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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale
LEZIONE N.5
NOZIONI DI DIRITTO PENALE CON
PARTICOLARE RIFERIMENTO AI REATI
CONTRO LA PA; LIMITATAMENTE AL TITOLO II
CAP. I “ DEI DELITTI DEI PUBBLICI UFFICILI
CON TRO LA P.A.
REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO DEL
PERSONALE ALLE DIPENDENZE DELLE P.a. E
DIRITTI E DOVERI DEI PUBBLICI DIPENDENTI
DISPENSA
di Vittorio De Chiara
Giugno 2008
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
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INDICE
CAPITOLO 1 - GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO ......................................................... 3
1.1 Fatto Tipico.................................................................................................................................. 3
1.2 Antigiuridicita’ .............................................................................................................................. 7
1.3 Colpevolezza............................................................................................................................... 8
CAPITOLO 2 - LE CONSEGUENZE DEL REATO. ......................................................................... 8
2.1 La pena ........................................................................................................................................ 8
2.2 Le funzioni della pena:............................................................................................................... 8
2.3 I Principi. ...................................................................................................................................... 9
2.4 Tipi di pene .................................................................................................................................. 9
2.5 Criteri per la determinazione della pena: .............................................................................. 10
2.6 Le misure di sicurezza Artt. 199 e succ. c.p......................................................................... 10
I Delitti Contro La Pubblica Amministrazione (Libro II – Titolo II – Capo 1° Codice Penale) ....... 11
CAPITOLO 3 - NOZIONI GENERALI............................................................................................... 11
CAPITOLO 4. I CONCETTI DI PUBBLICO UFFICIALE E INCARICATO DI UN PUBBLICO
SERVIZIO ............................................................................................................................................. 13
4.1Le Qualificazioni Soggettive..................................................................................................... 13
CAPITOLO 5 - GLI OBBLIGHI E LE SANZIONI ............................................................................ 16
CAPITOLO 6 - LE SINGOLE FATTISPECIE DELITTUOSE...................................................... 17
6.1Peculato ...................................................................................................................................... 17
6.2 Peculato mediante profitto dell’errore altrui - art 316 c.p. .................................................. 20
6.3 Malversazione a danno dello stato - art 316 bis c.p. .......................................................... 20
6.4 Concussione-art 317 c.p. ........................................................................................................ 21
CAPITOLO 7 - I DELITTI DI CORRUZIONE .................................................................................. 23
7.1 Nozioni generali ........................................................................................................................ 23
7.2 Corruzione propria – art. 319 c.p. e artt. 320 e 321 c.p...................................................... 24
7.3 L’ipotesi di cui all’ art. 319 bis c.p. ......................................................................................... 26
4.4 Corruzione impropria antecedente e susseguente art. 318 1°e 2°comma c.p. .............. 26
7.5 Corruzione in atti giudiziari – art.319 ter c.p......................................................................... 27
7.6 L’ipotesi attenuata dell’incaricato di pubblico servizio – art. 320 c.p. ............................... 29
7.7 Le sanzioni per il corruttore – Art. 321 c.p............................................................................ 29
7.8 Istigazione alla corruzione – art 322 c.p. .............................................................................. 29
7.9 Abuso d’ufficio – art 323 c.p.................................................................................................... 30
7.10 Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio - art.326 c.p. .......................................... 33
7.11 Rifiuto di atti di ufficio. omissione – art 328 c.p. ................................................................ 34
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CAPITOLO 1 - GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO
Gli elementi costitutivi del reato sono:
-
Fatto tipico
-
Antigiuridicità
-
Colpevolezza
1.1 Fatto Tipico
Il fatto cui si riferisce il reato viene detto tipico quando contiene l’insieme di tutti gli
elementi oggettivi e soggettivi che servono per la corrispondenza dello stesso alla così
detta Fattispecie di reato descritta nella norma incriminatrice.
Esso si articola in:
-
Fattispecie oggettiva quale insieme di tutti gli elementi materiali : soggetto attivo;
soggetto passivo (e/o danneggiato dal reato); oggetto o bene giuridico; oggetto
materiale; condotta; rapporto di causalità materiale; evento.
-
Fattispecie soggettiva
quale insieme degli elementi riferiti al nesso psichico:
coscienza e volontà, dolo, colpa.
1.1.1 Elementi della fattispecie oggettiva:
Soggetto attivo.
L’art. 27 della Costituzione sancisce il principio di personalità della responsabilità penale
secondo cui la natura strettamente personale del reato implica che nessuno possa essere
considerato responsabile per un fatto compiuto da altre persone. Da tale principio
consegue che tutte le persone fisiche possono essere considerate soggetti attivi del reato
(l’età, le situazioni di anormalità psico-fisica e le immunità non escludono la sussistenza
del reato ma incidono solo ed esclusivamente sull’applicabilità o meno della sanzione
penale) e quindi assoggettabili alla sanzione penale mentre restano escluse da
responsabilità penale le persone giuridiche. (Enti, società, organizzazioni, ecc.).
Diverse sono state le opinioni della dottrina su come potesse conciliarsi il principio di
personalità della responsabilità penale o quello di colpevolezza con la natura e la struttura
della persona giuridica.
L’orientamento prevalente preferisce parlare in questi casi di responsabilità amministrativa
dell’ente collettivo, la quale comunque assume rilevanza in veste penale dato che anche
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tale responsabilità si lega ad un fatto di reato ed il suo accertamento avviene proprio
nell’ambito del processo penale.
(Responsabilità amministrativa per il fatto del dipendente D.LGS. 231/01)
Soggetto passivo.
E’ la persona fisica o giuridica titolare del bene leso. Persona offesa. Danneggiato.
Oggetto o bene giuridico.
E’ l’oggetto della tutela della norma in relazione anche alle scelte operate dal legislatore
sulla base dei Principi di legalità e riserva di legge; frammentarietà e sussidiarietà del
diritto penale; tassatività della norma. Certezza del diritto.
La condotta e l’evento.
La condotta è il comportamento posto in essere dal soggetto attivo del reato.
Per quanto concerne l’evento invece, sussistono due concezioni prevalenti:
Secondo la concezione naturalistica l'evento consiste nella modificazione della realtà
esteriore. Tale concezione ritiene che possano esistere dei reati senza evento come ad
es. nell'ipotesi dei reati di mera condotta in cui si ha la consumazione del reato con la
semplice realizzazione della condotta tipica (es. omissione di referto). Secondo la
concezione giuridica, invece, l'evento si riferisce all'offesa del bene o al valore tutelato
dalla norma penale, offesa che può manifestarsi nelle due forme della lesione o della
messa in pericolo. Tale teoria sostiene, al contrario della precedente, che non possono
esistere dei reati senza evento perché lo stesso reato si sostanzia nell'aggressione di un
bene giuridico. A seconda del comportamento del soggetto agente, si possono distinguere
i reati commissivi ( quando l’evento si verifica per un comportamento attivo e volontario del
soggetto agente che provoca una lesione a un bene tutelato giuridicamente) e i reati
omissivi (quando il danno si concretizza a seguito di una condotta omissiva del soggetto
agente). Per quest’ultima ipotesi, va detto che l’Ordinamento, tra le sue regole generali,
impone a chi si trova in determinate situazioni, di agire in un determinato modo. Ai sensi di
quanto dispone il secondo comma dell’art. 40 c.p. “non impedire un evento, che si aveva
l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Rapporto di causalità.
Il rapporto di causalità esprime, il nesso che lega la condotta all’evento e la sua esistenza
incide, dunque, in modo decisivo sulla realizzazione del fatto tipico, il quale consisterà
proprio nell’abbinamento tra condotta umana e situazione di danno o di pericolo
causalmente concatenati fra loro”
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1.1.2 Elementi della fattispecie soggettiva:
Coscienza e volontà (42 c.p.)
Costituiscono il requisito minimo di attribuibilità psichica del fatto al soggetto.
Dolo (43 c.p. comma 1)
Il dolo è l’elemento costitutivo del fatto illecito ed è la forma più grave in cui quest’ultimo
può realizzarsi.
Il reato è doloso quando il soggetto agente ha piena coscienza e volontà delle proprie
azioni.
Il dolo può essere: diretto o intenzionale, quando il soggetto agente assume un
comportamento voluto; indiretto quando da parte del soggetto agente vi è la
consapevolezza che il proprio comportamento potrebbe sfociare in un fatto illecito;
generico quando l’agente vuole realizzare la condotta tipica incriminata dalla norma, es.
omicidio; specifico quando alla previsione e alla volontà si aggiunge il perseguimento di un
fine ulteriore, es. arricchimento in caso di furto; di danno quando il soggetto agente
provoca un danno a un bene tutelato giuridicamente; di pericolo quando il soggetto ha
l’intenzione di danneggiare o minacciare il bene protetto dalla norma; iniziale quando il
dolo sussiste solo nel momento iniziale della condotta criminosa, concomitante quando
persiste anche durante lo svolgimento della condotta criminosa; successivo quando il dolo
si manifesta solo dopo il compimento di una certa condotta non dolosa.
A seconda dell’intensità, del dolo si può distinguere la premeditazione o reato di proposito,
che si verifica quando il colpevole cura nei minimi particolari i dettagli dell’esecuzione del
reato e, il reato da impeto che si verifica quando la decisione di commettere un reato è del
tutto improvvisa;
Colpa ( 43 c.p. comma 3):
La colpa si realizza quando il soggetto attivo commette un reato non perché aveva la
volontà di provocalo ma perché non ha utilizzato la dovuta e richiesta diligenza.
