Federico Seneca - Fondazione Cassa di Risparmio di Fano

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Federico Seneca - Fondazione Cassa di Risparmio di Fano
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Federico Seneca 'Pittore
cubista'
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OMAGGIO A FEDERICO SENECA
La Fondazione Cassa di Risparmio di Fano intende
conservare,
attraverso
i
moderni
sistemi
di
informazione, la memoria di un grande concittadino,
maestro della grafica pubblicitaria divenuta grazie a Lui
vera manifestazione dell’arte e della genialità italiana.
Per
questa
ragione
viene
ospitato
sul
nostro sito
istituzionale il catalogo della mostra dedicata, nell’anno
1998, alla sua opera. L’eco del successo di tale evento
è tuttora vivissima tra gli studiosi, gli esperti di
comunicazione, gli studenti e il pubblico in genere,
tanto che numerosissime pervengono da tutta Italia e
anche dall’estero richieste di copia del catalogo: anche
per soddisfare tali esigenze la Fondazione ha voluto
questa iniziativa nella consapevolezza di offrire un
prezioso contributo per futuri, ulteriori approfondimenti
sulla figura e l’opera di FEDERICO SENECA.
Fano, gennaio 2007
Fabio Tombari
Presidente
Fondazione Cassa di Risparmio di Fano
Foto di Federico
Seneca
Casnate, Archivio
Seneca
Presentazione
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A Federico Seneca (1891 - 1976), fanese, grande
maestro della grafica pubblicitaria italiana e conosciuto
in tutta Europa, la città dedica l'esposizione dei suoi
manifesti, vere opere d'arte, conservate nel Museo
Civico "L. Bailo" di Treviso, nella Civica Raccolta A.
Bertarelli di Milano e nella raccolta di famiglia.
Questa mostra si colloca nel contesto di un programma
di valorizzazione e diffusione della cultura e dell'arte
che la Fondazione Cassa di Risparmio di Fano persegue
da anni e che intende potenziare per la conservazione
della memoria e della tradizione locale.
Il catalogo della mostra su Federico Seneca vuole
essere un tangibile contributo per la conoscenza del
concittadino illustre e la testimonianza di una iniziativa
che si realizza con il contributo dei due Musei di
Treviso e Milano, del figlio dell'artista Bernardino
Seneca, del Prof. Francesco Milesi e di quanti con
impegno ed entusiasmo l'hanno consentita: a tutti il
nostro più vivo ringraziamento.
Valentino Valentini
Fano - Stazione
balneare
1912 / 1913
(cm 140 x 100)
Milano, Civica
Raccolta delle
Stampe A.
Bertarelli
Il contesto
di Alberto Berardi
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Federico Seneca 'Pittore
cubista'
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Onore al merito. Ed il merito questa volta è tutto di
Sergio Ciavaglia, attacchino comunale. Il merito di aver
fatto riscoprire a Fano Federico Seneca, grande
maestro della grafica pubblicitaria e se le teorie più
ardite
sull'opera
d'arte
nell'epoca
della
sua
riproducibilità tecnica hanno un senso, vero e grande
artista. Infatti non solo la Secessione viennese ha
sostenuto che il design di un oggetto prodotto
industrialmente ha la stessa nobiltà del pezzo unico e
che
non
esiste
gerarchia
alcuna
fra
le arti
impropriamente definite maggiori e minori. Nessuno
oggi si sognerebbe di definire "non arte" le opere di
Federico Seneca, finalmente esposte nella sua città
natale, dopo anni di oblio e di dimenticanza. Ma
torniamo al merito di Sergio Ciavaglia, che almeno
dieci anni or sono mentre lo stavo conducendo in auto
ad un incontro conviviale della Carnevalesca mi
raccontò un gustoso aneddoto su Seneca che egli
chiamava
rispettosamente
"il
professore".
Nell'immediato dopo-guerra Federico Seneca ormai
autore affermato a livello europeo, anche se
temporaneamente a riposo, amava passare le vacanze
a Fano soggiornando in una villetta in prossimità della
spiaggia del Lido, quella spiaggia che aveva contribuito
a promuovere realizzando quello che è forse il suo
primo manifesto: "Fano stazione balneare" (1912 1914). Da artista esperto e consumato che conosceva
l'importanza della collocazione delle proprie opere nella
grande Galleria costituita dai muri della città aveva
giustamente famigliarizzato con il responsabile delle
affissioni. Da cosa nasce cosa e proprio a Sergio
Ciavaglia "il professore" si rivolse, sapen-dolo in
contatto con la Carnevalesca per offrirsi, visto che
nessuno glielo aveva mai chiesto, come realizzatore di
un manifesto per promuovere la più grande festa
popolare del centro Italia che egli per giunta conosceva
bene in quanto da sempre legata, per il "getto", con la
Perugina, azienda di cui era stato direttore dell'ufficio
pubblicità. Il Ciavaglia riferì, il Consiglio si riunì, la
conclusione fu negativa perché: "se il bozzetto non ci
piacesse come faremmo a dir di no ad un artista come
Seneca?". Conclusione che la dice lunga su certi vezzi
indigeni e Seneca era pur sempre figlio della stessa
terra. Dopo l'aneddoto l'attacchino che in cuor suo non
aveva accettato il verdetto e che sempre in cuor suo
aveva da tempo innalzato un altarino al "professore",
mi chiese di fare qualcosa perché Fano potesse riparare
mi chiese di fare qualcosa perché Fano potesse riparare
al torto di allora e ricordare un suo grande figlio.
Promisi e mai promessa fu tanto avventata, anche
perché la ribadii al figlio dell'artista, Bernardino
incontrato in casa di un amico comune a Fano. A mia
difesa ricordo di averci provato e riprovato direttamente
nel 1988 ma cadde la Giunta, indirettamente negli anni
successivi sollecitando enti pubblici ed aziende private
ma senza esito positivo. Ci voleva la sensibilità del
Consiglio di Amministrazione della Fondazione Cassa di
Risparmio di Fano e del suo Presidente Valentino
Valentini
sommata
alla
caparbietà
ed
alta
professionalità di Francesco Milesi per vedere realizzata
una Mostra di cui è fin troppo facile prevedere il grande
successo, una Mostra per tutti, raffinati intenditori e
cittadini comuni. Per me Federico Seneca resterà
sempre l'autore dell'immagine riprodotta sui "Baci"
Perugina, immagine che bambino non riuscivo a
decifrare e che poi scopersi, adolescente, essere
collegata non solo al dolce della cioccolata. Oggi quella
immagine, sempre quella, viaggia sui cieli del pianeta
perché riprodotta sulla fusoliera di un jet della
compagnia di bandiera a riprova non solo della
longevità di un'idea grafica ma soprattutto, come
sosteneva Henryde Toulouse-Lautrec, che arte e
commercio non
prosperare.
solo
possono
convivere
ma anche
Nota del curatore
di Francesco Milesi
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Con questa antologica dedicata a Federico Seneca si è
voluto ricordare ed onorare l'illustre cittadino fanese
che è stato uno dei grandi maestri della grafica
pubblicitaria europea. Come è già successo per altri
celebri concittadini il riconoscimento della città è giunto
Dedica di F. T.
dopo la loro morte, o per alcuni non è giunto affatto.
D'altronde "Nemo propheta in patria".
Federico Seneca
Marinetti a
Tutti conoscono la splendida scatola dei "Baci
Perugina", ma pochi sanno che è opera del grafico
fanese che la disegnò negli anni Venti, quando era
direttore pubblicitario della famosa ditta dolciaria. I
manifesti di Federico Seneca, notissimi, sono infatti
entrati a far parte della vita quotidiana di diverse
generazioni in tutta Europa, ma altrettanta fama non
ha ottenuto il loro autore schivo e modesto. Oltre alla
immediata efficacia comunicativa, le opere di Seneca
possiedono precisi riferimenti ai movimenti culturali ed
artistici dell'epoca.
Si pensi, ad esempio, ai quattro manifesti degli anni
1924 - 1927 per la "Coppa della Perugina", che
testimoniano un'ideale adesione di Seneca al Manifesto
del Futurismo: "...noi vogliamo inneggiare all'uomo che
tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la terra,
lanciata a corsa, essa pure, nel circuito della sua
orbita" ed alla ricerca futurista di Gerardo Dottori, che
Seneca aveva conosciuto nel suo soggiorno a Perugia,
codificata poi nel Manifesto dell'Aeropittura del 1929.
Cinzano Soda
1951 - 1952
(cm 140 x 100)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Agipgas
Il riconoscimento di Seneca futurista è attestato da una
dedica che Filippo Tommaso Marinetti, ideologo e
propulsore del movimento, ha posto in calce al registro
delle visite della ditta Perugina: "Bravo, Seneca
magnifico futurista del Cartello - Reclame! F.T.
Marinetti."
I manifesti della "Coppa Perugina" sono gli unici di
chiara matrice futurista, infatti Seneca continua la sua
ricerca espressiva ispirandosi a modelli che gravitano
nell'area del Cubismo, come ha evidenziato Arturo
Carlo Quintavalle nell'approfondito saggio critico in
questo catalogo.
1955
(cm 32 x 23)
Casnate, Raccolta
Seneca
Nei manifesti di questo periodo, la figura umana è
rappresentata attraverso una metamorfosi geometrica,
una sorta di antropomorfismo neocubista che trae
origine dalla cultura francese, nei quali Seneca giunge
a soluzioni plastico-dinamichedi grande suggestione.
Ottenne allora in Francia grande ammirazione per il
suo lavoro dal famoso grafico Raymond Savignac,
collaboratore di Cassandre (Adolphe Mouron) che con
Jules Chéret, fu maestro del rinnovamento dell'affiche.
Una cosa è certa: l'alta professionalità di Seneca.
Quando egli infatti realizzava un manifesto, non
lasciava mai nulla al caso, ma progettava con estremo
rigore ogni particolare, valutava il rapporto figurasfondo, l'equilibrio formale, la configurazione, la luce, le
ombre e poneva estrema attenzione al lettering, fino a
far diventare la scritta un'icona (si pensi ai "Baci"
Perugina).
Nella progettazione delle sue opere grafiche, Seneca
modellava addirittura delle figure in gesso, mostratemi
dal figlio Bernardino - che ringrazio per la cortese
collaborazione - per studiare i rapporti volumetrici e
l'effetto di luce su di essi. Quale esempio di questo
rigoroso procedimento, sono esposti in mostra due
modellini in gesso realizzati per il manifesto "2a Mostra
mercato dei vini tipici d'Italia" (1935) e quello del 1950
delle "Lane B.B.B.".
