Lebensborn

Transcript

Lebensborn
Lebensborn: la fabbrica
dei superuomini
“Sacra deve essere per noi ogni
madre di sangue buono”.
Statuto del Lebensborn
Il progetto nazista
COSTRUIRE UNA
NUOVA SOCIETA’:
- DIFENDENDO LA
RAZZA
- ELIMINANDO I
“DIVERSI”
1
“Noi dobbiamo costruire un uomo
nuovo che non soccomba ai
sintomi della degenerazione tipica
di questa nuova era”.
Adolf Hitler
Il germanico autentico è “biondo,
alto, dolicocefalo, viso stretto,
mento ben disegnato, naso sottile,
corto, capelli chiari e non ricciuti,
occhi chiari e infossati, pelle di un
bianco rosato”.
rosato”.
Hans Gunther,
Gunther, teorico ufficiale del
partito nazionalsocialista
La difesa della razza:
il progetto Lebensborn
Il progetto Lebensborn
(“sorgente di vita”) fu uno
strumento della politica
razziale nazista, creato
allo scopo di favorire la
nascita di bambini ariani,
ed elevare il grado di
“purezza” del popolo
tedesco: fornì dunque alle
mamme e ai bambini
“razzialmente di valore”
l’assistenza necessaria
per ottenere individui
selezionati dal punto di
vista razziale.
2
L’organizzazione Lebensborn è dunque l'altra faccia
della medaglia del razzismo nazista: se con il
“progetto eutanasia” e con la “soluzione finale” si
volevano eliminare le persone “indegne di vivere”,
nei Lebensborn doveva crescere la perfetta razza
ariana: questa era l'idea di Heinrich Himmler,
Himmler, il
braccio destro di Hitler.
Hitler.
Nei centri Lebensborn - diverse decine in tutto il
territorio del Reich - venivano fatti nascere e
crescere i figli illegittimi di soldati tedeschi; ma qui
venivano anche portati i ragazzi, ritenuti
“razzialmente adeguati”, strappati alle famiglie (che
spesso venivano uccise) nelle zone di occupazione,
per essere germanizzati e poi dati in adozione.
Fu comunque una delle istituzioni più controverse
del Terzo Reich,
Reich, circondato da un alone di
segretezza e mistero.
Un passo indietro: il contesto
ideologico e sociale
Il progetto Lebensborn si colloca in un contesto
sociosocio-ideologico caratterizzato da:
discriminazione della donna;
politica demografica aggressiva: la potenza di
uno Stato sta nel numero dei suoi uomini e
dunque il mettere al mondo dei figli è una
questione di interesse pubblico;
eugenetica e creazione di una super razza: le
SS come l’élite del regime.
3
Ruolo della donna
L’uomo va al fronte, la donna
“combatte la sua battaglia per la
nazione con ogni figlio che mette al
mondo”.
Hitler,
Hitler, Congresso di Norimberga del
1935
“… il suo [della donna] compito
meraviglioso consiste nel donare figli
al popolo e alla nazione”.
Goebbels,
Goebbels, Ministro della Propaganda
Küche, Kinder, Kirche: cucina, bambino,
chiesa – le tre k con cui il conservatorismo
tedesco sigilla la condizione della donna, che
peggiora ulteriormente nel Terzo Reich.
Il nazismo è fortemente misogino: la donna è il
secondo sesso della prima razza e il suo
compito è di essere madre e moglie; ogni
donna tedesca avrebbe dovuto mettere al
mondo almeno 4 figli entro i 35 anni.
Politica discriminatoria produce effetti
immediati: ad es. nel 1931 le donne tedesche
immatricolate all’università erano 19.400; nel
1934 erano scese a 9.700; al Congresso di
Norimberga sono 900 le ragazze invitate,
mentre i giovani sono 100 mila.
4
La politica demografica
Tra le due guerre, la Germania presenta uno dei più
bassi tassi di natalità in Europa; per incrementare
la natalità si punta dunque su:
prestiti matrimoniali;
riduzioni d’imposta;
assegni statali per i figli a carico;
associazioni assistenziali per la madre e il fanciullo,
la più importante della quali era l’NSV – National
Sozialistiche Volkswohlfahrt,
Volkswohlfahrt, Associazione
nazionalsocialista per il benessere del popolo, che
spesso fu in concorrenza con il Lebensborn.
Lebensborn.
5
Tutti i sussidi economici erano versati al padre e non
alla madre ed ovviamente furono esclusi genitori e
figli ritenuti eugeneticamente o etnicamente non
idonei.
Sempre al fine di incrementare la razza germanica,
si parlò anche di inseminazione artificiale (fino ad
allora sperimentata da Americani e Russi
nell’allevamento animale): questo era il progetto del
dottor Leonardo Conti, Ministro della Sanità del
Reich,
Reich, anche perché l’inseminazione artificiale
avrebbe eliminato “il complesso psicologico
dell’esperienza sessuale”. Contrario
all’inseminazione artificiale era invece Himmler,
Himmler,
perché essa avrebbe causato un pericoloso
impoverimento del materiale genetico.
L’eugenetica
L’altra faccia di tale politica demografica è un feroce
antinatalismo eugenetico. Hitler,
Hitler, nel Mein Kampf,
Kampf, aveva
sostenuto a chiare lettere che “chi non è sano e degno di
corpo e di spirito non ha il diritto di perpetuare le sue
sofferenze nel corpo del suo bambino”.
14 luglio 1933: “Legge sulla prevenzione delle tare
ereditarie”:
ereditarie”: chi soffre di tare ereditarie può essere
sterilizzato.
Questa legge aprì l’offensiva contro i disabili e fu la pietra
angolare per la legislazione eugenetica e razziale del regime:
in un decennio si ebbe la sterilizzazione coatta di circa
400.000 tedeschi; dal 1935 l’aborto eugenetico è consentito
fino al 6° mese di gravidanza e negli anni successivi ne
vengono praticati circa 30.000 (l’aborto è invece severamente
punito negli altri casi: dal 1943 addirittura con la pena di
morte).
