Ciao Andrea - Www Iisvittuone It

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Ciao Andrea - Www Iisvittuone It
PERIODICO INDIPENDENTE
DELL’I.T.I.S. - L.S.T.
“E. ALESSANDRINI”
-VITTUONE -
Anno XVII - Numero 2
Marzo 2013
Grazie per essere stato un nostro amico
Ciao Andrea
In questo numero
Ciao
Andrea
1—2
Giornata
memoria
3
Lo Hobbit
4—5
I miserabili 6
The Impos- 7-8
sible
Olimpiadi
cultura
8
Italiani di
domani
9
Softair
10-11
OS Mobile
12
League of
Legends
13-14
Anonymous 15-16
Avevamo ancora
troppe cose da dirci, troppe cose da
fare insieme, troppi
progetti per il futuro … Sin da quando ti ho conosciuto
ci siamo trovati
subito in sintonia e
siamo
diventati
grandi amici. La
tua mancanza è un
duro colpo al cuore
perchè non potremo più condividere
quei momenti in
cui tu, con la tua
simpatia e la tua
allegria, mi facevi
sorridere anche nei
momenti tristi. Non verrai dimenticato
addio …
Simone
E' difficile scrivere qualcosa sapendo
che non la leggerai mai. Spero che i
miei pensieri arrivino fino a te. Hai lasciato un gran vuoto dentro tutti noi. La
tua scomparsa è stata uno shock. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli,
anche se qui alle superiori avevamo cominciato a parlare. Mancherai a tutti
noi. Ti terremo sempre nel cuore.
Alessandro
Andrea era un ragazzo sempre allegro
che sapeva trasformare le cose brutte in
cose belle, perchè lui era così. Scherzava su tutto, ma allo stesso tempo sapeva
rimanere serio. Era una persona con cui
potevi parlare di tutto. Mi dispiace veramente tanto. La nostra classe non sarà
più la stessa. Addio Chioda!
Marco
Tutti i venerdì durante
l'ora di religione passati fuori del Super a parlare, ridere delle tue
battute divertenti, le
imitazioni dei prof. che
facevi che rendevano
di buon umore tutti,
quel comportamento
sorridente che avevi:
ora si è capito, nascondevi il male che avevi
dentro. Spero che
quando andremo là,
senza di te, il tuo spirito ci dia un po' della
felicità che ci trasmettevi.
Ertjan
Prendevi sempre il lato
comico delle cose. Non ti scoraggiavi
mai delle cattive notizie. Imitavi perfettamente alcuni prof. e ci facevi ridere.
Avevi inventato una parola alquanto bizzarra: banfella; pronunciandola nei momenti tristi ci ridava la voglia di scherzare.
Andrea
Per me e per per tutti non è facile accettare la scomparsa di Andrea. Lui era in
grado di spronarti a fare di meglio anche
con semplici frasi, portava il sorriso in
classe facendo battute e imitazioni, e
proprio ora che iniziava a integrarsi totalmente con noi, proprio ora che iniziavamo a uscire insieme e a diventare veri
amici, lui è stato costretto adandarsene,
senza nemmeno il tempo di un breve
saluto. Sperare in un suo ritorno è sciocco, ora dobbiamo solo mantenere vivo il
ricordo di quel ragazzo gioviale che era
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Studenti.Vit
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Andrea. Non è facile accettare
la sua scomparsa ma non dobbiamo perdere il suo ricordo.
Davide
Ciao Chioda, è solo un giorno
che non sei più con noi e già
ci manchi un sacco. Anche se
non ci conoscevamo da tanto,
appena ho saputo cosa è successo, mi è venuto un forte
senso di dolore e di vuoto. Si
sente spesso che le persone
muoiono, ma che a morire sia
un mio coetaneo, un mio
compagno di classe mi ha
fatto riflettere molto, perchè è
ingiusto che un ragazzo di 17
anni con tutta la vita ancora
davanti, pieno di sogni e progetti per il futuro debba andarsene via, e svanire tutti i
suoi sogni e progetti in un
colpo.
Andrea
E' ingiusto morire a 17 anni,
ingiusto e crudele. Tre giorni
fa siamo usciti insieme, e
sembra impossibile che un
amico smetta di esserci così
improvvisamente. Nel vedere
il banco vuoto mi viene da
pensare “sta male, presto tornerà a scuola”: è come se una
parte di me non volesse accettarlo. Ci mancheranno le tue
imitazioni, le tue risate, ci
mancherai soprattutto tu.
Luca
Andrea non era un compagno
come tutti, era importante
perchè quando la classe era
stressata dalle verifiche, negative una dopo l'altra, lui aveva
un metodo per farci ridere e
dimenticare la verifica con le
sue battute. Nessun compagno
potrà sostituirlo. Ci mancherai
Andrea!
Mustafa
Un compagno ma soprattutto
un amico, questo era Andrea
per noi.
Mario
La cosa che mi ricorderò sem-
pre di lui è la sua imitazione di
un prof. Penso che noi compagni la ricorderemo per tutta la
vita in suo ricordo. Senza di lui
la classe non sarà più la stessa.
Non ti scorderemo, Andrea!
Matteo
Purtroppo io ti ho conosciuto
solo quest' anno. Però in questi
mesi passati insieme ci siamo
divertiti con le tue battute e il
tuo accento 'romano' che ogni
tanto tiravi fuori e da lì è nato
il “burì”, che ormai usavamo
per chiamarci e definire qualsiasi cosa.
Ciao Andrea, ci mancherai.
Francesco
Bello scherzo ci hai fatto per
carnevale! Non conoscevo praticamente nulla di te, tranne la
tua passione per l'Inter. Addio
e stammi bene dovunque tu
sia.
Edoardo
Andrea, eri una persona solare
e gioiosa, soprattutto per questo non ci saremmo mai spettati di perderti in questo modo.
Ti ricorderemo tutti come un
ragazzo allegro e onesto.
Riccardo
Spero che nei tuoi pochi anni
di vita tu sia riuscito a dare il
massimo, ad essere contento
con chi è stato sempre vicino a
te, che ora è più vicino a te di
tutti gli altri. Mi dispiace di
non averti conosciuto benissimo, ma sono stati sei mesi indimenticabili. Ti terrò sempre
un posto nel mio cuore.
Matteo
Il mio rammarico è di aver avuto modo di parlare con te
poche volte. Ho avuto poco
tempo per conoscerti, ma ti
porterò sempre nel cuore. Vorrei ringraziarti per avermi dato
la possibilità di essere tuo amico.