Un discorso a parte merita lo splendido lavoro che
Seneca realizzò nel 1951 - 1952 per "Cinzano Soda":
l'unico nel quale il personaggio, nell'atto di bere
l'aperitivo, non è rappresentato volumetricamente ma
sintetizzato dall'alto con due spessi segni grafici che
comunque sottintendono una plasticità incombente. Un
manifesto, questo, di una sintesi formale assoluta ed
una pregnanza comunicativa che testimoniano, se ce
ne fosse bisogno, la straordinaria creatività dell'artista.
A questo proposito vorrei ricordare il manifesto di
Seneca "Agipgas - il gas liquido del sottosuolo italiano",
realizzato negli anni cinquanta per l'E.N.I. di Enrico
Mattei, suo estimatore, nel quale egli introduce l'idea
geniale del gatto stilizzato a tre zampe dalla cui coda
esce una fiamma.
I manifesti di Seneca, come pagine di storia, hanno
descritto l'economia italiana e il suo percorso dalla fine
della prima guerra mondiale alla seconda ed al
successivo
risanamento
economico,
scandendo i
progressi della nostra industria e pubblicizzando le
novità sul mercato di una società modesta, non ancora
convertita ad un consumismo di massa.
Questa mostra, nella quale sono esposte più di
quaranta opere, voluta ed organizzata dalla Fondazione
Cassa di Risparmio di Fano, vuol significare un sincero
omaggio ad un grande artista fanese, famoso ed
apprezzato in tutta Europa, ma forse, poco conosciuto
dai suoi concittadini.
Federico Seneca 'Pittore cubista'
di Arturo Carlo Quintavalle
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Federico Seneca 'Pittore
cubista'
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Nota biografica
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1
2
3
La storia di Federico Seneca è fra le meno sondate
nella vicenda del manifesto e converrà brevemente
ricapitolarla prima di entrare nel vivo del dibattito
critico che ci pone un complesso problema: Seneca è
figura legata a una storia locale oppure a una storia
complessa, europea dell'affiche? La più recente
indagine critica mostra di optare per la prima
soluzione, noi vedremo come questa risposta, di fronte
alla concreta analisi dei manifesti di Seneca, sia
inadeguata. Prima comunque dobbiamo cercare di
riassumere la vicenda biografica che, raccontata
attraverso una serie di scarne notizie legate a percorsi
quasi soltanto regionali, di fatto ha non poco
Fano - Stazione
balneare
1912 / 1913
(cm 140 x 100)
Milano, Civica
Raccolta delle
Stampe A.
Bertarelli
contribuito a chiudere Seneca in un territorio, anche
culturale, troppo limitato.
Seneca dunque nasce a Fano nel 1891, studia a Urbino
presso il Regio Istituto di Belle Arti fino al 1911 dove si
abilita all'insegnamento del disegno. 1 Seneca insegna
quindi alle Scuole Normali di Fano e inizia a operare
come cartellonista; un pezzo che viene assegnato agli
anni 1912 - 1914 è "Fano stazione balneare"
chiaramente legato alla lezione di Dudovich dei
manifesti degli inizi del secolo. In questi anni prima del
conflitto mondiale Seneca avrebbe conosciuto Marcello
Dudovich soggiornando anche a Roma fra 1911 e 1915
in diverse occasioni, ma è incerto il periodo esatto di
questi viaggi e altrettanto incerti sono i contatti con
altri artisti. Seneca è comunque arruolato negli alpini, è
al fronte nel 1916, ma nello stesso anno va a Modena,
all'Accademia Militare, tornando dal fronte come
ufficiale nel 1917; chiede quindi di diventare pilota e il
2 luglio 1917 il sottotenente Seneca inizia il corso
all'aeroporto di San Giusto presso Pisa, conseguendo il
brevetto prima il 21 novembre 1917 e quindi il 20
luglio 1918. Torna al fronte e viene decorato della
croce di guerra conoscendo anche, parrebbe, Gabriele
D'Annunzio e continuando a volare con gli idrovolanti
fino al luglio del 1919, quando è in forze alla Scuola di
Orbetello. In questo periodo sembra che Seneca
cominci a lavorare per la Perugina a Perugia e la data
di inizio di questo rapporto di lavoro viene fissata dal
Villani
al
1920 2
e
per
il
Bettazzoni
sarebbe da
anticipare alquanto, al 1919 3 . Seneca dunque dal 1919
risiede a Perugia e lavora come pubblicitario per la
La Perugina Cioccolato
1920
(cm 84 x 34)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
risiede a Perugia e lavora come pubblicitario per la
Perugina e, dal 1925, è a capo dell'Ufficio pubblicità
della Buitoni che si è unita alla Perugina in quell'anno.
Nel 1929 Seneca vince a Monaco di Baviera il primo
premio della Mostra Internazionale del manifesto ma il
suo rapporto con l'area germanica è antecedente di
certo visto che 4 risulta dal suo passaporto un timbro di
ingresso in Austria datato 4 marzo 1928 e appaiono
probabili altri viaggi, a Parigi, a Londra, a Berlino. Nel
1932 per cause non note si chiude il rapporto con la
Perugina e la Buitoni a Perugia e Seneca si sposta in
quell'anno a Milano, dove opera come pubblicitario per
varie ditte fino al 1935. Quindi nel 1935 lascia la
pubblicità per diventare industriale della plastica e
riprenderà l'antica professione solo nel dopoguerra. Nel
1946 abbiamo un bozzetto di un manifesto di
propaganda monarchica prima del referendum del 2
giugno 1946 5 , quindi è consulente a Milano come
esperto pubblicitario della ditta BBB di Monza 6 , infine
dal 1950 al 1959 dura la attività di pubblicitario, ma
già nel 1956 Seneca inizia col figlio una nuova impresa
commerciale che gli fa abbandonare la pubblicità.
Morirà nel 1976 a Casnate (Como).
Mi
sono
sentito
in
obbligo
di
riassumere assai
brevemente le vicende biografiche non perché esse ci
illuminino in modo particolare sulla storia di Seneca ma
proprio perché questa vicenda locale, chiusa tutta tra
l'originaria Fano e il fronte di guerra, Orbetello e
Perugia, con qualche eventuale puntata a Roma,
appare ingannevole se considerata come il possibile
punto di partenza per una analisi delle opere del
cartellonista. Una storia dunque che non può prendere
le mosse da questi dati per affermare, come pure si è
fatto, la autonomia o peggio ancora la anteriorità di
Seneca rispetto ad altri artefici e vicende europee
dell'affiche,
oppure
la
sua
totale indipendenza
da
queste 7 . Il problema è invece un altro: rileggere i
manifestidi Seneca, cercare di inquadrarli nel contesto
italiano ed europeo e stabilire infine se e quando vi
possano essere stati rapporti di Seneca con altri
protagonisti della storia del manifesto, che viaggi il
grafico abbia compiuto, insomma se egli abbia davvero
vissuto una esistenza schiva e separata dal mondo
oppure invece non rientri in quella serie di artisti
formatisi alla cultura crociana nei primi due decenni del
nostro secolo, e penso a Morandi, a Carrà, a Severo
Pozzati pittore e autore di manifesti che rivendicano la
propria autonomia, la propria indipendenza perché
collegarsi, conoscere, riprendere motivi altrui sarebbe
un segno di minore capacità inventiva, vorrebbe dire
passare dal mondo della -pura- poesia a quello impuro- della prosa.
Ma
veniamo
a
qualche
manifesto
di Seneca
cominciando dal dopoguerra e dunque dal momento in
cui il tessuto delle opere si fa leggibile pur nella varietà
e complessità dei riferimenti. Fra i primi "Cioccolato La
Perugina" si data 1920 e non è certamente una prova
di poco rilievo. La figura feminile è ben all'interno della
tradizione accademica, il chiaroscuro, le ombre ci
portano al rinascimento in Toscana, diciamo fra
Ghirlandaio e Andrea del Sarto e alla ritornante moda
Ghirlandaio e Andrea del Sarto e alla ritornante moda
neoleonardesca a cavallo dei due secoli; per i
riferimenti all'affiche Seneca sembra muovere dalla
tradizione di Marcello Dudovich di dieci anni prima, per
esempio dai manifesti Mele degli anni attorno al 1910
ma, in genere, senza assumere nulla del taglio jugend
del grande loro autore. Forse per questa affiche
devono essere apparse a Seneca assai più familiari le
illustrazioni, per esempio le copertine di "Ars et labor"
della Ricordi degli anni Dieci.
Certo è che non esiste un diretto rapporto fra la lingua
di Seneca in quest'affiche e l'invenzione dell'immagine
dei "Baci Cioccolato Perugina" che si data al 1922.
Prima di tutto la scelta dell'impaginazione: punto di
vista dal basso, la scritta "Cioccolato Perugina" che fa
da base al sistema, il cielo azzurrino, la coppia
spostata verso sinistra, la grande scritta Baci, con la
singolare "B" graficamente pensata come fulcro del
sistema compositivo. La lingua di questo manifesto
nasce dal nulla o
da
un
contesto culturale
individuabile? Cominciamo con le scritte che escono da
una precisa tradizione grafica, dalle invenzioni di
Leopoldo Metlicovitz e di Marcello Dudovich e da quelle,
in genere, dei manifesti Mele. Non basta: si è detto, e
giustamente, che l'invenzione della coppia che si bacia
muove dal dipintodi Hayez ora a Brera e una cui
seconda versione, con l'uso simbolico dei colori bianco,
rosso e verde è stata di recente individuata; ecco
dunque e prima di tutto una domanda, l'idea del bacio
nasce soltanto da Hayez? Credo che Seneca si sia
trovato davanti a tradizioni diverse e che, per esempio,
non poco abbia giocato "Sogno di un walzer" (1910) di
Metlicovitz, dove una coppia si accosta in primo piano
mentre una donna suona sullo sfondo un violino; credo
che molti altri manifesti, per esempio quello di Mazza
per "Mele Napoli Mode novità" (1910 c.) con a sinistra
una coppia che si avvia in primo piano, possano avere
contribuito a individuare una nuova strada. Ma, una
volta decisa la trasformazione del nome dei cioccolatini
in -Baci-, l'iconografia coerente col nome doveva
essere scelta ma non lo era certo ancora la lingua. Si
tratta di una lingua neoottocentesca, non jugend, non
moderna, certo, che si contrappone invece a una
grafica ormai rinnovata. Ma c'è forse un'altra e più
sottile novità che richiama alla matrice ottocentesca
allusiva al dipinto di Hayez, la scelta del colore
simbolico, un azzurrino che in una Italia post guerra
1915 - 1918 non può avere che un sottile valore
simbolico, legato dunque alla casa Savoia.