6
Le SS: l’élite del regime
Dal 1929 il Reichfü
Reichführer
delle SS (Schutzstaffel
(Schutzstaffel,,
Corpi di Protezione) è
Einrich Himmler,
Himmler, il quale
concepisce tale corpo come
un “centro di irradiazione
delle razza pura”
pura”.
Per entrare nelle SS c’
c’era
una selezione severissima:
certificato sanitario di tutti i
membri della famiglia;
albero genealogico risalente
al 1650;
colloquio con una
commissione e test
psicologici.
7
31 dicembre 1931: “Ordine sul matrimonio”
matrimonio”: ogni membro
delle SS che intenda sposarsi deve ottenere da Himmler il
certificato di matrimonio, attestante l’l’appartenenza dei futuri
coniugi alla “pura razza nordica”
nordica”: è l’atto originario della
politica eugenetica delle SS. I dati razziali di tutti i membri
delle SS erano contenuti nel Sippenbuch (libro dei clan), che
ribadiva la separatezza e la presunta eccezionalità
eccezionalità degli
uomini che ne facevano parte.
Per Himmler la purezza razziale è una vera ossessione ed
egli mira a formare un nucleo sempre più
più ampio di SS che
dovrà
dovrà colonizzare i territori occupati dalla Germania, tanto che
prevede di introdurre tra gli adepti la poligamia, in modo
appunto da aumentare il numero di “uomini perfetti”
perfetti”: ogni
ogni SS
doveva essere sposato entro i 26 anni; aver fatto almeno due
figli entro i 30 e “donare” a Hitler un minimo di 4 figli.
28 ottobre 1939: Himmler invita le SS a concepire figli prima
di andare a combattere: “oggi per le donne e le ragazze di
puro sangue tedesco diventerà una nobile missione il
chiedere ai soldati in partenza per il fronte, siano esse
sposate o no, di renderle madri”.
Lebensborn, uno strumento di
politica razziale
12 dicembre 1935: il Lebensborn eingetragener Verein
(Società Registrata “Fonte di Vita”) è fondato a Berlino da
10 Führernhrern-SS,
SS, rimasti anonimi, su iniziativa dell’Ufficio
centrale per la razza e il popolamento (RuSHA
(RuSHA SSSS-RasseRasseund Siedlungshauptamt,
Siedlungshauptamt, costituito alla fine del 1931 e
guidato inizialmente dall'SS
dall'SS--Obergruppenführer Richard
Walther Darré,
Darré, era l'ufficio delle SS incaricato di controllare
la purezza ideologica e razziale di tutti i membri delle SS):
SS):
era quindi posto sotto l’amministrazione diretta delle SS.
1936: a Steinhö
Steinhöring (Baviera) viene aperta la prima
clinica,
clinica, che, diretta dal dottor Gregor Ebner,
Ebner, tra l’altro
amico e medico personale di Himmler,
Himmler, sarà la casa madre.
8
1° gennaio 1938: Lebensborn passa sotto la tutela dello
Stato Maggiore SS, quindi sotto la diretta autorità di
Himmler,
Himmler, con il nome di Ufficio “L”: la sede centrale fu
spostata a Monaco (in via HerzogHerzog-Max Strasse,
Strasse, 33-7) e qui
sarà anche conservato l’anagrafe del Lebensborn,
Lebensborn, che così
costituiva uno Stato nello Stato, anche perché i bambini
abbandonati dalle madri erano di “proprietà” dell’istituzione
Materialmente era dunque costituito da un ufficio centrale,
posto a Monaco, che amministrava una serie di cliniche e
di asili sparsi per tutta la Germania (e, in seguito, anche in
parte dei territori occupati), creati per garantire alle donne
di “buona razza”,
razza”, sposate o no, che attendessero un figlio
da un SS, da un membro della Polizia o della Wehrmacht
tedesche, le migliori condizioni per partorire,
partorire, al fine di
diminuire la mortalità infantile, il numero degli aborti o di
bambini nati malformati o malati e incrementare il numero
dei nati di “razza”.
Il Lebensborn fu dunque un organismo delle SS
che agì a sostegno dell’ideologia della razza e
pertanto costituì il volto razziale della politica
demografica di assistenza alla maternità.
maternità.
Si delineò infatti subito come un progetto di
selezione razziale (eugenetica); nel suo nome
era del resto già implicito il suo principale
obiettivo: infondere nuova linfa nella razza
ariana, elevando il grado di “purezza” e
“nordicità”
nordicità” (Aufnordung
(Aufnordung)) del popolo tedesco e
aumentando il numero di tedeschi di “pura razza
ariana” destinati a dominare il mondo: Himmler
pensava di avere in Germania, entro il 1980,
120 milioni di uomini nordici.
9
I centri Lebensborn,
Lebensborn, anche per tutelare le ragazze
madri, erano protetti dall’esterno, situati spesso in
zone di campagna: questo contesto di segretezza
(ad es. era tenuto segreto il nome della famiglia se
il bambino veniva adottato) alimentò presto
pettegolezzi e dicerie e le cliniche furono descritte
di volta in volta come “bordelli di lusso”, “stazioni
di monta umane”, luoghi per la “procreazione
forzata”.
Nessuna donna, in verità, fu mai portata nei centri
Lebenborn per accoppiarsi a fini riproduttivi, ma le
gravidanze dovute a una breve o lunga relazione
extraconiugale tra donne ariane e tedeschi, lungi
dall’essere censurate, erano incoraggiate e si
mirava addirittura a cambiare la concezione
negativa che la gente comune aveva delle
ragazze madri.
10
Non si trattò, dunque, come sostennero alcuni studiosi
degli anni Sessanta e Settanta, di luoghi di procreazione
organizzata, con cavie volontarie pronte a dare un figlio
al Führer per la creazione di una supersuper-razza, ma di
centri per l’assistenza alle ragazze madri ariane, in
Germania e nei territori occupati.