La colpa può essere: generica quando deriva da imprudenza, negligenza o imperizia;
specifica quando deriva dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline ovvero
di norme che impongono determinate cautele; propria quando l’evento non è voluto
dall’agente; impropria quando l’evento è voluto dall’agente ma non tanto da farlo rientrare
nell’ipotesi del dolo; incosciente quando manca la volontà di cagionare un evento e la
previsione dello stesso; cosciente quando manca la volontà ma non anche la previsione;
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professionale quando riguarda attività professionali di per sé pericolose ma che
l’Ordinamento consente e autorizza nel loro svolgimento in quanto produttive di risultati
ritenuti socialmente utili.
Cause di esclusione della tipicità:
Sono cause in presenza delle quali viene meno la colpevolezza (elemento soggettivo) del
reato.
Le cd. scusanti possono essere distinte in quelle che:
-
determinano l’esclusione del nesso psichico: incoscienza indipendente da volontà: il
soggetto pone in essere una condotta criminosa trovandosi in uno stato di
incoscienza; caso fortuito o forza maggiore (art. 45 c.p.): “non è punibile chi ha
commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore”. Il primo caso (caso fortuito)
non è sempre relativo alla mancanza di colpevolezza e si verifica quando il fatto
(evento lesivo) deriva dall’incrocio tra un accadimento naturale e la condotta umana.
Il secondo (forza maggiore) invece si verifica quando la volontà del soggetto viene
annullata giacché lo stesso è costretto da una forza esterna che, per il suo potere
superiore,
inevitabilmente,
lo
obbliga
a
compiere
l’azione
incriminata
dall’Ordinamento; costringimento fisico (art. 46 c.p.): ”non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto, mediante violenza fisica, alla quale non
poteva resistere o comunque sottrarsi. In tal caso, del fatto commesso dalla persona
costretta risponde l’autore della violenza”. E’ la tipica ipotesi di forza maggiore in cui
la forza esterna è determinata dalla violenza fisica di un altro soggetto. Il reato quindi
non viene commesso da chi agisce materialmente ma da chi ha posto in essere la
costrizione.
-
Quelle che determinano la mancanza di dolo e colpa: caso fortuito (art. 45 c.p.): si
verifica quando un evento dannoso si realizza a causa di un comportamento
dell’agente posto in essere senza la sua volontà né da lui causato per imprudenza
e/o diligenza (es. ferito da una terza persona che muore dopo il ricovero a causa di
un incendio fortuitamente scoppiato in ospedale). Il caso fortuito non esclude
l’esistenza dell’azione ma impedisce che l’agente possa essere chiamato a
rispondere dell’evento cagionato con il concorso di fattori che esulano dall’ordine
normale delle cose; errore sul fatto costituente reato (art. 47 c.p.) l’’errore sul fatto si
ha quando il soggetto che agisce ha un’errata percezione della realtà, è cioè
convinto di porre in essere un fatto concreto diverso da quello vietato dalla norma
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penale. Per essere rilevante l’errore deve essere essenziale (cadere cioè su uno o
più elementi essenziali richiesti per la sussistenza del reato) e scusabile.
-
Reato putativo e reato impossibile (art. 49 cp)
La norma definisce putativo il reato commesso dall’agente nella convinzione
(determinata da errore di fatto o di diritto) che si tratti di reato. Il soggetto commette
un fatto lecito (ovvero non punito dall’Ordinamento) ma per errore, si trova nella
convinzione che abbia violato una norma penale da cui la legge fa discendere
l’applicazione di una sanzione.
Il reato putativo non è quindi punibile e ciò nel rispetto dei principi della legalità e
della materialità che vigono all’interno dell’Ordinamento giuridico.
Il secondo comma dell’art. 49 c.p. (reato impossibile) stabilisce che “la punibilità è
altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di
essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”. Esempio classico è quello
dell’utilizzo di una pistola giocattolo, o della sostanza non velenosa utilizzata per
provocare il decesso di una persona: in questi casi non si può ipotizzare un tentativo
inidoneo ma molto più semplicemente si è in presenza di un reato impossibile per
inidoneità dell’azione
1.2 Antigiuridicita’
Qualora il fatto umano, si configura come fatto tipico, perché possa sussistere un illecito
penale, lo stesso deve essere anche antigiuridico, ossia, deve essere realmente contrario
ad una norma di legge e portatore di una lesione del bene giuridico protetto
dall'ordinamento . Si ricorre a questo requisito per introdurre accanto al fatto umano e alla
colpevolezza un elemento negativo nella struttura del reato cioè l'assenza di scriminati:
cause di esclusione del reato
Le cause di esclusione del reato sono tassativamente individuate dalla legge ed escludono
l’antigiuridicità di una condotta che, in loro assenza sarebbe penalmente rilevante e
sanzionabile. Sono situazioni normativamente previste in presenza delle quali viene meno
il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento
giuridico.
In presenza di tali circostanze, infatti, una condotta (altrimenti dalla legge punibile), diviene
lecita e ciò in quanto una norma, desumibile dall’intero ordinamento giuridico, la ammette
e/o la impone.
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Le cause di giustificazione sono desumibili dall’intero Ordinamento giuridico e, pertanto, la
loro efficacia non è limitata al solo diritto penale ma si estende a tutti i rami del diritto (civile
e amministrativo), si tratta tra le altre del Consenso dell’avente diritto della legittima difesa
(52 c.p.); dello Stato di necessità (54 c.p.) ecc.
1.3 Colpevolezza
La colpevolezza è un concetto giuridico del diritto penale che racchiude il complesso
degli elementi soggettivi sui quali si fonda la responsabilità penale. Tale concetto, pur
non essendo esplicitato nel nostro ordinamento giuridico (il codice penale italiano,
infatti, non utilizza questo termine), ne rappresenta un imprescindibile fondamento
giacché ha per funzione la delimitazione dell'area del penalmente illecito e costituisce il
presupposto per l'applicabilità della pena.
CAPITOLO 2 - LE CONSEGUENZE DEL REATO.
2.1 La pena
In diritto penale, la pena è la conseguenza giuridica della violazione di un precetto
penale. Caratteristica essenziale è l'afflittività; essa consiste, nella privazione o
diminuzione di un bene individuale (libertà, vita, patrimonio).
La pena viene applicata dall'autorità giudiziaria con le forme e le garanzie scaturenti
dal processo penale.
La pena può essere definita come la sofferenza comminata dalla legge penale ed
irrogata dall'autorità giudiziaria mediante processo a colui che viola un comando o un
divieto della legge medesima.
2.2 Le funzioni della pena:
La pena può svolgere varie funzioni: una funzione retributiva (o assoluta), una funzione
di prevenzione generale e una funzione di prevenzione speciale.
Secondo la teoria retributiva, la sanzione penale deve servire a punire il colpevole per
il male provocato dalla sua azione illecita: l'idea retributiva implica il concetto di
personalità, di determinatezza, di proporzionalità e di inderogabilità della pena
medesima. Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una
minaccia che serve a distogliere la generalità dei consociati dal compiere atti
socialmente dannosi. Infine, secondo la teoria della prevenzione speciale, la pena
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svolge un compito intimidatorio volto alla dissuasione del singolo (condannato) dal
commettere nuovi reati e, contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi che le
varie modalità di esecuzione (misure alternative, sostitutive, accessorie) dispiegano sui
condannati.
2.3 I Principi.
I principi che regolano la pena sono:
-
il principio di personalità: la pena è personalissima e colpisce solo l'autore del
reato art. 27 Cost.;
-
il principio di legalità, che in sede penale si specifica in riserva di legge (la pena
non può essere comminata da fonti sub legislative), tassatività-determinatezza
(divieto di interpretazione analogica sfavorevole al reo) e favor rei (divieto di
applicazione retroattiva sfavorevole al reo e, viceversa, applicazione retroattiva
della medesima laddove favorevole);
-
il principio di inderogabilità: una volta minacciata la pena deve essere applicata
all'autore della violazione (ma vi sono deroghe con l'introduzione delle liberazioni
condizionali e del perdono giudiziale);
-
il principio di proporzionalità: la pena deve essere proporzionata al reato.
Costituiscono deroga a tale principio l'aumento facoltativo di pena previsto per i
recidivi, l'art. 133 c.p. impone al giudice di tener conto, nell'applicazione della
pena, anche della capacità criminale del reo.
2.4 Tipi di pene
Le Pene principali per i delitti sono: ergastolo, reclusione, arresto, multa e ammenda
Le Pene accessorie sono: interdizione o sospensione dai P.U., interdizione o
sospensione dalla professione, interdizione o sospensione da uffici direttivi di persone
giuridiche ed imprese, incapacità di contrattare con la P.A., decadenza o sospensione
dalla potestà genitoriale, interdizione legale, estinzione del rapporto di lavoro o di
impiego, pubblicazione della sentenza.(artt.29/36 c.p.)
Sanzioni sostitutive sono:(L.689/81) semidetenzione , libertà controllata , pena
pecuniaria
Misure alternative alla detenzione (L.354/75) sono: affidamento in prova al servizio
sociale, semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare.
