Aldo Nove1 Giovani scrittori (Superwoobinda, Torino, Einaudi, 1998

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Aldo Nove1 Giovani scrittori (Superwoobinda, Torino, Einaudi, 1998
Aldo Nove1
Giovani scrittori
(Superwoobinda, Torino, Einaudi, 1998)
Quando le telecamere iniziano a inquadrarti allora sei uno scrittore. Uno scrittore senza televisione fa sghignazzare da
mattina a sera, per dirla tutta lo scopo degli intellettuali che sono vincenti è andare sempre all’Altra edicola, una simpatica trasmissione di cultura che fanno vedere il giovedì sera su quel canale che è Raidue.
La cultura, è quando in televisione ci sono gli scrittori, per esempio Vattimo e Busi che si massacrano, o anche la puntata degli scrittori giovani. Tutto questo, succede sempre all’Altra edicola.
Quella volta degli scrittori giovani c’ero anch’io (pure la settimana dopo, sulla famiglia), e inoltre Chiara Zocchi.
Con Chiara Zocchi è una storia vecchia. Per me non ci sono speranze.
Quella volta, gli altri ospiti erano Niccolo Ammaniti e la sua fidanzata, che è bella e si chiama Luisa Brancaccio.
Niccolo Ammaniti, è il mio scrittore preferito.
Poi c’erano Isabella Santacroce (essa, con i libri che scrive, sta praticamente inculando tutti); Tiziano Scarpa; un tipo
mezzo scemo che si chiama Picca, e si incazza; Giulio Mozzi; Dario Voltolini; Giuseppe Caliceti; Andrea Pinketts e
Tommaso Labranca, che per me è dio.
C’erano inoltre dei critici che erano lì a fare schifo (Piccinini no).
A me, disgusta che non c’era Paola Malanga, che ha scritto Tutto il cinema di Truffaut (Baldini & Castoldi) e ha due
occhi che chiunque diventa scemo, e comunque mi sembrava bellissima in generale come persona.
Prima che è iniziata la trasmissione, la Zocchi andava in giro inseguita nello studio da Pinketts che voleva scrivere un
romanzo a quattro mani con lei.
Ma con la Zocchi non ci sono speranze, è meglio rilassarsi e pensare a vendere.
In studio, erano assenti Inge Feltrinelli, Daniele Luttazzi e Nanni Balestrini, che però sono stati registrati, anzi Inge Feltrinelli era in collegamento da Milano, lei parla come Eather Parisi e si vedeva tutta vestita di rosso.
Di Daniele Luttazzi si è visto il libro, C.ra.m.p.o., e siccome è bravissimo faceva ridere anche solo così. Daniele Luttazzi vale da solo dieci Alda Merini e cinquanta Mario Luzi, il fatto che esiste Daniele Luttazzi mi rende felice.
Nanni Balestrini poi è impossibile dire quanto è fuori, ha sessantanni ma sembra che ne ha quaranta-cinquanta di meno,
è completamente pazzo, è completamente immenso.
All’inizio tutti gli scrittori sono entrati.
Tutti entravano normali, a parte Chiara Zocchi che entrava sexy, Pinketts che sembrava Mussolini e Tiziano Scarpa, che
ha giocato a mondo con il suo libro, Occhi sulla graticola.
Tiziano Scarpa è come Manganelli, solo che gioca a mondo con il suo libro quando entra nelle trasmissioni televisive.
La trasmissione è andata avanti parlando di nulla, Tommaso Labranca è stato grande e un critico con gli occhiali rossi si
è arrabbiato contro Sanguineti, perché lui pensava che Sanguineti era uno dei giovani scrittori, insomma si era davvero
fuso la caveza.
Alla fine ci siamo salutati tutti, ma non so se Pinketts è riuscito a farsi dare il numero della Zocchi, e comunque è inutile. Con la Zocchi non c’è niente da fare. Meglio rilassarsi e pensare a vendere.