Non fu però un’associazione animata da intenti caritativi
o fini sociali (come a conclusione del conflitto tentarono
di presentarla i principali responsabili), in quanto non
erano accettate tutte le future madri bisognose di aiuto,
ma vi era una rigida selezione:
selezione: il 50% delle madri che
chiedevano aiuto alle cliniche venivano infatti respinte
perché non razzialmente idonee; delle ragazze si
valutava il “sangue” (genitori, nonni, antenati), la
costituzione fisica e la salute, gli ideali, la fedeltà e la
devozione al Führer.
hrer. L’organizzazione inoltre fu
coinvolta nel rapimento, nei territori occupati, di bambini
considerati “ariani” e nella loro “germanizzazione
“germanizzazione”” in
modo da incrementare al massimo la popolazione di
“pura razza ariana”.
Tre obiettivi
Ricapitolando, la politica razziale del Lebensborn si
articola in tre obiettivi:
Incrementare il numero dei nati di “buona razza”,
aiutando le donne incinte, sposate o no, ma solo se di
pura razza, mediante centri, cliniche, sostegno
economico;
Potenziare il “tasso di nordicità”
nordicità” del popolo tedesco,
favorendo le unioni tra donne nordiche e soldati tedeschi
e facendosi carico dei bambini nati da queste relazioni;
Cercare fuori dalle frontiere del Reich i fanciulli che
presentavano tutti i caratteri del fenotipo nordico,
condurli in terra tedesca e “germanizzarli
”: fu così che a
“germanizzarli”:
partire dal 1940 fu organizzata una vasta impresa di
trafugamento di bambini.
11
I principali responsabili
Heinrich Himmler,
Himmler, Reichfü
Reichführer delle SS
Max Solmann,
Solmann, amministratore capo del Lebensborn
Gregor Ebner,
Ebner, medico capo del Lebensborn
Inge Viermetz,
Viermetz, già a capo della BDM, Bund Deutsche Mädel
(Lega delle giovani tedesche), si è occupata delle cliniche
nell’Europa occupata e dell’adozione dei bambini rapiti
Günther Tesch,
Tesch, dirige la sezione giuridica del Lebensborn;
Lebensborn;
crea certificati di nascita e attribuisce nuovi nomi ai bambini
rapiti
Ulrich Greifelt:
Greifelt: capo dell'Ufficio Centrale del Commissario del
Reich per il rafforzamento della germanicità (RKFDV,
Reichskommissar für die Festigung deutschen Volkstums);
Volkstums);
emana l’ordine di individuare il “buon sangue” su tutto il
territorio polacco.
Strutture ufficiali: 6 centri in Germania già prima dello
scoppio della guerra, con 263 letti per le donne e 487
per i bambini (almeno altri 4 centri saranno aperti
durante il conflitto), 2 in Austria e, dopo l’occupazione, 9
in Norvegia, 1 in Francia, 1 in Belgio, 1 in Olanda e 1 in
Lussemburgo.
Nei 9 anni di attività (1936(1936-1945), i Lebensborn
accolsero circa 20 mila bambini; in base ad altre stime
sarebbero nati nelle cliniche Lebensborn circa 12 mila
bambini, la metà dei quali illegittimi; altri storici
abbassano il numero a 77-8 mila; mentre altri ancora
parlano di 90.000 “figli” di Hitler:
Hitler: molti di loro vennero
dati in adozione a famiglie di provata fede nazista, altri
furono fatti crescere nei centri fino alla fine della guerra e
poi finirono in orfanotrofi o in affido.
Diverse migliaia i bambini trafugati dai nazisti in Polonia
e in altre regioni dell’Europa orientale: solo un decimo
circa, finita la guerra, tornerà a casa; molti resteranno in
Germania presso le loro famiglie adottive o negli
orfanotrofi; di molti altri si perderà ogni traccia.
12
Le principali cliniche Lebensborn in
Germania
“Hochland”
Hochland” a Steinhö
Steinhöring
“Harz”
Harz” a Wernigerode
“Kurmark”
Kurmark” a Klosterheide
presso Berlino
“Friesland”
Friesland” a Hohehorst
presso Brema
“Pommern”
Pommern” a Bad Polzin
(Nord(Nord-Est della
Germania, oggi Polonia)
“Schwarzwald”
Schwarzwald” a
Nordrach (nel Baden)
“Taunus”
Taunus” nel Wiesbaden
Lebensbornheim in Steinhöring/Oberbayern
Distintivo dell’organizzazione
Lebensborn
Cartolina postale del Lebensborn-Heim
"Hochland“ di Steinhöring
La casa Lebensborn di Wernigerode
13
Dottore, curatrice e bambini nel centro di
Wernigerode,
Wernigerode, circa 19431943-5
Un interno di un centro Lebensborn
Bambini Lebensborn in una
maternità bavarese nel 1945.
Una passeggiata con i bambini
di una casa Lebensborn
14
Locandine e scene dal film Divisione Lebensborn di Werner Klingler (1961) con
Maria Perschy, Renate Küster, Birgitt Bergen e Elke Eichwede
Locandina e scena del film Der Lebensborn
di Mislan Cieslar del 2000
15
Chi lo finanzia?
L’organizzazione è finanziata dall’NSV, tramite una tassa
che tutti gli ufficiali e i dirigenti delle SS erano obbligati a
pagare; per le altre SS l’adesione era volontaria; la quota
obbligatoria variava a seconda del numero dei figli che
ciascun ufficiale aveva (meno figli, più soldi per
l’organizzazione): nel 1938 le SS erano 238 mila e solo 8
mila aderivano al Lebensborn che contava nel
complesso 13 mila membri.
La massima parte dei fondi e delle sedi derivava però
dagli immensi beni confiscati agli ebrei, che si trovarono
così, loro malgrado, a finanziare la creazione della “pura
razza ariana”.
I riti
Non c’era battesimo, ma un rito, “la consacrazione del
nome” (Namensweihe
), con cui il piccolo ariano entrava
(Namensweihe),
a far parte della comunità del popolo germanico e delle
SS: la madre rispondeva alla seguente formula: “Madre
tedesca, ti impegni a far crescere tuo figlio nello spirito
dell’ideologia nazionalsocialista?”;
nazionalsocialista?”; il padrino SS (spesso
padrino fu Himmler in persona) alla domanda: “Ti
impegni a fare in modo che questo bambino sia educato
nel rispetto della concezione della stirpe delle nostre
SS?”.