Alessio
Quello che è successo è molto
difficile da accettare. Soprat-
tutto negli intervalli emergeva la
tua simpatia. La cosa che più mi
ricordo di te è la tua amicizia con
Garavaglia e il soft air. Prima delle lezioni di laboratorio andavate
sempre in internet a vedere le armi. È una cosa che ricorderò per
sempre. Ci mancherai molto.
Enzo
Andrea, vorrei salutarti per l'ultima volta e, anche se ti conosco
solo da settembre, di te nutrirò
sempre un ottimo ricordo. Tu sei
colui che rallegrava le giornate
con battute e citazioni esilaranti,
tu sei colui che ci ha confortato
nei momenti difficili, tu sei stato
un buon amico a non sarai dementicato.
Denis
Ciao Chioda, un saluto da parte di
tutti noi, la tua classe. Grazie per
tutti i momenti passati insieme,
felici e infelici. Grazie per la tua
allegria di tutti i giorni, che lascia
un ricordo indelebile nel nostro
cuore. Sarai per sempre un grande
amico, non ti dimenticheremo
mai.
Alessandro
Andrea aveva il raro dono
di restituire a tutti il sorriso
nei momenti in cui qualcosa, in classe o fuori, era andato male. E' morto a casa
sua, nel sonno e con le
braccia conserte, nella notte tra venerdì e sabato 16
febbraio. A scuola, il giorno
delle esequie abbiamo osservato in tutte le classi un
minuto di silenzio e, in sua
memoria, abbiamo raccolto
300 euro che abbiamo devoluto, dietro suggerimento
dei suoi familiari, all'Associazione genitori amici del
bambino malato di Niguarda.
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Anno XVII - Numero 2
Il Giorno della Memoria è stato
istituito per legge nel 2000, ed è
proprio da quella data che nel nostro Paese si dedica il 27 Gennaio
alla memoria, al ricordo di una
tragedia che sembra tanto lontana,
ma che in realtà risale solo a poco
più di mezzo secolo fa: la Shoah
Parlare di Shoah o di Olocausto
significa parlare dello sterminio
sistematico ad opera dei Nazisti di
milioni di ebrei che avvenne in
Europa durante la Seconda Guerra
Mondiale, un genocidio che coinvolse circa 6 milioni di ebrei ma
anche Rom, cristiani di tutte le
confessioni, comunisti, omosessuali, Testimoni di Geova, popolazioni slave e che fece in totale 14
milioni di vittime. La foga nazifascista non si sfogò quindi solo su
gli ebrei, ma su tutti quelli che
misero in pericolo la prosperità del
Reich e che inquinarono la razza
ariana, pura per eccellenza.
Per eliminare tutti i soggetti considerati "indesiderabili" dai Nazisti,
questi crearono dei campi di concentramento e di sterminio: nei
primi i prigionieri venivano classificati in base alla loro capacità di
lavorare; chi era troppo debole
veniva eliminato nelle camere a
gas camuffate da docce, mentre i
più forti erano sottoposti ad un
lavoro schiavistico. Anche questi
ultimi, a causa delle terribili condizioni di vita e di lavoro a cui
erano sottoposti, spesso non sopravvivevano. I campi di sterminio
erano invece pensati esclusivamente per la soppressione delle
persone. L'Olocausto fu l'ultima
tappa della politica antisemita pro-
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mossa da Adolf Hitler.
Su questo argomento vige un silenzio che noi dobbiamo rompere,
per far sì che tutti conoscano e
rif le t ta n o , e ab b an d o n in o
quell’indifferenza che porta ignoranza.
Mercoledì 25 Gennaio, presso
l'aula magna del nostro istituto si è
tenuto un incontro tra gli studenti
delle classi quinte e Angelo Ratti,
figlio di un ex-deportato del lager
di Mauthausen.
Durante l'incontro Ratti ha raccontato la storia del padre. Egli fu
deportato all'età di 17 anni per
aver commesso crimini contro il
partito fascista insieme a degli
amici, aveva infatti organizzato un
gruppo per strapparne i manifesti.
Dal racconto di Ratti sono emersi
particolari toccanti della permanenza del padre nel campo: all'arrivo i prigionieri venivano spogliati completamente, rasati a zero e
ve n i va lo ro ap p l ica t a la
“strasse” (un taglio sulla testa per
renderli riconoscibili in caso di
fuga), facevano dei turni disumani,
aspettavano le ore al freddo durante l'appello, minacciati dalla violenza e dalla freddezza dei soldati
nazisti.
Il 27 gennaio deve quindi portarci
alla riflessione, al ricordo, alla
Memoria.
Possiamo ricordare in diversi modi, leggendo un libro o articoli di
giornali, guardare documentari,
visitare i luoghi dove si sono verificati questi massacri, ascoltare
testimonianze o partecipare a manifestazioni in onore di quei 6 milioni
di innocenti.
Non possiamo permettere che le
generazioni future vivano ancora
una simile tragedia. Bisogna ricordare, e ancora più opportuno è spiegare alle nuove generazione che
cosa sia successo, che cosa ha portato all’olocausto, perché non è stato fermato e soprattutto che cosa ha
significato, in modo tale che tutto
ciò non si possa davvero più ripetere.
Tutto questo ci è stato insegnato da
chi ne è stato testimone, da chi non
si è nascosto dietro i “non voglio
ricordare” o “non voglio pensarci”,
ma da quelli che si sono presi
l’impegno di insegnare alle generazioni a venire, per dare a noi la possibilità di sapere, di capire, di impegnarci per la pace, per
l’integrazione, per la cooperazione
tra i popoli, perché tutto quello che
loro hanno vissuto non possa più
ripetersi.
Il giorno della memoria è troppo
importante per essere ridotto a semplice manifestazione socio-politica,
è anche il tramite per cui le nuove
generazioni prendano il testimone
del ricordo e lo passino alle future,
l’umanità se vuole continuare a
chiamarsi tale non può più permettere un altro olocausto che al giorno
d’oggi avverrebbe sicuramente con
metodologie diverse, ma con risultati probabilmente anche peggiori.
Andrea Balbo e Dario Bonito
5^ Bi
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Da grandi romanzi grandi film?
