Dalla Repubblica Democratica del Congo abbiamo notizie del

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Dalla Repubblica Democratica del Congo abbiamo notizie del
Dalla Repubblica Democratica
del Congo abbiamo notizie del
cremonese Paolo Carini
Parto da un fatto concreto. Oggi, 26 aprile, abbiamo
controllato i soldi nella cassa dell’ospedale. Ci sono poco
più di 900 mila franchi congolesi, l’equivalente di
950
dollari. Entro 4 giorni si dovrebbero pagare gli stipendi
degli 87 dipendenti che ammontano a circa 3 milioni e 800 mila
franchi. Non c’è alcun conto bancario sul quale fare
affidamento. Come si farà? L’ipotesi più probabile è quella di
un anticipo. Ma un conto è dare la metà dello stipendio, un
altro è darne un quarto.
Sono qui in Congo, nella città di Mbuji Mayi, capoluogo della
provincia del Kasai orientale, dal 3 marzo . Ci resterò per 3
anni per un progetto di ristrutturazione e di rilancio
dell’ospedale St Jean Baptiste di Kansele.
Il progetto è stato proposto dall’Ascom, un’associazione di
Legnago che da 35 anni lavora in Africa ed è finanziato dalla
Cei. Sempre con l’Ascom, sono stato 13 anni in Burundi tra il
1996 e il 2011. Un’esperienza per me importante e che adesso
mi è utile perché qui la situazione logistica non è delle più
agevoli. Ci si lava con un secchio, si cucina con il carbone,
fa un gran caldo e si ha a disposizione un’ora di corrente
elettrica al giorno. Non c’è un frigo per cui è necessario
consumare in giornata quello che si prepara (ma gli spaghetti
si possono mangiare anche il giorno dopo). L’altro lato della
medaglia sul piano logistico è che c’è una signora che cucina,
pulisce, lava e stira e un guardiano che va volentieri a
prendere una birra al bar quando occorre. Personalmente, ho
ripreso la decennale guerra con le pulci da materasso e altri
insetti non identificati, ma sono strategicamente in vantaggio
grazie ad una polvere magica acquistata al mercatino ed in
ogni caso, dormo più che a Cremona. E se i sogni sono sempre
strani, mi addormento senza grandi preoccupazioni per
l’indomani. Di solito, in Africa, quello che non fai un giorno
puoi farlo il giorno dopo. O almeno entro i 4 giorni seguenti.
Mbuji Mayi è la quarta città del Congo come numero di
abitanti, più di 2 milioni e mezzo, ed è conosciuta perché
costruita attorno ad una miniera di diamanti. Io ammetto di
non averla mai sentita nominare prima dell’anno scorso. Il
nostro guardiano di notte scruta tutti i sassolini che si
vedono in giardino, ma al momento non risulta aver scoperto
niente di prezioso perché continua a lavorare per 2 dollari a
notte. Sembra che i diamanti si trovino a partire dai 6 metri
di profondità. Per decenni la città è cresciuta grazie alla
Miba, l’azienda multinazionale che sfruttava la miniera. Ha
costruito strade, case, scuole, centro sportivo e ospedale.
Nei tempi d’oro aveva 5 mila dipendenti e il monte stipendi –
ben più grande di quello dell’ospedale – arrivava a 3 milioni
di dollari. La compagnia ha avuto un crollo nel 1997, durante
la seconda guerra del Congo, perché i diamanti sono stati
requisiti come “effort de guerre” dall’allora presidente
Désiré Kabila. E’ poi sopravvissuta con un numero minimo di
dipendenti e con un parco macchine sempre più vecchio ed
inadeguato. Venerdì scorso i pochi lavoratori rimasti avevano
programmato una marcia di protesta per chiedere il pagamento
degli stipendi arretrati. La marcia, però, non è stata
autorizzata.
Anche l’ospedale di Kansele sembra abbia fatto dei grossi
passi indietro. Il capo del personale, che lavora qua da 15
anni, ricorda un ospedale pieno di ricoverati e una lunga fila
per le consultazioni. Il problema di fondo è economico. Il
fondo di sostentamento dello stato, 10 milioni di franchi al
mese, è solo teorico perché da anni non arriva alcun
contributo. L’ospedale vive sulle consultazione, sugli esami,
sui ricoveri. Sono entrate che dovrebbero compensare le spese
di gestioni, tra le quali gli stipendi sono una voce
importante, ma non l’unica. Due anni fa il ministero ha alzato
bandiera bianca e ha chiesto alla diocesi se poteva occuparsi
della gestione ospedaliera. Si è tenuto per sé la medicina
preventiva e i programmi di cura per HIVpositivi e
tubercolotici che sono ben finanziati da organismi
internazionali. Tra il personale curante c’è chi riceve ancora
uno stipendio statale, al quale si aggiunge un premio. Ci sono
8 medici, dei quali 3 a tempo parziale, ma nessuno supera i
150 dollari al mese. Ma basta un confronto sul monte stipendi,
4 mila dollari per 87 lavoratori, per rendersi conto che è
l’equivalente di uno stipendio netto di un primario in Italia.
Per difetto.
La città è guidata da un governatore, recentemente rieletto
per altri 5 anni con 24 voti su 24. Votavano i rappresentanti
parlamentari di tutti i partiti. E’ come se il premier Renzi
fosse stato confermato con il voto plebiscitario di 24
capigruppo, anche quelli dell’opposizione!!!!