SS?”. Il bambino veniva quindi sfiorato con un pugnale
delle SS mentre si pronunciava la formula finale: “Con
questo ti accolgo nella nostra stirpe e ti assegno il nome
di.... Porta questo nome con onore!”.
onore!”.
Il bambino dunque appena nato diventava a tutti gli
effetti un membro delle SS. Tra i nomi spesso venivano
assegnati quelli germanici di Siegfried e Brunhilde.
Brunhilde.
16
La “consacrazione del nome” di un bambino Lebensborn
Cerimonia del nome per un bambino Lebensborn
La “consacrazione del nome” di un bambino Lebensborn
17
I “figli” di Hitler
I bambini illegittimi partoriti in un Lebensborn erano di “proprietà”
dell’istituzione che aveva propri registri di Stato civile, si
riservava di decidere se la ragazzaragazza-madre era idonea o no a
tenere il bambino e si occupava di dare in adozione quelli
abbandonati dalle madri: ai genitori adottivi si garantiva sempre
sempre
la massima segretezza e tutti i documenti, notizie, atti relativi
relativi al
parto venivano cancellati; era mantenuto segreto anche il nome
della famiglia adottiva che veniva selezionata rigidamente: si
cercava infatti di affidare questi “prodotti” della supersuper-razza a
famiglie benestanti o ricche, appartenenti ai gradi più alti delle
delle
SS, del Partito, della Polizia, della Wehrmacht,
Wehrmacht, o comunque di
razza pura e di certa fede nazista.
I bambini che nei Lebensborn nascevano malformati fisicamente
o con deficienze mentali o con alcune malattie (sordità, sindrome
sindrome
di down, labbro leporino, gozzo…)
gozzo…) venivano eliminati, spesso
dopo essere usati per esperimenti medici; anche i genitori
adottivi di bambini che crescendo presentavano tare fisiche o
caratteriali, non avendo ricevuto “merce di prima qualità”,
potevano rimandarli indietro al centro Lebensborn,
Lebensborn, e sostituirli
con altri.
Il Lebensborn si diffonde in Europa
I risultati del Lebensborn furono però deludenti (si valuta che nei
Lebensborn aperti in Germania non partorirono più di 2000
donne), nonostante il costante impegno di Himmler,
Himmler, anche
durante la guerra: il 15 agosto 1942, con l’“Ordine agli ultimi
figli”, ritira dal fronte tutti gli ultimogeniti, dando loro il compito di
generare bambini di sangue ariano, in modo che le loro famiglie
non si estinguano.
La vastità dei territori occupati imponeva di poter contare su una
una
nuova e ampia generazione di tedeschi, ma le relazioni tra
soldati tedeschi e donne dei paesi occupati in generale erano
viste di buon occhio solo se la madre poteva essere considerata
di “razza di valore” (sì se norvegese, danese, svedese,
olandese; no se slava): così dalle sentenze della corte marziale
sappiamo che il giudizio nei confronti di stupro compiuto da
soldati tedeschi era inversamente proporzionale al valore
razziale della donne: le pene erano lievi nei territori dell’Europa
dell’Europa
orientale, severe nei paesi del Nord, dove il Lebensborn allarga
le sue attività con sezioni in Norvegia, dove ebbe un insperato
successo, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia.
18
I principali centri in Europa
Austria:
Austria: “Wienerwald”
Wienerwald” (operante già
già dal ’38) presso Vienna;
“Alpenland”
Alpenland” a Gmuden (dal settembre 1943)
Norvegia:
Norvegia: 9 centri, tra cui a Oslo (aperto già
già nella primavera del
1941), Tronheim, Klekken, Stalheim
Olanda:
Olanda: “Gelderland”
Gelderland”, presso Nimega (strettamente riservato alle
ragazze madri incinte da un SS)
Belgio:
Belgio: “Ardenne”
Ardenne” a Wé
Wégimont presso Liegi (inaugurato a inizio ’43
da Viermetz)
Lussemburgo:
Lussemburgo: “Moselland”
Moselland” a Bofferding (aperto nell’
nell’estate
1943accolse soprattutto bambini polacchi rapiti)
Francia:
Francia: Lamorlaye presso Chantilly (a nord di Parigi, detto anche
“Westland”
Westland” o “Westweld”
Westweld”); inaugurato il 6 febbraio 1944, in realtà
realtà in
funzione dal 1943 (centro esclusivo: i padri appartengono alla SS
SS e alla
Sipo;
Sipo; le ragazze provengono da Norvegia, Olanda, Belgio, Francia)
Durante la guerra comunque centinaia di bambini
norvegesi, belgi, danesi, olandesi finirono in Germania
(ad esempio nei centri di KohrenKohren-Salis,
Salis, presso Lipsia, di
Hohehorst,
Hohehorst, presso Brema, a Kalish nel Warthegau).
Warthegau). Con
la progressiva avanzata degli alleati poi i centri
Lebensborn vennero progressivamente evacuati e i
bambini furono trasferiti in massa in Germania (l’
(l’ultimo
ad essere abbandonato fu il centrocentro-madre di Steinhö
Steinhöring
in Baviera), spesso senza le madri. I responsabili infine
prima dell’
dell’arrivo degli alleati distrussero la stragrande
maggioranza dei registri di Stato civile, che pure erano
stati minuziosamente compilati: sparirono dunque le
carte che legavano i bambini alle loro famiglie di origine
e ai loro genitori biologici.
Così molti finirono in orfanotrofi o cliniche per disadattati;
alcuni furono adottati; pochissimi riuscirono a ricostruire
le proprie vere origini.
19
Il Lebensborn nell’Est Europa: il
rapimento dei bambini
“Io ho veramente l’l’intenzione di cercare
questo sangue germanico in tutto il mondo, di
sottrarlo, di rubarlo dove potrò.