John Ronald Reuel Tolkien è
noto per aver scritto la saga del
Signore degli Anelli, inventando
così il genere fantasy, tuttavia la
sua produzione letteraria complessiva è molto più ampia e articolata. Oltre al Signore degli
Anelli, uno dei libri più importanti da lui scritti è Lo hobbit
(The hobbit). Nel libro -che precede il Signore degli Anelli sia
come data di pubblicazione
(1937) che come narrazionesono raccontate le avventure di
Bilbo Baggins, lo zio di Frodo
che molti anni dopo gli affiderà
l’anello di Sauron, e di come
appunto è venuto in possesso di
suddetto oggetto. Il libro inizia
con il celebre incipit “In una
caverna nella terra viveva uno
hobbit” e inizialmente ci presenta la vita tranquilla e agiata del
nostro eroe, vita che conduce nel
paese degli hobbit, la Contea (the
Shire nell’originale). Un giorno,
mentre Bilbo è nel suo giardino a
fumare tranquillamente la pipa,
si presenta lo stregone Gandalf il
Grigio, che gli chiede se è disposto a partecipare a una rischiosa
avventura. Essendo gli hobbit
molto abitudinari e pacifici, Bilbo inizialmente rifiuta, tuttavia il
giorno successivo si presentano a
casa sua, invitati da Gandalf, 13
vivaci nani, fra cui Thorin Scudodiquercia, nipote di Thror, il re
sotto la montagna, che intende
recuperare il regno che gli spetta,
usurpato dal malvagio drago
Smog (Smaug nell’originale).
Bilbo, titubante, viene assunto
con regolare contratto in qualità
di scassinatore del gruppo e parte
con i nani, uscendo dalla Contea
per la prima volta in vita sua.
Dopo aver astutamente sconfitto,
grazie all’intervento provvidenziale di Gandalf, tre Raminghi
che volevano mangiarsi tutto il
gruppo; raggiungono Granburrone (Rivendell nell’originale),
dimora del signore elfico Elrond,
che li ospita. Elrond inoltre aiuta
Thorin a leggere la mappa ereditata dal nonno Thror. Thorin viene così a conoscenza
dell’esistenza di un passaggio
segreto sul fianco della montagna, utile per raggiungere il regno sotterraneo che gli spetta di
diritto con il relativo, immenso,
tesoro. Dopo oltre due settimane
di permanenza a Granburrone la
compagnia si rimette in viaggio e
raggiunge le Montagne Nebbiose,
una catena montuosa che fa da
confine occidentale per le Terre
Selvegge, dove però vengono catturati da una tribù di orchi, che li
porta nelle loro grotte sotterranee.
Va qui notato il fatto che
nell’originale inglese Tolkien, da
grande esperto di lingua e letteratura antica inglese quale era, chiama gli orchi con il termine antico
“orc”, ormai in disuso, al posto
del più moderno “ogre”. Mentre i
nani fuggono compatti grazie
all’intervento di Gandalf, che li
conduce fuori dalle grotte degli
orchi; Bilbo si perde nell’oscurità
e, girovagando, trova per terra un
anello e lo mette in tasca, non immaginando che si tratta nientemeno che dell’Unico Anello forgiato
quasi tremila anni prima dal Signore Oscuro Sauron per sottomettere la Terra di Mezzo. Intanto
il nuovo proprietario dell’anello, il
viscido Gollum, va alla ricerca del
suo tesoro e, trovando Bilbo, fa
con lui una gara di indovinelli con
la promessa che se lo hobbit avesse vinto non se lo sarebbe mangiato e, anzi, lo avrebbe guidato fuori
dalla caverna. Bilbo, in difficoltà,
gli chiede cosa ha in tasca e Gollum, dopo aver sbagliato per tre
volte, capisce che si tratta del suo
prezioso anello e decide di uccidere comunque Bilbo per recuperarlo. Lo hobbit, accidentalmente,
mette al dito l’anello, diventando
così invisibile agli occhi di Gollum e riuscendo quindi a sfuggirgli. Riesce poi a raggiungere la
compagnia, che viene però nuova(Continua a pagina 5)
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Anno XVII - Numero 2
mente attaccata dagli orchi.
Gandalf, però, chiama le aquile
giganti delle Montagne Nebbiose, che portano in salvo tutto il
gruppo. Ripreso il viaggio, si
fanno ospitare con uno stratagemma dall’uomo-orso Beorn,
il quale li rifornisce di provviste
per superare il Bosco Atro, la
grande foresta che si estende fra
loro e la Montagna Solitaria. A
questo punto Gandalf si separa
dalla compagnia per dirigersi a
sud. Entrati nel bosco, vengono
catturati dai ragni giganti, che
vengono sconfitti proprio da
Bilbo anche grazie al
potere dell’anello. In
seguito vengono catturati dal re elfico
Thranduil (padre di
Legolas della Compagnia dell’Anello),
tuttavia Bilbo sfugge
alla prigionia proprio
grazie all’invisibilità
datagli dall’anello.
Aiuta quindi i nani ad
evadere attraverso un
fiume sotterraneo
c h i ud e n d oli
all’interno di barili e
affidandoli alla corrente. Il
gruppo si ritrova presso la città
lagunare di Pontelagolungo,
dove vengono ospitati e dove si
preparano per recarsi a nord,
presso la Montagna Solitaria.
Dopo alcuni giorni di viaggio
raggiungono la montagna, e
trovano la porta che cercavano,
riuscendo ad aprirla all’ultimo
secondo utile. Bilbo si introduce attraverso la porta, riuscendo
a rubare una preziosa coppa.
Smog per ò si accor ge
dell’ammanco e viene colto
dalla rabbia. Allora Bilbo indossa nuovamente l’anello e si
reca dal drago, a cui sottopone
una conversazione enigmatica,
che però gli fa capire che i nani
sono passati per la città di Pontelagolungo. Smog quindi deci-
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de di attaccare la città colpevole
di aver ospitato i suoi nemici. Il
finale del libro è pieno di sorprese, e non lo anticipo per rispetto
verso coloro che avessero intenzione di leggerlo.
Quest’opera fa parte del percorso di formazione letteraria di
Tolkien, che giunge a compimento con la pubblicazione del
Signore degli Anelli, di quasi
vent’anni successiva. Qui vengono gettate le basi del genere fantasy, tuttavia è troppo presto definire Lo hobbit un fantasy vero
e proprio dato che è concepito
come una favola per bambini e
non ha la componente epica tipica di questo genere. Il fantasy
nasce infatti con il Signore degli
Anelli, in cui il racconto (molto
più lungo) ha tutte le connotazioni narrative fantasy, a loro volta
derivanti dagli antichi poemi
epici germanici e nordici, poemi
che Tolkien, da studioso di letteratura inglese antica, conosceva
molto bene. Ne Lo hobbit la
componente comica è molto accentuata, invece nel Signore degli Anelli è quasi assente, e anche i nomi dei personaggi ricalcano questa evoluzione dello
stile di scrittura. Recentemente è
uscito al cinema il primo film
della trilogia dedicata a Lo hobbit, diretta da Peter Jackson, il
regista neozelandese che ha diretto anche la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli. Personalmente non condivido la scelta
di realizzare una trilogia basata su
un singolo libro, e infatti nel film
la trama è stata allungata con
l’aggiunta del personaggio di Azog, inesistente nel libro, e con le
molteplici inquadrature aeree del
paesaggio, spettacolari ma inutili.
