercito, come la trasformazione culturale, economica, sociale e
politica del nostro paese deve essere un processo simultaneo organizzato, in parallelo.
Per cominciare, dobbiamo essere molto chiari nella nostra posizione sull’esercito: dobbiamo
essere molto critici e combattivi con la leadership militare finchè resta una casta, e dobbiamo
essere solidali con i soldati. Dalla società civile dobbiamo difendere l’idea che i soldati possano
organizzarsi per difendere i loro diritti, che si possano difendere dagli abusi, dalle arbitrarietà,
che possano richiedere miglioramenti delle loro condizioni quando queste non siano adeguate.
Dobbiamo incoraggiare l’idea che i soldati non sono un corpo estraneo al popolo, non superiori
ad esso, ma sentono come propri i problemi sociali della gente, perché sono i loro stessi
problemi, i problemi delle loro famiglie...i tagli , la disoccupazione, i servizi pubblici, la
mancanza di democrazia.
Dobbiamo esigere che i diritti umani siano rispettati in caserma, e, naturalmente, agire al di fuori
della caserma e al di fuori dei nostri confini, sempre essere sulla base della difesa dei diritti
umani, e non sulla base, come abbiamo detto prima, degli interessi economici.
Purtroppo oggi l'esercito in Spagna non risponde ad un popolo sovrano. Il popolo spagnolo non
è un popolo sovrano; non può decidere del proprio futuro, non può decidere la sua economia,
non può uscire delle regole del gioco stabilite e controllate dalla Troika, dal Fondo monetario
internazionale, dagli Stati Uniti, dall'Unione Europea e dalla NATO. E quelle regole non sono
progettate per servire gli interessi della maggioranza, ma di una minoranza.
E quelli che hanno svenduto la nostra sovranità, sia con l'installazione di basi militari
statunitensi nel nostro paese negli anni '50, sia con l'entrata nella NATO con Felipe Gonzalez
nel 1986, sia con l'adesione alla sua struttura militare con Aznar sia con la privatizzazione delle
principali imprese pubbliche, con la deindustrializzazione del nostro paese, con la
presentazione alla UE e la Troika, ecc, ecc, lo hanno fatto avvolgendosi in bandiere e discorsi
patriottici. E continuano a farlo.
Sulle porte delle caserme si legge il motto "Tutto per la Patria". La domanda è: quale Patria? La
patria che sottomette il popolo spagnolo ai dettami della Troika? La patria che firma alle spalle
del popolo un Trattato di Libero Commercio (TTIP n.d.t.) con gli Stati Uniti che sottometterà
definitivamente i lavoratori e i produttori del nostro Paese alle grandi multinazionali? La patria
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che permette che la nostra azione militare risponda agli interessi economici e geostrategici degli
Stati Uniti? La patria che ha inviato le nostre truppe in Iraq o in Afghanistan affinchè società
americane controllassero il loro petrolio? La patria che si preoccupa di più per lo stato di un
elicottero che si è schiantato che per i militari morti al suo interno? La patria che mette 62
soldati spagnoli a bordo di aerei che non potevano volare come quel Yak-42, e una volta morti
non identifica né cerca i colpevoli? Quanti soldati difendono questa patria? E quanti di quelli
sono qui oggi? Questa non è una Patria, è un’altra cosa.
Questa patria non ha nulla a che vedere con quella che difesero i nostri grandi poeti, Lorca,
Machado, Miguel Hernandez, o con quella che chiamavano Pasionaria, Azana ... e,
naturalmente, anche con quella difesa dai militari come Riego, Fabra, Modesto, Rosso, Pitarch
... Questa ha avuto e ha molto più a che fare con la libertà, i diritti degli uomini e delle donne del
nostro Paese, la democrazia, la sovranità popolare.
Per questo ho iniziato il mio discorso parlando di Rafael de Riego, un militare, ma anche un
politico che si ribellò contro un re assolutista. Ho voluto ricordare lui perché la sua figura, come
quella di Bolivar in America, ha molto a che fare con la libertà del nostro popolo.
