Monsignor Giovanni Francesco Negrone

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Monsignor Giovanni Francesco Negrone
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Monsignor Giovanni Francesco Negrone:
“spirito e fuoco” per la Chiesa del Gesù in Roma
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di Susanna Canepa
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Ricchezza, potere, parsimonia e impegno nelle opere
a profitto dell’anima sono gli aspetti della personalità controversa
del prelato che ci ha tuttavia lasciato eredi di una straordinaria
opera d’arte barocca.
A lui si deve l’edificazione della cappella del transetto destro dedicata alla maggior gloria di Dio, all’onore di
San Francesco Saverio e per ornamento
della Chiesa del Gesù dell’alma città di
Roma1. Ed effettivamente il sacello - architettonicamente ricomposto sul finire
del 1678 - perfettamente si inserisce in
quel progetto globale di artistica eccellenza che i Gesuiti vollero per le loro chiese, a testimonianza del felice esito della restaurazione cattolica sulla diffusione del protestantesimo. A ciò si
aggiunga che già dalla seconda metà del
sec. XVI, l’Ordine vantava una prodigiosa floridezza, mentre l’apostolato in Oriente e nel Nuovo Mondo aveva riportato un sorprendente successo dovuto al notevole numero di conversioni, avvenute proprio quando
sembrava inarrestabile la diffusione
della Riforma luterana. L’esaltazione
per la Chiesa Trionfante si coglie allora
nella magnificenza degli edifici gesuitici romani, ove lo sguardo si smarrisce tra lo splendore degli ori, degli argenti, dei rilucenti marmi ed è sopraffatto dalla suggestione degli squarci illusionistici verso l’immensità celeste
delle volte affrescate2.
Al Gesù, un forte coinvolgimento
emotivo è dovuto ai capolavori dipinti
da Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio: un artista genovese che Bernini aveva proposto al suo amico e confessore Giovanni Paolo Oliva, allora
generale dell’Ordine. Il già celebre
maestro fu incaricato di realizzare tutto il ciclo pittorico dell’aula ecclesiale ma inspiegabilmente, a lavori iniziati, trovò l’intransigente opposizio-
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ne di monsignor Negrone, che per gli
affreschi della cappella di cui era committente nell’imponente transetto destro volle Giovanni Andrea Carlone.
Si può immaginare la contrarietà di padre Oliva che vedeva sfumare il progetto di un intervento di decorazione
unitario già previsto dal contratto; eppure, ciò nonostante, il rettore si adattò a compiacere il risoluto monsignore
aggiungendo una clausola di suo pugno al precedente accordo e, per di più,
a pagare l’intero compenso già stabilito per Baciccio3. Si presume, di conseguenza, che Giovanni Francesco Negrone abbia sfruttato la sua influente
posizione di chierico di Camera, prima presso la Curia papale durante il
pontificato di Clemente IX, successivamente con l’incarico di tesoriere delle finanze pontificie, che monsignore
amministrò con successo per Innocenzo XI, infatti, “…per essere inclinato di sua natura alla parsimonia, sep-
pe talmente far uso di essa nell’amministrare le rendite della Camera
Apostolica, che ben presto questa si riebbe delle angustie nella quale trovavasi…”4. Sebbene non si conoscano le
fonti delle sue cospicue disponibilità
al di là delle fortune economiche famigliari, tale carriera ecclesiastica è significativa poiché conferma quella
continua egemonia nelle cariche amministrative che gratificò innumerevoli
prelati genovesi.
Spinola, Grimaldi, Pallavicini, Giustiniani, Durazzo e molti altri, tra cui i
Costaguta di Chiavari, erano casati di
Particolare del prezioso altare in rame
e oro sormontato dall’angelo in bronzo
dorato.
A fronte
La cappella del transetto destro
dedicata a San Francesco Saverio.
Roma, chiesa del Gesù.
(Foto Scala, Firenze/Fondo Edifici
di Culto - Ministero dell’Interno).
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mercanti-banchieri protagonisti della finanza internazionale e pertanto impegnati anche in operazioni creditizie a favore del debito pubblico dello Stato della Chiesa e degli stessi pontefici. Ingenti
capitali erano investiti o fatti investire
da un gran numero di grandi o piccoli
operatori nei monti di Roma, che erano le “obbligazioni” dell’epoca.
Per garantirsi poi da possibili rovesci
o insolvenze, i Genovesi richiedevano in contropartita la possibilità di intervenire direttamente sulla circolazione della liquidità monetaria anche
esigendo appalti di imposte o monopoli commerciali5. Oltre a ciò, il cumulo degli interessi sui prestiti pubblici e privati, i proventi degli arbitraggi sui cambi operati nei mercati finanziari (fiere di cambio) di tutta Europa, i pagamenti di servizi bancari sui
trasferimenti di ingenti somme procurarono profitti rilevantissimi a un
cospicuo numero di affaristi come i
Negrone6. Ma non solo, il collezionismo di dipinti, arazzi, e suppellettili
d’argento era molto diffuso a Genova perché ritenuto anzitutto un investimento redditizio, ma anche indice
di quella colta raffinatezza distintiva
delle classi sociali più elevate, aggiornate sulle varie tendenze culturali.
A Roma poi - riconosciuta capitale dell’arte dal Cinquecento al Seicento e oltre - c’era la possibilità di interpellare
gli artisti più prestigiosi, possibilità che
Giovanni Francesco Negrone non si fece sfuggire e, sebbene nel 1674 non
avesse voluto sfruttare le eccezionali capacità e il genio inventivo di Giovanni Battista Gaulli, per la realizzazione
dell’ancona sull’altare della sua cappella
ricercò comunque un artista di alto profilo come Carlo Maratta. Questo protagonista della pittura romana era esaltato come nume del classicismo, uno
stile che il maestro andò comunque attenuando nella Morte di San Francesco
Saverio, la tela realizzata al Gesù, proprio per l’influenza del Baciccio7.
Nella volta del transetto anche Giovanni Andrea Carlone si confrontava con il compatriota negli affreschi
della Storia di San Francesco Saverio.
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Per i suoi meriti fu accolto nella prestigiosa Accademia di San Luca e ottenne commissioni da Cristina di Svezia e dagli Altieri in Roma, successivamente lavorò in numerose città italiane8. Allo stesso modo, architetti,
scultori, stuccatori, argentieri e indoratori ebbero modo di dimostrare
Carlo Maratta. Morte di San Francesco
Saverio. Roma, Chiesa del Gesù.
A fronte
Giovanni Battista Gaulli detto
il Baciccio, Il Trionfo del nome di Gesù
(1676-1679), affresco della volta. Roma,
chiesa del Gesù.
(Foto Scala, Firenze/Fondo Edifici
di Culto - Ministero dell’Interno).
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Manoscritti con lo stemma
e la genealogia della famiglia Negrone
(Archivio di Stato di Genova, autorizz.
N.12/07 – Prot. 3585 cl28.28.00/23).
nell’opera voluta da monsignor Negrone l’eccellente levatura della loro
arte. I nomi di alcuni di loro compaiono in una serie di conti, ricevute, copie di lettere scritte su piccoli fogli a costituire una frammentaria
documentazione dei lavori al Gesù9.