Nonostante ciò la trama regge il
ritmo del film, e anche se non si è
letto il libro si riesce comunque a
seguire bene la catena degli avvenimenti; e non è facile per un
“profano” capire quali siano le parti aggiunte da Jackson. Quasi sicuramente
la decisione di girare tre
film anziché uno è dettata
da motivazioni economiche, non artistiche, e i produttori hanno deciso di ripetere qui la stessa strategia di mercato che ha portato
a dividere in due parti
l’ultimo film della saga di
Harry Potter. Tuttavia le
carte in regola per girare
una grande trilogia cinematografica come quella del
Signore degli Anelli ci sono tutte
e molto probabilmente Jackson
alla fine non ci deluderà. Ovviamente il consiglio che mi sento di
dare a chi intende vedere il film è
leggere prima il libro, e divertirsi
poi a scoprire le somiglianze e le
differenze fra libro e film. Anche
per chi già ama il fantasy questo
libro è un “must”, per capire come
dalle semplici favole per bambini
si sia evoluto un genere con una
caratterizzazione autonoma. Se
poi addirittura si intende scoprire
l’universo narrativo di Tolkien
andrebbe letto questo libro prima
del più lungo e complesso Signore
degli Anelli o dell’intricato Silmarillon.
Vladimir Salerio 3^Al
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I miserabili
La trama coinvolgente, la maestosità delle scenografie, la maestria degli attori e la sontuosità della lirica hanno senza dubbio fatto de I miserabili uno dei
film più affascinanti del 2013. La
storia si snoda attorno alle vicende di Jean Valjean interpretato
da Hugh Jackman (vincitore del
Golden Globe ), un uomo
vittima di un ingiustizia
sociale, perpetrata da un
personaggio privo di
scrupoli, l'ispettore Javert
(Russell Crowe),
che
abusa del suo potere di
tutore della legge, perseguitando il compassionevole Valjean al quale egli
non intende dare la possibilità di redimersi, dopo
un lungo e sfiancante
periodo di prigionia .
Tuttavia, in seguito alla
carità ed alla generosità
di un vescovo, il galeotto
è indotto ad intraprendere una vità onesta che lo
porta a diventare un personaggio ricco e stimato.
in seguito valjean si impietosisce davanti alla
miseria dell'operaia Fantine (Anne Hathaway) e
di sua figlia cosette
(Amanda Seyfried); decide allora di prendersene cura
personalmente, continuando a
crescere la bambina anche in
seguito alla morte della madre.
Pur avendo abbandonato il mondo della fame e della povertà,
Valjean non dimentica le sofferenze del carcere, dimostrando
umanità ed altruismo nei confronti di un pover'uomo di nome
Champmat hi eu, che vi ene arrestato per furto e accusato
di essere l'ex galeotto Valjean,
cambiato fisicamente dopo molti
a
n
n
i
.
Al termine di una profonda crisi
di coscienza, Valjean, incapace
di tollerare che un innocente rischi il carcere a vita, decide di
autodenunciarsi pur essendo consapevole che il gesto l'avrebbe
portato nuovamente ad una con-
tinua fuga dall'instncabile Javert.
Seguito dalla piccola Cosette si
reca a Parigi dove con non poche
difficoltà riesce a trovare la tanto
attesa tranquillità in un monastero, che nonostante non gli conceda una vita sfarzosa ed entusiasmante, gli permette di essere al
sicuro dal temibile ispettore. Numerosi anni dopo il padre, si dimostra tutt'altro che indifferente
alla volontà di Cosette, che diventata ormai una ragazza desi-
dera fortemente distaccarsi dal
mondo chiuso e riservato del monastero per scoprire ciò che la circonda. valjean acconsente e si
trasfersice in una graziosa abitazione della capitale. Le vicende
di Javert e dell'ex galeotto si intrecciano nuovamente molti anni
dopo, quando nella capitale francese, nel giugno del 1832 è
in corso un insurrezione
repubblicana , che ha come
scopo il rovesciamento della
monarchia. Tra le file dei
rivoltosi è presente Marius
(Eddie Redmayne) un ragazzo proveniente dai bassifondi parigini che in seguito all'incontro con Cosette, se ne è innamorato follemente . Al termine della
rivolta, placata dall'esercito
reale, Javert e Valjean si
trovano ancora una volta faccia a faccia. L'ispettore resosi conto dell'impossibilità di conciliare il suo
istinto irrefrenabile, che lo
porta alla persecuzione di
Jean e il ruolo di difensore
della legalità si suicida
drammaticamente.
Nel film tratto dall'immortale ed illustre romanzo di
Victor Hugo, la brillante
interpretazione dei rinomati attori
permette di immedesimarsi nella
frustrante situazione di Valjean, il
quale nonostante la sua dimostrata
bontà e sensibilità viene considerato esclusivamente come un ergastolano indegno di essere riammesso a far parte della società.
Davide Bisi 3^ CL
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The Impossible
Quella raccontata nel film del
giovane regista spagnolo Juan
Antonio Bayona, interpretato da
Naomi Watts ed Ewan Mcgregor, è una storia emozionante,
ricca di sentimenti e di speranza
che racchiude l'unità di una famiglia, divisa dallo tsunami del
2004.
Il maremoto dell'Oceano Indiano
del 2004 è stato una delle catastrofi più dirompenti che hanno
colpito il nostro pianeta nell'ultimo secolo, mietendo migliaia di
vittime . L'epicentro del maremoto, con magnetudo stimata
attorno 9,3 gradi della scala Richter, si è verificato a circa 160
chilometri dall'isola di Sumatra,
all'interno della cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico, emettendo un'energia di 52000 megatoni
che se messa in rapporto a quella
sprigionata dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki è stata un mi-
lione e mezzo di volte superiore.
Il sisma è stato così violento, da
raggiungere tutto il sud-est asiatico, lambendo anche le coste
dell'Africa orientale. Tra i tanti
territori colpiti ricordiamo la
Thailandia che è stata teatro
dell'ambientazione di questo toccante film, il quale vede per protagonista una delle tante famiglie
che vennero affrante dalla potenza colossale della natura, dinnanzi alla quale la nostra esistenza
scompare in un batter d'occhio
come se non fosse mai fiorita .