Quando nel 1823 ci hanno invaso i Centomila Figli di Saint Louis per ripristinare l'assolutismo in
Spagna, molta gente li ha ricevuti gridando "Viva le catene e morte ai neri. Viva le catene e
morte alla nazione”. Neri era il nome con cui gli assolutisti si riferivano ai liberali spagnoli e la
nazione si riferiva alla sovranità a alle proprietà nazionali.
Dobbiamo imparare dalla storia della Spagna, conoscere il nostro passato, sapere da dove
veniamo, chi ci ha preceduto nella nostra lotta, per costruire in futuro il paese che tutti noi
vogliamo. Se non sappiamo da dove veniamo non possiamo sapere dove andiamo. Per questo
la memoria è così importante e alcuni vogliono eliminarla.
Quando è stata proclamata la Seconda Repubblica nel 1931 l'Inno di Riego è stato adottato
perché coloro che hanno lottato per arrivare alla Repubblica avevano conservato la memoria di
eventi che avevano avuto luogo oltre 100 anni prima; sapevano di essere parte di qualcosa di
molto più grande di quello che potrebbero essere le lotte concrete di un momento particolare,
erano parte della storia di milioni di uomini e donne che in tutta la storia del nostro Paese hanno
lottato per la libertà e per la trasformazione sociale, contro l'assolutismo, contro i traditori e
contro l'ignoranza.
Javier Parra
Segretario Generale del PCPV
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di Javier Parra, Segretario generale del Partito Comunista del Paese Valenciano
http://larepublica.es/2015/12/01/otro-ejercito-es-posible/ Traduzione di Giulia Salomoni per Marx21.it
Intervento di Javier Parra all’incontro organizzato con il Tenente Segura dal PCPV (Partito
Comunista del Paese Valenciano) e UJCE-PV (Unione dei Giovani Comunisti di Spagna PaeseValenciano)
“Serenos, alegres,
valientes, osados,
cantemos, soldados,
el himno a la lid”.
Molti di noi che siamo repubblicani e repubblicane, sono rappresentati da un inno, l'Himno de
Riego,
che
suona in molti dei nostri eventi.
Tuttavia, purtroppo, molte persone non sanno l'origine di questo inno.
L’Himno de Riego è il nome dato all’inno cantato dalle truppe del tenente colonnello Rafael de
Riego durante la rivolta di quest’ultimo contro il re assolutista Ferdinando VII iniziata il 1
gennaio 1820 a Las Cabezas de San Juan (Siviglia).
Un'insurrezione che
voleva ripristinare la Costituzione del 1812, la prima Costituzione spagnola, la Costituzione di
Cadice, "la Pepa".
Un’insurrezione contro l'assolutismo che costrinse Ferdinando VII a sottomettersi alla
Costituzione e impedì inoltre all'esercito riunito a Cadice di andare in America per sedare la
rivolta guidata da Simon Bolivar nelle colonie latinoamericane.
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Due anni dopo quella rivolta, nel 1822, e proprio con Riego come deputato iniziarono le prime
rivolte contro il nuovo governo.Ben presto Fernando VII iniziò ad organizzare in segreto la
restaurazione dell'assolutismo.
E le potenze europee decisero
che una Spagna liberale era una minaccia per l'equilibrio europeo ed incaricarono la Francia di
ristabilire la monarchia assoluta in Spagna.
Il 7 aprile 1823 un esercito francese, conosciuto come “i Centomila Figli di Saint Louis”,
attraversò il confine a Bidasoa.
Riego marciò a Cadice, dove si unì alla maggioranza liberale delle Corti Generali per
organizzare la resistenza e votare per l’incapacità del re. Il 15 Settembre fu tradito,
abbandonato dalle sue truppe e imprigionato.Il 7 Novembre 1823 è stato letteralmente
trascinato al patibolo in Plaza de la Cebada Madrid, impiccato e poi decapitato, tra gli insulti
della stessa popolazione madrilena che poco prima lo aveva acclamato.
Questo fu Riego.Un militare.Il suo inno, quello che lui e i suoi soldati cantavano quando si
ribellarono contro l'assolutismo, è stato adottato come inno della Seconda Repubblica, sotto
questo inno fu difeso il popolo spagnolo dalle truppe di Franco, di Mussolini e di Hitler.