Note
1 Le principali notizie su Seneca si possono trarre da
diversi scritti di D. Villani: Arte Pubblicitaria 1900 1933, Supplemento a "L'Ufficio moderno", Milano, sett.
1933; 50 anni di pubblicità in Italia, in "L'Ufficio
moderno",
Milano,
1957;
Storia
del
manifesto
pubblicitario, Milano, 1964; Dino Villani ricorda Seneca,
in "Parete", nov. 1977; Il manifesto pubblicitario, in "Le
vie d'Italia", febb. 1963; La Belle Epoque dei giornali
italiani nel manifesto, Milano, 1969. Per meglio
comprendere le posizioni di Seneca sul manifesto si
comprendere le posizioni di Seneca sul manifesto si
potranno leggere due suoi interventi: Il cartellone
reclame, in "L'Ufficio moderno", Milano, agosto 1931, e
La pubblicità come espressione d'arte, Ivi, dicembre
1931, Ancora di Seneca è importante il testo: Alcune
referenze di Seneca pubblicitario e artista, Milano,
1951. Interessanti anche i saggi di D. Belli: Arte
pubblicitaria futurista, in "Futurismo", I, 7, ott. 1932 e
Arte pubblicitaria, Ivi, I, n. 11, nov. 1932. Per una
lettura di Seneca si veda anche L. Borgese: Tavole di
Federico Seneca, Parigi, 1952. Una ricapitolazione delle
vicende biografiche di Seneca la troviamo nella prima
parte della tesi del dr. Fabio Bettazzoni che si è
laureato nell'a.a. 1988-89 con Renato Barilli presso il
DAMS di Bologna; il titolo della tesi è L'illustrazione di
Federico Seneca nel periodo fra le due guerre.
2 D. Villani: Arte pubblicitaria 1900 - 1933 cit..
3 F. Bettazzoni, L'illustrazione di Federico Seneca nel
periodo fra le due guerre cit., p.12.
4 Ivi, p.14.
5 Ivi, p.16.
6 Ivi, p.17.
7 Per esempio il Bettazzoni, nella sua pur generosa e
utile tesi di laurea, legge i diversi manifesti in termini
sostanzialmente formali, ma non sempre coglie gli
evidenti nessi con numerosi altri artefici dell'affiche
finendo per chiudere il percorso di Seneca in un
isolamento di fatto impensabile.
Federico Seneca 'Pittore cubista'
di Arturo Carlo Quintavalle
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1
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Come si vede la cultura di Seneca è complessa e lo
mostra bene anche un altromanifesto datato al 1923,
"Cioccolato Perugina", dove vediamo un'ape che sospesa sugge il -fiore- tavoletta di cioccolato: lo sfondo e
scuro, appena colpeggiato dipennellate, la scritta in
primo piano violacea, l'ape dorata, la tavoletta di
cioccolata bruna. Qui il rapporto con Leonetto Cappiello
mi sembra evidentissimo e lecitazioni di sue invenzioni
grafiche sono numerose: figure isolate e sospese
nelvuoto come in "Le thermogène" (1907) o "Comica"
(1908) o "Cinzano" (1910), riprese di animali come in
quest'ultimo manifesto o in "Source Parot" (1908)
sempre di Cappiello, o anche come in "Chocolat poulain
papier orange" dellostesso grafico dove un cavallino
corre davanti agli occhi stupiti di una bambina.
Insomma Seneca adesso è a un bivio, restare
all'interno della internazionale dellalingua parigina
dell'affiche, da Chéret a Cappiello, appunto evocare la
tradizione-triestina- ma anche bolognese e milanese del
manifesto in Italia, oppure sceglierealtre strade? "Fano
stazione balneare" (1924) non sembra risolvere il
dilemma, ed anzi pare riprendere dal modello di
Dudovich per la ditta Mele molte idee, da quella della
figura in primo piano ridotta a schema a quella di un
coinvolgente paesaggio in prospettiva che fa entrare
nel manifesto lo spettatore; il nuovo non sta qui ma in
una programmatica, mancata definizione di una forma,
quell'accappatoio sospeso che sembra una scultura in
gesso o marmo e, dietro la donna che corre, la serie di
figure bianche sulla spiaggia in riva al mare che sono
citazioni neodechirichiane. Insomma, Seneca è incerto
sulle strade da prendere: assumere dalla pittura molti
Perugina Cioccolato
1923
(cm 140 x 100)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Coppa della
Perugina
1924
(cm 140 x 100)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
elementi oppure usare il manifesto come modello, e in
questo caso il manifesto di Dudovich degli anni attorno
al 1910.
A questo punto un nuovo tema viene posto dalla
committenza, problema che non sarà certo senza
conseguenze per le vicende della ricerca di Seneca. Gli
si chiedono dei manifesti per la "Coppa della Perugina",
una gara automobilistica dove il problema è molto
diverso da tutti quelli finora affrontati, si deve
rappresentare il movimento. Seneca imposta nel 1924
il primo manifesto della serie con vedute dall'alto di
un'auto rossa dove il movimento è rappresentato dallo
sfilacciarsi del colore, dal grigio delle ruote al rosso
dell'auto, dalle teste del pilota e del navigatore al
terreno che sta oltre il bianco della strada. Una idea
IV Coppa della
Perugina
1927
(cm 200 x 140)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
terreno che sta oltre il bianco della strada. Una idea
che rende la velocità delle auto, che ha una lunga
storia a partire da Marcello Dudovich "Corse di Brescia"
(1907) con il profilo di donna in primo piano che
osserva l'auto sfuocata nella luce della strada, mentre
taglia
il
traguardo. L'idea
della trasformazione
dell'immagine in movimento non viene da Dudovich
ma, ancora una volta, dalla invenzione di un pittore, il
futurista Boccioni che del tempo e, quindi, del
movimento, anche in scultura, ha fatto il punto di
partenza di una intera poetica. Si sa, Boccioni ha anche
lui un'attività di grafico e la sua serie per L'Automobile
Club d'Italia che si data al 1904 lo mostra bene, sia
Perugina Cioccolato al
latte
1923
(cm 140 x 100)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
pure utilizzando una grafia ironica, da illustrazione per
l'infanzia, ma dove le convenzioni di immagine, e in
particolare la sfrangiatura dei contorni per esprimere la
velocità, appaiono in evidenza, ad esempio in
"Automobile e caccia alla volpe" (1904) oppure in
"Auto in corsa" dello stesso anno8 . Sono raffigurazioni
che hanno avuto una larga diffusione e che dunque
Seneca può ben avere conosciuto, ma è certo che la
idea di rappresentare il movimento sfrangiando le
forme, dissolvendole nella velocità, è tipicamente
futurista e quindi proprio da quel movimento e dai suoi
Perugina Banane
1925
(cm 140 x 100)
adepti, da Giacomo Balla e Fortunato Depero a Gerardo
Dottori, Seneca deve avere tratto ispirazione. Non sarà
Treviso, Raccolta
inopportuno ricordare, di Dottori, "Trittico della
velocità" (1925 - 1926), un grande pezzo che esalta
Bailo
appunto il movimento, l'automobile e la scomposizione
delle forme in relazione al movimento stesso.
Mi sembra impossibile negare un rapporto con questa
tradizione pittorica futuristica nel manifesto per la "II
coppa della Perugina" (1925) dove l'immagine della
strada, come graffiata dalle bianche scie delle auto
lontanissime, coi pali della luce inclinati a sottolineare
la visione in soggettiva dall'interno dell'automobile, ci
fa ben comprendere il rapporto con Balla, con Russolo
e, in genere, proprio con quei futuristi che più mettono
l'accento sul movimento. Ma l'immagine di Seneca
deve
avere
qualche
nesso
anche
con
altre
raffigurazioni, come quella di "Fiat 500" di Leopoldo
Metlicovitz, un manifesto che esalta l'automobile come
uscita dai calori irraggianti dell'altoforno.
Se si segue la cronologia di Seneca si scopre che il
grafico
utilizza
contemporaneamente
e
consapevolmente, ancora a metà anni Venti, varie
lingue. Un pezzo come "Ciccolato al latte Perugina"
(1925) infatti non potrebbe essere più ovviamente
legato a Leonetto Cappiello nell'invenzione della coppia,
il bianco del latte il nero-negro del cioccolato. Sospesa
dunque nel vuoto fra il colore cupo della zona alta e le
sfrangiature più chiare in basso la grafia delle figure è
ormai pienamente anni Venti.
Ma ecco, sempre del 1925, con "Cioccolato Perugina
Banane", una trasformazione che fa pensare a nuovi
modelli, a nuove esperienze. Il manifesto riutilizza la
"B" di baci Perugina per l'iniziale di Banane costruendo
anche una specie di arco che fa da base alle figure
soprastanti: un negro, una banana disegnata in modo
realistico. Eppure se si osservano solo i dettagli non si
valuta il senso della composizione. Seneca disegna il
negro con l'ironia di Cappiello ma reinventa il prodotto,
in questo caso la banana, usando un realismo analitico
che stacca dai modelli finora utilizzati e sembra far
Salce, Museo L.
che stacca dai modelli finora utilizzati e sembra far
pensare ad altre esperienze. La composizione nel suo
insieme è
architettura
nuova e l'uso delle scritture come
compositiva è una delle innovazioni
significative. Sembra dunque che Seneca abbia avuto,
o stia facendo, altre esperienze, esperienze che si
collocano tutte fra gli anni 1925 e 1927, quelle in cui,
ragionevolmente, penso si possano collocare una serie
di viaggi fuori dai confini o, comunque, si deve inserire
la conoscenza della produzione di affiche in Francia e in
Germania.
