patologia della cuffia dei rotatori
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patologia della cuffia dei rotatori
PATOLOGIA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI Vincenzo Candela 3 INTRODUZIONE Con il termine di “periartrite scapolo omerale” Duplay nel 1872 volle identificare l’insieme di patologie riguardanti i tessuti molli periarticolari della spalla. Nel 1972 Neer riuscì a definire in maniera più organica questa patologia, coniando il termine di “impingement syndrome” con il quale intendeva il conflitto meccanico primario dei tendini della cuffia dei rotatori e della borsa sottoacromiale sotto l’arco rigido acromion-coracoideo favorito da alterazioni di morfologia, dimensioni ed orientamento dell’acromion (fig.1). Sulla base di queste considerazioni Neer propose una classificazione anatomopatologica che prevede tre stadi cronologicamente successivi: stadio I caratterizzato dall’infiammazione acuta, edema ed iperemia della borsa e del tendine prevalentemente del sovraspinoso; stadio II, fibrosi (degenerazione) della borsa e del tendine; stadio III o della rottura tendinea e delle modificazioni ossee. In realtà studi successivi hanno dimostrato che, soprattutto negli atleti e comunque nelle persone sotto i quarant’anni, le alterazioni patologiche della cuffia dei rotatori più che da un conflitto sottoacromiale primario, come ipotizzato un primo tempo da Neer, possono essere causate da una tendinopatia primitiva della cuffia e che le sindromi conflittuali, se presenti, vanno interpretate come un fenomeno secondario. Queste ipotesi possono essere adottate per spiegaFig. 1 - Articolazione sottoacromion-coracoidea re l’insorgenza di una sindrome dolorosa di spalla negli atleti nei quali, almeno nelle fasi iniziali, la gestualità tipica della disciplina sportiva praticata può indurre una tendinopatia primitiva della cuffia (soprattutto del sovraspinoso) per prevalenti sovraccarichi trazionali di tipo eccentrico, come avviene in tutti gli sport dove il gesto tecnico prevede l’utilizzo del braccio e della mano sopra la testa (ad esempio il servizio e la schiacciata nel tennis e nella pallavolo, il tiro nella pallamano e nella pallanuoto, il lancio nel baseball e in alcune discipline dell’atletica leggera). TENDINOPATIA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI 4 È una patologia da sovraccarico funzionale e spesso rappresenta lo stadio iniziale di una sindrome dolorosa di spalla. L’etiopatogenesi va ricercata nell’iperuso funzionale, che si realizza con la ripetizione di gestualità tecniche, che prevedono un atteggiamento del braccio in abduzione, extrarotazione e retroproiezione oltre i 90°. Questo determina, nel tempo, una reazione infiammatoria con edema e iperemia tissutale alla quale segue, perdurando il meccanismo lesivo, la fase degenerativa con microlacerazioni e tendinosi della cuffia di rotatori. DIAGNOSI Il dolore è il sintomo fondamentale che si localizza nella regione antero-laterale della spalla, aumenta durante l’attività sportiva e regredisce con il riposo. La diagnosi di questa forma è prevalentemente clinica, basandosi sull’anamnesi e soprattutto sull’esame obiettivo. L’anamnesi deve essere quanto più possibile accurata; bisogna indagare sulle caratteristiche del dolore, se è a insorgenza lenta e graduale oppure se ha un esordio acuto e improvviso; è utile inoltre conoscere quali sono i gesti tecnici che causano il riacutizzarsi della sintomatologia dolorosa. L’esame obiettivo si basa sulle manovre semeiologiche e sulle indagini strumentali. L’ispezione è solitamente negativa, mentre la palpazione può mettere in evidenza il dolore alla digitopressione in corrispondenza della grande tuberosità della spalla. I test contro resistenza dei muscoli affetti sono di fondamentale importanza per poter formulare una corretta diagnosi. Quelli che lo specialista usa più frequentemente sono descritti in seguito. Test di Jobe: braccia atteggiate a 90° di abduzione, 30° di flessione anteriore e intrarotazione con i pollici rivolti al suolo. L’esaminatore deve invitare l’atleta a sollevare le braccia, mantenendo il gomito in estensione, verso l’alto, esercitando una controspinta verso il basso. Se il paziente avverte dolore il test è positivo per una tendinopatia del sopraspinoso (fig. 2). Test del sottospinoso: braccio addotto al corpo, posizione intermedia di rotazione, gomito flesso e avambraccio supinato. Il medico si pone di fronte al paziente e offre resistenza al movimento di extrarotazione del braccio; in caso di dolore il test è positivo per patologia del sottospinoso e del piccolo rotondo (fig. 3). Fig. 3 - Test del sottospinoso Lift off test: il medico è posto alle spalle dell’atleta e lo invita a effettuare una adduzione, retro posizione e intrarotazione a gomito flesso; l’arto viene stabilizzato al gomito, il paziente viene invitato ad allontanare la mano dalla schiena contro resistenza. La comparsa del dolore è significativa per una tendinopatia del sottoscapolare (fig. 4). L’esame radiografico standard è di solito negativo. Può, tuttavia, mettere in evidenza calcificazioni della borsa sotto acromiale e dei tendini della cuffia, irregolarità delle superfici articolari o sclerosi tuberositaria. Molto utile l’esame ecografico capace di dimostrare sia alterazioni morfologiche sia di struttura delle formazioni tendinee della cuffia dei rotatori. TRATTAMENTO Il trattamento della tendinopatia della cuffia dei rotatori è conservativo, riservandosi quello chirurgico (toilette artroscopia) a quei casi resistenti al trattamento incruento o nei quali la motivazione dell’atleta a proseguire l’attività sportiva è molto elevata. Il trattamento conservativo consiste nel riposo atletico per un periodo sufficiente, durante il quale l’atleta viene sottoposto a terapia medica, fisioterapia e kinesiterapia; in questa fase può continuare a svolgere attività fisica mirata a mantenere allenato il sistema cardiocircolatorio e respiratorio evitando tutti i movimenti che creano dolore. Di fondamentale importanza è la kinesiterapia che attraverso esercizi specifici con elastici potenzia la muscolatura della cuffia dei rotatori in modo da riequilibrare il rapporto di forza tra deltoide e rotatori. A queste esercitazioni vanno aggiunte la ginnastica propriocettiva e quella di allungamento per evitare la rigidità da non uso ed elasticizzare le strutture capsulo-legamentose. SINDROME DA CONFLITTO SOTTOACROMIALE È caratterizzata dall’attrito fra gli elementi scheletrici e legamentosi della volta acromioncoracoidea e la porzione tendinea della cuffia di rotatori con braccio abdotto ed extra ruotato. Le cause che possono determinare una riduzione dello spazio sottoacromiale sono la tendinopatia della cuffia e la borsite sottoacromdeltoidea, le varianti anatomiche dell’acromion, alterazioni di posizione della scapola, l’artrosi acromion- clavicolare, la presenza di osteofiti della giunzione osteo-legamentosa (acromion-legamento coraco-acromiale) e lo squilibrio di forza tra deltoide e cuffia dei rotatori. 5 DIAGNOSI La diagnosi, viene posta attraverso test clinici capaci di riprodurre il meccanismo conflittuale, tra questi i più utilizzati nella pratica clinica sono descritti in seguito, Test di Neer: il medico è posto dietro l’atleta, con una mano solleva passivamente il braccio, mentre con l’altra stabilizza la scapola. In tal modo si provoca una flessione anteriore in moderata abduzione; in caso di conflitto anteriore l’atleta avverte dolore in un arco di movimento compreso tra 70° e 120° gradi (fig. 5). Fig. 4 Lift off test Fig. 5 Test di Neer 6 Fig. 6 - Test di Hawkins Fig. 7 - Test di Jocum Test di Hawkins: si esegue con braccio abdotto a 90° e gomito flesso; in tale posizione il medico imprime un movimento di rotazione interna all’articolazione gleno-omerale. In caso di impingement l’atleta avverte dolore (fig. 6). Test di Jocum: la mano della spalla esaminata va posta sulla controlaterale e si chiede al paziente di alzare il gomito contro resistenza, senza muovere la spalla. In caso di positività del test si pone diagnosi di conflitto sottoacromiale (fig. 7). Da ricordare, comunque, che nell’atleta le sindromi da conflitto sottoacromiale sono eventi rari, incostanti e tardivi, mentre sono di più frequente riscontro forme dolorose secondarie a una tendinopatia primitiva della cuffia dei rotatori. dei rotatori che nella maggior parte di casi interessa prevalentemente il sopraspinoso. La patogenesi va ricercata nella persistenza della sindrome conflittuale e nel continuo e progressivo indebolimento del tessuto tendineo determinato dal prolungato sovraccarico funzionale. Le rotture della cuffia dei rotatori sono distinte in complete e parziali. Le prime, a seconda della entità della lesione, sono classificate in piccole (diametro fino a 3 cm), medie (diametro fra 3 e 5 cm), massive (diametro oltre 5 cm). Le seconde, in considerazione della sede della rottura, in inferiori (superficie articolare), superiori (superficie bursale) e intraparenchimali. Le rotture complete sono evenienze rare negli atleti; si riscontrano, con una certa frequenza, negli ultraquarantenni dediti ad attività sportive di tipo amatoriale. TRATTAMENTO La terapia del conflitto anteriore non si discosta, almeno