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Sanzioni atipiche del giudice di pace sono: obbligo di permanenza domiciliare,lavoro di
pubblica utilità
2.5 Criteri per la determinazione della pena:
I criteri per la determinazione della pena sono individuati dagli artt.132-133-133bis del
codice penale e si esauriscono nella dimensione della gravità del reato; nella capacità
a delinquere del soggetto attivo; nell’analisi delle condizioni economiche del soggetto
attivo nel caso di pene pecuniarie
Il codice inoltre individua dei limiti quantitativi in caso di cumulo di pene diverse.
2.6 Le misure di sicurezza Artt. 199 e succ. c.p.
Le misure di sicurezza sono provvedimenti adottati per "risocializzare" il condannato
ritenuto socialmente pericoloso.
Può essere promossa l'educazione o la cura del soggetto a seconda delle esigenze al
fine di neutralizzarne la pericolosità.
Vanno distinte dalla pena che ha una funzione retributiva quando il soggetto è
condannato ed è proporzionata al reato commesso.
Le misure di sicurezza possono essere rinnovate ad intervallo di sei mesi, a seguito di
una valutazione in cui emerge che la pericolosità permane. Si può applicare la misura
di sicurezza a qualsiasi soggetto che, non punibile o non imputabile, abbia commesso
un delitto o un quasi delitto (artt. 49 e 115 codice penale).
Il soggetto è socialmente pericoloso perché si ritiene probabile che possa commettere
altri reati.
Le misure di sicurezza possono applicarsi solo se la legge lo prevede nella singola
fattispecie di reato. È il giudice, dove previsto, a valutare se sussiste la pericolosità
sociale del reo. A valutarene la pericolosità sociale attenendosi ai criteri stabiliti
dall'articolo 133 codice penale:
Le misure di sicurezza si dividono in:
Personali:
-
Detentive: per soggetti imputabili: colonia agricola o casa di lavoro; per soggetti
semi-imputabili: casa di cura e di custodia; per soggetti non imputabili: ospedale
psichiatrico giudiziario; per i minori: riformatorio giudiziario
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-
Non detentive: libertà vigilata, divieto di soggiorno, espulsione dello straniero,
divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche.
Pecuniarie: cauzione di buona condotta, confisca
I Delitti Contro La Pubblica Amministrazione (Libro II – Titolo II –
Capo 1° Codice Penale)
CAPITOLO 3 - NOZIONI GENERALI
In diritto penale il concetto di Pubblica Amministrazione viene riferito sia a tutte le
pubbliche funzioni imputabili allo Stato o ad altro ente pubblico; sia agli organi preposti
all’esercizio di tutte le funzioni amministrative in senso lato: quindi anche giudiziaria e
legislativa.
Rispetto alla struttura generale del reato il concetto di Pubblica Amministrazione
costituisce il bene giuridico tutelato dalla norma, inteso come l’intera attività dello Stato
e degli altri enti pubblici, sia essa amministrativa in senso stretto che legislativa e
giudiziaria (si veda ad es. i reati contro l’amm/ne della giustizia) e pertanto meritevole
di protezione da ogni specie di condotta tesa a ledere o mettere in pericolo tutte le
prerogative dell’organizzazione statale nella sua globalità riferite non alle semplici
competenze attribuite ai singoli organi ma quale espressione della sovranità dello
Stato.
Il legislatore, per la configurazione delle singole fattispecie si è ispirato a precisi criteri
i:
1. potenziare la risposta punitiva dell’ordinamento di fronte alle condotte illecite
poste in essere dai soggetti rivestiti di funzioni pubbliche;
2. evitare un ingiustificato sindacato del magistrato penale nel merito delle scelte
amministrative;
3. limitare l’ambito della repressione penale ai fatti intrinsecamente lesivi degli
interessi della P.A. e dei cittadini;
Con la prima legge di riforma del Titolo II del Libro II del codice penale – Legge 26
aprile 1990 n.86 – il legislatore si è proposto di:
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-
potenziare il controllo penale delle forme di illecita appropriazione delle risorse
pubbliche, delle condotte di arricchimento ingiustificate e di prevaricazione del
cittadino
-
creare nuove fattispecie di reato più rispondenti alla realtà come il peculato d’uso,
la corruzione in atti giudiziari e l’istigazione alla corruzione, la malversazione a
danno dello Stato
ovvero estendere l’abuso d’ufficio e la concussione anche
all’incaricato di pubblico servizio,
-
avere come punto di riferimento, nella tipicità delle condotte, il contrasto tra quelle
effettivamente tenute dal P.U. ed il corretto modello di comportamento che
avrebbe dovuto avere in conformità dei doveri di imparzialità e buon andamento
della P.A.
Il Legislatore ha cercato anche di evitare il rischio di supplenza giudiziaria da parte della
magistratura inquirente attraverso una indebita ingerenza nel merito delle scelte della P.A.
ovvero di una ingiustificata criminalizzazione di fatti privi di effettivo disvalore penale. Le
cause di tale rischio sono da riscontrarsi in:
-
mancanza o inefficacia dei controlli interni agli organi di P.A.;
-
confusione tra le attività di mera amministrazione ed intromissione dei partiti politici
che sono chiamati a dialogare con la P.A. attraverso gli organi elettivi, cui spesso
spetta il potere di nomina rispetto ai primi, col rischio di servire ad interessi privati;
-
debordare dalla funzione giurisdizionale in ingerenza nelle scelte discrezionali della
P.A. attraverso un meccanismo sia di decisioni giudiziarie a favore o contro una
parte, sia con sentenze di legittimità (Corte di Cassazione) tese a mutare spesso il
modo di applicare leggi e regolamenti.
Si tratta evidentemente di contemperare due esigenze confliggenti:
-
libertà di azione degli operatori pubblici eliminando un invasivo rischio penale;
-
repressione dell’affarismo e della disonestà dei pubblici funzionari.
In tale ottica il diritto penale si pone come estrema ratio rispetto ad una doverosa
attenzione al prevalere degli interessi privati nei confronti di quelli pubblici ed alla
creazione di efficaci mezzi di controllo amministrativo interno ed esterno.
La delinquenza politico/amministrativa ha assunto nel nostro paese un carattere
“sistemico” come fenomeno non più occasionale ed isolato ma vera e propria patologia dei
rapporti tra l’apparato politico/amministrativo e quello economico.
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Di qui la necessità di distinguere tra l’abuso penalmente rilevante e la semplice illegittimità
o irregolarità amministrativa.
In tale direzione si è mossa la nuova Legge 25 giugno 1999 n. 205 i cui punti salienti sono
stati:
-
l’abrogazione e/o la depenalizzazione di fattispecie incriminatici minori ritenute prive
di disvalore sociale
-
la creazione di fattispecie nuove in relazione ai fenomeni di corruzione internazionale
e di aggressione agli interessi finanziari dell’Unione Europea che con la Legge
20.09.00 n. 300 si pone come obiettivo il contrasto della criminalità economica
internazionale e il perseguimento dei funzionari corrotti della Comunità o dei singoli
stati aderenti,con l’introduzione in particolare:
o art.322 bis c.p. sulla tutela della P.A. straniera, comunitaria ed
internazionale
o art.316 ter a tutela del bilancio comunitario da condotte fraudolente
o art.322 ter, confisca obbligatoria dei proventi dei reati di peculato(314
c.p.) e corruzione (320 c.p.) e la confisca per equivalente dei beni del reo
corrispondenti per valore al maltolto.
CAPITOLO 4. I CONCETTI DI PUBBLICO UFFICIALE E INCARICATO DI UN PUBBLICO
SERVIZIO
4.1Le Qualificazioni Soggettive
L’art. 357 c.p. definisce la nozione di Pubblico Ufficiale “Agli effetti della legge penale,
sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria
o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto
pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della
volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi
o certificativi.”
E’ prevalente nel diritto penale la concezione oggettivo-funzionale di pubblico ufficiale,
cioè la qualifica non è in relazione al rapporto di dipendenza tra il soggetto e l’ente
pubblico, ma è connotata dai caratteri dell’attività oggettivamente esercitata.
Quindi è irrilevante l’esistenza o meno di un rapporto di impiego permanente o
temporaneo tra il soggetto e l’ente, ma conta che il soggetto svolga anche di fatto una
funzione oggettivamente pubblica e prescinde dal fatto che l’ente o la società abbia una
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partecipazione pubblico/privata, per es. nel settore edilizio o dei trasporti. Quindi la
concezione oggettiva di P.U. significa che ai fini della esistenza di tale qualifica è
sufficiente il solo concreto esercizio delle funzioni pubbliche,senza investiture formali e
quindi tale è anche il soggetto che svolge di fatto una pubblica funzione senza
possederne i requisiti previsti ma con l’acquiescenza a la tolleranza della P.A. da cui
dipende, eccezion fatta per il caso di usurpazione di pubbliche funzioni (art.347 c.p.)