A differenza della Marcia Reale (che è oggi l’inno nazionale spagnolo), che è lo squillo che
annuncia l'arrivo del monarca, questo inno ricorda coloro che hanno combattuto per la libertà.
Molti anni più tardi, il 29 luglio 1936, un sergente di nome Carlos Fabra Marin, in questa stessa
città, a Paterna (la città dove si è svolto l’incontro n.d.t.), è riuscito a fermare con un pugno di
uomini una ribellione militare a Valencia.Nella stanza delle bandiere, a poche centinaia di metri
da qui, si erano riuniti i capi e gli ufficiali che stavano per scagliarsi contro la Seconda
Repubblica fino a quando il sergente, accompagnato da una squadra di volontari che erano
caporali e sergenti, reduci, disarmò ed arrestò i ribelli.
Impugnava la
sua arma di servizio, una Bergman 9 mm, e la sparatoria causò tre morti e diversi feriti.
Però permise
successivamente ai militanti e alla popolazione di entrare nella stanza senza un sol colpo.
Da allora, nessun militare golpista ha osato intervenire nella regione militare di Valencia.
Oggi la sezione del PCE porta il suo nome.
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Il PCE è stata l'unica organizzazione - ripeto, l'unica - che fino all'ultimo momento, fino al 1
Aprile del 1939, ha difeso la legalità repubblicana con gli ultimi militari fedeli.
Un PCE che alla fine è stato anche l'unico partito dell’antifranchismo, e per anni è anche
riuscito a infiltrarsi nell'esercito, dove molti ufficiali appartenevano al partito comunista. Il PCE
ha lavorato nell'esercito fino al 1974, quando nacque l'Unione Democratica Militare sotto
l’influsso della rivoluzione dei garofani in Portogallo.Un'organizzazione che non nasceva per
realizzare nessuna attività militare, ma, come dichiarava, "per bagnare la polvere da sparo
dell'esercito di Franco”.
La UMD che si
dissolse nel giugno 1977 sulla base del fatto che non era più necessaria la loro esistenza e che,
in una democrazia, non c’era posto per un’organizzazione militare di questo tipo.
Ci sono voluti più di 35 anni perché un soldato, l’ex tenente Luis Gonzalo Segura, che è con noi
oggi, trovasse il coraggio di dire apertamente ciò che accade all'interno dell'esercito, un esercito
che è molto lontano da quello che potrebbero volere soldati come Rafael de Riego, il sergente
Fabra, quei soldati fedeli alla Repubblica, o molti membri di quella l'Unione Democratica
Militare, e, naturalmente, che non ha nulla a che fare con l'esercito di cui avrebbe bisogno di un
popolo sovrano in un paese democratico.
È per questo che siamo orgogliosi e onorati di essere con lui a Paterna questo pomeriggio, e so
che è così anche per voi.
Il suo primo libro si intitola “Un Paso al Frente”. Per noi questo evento è importante perché
stiamo anche facendo un passo avanti. Penso che sia arrivato il momento che la sinistra
cominci a sollevare apertamente la questione delle forze armate che abbiamo e di quelle che
vorremmo, e che il Partito Comunista parli di questo è particolarmente importante.
Se chiedete a noi che siamo qui sono sicuro che tutti vi diremmo che ci piacerebbe che non ci
fossero eserciti, che la pace regnasse su tutto il pianeta, che nessun essere umano avesse la
volontà di dominare nè sfruttare nessuno e che, naturalmente, tutto questo non potremmo
realizzarlo con la forza. Per questo, tra le altre cose, molti sono comunisti.
Ma sappiamo anche che questo è impossibile mentre regna nel mondo un sistema economico
che può imporsi solo con la guerra (Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Ucraina ...).Quind
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i dobbiamo cercare di fare in modo che gli eserciti rispondano alle classi popolari e dei
lavoratori, e non agli interessi economici internazionali.
E in particolare che il nostro esercito non sia soggetto ad un'organizzazione come la NATO, che
ha milioni di morti alle spalle proprio per soddisfare questi interessi economici, né sia soggetto a
poteri economici nazionali o internazionali.