Himmler,
Himmler, discorso dell’
dell’ 8 novembre 1938 agli
SSSS-Führern della divisione Deutschland
“Io penso che sia giusto e opportuno
impadronirsi di bambini piccoli di famiglie
polacche razzialmente desiderabili allo scopo
di educarli in particolari nidi d’
d’infanzia e case
per bambini”
bambini”.
Circolare di Himmler del 14 giugno 1941
“Da quei popoli [russi, polacchi, cechi], noi
prenderemo tutto ciò che è di sangue buono,
rapiremo perfino i loro bambini, per allevarli in
casa nostra”
nostra”.
Himmler,
Himmler, discorso del 4 ottobre 1943, a Poznan,
Poznan,
ai responsabili dei servizi impegnati nel
rapimento dei bambini
Misurazione antropometrica
di un bambino polacco.
In Europa, soprattutto nell’
nell’Est, il Lebensborn non ebbe
solo una funzione ideologicamente condannabile, ma si
macchiò di veri e propri crimini, come il rapimento di
bambini: soprattutto in Polonia, ma anche in
Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia, Romania.
La sola Polonia, nel dopoguerra, ha parlato di 250.000
bambini polacchi rapiti (il 15% della popolazione
infantile): di essi solo il 1515-20% avrebbe fatto ritorno alle
famiglie d’origine; gli studiosi oggi più prudentemente
parlano di alcune migliaia di piccoli rapiti.
I bambini venivano presi dagli orfanotrofi, da famiglie che
li avevano in affido, dalle famiglie naturali, deportate o
uccise, ma ci furono vere e proprie razzie anche di
bambini con genitori viventi, fatti poi passare per
“trovatelli” privi di documenti. Si organizzarono infatti dei
veri e propri Kommandos di selezionatori e rapitori,
costituiti da “esperti”
esperti” razziali, dai fisionomisti della Sipo
(Sicherheitspolizei,
Sicherheitspolizei, Polizia di Sicurezza) e dalle
famigerate braune Schwester (sorelle brune, dal colore
marrone dell’uniforme, versione femminile della divisa
delle SS).
20
Il rapimento di un bambino ed il vano
tentativo della madre di resistere ai militari
tedeschi.
Documento attestante il trasferimento di
un bambino polacco, rapito nell'ambito del
progetto Lebensborn, in un ospedale
psichiatrico presso Berlino, dove verrà
successivamente eliminato
in quanto giudicato "razzialmente inutile".
I piccoli “razzialmente
“razzialmente validi” rapiti nell’Est, in base ad una
superficiale valutazione ad occhio dei “fisionomisti” del regime,
regime,
vengono rinchiusi in centri di raccolta ed esaminati attentamente;
attentamente;
i Lebensborn si occupano solo dei “bambini di eccezionale valore
razziale; l’NSV, con la sua enorme rete di Kindergarten (asili), di
quelli comunque razzialmente idonei, mentre quelli considerati
“inferiori” vengono semplicemente lasciati morire. Vengono
inoltre selezionati in base all’età:
se di età compresa tra i due e i sei anni se ne fa carico
direttamente il Lebensborn per l’adozione (di ciò si occupa Inge
Viermetz).
Viermetz).
se tra i sei e i dodici anni, sono per lo più sistemati presso scuole
scuole
di Stato per la rapida “germanizzazione
“germanizzazione”” (Eindeutschung
(Eindeutschung)) in vista
di una futura eventuale adozione.
Soprattutto su questi ultimi bambini è subito intrapresa una forte
forte
azione psicologica: si spiega che i genitori sono morti
indegnamente (di alcolismo o uccisi da banditi), per inculcare
loro un complesso di inferiorità e di riconoscenza verso i tedeschi
tedeschi
che li hanno accolti delle loro scuole; devono dimenticare il loro
loro
nome e la lingua materna, imparare il tedesco e l’ideologia
nazista.
21
Il caso Norvegia
“Sarebbe altamente
auspicabile, per il nostro
allevamento di bambini,
trapiantare in Germania
donne norvegesi
razzialmente e
politicamente valide”.
(Lettera di Ebner a Himmler
del settembre 1940)
“Le SS per una grande
Germania, con la spada e
con la culla”.
(Wilhelm Rediess,
Rediess, capo
della Polizia e delle SS
dell’Alto Commissariato del
Reich per la Norvegia)
Norvegia, Svezia e Danimarca erano il paradiso
razziale per le SS: il “tasso di nordicità”,
nordicità”, la “purezza
razziale” erano perfino superiori rispetto a molte
zone della Germania. Si crearono quindi tutte le
condizioni favorevoli per far nascere piccoli
germanici, secondo un disegno preciso: si
cercarono di instaurare rapporti cordiali con la
popolazione del paese, e già nell’aprile 1940, fra le
truppe di occupazione, si lanciò un’enorme
campagna per la procreazione; si aprirono
numerose (9) cliniche di maternità per i bambini di
padre tedesco e in cinque anni circa nacquero
almeno 8000 bambini (di cui 6 mila nei centri
Lebensborn)
Lebensborn) da donne norvegesi e soldati tedeschi,
per lo più abbandonati dalla madri e dati in adozione
a famiglie tedesche.
22
Dopo la guerra inizialmente la Norvegia rifiutò
questi figli della guerra, e tentò di non accogliere
quelli finiti in Germania, considerandoli “figli dei
tedeschi”, progettando addirittura di deportarli (in
Australia, in Svezia: la più famosa dei
Lebensborn Kinder è AnniAnni-Frid Lyngstad,
Lyngstad, una
dei cantanti degli Abba che appunto si rifugiò in
Svezia con la madre e la nonna). Si valutò
anche di sottoporre madri e figli a test
psichiatrici, e comunque si ritennero questi
bambini come “deboli di mente”, pericolosi,
devianti.
Caduti questi vergognosi progetti, i deutsche
kinder rimasti in Norvegia vennero comunque
discriminati in modo feroce.