Henry, Maria e i loro tre figli
albergano in un resort per trascorrere alcuni giorni in un paradiso tropicale. Ma la mattina del
26 dicembre, mentre si trovano
in piscina per rilassarsi, dopo la
notte passata a festeggiare il Natale, un’enorme parete d’acqua,
seguita da un gigantesco fragore
si scaglia dapprima contro il pa-
dre e i due figli, e successivamente contro la madre che rimane pietrificata. É uno tsunami che travolge tutto ciò che incontra sul
proprio cammino, seminando terrore. Successivamente la vicenda
si distribuisce in un doppio teatro
di emozioni: da una parte la madre
insieme al figlio Lucas, i quali
cercheranno di emergere dallo
scenario di devastazione che li
circonda trovando assistenza presso un ospedale del luogo, e dall'altra, invece, il padre e i due fratellini. La famiglia cercherà in ogni
modo di riavvicinarsi e, grazie
allo spirito di grande aggregazione
e di determinazione, riuscirà
nell'intento.
Trovo che non sia semplice produrre un film basato su di una catastrofe di così grande entità, riuscendo a mantenere lo spettatore
partecipe di una storia così complessa e trasmettendo il profondo
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Studenti.Vit
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sentimento di dolore che compariva in ogni scena .Una storia che
fa riflettere esponendoci in maniera chiara una realtà così aggiacciante e sono sicuro che tutto
ciò che ci offre questo film è soltanto una piccola parte di ciò che
è accaduto realmente. Dimostrando che in fondo l'amore della famiglia vince su di ogni cosa
perfino su di una calamità di quel
calibro .
Il giorno 3 dicembre 2012, nella
nostra scuola, si è svolta la prima
delle tre fasi delle Olimpiadi della Cultura e del Talento, un
Guglielmo Galimberti 3^CL Concorso Culturale Nazionale
rivolto alle scuole secondarie di
secondo grado di tutto il territorio italiano. Il Concorso è una
competizione multidisciplinare
che si articola in tre fasi: Eliminatorie, Semifinali e Finali.
Diciotto ragazzi, frequentanti le
classi III, IV e V, divisi in tre
gruppi, hanno affrontato una serie di quesiti a risposta multipla,
su argomenti di carattere generale.
Uno solo di questi gruppi ha superato la fase eliminatoria, con
un risultato di 86/100 punti.
Le due ragazze di 3^Cl e i 4 ragazzi di 4^Al, facenti parte del
gruppo vincitore, verranno accompagnati dalla prof.ssa Leone,
punto di riferimento della nostra
scuola per questo tipo di attività
e dalla prof.ssa Raimondi a Civitavecchia, dove il giorno 4
marzo 2013, al teatro Traiano,
si svolgeranno le Semifinali.
Gli studenti dovranno misurarsi
in prove di logica e informatica, grammatica inglese, musica,
letteratura italiana, attualità e
geografia.
Le squadre che supereranno
questa fase, passeranno alle
Finali, che si svolgeranno a
Tolfa (RM), il 15-16 Aprile
2013, dove i ragazzi dovranno
dimostrare tutte le loro capacità
nella prova finale, denominata
Prova Talento.
Sosteniamo con un IN BOCCA
AL LUPO corale i nostri compagni che ci rappresenteranno.
Martina Ghidoli 3^ CL
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Italiani di domani
In questi giorni, ascoltando in
televisione diverse interviste di
Beppe Severgnini, ho avuto il
desiderio di leggere il suo ultimo
libro: Italiani di domani dedicato
alla nostra generazione.
Lo scrittore è un noto giornalista
internazionale, ha lavorato in
Inghilterra e negli Stati Uniti,
esperienze che lo hanno aiutato
molto nella carriera e nella vita.
Quando non redige articoli per il
“Corriere della sera”e non aggiorna la sua rubrica online
“Italians”, si diletta nella scrittura di libri di generi diversi, alcuni diventati anche best-seller,
come: "Manuale dell'uomo domestico ", "Manuale dell'imperfetto viaggiatore", "Italiani si
diventa", "Un italiano in America", "Italiani con valigia",
"L'inglese. Lezioni Semiserie" e
"Inglesi".
Il libro è strutturato come una
guida divisa in otto capitoli: talento, tenacia, tempismo, tolleranza, totem, tenerezza, terra e
testa.
Queste “porte sul futuro”, come
le definisce Severgnini, vengono
spiegate in modo semplice, a
volte ironico, caratteristiche che
alleggeriscono la lettura. Ogni
capitolo a cui è dedicato uno di
questi argomenti viene esposto
utilizzando anche testimonianze
e suggerimenti tratti dalle lettere
e dalle e-mail che riceve lo scrittore sul suo sito internet e sui
social network. I consigli principali che Severgnini dà ai giovani
sono quelli di studiare molto,
magari specializzandosi
all’estero, visto che gli italiani
non sfigurano affatto di fronte a
studenti di altri Paesi.
Raccomanda l’apprendimento
delle lingue straniere e, dote indispensabile, la versatilità, caratteristica che in questo momento
storico è molto richiesta.
Un aneddoto che è descritto nel
libro e che mi ha fatto sorridere,
è quello in cui racconta i suoi
primi anni a Londra in un piccolo alloggio, il quale una mattina
viene assediato da un pullman di
fan di Jimi Hendrix: infatti era
l’ultimo luogo in cui visse il celeberrimo chitarrista, ma lo scrittore ne era totalmente all’oscuro!
Beppe Severgnini infatti, per
inseguire il suo sogno di scrittore, si è adattato a vivere anche in
un sottoscala, lontano dal proprio
Paese. Purtroppo come racconta
nelle sue interviste, i ragazzi sono piuttosto restii ai sacrifici,
tanto che, pur desiderosi di incontrarlo al Corriere della Sera,
non rinunciano ad una lezione di
tennis se gli appuntamenti coincidono.
Questo libro è stato molto interessante, le questioni analizzate
devono essere dei punti di riferimento per un giovane; inoltre vi
sono dei suggerimenti sull’uso
delle nuove innovazioni informatiche, le quali possono aiutare gli
individui, se utilizzate con criterio.
In conclusione, è stato un testo
molto istruttivo e sicuramente
adatto per ragazzi della nostra
età: è ben articolato ed analizza i
temi in modo schietto ed immediato.
Lo consiglio soprattutto ai giovani indecisi per il loro percorso
lavorativo oppure a chi ha perso
gli stimoli per lo studio!