Tommaso Labranca2
Dal Neorealismo al Noverealismo
(Chaltron Hescon, Torino, Einaudi, 1998)
Aldo Nove è il principe dei realisti. Ricordo che nel 1993 ci fu un violento litigio tra mia nonna e mia mamma non per
una banale eredità, né per emulare Joan Crawford e figlia3, ma perché a una delle due, non ricordo quale, non piaceva il
profumo di un detergente discount che l’altra si ostinava a usare perché costava meno. Non ci furono né sangue, né cadaveri, ma si venne quasi alle mani e seguì una settimana di glaciale indifferenza tra le due parti. Quindi Aldo Nove è
un realista perché il suo delitto4 nasce da una situazione verificata nella realtà, conseguente all’acquisto di un detersivo/detergente chimico offerto a prezzo inferiore. Violenza non come patologia aberrante, ma come ultimo anello di
una catena di violenze acutamente concorrenziali (keen competition) che definiscono la libera economia di mercato. Al1
Nato a Varese nel 1967, laureato in filosofia morale, ha pubblicato col suo vero nome, Antonello Satta Centanin, due raccolte di
poesie ed è stato redattore della rivista di poesia e poetica «Testo a fronte». Il suo esordio in narrativa risale al 1996, con Woobinda e
altre storie senza lieto fine, edito da Castelvecchi e ristampato nel 1998 da Einaudi Stile Libero, arricchito e aggiornato, col titolo
Superwoobinda. Successivamente escono Amore mio infinito, Einaudi, 2000; Nelle galassie oggi come oggi. Covers (con Raul Montanari e Tiziano Scarpa), Einaudi, 2001; La più grande balena morta della Lombardia, Einaudi, 2004.
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Milanese (1962), autore televisivo e critico ipnomediatico, è autore di Andy Warhol era un coatto, Castelvecchi, 1994; Estasi del
Pecoreccio, ivi, 1995; La vita secondo Orietta, Sperling & Kupfer, 1997; Chaltron Hescon, Einaudi, 1998; Neoproletariato, Cooper
& Castelvecchi, 2002; Grazie Fratello! (con Dea Verna), Kowalski, 2004.
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Il riferimento è al film Mildred Pierce (Il romanzo di Mildred, 1945), con la regia di Michael Curtiz, tratto da un romanzo di James
M. Cain, che narra di una rivalità tra madre e figlia.
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Si allude al celebre inizio del racconto Il bagnoschiuma: «Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo,
Pure & Vegetal. Mia madre diceva che quel bagnoschiuma idrata la pelle ma io uso Vidal e voglio che in casa tutti usino Vidal».
trove, come nel caso della sodomizzazione del padre dormiente5, violenza come necessità. Altrove, come nella maggior
parte dei racconti di Superwoobinda, la violenza non c’è nemmeno, c’è solo la meraviglia.
Nella narrazione di Aldo Nove non ci sono i Protagonisti Letterari Professionisti, non ci sono i soliti eroi, antieroi, controeroi della normale narrativa, dettagliati psicologicamente, descritti fisicamente, letterari per vocazione, introspettivi,
indimenticabili che, zappa in spalla, al mattino si recano a lavorare nel campo aperto dell’interpretazione della realtà. Ci
sono personaggi monodimensionali e normodotati, assolutamente dimenticabili, che ai critici cialtroni possono sembrare mostri aberranti e invece sono i nostri normali vicini di casa nel condominio della realtà. I personaggi di Aldo Nove
sono popolari fino in fondo, sono espressione dello Street fashion, senza alcuna glamourizzazione, bensì completi di
fetore e disgusto. Disse una volta Alberto Rivaroli leggendo in anteprima un inedito del nostro scrittore preferito: «È
incredibile come già alla seconda riga di un testo di Aldo Nove ci si senta sporchi».
Alberto Magno, grande naturalista e mago, di un certo cammeo diceva che non era stato inciso da nessuno, ma era stato
rinvenuto così in natura. Diceva, per la precisione: Est a natura, non ab arte. La scrittura di Aldo Nove Magno, anzi
Trismegisto, ugualmente est a natura, non ab arte.