Senza andare oltre mi limito a portare come esempio il ministro della difesa, che ha un passato
come fabbricante d’armi, ed ha anche chiesto un risarcimento di 60 milioni di euro al governo di
Spagna per aver vietato la fabbricazione di bombe a grappolo. Questi sono i capi dell'esercito
che abbiamo.
E l'esercito del resto è organizzato come la società stessa.In classi.Da un lato l'alto comando
dell'esercito, uno spazio chiuso ed esclusivo riservato alle caste familiari provenienti dal regime
di Franco, e dove è molto difficile progredire nella carriera militare per i membri della truppa.
Questi sono quelli che hanno tutto, vivono bene, fanno affari, hanno un buon rapporto con il
potere, hanno un futuro assicurato, i loro figli si sposano tra di loro per perpetuare casta, ecc ...
Dall’altra parte la truppa e parte dei sottufficiali, provenienti soprattutto da famiglie operaie, con
pochi diritti, in balia dell'arbitrarietà dei capi e senza futuro assicurato.
Questo status quo si mantiene in due modi: con una disciplina di ferro che allontana chi lo mette
in discussione, e con appelli ad un patriottismo vuoto, di bandiere e simboli attraverso i quali
viene nascosta la cosa più importante.Non nego che i simboli siano importanti, ma quando
cercano di nascondere le miserie, i crimini, la dimenticanza, l'ingiustizia... cessano di essere
simboli rappresentativi per diventare elementi di dominazione, consci o inconsci, per gli
oppressi.
In questo paese siamo troppo abituati al fatto che dietro le bandiere patriottiche si nascondano
le più grandi miserie, i più grandi tradimenti, la più grande corruzione, i più grandi crimini.
Molti tra coloro che affermano di difendere la Spagna portano i loro soldi in Svizzera.Molti tra
coloro che affermano di difendere la Spagna e si avvolgono in bandiere sono responsabili del
fatto che milioni di spagnoli e spagnole non abbiano un futuro, che milioni di spagnoli e
spagnole siano disoccupati, che centinaia di migliaia di loro perdano la propria casa.
Sono responsabili del fatto che milioni di spagnoli e spagnole vivano al di sotto della soglia di
povertà, mentre loro vanno in tribuna negli stadi, cenano con i reali, con i ministri...
La domanda è: come cambiare la base dell’Esercito esistente?Non è facile, naturalmente, non
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sarà una cosa di un giorno o due.
Ma prima inizieremo a diffondere nelle caserme e nelle strade questa idea che un altro esercito
è possibile prima cominceremo ad incamminarci in questa direzione.
Perché la trasformazione dell'esercito, come la trasformazione culturale, economica, sociale e
politica del nostro paese deve essere un processo simultaneo organizzato, in parallelo.
Per cominciare, dobbiamo essere molto chiari nella nostra posizione sull’esercito: dobbiamo
essere molto critici e combattivi con la leadership militare finchè resta una casta, e dobbiamo
essere solidali con i soldati.Dalla società civile dobbiamo difendere l’idea che i soldati possano
organizzarsi per difendere i loro diritti, che si possano difendere dagli abusi, dalle arbitrarietà,
che possano richiedere miglioramenti delle loro condizioni quando queste non siano adeguate.
Dobbiamo incoraggiare l’idea che i soldati non sono un corpo estraneo al popolo, non superiori
ad esso, ma sentono come propri i problemi sociali della gente, perché sono i loro stessi
problemi, i problemi delle loro famiglie...i tagli , la disoccupazione, i servizi pubblici, la
mancanza di democrazia.
Dobbiamo esigere che i diritti umani siano rispettati in caserma, e, naturalmente, agire al di fuori
della caserma e al di fuori dei nostri confini, sempre essere sulla base della difesa dei diritti
umani, e non sulla base, come abbiamo detto prima, degli interessi economici.