Il primo manoscritto in ordine cronologico - ritrovato da chi scrive nella Biblioteca Comunale di Santa Margherita Ligure - riporta la data del 10
aprile 1677 ed è la ricevuta di un compenso rilasciata dal carrettiere Brunoro
per aver trasportato dei marmi la cui
provenienza e qualità non è purtroppo specificata10. Particolarmente interessante è la firma sul retro dove Giacomo Costanzi sottoscrive l’arrivo di
10 pezzi di marmo per base di capitelli
aggiungendo al proprio nome l’abbreviazione di architetto, come ripeterà in altri fogli di quietanza fino al
1679. Giacomo Costanzi fu membro
dei Virtuosi del Pantheon, attivo a Roma fra il 1680 e il 1683 come sottomastro delle strade e architetto nel
1686 del chiostro di Trinità dei Monti, ma fino a oggi si ignorava la sua presenza in un cantiere al Gesù ad affiancare Luca Berrettini, cugino in secondo grado di Pietro da Cortona, il
noto artefice della Roma barocca in-
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sieme a Gian Lorenzo Bernini e a
Francesco Borromini. “…Pietro non
si sposò, e i parenti a lui più prossimi
erano i figli di suo cugino Filippo Berrettini: Lorenzo e Luca. Lorenzo era
pittore, ed è probabile abbia ricevuto
i primi insegnamenti da Pietro, del
quale, soprattutto negli ultimi anni della vita del maestro, divenne collaboratore. Luca, invece, era scalpellino, e
anch’egli coadiuvava il maestro, nelle sue opere architettoniche…”11. La
certificazione di quanto precedentemente affermato si ricava da un mandato di pagamento con cui, nel settembre 1678, il Sig.r Luca Beretini poteva versare una somma allo scultore
Cristoforo Muzzi a nome di monsignor Negrone12 e da una lettera del
prelato ove è citato come direttore dell’opera: missiva già pubblicata da Filippo Trevisani, di cui si tratterà più
diffusamente qui di seguito.
Secondo l’opinione di Pio Picchiai, Pietro da Cortona fu l’esecutore del disegno di progetto della cappella a capo del transetto destro ma poiché nel
1672 il generale Gian Paolo Oliva accordò a Giovanni Francesco Negrone
il suo assenso per un nuovo altare e
prospetto, inevitabilmente ne consegue
che la presunta ideazione progettuale
- se veramente fu del Cortonese come
tradizione tramanda - doveva ovviamente essere precedente alla data della sua morte avvenuta nel 166913. In assenza di una fonte documentaria chiarificatrice, si può solo osservare che
l’affidamento della direzione dell’opera al cugino potrebbe avvalorare l’ipotesi di una voluta continuità stilistica,
che peraltro si evidenzia nell’impostazione di gusto classicheggiante della composizione architettonica ben più
pacata rispetto alle stupefacenti invenzioni formali, decorative e coloristiche di ori, argenti, marmi e lapis“Antiquae urbis splendor” incisione
di Giacomo Lauro, Roma 1621
(Coll. Galleria San Lorenzo al Ducale,
Genova).
Palazzi e Villa Negrone sul colle
Esquilino in una stampa del XVIII sec.
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lazzuli approntate nel transetto sinistro
da padre Andrea Pozzo, per l’esaltazione della gloria di Sant’Ignazio. Allo stesso modo, ipotizzando un’ideazione di Luca Berrettini, è più che plausibile un’analogia stilistica con le opere del celebre parente come ad esempio si riscontra tra la cappella al Gesù
e il progetto di Pietro da Cortona per
l’altar maggiore della chiesa di San Giovanni dei Fiorentini in Roma14. La cappella di San Francesco Saverio e il disegno appena citato presentano entrambi un alto basamento sul quale si
impostano colonne serrate ad aggregarsi, mentre l’articolazione plastica nel
suo insieme assume un andamento a
sporgere e arretrare con contrastanti effetti di luce. Al Gesù, la penombra di
una nicchia esalta l’avanzare della
struttura architettonica risplendente
per il rame dorato dell’altare e per i riflessi dei preziosi marmi policromi che
possiamo immaginare scintillanti al
chiarore delle torcere. Le colonne di
marmo rosso screziato dai capitelli corinzi sorreggono una possente trabeazione ad arco la cui classicità è spezzata da un complesso gruppo scultoreo in stucco e oro proiettato nello spazio da una sfolgorante raggiera.
L’esuberanza del barocco, che investe
le decorazioni del cornicione e oltre,
è invece più contenuta nei muri ai lati dell’altare, che sebbene rivestiti da
un superbo apparato marmoreo, sono scanditi con rigore compositivo da
imponenti paraste.
Allo stato attuale delle ricerche non è
possibile distinguere le competenze
specifiche assunte in questo grandioso
monumento dall’architetto Giacomo
Costanzi o dal direttore Luca Berrettini il cui nome e ruolo è riportato in
una lettera del cardinale Negrone indirizzata al padre generale Tirso Gonzales, sul finire del 1702, per sancire l’ultimazione dei lavori di decorazione15.
Altri nomi citati nella missiva sono il
Carloni, Carlo Maratta e il Lucenti autore della teca che conteneva il braccio
di Francesco Saverio e il soprastante angelo in volo di bronzo dorato. Quest’ultimo maestro si può identificare
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con il cavalier Girolamo, scultore,
bronzista e incisore, allievo di Alessandro Algardi e accademico di San Luca. Egli lavorò alla zecca e collaborò con
il cavalier Bernini per l’esecuzione delle statue di ponte Sant’Angelo; successivamente, nel 1674 insieme con Bernardino Danese operò la fusione del ciborio disegnato da Bernini per l’altare
del Sacramento in San Pietro16.
Nei manoscritti pervenuti sono affiorati anche i nomi dello scultore Cristoforo Muzzi di cui è documentata la
realizzazione di almeno 2 capitelli; del
celebre argentiere Giovanni Giardini
(1646-1722), che realizzò il paliotto con
putti in rilievo insieme al prezioso tabernacolo, al lavabo e almeno una cartagloria, tutti d’argento, rame e oro17;
di Pietro Ceci a cui si deve l’indoratura di 4 statue di San Francesco (d’Assisi, Borgia, di Sales, di Paola) con insegne della famiglia Negrone nel basamento18; degli altri indoratori Domenico Kaiser - per il rivestimento in
oro di 4 angeli, 2 apostoli, 12 armi - Bartolomeo Kaiser e Tommaso Severo; di
Francesco e Giulio Mazza ottonieri,
quest’ultimo autore di 6 candelieri, di
4 più piccoli, 2 torcieri, gigli ai candelieri e 2 cornucopie; di Matteo Zanella e Belardino Zannetti stagnari; di
Tommaso Monaldi intagliatore, Ottavio Ciccolini falegname, Ignazio Gai
tornitore, Antonio Fiolo chiavaro,
Carlo Antonio Luccarelli coramaro,
Ercole Venturini cerarolo19.