Quanto alle funzioni esercitate esse vanno poste in relazione alla tipologia di attività che
tradizionalmente in base alla natura della disciplina si suole distinguere in:
Funzione amministrativa, attraverso il criterio formale, riferito alla natura della disciplina,
che è qualificata da:
-
Sottoposizione a norme di diritto pubblico ovvero ad atti autoritativi in quanto non tutte
le attività disciplinate da norme di diritto pubblico si esternano o sono oggetto di atti
riconducibili immediatamente alla categoria degli atti pubblici
-
Caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della P.A. o del
suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi che consistono nella realizzazione dei
fini della P.A. mediante veri e propri comandi rispetto a cui il privato è in posizione di
soggezione (es. esercizio del potere di coazione come l’arresto o la perquisizione) e
di contestazione (es. accertamento di violazioni amm/ve) o di supremazia gerarchica
nei pubblici uffici rispetto ai sottoposti; e certificativi cioè un’attività con particolare
efficacia probatoria: atti di attestazione, documentazione, vidimazione (es. un notaio
che autentica una firma in calce ad un atto)
Funzione legislativa, riconosciuta nel nostro sistema costituzionale ai parlamentari
nazionali (deputati e senatori) e ai consiglieri regionali. Per i parlamentari, quanto ai delitti
contro la P.A., si ripropone l’applicabilità delle norme di diritto penale,poiché i loro atti
sono caratterizzati dal principio di irresponsabilità per i voti e le opinioni espresse
nell’esercizio delle funzioni (art. 68 c.I Cost.) e del mancato assoggettamento dei
parlamentari ai principi di imparzialità e buon andamento nella rappresentanza degli
interessi politici e nel decidere il proprio trattamento economico.
Funzione Giudiziaria intesa sia come
-
Funzione giurisdizionale in senso proprio spettante ai giudici cd. Togati, ai giudici
onorari quali giudici di pace, giudici onorari di Tribunale. giudici popolari in Corte di
assise
-
Funzione requirente dei pubblici ministeri e vice procuratori onorari
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-
Giudici della Corte Costituzionale per i quali però vige il principio di irresponsabilità
per quanto attiene alle attività amministrative connesse al funzionamento della Corte
medesima(Legge 11.03.1953 art.5), ma non per quanto riguarda eventuali reati
nell’esercizio della funzione giurisdizionale (es. corruzione, abuso d’ufficio ecc..)
L’art.358 c.p. definisce la nozione di Incaricato di Pubblico servizio“ Agli effetti della legge
penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano
un pubblico servizio .
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della
pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e
con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di
opera meramente materiale.
Secondo le norme di diritto comune il servizio pubblico ha le seguenti caratteristiche:
-
Viene disciplinato da norme di diritto pubblico e dalla mancanza di poteri di natura
deliberativa, autorizzativi o certificatoria tipici della pubblica funzione
-
Non può mai costituire servizio pubblico lo svolgimento di semplici mansioni di ordine
( bidello, custode ecc) o prestazioni di opere meramente materiali.
Bisogna tuttavia chiarire che le definizioni che precedono non hanno tenuto presente che
con la legge 11 luglio 2000 n. 321, le carriere impiegatizie sono state riordinate in
qualifiche funzionali e che pertanto è mancata una verifica interdisciplinare tra la
definizione amministrativistica di P.U. ed Inc. di P. Serv. e quella penalistica.
Si osserva inoltre che spesso non basta che ci sia un atto di concessione di un pubblico
servizio (es. la concessione radiotelevisiva) perché esso sia tale, ma è necessario che le
singole attività svolte siano a loro volta soggette ad una disciplina di tipo pubblicistico,
laddove se sono soggette al comune regime privatistico (es. raccolta di pubblicità) non
costituiscono pubblico servizio.
C’è da aggiungere che si assiste alla tendenza persistente della magistratura ad applicare
in maniera estensiva le categorie di P.U. ed Inc. di P.Serv. per mantenere un controllo
penale forte a causa della criminalità politico/amm.va diffusa a tutti i livelli, utilizzando il
concetto di “strumentalità” o “accessorietà” rispetto all’attività pubblica in senso stretto (
es. una commissione di esperti per un incarico tecnico) ed anche quello di “sintomaticità”
nel senso di valutare, ai fini di cui sopra e pure in presenza di enti privati o privatizzati, la
eventuale sottoposizione ad attività di controllo e di indirizzo per gli scopi sociali, ovvero di
nomina e revoca degli amministratori, da parte della P.A. Oppure anche l’esistenza di un
rapporto di convenzione o concessione ovvero di finanziamenti elargiti dallo Stato.
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CAPITOLO 5 - GLI OBBLIGHI E LE SANZIONI
Resta preminente un corpus legislativo che si caratterizza per uno specifico orientamento
a far corrispondere l’obbligo di determinati comportamenti per il solo fatto di rivestire la
qualifica indicata nell’espletamento delle proprie funzioni.
Prima di tutto rilevano due fattispecie di reato immediatamente riferibili alle figure
anzidette. Esse sono quelle previste dagli articoli 361 e 362 c.p., Omissione di denuncia
da parte del Pubblico Ufficiale. “Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare
all’Autorità giudiziaria, od ad un’altra Autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne, un
reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni,è punito con la
multa da € 30 a € 516.
La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale od un agente di
polizia giudiziaria che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare
rapporto.Le disposizioni precedenti non ai applicano se si tratta di delitto punibile a querela
della persona offesa. Il successivo articolo 362 estende la condotta incriminata anche
all’incaricato di un pubblico servizio.
Invero le due fattispecie si collocano tra i reati contro l’amministrazione della giustizia ed
in particolare nel capo I del titolo III tra i delitti contro l’attività giudiziaria. Esse stabiliscono
un obbligo penalmente sanzionato che impone ai dipendenti pubblici ,che rivestono le
qualifiche anzidette, di attivarsi affinchè acquisiscano, nell’espletamento della propria
attività di pubblici funzionari, una notizia di reato: si pensi all’organo tecnico del comune al
quale il richiedente un permesso a costruire accluda alla domanda una falsa planimetria
dei luoghi per aggirare eventuali vincoli paesaggistici od ambientali.
Questo non implica da parte del dipendente un’attività di indagine ovvero un
giudizio di responsabilità penale verso il presunto autore del fatto di reato, ma solo che
egli sia consapevole, in quel momento, che vi siano gli elementi essenziali di una condotta
illecita.
Non è necessario riferirsi direttamente alle forze di polizia o ai carabinieri ma basta
comunicare i succitati elementi al proprio superiore gerarchico. Se l’organo è collegiale –
si pensi ad un organo di controllo di gestione al quale l’ente controllato presenta bilanci
alterati – anche uno solo dei componenti può adempiere l’obbligo.
E’ punibile sia l’omessa denuncia che una denuncia volutamente incompleta o superficiale
tale da impedire l’esatta individuazione del fatto e dei suoi autori. Lo stesso vale se il
pubblico ufficiale od incaricato di un pubblico servizio ritarda volutamente l’esposizione dei
fatti illeciti all’autorità competente.
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Nel solo caso in cui per errore incolpevole ovvero per materiale impossibilità a percepire
l’illecito in tutti i suoi elementi non si sia proceduto all’esposizione dei fatti a chi di dovere,
l’autore o gli autori saranno esenti da responsabilità penale.
L’art. 359 c.p. definisce la nozione di “Esercente un servizio di pubblica necessità” “ Agli
effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui
esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando
dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi ;
2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico
servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della
pubblica Amministrazione [360] .
L’espressione del codice “ quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a
valersi” va riferita alle altre professioni che non siano forensi o sanitarie cui si debba per
forza ricorrere ad es. un architetto per la redazione di un progetto o un ingegnere per i
calcoli da depositare al genio civile ecc…
L’atto con cui al privato viene affidato il servizio di pubblica necessità è un provvedimento
di “ autorizzazione” e non concessione che riguarda il pubblico servizio esercitato dal
privato
Le qualifiche di Pubblico Ufficiale, Incaricato di un pubblico servizio o Esercente un sevizio
di pubblica necessità sono relative sia al soggetto attivo del reato quindi colui che agisce
come autore della fattispecie descritta nella norma, sia al soggetto passivo quando tale
qualifica è elemento costitutivo del reato ovvero circostanza aggravante, es. oltraggio a
magistrato in udienza.
L’art. 360 c.p. specifica che la cessazione della qualifica (per passaggio ad altre mansioni
ovvero per interruzione del rapporto di impiego) non esclude il reato allorché essa ne è
elemento costitutivo o circostanza aggravante, ancorché il fatto sia commesso dopo la
cessazione, purché esso sia in rapporto di nesso funzionale con la qualifica: es. un P.U.
che rivela un segreto d’ufficio dopo aver lasciato il servizio (art. 326 c.p.).
CAPITOLO 6 - LE SINGOLE FATTISPECIE DELITTUOSE
6.1Peculato
L’art. 314 c.p. stabilisce “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio [358], che,
avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di
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denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria , è punito con la reclusione da tre a
dieci anni .
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al
solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata
immediatamente restituita.”
Per quanto riguarda l’ipotesi del 1° comma: cd. appropriazione indebita da parte di un
pubblico funzionario:
-
non c’è più il cd. peculato per “distrazione”, perché era troppo rigorista l’ipotesi di
punire l’eventuale modificazione della destinazione di denaro o cose mobili in
relazione alle prescrizioni dettate per il funzionamento interno dell’ente, ma usate per
il raggiungimento di altre finalità proprie dell’ente stesso. Nel qual caso può
prospettarsi il reato di abuso d’ufficio.
-
il denaro o bene mobile può essere sia del privato che della Pubblica
amministrazione essendo stata abolita l’ipotesi di malversazione a danno di privati.
-
bene protetto è in senso stretto il patrimonio della P.A., in senso lato è il buon
andamento e l’imparzialità della P.A.
-
soggetti attivi sono il Pubblico Ufficiale o incaricato di P.S. e quindi esso è un reato
“proprio”
-
la condotta consiste nell’appropriazione della cosa mobile o del denaro altrui
attraverso la cd.” interversione del possesso”: cioè il funzionario si comporta nei
confronti del bene come se ne fosse il proprietario e quindi vengono punite tutte le
condotte di dissipazione, alienazione o rifiuto di restituzione di beni della P.A.