Figino Marco 3^ CL
Studenti.Vit
Pagina 10
Softair
A quanti di voi piacerebbe giocare a cod nella vita reale, ma senza correre il rischio di farsi del
male? E’ l’obiettivo dei softgunner, i giocatori di Softair, ovvero
del “Tiro tattico sportivo”, disciplina di squadra basata sulla simulazione di tattiche militari che
sta conquistando sempre più persone. Indossano mimetica e stivali anfibi, applicano sul viso
“pitturazioni” da combattimento
oltre ad un paio di occhiali di
protezione e si affrontano con
pistole e fucili automatici. Non
sono gli incursori di qualche forza speciale, perché loro si sparano addosso pallini di plastica di 6
millimetri di diametro, totalmente innocui e inoffensivi, affron-
tandosi e basandosi sulle regole
di un gioco non violento e corretto. Il softair è stato oggetto di
critiche circa il fatto che dopo
una “battaglia”, vengono sparsi
nel campo di gara mediamente
2500 pallini a giocatore. Questi
pallini non possono essere recuperati e quindi rimangono
nell’ambiente.
Molti giocatori, però, affermano
che i pallini sono di plastica e
quindi un materiale inerte. Sono
in vendita anche pallini biodegradabili, ma questi vengono
considerati poco efficaci per gittata e precisione.
Come si gioca al Softair?
Occorrono innanzitutto tanti amici, l’attrezzatura adatta ed un luogo dove poterlo praticare. Gli amici basta cercarli, oppure mettersi
in contatto con i vari gruppi/
associazioni che praticano questa
disciplina. I campi da gioco possono essere di qualsiasi tipo: boschivi, sabbiosi, urbani (ma sempre in aree specifiche), utilizzati in
qualsiasi ora e con ogni tempo. È
necessario anche segnalare la zona
in cui si svolgeranno i giochi con
degli opportuni avvisi che spieghino cosa sta avvenendo, in modo
da non allarmare inutilmente eventuali passanti. Ogni anno si
svolgono numerosi tornei e campionati in tutta Italia, e alcuni e-
Studenti.Vit
Anno XVII - Numero 2
venti internazionali.
Alcuni di questi tornei possono
arrivare alle 48 ore consecutive
di gioco. Questi possono prevedere operazioni atte all'acquisizione di obiettivi (tramite ricognizione o azione di combattimento diretto), alla difesa del
territorio nei confronti della/delle
fazioni opposte, ad operazioni
che simulano o riproducono scenari storici o recentissimi. Al
confine tra il gioco di ruolo dal
vivo e lo sport, questo wargame
si pratica in team con un'attrezzatura minima di una replica,
cioè una riproduzione di un'arma
vera, alimentata elettricamente o
a gas e che spara pallini di plastica. Le armi ad aria compressa,
infatti, sono state man mano rimpiazzate soprattutto da quelle
elettriche, meno potenti e quindi
più rispondenti alle esigenze del
wargame che prevede per le
ASG una potenza di tiro inferiore ad 1 joule (100 metri al secondo). Molto importante nel Softair
Pagina 11
è l’auto dichiarazione nel momento in cui si viene colpiti.
Infatti, è necessario tenere un
comportamento sportivo ed onesto nel momento in cui si viene
presi, al fine di rendere il gioco
divertente ed esente da contestazioni, le quali potrebbero scaturire se un giocatore colpito continuasse l’azione non dichiarandosi. Coloro che si
a u t o dichiaran
o
“morti”
de vono,
necessariamente,
interromp e r e
l’azione,
gridare
“morto!”
e allontanarsi dal
campo di
gara senza parlare ai propri compagni per
non dare
informaz i o n i
sulla posizione del nemico.
Chi non rispetta questa legge
fondamentale viene “bandito”
dal gioco e, in alcuni casi, dai
gruppi e associazioni. Questo
pseudo-sport è nato in Giappone
ed ha preso piede per la prima
volta in Italia negli anni 90 riscuotendo un grande successo.
E’ un hobby inconsueto, in cui
contano molto onestà e spirito di
squadra, anche goliardico, più
che fisicità e agonismo. Una partita potrebbe essere comparata ad
una battaglia a palle di neve, con
più tecnologia, trekking, orientering e sopravvivenza.
All’insegna di sport, allegria, amicizia e aggregazione, dove è possibile scaricare lo stress accumulato in settimana. Amore e rispetto
per la natura spingono gli appassionati in qualsiasi condizione
fisica o meteorologica, ad alzarsi
presto di domenica per giocare e
concludere la giornata con una
festa. Ma chi sono i novelli Rambo «che giocano alla guerra, ma la
ripudiano nella realtà»? Gli appassionati di wargame sono persone
di tutte le età e condizione sociale:
studenti, universitari avvocati,
operai ed anche manager 50enni,
commercianti e numerosi agenti
delle forze dell'ordine, persino
dentisti. Il softair vede crescere
sempre di più il numero degli appassionati e delle associazioni che
si sfidano tra loro, ospitando gli
avversari in “casa” propria e rappresenta un modo per trascorrere
le giornate all’aria aperta in compagnia di amici.
In conclusione, la cosa più bella
della guerra simulata è che comunque quando hai sparato ad un
avversario, lo vedrai un secondo
dopo rialzarsi in piedi e sorriderti
accettando la sconfitta, perché
comunque sia
“NON E' GUERRA MA SOLO
UN GIOCO”
P.S. Da appassionato giocatore,
posso affermare che questo pseudo-sport è molto coinvolgente e
appassionante, ed è in grado di
attirare i più scettici dopo un solo
game. E rivolgendomi a tutti coloro che vorrebbero avventurarsi in
questo mondo, vorrei assicurare
che non è necessario acquistare
tutta l’attrezzatura, in quanto la
maggior parte dei campi autorizzati fornisce un servizio di noleggio di tutto l’occorrente.
Alessandro Pedretti 3^ AE
Studenti.Vit
Pagina 12
I NUOVI OS MOBILE
Ubuntu e Firefox
Presto Android, Windows phone e iOS,
i tre sistemi operativi per smartphone,
avranno altri due rivali, Ubuntu Phone
OS e Firefox OS. Partiamo a presentare
quest'ultimo.Keon e Peak saranno i primi dispositivi ad adottare Firefox Phone
OS, la nuova piattaforma operativa mobile di Mozzilla. L'uscita prevista per gli
inizi del 2013 prevede un sistema operativo open source che apre le porte alla
produzione di telefoni di fascia economica e capace di superare le limitazioni
dello sviluppo web, anche con l'introduzione di HTML5.Il software presenta
tutte le funzioni offerte dai sistemi operativi non basati su codice web. La
schermata principale sembra ispirata a
quella di Windows Phone e Ios, infatti
è possibile spostarsi nelle diverse pagine
per scorrere l'elenco delle applicazioni,
inclusa la possibilità di cercare i contenuti spostandosi nella pagina di sinistra,
dove si visualizzano anche le diverse
categorie delle app. Per quanto riguarda
Ubuntu Phone OS, Canonical ha annunciato il sistema operativo lo scorso 2
Gennaio dichiarando che i primi device
arriveranno sul mercato verso la fine del
2013 e l'inizio del 2014. Inizialmente il
sistema operativo Ubuntu sarà sprovvisto di market ma saranno presenti le
applicazioni fondamentali, attualmente
in fase di sviluppo. Tra le più importanti
vi sono ovviamente le applicazioni
“social” (Facebook, Twitter, You Tube e
Google+) ma anche otto le applicazioni
standard come calcolatrice, client email, agenda, sveglia ecc. Il sistema
operativo sarà compatibile sia con architetture ARM che x86, alla stregua della
controparte desktop e potrebbe essere
installato su tutti i dispositivi che monta-
no attualmente Android.