Giunti probabilmente da diverse donazioni facevano parte della dotazione della cappella vari oggetti d’argento tra cui un busto con lastra d’oro, rubini e smeraldi, altri preziosi d’oro e
diamanti, quattro angeli di bronzo,
candelieri d’ottone per l’altare e a un
paliotto in raso bianco e oro20.
In un altro elenco di opere in onore
di San Francesco Saverio sono compresi degli angeli da porre sopra le balaustre con insegne di Cristo, di numero non precisato, e probabilmente
identificabili con quelli presenti oggi
nella stessa collocazione21.
Tra le decorazioni appaiono inusuali
i due grandi stemmi marmorei sui plin-
ti a lato dell’altare poiché sono quelli dei casati dei papi Clemente IX Rospigliosi e Innocenzo XI Odescalchi,
che il committente volle in evidente
collocazione come attestato di riconoscenza nei confronti dei pontefici
suoi protettori, mentre le insegne
araldiche dei Negrone furono relegate sui muri laterali del transetto.
Gli ultimi pagamenti per le suppellettili risalgono al 1703, ma alcuni anni
prima, al completamento della struttura architettonica del monumento,
monsignore, conscio di aver guadagnato un particolare prestigio con il fasto con cui era stata compiuta quell’opera, considerò l’opportunità di
acquistare una residenza adeguata al
proprio rango cogliendo l’occasione
nel novembre 1682, quando gli eredi
del duca Girolamo Mattei decisero di
vendere il Palazzo di Santa Lucia alle
Botteghe Oscure, oggi noto come Palazzo Caetani22. Qui saranno ospitati
i nipoti prelati Giovanni Battista Spinola juniore e Nicolò Negrone che seguiranno le orme dell’avo nella carriera
ecclesiastica; in particolare, Nicolò diverrà, come lo zio, tesoriere di Santa
Romana Chiesa e Giovanni Battista
avrà il cardinalato con lo stesso titolo: quello di San Cesareo23. È significativo qui ricordare la predilezione in
casa Spinola per il Baciccio, favore che
ebbe il suo esordio nel 1668 con il ritratto voluto dal cardinale Giulio
(1612-1691) e proseguì lo stesso anno
con il nipote Giovanni Battista Spinola
juniore (1646-1719), effigiato quella
prima volta in abito prelatizio e due
volte dopo l’ottenimento del titolo cardinalizio nel 1695. Intorno al 1693 anche Giovanni Battista Spinola seniore
(1615-1704), si era avvalso del celebre
pittore per diverse repliche della sua
immagine in veste di cardinale24.
Nel 1686, Innocenzo XI aveva investito di tale dignità Giovanni Francesco Negrone e, questa volta, il neoporporato per celebrare l’avvenimento volle un ritratto dallo stesso Gaulli, avendo evidentemente mutato opinione sulle capacità del maestro dopo
la realizzazione del capolavoro asso-
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luto degli affreschi alla chiesa del Gesù. L’insigne artista già prima di dedicarsi a quell’enorme cantiere era stato
il ritrattista più ricercato da pontefici
ed eminenti prelati, che avevano apprezzato la sua tecnica unitamente alla straordinaria vitalità e immediatezza che sapeva trasmettere ai protagonisti dei suoi dipinti. Tuttavia, ancora
una volta la sua perizia non convinse
del tutto il cardinale, che pretese dei rifacimenti. Oggi il penetrante sguardo
del caparbio committente colpisce attraverso una piccola fotografia in
bianco e nero recentemente pubblicata, ma già sufficiente a rendere il carattere del personaggio25. Nonostante il forte temperamento di entrambi,
il loro rapporto non fu compromesso
poiché almeno altre due tele del mae-
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G.B. Gaulli, ritratto del cardinale
Gio. Francesco Negrone (coll. Privata).
Raccolta di sonetti pubblicata in
occasione della laurea di Gio. Francesco
Negrone, discussa a Perugia nel 1654.
stro sono giunte a Genova per successione, provenienti dalla collezione
di Giovanni Francesco e precisamente: un Gesù Bambino Salvatore, oggi
alla Galleria di Palazzo Rosso già Palazzo Brignole Sale, pervenuto con
ogni probabilità dall’eredità paterna di
Artemisia Negrone, moglie di Antonio Brignole Sale, nonché uno splendido Noli me tangere di una collezione privata genovese, esposto insieme
all’altro dipinto alla mostra di Palazzo Chigi in Ariccia, nel 200126.
Il nuovo incarico di legato a Bologna
portò il neocardinale in quella città ma
là ebbe dei problemi: “…un soverchio
zelo per la giustizia lo rese odioso agli
ottimati e poco ben veduto dalla plebe…”; e ancora “…si rese celebre e tremendo a que’nobili, de’quali raffrenò
la smodata licenza onde era da essi
chiamato il Cardinal Nerone…”27. La
permanenza a Faenza nel 1687, dovuta alla nomina di vescovo in quella diocesi, risultò un incarico così gravoso da
indurre il prelato a dimettersi l’anno
successivo. Gli fu concesso di tornare
a Roma ove, dopo un soggiorno nella Riviera di Genova nel 1694, e a Genova nel 1695 per l’elezione a doge
della Repubblica del fratello Bendinelli,
potè portare a compimento un progetto che da tempo perseguiva, come
egli ben spiegò in una lettera all’arcivescovo e cugino Giovanni Battista
Spinola seniore. Da molto tempo, infatti, Giovanni Francesco aveva posto
l’occhio su Villa Montalto e Peretti all’Esquilino, una vasta proprietà con
due palazzi, case e giardini già appartenuta al cardinal Peretti - poi papa Sisto V - e proprio nella missiva al cugino, del gennaio 1697, dichiarava di
averla acquistata con il nobile intento
di mettere quei beni a disposizione di
un convitto di sacerdoti, dove cioè giovani religiosi potessero abitare, studiare, curarsi se ammalati e dedicarsi
agli esercizi spirituali nell’amenità di
viali e giardini d’incomparabile delizia.
L’edificio denominato di Montalto per quanto grandioso - fu ampliato
perché considerato comunque non sufficientemente corrispondente alle esi-
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quella di Cincinnato. Il giardino ha
diversi compartimenti di fiori ed alcuni viali di cipressi lunghissimi,
adornati con statue e particolarmente di un Nettuno scolpito dal cavaliere
Bernini. La frequenza de’ boschetti,
agrumi, fontane, laghi e vari giuochi
d’acqua dimostrano la magnificenza
di questa villa, che può dirsi regia.
Contigua al suddetto palazzo esteriore v’è la casa ove alloggiò il cardinale
Alvaro Cienfuegos, dopo che rinunziate
le cure del secolo, si diede intieramente a quelle dell’anima propria. Questa
si ritiene tuttavia da’ Padri Gesuiti per
ammettervi quelli laici i quali in alcuni tempi dell’anno e specialmente nel
carnevale quivi si ritirano per applicarsi
sotto la direzione de’ padri medesimi
agl’esercizi spirituali. Seguono poi altre
piccole case, ove per l’abbondanza dell’Acqua Felice, si è ultimamente eretta
una fabbrica di cartoni…”29.