nelle fasi iniziali, da quella della tendinopatia della cuffia dei rotatori e prevede riposo atletico, terapia medica, infiltrazioni di prodotti cortisonici, fisioterapia e kinesiterapia; quest’ultima è particolarmente importante perche permette, attraverso esercizi specifici con elastici, di riequilibrare il rapporto tra deltoide e cuffia dei rotatori. Il trattamento chirurgico (acromionplastica per via artroscopia) va riservato alle forme resistenti al trattamento fisioterapico. ROTTURE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI Sono caratterizzate da una perdita della continuità più o meno estesa dei tendini della cuffia DIAGNOSI La sintomatologia clinica è caratterizzata dal dolore presente sia durante attività sportiva sia a riposo. È molto spesso presente dolore notturno e limitazione funzionale dell’arto interessato, che nelle forme più acute e gravi può portare a impotenza funzionale. I test clinici sono gli stessi sia della tendinopatia della cuffia sia del conflitto sottoacromiale; tra questi i più significativi sono il test di Neer (conflitto) e il test di Jobe (cuffia) che talvolta sono sufficienti per porre una diagnosi certa di rottura della cuffia dei rotatori. Per quanto riguarda la diagnostica strumentale può essere di aiuto un esame ecografico ma soprattutto la RMN che, oltre all’identificazione della lesione, è in grado di quantificare l’entità del danno tendineo. Utile anche un esame radiografico che permette di evidenziare, come segno indiretto di una rottura completa, la risalita della testa omerale dovuta all’azione del deltoide e la presenza di eventuali calcificazioni. TRATTAMENTO Nelle lesioni parziali il trattamento iniziale è conservativo, basato sul riposo per almeno tre mesi, sulla fisioterapia e soprattutto sulla kinesiterapia; la tendenza attuale è quella di operare anche queste lesioni soprattutto in rapporto alle motivazioni agonistiche dell’atleta. Nelle lesioni complete il trattamento è esclusivamente chirurgico e può essere eseguito sia per via artrotomica sia per via artroscopia. Quest’ultimo tipo di intervento, se correttamente eseguito, fornisce garanzie totali, rispetto dell’anatomia e tempi di recupero più brevi. PATOLOGIA DEL LABBRO GLENOIDEO SUPERIORE – SLAP LESION: SUPERIOR LABRUM ANTERIOR TO POSTERIOR Costituisce una patologia di spalla che coinvolge in vario grado le strutture di quello che viene indicato come complesso capsulare glenoomerale superiore (ancoraggio bicipitale). La lesione interessa la porzione superiore del labbro glenoideo e il segmento giunzionale del tendine del capo lungo del bicipite brachiale (CLB), unico tendine di tutti quelli della spalla che non origina direttamente dall’osso ma da una struttura “ debole” come è il cercine glenoideo (fig. 8). Il meccanismo lesivo più frequentemente invocato è quello del sovraccarico funzionale, in ragione di sollecitazioni razionali ripetute e massimali, come si verifica negli sport di lancio, determinando, nel tempo, l’insorgenza di fenomeni degenerativi a carico del cercine glenoideo superiore e del tendine del capo lungo del bicipite brachiale (ancoraggio bicipitale) Fig. 8 - Ancoraggio bicipitale che possono evolvere in alterazioni del tipo SLAP lesion. Ulteriore possibilità patogenetica è un evento traumatico unico, caratterizzato da una forza di trazione-compressione esercitata sul cercine glenoideo superiore e sul capo lungo del bicipite quale conseguenza di una caduta sul braccio disteso, con la spalla in leggera abduzione e in leggera flessione in avanti al momento dell’impatto (fig. 9). Artroscopicamente la lesione è stata suddivisa in quattro stadi: • stadio I: degenerativo; • stadio II: della disinserzione del labbro glenoideo superiore coinvolgente parzialmente il CLB; Fig. 9 7 • stadio III: lesione a manico di secchio del cercine e lesione vera del CLB; • stadio IV, con lesione del cercine che si prolunga nello spessore del tendine del capo lungo del bicipite. La diagnosi clinica presenta difficoltà tra i vari test proposti: quello che oggigiorno riscuote maggiori consensi da parte degli specialisti è il test di O’Brien; la RMN (fig. 10) e soprattutto la artro-RMN è l’indagine d’elezione in queste patologie assumendo valore dirimente rispetto a una lesione della cuffia dei rotatori e di certezza diagnostica. Il trattamento nelle lesioni di I° grado è fisioterapico, mentre nelle altre lesioni (II, III, IV grado) è per via artroscopica. Fig. 10 - Quadro RM di SLAP lesion 8 Presso la FisioBIOS di Roma, il dott. Vincenzo Candela svolge attività di consulenza ortopedica e fisiatrica. Per informazioni e prenotazioni: CUP 06 809641