Seneca realizza nel 1926 il manifesto per la "III coppa
della Perugina" utilizzando ancora una volta l'immagine
del movimento, la sfrangiatura dello spazio, lo
striscione del traguardo sollevato dal vento; certo è che
lo spazio entro il quale la rossa auto si affaccia
prepotentemente in visione frontale scorciata dal basso
è quello dell'elettricità raggiante di alcuni noti dipinti di
Balla, dunque uno spazio pienamente futurista. Appena
un anno dopo il manifesto per la "IV coppa della
Perugina" muove dai medesimi presupposti mostrando
due auto in corsa, sfrangiate nel colore dalla velocità,
contro la fila degli alberi al fondo egualmente mossi dal
movimento, come nelle foto di Marey che tanto hanno
insegnato ai futuristi della prima generazione; ma
Seneca ha anche altre consapevolezze, quelle del
divisionismo soprattutto e, quindi, mostra chiara qui
l'esperienza di altri fatti, della ricerca di Previati, per
esempio, ma anche dei manifesti di Plinio Codognato.
Questi, negli anni Venti, viene producendo una serie di
immagini di automobili in corsa, come quelle della
"Bianchi" o quella del "Circuito di Cremona" (1924)
dove si utilizza lo sfrangiarsi delle forme come
convenzione per rappresentare il movimento. Un altro
punto
di
riferimento
importante
deve
essere stato
Marcello Nizzoli il cui manifesto per "OM" con l'auto
sospesa a mezza altezza deve avere detto qualcosa al
Seneca che progetta l'affiche per la III coppa del 1926.
D'altro canto la lezione offerta da Marcello Nizzoli, con
la sua profonda riflessione sulla tecnologia che muove
dal Futurismo, è evidente nei manifesti di Seneca e,
certo, un riferimento importante deve essere stato la
serie delle copertine di Nizzoli per la rivista "Vittorie del
motore" (1926) con le auto viste dall'alto, sfreccianti
nel colore mosso, appiattite, schematizzate 9
Note
8 Si veda il mio saggio introduttivo al volume L'auto
dipinta, curato da Paolo Barbaro e Gloria Bianchino,
Milano, 1992, pp. 3-59 e, ancora, le schede alle pp.
64-67.
9 Vedine riprodotte alcune in L‘auto dipinta cit., pp.
116 - 119.
Federico Seneca 'Pittore cubista'
di Arturo Carlo Quintavalle
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•
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Il contesto
•
Nota del curatore
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Federico Seneca 'Pittore
cubista'
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2
3
Ho fatto cenno ai viaggi, alle esperienze fuori dai
confini e credo veramente che la ricerca di Seneca non
possa
essere
spiegata
senza
una approfondita
esperienza sull'affiche a metà anni Venti soprattutto a
Parigi. Per dimostrarlo basterà analizzare un piccolo
gruppo di manifesti fra il 1926 e 1928, quando lo stile
del grafico muta completamente e quando si configura
quella organizzazione delle forme, quella scelta
d'immagine che le renderà inconfondibili. Cominciamo
da "Perugina cioccolato confetture caramelle" (1926)
col viso del negretto stretto da una mano-sciarpa
avvolta come un carattere grafico attorno al collo della
figura; certo, siamo sempre davanti alla metafora
negro-cioccolato che muove da Cappiello ma lo stile è
ormai ben diverso, si è come regolarizzato, organizzato
in forme sintetiche, pure; la ricerca iniziata con
"Cioccolato Perugina banane" sembra giungere qui a
nuovi sviluppi. Se adeso osserviamo "Cioccolatini
Perugina"
(1928)
con
la
figura sinteticamente
organizzata che forma una specie di rombo su un corpo
triangolare, e se osserviamo "Pastina glutinata Buitoni"
(1928) con la suorina grigiastra dal corpo costruito per
netti volumi chiaroscurati di due coni che si
intersecano, la suorina che osserva il piatto luminoso
con la pastina, e ci domandiamo quali siano mai le
fonti di Seneca non possiamo che dare una sola
risposta: la grande lingua di Francia, anzi di Parigi,
Cassandre da una parte, Sepo (Severo Pozzati)
dall'altra. Non vi possono essere dubbi su questo
rapporto, quali che siano le vicende biografiche di
Seneca; intendo dire che a metà anni Venti o poco
oltre il grafico deve avere compiuto una serie di
esperienze innovatrici e, alla luce di queste, il suo
modo di comporre è cambiato. Lo spazio che viene
costruendo non è più quello futurista ma quello
cubista, la dimensione sintetica delle composizioni che
egli viene organizzando è inconfondibile e i suoi modelli
lo sono altrettanto. Da dove assumere la sintesi
schematica delle figure se non da immagini come
"Ernest" (1926), "Saga" (1927) "Nord Express" (1927,
1928), i notissimi manifesti di Cassandre? 10 Certo, il
francese propone schemi neocubisti ma Seneca
riorganizza le figure secondo modelli in qualche modo
diversi e forse vi è stata una mediazione attraverso la
figura di un autore di affiches che è italiano e che nel
1925 si trasferisce a Parigi, Severo Pozzati, del quale
conviene ricordare l'efficacissima sintesi neocubista di
"Cigarettes régie française" il cui bozzetto è del
Perugina Cioccolato
Confetture Caramelle
1926
(cm 140 x 100)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Perugina Cioccolatini
1928 - 1929
(cm 200 x 140)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Lotteria di Tripoli
1934
(cm 48 x 34)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
"Cigarettes
régie
française"
il
cui
bozzetto
è del
11
1923 , e poi altri bozzetti quali quelli per un
manifesto
di
liquori
(1925)
con la
fìguretta
geometrizzata del cameriere, ancora, il bozzetto per un
altro manifesto con una figura composta da un doppio
cono di pasta che regge un vassoio (1925). Sempre nel
1926, in due bozzetti per il manifesto del cacao Van
Houten, Sepo propone una precisa linea di impianto
delle immagini: figure geometrizzate rigorosamente,
spazio architettato da queste stesse figure, esplicite
citazioni del cubismo e dell'arte negra. Non vi è dubbio
che proprio da qui muova Seneca per le sue invenzioni
e che proprio da questo viaggio a Parigi, ipotizzato
soltanto ma evidente nei fatti, parta la sua rivoluzione
di stile, il suo passaggio dalla cultura del futurismo,
usata quantomeno per i manifesti di movimento, e la
cultura rinnovata nei manifesti a partire dagli anni fra il
1926 e 1928. E dopo?
Dopo le scelte di Seneca si stabilizzano: "Cioccolato
Perugina" (1928 - 29) mostra la coppia di figure color
terra (il cioccolato) sinteticamente concepite che recano
in mano un cubo, in effetti come sospeso nell'aria,
certo il pacchetto coi cioccolatini ma, insieme, anche
un simbolo del rapporto col mondo francese. Poi ecco il
manifesto "Pastina glutinata Buitoni" (1928 - 1929) con
la testa-sfera del bambino-bambola che sembra una
maschera estremoorientale e il manifesto "Pastina
glutinata Buitoni" (1928 - 29) ancora una volta con il
motivo assunto da Sepo della figura sintetica,
geometrizzata, che reca un vassoio e con le scritte che
movimentano la composizione, come del resto in altri
pezzi precedenti. Poco importa il tema dei manifesti, se
per "Cioccolatini Perugina" (1929) oppure per "Cacao
Perugina" (1929), l'idea è sempre quella, geniale, del
recupero del cubismo di Francia, di Cassandre e di
Sepo
soprattutto.
Riduzione
del
colore
a
una
convenzione monocroma, contrasto fra i rossicci del
primo manifesto e la scritta blu, i grigi del secondo e la
scritta rossa; contrasto fra il movimento della figura e
delle scritte nel primo, fra il duplicarsi e scomporsi
delle forme nel secondo pezzo e la grafia - fissa - della
scritta che fa da base alla composizione.
Ecco adesso un problema che solo nuove indagini
potranno risolvere. Dato per scontato che il viaggio a
Parigi, e solo quello, può avere messo Seneca in
contatto con una realtà rivoluzionaria e avergli fatto
scegliere una nuova strada, penso che il grafico debba
avere comunque incontrato Severo Pozzati a Bologna
ben prima della metà degli anni Venti e debba avere
quindi maturato con lui un rapporto amichevole o,
comunque, di conoscenza che spiegherebbe meglio poi
il rapporto a Parigi e la chiara dipendenza, o il
collegamento fra le due ricerche. Del resto Pozzati è un
antico futurista che muove da esperienze alla lontana
legate a Kàte Kollwitz e dunque alla tradizione del
realismo e che quindi in certo senso ha percorsi che si
intrecciano con la formazione stessa di Seneca.
Ma torniamo, al di là di queste ipotesi, che attendono,
comunque, conferme documentarie, ad altri manifesti
di Seneca: legato allo stesso modello francese il
manifesto "Leggete il lavoro fascista" (1929) e quello
intitolato "Ia adunata professionisti e artisti I ottobre"
(1932) che riprendono le schematizzazioni delle figure
che già abbiamo analizzato. Un bell'esempio di questa
Agip - Energol
1955
(cm 68 x 49)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
che già abbiamo analizzato. Un bell'esempio di questa
sintesi è "Modiano" (1930) dove abbiamo una
architettura delle forme e una geometrizzazione di
grande efficacia. E qui vi sarebbe forse un nuovo
discorso da aprire, quello sul rapporto fra Seneca, e
non solo Seneca beninteso, e il primitivo, un discorso
che in Italia viene portato avanti da tempo, comunque
dagli anni Venti, da molti artisti. Certo, Seneca è
culturalmente parigino ma la scelta di queste forme
schematiche,
contratte e
la scelta di
ridotte può
queste immagini come
trovare parallelo nelle
invenzioni, diverse anche per colore e impegno politico,
proposte da altri, da Carrà che suggerisce un ritorno a
Giotto e ai primitivi, da Sironi che reinventa invece un
rapporto con l'arte germanica. In questa direzione, di
nuovo un tentativo di collegare l'esperienza dell'arte
dell'affiche di oltre confine, quella parigina, con la
politica dell'arte del nostro paese, sembra essere
conferma il percorso ulteriore di Seneca, per esempio
in pezzi come "Amaro Felsina Ramazzotti" con la
fìguretta molto legata a Cassandre che beve dal
bicchiere trasparente, e il pezzo si potrebbe datare
1933 anche perché certo riflette l'invenzione geniale di
Cassandre "Dubo-Dubon-Dubonnet" (1932). "Uova a
sorpresa Unica" (1934) con l'invenzione dell'uovo-testa
dentro la sciarpa che sempra una grande iniziale verde
e "Torrone Unica" (1934) col doppio cono del
cappelluccio e della barba del Babbo Natale rosso che
di nuovo ripropone la geometrizzazione delle forme
pure si collega a Cassandre. La dimensione del
racconto di Seneca in questi anni propone insomma un
insieme
di
rapporti
complessi
con
la cultura
contemporanea a Parigi e il trasferimento di Seneca a
Milano lo vedrà approfondire queste esperienze, ma
non queste soltanto. Seneca continua a utilizzare
precedenti modelli, come in "Lotteria di Tripoli" (1934)
dalla figura geometrizzata, come "Odeon follies" (1935)
dove la iterazione del movimento è il leit-motiv, come
"2a mostra mercato dei vini tipici d'Italia Siena 3 - 18
agosto 1935" dove la figura bianca costruisce una
composizione simile a quella del manifesto per Cinzano
ma diversa nel volume neocubista.