Oltre a queste prestigiose dimore, altre sono segnalate nella Pianta di Roma del 1748 ove il noto cartografo Giovanni Battista Nolli indica - nel rione
Campo Marzio - due Palazzi Negroni30. Da qui scaturiscono ulteriori interrogativi su committenze architettoniche e artistiche, sicuramente di alto
profilo e pertanto meritevoli di essere
indagate in ulteriori specifici studi.
Note
Con questa lettera del 13 gennaio 1679 inviata
a Giovanni Paolo Oliva, padre generale della
Compagnia di Gesù, mons. Giovanni Francesco
Negrone dichiara di aver dato compimento alla
fabbrica della cappella da lui fondata. Il completamento del ricco arredo avverrà successivamente, nel 1703. BCSML, Carte riguardanti lavori nella Cappella di San Francesco Saverio, nella chiesa del Gesù in Roma, ms. n 274, secc. XVIIXVIII, foglio 136.
Nel 1596, la composizione architettonica della
cappella del transetto destro era stata assegnata
al cardinale Rusticucci, ma il rifacimento non fu
portato a termine perché il prelato l’abbandonò
per dedicarsi all’edificazione della chiesa di Santa Susanna. Cfr. F. TREVISANI, 1980, p. 361.
Un erudito ottocentesco ha così delineato la biografia di Giovanni Francesco:
“…Negroni Gianfrancesco [1631-1713]…ebbe famigliari ricchezze, che gli aprirono largo campo
di arrivare ai più alti onori…giunto appena in Roma tutto spirito e fuoco, che seppe però contenere dentro i limiti di un integerrimo costume anche negli anni più floridi, ottenne da Alessandro
VII il governo della città di Terni, di Fabriano,
di Jesi, di Spoleto e delle province di Romagna,
Umbria e Campagna, colla commissione di procedere contro i malviventi e i banditi e di rego-
1
Roma, il Palazzo Negrone, oggi
Caetani, in via Botteghe Oscure 32.
genze d’abitazione di tutti i residenti
previsti. Per di più un’altra dimora,
prospiciente la chiesa di Santa Maria
Maggiore e da cui si godeva il panorama di tutta Roma, fu frazionata in
comodi appartamenti per ospitare i
prelati forestieri, che sarebbero giunti in città nell’imminente giubileo28.
Un’incantevole descrizione settecentesca di questa oasi di bellezza e
di pace, inesorabilmente perduta
con le cementificazioni di fine Ottocento e Novecento e con la realizzazione della stazione ferroviaria, ci
20
giunge dall’erudito Nicolò Roisecco:
“…Occupa la parte meridionale della gran piazza di Termini questa Villa Montalto Peretti, la quale fu venduta nel 1696 dalli signori Savelli al
cardinale Gio Francesco Negroni. Fu
principiata da Sisto V mentre era cardinale, ma fu abbellita ed ampliata
nel di lui pontificato a tal segno che
ora contiene due miglia di giro ed è
circondata da forti muraglie con due
belli palazzi l’uno de’ quali, che è
quello che si osserva in questa piazza, fu architettato dal suddetto Fontana [Domenico] insieme col gran
portone. Vi sono diversi bassorilievi
e molte statue antiche, fra le quali sono singolari la statua di Augusto e
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lare e sollevare le comunità dello Stato Pontificio. Il riuscimento commendabile di queste incombenze gli fecero meritare, nel pontificato di
Clemente IX, il chiericato di Camera colla presidenza dell’Annona, da lui però comprato giusta l’uso di quei tempi. Innocenzo XI lo fece tesoriere, carica che amministrò con ogni particolare attenzione, e per essere inclinato di sua natura alla parsimonia, seppe talmente far uso di essa nell’amministrare le rendite della Camera Apostolica, che ben presto questa si riebbe delle angustie nella quale trovavasi. Quindi detto papa
a’ 2 settembre 1686 lo creò cardinale diacono di
San Cesareo e legato di Bologna, dove un soverchio zelo per la giustizia lo rese odioso agli ottimati e poco ben veduto dalla plebe. Nel 1687
fu fatto vescovo di Faenza e vi celebrò il sinodo,
che con vantaggio della diocesi pubblicò alle stampe. Riuscendogli molto gravoso l’incarico pastorale, desiderando di liberarsene per vivere in pace il rimanente dei suoi giorni, rassegnò quella
chiesa nel 1697 ad Innocenzo XII e ritiratosi in
Roma, il gennaio 1713 terminò di vivere d’anni
82 ordinando di essere sepolto dentro la chiesa del
Gesù, nella magnifica cappella di San Francesco
Saverio da lui eretta. Intervenne a tre conclavi
e lasciò 600.000 scudi…”. G. MORONI, 1847,
pp. 261-262.
2
Cfr. R. ENGGASS, 1999, pp. 27-39.
3
Padre Oliva, Gaulli, Carlone e Negrone erano
tutti Genovesi. Non sappiamo quali fossero i motivi dell’ostinazione di monsignor Negrone, ma
la scelta di Giovanni Andrea Carlone non fu casuale poiché il padre dell’artista, Giovanni Battista, aveva affrescato intorno al 1650 il palazzo
famigliare del prelato a Genova che sorgeva in
platea vocata del Fonte Amoroso, realizzando l’opera più alta della sua arte. Sia il padre che il figlio avevano frequentato Roma: il primo collaborando con Pietro da Cortona, Giovanni Andrea come allievo di Carlo Maratta. Per gli affreschi di Palazzo Negrone in Genova si veda:
E. GAVAZZA, 1974, pp. 259-282.
La clausola di affidamento ad altro pittore della cappella Negrone, senza pregiudicare il compenso già stabilito per Giovanni Battista Gaulli, fu aggiunta il 17 luglio 1674. Su tutta la vicenda
degli affreschi nella chiesa cfr. R. ENGGASS,
1999, pp.27-39; F. PETRUCCI, 1999, pp. 47-71;
F. PETRUCCI, 2001, p.47.
Nella direzione degli interventi di fine Seicento
al Gesù va rilevato lo straordinario gusto artistico e profilo culturale di Giovanni Paolo Oliva (1600-1682) che non solo scelse Giovanni Battista Gaulli e lo stuccatore Antonio Raggi, ma dopo lunghe trattative riuscì a far venire a Roma,
nel 1681, Andrea Pozzo. Luigi XIV, re di Francia, “…di lui soleva dire essere un uomo dei più
abili a governare e dei più savi di quel secolo…”.
Cfr. L. GRILLO, 1846, vol. II, p. 307; M. FAGIOLO, 1980, pp. 353-360; G. SALE, 2003, pp.
157-158.
4
La citazione è tratta dal brano già stata trascritto
alla nota n 1.
