Qual è il nostro viaggio?

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Qual è il nostro viaggio?
VIII edizione de Le Vie d’Europa
J. R. R. Tolkien "There is more in you of good than you know’’
21 marzo 2014, Spazio Reale di Campi Bisenzio
I CLASSIFICATO SEZIONE TESINA
Qual è il nostro viaggio?
Studenti: Pietro Belloni, Linda Brivio, Leonardo Ghidelli, Marco Rancilio, Gaia Villa
Della Classe II B
Della Scuola Secondaria di Primo Grado “Sant’Ambrogio” di Parabiago (MI)
Bilbo è come noi: non sa chi è, non si crede all’altezza dell’avventura che gli è stata proposta.
Ci siamo appassionati alla sua storia perché sentiamo che Bilbo c’entra con noi: alcuni dialoghi, personaggi,
luoghi e situazioni del libro ci hanno ricordato fatti accaduti nella nostra vita, permettendoci di scoprirne un
significato più profondo. Per questo abbiamo deciso di rileggere il libro, in particolare i primi tre capitoli, nel
momento in cui Bilbo è più simile a noi: all’inizio del suo viaggio.
Tutto comincia nella caverna del protagonista. Immedesimandoci nello hobbit, non abbiamo potuto fare a
meno di chiederci qual è la nostra caverna. Nel libro se ne trovano di due tipi: una molto ordinata, ben
fornita ed accessoriata, rotonda e conosciuta in ogni minimo dettaglio dal proprietario, Bilbo; l’altra molto
sporca, disordinata e buia, quella degli Uomini Neri.
La caverna che ci rispecchia maggiormente è quella hobbit, cioè “comodissima”. Molte volte nella vita ci
siamo trovati di fronte a situazioni in cui abbiamo dovuto decidere quale strada prendere: se rimanere in
quella arrotondata e comoda, come Bilbo, o scegliere quella spigolosa, misteriosa e avventurosa, come
Gandalf.
Paragonando la nostra esperienza al momento in cui Bilbo sta per incontrare Gandalf, ognuno di noi ha
individuato un episodio particolare dal quale partire.
Pietro ad esempio ci ha raccontato il desiderio e il timore di arrivare alla cima della Bec de Nana, una
montagna della Valle d’Aosta, la cui scalata, come si sente dire, è molto ardua…
Un anno fa sono stato in Val d’Aosta per le vacanze estive. Il penultimo giorno a mio padre è venuta la
strana idea di andare al Col de Nana e passare la notte in un rifugio nelle vicinanze. Io ero un po’ stanco ma
il desiderio di dormire una notte sulle Alpi mi ha spinto a partire. Il viaggio è stato avventuroso e anche se
qualche tratto era un po’ ripido non ci siamo arresi. Verso le due siamo finalmente giunti a destinazione; il
panorama però non era quello che mi aspettavo perché eravamo “chiusi “in una valle.
Il giorno successivo mio padre mi fece una proposta: mi chiese se volevo arrivare alla Bec de Nana. Era la
montagna più alta fra quelle della zona e si trovava al confine tra due vallate. Avevo sentito dire che lì il
panorama è meraviglioso: a destra il monte Bianco e a sinistra il monte Rosa. Notai che il sentiero era
stretto e non ben segnato; avremmo dovuto arrampicarci sulla roccia con le mani, la paura di precipitare mi
terrorizzava e pensai, come Bilbo, che forse era meglio “nascondersi in cantina“ cioè tornare indietro e
ripercorrere la strada dell’andata.
I discorsi, gli incoraggiamenti e il buon umore di mio padre però riuscirono a rinfrancarmi e capii che finché
c’era lui e quindi l’aiuto di un amico non dovevo arrendermi. Decisi dunque di partire, di sfidare i miei limiti,
di mettermi alla prova e vedere se fossi riuscito a vincere la sfida con me stesso. Anche se fu un’impresa
piuttosto ardua ne valse la pena perché lo spettacolo che vidi era insuperabile: sembrava di toccare il cielo
con un dito, lo spettacolo del blu fino all’orizzonte e la vista del monte Bianco e del monte Rosa mi
commossero. Mi sentivo soddisfatto di me stesso perché, nonostante la fatica, ero giunto fino a lì, ero
uscito dal mio guscio e ora toccavo l’immensità della natura, in pace con tutto ciò che mi circondava.
Certamente quell’avventura ci è costata fatica, come a Bilbo, ma il tesoro che io e Bilbo abbiamo trovato è
molto più grande di quella fatica.
Che cosa, dunque, permette di uscire dalla caverna?
Il momento decisivo avviene per Bilbo quando sente il canto dei nani: si risveglia in lui la nostalgia
dell’avventura, il lato Tuc, cioè il desiderio di andare a vedere le “grandi montagne”, di vivere un’avventura
con tutto il cuore.