Nel
secondo
dopoguerra
Seneca riprende
i
vecchi
schemi, ad esempio in "Uova di cioccolato con sorpresa
Zaini" (1950) e in "Lane BBB Monza" (1950), dove
abbiamo anche, in grande evidenza, l'uso dei modellini
che ci fanno supporre una
indiretta ma da approfondire di
attività che spiega poi le matrici
della ricerca di altri grafici fra
attività, quantomeno
Seneca scultore, una
culturali di una parte
cui ricordo soltanto
Armando Testa 12 . I modellini tornano pure in "Pibigas
illumina" (1951), "Pibigas cuoce" (1951), "Pibigas
riscalda" (1951) una serie importante e di grande
efficacia dove di nuovo Seneca, come del resto in
questi stessi anni Sironi, rievoca gli anni Trenta della
propria ricerca rendendo ancora più architettoniche e
neoprimitive le sue figure. D'altro canto "Cinzano"
(1951 - 1952) sembra proporre apparentemente la
replica delle figure sintetiche della fase PeruginaBuitoni ma l'uso del solo contorno, la costruzione
geometrica, l'inserimento della bottiglietta dipinta e del
marchio fanno pensare a un rapporto di Seneca con la
ricerca del Bauhaus e quindi a un rapporto diretto con
la cultura a Milano che vede il peso della nuova grafica
e dell'esperienza compositiva elaborata a Dessau e
e dell'esperienza compositiva elaborata a Dessau e
Berlino farsi sempre più evidente.
Un solo manifesto, attorno al 1953, quello per "Agip
Energol olio per motori" segna, come gli altri per la
stessa impresa, un cambiamento apparente di stile: il
serpente-drago dalla lingua fiammeggiante si avvolge
come una iniziale di un manoscritto miniato medioevale
appiattendosi nero in primo piano, mentre il giallo dello
sfondo riscalda lo spazio. Seneca arriva a una nuova
forma di sintesi prima di abbandonare definitivamente
la ricerca grafica.
Sembra insomma difficile chiudere un personaggio
come Seneca all'interno del breve percorso tra Fano e
Perugia e, anche ammettendo qualche incontro a
Roma, dove dominava la tradizione accademica nella
pittura ufficiale ma dove era vivacissima la esperienza
dei futuristi attorno a Giacomo Balla, non riusciamo a
comprendere la realtà della sua ricerca senza mettere
in gioco altre tappe altre esperienze di un complesso
percorso e di un articolato viaggio dentro la cultura
europea. Ben prima della metà degli anni Venti a
Bologna Seneca deve avere trovato in Pozzati stimoli e
alimenti e, comunque, un rapporto di conoscenza che si
sviluppa nel tempo. Sarà stato forse proprio Pozzati a
indurlo a venire a Parigi, a conoscere qui il nuovo
dell'affiche? Non sappiamo ma, se dobbiamo giudicare
Seneca dai manifesti dal 1927 - 1928 circa in poi
dobbiamo riconoscere che la sua lingua non è legata a
modelli berlinesi o londinesi ma solo e soltanto parigini
e questo fa pensare che, quale che sia stata la durata
del soggiorno nella capitale francese, questo soggiorno
è stato comunque determinante.
Possiamo dunque concludere che questo artefice di
Fano è un protagonista della cultura europea e che,
comunque, l'Italia non ha certo avuto dei pittori cubisti,
salvo Soffici e pochi altri, ma ha avuto, come mi è
capitato già di sottolineare 13 , una intera generazione di
autori di affiches cubisti. Sono loro, veramente, i nostri
"peintres cubistes", e cito Severo Pozzati, cito appunto
Seneca, cito Armando Testa. Ma non sono i soli. E tutti
di altissima qualità e di diversa complessità di
esperienze e di ricerca.
Note
10
Vedili
riprodotti
in
Henry Mouron:
Cassandre,
Mtinich-Paris, 1991.
11 Si veda A.C. Quintavalle: Severo Pozzati, schede
critiche di V. Strukely, Università di Parma, 1979.
12 Si veda A.C. Quintavalle: L‘«altra parte» di
Armando Testa, in Armando Testa, catalogo della
mostra, Milano, Padiglione d'arte contemporanea, 6
dicembre 1984 - 7 gennaio 1985, Milano, 1984, pp.
53-67.
13 Si veda in particolare A.C. Quintavalle: Pubblicità.
Modello sistema storia, Milano, 1977; Analisi critica, in
M. Gallo I manifesti nella storia e nel costume, Milano,
1972, pp. 297-3 15; Il cane a sei zampe e altre storie,
in Quando l ‘energia fa storia. Il futuro ha sessanta
anni, a cura dell'ENI, Roma, 1986, pp. 159-222;
anni, a cura dell'ENI, Roma, 1986, pp. 159-222;
L‘auto dipinta cit..
Nota biografica
di Fabio Bettazzoni
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Federico Seneca 'Pittore
cubista'
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La figura artistica di Federico Seneca è stata fino ad
oggi ricordata in modo sommario, limitatamente ad
alcuni lavori che hanno segnato la sua produzione. Ciò
è accaduto nonostante sia comunemente riconosciuto
che, quando si parla di arte pubblicitaria degli anni
Venti e Trenta, non è possibile omettere Seneca da
quel ristretto lotto di artisti che caratterizzarono il
periodo; né tantomeno ci si può scordare di lui per
quanto riguarda la prima metà degli anni Cinquanta.
Perugina
1929
(cm 20,5 x 14)
Casnate, Raccolta
Seneca
La bibliografia di Seneca è piuttosto esigua: esistono
solamente scarne citazioni in testi di pubblicità, e alcuni
lavori che - riassumendone l'attività e i cenni biografici
- sono inseriti in cataloghi di mostre collettive che
riguardano l'arte degli anni Venti e Trenta o più
generalmente l'arte del manifesto.
Perugina - Cacao
1929
Pur sapendo che gli studi in questo settore non sono
(cm 20,5 x 14)
così frequenti come nel campo delle cosiddette "arti
pure", è difficile riuscire a comprendere perché l'opera
di questo artista, che in certi periodi ebbe rilievo
europeo, abbia raccolto in questi anni un così modesto
interesse.
Casnate, Raccolta
Seneca
Una possibile spiegazione, sostenuta da Leonardo
Borgese, si basa sulla convinzione che fu il carattere,
schivo e modesto, ad impedire a Seneca di raggiungere
più alti e duraturi consensi in ambito artistico; Borgese
afferma: "Ho l'impressione che Federico Seneca non si
sappia fare la réclame. Sa farla molto bene a qualsiasi
prodotto industriale - ma quando si tratta di se stesso,
allora mi sembra che diventi la negazione della
pubblicità. E invece credo che sarebbe potuto con poco
sforzo diventare famoso in tutto il mondo; quanto un
Cappiello, quanto un Cassandre, famoso e ricco. Colpa
della
sua
natura
modesta
e
riservata, colpa
d'un'educazione signorile e d'una cultura fine che
vietano di dare calci e gomitate per salire sull'autobus,
colpa del carattere da Italiano provinciale." 1
Federico Seneca nasce a Fano il 9 agosto del 1891. La
famiglia del padre, Temistocle Bernardino, proviene da
Buitoni - Pastina
glutinata
1928
(cm 200 x 140)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Carpineto Romano; la madre è la Contessa Maria
Antonietta Mauruzzi della Stacciola di Fossombrone.
L'estrazione familiare è benestante e Federico ha la
possibilità di studiare: frequenta il liceo classico a Fano
e successivamente si iscrive al Regio Istituto di Belle
Arti di Urbino, dove si diploma il 6 settembre 1911.
Conseguito il diploma Seneca insegna disegno alle
scuole Normali a Fano, e contemporaneamente
comincia a lavorare come cartellonista. Lo afferma Dino
Villani: "Seneca, appena finito l'Accademia di Belle Arti,
seguì la sua spontanea inclinazione verso il cartellone
réclame,
allora
specialmente
in
voga
per il
cinematografo" e aggiunge "Era evidente in lui la guida
del suo maggiore ispiratore Marcello Dudovich, che
conobbe nei primi anni della sua carriera artistica." 2
A questo periodo, che va dal 1912 al 1914 circa, è
ascrivibile il manifesto "Fano stazione balneare", dove
sono chiare le influenze del filone tradizionale dell'arte
del manifesto.
Non si conosce null'altro prodotto da Seneca nel lasso
di tempo che precede la Grande Guerra, durante il
quale Seneca, sempre secondo Villani, svolge già una
certa attività artistica e conosce Dudovich. Non
sappiamo se si tratta di una conoscenza personale,
oppure più semplicemente una conoscenza artistica
attraverso i già famosi manifesti di Dudovich. Non sono
giunte notizie ulteriori su questo periodo, né Seneca
stesso ci è di grande aiuto, quando - pubblicando nel
1952 un libretto di presentazione dove riporta in
successione cronologica le tappe della propria attività scrive: "con questo curriculum vitae, che segue questa
prefazione, [il lettore] potrà conoscere la mia attività
pubblicitaria dalla fine della prima guerra mondiale ad
oggi." 3
Vi è un'omissione completa per quanto concerne il
periodo della formazione a cominciare dalle intenzioni
dello stesso protagonista, il quale nei racconti al figlio
Bernardino riguardo quegli anni, ha sempre parlato di
un periodo trascorso a Roma, ospitato da un parente
ecclesiastico, con ufficio al Vaticano. In questo modo si
e finito per considerare il periodo romano come quello
durante il quale Seneca studiò e si diplomò
all'Accademia di Belle Arti di Roma. Probabilmente
Federico durante gli anni 1911 - 1915 avrà soggiornato
a Roma per qualche breve periodo, ma non si hanno
notizie riguardo gli interessi che coltivava nella
capitale. Si può pensare che l'atteggiamento di parlare
insistentemente di Roma possa essere stato un piccolo
vezzo dell'artista, "dimenticando" una formazione più
provinciale maturata sull'asse Fano-Urbino, a favore di
una sedicente formazione Romana, artisticamente più
aperta ed aggiornata.