Esempi: 1- Un messo comunale che faccia uso personale di somme ricevute a titolo
di pagamento imposte (ICI, TARSU ecc…);2- Il curatore di un fallimento che si
appropria di somme di denaro incassate nell’esercizio delle sue funzioni non
versandole al Giudice delegato;3- Un ufficiale giudiziario che omette di versare
somme riscosse a seguito di ingiunzioni di pagamento.
-
non deve trattarsi di appropriazione a profitto altrui ma solo proprio, perché la
fattispecie non contempla questa ipotesi, nel qual caso si può delineare un abuso
d’ufficio ex art. 323 c.p.
-
oggetto materiale è il denaro sia liquido che con assegni bancari o circolari, oppure
cose mobili aventi valore economico e quindi per es. non biglietti usati del treno o
carte telefoniche usate per farne collezione. Ma è compresa anche ogni altra energia
che abbia valore economico: es. quella elettrica per far funzionare un ventilatore
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portato da casa, o telefonica chiamando casa o navigando in Internet e ponendo i
costi a carico della P.A.
-
altruità della cosa, nel senso che il pubblico funzionario ha il possesso o la
disponibilità di cose che appartengono direttamente alla P.A. oppure al privato che è
in rapporto istituzionale con la P.A. es. un privato che affitta in leasing macchinari
ma non il caso di colui che dimentichi il portafogli o la carta di credito in un pubblico
ufficio, nel qual caso vi sarà un furto o una appropriazione indebita da parte
dell’impiegato.
-
possesso per ragioni di ufficio o servizio o comunque disponibilità:
o Ragioni di ufficio o servizio, secondo la giurisprudenza dominante basta
l’occasionalità, cioè il possesso deve esistere in occasione dell’espletamento
delle funzioni connesse all’ufficio o al servizio, con esclusione quindi dei casi di
usurpazione di funzioni pubbliche. Secondo altri vale il criterio della competenza
oggettiva e soggettiva, vale a dire il complesso di poteri attribuiti al pubblico
funzionario e quindi con esclusione di tutte le attività svolte al di fuori della sfera
di competenza attribuita. Altri infine adottano il criterio della funzionalità intesa
quale possesso o disponibilità che spettano al pubblico funzionario in ragione
dell’espletamento della sua attività, per legge, per regolamento interno, per
consuetudine o per prassi.
-
possesso o disponibilità ma non solo possesso materiale anche disponibilità giuridica,
cioè un autonomo potere di destinare il bene funzionalmente all’esercizio dell’ufficio o
del servizio, es. custodia, uso, destinazione con l’obbligo di restituzione o vincolato
quanto alla destinazione.
-
dolo generico inteso quale consapevolezza di appropriarsi di cose o denaro altrui
nell’espletamento della propria attività pubblica e nell’ottica di un personale
vantaggio.
Per quanto riguarda l’ipotesi del 2° comma: c.d. peculato d’uso, essa è un’autonoma figura
delittuosa di peculato e non rappresenta una circostanza attenuante.
Es.: un funzionario della tesoreria comunale si appropria di denaro in suo possesso per
ragioni dell’ufficio (cd. vuoto di cassa) ma restituisce il maltolto prima della scadenza del
rendiconto.
Requisiti di questa fattispecie sono:l’uso momentaneo cioè temporaneo del bene al di
fuori degli scopi istituzionali; la restituzione immediata e spontanea, vale a dire non a
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richiesta del superiore gerarchico, e non perché impaurito dalle conseguenze, perché in
questo caso si avrà un tentativo di peculato nella specie della prima ipotesi
6.2 Peculato mediante profitto dell’errore altrui - art 316 c.p.
L’art. 316 C.p. definisce il Peculato mediante il profitto dell’errore altrui.” Il pubblico ufficiale
o l’incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio,
giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro
od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.”
-
Oggetto della tutela è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione
-
Condotta: ricezione o ritenzione nel senso di accettazione di bene mobile o fungibile
dato dal terzo in buona fede e senza sollecitazione da parte del pubblico funzionario
che però non lo restituisce.Es.: un impiegato postale che riceve per una vaglia dall’
utente una somma maggiore di quella che serve (capitale più costo del servizio) e ne
trattiene per sé il surplus destinandolo a sé medesimo oppure ad un collega.
-
La fattispecie si realizza mediante l’errore altrui sia sul quantum debeatur (quanto è
dovuto) che sull’ an debeatur (se sia dovuto qualcosa). L’errore deve essere
spontaneo e non riconducibile ad una azione di induzione o sollecitazione del
pubblico funzionario che si deve limitare solo a trarne profitto.
-
Deve avvenire nell’esercizio delle funzioni o del servizio e non quindi mentre si è in
congedo, ferie od altro
-
Il dolo è generico ed è escluso nei casi in cui si dimostri che il pubblico funzionario ha
errato anche lui sulle norme o sui regolamenti che andavano applicati al caso di
specie.
6.3 Malversazione a danno dello stato - art 316 bis c.p.
L’art. 316bis.c.p. stabilisce”Chiuhiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo
ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi,
sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere
od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni [32quater].
-
Oggetto o interesse protetto è la corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a
fini di incentivazione economica.
-
Scopo della norma è sanzionare le frodi nei finanziamenti pubblici
-
Soggetto attivo è un privato estraneo alla Pubblica amministrazione beneficiario del
finanziamento
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-
La condotta è articolata in due momenti
o Percepire legalmente e regolarmente (in caso contrario si avrebbe truffa ex
art. 640 bis c.p.) dallo Stato, Comuni, Regioni o CEE, denaro destinato per
realizzare opere,manufatti o attività (per es. corsi di formazione) di pubblico
interesse
o Non destinarli consapevolmente a queste finalità sia omettendo di utilizzarli
nei modi e nei tempi previsti, sia spostandoli su opere od attività diverse da
quelle per le quali si è ottenuto il finanziamento.
Di qui sovente, per evitare i rigori della legge, la tendenza a realizzare opere pubbliche
comunque ( ospedali, scuole ma anche carceri, aeroporti ecc..) che restano inutilizzati per
sempre in quanto non più utili o funzionali alle esigenze che hanno determinato le
originarie richieste di finanziamento.
6.4 Concussione-art 317 c.p.
L’art. 317 c.p. stabilisce”Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che,
abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a
promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la
reclusione da quattro a dodici anni [32quater].”
-
Bene tutelato è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97
Cost. Lo scopo della norma è quello di impedire la strumentalizzazione dell’ufficio
ricoperto per ottenere vantaggi personali attraverso l’intimidazione del privato
-
Soggetto attivo è sia il pubblico ufficiale che l’incaricato di un pubblico servizio
La fattispecie si distingue in:
-
Concussione per costrizione
o
Costrizione intesa come coazione psichica attraverso la minaccia di un male
ingiusto percepito come tale dal concusso ma altresì seria ed oggettivamente
idonea ad esercitare una pressione nel senso voluto, per es. il componente la
commissione tecnica del Comune il cui parere favorevole al permesso a
costruire – e che spetta di diritto al richiedente- viene vincolato alla promessa di
vendergli uno degli appartamenti da costruire a prezzo sottoscosto.
o
Il soggetto passivo ha titolo legittimo alla prestazione da parte della PA. e non
chiede nulla che non gli spetti né vuole pagare sua sponte alcunchè; nel caso
che la prestazione sia illecita e dietro retribuzione o vantaggi per il pubblico
ufficiale si configura la fattispecie di corruzione.
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-
Concussione per induzione
o
Induzione intesa come stato di soggezione psicologica comunque creata che
determini il soggetto passivo a dare o promettere utilità al pubblico ufficiale
nella consapevolezza che nulla sia dovuto ma che è opportuno farlo per evitare
un male. Es. un ufficiale della guardia di finanza che chiede ed ottiene da un
azienda uno sconto fuori mercato sui beni da questa prodotti, facendo balenare
accertamenti fiscali mirati e particolari.
o
L’induzione può anche essere generata da una pratica corrente e consolidata
per cui il soggetto passivo, pur sapendo di non dovere nulla,è convinto che
solo così facendo eviterà danni. Si avrà in tal caso la figura della cd.
Concussione ambientale
Abuso della qualità o dei poteri di Pubblico Ufficiale. La distinzione va definita in relazione
alla competenza, nel senso che l’abuso della qualità di P.U. si tradurrebbe in una
mancanza di competenza del soggetto pubblico a compiere una certa attività e, nel
dettaglio,in una strumentalizzazione della propria qualifica soggettiva per far sorgere in
altri la rappresentazione di dovere dare una prestazione non dovuta.Per es. un vigile
urbano che facendo credere di poter intervenire in favore del rilascio di una concessione
edilizia si fa promettere danaro o utilità.
L’abuso dei poteri presuppone invece la piena competenza all’atto da compiere e che
oggettivamente compete al P.U., ma esercitato in maniera tale che le attribuzioni
dell’ufficio vanno al di là dei limiti stabiliti dalla legge per materia o funzionali : es il
componente di una commissione tecnica edilizia del Comune il quale chieda una somma
di denaro perché fa credere che in sede di formulazione del parere nel rilascio del
permesso a costruire egli può influire sulla decisione degli altri componenti o su quella
finale.