Per quanto riguarda il prestigioso incarico camerale: “… I più rispettabili dopo di esso [il Cardinale Camerlengo, capo della Camera Apostolica] sono i dodici Chierici di Camera. Era
questo un uffizio vacabile, o vogliamo dire venale, dal che essendo nati non leggieri sconcerti, Innocenzo XII [1691-1700], verso il fine del
passato secolo, fece loro restituire il denaro che
avevano sborsato e rese a sé e suoi successori libera la disposizione di qest’uffizj. Sogliono questi radunarsi ogni lunedì nel Palazzo Pontificio insieme col Cardinale Camerlengo e disporre
degl’interessi camerali e specialmente degli affitti da farsi de’ proventi di questa natura. Giudicano inoltre tutte le cause che riguardano gli
interessi medesimi e gli appaltatori. Le cause poi
spettanti a questo tribunale sono tutte le materie che hanno rapporto agl’interessi della Camera: l’entrate della Sede Apostolica, gl’interessi
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di affitto e le sue spiegazioni, le tesorerie delle
province, dello Stato Ecclesiastico, cause di spogli per quelle chiese e benefizi che soggetti sono allo spoglio camerale, conti con Ufiziali e Ministri dello Stato, il corso e valore delle monete, il prezzo delle grascie, le materie del jus congruo, di gabelle, dazj, imposizioni & c. Ogni
Chierico di Camera esecita qualche uffizio particolare: e perciò spetta al Tesoriero d’invigilare alla esazione delle rendite camerali, sottoscrive agli ordini che si traggono sopra la Depositaria della Camera, tra quali non hanno l’ultimo luogo le spese del Palazzo Pontificio e del
Conclave, il mantenimento delle milizie e la
conservazione delle fortezze. Presiede ancora alle dogane, per le quali deputa i Ministri necessari ed all’amministrazione de’ luoghi de’
monti ed, oltre a ciò, è uno de’ primari deputati del Santo Monte di Pietà e per fine Prefetto della Congregazione de’ Baroni di cui parleremo in appresso; il Prefetto dell’Annona sovrintende alla provvista de’ grani per i granari pubblici…”. Seguono il commissario generale delle armi, i presidenti delle strade, degli
archivi, delle carceri, della zecca, delle acque,
delle ripe ecc.
N. ROISECCO,1765, tomo III, p. 372.
5
Un esempio significativo si ricava da un successo affaristico-finanziario portato a compimento dal genovese Ansaldo Grimaldi nel 1531:
egli aveva ottenuto da Clemente VII l’appalto delle miniere della Tolfa presso Civitavecchia, ove
si ricavava l’allume -un minerale indispensabile
per tingere i tessuti e per conciare le pelli- per
rivenderlo in tutta Europa in condizioni di pressoché totale monopolio. E’ lecito supporre che
tale concessione fosse la contropartita al credito che Ansaldo elargì, nel 1527, al pontefice assediato dagli Imperiali a Castel Sant’Angelo durante il sacco di Roma. In quell’occasione
“…non poco conferì per la di lui liberazione imprestandogli grossa somma di denaro…”. M. DEZA, 1694, p. 301. Cfr. anche G. GIACCHERO,
1979, pp. 146-149.
Clemente VII e Gregorio XIII per ovviare alla crisi delle finanze dello stato avevano emesso i monti di Roma: prestiti pubblici che videro i Genovesi tra i maggiori sottoscrittori. Questo ulteriore strumento per incrementare la loro potenza economica raggiunse i massimi livelli con il pontificato di Sisto V, quando scalzarono la banca fiorentina e i capitali genovesi
contribuirono all’edificazione della più grande
Roma.
La presenza dei Liguri in città fu certamente favorita dai due pontefici Della Rovere: Sisto IV
e Giulio II poiché nei primi anni del Cinquecento
tra i residenti in città si annoveravano 4 cardinali Della Rovere e un Prefetto di Roma della
stessa famiglia; altri porporati erano: Cibo, Serra, Ferrari, Fieschi, Pallavicino, Grimaldi. Successivamente l’influenza di aristocratici genovesi si consolidò con il controllo dei centri economici e finanziari con la gestione della Depositeria Generale per oltre la metà degli anni compresi tra 1484 e 1605; Spinola, Centurione, Pinelli, Giustiniani e i chiavaresi Costaguta diressero la Depositeria dell’Abbondanza e l’Annona dal 1580 al 1619; dal 1531 al 1578 Grimaldi,
Sauli e Pallavicino furono appaltatori delle miniere di Tolfa; dal 1572 al 1588 i Giustiniani gestirono le Dogane del Patrimonio; dal 1586 un
Grimaldi fu chierico di Camera, mentre erano tesorieri generali un Giustiniani dal 1585, un Pinelli dal 1589, un Serra dal 1608.
Naturalmente queste posizioni di potere erano
conseguenti del ruolo crescente assunto dai finanzieri genovesi come prestatori di denaro ai
pontefici, sia con la sottoscrizione di monti, sia
con elargizioni a breve. La predominanza della
banca genovese divenne assoluta; mentre il volume di acquisti di titoli della rendita pubblica
che aveva superato i 3,3 milioni di scudi alla fi-
ne del Cinquecento, si avvicinò probabilmente
ai 7 milioni nei primi decenni del secolo successivo.
Cfr. G. DORIA, 1995, pp. 121-122 e G. FELLONI, 1971, pp. 168, 171.
Tra gli innumerevoli cardinali genovesi pare significativo ricordare anche Giacomo Franzone
(1614-1697), che ebbe mansioni prima nella Congregazione per la Reverenda Fabbrica di San Pietro, e successivamente nominato Presidente della Camera Apostolica. Cfr. P. BOCCARDO,
1992, p. 463.
6
Per le attività affaristiche e finanziarie dei Negrone si veda: P. SCHIAPPACASSE, 1994, pp.
393-419.
Nella pubblicazione stampata in occasione della conclusione degli studi di Giovanni Francesco, pur considerando l’enfasi celebrativa dell’ossequioso autore, che si rivolge al padre del
giovane laureato, si ha testimonianza della rilevante posizione sociale dei Negrone: “…E’
proprio de’Signori Negroni portare nel cognome l’ombre, nei fatti gli splendori; lo sa cotesta Serenissima Patria, lo sa il mondo. Né io tengo necessità rammentarne per prova lo splendore delle Porpore Ducali, pur troppo familiari a’Gloriosi Antenati della sua Nobilissima Casa, mentre in Vostra Signoria Illustrissima [Giovanni Battista Negrone] le cariche più rilevanti
trattate con avvantaggio notabile di cotesto prudentissimo Senato appresso i maggiori Monarchi d’ Europa, ne rendono testimonianze indubitate. Basti ciò havere accennato, che per
esprimerne a sufficienza gli encomij non bastano
alla Fama ben mille lingue. Corre per orme sì
gloriose l’Illustrissimo Signor Gio. Francesco,
il quale da questa augusta città [Perugia] riconosciuto nella virtù per un Augusto Coronato
ne parte…”. BCSML, L. BRENI, sec. XVII,
p. 2.
7
G. SESTIERI, 1994, pp. 115-116.
8
R. DUGONI, 1992, pp. 114-115.
9
Questa raccolta di fogli sparsi comprende copie di lettere, ricevute per i lavori di costruzione e arredo della cappella Negrone, suppliche delle maestranze che richiedono di essere pagate, libretti di conti, ma costituiscono una documentazione frammentaria, che non comprende tutte le fasi di esecuzione. I manoscritti sono conservati nella Civica Biblioteca di Santa Margherita Ligure, che possiede uno dei patrimoni librari più importanti della Liguria grazie alla munifica donazione di opere rare e di pregiate edizioni da parte del collezionista Francesco Domenico Costa. Le notizie sulla donazione sono
tratte da: M. T. CAMPANA, 1998.