Alcune Review non ufficiali sono infatti già presenti
sul web. Le caratteristiche
minime richieste sono un
Cortex-A9 da 1 Ghz ed
almeno 512 MB di RAM.
Per l'installazione manuale
Canonical suggerisce però
almeno un quad-core A9 o
un Intel Atom. Ubuntu
Phone OS è realizzato
attorno al kernel e ai driver Android, ma non usa
una Java Virtual Machine
(JVM), e questo assicura
velocità, reattività e capacità di sfruttare al meglio
tutte le risorse hardware.
L'interfaccia grafica è
molto caratteristica, controllo semplice
grazie al sistema swype da tutti e quattro i bordi dello schermo per trovare
contenuti o passare tra le applicazioni più.
Non ci resta che attendere l'uscita dei
nuovi OS mobile del tutto open source per
vedere se riusciranno a mettere in crisi i
colossi Apple, Windows e Android
Matteo Negri 3^ Ai
Ilenia Romeo 5^ Bi
Studenti.Vit
Anno XVII - Numero 2
Come ogni numero del nostro
giornalino d’istituto propongo
nella mia rubrica la recensione
di un gioco che mi ha colpito
particolarmente nell’ultimo mese. In questo numero tocca a
League of Legends, un MOBA
(Multiplayer Online Battle Arena), un genere sempre più accettato e ricercato dai videogiocatori, nato in origine come mod
per Warcraft 3, chiamata Defense of the Ancients (DOTA),
dove lo scopo era appunto quella di difendere la base dai nemici e distruggere la loro. Da qui i
giochi MMO interamente dedicati a questo genere di mappe e
modalità di gioco.
League of Legends risale
all’ottobre del 2009 e pertanto
non può presentare un comparto
tecnico di prim’ordine. Resta
comunque una delle scelte preferite dagli amanti del settore,
con decine di Campioni che sono stati aggiunti nel tempo a
quelli iniziali e un gameplay
quasi impeccabile.
Pagina 13
Per chi non avesse mai giocato
ad un MOBA, spiego brevemente di che si tratta:
La partita è divisa in due squadre da tre o da cinque. Ognuna
di queste parte dalla propria base ed ha tre possibili strade per
raggiungere quella avversaria.
Inoltre, ogni tot di tempo, partono dalla base tre gruppi di minions (piccoli combattenti guidati dall’intelligenza artificiale)
che seguono ognuno una delle
tre vie. All’interno della mappa
ci sono delle torrette posizionate
sempre negli stessi punti, volte a
rallentare l’avanzata nemica uccidendo chi si avvicina. Lo scopo principale sarà quindi quello
di uccidere i minions man mano
che si presenteranno, distruggere le torri di guardia e raggiungere il cuore della base nemica
per distruggerlo e vincere.
Uccidendo i giocatori avversari,
le
torri
e
i
minions, guadagneremo soldi e
punti esperienza utili a farci salire di livello. In questo modo
sbloccheremo nuove abilità o ne
potenzieremo di già attive, mentre con il denaro potremo acquistare nello store di gioco utili equipaggiamenti, suddivisi per
genere. Gli oggetti sono acquistabili solo dalla base e possono esser sfruttati per potenziare
l’attacco, la difesa, la rigenerazione dei punti vita e del mana, aumentare il livello massimo di HP
e MP e così via.
Questa in sintesi è la dinamica di
gioco, con gli eroi potenzialmente
liberi di muoversi dove vogliono,
sfruttando la strategia più consona alla situazione e senza però
dimenticarsi che il gioco di squadra la fa da padrone. Questo genere di gioco non è infatti adatto
a chi ama far l’eroe e lanciarsi
nella mischia, dato che anche riuscendo a raggiungere alti livelli,
le possibilità di sopravvivere da
soli rasentano lo zero. Una buona
strategia e comunicazione tra
compagni rappresenteranno la
chiave vincente di ogni partita tra
giocatori esperti.
Gameplay intuitivo e tipico di un
RTS. Saremo al comando del no(Continua a pagina 14)
Studenti.Vit
Pagina 14
stro eroe e potremo scegliere
sulla base del tipo di squadra
composta, a quale posizione
dedicarci. Avremo bisogno
solo del mouse, per poterci
spostare e cliccare sul nemico
da attaccare o la skill da utilizzare.
Un gioco strategico e di squadra, due elementi che non
possono esser trascurati se si
intende diventare giocatori
professionisti e soprattutto
vincenti. A tal proposito,
l’avanzato sistema di ma-
le varie postazioni all’interno
della mappa vengono solitamente chiamate BOT, MID e TOP,
le quali indicano rispettivamente
la parte più bassa, la parte centrale e la parte più alta della
mappa. Quando nella chat avremo bisogno di assegnare il ruolo
e la postazione di ogni giocatore, vedremo di frequente utilizzare questi termini per velocizzare le discussioni.
All’interno della mappa sono
presenti dei mostri guidati
dall’intelligenza artificiale, i
tchmaking si occupa di abbinare giocatori di livello e capacità simili, per evitare il
crearsi di squadre squilibrate
e quindi dar vita a partite
piuttosto noiose e poco stimolanti.
Un’innovazione
quanto mai importante per
evitare di demoralizzare i
novizi
e
portarli
all’abbandono del gioco.
quali se ne stanno buoni e tranquilli
senza
disturbare
l’andamento di gioco. Potremo
sfruttare la loro posizione isolata
per attaccarli e guadagnare esperienza e punti extra, salendo di
livello e tornando quindi sul
campo di battaglia più forti e
potenziati di prima. Alcuni usano questa tecnica, ma ciò dipende molto dall’eroe scelto e dal
tipo di squadra con cui si avrà la
fortuna di giocare.
Conclusioni
League of Legends è un ottimo
Multiplayer Online Battle Arena, ricco di personaggi, skill e
costumi. Vanta inoltre di una
community che conta circa 15
milioni di giocatori, il che basta
a confermare quanto di buono
già lascino presagire le prime
impressioni.