“Mentre cantavano lo hobbit sentì vibrare in sé l’amore per le belle cose fatte con le proprie mani, con
abilità e magia, un amore fiero e geloso, il desiderio dei cuori dei nani. Allora qualcosa che gli veniva dai Tuc
si risvegliò in lui, e desiderò di andare a vedere le grandi montagne, udire i pini e le cascate, esplorare le
grotte e impugnare la spada al posto del bastone da passeggio. Guardò fuori dalla finestra”. Tale desiderio
è così grande e nuovo per Bilbo che inizia a tremare e tenta la fuga… ma i nani lo fermano e lo coinvolgono
nella loro riunione. Bilbo ha nostalgia di qualcosa che è già nascosto in lui, così come in ognuno di noi, e che
con il canto dei nani non afferra concretamente ma avverte.
Per capire meglio cosa accadede a Bilbo e che cosa gli è successo a partire dal momento in cui ha sentito il
canto dei nani, abbiamo cercato sul vocabolario il significato della parola nostalgia.
Nostalgia = (dal greco nostos “ritorno” e algia “dolore, tristezza”) desiderio intenso misto a malinconia di
persone, luoghi, cose lontane che si vorrebbe rivedere o rivivere.
Nel cuore di Bilbo c’è sempre stato il desiderio di vivere un’avventura, dato che esso fa parte della sua
natura; Bilbo non sa subito che questa esperienza avrebbe riempito quel vuoto nel cuore che ha sempre
avuto, ma Gandalf sì, perciò lo incoraggia ad uscire dalla caverna, ad uscire da sé.
Questo desiderio risvegliato è il vero motore di Bilbo, è ciò che lo spinge ad andare avanti. Forse non è più
Bilbo Baggins ma Bilbo “Tuc”.
Durante la programmazione del viaggio, Thorin prende la parola e dice: “Tra poco, prima che spunti l’alba,
intraprenderemo il nostro lungo viaggio, un viaggio da cui qualcuno di noi o forse ognuno di noi può anche
non ritornare”. All’udire queste parole Bilbo si spaventa tanto da urlare e farneticare. Gandalf commenta
dicendo: “Che tipetto impressionabile! Gli vengono questi strani e buffi attacchi, ma è uno dei migliori…
uno dei migliori, fiero come un drago nelle peste”.
Il bello di Gandalf è che riconosce il vero Bilbo non quando si dimostra coraggioso e ottiene importanti
risultati, bensì quando è schiacciato dalla paura. Gandalf per Bilbo non è un amico qualunque, ma è l’amico,
cioè uno che ti ricorda chi sei nei momenti di difficoltà ed è disposto ad aiutarti.
Ciò che ha permesso allo hobbit di uscire dalla propria caverna è stato dunque un aiuto esterno. I veri amici
non ci sostituiscono ma ci aiutano, non prenderanno mai il nostro posto perché ognuno di noi è diverso,
unico al mondo; ma ci aiutano a scoprire chi siamo, come Gandalf per Bilbo nel momento in cui gli propone
di diventare uno scassinatore. I nani invece in quel momento hanno una reazione diversa, non riconoscono
il suo vero valore e dicono: ”Sembra più un bottegaio che uno scassinatore”.
Per comprendere che cosa intende Gandalf col termine “scassinatore”, abbiamo riletto le parole di Gloin
nel momento in cui dà spiegazioni a Bilbo: “Se preferisci, puoi dire Esperto cacciatore di tesori invece di
scassinatore. Qualcuno lo fa. Per noi è proprio lo stesso”. E Gandalf: ”Ed ecco il nostro piccolo Bilbo Baggins
lo scassinatore, lo scassinatore scelto e prescelto”. Quest’ultima frase ci ha particolarmente colpito perché
ci siamo accorti che anche se Bilbo non lo sapeva è sempre stato uno scassinatore. Tuttavia per scoprire di
esserlo ha avuto bisogno di un altro, Gandalf.
Il termine “scassinatore” è inoltre strettamente legato al “tesoro”. Per i nani il tesoro è l’insieme delle
ricchezze dei propri antenati e la casa alla quale desiderano tornare. Per Gandalf il tesoro è la scoperta di
sé, il premio che Bilbo si ritrova nelle mani alla fine del viaggio.
Per Gollum invece il tesoro è l’anello, l’unica cosa che possiede, per il quale è disposto anche ad uccidere.
Noi inizialmente credevamo che i personaggi negativi delle storie non c’entrassero niente con noi e invece
ci siamo accorti che molte volte ci comportiamo come loro, ad esempio siamo gelosi delle nostre cose e
delle persone a cui vogliamo bene proprio come fa Gollum con l’anello.