10
BCSML, Carte..., foglio 60.
11
K. NOEHLES, G. GRUMO, 1997, p. 467.
D. L. SPARTI,1997, p.117.
Per la biografia di Giacomo Costanzi si veda G.
W.,1999, vol. 21, p.475. Egli era il padre del più
celebre Simone Costanzi, che sul finire del Seicento progettò la cappella dei Costaguta nella
chiesa romana di San Carlo ai Catinari. Negli stessi anni, a Genova, era architetto camerale Giovanni Battista Costanzo, non si sa se imparentato con i Costanzi presenti a Roma. Notizie di
Luca Berrettini sono riportate in A. MATTEOLI,
1994, vol. 9, p.640. Per le traduzioni dal tedesco
ringrazio Aura Carniglia e Francesca Fabbri. Giacomo Costanzi si firma come architetto in:
BCSML, Carte..., fogli 58, 60, 63, 65, 77, datati
dall’aprile 1677 all’agosto 1678.
12
Il “Signor” Luca Berrettini è citato in : BCSML,
Carte..., foglio 79, 20 settembre 1678.
13
P. PECCHIAI, 1952, pp. 275-278.
14
Il disegno dell’altare maggiore della chiesa di
San Giovanni dei Fiorentini in Roma è stato pubblicato da K. NOEHLES, G. GRUMO, 1997,
p. 460.
15
La missiva è stata pubblicata da F. TREVISANI, 1980, pp. 368-369. Nella biblioteca di Santa Margherita Ligure è conservata una copia ma-
21
LA CASANA 012-023:12-23 Negrone-Canepa
noscritta. Ringrazio Silvana Vernazza per la segnalazione del saggio di Trevisani citato in M. P.
D’ORAZIO, 1997, p. 56.
16
Le note biografiche di Girolamo Lucenti sono tratte da: C.G. BULGARI, 1958, p. 59.
17
Biografia e opere di Giovanni Giardini sono
illustrate in C.G. BULGARI, 1958, p. 529.
18
Le quattro statue in bronzo di raffinata fattura furono realizzate fra il 1687 e il 1689 probabilmente da Ciro Ferri, scultore allievo di Pietro da Cortona, con il denaro offerto dal padre
oratoriano Cesare Massei per l’altare di San Francesco Saverio. Cfr. J. MONTAGU, 1997, pp.
447-449. Giovanni Francesco Negrone pagò la
doratura dei quattro santi a Pietro Ceci.
19
Brevi notizie biografiche di Francesco Mazza, nato a Pesaro nel 1649 e di Domenico Kaiser, romano (1678-1734), sono riportate in C.G.
BULGARI, 1958, pp. 127 e 31. Una richiesta
di pagamento ammontante a 350 scudi di
Francesco Mazza per oro e rame utilizzati per
candelieri e torcieri è conservata in: BCSLM,
Carte..., foglio 172.
20
BCSML, Carte..., foglio 139.
21
BCSML, Carte riguardanti lavori nella Cappella di S. Francesco Saverio, nella chiesa del Gesù in Roma, foglio n 117.
22
Nelle carte di amministrazione dell’aristocratico genovese Giuseppe Maria Durazzo, figlio di
Marcello I marchese di Gabiano, è registrato l’acquisto fatto il 24 novembre 1682 da Giovanni
Francesco Negrone del Palazzo di Santa Lucia
alle Botteghe Oscure appartenente al quondam
Girolamo Mattei. Giuseppe Maria Durazzo, affarista e finanziere, acquisterà Palazzo Negroni
nel 1753; successivamente l’edificio sarà acquisito dai Caetani. Può essere interessante segnalare che già nel 1717 l’aristocratico aveva rapporti
d’affari a Roma con il principe Caetani per il taglio di boschi che quest’ultimo possedeva a Sermoneta e Cisterna. Sorprende questo particolare interesse per il legname di un finanziere di livello internazionale e conferma gli innumerevoli
affari dei Genovesi perseguiti per diversificare gli
investimenti. L’individuazione di Palazzo Negrone tra i Palazzi Mattei di Giove, Mattei di Paganica e Mattei-Caetani è stato possibile grazie
alla cortese collaborazione del personale della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea a
Palazzo Mattei di Giove, di Rosanna Nelli e della dott.ssa Caterina Fiorani, che ringrazio. La
Fondazione Camillo Caetani attualmente proprietaria del Palazzo già Mattei e Negrone, in via
Botteghe Oscure 32, ha promosso la pubblicazione che è in stampa durante la stesura di questo saggio: Palazzo Caetani. Storia, Arte, Cultura a cura di L. FIORANI.
Le notizie del passaggio di proprietà da mons.
Negrone a Giuseppe Maria Durazzo insieme alle attività dell’aristocratico genovese sono documentate in: APGD, Archivio di Giuseppe Maria Durazzo, Carte di amministrazione, 84, 88.
Nella guida di Roma di Nicolò Roisecco del 1765
è specificato che: “…Nella piazzetta di Santa Lucia de’ Ginnasi si vede il principal prospetto del
Palazzo Negroni, che fu fabricato con architettura di Bartolomeo Ammannato…”. N. ROISECCO, 1765, tomo I, p.317.
23
È Giovanni Francesco Negrone a definire nipoti prelati Nicolò Negrone e Giovanni Battista Spinola juniore in un documento ove egli
destina 400 scudi per le missioni gesuitiche e
per gli esercizi spirituali: “…Nel Banco di S. Spirito in Roma sono e si troveranno come depositati dal Cardinale Gio Francesco Negrone scudi 400 moneta romana che cantano a disposizione di Monsignor Nicolò Negrone e Monsignor Batta Spinola nipoti prelati che hanno l’uso del loro abitare nel palazzo, ora nostro, posto fra le due chiese di S. Lucia e S. Caterina
… a titolo et obbligazione di doverne disporre per due piccole opere ma che saranno grate
a Dio perché raccomandate a S. Ignazio Loio-
22
12-12-2007
13:17
Pagina 22
la una, et l’altra a S. Francesco Xaverio : 200
per 4 missioni annue con uscire dalle 4 porte:
Salara, Pia, San Lorenzo e Maggiore … inoltrandosi sino al possibile per spargere … verbum Dei. Altri 200 per due prelati… congiunti e più prossimi di nostra casata …impiegati…
per i Santi Esercizij .. da praticarsi nelle stanze dette di fabbrica nuova in Mont’Alto per otto mute l’anno…”. BCSML, Congregazione dei
Nobili del Gesù, ms. n 191, foglio 49.
Nicolò Negrone diverrà tesoriere di Santa Romana Chiesa e arcivescovo titolare di Sebaste, suo
padre Bendinelli, fu doge della Repubblica di Genova dal 1695 al 1697, suo fratello Domenico ottenne la stessa carica nel 1723. Cfr. P. BOCCARDO, 1999, p. 209.