Alla vigilia della prima guerra mondiale troviamo
Federico a Fano, insegnante di disegno alle scuole
Normali e attivo come cartellonista. Il 25 dicembre del
1915, a sei mesi dalla dichiarazione di guerra dell'Italia
all'Austria, Seneca viene arruolato nell'8° Reggimento
all'Austria, Seneca viene arruolato nell'8° Reggimento
degli Alpini. Da una cartolina spedita ai familiari dal
fronte del 12 maggio 1916 risulta che egli ricopriva il
grado di caporale; da un'altra, datata 11 novembre
1916 egli si qualifica come "aspirante ufficiale della 8"
Reggimento alpino Monte Matajur, 156 compagnia,
zona di guerra". È quindi da fronte, nel 1917 che
Seneca, dopo più di un anno di guerra sulle montagne
inoltra la domanda per entrare nel Corpo Piloti.
Il 2 luglio del 1917 il sottotenente Federico Seneca
inizia il corso di addestramento al volo presso la scuola
di S. Giusto, nei pressi di Pisa dove consegue un primo
brevetto il 21 novembre del 1917 ed un secondo il 20
luglio del 1918. Probabilmente è durante i tre mesi che
da quel momento trascorreranno prima della firma
dell'armistizio con l'Austria che Seneca fa in tempo a
meritarsi la Croce di Guerra. Queste notizie riguardo
l'attività di pilota hanno un certo rilievo in quanto
sembra che durante questo periodo Seneca ebbe modo
di conoscere D'Annunzio. Il suo libretto di volo riporta
successivamente vari allenamenti a bordo di idrovolanti
eseguiti dal 1918 a luglio del 1919 presso la Scuola di
Idrovolanti di Orbetello. Il Villani, a proposito del primo
dopoguerra afferma: "All'inizio della guerra, dovette
troncare la sua attività artistica per riprenderla subito
dopo a Milano". 4
Vi
è
evidentemente
soluzione
fra
il
una
libretto
discrepanza
di
volo,
di complessa
che
riporta
addestramenti fino alla fine del luglio 1919 e il Villani,
che ci dà notizia di Seneca in attività nel primo
dopoguerra a Milano. È difficile ipotizzare che da Milano
Seneca si spostasse ad Orbetello per eseguire
allenamenti di volo sugli idrovolanti per poi ritornare
subito a Milano e riprendere la sua attività artistica. Più
verosimile è pensare che Seneca gravitasse in quel
periodo in una zona del centro Italia lungo l'asse FanoPerugia-Orbetello. Questa constatazione non chiarisce
però in che modo le strade della Perugina e di Seneca,
artista attivo più come pilota di idrovolanti che come
cartellonista, si incontrarono, generando poi un lungo e
fortunato sodalizio.
Anche per l'entrata di Seneca alla Perugina non ci sono
d'aiuto le poche fonti a cui è possibile riferirsi: Villani
nel 1933 riporta: "Se non ché nel 1920 fu chiamato a
Perugia
dalla
Ditta
Perugina,
alla
quale
dedicò
esclusivamente la sua attività per ben tredici anni"5 ; lo
stesso Villani nel 1977 scrive: "era entrato all'ufficio
pubblicità Perugina Buitoni nel 1920" 6 . Borgese aggira
l'ostacolo affermando: "La fortuna di Federico Seneca
va dal 1922 al 1935 e si fonda principalmente sui
manifesti e sui disegni eseguiti per la Ditta Perugina e
la Buitoni" 7 . Seneca stesso nel libretto di referenze del
1952 riporta: "Dal 1926 al 1932 direttore dell'Ufficio
pubblicità Perugina." 8
Di sicuro però i rapporti tra Seneca e la Perugina
iniziarono prima del 1920 in quanto già nel dicembre
del
1919
esce
un'inserzione
pubblicitaria
firmata
del 1919 esce un'inserzione pubblicitaria
Seneca sulla Domenica del Corriere.
firmata
Fra il 1919 e il 1920 Seneca comincia a risiedere a
Perugia e per cinque anni lavora come pubblicitario
della Perugina. Nel 1925 la Perugina si associa alla
Buitoni, dando luogo a un solo gruppo industriale:
Seneca assume l'incarico di direttore dell'ufficio
pubblicità Buitoni, mantenendo contemporaneamente
quello della Perugina.
Il 27 dicembre del 1925 Seneca sposa con una ragazza
conosciuta a Perugia. Nel 1929 Seneca vince il primo
premio ad una mostra internazionale di manifesti
tenutasi a Monaco di Baviera. Durante gli anni alla
Perugina non si hanno notizie certe riguardo la sua
mobilità e le mete dei suoi viaggi, anche se da alcuni
suoi racconti sembra in questi anni abbia avuto modo
di visitare Londra Parigi e Berlino.
Come per l'inizio, anche per la fine dei rapporti tra
Seneca e il gruppo Perugina - Buitoni non si conoscono
i motivi che provocarono il distacco. A questo proposito
Villani riporta: "Seneca era Perugina, Seneca era
Buitoni, e continuò per vari anni ad esserlo fino a
quando non lo sapemmo libero. Non si è mai venuti a
sapere (anche perché non glielo abbiamo mai chiesto)
se fu lui a lasciare o la Ditta a volersene privare:
restammo sorpresi, ad un certo momento, di vederlo
lavorare per altri."9
Così ritroviamo Seneca a Milano tra il 1932 e il 1933,
dove intraprende l'attività di pubblicitario in proprio.
Ormai famoso, non fatica a trovare ditte importanti che
gli affidano il loro budget pubblicitario: si apre in
questo modo un periodo di densa attività.
Note
1 Tavole di Federico Seneca, pref. di L. Borgese,
Parigi, Vandre, 1952.
2
D.
Villani,
Arte
pubblicitaria
1900
-
1933,
supplemento al n. di settembre de “L’Ufficio Moderno”,
Milano, 1933.
3 F. Seneca, Alcune referenze di Seneca pubblicitario e
artista, Milano, Edizioni Seneca, 1951.
4 D. Villani, cit.
5 D. Villani, cit.
6 D. Villani, Dino Villani ricorda Seneca, “Parete”, N.
27, novembre 1977.
7 L. Borgese, cit.
8 F. Seneca, cit.
9 D. Villani, cit., 1977.
Nota biografica
di Fabio Bettazzoni
Introduzione
•
Presentazione
•
Il contesto
•
Nota del curatore
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Federico Seneca 'Pittore
cubista'
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Nota biografica
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Nel 1934 nasce il primo ed unico figlio, Bernardino.
Seneca ha 43 anni. Il periodo milanese dura fino al
1935, anno in cui esegue il manifesto per la "Mostra
dei vini tipici d'Italia", che rimane l'ultimo lavoro del
periodo tra le due guerre.
B.B.B. Lane
1950
(cm 140 x 100)
Dal 1935 al 1950 Seneca smette completamente di
occuparsi di pubblicità per dedicarsi ad un'attività di
tipo industriale. L'attività in questione si basava
sull'uso, allora pionieristico, di materiali plastici per la
realizzazione di prodotti fino ad allora costruiti con
materiali naturali (cuoio e pellame). Durante questi
quindici anni pare che Seneca non abbia prodotto nulla
dal punto di vista artistico; si conosce solo un bozzetto
per un manifesto di propaganda monarchica, ascrivibile
al periodo immediatamente precedente al referendum
del 2 giugno 1946. In questo caso si tratterebbe
comunque di un momento successivo al secondo
conflitto, vicino alla ripresa dell'attività artistica.
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Perugina - IV
Coppa
1927
(cm 29 x 18)
Le testimonianze di alcuni parenti riportano un non
bene identificato coinvolgimento di Seneca nel grande
progetto dell'"E 42"; questo coinvolgimento pare
comunque più verosimile collocarlo sotto l'aspetto
dell'attività industriale, che in quel periodo lo assorbiva
completamente, piuttosto che nell'ambito dell'attività
artistica.
L'avventura industriale di Seneca dovette di certo
risentire negativamente di una congiuntura storica che
stava precipitando in drammatici avvenimenti. Lo
ritroviamo quindi nel 1950 attivo a Milano come
consulente pubblicitario della ditta BBB di Monza.
L'attività di pubblicitario si protrae intensa fino al 1955;
da lì in avanti le condizioni di salute di Seneca
peggiorano gradatamente fino al 1959. In quell'anno
egli si sottopone ad un complicato intervento chirurgico
da cui esce molto provato. Dal 1955 lo studio
pubblicitario, pur funzionando, procede a ritmo ridotto,
fino alla chiusura definitiva sul finire degli anni
Cinquanta. Nel 1956, all'età di 65 anni Seneca inizia
un'attività di tipo artigianale affiancato dal figlio, ma nel
volgere di poco tempo deve abbandonarla
sempre più precarie condizioni di salute.
per le
Casnate, Raccolta
Seneca
II Coppa della
Perugina
1925
(cm 140 x 100)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
sempre più precarie condizioni di salute.
Buitoni - Pastina
Nel 1969 si trasferisce col figlio e la sua famiglia a
Casnate, presso Como, dove muore nel 1976.
glutinata
1929
(cm 195 x 140)
Treviso, Raccolta
Seneca e il Secondo Futurismo
A cavallo degli anni Venti Seneca, divenuto direttore
dell'Ufficio pubblicità alla Perugina, si inserisce
nell'ambiente artistico di Perugia, dominato dalla figura
di Gerardo Dottori, artista dall'animo inquieto che fin
dal 1914 aveva aderito al movimento futurista.