Le due ipotesi valgono sia per attività discrezionali che per attività vincolate.
-
Il” taluno” è la persona fisica vittima della concussione mentre il soggetto passivo
leso in senso proprio è la Pubblica Amministrazione.
-
Dazione è il passaggio materiale del bene o dell’utilità da un soggetto all’altro,
mentre promessa è l’assunzione di un impegno ad effettuare la prestazione. Laddove
il soggetto concusso ha la riserva mentale nel senso dell’intenzione di una promessa
che non intende mantenere ad es. denunciando il concussore, avremo in tal caso
solo un tentativo di concussione.
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-
Utilità è ogni cosa che comporti un vantaggio per il patrimonio o la persona del
concussore, anche se non giuridicamente valutabile per es. sconti particolari, uso
gratuito della casa, prestazioni di opera ed anche prestazioni sessuali.
-
Indebitamente significa che nulla è dovuto né per legge né per consuetudine sia che
la richiesta venga fatta come pubblico ufficiale sia come privato ma abusando della
qualità e dei poteri: es. un magistrato che chieda uno sconto particolare nell’acquisto
della propria auto.
-
Il “terzo” è chiunque sia estraneo alla attività del P.U. es. un amico o un parente
ovvero anche una società, un’azienda od anche un ente pubblico come un fondo di
beneficenza costituito presso il Comune cui il privato è indotto a versare un somma
di denaro.
-
Dolo generico è la consapevolezza della abusività della propria condotta oltre che del
carattere indebito della prestazione.
CAPITOLO 7 - I DELITTI DI CORRUZIONE
7.1 Nozioni generali
La corruzione è un reato unico, anche se si atteggia in molteplici fattispecie e modalità
esplicative, a concorso necessario in quanto deve coesistere la presenza di un corrotto e
di un corruttore, che si sostanzia in un accordo avente per oggetto un fatto illecito e cioè la
compravendita dell’attività funzionale della pubblica amministrazione.
Strutturalmente la corruzione può essere : propria, come compravendita di un atto
contrario ai doveri di ufficio, es. viene concesso un permesso a costruire che il richiedente
non potrebbe avere per mancanza dei requisiti ( art.219 c.p.); impropria come
compravendita di un atto conforme ai doveri dell’ufficio, es. pago un dipendente della
motorizzazione civile per avere presto le targhe della nuova auto appena comprata
(art.318 c.p.); antecedente, se il pubblico ufficiale riceve una retribuzione o la sua
promessa prima del compimento dell’atto; susseguente, se dazione o promessa
avvengono ad atto compiuto. Nell’art. 319 c.p. le due ipotesi di corruzione propria
antecedente o susseguente risultano unificate ai fini della pena quali ipotesi più gravi di
corruzione. Nell’art. 318 c.p. è contemplata l’ipotesi più lieve sotto la specie di corruzione
impropria susseguente, es. mancia o gratificazione per un atto legittimo e dovuto. Il bene
protetto o tutelato in linea generale e comune a tutte le ipotesi è il dovere di onestà,
correttezza e lealtà del pubblico funzionario, ferme restando le peculiarità delle singole
fattispecie di reato.
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Differenze logico-giuridiche tra corruzione e concussione vengono individuate come
segue. Secondo la dottrina tradizionale il criterio discretivo si sostanziava nella
provenienza dell’iniziativa che, se partiva dal privato configurava l’ipotesi di corruzione se
invece dal pubblico funzionario quella della concussione. Ma quid juris nel caso di
concussione per induzione, in cui il pubblico funzionario induca il privato a versargli una
somma o altra utilità e questi volentieri si adegui ed aderisca in quanto sa di poterne trarre
vantaggio ? Se verrà contestata la concussione sarà punito il solo p.u., se corruzione la
punizione sarà per entrambi.
Attualmente la dottrina e la giurisprudenza si basano sul seguente criterio: ci sarà
corruzione se il p.u. ed il privato realizzano un accordo paritario e vantaggioso per
entrambi sulla base della legge della domanda e dell’offerta, indipendentemente da chi sia
a prendere l’iniziativa; ci sarà concussione allorché il p.u. intimorisce il privato in forza
della sua posizione e conclude un accordo vantaggioso soprattutto per sé, quasi di tipo
estorsivo. In quest’ultimo caso c’è uno stato di soggezione o paura da parte del privato
mentre nella corruzione c’è un libero accordo per un vantaggio reciproco.
Vi sono situazioni border line come quando il p.u. prospetta al privato la dazione quale
modo di evitare un pagamento, es. una multa, ed il privato vi aderisce. In tal caso vi sarà
corruzione e non concussione in quanto si tratta di cooperazione per un vantaggio
reciproco e non di sottostare ad una pressione del funzionario.
7.2 Corruzione propria – art. 319 c.p. e artt. 320 e 321 c.p.
Ai sensi dell’art. 319 c.p. “Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver
omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto
contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni [32quater] .
-
Bene tutelato è il buon andamento della pubblica amministrazione volto alla
protezione delle normali regole di esercizio delle funzioni amministrative nonchè
l’imparzialità, nel senso del dovere della p.a. di collocarsi in una posizione neutra
rispetto ad interessi particolari e quindi di considerare le istanze motivate e legittime
dei cittadini tutte uguali rispetto al proprio dovere di soddisfarle.
-
Soggetto attivo sono il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ed il
privato corruttore. Le qualifiche devono esistere al momento del fatto e non essere
future.
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-
Condotta bifasica per il pubblico funzionario che consiste nel ricevere od accettare la
promessa di denaro o utilità; per il privato nel dare o promettere tali vantaggi. La
dottrina tradizionale richiede anche il requisito del sinallagma nel senso che nella
condotta di corruzione propria antecedente deve esserci proporzione tra la
ricompensa o retribuzione ed il compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio oltre
che un collegamento diretto tra prestazione e controprestazione. Pertanto l’ipotesi
delittuosa non si avrebbe nel caso ad es. di piccoli donativi, omaggi, biglietti del teatro
e similaria rispetto ad una concessione edilizia di milioni di euro.
-
Nella seconda fase della condotta il pubblico funzionario deve omettere o aver
omesso, ritardare o aver ritardato un atto del suo ufficio ovvero compiere o aver
compiuto un atto contrario ai doveri d’ufficio. Requisiti sono:
o
La competenza dell’ufficio
o
Atto da valutarsi
con riferimento
non ai doveri generici di imparzialità e
correttezza ma in relazione ai singoli e particolari obblighi dell’ufficio
o
Valutazione fatta con rinvio alle norme di diritto amm/vo che regolano e
disciplinano lo svolgimento dell’attività dell’ufficio e che si sostanzia nella
illegittimità dell’atto. Per es. un permesso a costruire in mancanza dei requisiti,
oppure ammissione alle scuole materne comunali di bambini non aventi diritto
ecc..)
o
Gli atti discrezionali quanto al contenuto ovvero all’emanazione costituiscono un
dato da considerare con riferimento alla imparziale valutazione degli interessi
pubblici coinvolti nell’atto stesso sia nel senso della rinuncia a tale valutazione
sia nel senso di valutazione volutamente erronea o dannosa per la P.A.
-
Oggetto materiale è il danaro o qualunque utilità anche non patrimoniale né
materiale, purché esso si presti ad essere valutato come una retribuzione. La
Cassazione ha ritenuto non costituire utilità l’amplesso sessuale di donna per bene e
costumata, mentre lo è quello di una prostituta in quanto costei rinuncia ad un
compenso economico in cambio dell’atto del p.u. contrario ai doveri di ufficio. La
prestazione deve essere comunque sempre indebita.
-
Dolo specifico come coscienza e volontà della condotta e consapevolezza di
compiere un atto contrario ai compiti dell’ufficio ovvero di omettere o ritardare l’atto
dell’ufficio. E’ irrilevante che il p.u. accetti la ricompensa con l’intenzione di agire
comunque indipendentemente dal privato, ovvero di non compiere o ritardare l’atto
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contrario. Se poi decide di compiere un atto dovuto si avrà l’ipotesi di cui all’art. 318
c.p.
7.3 L’ipotesi di cui all’ art. 319 bis c.p.
L’art. 319bis. Stabilisce “La pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 ha per oggetto il
conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei
quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene [32quater]”
.
Tale articolo prevede l’ipotesi di aggravante dell’atto compiuto per far occupare un impiego
ovvero stipendi, pensioni o stipula di contratti della P.A. cui appartiene il soggetto corrotto.
4.4 Corruzione impropria antecedente e susseguente art. 318 1°e 2°comma c.p.
L’art. 318.c.p. recita “Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve,
per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui giàcompiuto, la pena
è della reclusione fino a un anno [32quater] .”
L’ipotesi di cui al 1° comma si riferisce ai seguenti elementi:
-
Fattispecie
dell’accordo
tra
pubblico
ufficiale
e
privato
consistente
nella
compravendita di un atto conforme ai doveri dell’ufficio: è antecedente quando la
dazione o la promessa avvengono prima del compimento dell’atto.
-
Bene tutelato è l’imparzialità della P.A. in quanto il pubblico funzionario, accettando
la retribuzione o la promessa non è più terzo estraneo agli interessi del privato come
ha l’obbligo di essere, ed in più radica nel cittadino il convincimento che gli atti della
P.A. anche quelli dovuti e conformi ai suoi interessi vanno comunque pagati
privatamente a parte.
-
Soggetto attivo è il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico
servizio (ex
art.320 1° comma c.p.)