Giovanni Battista Spinola juniore diverrà governatore di Roma e camerlengo dello Stato Pontificio. Cfr. L. TACCHELLA, 1985, p. 63.
“Del Camerlingo di Santa Chiesa…Sebbene la
di lui giurisdizione abbia sofferte non piccole mutazioni in tempi diversi, non lascia nondimeno
di essere ben grande anche in oggi [1765]. Mentre che egli regola tutti gli interessi della Camera,
sottoscrive i mandati, presiede e regola le dogane,
delle quali sceglie i ministri, giudica immediatamente o per via di appellazione tutte le cause che riguardano la Camera stessa e le Università delle arti di Roma e del commercio e
quelle, per fine, che concernono lo jus congruo…Oltre però alle cause civili, giudica ancora delle criminali riguardo alle persone che sono addette al servigio della Camera e ne’delitti che concernono gli interessi della medesima e
perciò ha il bargello co’birri. Appartiene ancora al Camerlingo di concedere la licenza per la
estrazione delle pitture, sculture ed altre cose simili dalla città di Roma ed ha il privilegio particolare di ricevere il dottorato. Ma in verun altro tempo si manifesta la di lui giurisdizione
quanto in sede vacante…assume la Guardia
Svizzera,…fa cugnare la moneta con le proprie
armi gentilizie ed assiste ogni giorno alle Congregazioni…”. N. ROISECCO, 1765, tomo III,
pp. 370-371. La zecca di Roma nel 1700 coniò
monete con lo stemma del casato del camerlengo
Giovanni Battista Spinola juniore. Cfr. G. B.
BARBIERI, 2004, pp. 52-55.
24
Giovanni Battista Spinola juniore fu un mecenate d’arte, protettore di Giovanni Battista
Gaulli che raccomandò a Genova per l’esecuzione, poi non avvenuta, del salone del Maggior
Consiglio di Palazzo Ducale; fu membro della Congregazione per la Reverenda Fabbrica di
San Pietro e mise insieme una quadreria di circa duecento opere. Nel consistente nucleo di dipinti ereditati dai nipoti genovesi compaiono tele di Gaulli, Maratta e i maggiori rappresentanti
del classicismo emiliano dell’intero Seicento:
Carracci, Reni, Albani, Cignani e Franceschini. Cfr. P. BOCCARDO, 1992, p.463. Giovanni
Battista Spinola seniore era cugino di Giovanni Francesco Negrone, come quest’ultimo lo definisce in una lettera del gennaio 1697 (vd. alla
nota n 28); fu arcivescovo di Genova dal 1668,
cardinale di Santa Cecilia nel 1681 e
successivamente governatore di Roma. Per
queste e altre note biografiche si veda: C. GRILLI, 1999, scheda n 16, p.121.
25
Il ritratto del cardinale Negrone è stato rintracciato in una collezione privata da Vittorio Sgarbi e pubblicato in F. PETRUCCI, 2001, p. 46.
Giovanni Francesco Negrone fu nominato diacono cardinale di San Cesareo il 6 settembre 1686
insieme ai conterranei Marcello Durazzo, prete
cardinale di Santa Prisca e Opizzo Pallavicino,
prete cardinale di Santa Cecilia. Nell’autunno dello stesso anno papa Innocenzo XI e tutta Roma
esultarono per la riconquista di Budapest per merito della crociata contro i Turchi, condotta dagli eserciti di Sobieski re di Polonia e Leopoldo
I d’Austria, insieme a volontari giunti da molte
parti d’Europa. “…L’Urbe rifiorì grazie al sor-
gere di un nuovo ciclo di grandiose decorazioni
di soffitti in stile pieno barocco, quasi tutti riflettenti, in un modo o nell’altro, il concetto di
Chiesa trionfante…”. R. ENGGASS, 1999, pp.
30-31.
26
P. BOCCARDO, 2001, pp. 46-47.
27
A. DELLA CELLA, sec.XVIII, p. 1117.
28
“All’Ill.mo e Rev.mo Signore Monsig. Spinola
Arcivescovo di Genova.
Il pensiero altre volte indicato a V. S. Illustrissima sotto nome d’idea…. così ora con qualche
maggiore chiarezza lo spiego a V. S. Illustrissima consistente in una unione de’ Convittori Sacerdoti, o prossimi al sacerdotio. Potrà avere in
questo convitto luogo ogn’uno, e di ogni paese,
quando però diano attestati di havere fermato
il proprio sistema per la vita ecclesiastica, e conseguentemente di havere godimento ne’ studi e
stimoli per habilitarse negl’esercitij di pietà.
Ogn’uno che sia di questi sentimenti si farà a
suo tempo sentire con suoi documenti doppo che
averà considerate le constitutioni che usciranno alla luce, non però s’incommoderà alcuno dalla propria casa se non riceverà prima l’accettatione.
Sarà il governo di detto convitto presso di rettori di soda probità e prudenza. Quest’unione sarà provista di publici lettori fino al numero di sei,
cioè per la filosofia, per la teologia scolastica, per
la morale, per la canonica, per controversie e per
l’istoria ecclesiastica. Saranno questi lettori eletti di credito e di dottrina fondata e sana, onde
possano essere d’invito a quelli che formeranno
il convitto e ivi staranno per loro profitto a publico beneficio.
Tanto i Rettori come i Lettori goderanno in habitatione i due palazzi posti nella villa, chiamati di Mont’Alto uno e l’altro de’ Peretti. Corresponderà tutto con commodo, decoro e sodisfattione. Le constitutioni particolari per tutta
quest’opera saranno state ben considerate e scielte da molte altre e poi esaminate da più Eminentissimi Signori Cardinali deputati alla Santità di Nostro Signore, che tutto risolverà, che
giudicherà opportuno per il pubblico bene, anzi sarà la Santità Sua supplicata a esserne protettore, sia per il letterario, come per gli esercizi di pietà. Ben poi conoscerà ogn’uno dal tenore delle constitutioni con chiarezza maggiore il fine primario di quest’impresa, così il frutto che ne potrà risultare in maggiore servitio delle chiese particolari.
L’esercitio letterario si farà nel Palazzo di Mont’Alto e in quello de’ Peretti vi faranno gli esercitij di pietà diretti al profitto dell’anima, ad
istruire negli ecclesiastici riti, e in quello tutto
possa conferire al culto maggiore di Dio nelle sue
chiese. Haverei di buon animo incaminata quest’opera nella Patria, ma riconosciuta più propria e di maggiore profitto in Roma, per più considerationi, qui mi sono fermato. Sappia V. S. Illustrissima che da molto tempo posi l’occhio sopra il corpo grande di case e giardini di detta villa di Mont’Alto e Peretti, benché solo ultimamente ne seguisse la compra. L’ottenni per la
Congregazione de’Baroni. A questo conto non
darà V. S. Illustrissima attenzione alle molte
menzogne che sono state pubblicate perché tutte riescono effetto dell’otiosità. Questa compra
ora mia, si va disponendo per l’effetto meditato, ma potrà solamente crescer l’opera a proporzione delle mie debolissime forze. Haverà però proseguimento quello che si è cominciato se
non si opponeranno quegl’ huomini de’ quali si
vale Iddio quando non ne vuole la fine. Finirà
con cieca obbedienza alle prime voci interne del
medesimo Iddio e così alle esterne della Santità di Nostro Signore, non dovendo io volere
quello che ad altri non piacesse e ben saprò osservare chi è superiore e massime supremo. Nulla desidero più che piacere altrui, dispiacere a
nessuno, giovare al prossimo, massime Ecclesiastico.