Non sappiamo se Seneca conoscesse personalmente
Dottori fin dal suo trasferimento a Perugia, ma
probabilmente vi furono rapporti tra loro a partire dal
1924, anno in cui Seneca, liberandosi dalle influenze
tardo-Liberty, elabora la serie di manifesti per la
"Coppa della Perugina" che costituiscono una vera e
propria adesione al Secondo Futurismo.
In un articolo del 1929 Dottori scrive: "Seneca è
arrivato a conquiste originali e personali attraverso le
più svariate esperienze e oggi si trova in prima linea
tra i migliori artisti del genere. Io che l'ho seguito fino
da quei primi saggi lanciatori dei prodotti della
"Perugina", ho potuto vedere per quale tormentoso
travaglio egli è passato per giungere alle creazioni
odierne, che trionfano dai quadri di affissione delle
strade d'Italia e dell'Estero." 10
Si sente lo scarto, l'improvviso allontanarsi da modelli
che fino a poco prima ancora lo condizionavano; il
tema motoristico lo aiuta a compiere questo trapasso:
si deve rappresentare le velocità che è la componente
più eclatante delle corse automobilistiche, e Seneca
coglie le sollecitazioni formali del Secondo Futurismo.
Alcuni elementi presenti nei primi due manifesti per la
Coppa Perugina anticipano straordinariamente alcuni
postulati dell'Areopittura.
Ecco
alcuni
passaggi
del
Manifesto dell'Areopittura
(1929) di cui Gerardo Dottori fu principale promotore:
Dipingere dall‘alto questa nuova realtà impone un
disprezzo profondo per il dettaglio e una necessità di
sintetizzare e trasfigurare tutto;
Tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore in volo:
a) schiacciate - b) artificiali - c) provvisorie - d) appena
cadute dal cielo.
Nel caso dei due primi manifesti della "Coppa Perugina"
emerge una perfetta coincidenza fra i risultati raggiunti
da Seneca e le motivazioni esposte dagli aereopittori: il
punto di vista è altissimo, addirittura nel primo esce
dal riquadro, come se lo spettatore stesse osservando
da una posizione aerea. Nessun indugio viene posto sui
particolari: l'occhio non può coglierli se si viaggia su un
aereoplano a bassa quota. Questo Seneca lo sa bene,
per esperienza. Così dipinge nel manifesto Coppa della
Perugina le deformazioni ottiche dovute alla velocità: le
ruote, la carrozzeria, le sagome dei piloti si fondono
con l'aria che stanno penetrando; il colore di queste
parti si propaga nell'atmosfera che si è fatta essa
stessa materia. Per flussi l'aria si fa rossa sopra il
Salce, Museo L.
Bailo
stessa materia. Per flussi l'aria si fa rossa sopra il
deflettore, si fa grigia vicino alla parte posteriore delle
ruote, si trasforma in un nugulo di piccoli, saettanti
razzi verdastri in corrispondenza del prato oltre la
pista. In primo piano la sagoma della mano del pilota,
sproporzionata
nelle
sue
eccessive
dimensioni,
brandisce volitiva il volante: è l'ultimo elemento che
Seneca usa nelle sua articolata rappresentazione tesa
ad esaltare le ebbrezze della velocità.
Nel manifesto successivo Seneca sceglie il punto di
vista centrale. Disegna la linea di terra quasi
coincidente col margine superiore del manifesto,
lasciando spazio solo ad una sottile striscia di cielo. La
pista diventa un lungo cono strisciato cadenzato
ritmicamente ai suoi bordi dai paracarri, oggetti a loro
volta in movimento. Tutto è scandito dall'elemento
velocità: velocità che deforma i tralicci ai margini della
strada, rendendoli flessibili come fuscelli, velocità che
sfigura la superficie d'asfalto rendendola un tapisroulant
in
movimento.
Tutto
è
deformato,
ogni
elemento è progettato per farsi seguire dallo sguardo
dello spettatore in direzione del punto centrale del
manifesto:
verso
le
piccolissime
sagome delle
automobili sullo sfondo del rettifilo, vicinissime al
vertice del triangolo, rappresentazione prospettica della
pista.
Solamente giunto in questa ridottissima porzione di
spazio l'occhio finalmente si placa, incontrando
l'agognata oasi di tranquillità visiva.
Questa è Areopittura. Questa è arte Futurista.
Seneca e la Plasticità
Le ricerche artistiche degli anni Venti in Italia vedevano
da un lato la fertile esperienza del Secondo Futurismo,
fino all'estrema evoluzione nell'Areopittura, e dall'altro
un processo di "ritorno all'ordine"."Ma l'episodio
centrale dei nostri armi. Venti è dato dal costituirsi a
Milano della pattuglia di sette artisti che, esponendo
nel 1924 alla galleria Pesaro del capoluogo lombardo,
vengono battezzati dal loro teorico, Margherita Sarfatti,
con l'etichetta di "Novecento" per antono-masia."11
Probabilmente
è
nell'esperienza
del
movimento
Novecento che Seneca trova una chiave decisiva nello
sviluppo della sua carriera artistica: la ripresa della
tradizione
primitivistica
e
rinascimentale,
e
l'estrinsecazione di questi elementi nella forma-volume,
che contraddistinse anche la corrente di Valori Plastici,
rappresentano per Seneca i giusti stimoli. Egli ne
intuisce le grandi potenzialità d'applicazione nel campo
dell'arte pubblicitaria, trovando così la soluzione per
elaborare un proprio modello stilistico.
È quindi nella seconda metà degli anni Venti, arrivato
intorno ai trentacinque anni d‘età, che Seneca riesce a
coniugare sensibilità estetica e semplicità formale,
ottenendo risultati di estrema efficacia pubblicitaria. "E
finalmente Seneca venne. Vennero fuori i suoi grandi
fogli all'improvviso, con autorità, con potenza, con
peso; intensi, classici e casti; sorprendenti e persuasivi
proprio perché classici, semplici e monumentali perché
armonici ed equilibrati, perché, pur essendo moderni,
lontani
dall'esagerazione
e
dalla
presunzione della
lontani dall'esagerazione e dalla presunzione della
modernità, perché non brutalmente coercitivi e non
schiamazzanti. E Seneca divenne prim'attore delle
strade."12
Dal punto di vista operativo lo spunto più importante lo
trae da una nuova attenzione allo studio e all'utilizzo
degli aspetti tridimensionali dei soggetti. Sul finire degli
anni venti esegue un manifesto che reclamizza la
Pastina Glutinata Buitoni, nel quale protagonista è la
candida figura di un cuoco che emerge dallo sfondo
nero trasportando una zuppiera.
Il soggetto è consueto, ma Seneca lo risolve in maniera
originale, ricorrendo - forse per la prima volta - alla
realizzazione di un modellino prepartorio di gesso per
studiarne le volumetrie.
La figura è dipinta proprio come una statuetta
emergente a contrasto da uno sfondo scuro. Le ombre
sono dolci, girano attorno alla pasciuta anatomia del
cuoco, dando la sensazione che quelle membra siano
piene, rigonfie.
Sempre sul finire degli anni Venti Seneca crea un altro
manifesto per lanciare un nuovo prodotto della
Perugina: il Cacao Perugina. Vi sono rappresentate due
figure femminili intente a trasportare le corbe ricolme
di cacao.
Note
10 G. Dottori, Artisti del cartello lanciatore: Seneca, in
"L'Impero A-Z", Roma, 9 novembre 1929.
11 R Barilli, L’arte contemporanea. Da Cezanne alle
ultime tendenze, Milano, Feltrinelli, 1982, p. 227.
12 L. Borgese, Tavole di Federico Seneca, Parigi,
Vandre, 1952.
Nota biografica
di Fabio Bettazzoni
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L'immagine vede quindi due personaggi protagonisti ma
Seneca crea la sensazione di unicità del soggetto
usando la figura come un modulo, disegnandone una in
primo piano, e la seconda - identica alla prima - sullo
sfondo
reiterata
in
sequenza,
in
un preciso
allineamento prospettico.
Perugina - Cacao
1929
(cm 200 x 140)
Treviso, Raccolta
Le volumetrie dei corpi delle portatrici e il loro
atteggiamento, trovano riferimenti con esperienze
coeve nell'ambito della scultura. In particolare
sembrano plausibili alcune affinità con l'opera di Arturo
Martini. Probabilmente Seneca raccolse le sollecitazioni
dall'arcaismo
presente
nelle
sculture dell'artista
trevigiano, che si era avvicinato all'inizio degli anni
Venti prima al gruppo di Valori Plastici, poi al
Novecento Italiano. Esiste una certa vicinanza stilistica
e di contenuti tra Il Bevitore di Martini, opera del 1926,
e le portatrici del Cacao Perugina di Seneca. Sono
raggiunti esiti artistici di chiara semplicità, che si
accordano con i temi delle composizioni, tese a rendere
sinteticamente azioni che soddisfano bisogni primari
dell'uomo.
Salce, Museo L.
Bailo
Buitoni - Pastina
glutinata
1929
(cm 195 x 140)
Treviso, Raccolta
Salce, Museo L.
Bailo
Riferendosi agli aspetti più plastici dell'opera di Seneca,
Barilli scrive: "Tornando alla grafica pubblicitaria, ecco
un altro perfetto creatore, Seneca, che lavora
sopratutto per la Perugina, proponendo manichini
densi, compatti, perfettamente chiaroscurati, fasciati
cioè da zone d'ombra che sembrano impastarli,
reggerli, aiutandoli a balzar fuori dalla superficie per
acquisire un rilievo statuario autonomo."13
Seneca e la sintesi formale
Esistono varie testimonianze riguardo l'uso da parte di
Seneca di alcune particolari modalità di preparazione ai
disegni finali. A questo proposisto Villani riporta: "Per
studiare gli atteggiamenti e rendere la forma stilizzata,
Seneca mi disse che in un primo tempo modellava le
figure con un grosso filo di ferro, mentre trovò poi più
adatto ed efficace renderle in plastica: anche perché
così facendo, poteva fare delle prove di co1ore." 14
L'uso di queste due differenti tecniche preparatorie ha
comunque l'identico obiettivo di arrivare ad una forte
sintesi compositiva nell'elaborazione grafica finale; la
prima tecnica, quella legata all'uso del filo di ferro,
ricerca una sintesi bidimensionale mentre l'utilizzo della
creta per arrivare a un modello in gesso ricerca una
sintesi volumetrica.