-
Condotta è connotata dal criterio della proporzione sinallagmatica tra prestazione e
controprestazione.Deve esserci una valutazione oggettiva nel senso della cd.
adeguatezza sociale tra l’una e l’altra: es. € 1000 per l’autorizzazione ad un posto
per una bancarella al mercatino comunale; ovvero € 100.000 per un permesso a
costruire. Ma altresì una valutazione soggettiva in relazione all’importanza dell’atto
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rispetto a chi riceve anche se esso è di bassa entità: es. un abbonamento alle linee
di trasporto urbano per un disoccupato.
-
Non costituiscono reato le controprestazioni del privato cd. d’uso o di cortesia o
regalie, es. il caffè al bar ai membri di una commissione edilizia che ha dato parere
favorevole al permesso a costruire, ovvero per motivi di amicizia o di affetto.
-
La retribuzione deve essere naturalmente non dovuta nel senso che essa non sia
prevista per quel tipo di attività della P.A. né per l’an né per il quantum.
-
Atto che deve rientrare nella competenza dell’ufficio ed essere legittimo
-
Dolo consistente nella consapevolezza da parte del p.u. di ricevere o accettarne la
promessa e da parte del privato di dare o promettere per comprare un atto
dell’ufficio.
L’ipotesi di cui al 2° comma si riferisce ai seguenti elementi:
-
Soggetto attivo può essere anche l’incaricato di un pubblico servizio che abbia la
qualità di pubblico impiegato
-
Condotta consistente nel pagamento ovvero promessa successivi al compimento
dell’atto
-
Non è prevista la punibilità per il corruttore per ragioni di politica criminale ispirate al
principio di equità (art. 321 c.p.)
7.5 Corruzione in atti giudiziari – art.319 ter c.p.
Ai sensi dell’art319ter.c.p. “ Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 sono commessi per
favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica
la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque
anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla
reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti
anni.”
La fattispecie richiama le seguenti considerazioni:
-
Figura autonoma di reato per il maggior disvalore sociale della corruzione nelle
attività giurisdizionali.
-
Soggetti attivi sono pubblici ufficiali e privati stante la struttura plurisoggetiva della
fattispecie
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-
Condotta consiste nei comportamenti di corruzione propria ed impropria, antecedente
e susseguente previsti e sanzionati dagli artt. 318 e 319 c.p. con la specificità che
l’atto d’uffico o contrario ai doveri d’ufficio ha la finalità concordata di favorire o
danneggiare una parte in un processo penale, civile od amministrativo.
-
Reato a tutela penale anticipata in quanto la punibilità scatta quando è provato che
l’atto di corruzione era finalizzato al raggiungimento dello scopo illecito anche se
questo poi non è raggiunto. Per es. un Pubblico Ministero che accetta denaro od
utilità per ammorbidire un’indagine al fine di richiedere al GIP un’archiviazione che
però questi successivamente non ritiene nella sua autonomia di dover concedere.
-
Il fatto corruttivo deve essere ingiusto, cioè non solo pilotato nel senso voluto dai
soggetti, ma anche che il vantaggio o il danno subito dalle parti processuali,che può
anche non identificarsi necessariamente con il soggetto corruttore, non è quello che
si sarebbe prodotto se l’atto o gli atti giudiziari fossero stati conformi alla legge ed
alle procedure.Per es.decreto di dissequestro di una costruzione abusiva anzicchè
l’emissione di un ordine di demolizione.
-
Nell’ipotesi
di corruzione impropria susseguente resta il dubbio se l’atto
astrattamente conforme alle norme abbia comunque arrecato un danno ad una parte
e vantaggio all’altra ( es. una sentenza esecutiva di sfratto) ed il giudice che l’ha
emesso abbia avuto un donativo per un provvedimento almeno formalmente corretto.
La norma in questione non esclude questa ipotesi ,restando poi da dimostrare la
volontà di corruzione dei soggetti implicati.
-
La sfera di discrezionalità del magistrato è molto più ampia di quella di qualunque
altro Pubblico Ufficiale, in quanto egli per legge trae dal suo libero convincimento le
nozioni e gli elementi necessari per l’emissione dei provvedimenti, avverso i quali
esistono i rimedi procedurali, come le impugnazioni, il riesame, il ricorso per
Cassazione ecc…
-
La piena operatività della norma si ha solo nel caso in cui vi sia dazione o promessa
per un atto giudiziario contrario ai doveri d’ufficio quale corruzione propria
antecedente o susseguente. Nella funzione giurisdizionale vanno ricompresi anche
gli atti non riferibili strettamente alla attività jusdicente ma anche a quella requirente.
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7.6 L’ipotesi attenuata dell’incaricato di pubblico servizio – art. 320 c.p.
Ai sensi dell’art. 320 c. p. “ Le disposizioni dell’art. 319 si applicano anche all’incaricato di
un pubblico servizio; quelle di cui all’art. 318 si applicano anche alla persona incaricata di
un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo [32quater] “
7.7 Le sanzioni per il corruttore – Art. 321 c.p.
321. Pene per il corruttore. — Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’art.
319, nell’art. 319bis, nell’articolo 319ter e nell’art. 320 in relazione alle suddette ipotesi
degli artt. 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o
all’incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità [32quater] .
7.8 Istigazione alla corruzione – art 322 c.p.
L’art. 322 c.p. recita “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un
pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di
pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora
l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’art. 318,
ridotta di un terzo.
Se l’offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un
pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto
contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia
accettata, alla pena stabilita nell’art. 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico
servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione
di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall’art. 318.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un
pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro ad altra utilità da parte di
un privato per le finalità indicate dall’art. 319 [32quater]”
Rispetto alla descritta fattispecie di reato individuiamo le seguenti considerazioni.
-
Scopo della norma è quello di punire le condotte sia del pubblico ufficiale che
dell’incaricato del pubblico servizio che rivesta la qualità di impiegato,sia del privato
che non integrino il tentativo di corruzione
propria ed impropria in quanto i
comportamenti non sono delineati in tutto i loro elementi. Per es. promessa di denaro
o utilità che pur non essendo accettata non viene nemmeno rifiutata per ragioni di
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opportunità temporale o fattuale. In tale ipotesi il tentativo di corruzione è di difficile
configurazione in quanto esso presuppone che tutti gli elementi della fattispecie sono
presenti e l’evento non si verifica per ragioni indipendenti dalla volontà dei soggetti,
es. l’impossibilità sopravvenuta della prestazione o della controprestazione. Nella
prima ipotesi la sola offerta o promessa non seguita da accettazione configura il
delitto di istigazione. Lo stesso dicasi per il p.u. che sollecita la promessa ovvero la
dazione diretta del denaro o utilità e questa non avviene.
-
Condotte :
o
Istigazione alla corruzione cd. attiva, in cui è il privato che offre o promette
concretamente e seriamente, per l’entità dell’offerta o la qualità economica di
entrambi,( es. di un concessionario d’auto che offre a prezzo notevolmente
scontato un auto di grossa cilindrata ad un semplice impiegato) al pubblico
ufficiale che però non accetta.
o
Istigazione alla corruzione cd. passiva, in cui è il p.u. che sollecita il privato
alla dazione o promessa ( che costui non accetta) che è al limite del tentativo
di concussione ed in cui il discrimine è costituito dal fatto che non c’è
costrizione o induzione ma solo un invito a pagare senza minaccia di
ritorsioni o negazione del provvedimento.
-
Non è prevista l’istigazione alla corruzione in atti giudiziari e non può operarsi una
interpretazione analogica per il limite stabilito dal principio di legalità. Tale ipotesi è
punibile solo a titolo di tentativo di corruzione sussistendone tutti gli elementi.
7.9 Abuso d’ufficio – art 323 c.p.
L’art. 323. stabilisce che ”Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato il pubblico
ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del
servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti,
intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca
ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante
gravità”
-
Scopo della norma è limitare il controllo penale sulle attività dei pubblici ufficiali e
amministratori rispettando i principi costituzionali sulla divisione dei poteri. Ciò si
realizza attraverso una compiuta descrizione della fattispecie legale onde evitare
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sconfinamenti ingiustificati del giudice penale sugli amministratori pubblici col rischio
di realizzare una vera e propria surroga dei poteri di scelta e discrezionalità che la
legge attribuisce a costoro.
-
La condotta consiste nella violazione di norme e regolamenti oppure non astenendosi
dal compiere atti in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto e nei
casi in cui la legge lo richiede, per realizzare un vantaggio solo patrimoniale.
-
Bene tutelato è il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
-
Soggetti attivi sono sia i pubblici ufficiali che gli incaricati di un pubblico servizio in
quanto spesso questi ultimi
hanno la titolarità di servizi pubblici di particolare
importanza come trasporti, fornitura gas o elettricità.
-
Elementi oggettivi del reato:
-
Evento inteso come effettivo verificarsi del vantaggio o del danno e non
semplicemente compiere un atto finalizzato.
-
Vantaggio solo patrimoniale cioè con una valenza economica tale da concretizzare
un arricchimento del destinatario, es. modificare il piano regolatore in modo da
rendere edificabile un suolo che prima non lo era.
-
Danno che può essere sia economico che non economico, morale o affettivo es.
inserendo un parente tra coloro che aspirano all’assegnazione di un impiego facendo
parte quale membro della commissione di concorso, oppure, per danneggiare
l’amministrazione per motivi elettorali.