Filippo La Porta6
La nuova narrativa italiana, Torino, Bollati Boringhieri, 1999
Il primo romanzo di Aldo Nove, Puerto Plata market (Einaudi 1998), dopo i raggelanti microracconti di Woobinda,
scanditi su un ritmo da zapping televisivo con molte efferatezze e molte viscere e personaggi privi di psicologia ridotti
al segno zodiacale (versione terminale di quella crisi del personaggio-uomo di cui parlava Debenedetti), poteva essere
una grande narrazione dell’Italia di fine secolo e delle sue mitologie, dalla omologante utopia pansessuale delle vacanze
caraibiche alle nuove versioni del sogno americano, alla Juve di Lippi e alle videocassette. Questa intrepida immersione
nel variegato trash contemporaneo attraversa liberamente i decenni: da mago Zurlì a Fonzie, da Pippi Calzelunghe a Julio Iglesias, da Gianni Morandi ai Cure, dai Tre Caballeros a Duffy Duck: si tratta di una narrazione insieme visionaria
e capace di iperrealistica fedeltà al dettaglio, svolta perlopiù da un punto di vista affascinato dai detriti ma anche dolorosamente moralistico. In questa alluvione di irrealtà narcisistica l’unica cosa indicata come «reale», e dunque ingombrante, disturbante è la sofferenza dell’altro (il viso sanguinante della ragazza). Eppure il libro di Aldo Nove, che tra i
«cannibali» è quello dalla personalità più spiccata, se non altro stilisticamente, rimane un po’ al di sotto delle legittime
aspettative.
Giacomo Debenedetti7
Commemorazione provvisoria del personaggio-uomo,
in Il personaggio-uomo, Milano, Mondadori, 1970
(poi in Personaggi e destino, a cura di F. Brioschi, Milano, Il Saggiatore, 1977)
Chiamo personaggio-uomo quell’alter-ego, nemico o vicario, che in decine di migliaia di esemplari tutti diversi tra loro,
ci viene incontro dai romanzi e adesso anche dai film. Si dice che la sua professione sia quella di risponderci, ma molto
più spesso siamo noi i citati a rispondergli. Se gli chiediamo di farsi conoscere, come capita coi poliziotti in borghese,
esibisce la placca dove sta scritta la più capitale delle sue funzioni, che è insieme il suo motto araldico: si tratta anche di
te. Allora non c’è più scampo, bisogna lasciare che si intrometta. Ma non ha solo questa virtù di mediatore, che spesso
rende “più praticabile la vita”. L’evoluzione della sua specie porge anche il filo rosso per seguire la storia, non solo della narrativa, ma di tutta la letteratura e forse anche delle altre arti. Attualmente in quella evoluzione deve essere successo un salto qualitativo: ne è prova la decadenza della critica che vorrei definire osmotica, la quale penetrava il personaggio, e ne era penetrata, sia pure col rischio di contrabbandare una vischiosità, un intrico di filamenti organici, una
indiscreta e madida abbondanza di flussi; ma alla fine arrivava sia a comprendere quel personaggio che a spiegarlo. Le
si è sostituita un’altra critica di tipo soprattutto accerchiante: essa stringe d’assedio il personaggio con strumenti di superlativa ingegneria, corredati di pannelli, manometri, lampadine multicolori, che durante l’impiego ne permettono anche il controllo; quasi sempre, tuttavia, preferisce la bellezza, l’efficienza tecnica dell’assedio al momento dell’espugnazione.
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Nel racconto C’era mio padre sul divano in Superwoobinda.
Nato a Roma nel 1952, saggista e critico letterario, collabora a «L’Unità», «la Repubblica», «il manifesto» e a numerose altre testate. È autore di La nuova narrativa italiana, Travestimenti e stili di fine secolo (1995 e nuova edizione 1999); Non c’è problema. Divagazioni morali su modi di dire e frasi fatte (1997); Manuale di scrittura creativa (1999); Narratori di un sud disperso. Cantastorie
in un mondo senza storie (2000). Ha altresì curato Racconti italiani d’oggi (1997) e, insieme ad Alessandro Carrera, Il dovere della
felicità (2000).
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Giacomo Debenedetti (1901-1967) è stato uno dei maggiori critici letterari del Novecento e interprete acutissimo, tra gli altri, di
Svevo, Proust e Saba. Tra le sue opere si ricordano i fondamentali Saggi critici (Serie prima, 1929; Nuova serie, 1945; Terza serie,
1959); Intermezzo (1963). Postumi sono Il personaggio-uomo (1970); Il romanzo del Novecento (1971); Verga e il naturalismo
(1976); Pascoli: la “rivoluzione inconsapevole” (1979).
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