Attreverso questi studi preparatori Seneca raggiunge
una grande abilità nel sintetizzare; Borgese a questo
proposito osserva: "Dirò di più: imitatori di Seneca ce
n'é sempre, esiste anche questo tipo; ma non hanno
inteso il suo insegnamento altro che come pulizia e
sterilizzazione. Imitano freddamente; diligentemente
magari; però riescono a metter su della gomma gonfia
e morta. Mentre dovrebb'esser chiaro che l'ordine e la
pulizia sono si belle cose, possibili, utili, desiderabili
perfino in arte, e naturalmente anche nell'arte della
réclame; ma c'entrano poco col vero stile. Sterilizzare
può voler dire non tanto salvare, quanto far morire;
come succede nella vita vivente. Semplificare e
ordinare, va bene; ma abolire alla cieca ogni minor
parte, mutilare insensatamente in omaggio alle noiose
leggi della pura struttura non è ordine artistico, non è
sintesi, non è stile."15
Queste osservazioni rilevano la difficoltà che comporta
l'operazione
compositivi,
del "levare", semplificare gli elementi
ridurli sempre più nel numero e nei
particolari. Seneca in questo fu un maestro.
Per
quanto
bidimensionale
riguarda
Seneca
l'espressione
raggiunge
nel
sintetica
manifesto
Cinzano Soda, uno degli esiti più arditi: dipinge una
spessa linea curva blu che rappresenta spalle e braccia,
e una linea ellittica che rappresenta il viso del
protagonista. Ai due estremi della linea spalle-braccia
dipinge il
bottiglietta
bicchierino colmo dell'aperitivo e la
del Cinzano Soda. Non c'è null'altro.
Seneca"obbliga" chi guarda a completare l'immagine.
La sintesi è al massimo grado. Ma l'efficacia e la
chiarezza del messaggio pubblicitario permangono,
emergendo nel contrasto fra la linea blu, la bottiglietta
e il bicchierino, gli
iperrealisticamente.
unici,
piccoli
oggetti definiti
Per quanto rigurda la sintesi volumetrica il caso più
eclatante nella produzione di Seneca è forse il
manifesto per la Pastina Glutinata Buitoni del 1929.
Egli lo realizza nei primi mesi del 1929, raffigurando la
testa di un bambino illuminata dal basso. In questo
manifesto Seneca ottiene la volumetria della testa del
bimbo compenetrando quattro sferoidi: il primo
rappresenta il cranio pelato, il secondo, innestato per
più di metà nel primo, è la mandibola, gli ultimi due,
più piccoli sono le orecchie. Da questo semplice volume
emergono tre piccole fessure scure, sottili cavità a
rappresentare gli occhi e la bocca. Nient'altro. La testa,
completamente arancione, è reclinata leggermente in
avanti
in
una
posizione
che
fa
assumere
al viso
un'espressione di meraviglia e di gioia. La luce che
pervade la testa del bimbo proviene dal basso, dal
punto dove il bimbo sta guardando. Si capisce che
quella strana luce è emanata dal piatto sottostante,
ricolmo di pastina glutinata. La minestra diviene così
una sostanza preziosa, rilucente, che illumina il viso del
una sostanza preziosa, rilucente, che illumina il viso del
bambino. In questo caso Seneca compie un'ardita
quanto
inedita
invenzione
compositiva: omette
completamente il soggetto della reclame dal manifesto,
raffigurando solamente il suo effetto luminoso. La
fronte, il mento, le orecchie del bimbo, colpite da
quell'innaturale chiarore emergono dallo sfondo scuro,
parlano, comunicano la bontà del prodotto, ci fanno
"sentire" le incredibili qualitàdella miracolosa pastina.
Con questo manifesto Seneca raggiunge probabilmente
la massima vetta di espressione della sua arte; sul
finire
degli
anni
Venti
crea
un personaggio
fantascentifico
che
si
può
forse considerare
l'antesignano di E.T. La testa creata da Seneca, così
sobria e parca di elementi costitutivi e decorativi,
appare in un continuo, lento movimento evolutivo:
come un seme in crescenza sembra gonfiarsi sotto i
nostri occhi. Un altro miracolo della pastina glutinata.
Cheret-Cappiello-Seneca
La produzione artistica di Seneca è fortemente segnata
da manifesti che trasmettono il messaggio pubblicitario
attraverso figure-simbolo. In alcuni casi in cui la scena
elaborata richiede la presenza di più protagonisti,
Seneca ricorre ad artifici compositivi che riescono ad
annullare la dispersione del messaggio, attraverso una
fusione formale che riduce i personaggi ad unirsi in
una sola entità, in un solo monogramma comunicativo.
Questa caratteristica così precisa ed efficace ha portato
qualcuno a rapportare Seneca con Cappiello, arrivando
quasi a considerarlo
cartellonista livornese.
un
imitatore
del
grande
Seneca di sicuro conosceva l'arte di Cappiello, ed è
probabilmente da essa che riesce a prendere lo stimolo
per sviluppare la capacità di elaborare figure-simbolo
(in Cappiello le famose figure femminili), nelle quali si
possa
associare
per
analogia
il
prodotto che
pubblicizzano,
in
modo
che
l'intercambiabilità del
pensiero figura/simbolo-prodotto consenta al messaggio
di essere maggiormente incisivo e di perdurare di più
nella memoria del pubblico.
"Cappiello lo possiamo definire l'inventore del
‘manifesto-marchio':
un'opera
che
fulmineamente
comunica l'essenza del prodotto e che la sa rendere
memorabile. Si tratta, oggi, dell'abc del mestiere; ma
per l'epoca è invece un notevole esempio di
professionalità
sicuramente
istintiva,
trovata
personalmente."16 Certamente Cappiello è l'inventore di
quella che è divenuta poi nel tempo una regola
fondamentale del lavoro del pubblicitario, ma il fatto
che Seneca l'abbia colta ed elaborata, applicandola alle
proprie diversissime figure, non vuole dire che ne fosse
un abile plagiario.
Se questo fosse vero, sarebbe allora logico considerare
Cappiello
come
imitatore
di
Cheret. Esistono
presupposti simili, anzi in questo caso sono forse più
chiari ed evidenti: come non notare alcune affinità fra i
primi manifesti realizzati a Parigi da Cappiello e, per
esempio, il manifesto di Cheret per le cartine di
sigarette Job. Ma come per il rapporto Cheret-Cappiello
è insostenibile l'ipotesi di mera imitazione, lo stesso
è insostenibile l'ipotesi di mera imitazione, lo stesso
discorso vale per la relazione Cappiello-Seneca; anzi,
ribaltando il discorso, è possibile affermare che questi
tre grandi artisti rappresentino ognuno una tappa
importante dell'evoluzione dell'arte del manifesto:
Cheret-Cappiello-Seneca
sono
i
protagonisti
determinanti del percorso che porta il manifesto dai
primi timidi passi compiuti sul finire dell'800, alla
maturazione completa. Se Cheret è il punto di
partenza, Seneca si può considerare l'autorevole punto
d'arrivo di questa traiettoria evolutiva.
Cheret esegue i suoi manifesti trasferendovi alcune
caratteristiche dell'arte impressionista, raffigurando con
pennellate fresche e veloci le sue maliziose donnine,
divenute gli emblemi della Belle Époque; Cappiello
coglie da Cheret la propensione ad indagare lo
sfaccettato cosmo della femminilità, e - mettendo a
punto un proprio stile non più legato all'arte raggiunge gli esiti formali espressi dalle
simbolo, usando però mezzi stilistici ancora
figurativi; Seneca, infine, compie l'ultimo
coglie da Cappiello la caratteristica di
sue figurepienamente
passaggio:
puntare su
figure-simbolo e, attraverso la personale assimilazione
dello
stile
Novecento,
ancora
contaminato
dall'esperienza futurista, realizza quella decisiva sintesi
stilistica che rende tutt'oggi pienamente moderni e
attuali i suoi cartelli.
Nessun rapporto esiste fra i tre protagonisti a livello
squisitamente
stilistico:
sono
alcuni
passaggi
fondamentali dell'arte del manifesto che li accomunano,
in un percorso a catena nel quale ogni anello ha un
solo, ma determinante punto di contatto con l'altro.
Note
13 R. Barilli "L'arte e il manifesto: una storia in
comune", in L'Italia che cambia attraverso i manifesti
della raccolta Salce, Firenze, Artificio, 1989, p. 59.
14 D. Villani, op. cit.
15 L. Borgese, cit.
16 G. P. Ceserani, Vetrina del ventennio 1923-1943,
Bari, Laterza, 1981, p. 162.
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Le immagini riprodotte nel presente sito Internet sono
soggette alle disposizioni del D. M. 8.4.1994.
Titolare dei diritti: Fondazione Cassa di Risparmio di
Fano - via Montevecchio n. 114 - 61032 FANO (PU) © 1998.
C R E D I T S :
Autore della versione digitale del catalogo: Fondazione
Cassa di Risparmio di Fano - via Montevecchio n. 114 61032 FANO (PU)
Ringraziamenti:
Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del
Veneto;
Famiglia Seneca;
Civico Museo "L. Bailo", Raccolta Salce di
Treviso;
Civiche Raccolte d'Arte Applicata ed Incisioni di
Milano;
Civica Raccolta delle stampe "Achille Bertarelli"
di Milano;
Museo Storico della Perugina, Perugia;
ENI, Archivio Storico e Biblioteca, Roma.
I N F O :
I cataloghi su carta stampati in occasione della mostra
antologica dedicata al pubblicista fanese Federico
Seneca nel 1998 sono esauriti. Lo stesso dicasi per i
manifesti, le locandine e le cartoline che quindi non
possono essere richiesti alla Fondazione né reperiti in
commercio.
M O S T R A
E
C A T A L O G O :
FEDERICO SENECA
(Fano, 1891 - Casnate, 1976)
Mostra antologica a cura di Francesco Milesi
Fano, Chiesa di S. Maria del Suffragio
25 luglio - 26 settembre 1998
Mostra
Progetto dell'allestimento:
Studio Milesi Design - Fano
Allestimento:
Allestimenti Martelloni - Fano
Catalogo
Editing e progetto grafico:
Studio Milesi Design - Fano
Referenze fotografiche:
Archivio fotografico della Soprintendenza per i
beni artistici e storici del Veneto
Archivio fotografico della Civica Raccolta delle
stampe "Achille Bertarelli" di Milano
Foto Saporetti - Milano
Stampa:
Grapho5 Litografia - Fano