Pontoglio Andrea 5^ Bi
Studenti.Vit
Anno XVII - Numero 2
Sicuramente molti di voi già li
conoscono, altri ne avranno sentito parlare, ma ad alcuni probabilmente il nome suonerà nuovo.
Si fanno chiamare Anonymous e,
come il nome suggerisce, nessuno conosce la loro identità, anche
perchè sarebbe difficile identificarli tutti, visto che sono sparsi
per tutto il mondo.
Sono un organizzazione di hacker (termine che indica persone
con grandi abilità informatiche
messe al servizio della comunità
per evidenziare problemi o, come nel loro caso, per scopi sociali), che hanno come scopo principale la difesa delle libertà di parola e di pensiero o dei diritti
umani (sono famosi, ad esempio,
per il loro accanimento nei confronti delle carceri in cui certi
diritti non vengono garantiti ai
detenuti o nei confronti dei governi di molte nazioni che secondo loro abusano della censura).
Tuttavia loro si autodefiniscono
hacktivisti e non hanno capi o
superiori, come suggerisce il loro
simbolo, il busto senza capo
Pagina 15
(prima foto), che sta a significare
proprio questa mancanza di un
ordine gerarchico all'interno del
gruppo.
Il loro modo di pensare, che sono
soliti diffondere attraverso video
postati su siti come YouTube o
sulle loro pagine Twitter e Facebook, ricorda molto quello di V,
protagonista del film V per vendetta, dal quale prendono il loro
secondo simbolo, la maschera di
Guy Fawkes (seconda foto).
Il loro motto è “Noi siamo Anonymous. Noi siamo una legione.
Noi non perdoniamo. Noi non
dimentichiamo. Aspettateci!”.
Forse come messaggio suonerà
un po' inquietante, ma proviamo
a conoscerli meglio:
sono celebri per alcune operazioni che senza dubbio, per quanto
possano essere considerate illegali, hanno aiutato molte persone. Una delle prime, ad esempio,
riguarda il social network Habbo. Viene definita come “Great
Habbo Raid”; è stata scatenata
da manifestazioni di razzismo
avvenute sull'hotel virtuale e ha
portato all'espulsione da Habbo
di decine di utenti che avevano a
che fare con queste manifestazion
i
.
Sicuramente, penserete, non è
normale che un gruppo così ben
organizzato di hacker si incentri
su pesci piccoli come
“l'espulsione di qualche utente
da un social network”, ma non è
questo il punto. Gli Anonymous
infatti hanno più di una volta
ribadito che il loro vero fine è
l'affronto delle ingiustizie e lo
hanno dimostrato con le successive e più recenti operazioni,
quali l'arresto del pedofilo Chris
Forcand attraverso uno stratagemma usato per ingannarlo,
oppure i molteplici attacchi contro siti web di governi e politici
(in gran parte anche italiani) a
causa delle troppe censure su
informazioni che, secondo l'organizzazione, dovrebbero essere
di dominio pubblico o di comportamenti ritenuti scorretti.
Le più recenti operazioni del
gruppo invece riguardano attacchi a numerosi siti (tra cui quello
Anno XVII - Numero 2
Periodico
dell’I.T.I.S. - L.S.T.
“E. Alessandrini”
- Vittuone Anno XVII, n.° 2
Via Zara 23/c
20010 — Vittuone (MI)
Tel. 02.90111011
Editore
Dott. Carlo Vincenzo Manzo
Referente area di progetto
Prof. Eros Griggio
Direttore responsabile
Mirko Bertani
Impaginazione e grafica
Riccardo Clerici
Prof. Alberto Cardillo
Redazione
Francesca Tunesi
Davide Bisi
Andrea Pontoglio
Matteo Picozzi
Mirko Bertani
Matteo Negri
Matteo Ceriani
Vladimir Salerio
Martina Ghidoli
Riccardo Clerici
Marco Ferrè
Guglielmo Galimberti
Marco Figino
Collaboratori
Dario Bonito
Andrea Balbo
Ilenia Romeo
Stampa
Elena, Lucia e Maria
dello stesso FBI e di moltissime case
discografiche) a causa della chiusura
per violazione del copyright, ritenuta
ingiusta, del sito Megaupload (questa
operazione viene definita “Operazione
Blackout”), o l'attacco al sito del Vaticano: i motivi che avrebbero spinto
Anonymous in quest'ultimo caso sono
le troppe interferenze della Chiesa con
lo sviluppo in campo medico e scientifico, che provocherebbero un'arretratezza inammissibile nel 2012.
Ma il motivo che più mi ha spinto a
scrivere questo articolo riguarda il
caso di Amanda Todd, una ragazza
morta suicida nello scorso settembre a
causa di uno stalker che ha pubblicato
in rete alcune sue foto osè. Anonymous infatti, in seguito alla notizia
della morte della ragazzina, si è subito
mobilitato per trovare il colpevole di
questa atrocità, consegnando i nomi di
due possibili indiziati di cui purtroppo
non è ancora stata confermata la colp e v o l e z z a .
A mio parere il fatto che un'intera e
importante organizzazione come Anonymous concentri le sue forze per
aiutare anche solo una singola persona
dimostra che forse le loro non sono
manie di grandezza, o una manifestazione di superiorità alla legge come
molti dicono, ma sono prova che forse
il loro ideale è sincero.
In una delle scorse edizioni, il pro-
Pagina 16
gramma “Le Iene” ha intervistato un
uomo che si definiva membro dell'organizzazione e che, oltre a sostenere la
causa del gruppo, ha ammesso di avere,
qualche volta, usato le sue abilità per
s c o p i
p e r s o n a l i .
Leggendo questo qualcuno penserà che
con elementi del genere la buona causa
di Anonymous possa essere messa in
dubbio, ma sono del parere che il pensiero di una comunità non possa crollare per colpa del singolo, in quanto l'uomo può peccare, l'i deale no.
Molte persone tuttavia sono contrarie
all'“opera” di Anonymous e più volte
qualcuno ha cercato di infangare il loro
nome con attacchi che inizialmente
sono stati attribuiti al gruppo, ma che
quest'ultimo ha smentito in quanto
“andava contro i loro principi”.
Ora la domanda che voglio far sorgere
nei lettori è questa: la causa che Anonymous supporta va condivisa?
Certo, non tutte le loro azioni forse si
possono definire corrette, ma di sicuro
hanno anche aiutato moltissime persone, nonostante abbiano infranto moltissime leggi di tutto il mondo.
Ma quando si tratta di consegnare alla
legge persone che hanno provocato
omicidi o che non rispettano i principali diritti dell'uomo il fine non giustifica
i mezzi?
Mirko Bertani 5^ Bi