Purtroppo oggi l'esercito in Spagna non risponde ad un popolo sovrano.Il popolo spagnolo non
è un popolo sovrano;
no
n può decidere del proprio futuro, non può decidere la sua economia, non può uscire delle
regole del gioco stabilite e controllate dalla Troika, dal Fondo monetario internazionale, dagli
Stati Uniti, dall'Unione Europea e dalla NATO.
E quelle regole non sono progettate per servire gli interessi della maggioranza, ma di una
minoranza.
E quelli che hanno svenduto la nostra sovranità, sia con l'installazione di basi militari
statunitensi nel nostro paese negli anni '50, sia con l'entrata nella NATO con Felipe Gonzalez
nel 1986, sia con l'adesione alla sua struttura militare con Aznar sia con la privatizzazione delle
principali imprese pubbliche, con la deindustrializzazione del nostro paese, con la
presentazione alla UE e la Troika, ecc, ecc, lo hanno fatto avvolgendosi in bandiere e discorsi
patriottici. E continuano a farlo.
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Sulle porte delle caserme si legge il motto "Tutto per la Patria".La domanda è: quale Patria?La
patria che sottomette il popolo spagnolo ai dettami della Troika?
La patria che firma alle spalle del popolo un Trattato di Libero Commercio (TTIP n.d.t.) con gli
Stati Uniti che sottometterà definitivamente i lavoratori e i produttori del nostro Paese alle grandi
multinazionali?
La patria che permette che la nostra azione militare risponda agli interessi economici e
geostrategici degli Stati Uniti? La patria che ha inviato le nostre truppe in Iraq o in Afghanistan
affinchè società americane controllassero il loro petrolio?
La patria che si preoccupa di più per lo stato di un elicottero che si è schiantato che per i militari
morti al suo interno?
La patria che mette 62 soldati spagnoli a bordo di aerei che non potevano volare come quel
Yak-42, e una volta morti non identifica né cerca i colpevoli?
Quanti soldati difendono questa patria?
E quanti di quelli sono qui oggi?
Questa non è una Patria, è un’altra cosa.
Questa patria non ha nulla a che vedere con quella che difesero i nostri grandi poeti, Lorca,
Machado, Miguel Hernandez, o con quella che chiamavano Pasionaria, Azana ... e,
naturalmente, anche con quella difesa dai militari come Riego, Fabra, Modesto, Rosso, Pitarch
... Questa ha avuto e ha molto più a che fare con la libertà, i diritti degli uomini e delle donne del
nostro Paese, la democrazia, la sovranità popolare.
Per questo ho iniziato il mio discorso parlando di Rafael de Riego, un militare, ma anche un
politico che si ribellò contro un re assolutista.Ho voluto ricordare lui perché la sua figura, come
quella di Bolivar in America, ha molto a che fare con la libertà del nostro popolo.
Quando nel 1823 ci hanno invaso i Centomila Figli di Saint Louis per ripristinare l'assolutismo in
Spagna, molta gente li ha ricevuti gridando "Viva le catene e morte ai neri.Viva le catene e
morte alla nazione”.
N
eri era il nome con cui gli assolutisti si riferivano ai liberali spagnoli e la nazione si riferiva alla
sovranità a alle proprietà nazionali.
Dobbiamo imparare dalla storia della Spagna, conoscere il nostro passato, sapere da dove
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veniamo, chi ci ha preceduto nella nostra lotta, per costruire in futuro il paese che tutti noi
vogliamo.Se non sappiamo da dove veniamo non possiamo sapere dove andiamo.Per questo
la memoria è così importante e alcuni vogliono eliminarla.
Quando è stata proclamata la Seconda Repubblica nel 1931 l'Inno di Riego è stato adottato
perché coloro che hanno lottato per arrivare alla Repubblica avevano conservato la memoria di
eventi che avevano avuto luogo oltre 100 anni prima;sapevano di essere parte di qualcosa di
molto più grande di quello che potrebbero essere le lotte concrete di un momento particolare,
erano parte della storia di milioni di uomini e donne che in tutta la storia del nostro Paese hanno
lottato per la libertà e per la trasformazione sociale, contro l'assolutismo, contro i traditori e
contro l'ignoranza.
Javier Parra
Segretario Generale del PCPV
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