Destinati da Hitler al dominio del mondo, divennero
invece, con la sconfitta della Germania, un capro
espiatorio a cui far pagare i crimini e le angherie dei
tedeschi. Il popolo norvegese vide nei bimbi Lebensborn
soltanto caratteristiche ereditarie e li indicò come i figli
delle SS, quindi potenzialmente pericolosi e disumani.
Molti oggi raccontano storie di trattamenti crudeli subiti
senza capire le motivazioni di tanto odio. La Norvegia
comunque insabbiò il problema per tanti anni,
costringendo i figli della guerra a sopportare una serie di
ingiustizie e di maltrattamenti. Alcuni di essi furono
rinchiusi in orfanotrofi e in istituti psichiatrici, altri, pur
essendo stati affidati alle madri o a parenti, furono
ugualmente discriminati in vario modo. A scuola o sul
posto di lavoro, subirono violenze fisiche e psicologiche,
tanto che di recente un gruppo di essi ha citato in
giudizio il governo norvegese per la politica
discriminatoria da esso attuata nel dopoguerra.
23
Il Processo di Norimberga
A Norimberga non si tenne un processo distinto per il Lebensborn,
Lebensborn,
ma il 10 ottobre 1947 si aprì il processo (che durò fino al marzo
marzo
1948) contro il RSuHA (Ufficio centrale della razza e del
popolamento): la stampa vi diede scarso rilievo e il Lebensborn non
fu condannato in quanto istituzione; solo la dirigenza finì sul banco
degli imputati e fu condannata a pene detentive minime, ma
esclusivamente per appartenenza a un’organizzazione criminale, le
le
SS, non per le attività svolte nel Lebensborn:
Lebensborn:
Ulrich Greifelt:
Greifelt: ergastolo (morì nel carcere di Landsberg il 6 febbraio
1949)
Max Sollmann:
Sollmann: 2 anni
Gregor Ebner:
Ebner: 2 anni
Günther Tesch : 2 anni
Inge Viermetz:
Viermetz: assolta
Anche il cosiddetto Processo di Monaco del 1950 (del tribunale di
di
denazificazione)
denazificazione) si concluse con 6 assoluzioni su 8 imputati e con
due condanne assai miti.
Dopo la guerra: il destino delle
donne e dei figli dei tedeschi
Le guerre hanno effetti contradditori sui rapporti tra i sessi:
da una parte si possono ribaltare pregiudizi tradizionali: le donne
donne
occupano posti di lavoro lasciati vacanti dagli uomini impegnati al
fronte;
dall’altra si inaspriscono le differenze e ci si irrigidisce nei confronti della
morale sessuale femminile: dalle donne ci si aspetta che si prendano
prendano
cura del focolare e che rimangano fedeli ai mariti e ai fidanzati
fidanzati assenti.
Il corpo femminile diventa dunque un altro fronte di guerra, la sessualità
femminile assume un significato prioritario: non è solo una questione
questione di
decenza e virtù, ma anche di onore nazionale e di sopravvivenza: la
possibilità essere madri è considerata una risorsa nazionale e dunque
dunque
le relazioni tra donne del luogo e soldati nemici costituiscono una
minaccia e la donna che intrattiene tali relazioni è ritenuta colpevole
colpevole
non solo verso il codice tradizionale di comportamento sessuale, ma
anche nei confronti della nazione.
I “figli della guerra” quindi furono stigmatizzati due volte: non
non solo in
quanto “bastardi”, ma anche e soprattutto perché “bastardi tedeschi”;
tedeschi”; la
dubbia reputazione delle madri di proiettò sui figli (e sulle figlie,
figlie,
considerate fin dall’infanzia “disponibili”, tanto cha a volte finirono
finirono per
essere vittime di abusi sessuali).
24
I “figli della guerra”: la congiura del
silenzio
Se le cifre dei bambini nati nelle cliniche Lebensborn si aggirano
intorno ai 10 mila, molti di più furono i “figli della guerra”, ossia i figli
illegittimi di padre tedesco e madre dei territori occupati, tanto
tanto che
ad esempio per la Francia si ipotizzano oltre 100.000 bambini figli
figli di
tedeschi, in Danimarca oltre 5.500, in Norvegia oltre 10.000, in
Olanda almeno 8.000.
Finita la guerra, tramontata l’ideologia del Lebenborn,
Lebenborn, rimase solo
l’onta, a cui seguirono la negazione e la rimozione; in tutta Europa
Europa i
bambini nati da relazioni con soldati tedeschi furono dunque
circondati da silenzio, imbarazzo, vergogna, senso di colpa e
condanna sociale; considerati “gli orfani del disonore”, spesso
subirono abusi, rifiuti, abbandono; molti di loro ignorarono per
sempre la propria origine: furono per sempre privi di identità.
Tutti d’altronde avevano interesse a conservare il silenzio: le
autorità per difendere la stabilità della famiglia, escludere ogni
ogni forma
di rapporto regolare con i nemici di un tempo, proteggere i bambini
bambini
da vessazioni, nascondere una vergogna nazionale; ma anche le
madri stesse avevano ogni vantaggio a tenere nascosta la vera
“disonorevole” origine dei propri figli.
Bambini Lebensborn in un ospedale psichiatrico nel
dopoguerra
25
Sessant’anni dopo migliaia di figli della guerra sono ancora
alla ricerca della propria identità
Hans-Ullrich Wesch
Violetta Wallenborn
Incontro a Wernigerode di otto nati nei
Lebensborn, novembre 2006
Gisela Heidenreich
Werner Thiermann
Solo nel 1985 il ministero della Giustizia tedesco ha
affermato i diritti dei bambini che vogliono conoscere i
genitori biologici e ha aperto l’accesso ai documenti
rimasti.
Solo negli ultimi anni i bambini Lebensborn hanno
trovato la forza di parlare e di rivelare le loro origini e
hanno fondato associazioni.