I rappresentati dell’opposizione hanno dovuto arrampicarsi
sugli specchi per spiegare ai loro elettori il voto a favore!
La città è sporchissima, non c’è alcun tipo di raccolta di
rifiuti e di convogliamento delle acque nere. Non casualmente
la febbre tifoide, legata all’igiene alimentare, è la seconda
malattia come frequenza dopo la malaria. Non sono in grado di
dire come viva la gente e cosa mangi. La signora che lavora a
casa nostra percepisce uno stipendio di 50 dollari, che è
superiore a quello di alcuni infermieri dell’ospedale. Come
faccia, con questi 50 dollari, a dar da mangiare ai suoi 6
familiari, non è spiegabile. A metà mese, ha chiesto un
anticipo di 25 dollari per poter pagare l’iscrizione del
figlio più grande all’esame di maturità. Il ragazzo è venuto a
ringraziarmi con la richiesta implicita che, questi 25
dollari, non fossero detratti dallo stipendio. Siamo qui per
aiutare, ne terrò conto.
Il direttore dell’ospedale, l’abbé Martin Mutombo,
è un
medico sacerdote congolese con specializzazione in sanità
pubblica. Ha studiato in Spagna, Ungheria ed Italia ed è
tornato a casa conservando gelosamente l’amicizia con una
famiglia veronese. E’ stato grazie a questa intermediazione
che è riuscito a contattare l’Ascom e a mettere in moto il
complesso meccanismo di aiuto. L’associazione di Legnago ha
presentato un progetto di ristrutturazione alla Cei che ha
accordato un finanziamento per le costruzioni. Una parte del
progetto resta a carico dell’Ascom e deduco che sia una parte
non trascurabile, visto i ripetuti consigli a spendere il meno
possibile. Nei prossimi giorni è atteso a Matadi, il porto
congolese sull’Atlantico, un container che contiene tutto il
materiale idraulico ed elettrico per la ristrutturazione della
maternità, più un trasformatore per un collegamento in media
tensione. Sappiamo che quella congolese è la dogana più cara
del mondo, ma quanto si dovrà pagare non si sa ancora. Da
Matadi a Mbuji Mayi ci sono ancora 1.500 chilometri. Fino a
Kinshasa il container viaggerà via terra, poi risulta più
conveniente spedirlo per cargo. Con raccomandazioni per
l’atterraggio perché la pista di Mbuji Mayi è tra le più corte
dell’Africa. Per Natale, un aereo cargo è atterrato
allegramente a metà pista ed ha finito la frenata nel giardino
del ristorante.
Uno dei passaggi chiave per la ristrutturazione dell’ospedale
è un nuovo collegamento con la linea elettrica. Attualmente
l’ospedale ha corrente elettrica per un’ora e mezza, verso
mezzogiorno, quando accende il gruppo elettrogeno. Fra
parentesi, un litro di gasolio costa 2 dollari perché è
gravato dal costo di trasporto dal porto meno lontano. Però,
la sera, si è tutti al buio. Ed è comprensibile che una
persona cerchi un ospedale che abbia un minimo di confort
durante la notte.
In realtà, il collegamento con la linea elettrica c’è già e
ogni tanto funziona anche. Ma è una tipica storia congolese.
Lungo i 1.500 metri del collegamento in bassa tensione, ci
sono molte case collegate in modo abusivo ed altre,
parzialmente in regola, che non pagano da tempo la bolletta.
L’azienda privata responsabile della distribuzione ha pertanto
deciso di non erogare corrente su questa linea. Ad essere
sinceri del tutto, nemmeno l’ospedale ha mai pagato una
fattura, ma qui si sostiene che l’energia per un ospedale
statale dovrebbe essere a carico del ministero. Mi pare
comunque di leggere, nel preventivo fornito dall’Enerka, un
anticipo di 3.500 dollari sulle prossime consumazioni
per essere sicuri…).
(tanto
Non è una sorpresa in Africa, ma il preventivo della società è
una lunga lista di richieste e si articola in due parti. Nella
prima si chiede una somma di circa 11 mila dollari, nella
seconda si fa l’elenco di tutto il materiale da mettere a
disposizione: trasformatori, piloni, armature, cemento e tutto
il resto. Probabile che l’Enerka ci metta solo la manodopera.
Comunque, con il preventivo in mano, si può iniziare la
discussione. Per lo sviluppo dell’ospedale non c’è alternativa
a dotarsi di corrente elettrica. Dal mio ufficio, verso le 11,
vedo 2 infermieri che portano fuori una grande pentola e la
mettono sul fuoco: è la sterilizzazione dei ferri chirurgici.
Il mio compito, in ospedale, è quello di approntare un sistema
di contabilità corretto e autosostenibile. I bilanci e i dati
statistici sull’attività non aumentano i soldi in cassa, ma
offrono indicazioni puntuali che dovrebbero servire a
migliorare la gestione. Un bel discorso, si potrebbe dire, ma
quanti soldi mancano per pagare gli stipendi di aprile? Il
futuro dell’ospedale di Kansele non può prescindere
dall’arrivo di altri sostenitori. Da sola, l’Ascom non ce la
può fare.
Carini Paolo
(dalla Parrocchia del Boschetto alla R.D. Congo)