Arte
LA CASANA 012-023:12-23 Negrone-Canepa
12-12-2007
Qui mi resta, per mezzo di V. S. Illustrissima d’invitare gl’Ecclesiastici della mia patria, per il tempo suo, quando vorranno disponersi per l’espresso convitto, potendo credere di ritornare alla medema patria meglio istrutti sì nelle cognitioni proprie de’ veri Ecclesiastici, sì nella pietà soda e Christiana necessaria ad ogn’uno. Aggredisca V. S. Illustrissima questa mia espressione e cordialmente le bacio le mani.
Di V. S. Illustrissima e Reverendissima
Roma li 18 gennaro 1697
Servitore e cugino
G. F. Cardinal Negrone”.
BCSML, Congregazione dei Nobili del Gesù, ms.
n 191, VI stampa.
“…Congregazione de’ Baroni. Per provvedere al sollecito disbrigo delle liti, che nascer possono dalle prestanze che a volte si fanno alle persone di rango, Clemente VIII [1592-1605] istituì questa congregazione che perciò dicesi de’
Baroni. Ella è composta da un Prefetto, da alcuni Chierici di Camera, dall’Avvocatura Fiscale, dal Commissario della Camera e dall’Uditore del Tesoriero, i quali tutti hanno il voto decisivo. Dopo che il creditore ha ottenuto
dal giudice competente il mandato esecutivo
contro del Barone suo debitore, lo esibisce a
quella congregazione, la quale lo fa eseguire sopra i beni del debitore, che fa vendere dopo un
mese e pagato col ritratto il creditore, se sopravanza qualche danaro, fa consegnarlo al suo
legittimo padrone…”. BCSML, N. ROISECCO,1765, tomo III, p. 391.
Il geografo e cartografo Vincenzo Maria Coronelli (Ravenna 1650-Venezia 1718) elogiò l’iniziativa del cardinale, che risulta essere stato un
mecenate dell’Accademia degli Argonauti: la prima società geografica del mondo, fondata da Coronelli.
29
N. ROISECCO, 1765, tomo II, p. 578. I confini della villa lambivano le terme di Diocleziano, la chiesa di Santa Maria Maggiore, circondavano su tre lati il complesso di S. Antonio, proseguivano fino alla porta di S. Lorenzo e includevano i resti dell’acquedotto dell’Acqua Felice. Sul finire del Settecento, lo studioso e genealogista Agostino Della Cella, riferì di aver veduto Villa Peretti nel 1779: “…detta poi sempre
Villa Negrona perché posseduta da’ nobili Negroni genovesi suoi eredi [di Giovanni Francesco]; al presente, per quanto intendo, è stata alienata nel 1784 e acquistata da un semplice merciaio romano…”. A. DELLA CELLA,
sec.XVIII, p. 1117.
30
Nell’indice della mappa di Giovanni Battista
Nolli, oltre al Palazzo Negroni alle Botteghe
Oscure - segnalato dal cartografo nel rione Sant’Angelo al n 1005 - sono indicati in rione Monti, al n 199, Palazzo e Villa Negroni già Montalto e in rione Campo Marzio al n 502 Palazzo Negroni, al n 503 Palazzo Cellesi ora Negroni. Cfr. BSAG, R. Atl. 63. Questi ultimi edifici sorgono in piazza Nicosia 32-35.
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(Genova)
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BSAG, Biblioteca di Storia dell’Arte di Genova
BIASA, Biblioteca di Storia dell’Arte di Roma
Manoscritti:
Secc. XVII-XVIII
BCSML, Carte riguardanti lavori nella Cappella
di San Francesco Saverio, nella chiesa del Gesù in Roma, ms. n 274.
Arte
13:17
Pagina 23
BCSML, Congregazione dei Nobili del Gesù,
ms. n 191.
APGD, Archivio di Giuseppe Maria Durazzo,
Carte d’amministrazione, 84 e 88
Sec. XVIII
CBB, A. DELLA CELLA, Famiglie di Genova antiche e moderne, estinte e viventi, nobili
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Opere a stampa:
1654
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1694
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1765
BCSML, N. ROISECCO, Roma Antica e Moderna o sia nuova descrizione di tutti gl’Edifizi
antichi e moderni, sagri e profani della Città di
Roma: co’ nomi degl’Autori di tutte le opere di
Architettura, Scultura e Pittura; colla notizia degl’Acquedotti, Strade, Costumi, Riti, Magistrati e Famiglie Antiche Romane. Una relazione della presente Corte di Roma, de’ suoi Ministri, Congregazioni e Tribunali e la cronologia de’ Re,
Consoli, Imperatori e Pontefici Romani, con duecento e più figure in rame. Il tutto cavato dal Baronio, Bosio, Nardini, Grevio ed altri classici Autori, tomi II-III, Roma, Arm., V, 66.
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1958
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d’Italia. Notizie storiche e raccolta dei loro contrassegni con la riproduzione grafica dei punzoni
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mostra a cura di M. FAGIOLO DELL’ARCO,
D. GRAF, F. PETRUCCI, Ariccia 11 dicembre 1999-12 marzo 2000, Ginevra-Milano.
G. GRILLI, scheda n 16, Ritratto di Giovan
Battista Spinola seniore, in Giovanni Battista
Gaulli. Il Baciccio 1639-1709…op. cit.
F. PETRUCCI, Tre momenti del Baciccio, in
Giovanni Battista Gaulli. Il Baciccio 16391709…op. cit.
G.W. Costanzi Giacomo, in Saur Allgemeines
Künstler-Lexicon, München.
2001
P. BOCCARDO, Catalogo delle Opere, scheda n 9, Gesù Bambino Salvatore, in Il Baciccio
un anno dopo. La collezione Chigi, restauri e
nuove proposte a cura di M. FAGIOLO DELL’ARCO, F. PETRUCCI, Catalogo della Mostra, Ariccia 23 marzo-27 maggio 2001, Milano.
F.PETRUCCI, Catalogo delle Opere, scheda n
10, Noli me tangere, in Il Baciccio un anno dopo…op. cit.
2003
G. SALE, Ignazio e l’arte dei Gesuiti, Milano.
2004
G. B. BARBIERI, Uno stemma genovese sulle
monete di Roma, in “La Casana”, supplemento al n 4, ottobre-dicembre 2004.
Ringraziamenti:
Paolo Arduino, Laura Bregante, Marcello e Sandra Cattaneo Adorno, Raffaella Fontanarossa,
Maria Marchetti, Vincenzo Poggi, Nunzia
Scarpignato.
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