Nell’ottobre 2001, oltre 150 “figli della guerra” norvegesi
hanno intentato una causa contro lo Stato norvegese per
discriminazione, trattamento inumano e degradante e
tortura; benché la loro istanza sia stata respinta, hanno
comunque ottenuto che lo Stato finanzi un progetto di
ricerca per fare luce, dopo decenni di silenzio, sui traumi
vissuti dai “bambini tedeschi”; hanno comunque fatto
ricorso contro il governo norvegese alla Corte europea
per i diritti dell’uomo appunto per violazione dei diritti
umani.
26
Una testimonianza
Gerd FLEISCHER
Nata in un Lebensborn,
Lebensborn, da madre norvegese e padre
tedesco, un militare delle SS, Gerd ha avuto una infanzia
relativamente tranquilla rispetto ai suoi coetanei “war
children”;
children”; finita l’occupazione Nazista è rimasta con la
madre, nel suo villaggio.
Poi nacquero i problemi. In seguito alla liberazione della
Norvegia e la partenza delle truppe occupanti
cominciarono le rappresaglie contro i tedeschi, a
cominciare dai “war children”.
children”. A scuola Gerd era
chiamata “donnaccia tedesca”; non conosceva il
significato di quella parola ed era continuamente presa in
giro e picchiata. Sua madre si risposò con un patriota
norvegese che la odiava; così violenza e bullismo
diventarono anche parte della sua vita famigliare.
A 13 anni, scappò di casa. Come abbia potuto
sopravvivere ancora non si sa. Lei ricorda di essere
stata spesso senzatetto, sola e affamata. Le
associazioni di solidarietà, pur conoscendo la sua
situazione, non fecero nulla per aiutarla.
All’età di 17 anni lasciò la Norvegia e non vi tornò per 18
anni. Durante la sua assenza ha fatto molte cose ed
esorcizzato molti demoni. Ha rintracciato il suo padre
tedesco, che inizialmente ha negato di riconoscere sia
lei che la madre. La moglie tedesca di quest’uomo
quest’uomo era
l’esatta immagine di sua madre; soltanto portando suo
padre in tribunale riuscì a farsi riconoscere.
Ritornò in Norvegia, riportando con sé due bambini della
strada raccolti in Messico, determinata a trovare giustizia
per i “war children”.
children”.
Ora è membro di una organizzazione dei figli dei
Lebensborn che accusa il governo norvegese del dopodopoguerra di ostinato rifiuto, permettendo – e attuando
spesso – un livello di abusi che ha scioccato la nazione.
27
Bibliografia
Marc Hilell - Clarissa Henry,
Henry, In nome della razza,
razza, Milano,
Sperling and Kupfer, 1976
G. Lilienthal,
Lilienthal, Der “Lebenborn e. V.”. Ein Instrument
nationalsozialisticher Rassenpolitik,
Rassenpolitik, Stuttgard, Fischer,
1985
Lidia Rolfi - Bruno Maida, Il futuro spezzato. I nazisti
contro i bambini,
bambini, Firenze, Giuntina,
Giuntina, 1997
Gisela Heidenreich,
,
In
nome
della razza ariana. Il viaggio
Heidenreich
di una donna alla ricerca della propria identità,
identità, Milano,
baldini Castoldi dalai,
dalai, 2004 (ed. originale Das endlose Jahr,
Jahr,
L'anno infinito,
infinito, ed. Scherz Verlag)
Verlag)
K. Ericson - E Simonsen (a cura di), I “figli” di Hitler.
Hitler. La
selezione della “razza ariana”, i figli degli invasori tedeschi
nei territori occupati, Milano, Boroli Editore, 2007
Documentari
Lebensborn, Enfants de la honte, reportage di Chantal
Lasbats (1994), mandato in onda dalla trasmissione di
Rai Tre La grande storia in prima serata, nell’ambito
della puntata In nome della razza (1998) di D. Ghezzi e
L. Bizzarri
Gli infami di Oslo, reportage di Frediano Finucci,
mandato in onda dalla trasmissione di La7 Effetto Reale
il 21 marzo 2005
28
Filmografia
Divisione Lebensborn (RFT, 1961) di Werner
Klingler
La stirpe del sangue (USA,1985) di Joseph
Sargent
Lebensborn (Usa, 1997)
1997) di David Stephens
Lebensborn – Spring Of life (Cecoslovacchia,
2000) Milan Cieslar
IL RAZZISMO SCIENTIFICO
L’ideologia razzista del nazismo e del fascismo
sono il prodotto di un cambiamento culturale
avvenuto a partire già dalla seconda metà
dell’Ottocento con la nascita del razzismo
scientifico.
Con il darwinismo e con lo sviluppo di discipline
pseudopseudo-scientifiche quali l’antropologia
criminale, la craniometria, la misurazione
dell’intelligenza, nasce il “razzismo scientifico”.
Il movimento eugenetico fa il suo ingresso nella
cultura europea (seconda metà del XIX secolo).
29
Contro i “diversi”: il progetto
eutanasia o progetto T4
DUE “TIPI” DI DIVERSI:
1. I diversi pericolosi per la salute della razza:
appartenenti alle “razze inferiori” (ebrei, zingari,
slavi, meticci, neri, tedeschi con “tare” fisiche e
psichiche)
2. I diversi pericolosi per lo stato nazista:
oppositori politici (politici
(politici,, sindacalisti, religiosi)
IL MOVIMENTO EUGENETICO
Il termine eugenetica deriva dal greco Eu (“buono”) e Genos (“razza,
specie”).
Viene proposto per la prima volta da Francis Galton (1822(1822-1911),
psicologo inglese, che la definisce come lo studio dei fattori sotto
controllo sociale che possono migliorare o peggiorare la qualità
razziale delle generazioni future sia dal lato fisico che dal lato
lato
mentale.
Galton accoglie i principi del darwinismo
L’eugenetica diventa una nuova dottrina scientifica e sociale poiché
poiché
l’attenzione delle scienze mediche si è spostata dal singolo individuo
individuo
ai grandi gruppi sociali, dalla cura degli effetti della malattia
malattia alla
causa scatenante, dalla terapia alla prevenzione. Il medico non ha
più solo il compito di guarire il malato, ma anche quello di
salvaguardare la salute della società e di garantirne possibilmente
possibilmente il
suo miglioramento “razziale”.