Anche noi siamo alla ricerca del nostro tesoro. Per questo ci siamo appassionati al libro di Tolkien: abbiamo
trovato nella letteratura un prezioso aiuto per scoprire noi stessi.
I nani sono un aiuto per Bilbo ma non sempre. Ad esempio in alcuni momenti lo scoraggiano dicendo che
Bilbo non è uno scassinatore bensì un bottegaio; in altre occasioni invece lo aiutano ad andare avanti e a
non arrendersi. Prima della partenza Bilbo dice ai nani: “Vi preparerò una buona colazione prima che
partiate” e Thorin rispose: “Prima che partiamo vuoi dire. Non sei tu lo scassinatore? Quanto allo stare
seduti sulla soglia mi pare sia compito tuo per non parlare del fatto di aprire la porta ed entrare…”. I nani
aiutano Bilbo ma vogliono che anche lui faccia la sua parte, non sono disposti a sostituirlo. Nella compagnia
ognuno ha un compito ben preciso.
La spinta che ci porta a realizzare i nostri ideali viene di nuovo dall’esterno. Così alla fine del primo capitolo,
dopo che Thorin racconta a Bilbo la storia dei nani, lo hobbit si sente piccolo perché crede di non essere
all’altezza di questa avventura, pensa di non poter far nulla per aiutarli e non è più deciso a partire. Al suo
risveglio si accorge che la compagnia se n’è già andata e si sente molto sollevato: “Si sentì realmente
sollevato pensando che, dopo tutto, se ne erano andati senza di lui, e senza stare a svegliarlo; eppure in un
certo qual modo non poteva fare a meno di provare una certa delusione. Questa sensazione lo sorprese”.
La delusione che prova Bilbo è il sintomo della nostalgia per l’avventura di cui non si era mai accorto.
Dentro di lui continua la lotta tra lato Tuc e lato Baggins. Quest’ultimo emerge quando si sente sollevato,
perché può stare di nuovo comodo nella sua caverna.
Eppure, dopo l’incontro coi nani della sera precedente, Bilbo non è più lo stesso. Un primo sintomo di
cambiamento, del timido emergere del lato Tuc è il fatto di non aver spolverato la mensola come era solito
fare. “Perdinci! Ma che hai stamattina? Non hai spolverato la mensola del camino!”. Con queste parole lo
incalza Gandalf, che interviene proprio nel momento in cui sta per prendere il sopravvento il lato Baggins.
Lo stregone lo sostiene e gli indica dove si trova la compagnia, che lo sta aspettando.
Bilbo non riesce ad affrontare con le sue sole forze il lato Baggins, che emerge sempre davanti agli “spigoli”
del viaggio. Lo si nota ad esempio in due momenti: il primo accade al risveglio, quando è solo, fino al
momento in cui arriva Gandalf per spronarlo a partire; il secondo accade quando Bilbo e i nani vengono
rapiti dagli Uomini Neri ed è lo stregone a salvarli.
Gandalf sembra abbandonarli ma in realtà li guarda senza perderli mai di vista, infatti arriva nel momento
del bisogno. Più i nani e lo hobbit crescono e più Gandalf fa fare loro dei passi autonomi. Si fa da parte
perché vuole che loro si mettano in gioco, perché sono le situazioni difficili che temprano il carattere, senza
di esse non si potrebbe maturare, crescere.
Questo ci è parso un invito a dare il massimo nella compagnia in cui ci troviamo. Se il maestro lascia la
compagnia, come Gandalf, per “guardare avanti“, ciò che importa è che poi “torni indietro” in modo che
alla fine si prosegua insieme. Quando Pietro ha compiuto la scalata alla Bec de Nana, suo padre si svegliò
molto presto nonostante la camminata del giorno precedente per esplorare il percorso e constatare che
fosse alla sua portata; poi è tornato al rifugio per svegliarlo e convincerlo a partire.
Fin dai primi due capitoli è evidente l’importanza fondamentale per Bilbo di avere un aiuto esterno, senza il
quale il viaggio non sarebbe nemmeno iniziato. Gandalf è coraggioso e forte, comprensivo e duro quando
Bilbo vuole rinunciare; è l’abbraccio consolatorio e allo stesso tempo l’urlo che sprona a continuare. Un
amico tenero e un maestro severo.
Osservare Gandalf ci ha fatto tornare alla mente molti episodi della nostra vita vissuti in compagnia dei
nostri genitori. Questo ci ha interrogato su chi seguiamo noi oggi.
Non sappiamo rispondere completamente a questa domanda ma ora abbiamo un indizio in più: vogliamo
seguire qualcuno che ci guarda come Gandalf ha guardato Bilbo. Uno che abbia uno sguardo che ci dica e ci
ricordi in ogni istante che “there is more in you of good than you know”.