-
Danno e vantaggio devono essere ingiusti nel senso che devono derivare dalla
violazione delle norme e dei regolamenti e non per es. da inimicizia tra le parti ma
nel rispetto formale delle regole della buona amministrazione.
-
Condotta tipizzata:
-
Violazione di norme di legge o di regolamento e non semplicemente eccesso o
sviamento di potere (per il quale v’è rimedio con il ricorso al T.A.R.) altrimenti il
controllo penale diverrebbe una invasione sulle scelte di ordine amministrativo.
Quindi per es. dare un permesso a costruire ad un parente e negarlo ad un nemico
ostile non è reato se avviene nel rispetto formale e sostanziale delle norme e dei
regolamenti.
o
Illiceità amm/va ed illiceità penale sono due aspetti differenti e non
necessariamente coincidenti. La violazione di legge, quale vizio tipico degli atti
amm/vi, relativi al soggetto, al contenuto ed alla forma dell’atto o al
procedimento, può essere elemento costitutivo del reato di abuso ma non è
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detto che sia sufficiente ad integrare gli estremi di un abuso penalmente
rilevante. Ad es. la mancanza di motivazione o carenza di motivazione è
sicuramente qualificabile come illecito amm/vo e come tale ricorribile al T.A.R.
ex L. 241/90, ma è solo un elemento da valutare da parte del giudicante come
base di partenza per verificare se si è realizzata la fattispecie dell’art 323 c.p.
o
Il riferimento alla violazione dei regolamenti è consentito dalla possibilità che la
norma penale integri il precetto con riferimento a norme anche secondarie tratte
da altri rami dell’ordinamento (ipotesi di cd. norme penali in bianco)
Omettendo di
astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto. Si tratta di un dovere di astensione che si sostanzia in un obbligo giuridico
che discende dalla legge per gli amministratoriri locali ex art. 78 dlg. 18/08/2000 n.267
e per i pubblici dipendenti ex DM 31/03/94 n. ed altre fonti quali la legge 142/90 art. 64.
o Deve trattarsi di atti di cui il p.u. ha competenza per lo svolgimento di
funzioni o servizi in quanto”intraneus” alla P.A.
o
La clausola “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”, indica che
la fattispecie ex art 323 è sussidiaria rispetto a fatti di abuso più gravi che
abbiano connotazioni precipue tipiche ad es. della concussione
,corruzione ecc…
-
Dolo intenzionale nel senso che il p.u. commette l’abuso sapendo di agire allo scopo
di avvantaggiare o danneggiare qualcuno. Se lo scopo ( non i moventi che possono
essere i più vari) è diverso, per es. il p.u. che abusa del suo ufficio solo per far
mostra di potere e quindi ingraziarsi ed ottenere i favori sessuali di una vigilessa, il
reato è escluso.
-
Inoltre occorre la consapevolezza di stare violando norme o regolamenti e non un
mero errore nell’applicazione della legge extrapenale che per il disposto dell’art. 47
u.c. c.p. esclude la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce
il reato: per es. il p.u. che respinge una richiesta di sgravio fiscale ritenendo
erroneamente che la norma non si applichi al caso concreto. In tal caso l’errore sulla
interpretazione della norma invocata dal privato ha indotto senza colpa il p.u. a
commettere un fatto di reato che altrimenti non avrebbe compiuto.
-
Il reato si perfeziona col conseguimento del vantaggio o il prodursi del danno.
Altrimenti si configura il tentativo.
-
Ai fini della punibilità è considerata circostanza aggravante la rilevante entità del
danno o del vantaggio.
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7.10 Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio - art.326 c.p.
L’art. 326 sancisce “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio
[358], che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della
sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in
qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé
o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le
quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il
fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o
di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni .
-
Oggetto della tutela è impedire che alla P.A. possa derivare pregiudizio o danno dalla
rivelazione di notizie destinate a rimanere segrete.
o Es.: da una commissione di concorso viene fuori per un candidato il testo
del tema che verrà dettato in aula.
o Es.: un quotidiano pubblica i verbali di interrogatorio di un arrestato
passati al redattore dal cancelliere del Pubblico Ministero che l’ha
condotto.
-
Condotta incriminata consiste nel rivelare o agevolare la conoscenza di
notizie
dell’ufficio destinate a rimanere segrete. E’ il cd. segreto d’ufficio cioè conoscenze
che rientrano nella competenza funzionale dell’ufficio ( e non quindi apprese a causa
dell’ufficio cioè non sue proprie) e coperte da segreto nel senso che non possono
essere comunicate a terzi estranei all’ufficio : 1- per legge; -2 per regolamento; 3- per
ordine legittimo dell’autorità. Ad es. il DPR 10.01.1077 n.3 che impone il segreto agli
impiegati pubblici; oppure ai sensi dell’art 366 2° co. c.p.p. che prevede la
segregazione per 30 giorni dei verbali di interrogatori disposta dal Pubblico Ministero
anche nei confronti del difensore dell’indagato.
-
Violazione dei doveri inerenti alle funzioni o al servizio o abusando della qualità di
p.u.. Quest’ultima precisazione è pleonastica in quanto comunque rivelando notizie di
ufficio si viola e si abusa delle funzioni e della qualità.
-
Agevolazione significa facilitare la conoscenza da parte di terzi di fatti e notizie
destinate a rimanere segrete agendo anche colposamente: es. lasciando aperto il
cassetto di uno schedario in cui sono contenuti dati cd. sensibili.
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-
Il reato si consuma nel momento in cui il terzo apprende le informazioni coperte da
segreto. Colui che riceve tali informazione non è punibile in quanto la norma non lo
prevede.
-
La prima ipotesi del comma 3°: utilizzazione di notizie segrete dell’ufficio a fini
patrimoniali.Vi è ricompreso qualunque profitto personale o di terzi che derivi dalla
utilizzazione della notizia: es. rivelazione dietro compenso del contenuto delle offerte
in una gara di appalto ovvero senza compenso ma per farla aggiudicare ad un amico
o parente.
-
La seconda ipotesi del comma 3°: utilizzazione per un vantaggio non patrimoniale,
cioè non economicamente valutabile: es. una prestazione sessuale. Ovvero solo per
cagionare danno al terzo. Il danno è ingiusto in quanto deriva da una condotta
improntata allo spregio ed alla violazione di norme, di regolamenti oltre che al dovere
di correttezza ed imparzialità che deve improntare l’azione del pubblico funzionario.Il
danno può essere patrimoniale ovvero non patrimoniale es. il danno di immagine che
deriva dal rivelare il contenuto del certificato penale di un soggetto la cui attività è
legata alla pubblica fama.
7.11 Rifiuto di atti di ufficio. omissione – art 328 c.p.
L’art. 328.stabilisce ”Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che
indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo , è
punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico
servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto
del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione
fino ad un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere
redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta
stessa.
La prima ipotesi prevede il rifiuto indebito, cioè non dovuto e quindi non giustificato da
parte del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Requisiti sono:
-
Deve trattarsi di un atto del suo ufficio per il quale ha la cd. competenza funzionale;
atto “qualificato” nel senso che deve essere finalizzato a ragioni di giustizia,
sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità e che “deve essere compiuto
senza ritardo”.
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-
Il rifiuto per essere tale presuppone quindi una richiesta di sollecito adempimento che
può provenire sia dal privato che da un altro ufficio della P.A. o da un superiore
gerarchico dello stesso ufficio. Il diniego può essere esternato in qualsiasi forma:
orale, scritto e deve essere indebito nel senso che il soggetto attivo non può
giustificarlo richiamandosi a norme di carattere amm.vo o penale come nel caso in
cui gli si richieda di compiere un atto illegittimo o penalmente rilevante.
-
Per il principio di tassatività
l’atto rifiutato deve appartenere solo alle categorie
indicate nella fattispecie e non altre (ad es. in materia ambientale) a meno che non
possa essere sussunto in una di quelle previste.
La seconda ipotesi prevede la cd. omissione punibile i cui requisiti sono
-
Che vi sia una richiesta di adempimento da parte del terzo rispetto ad un atto della
P.A. che tarda ad essere compiuto (quindi non tra quelli che devono essere compiuti
senza ritardo previsti nella prima ipotesi)
-
Che il p.u. entro trenta giorni dalla richiesta non compie l’atto e non risponde per
esporre le ragioni del ritardo.
-
Scopo della norma è impedire l’inadempimento o il ritardo ingiustificato di un atto
d’ufficio quando non è previsto un termine per il compimento dell’atto stesso.
-
Si pone un problema di compatibilità di termini allorché la legge amm.va fissa termini
diversi in ragione della tipologia degli atti. Infatti la L. n. 241/90 sulla trasparenza e
sull’accesso agli atti, all’art. 2 delega alla P.A., per ciascun tipo di procedimento la
determinazione della durata dello stesso che solo in mancanza è di 30 giorni. Per cui
ne deriva che nel caso in cui il termine fissato sia più lungo, solo elasso questo
scatta la possibilità di richiesta di adempimento e le conseguenze che la legge
penale ne fa derivare.
-
Di conseguenza il p.u. potrebbe non adempiere l’atto, riservandosi di dare
spiegazioni alla eventuale successiva richiesta. In tal caso, per evitare che si
realizzino così prassi omissive tacite, il giudice dovrà valutare non solo perché l’atto
non è stato compiuto, ma anche la fondatezza o meno delle giustificazioni addotte.
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