L’eugenetica è la scienza “delle buone nascite”: all’eugenista, spetta
il duro compito di individuare e diagnosticare i fattori ed i caratteri
caratteri
degenerativi, promuovendo la riproduzione di caratteri e fattori
ereditari non degenerati, per conservare e migliorare il patrimonio
patrimonio
biologico della specie umana.
30
IL SUCCESSO DELL’EUGENETICA
E’ negli Stati Uniti, in Inghilterra e, in seguito, in
Germania che il movimento eugenetico gode di
particolare fortuna e popolarità a partire dagli ultimi anni
del XIX secolo.
Negli Stati Uniti, come in altri paesi, l’eugenetica lavorerà
nella direzione della “razzizzazione
“razzizzazione”” delle classi povere
ed emarginate, affermando che la marginalità sociale
corrisponde alla inferiorità razziale.
In particolare l’eugenetica si attiverà su due precisi
campi d’azione:
la sterilizzazione degli individui “deboli di mente” o
minorati da caratteristiche ritenute geneticamente
ereditabili;
l’emanazione di norme legislative atte a limitare e
regolamentare i flussi migratori, per mantenere
razzialmente “puro” il ceppo autoctono basando tale
restrizione sulla somministrazione dei test di intelligenza.
Il progetto eutanasia: l’eliminazione
delle vite indegne d’essere vissute
1920: viene pubblicato un libro dal titolo
L'autorizzazione all'eliminazione delle vite
non più degne di essere vissute; gli autori
Alfred Hoche (1865-1943), psichiatra e
specialista in neuropatologia
dell’Università di Friburgo, e Karl Binding
(1841-1920), giurista, sviluppano il
concetto di "eutanasia sociale": il malato
incurabile è da considerarsi non soltanto
portatore di sofferenze personali fisiche
ma anche di “sofferenze” sociali ed
economiche.
31
La legislazione nazista
14 luglio 1933: legge per prevenzione delle malattie ereditarie
e per la tutela e l’igiene della razza (premessa al programma
eutanasia).
25 luglio 1933: “Legge sulla prevenzione della nascita di
persone affette da malattie ereditarie”: di fatto autorizza la
sterilizzazione obbligatoria di individui ritenuti portatori di
malattie o “tare” ereditarie (oltre 400.000 sterilizzazioni).
18 aprile 1935: “Legge sulla salute nel matrimonio”, che vieta
espressamente l’unione matrimoniale con una persona che
soffre di disturbo mentale in modo che il matrimonio sembri
indesiderabile per la comunità.
comunità.
26 giugno 1935: emendamento che istituisce l’aborto
eugenetico fino al sesto mese di gravidanza per le donne con
malattie ereditarie.
8 ottobre 1935: “Legge per la salvaguardia della salute
ereditaria del popolo tedesco”: con essa si autorizza l’aborto
nel caso in cui uno dei genitori sia affetto da malattie
ereditarie
Censimento dei portatori di handicap, dei malati
ricoverati negli istituti psichiatrici, in strutture
sanitarie private, presso le famiglie
Propaganda destinata a convincere il popolo
tedesco della giustezza della sterilizzazione e
dell’eutanasia: film, grandi mostre, articoli di
giornale, vengono diffusi capillarmente ed i malati
vengono costantemente rappresentati come figure
grottesche, mostruose, in contrapposizione con
l’armonioso corpo di un ariano in perfetta salute.
18 agosto 1939: il Ministero dell’Interno tedesco
emana un decreto per l’obbligo di dichiarazione di
neonati deformi:
deformi: l’obbligo, cioè, del censimento dei
bambini, fino a tre anni, affetti da disturbi fisici e
mentali.
1° settembre 1939: Hitler,
Hitler, con un suo scritto, ordina,
di fatto, l’inizio del Programma eutanasia
32
Il Reichsleiter Bouhler e il dottor
Brandt sono incaricati, sotto la
propria responsabilità, di estendere
le competenze di alcuni medici da
Loro nominati, autorizzandoli a
concedere la morte per grazia ai
malati considerati incurabili
secondo l’umano giudizio, previa
valutazione critica del loro stato di
malattia.
malattia.
F.to Adolf Hitler
IL PROGETTO EUTANASIA
O PROGETTO T4
Inizia lo sterminio di uomini,
donne e bambini negli 8
centri per l’eutanasia, tra
cui: Hadamar,
Hadamar, Bernburg,
Bernburg,
Sonnenstein, Hartheim,
Brandenburg.
Brandenburg. In tutto
saranno 7070-100.000 i
tedeschi uccisi
nell’ambito del progetto T4
Nelle foto i centri eutanasia di
Hadamar ed Harteim.
33
IL PROGETTO EUTANASIA
O PROGETTO T4
Dai cadaveri delle vittime sono stati prelevati i cervelli,
soprattutto dei bambini e degli adolescenti, che, selezionati,
sono stati inviati al rinomato “Kaiser Wilhelm Institut”,
Institut”, una delle
istituzioni mediche internazionali più famose in Europa e in
America. Il direttore, Julius Hallervorden,
Hallervorden, ha collezionato, per i
suoi studi, oltre 600 cervelli, utilizzati, a vario titolo ma sempre
sempre
per ricerche “scientifiche”, fino al 1990.
Nell’immediato dopoguerra, durante uno dei processi ai
responsabili dei crimini nazisti, il dottor Hallervorden ha
affermato: “Venni
“Venni a sapere ciò che essi stavano facendo e così
dissi loro che se stavano uccidendo tutta quella gente almeno
ne prelevassero i cervelli, in modo da poterli studiare ed
esaminare. Mi chiesero quanti ne potevo esaminare e risposi:
un numero illimitato… Più ce n’è meglio è… C’era materiale
meraviglioso in quei cervelli, bellissimi difetti mentali,
malformazioni e malattie infantili. Naturalmente accettai questi
cervelli. Da dove venissero e come arrivassero a me non era
affar mio”.
34