LA PROVA PSICO-GIURIDICA: Il divieto di perizia psicologica L`art

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LA PROVA PSICO-GIURIDICA: Il divieto di perizia psicologica L`art
LA PROVA PSICO-GIURIDICA: Il divieto di perizia psicologica
L’art. 220 comma 2 c.p.p. dispone che :
Salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di
sicurezza non sono ammesse perizie per stabilire l’abitualità o la professionalità nel
reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in genere le
qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.
In alcuni settori del processo penale, il contributo della psicologia non è visto nel
migliore dei modi. Il nostro legislatore tra l’altro non ha contribuito a migliorare le cose
imponendo il divieto del suo utilizzo specialmente in relazione all’indagine psicologica
sull’imputato.
Eppure ci sono situazioni, in cui per conoscere e comprendere fatti rilevanti per
la decisione giudiziale, occorrono nozioni tecniche di non comune esperienza. Da qui la
necessità per il giudice di avvalersi di persone, i periti, che possiedono quelle nozioni e
sono quindi in grado di fornirgli i pareri richiesti.1
Già nel 1956 Corni trattava l’argomento, riconoscendo che la necessità di
conoscere interamente la dinamica di ogni azione delittuosa e l’asserita capacità tecnica
specifica del giudice, di procedere ad una valutazione psicologica della personalità
dell’imputato, avevano portato ad un fervore di studi e di proposte per colmare sul
terreno pratico questa lacuna definita da molti studiosi come intollerabile. All’epoca,
sotto il vigore dell’art. 314 c.p.p. ora 220 c.p.p., si escludevano le indagini peritali al
fine di “stabilire l’abitualità e la responsabilità dell’imputato e, in genere, le qualità
psichiche indipendenti da cause patologiche”. La valutazione dell’imputato era
commessa dalla legge al giudice, esclusivamente per quello che riguardava la pena, la
condizionale, la dichiarazione di pericolosità, eventuali condoni, misure di sicurezza
ecc2.
Nelle
numerose
proposte
per
immettere
un’indagine
psicologica
nel
procedimento penale, non si era però evidenziata secondo l’Autore, la difficoltà della
veste e del compito da attribuirsi allo psicologo in fase istruttoria. Secondo alcuni lo
1
psicologo avrebbe dovuto svolgere ogni sua indagine in stretta collaborazione con il
giudice, secondo altri, considerando il fatto che ogni esame psicologico si risolve in una
lesione della libertà dell’imputato, lo psicologo avrebbe dovuto essere vincolato al
segreto e comunicare al magistrato soltanto l’esito delle indagini fatte, senza motivarle.
Siccome nell’allora vigente legislazione si presumeva che il giudice avesse anche una
cultura ed una capacità tecnica di psicologo, l’art. 314 c.p.p., negava al medesimo di
avvalersi dell’aiuto di consulenti tecnici, mentre era a tutti noto che in realtà questa
presunzione non corrispondeva a realtà. Sulla questione dell’ ammissibilità del 220
c.p.p. ci sono pareri discordanti. Una minoranza teme che la perizia psicologica possa
essere utilizzata ai danni dell’imputato e che perciò vada esclusa. Il Pubblico Ministero
potrebbe utilizzare la perizia per trovare nella personalità dell’indiziato caratteristiche
che possono confermare l’ipotesi accusatoria. Infine il nuovo processo penale, che ha
un’impostazione accusatoria, è del tutto contrario a questo tipo di evenienza3.
Inoltre Gulotta ricorda che il divieto di perizia psicologica si porta dietro anche il
divieto di consulenza tecnica di parte, che nel processo penale può attuarsi anche senza
perizia, infatti: “la possibilità di consulenza tecnica di parte fuori dei casi di perizia,
prevista dall’art. 233 c.p.p. 1988, presuppone che la stessa verta su indagine peritale e
tecnica il che non ricorre qualora si tratti di indagini relative alle condizioni psichiche
ed alla personalità dell’imputato. (Trib. Teramo, 30.4.199, in Arch. Nuova proc. Pen.,
1990, p. 433). La sua esecuzione sarebbe dunque incompatibile con la presunzione di
innocenza che permane sino alla condanna.
Oggi si ritiene che la perizia psicologica possa essere utilizzata “contro”
l’imputato, ragion per cui non è ammessa. Tale divieto non si estende invece alla
persona offesa teste, la cui deposizione va sottoposta ad una rigorosa indagine positiva
sulla credibilità, accompagnata da un controllo sulla credibilità soggettiva ( capacità di
testimoniare). Lo scopo della perizia sulla persona offesa è di rendersi conto dei
comportamenti tenuti in pregiudizio della sua persona e del suo patrimonio e possa poi
riferire in modo veritiero siffatti comportamenti. Anche nel processo civile si parla di
perizia psicologica, intesa come consulenza che intende sopperire all’eventuale
mancanza, in capo all’organo giudicante, di cognizioni tecniche necessarie per
affrontare l’esame fattuale demandatogli e in seguito inquadrare i risultati nell’ambito
del giudizio che lo stesso è chiamato a compiere per pervenire alla decisione del merito.
2
Qui, i casi in cui si avverte l’esigenza di disporre la consulenza in esame sono quelli
riguardanti lo stato e la capacità delle persone o più in generale il diritto di famiglia4.
Il Senatore Siniscalchi, ha presentato una proposta di legge volta ad introdurre la perizia
psicologica sull’imputato, oggi proibita come più volte qui ripetuto dall’art. 220 comma
2 c.p.p.
La giustificazione di tale divieto è ricondotta al fatto che, se si concede che la
perizia psicologica fosse espletata prima che si accerti la responsabilità dell’imputato,
l’accusa potrebbe evincere elementi o indizi di reità, proprio dal contenuto della stessa.
Gulotta osserva che ragionando in questi termini si deve proibire anche la perizia
psichiatrica5. In maniera molto opportuna, al fine di far tacere sul nascere le solite
critiche, la proposta Siniscalchi, prevede che i fatti emersi dalla perizia psichiatrica e da
quella psicologica non possano essere utilizzati ai danni dell’imputato.
In questo modo se la proposta diventerà legge si potranno evitare violazioni dei
diritti di difesa dell’imputato e si limiterà la richiesta degli avvocati di presenziare alle
perizie, per i pericoli che questo può rappresentare sul piano difensivo. Su questo punto
infatti ci sono state alcune critiche. La giurisprudenza in due recenti sentenze: Cass. Pen
I, 1 marzo 1996, n. 2750 e Cass. Pen. I, 19 giugno 1998, n. 3643, si è pronunciata nel
senso che gli avvocati hanno il diritto di partecipare ai lavori peritali6. In questi due casi,
in cui si trattava di un procedimento di sorveglianza, il problema che si è posto era
proprio sulle perizie psichiatriche e psicologiche. I difensori, in questi casi più che in
altri, sentono la necessità di partecipare per poter “controllare” la situazione. E ancora
più delicata è la posizione del difensore nei confronti dell’imputato quando è in corso
una perizia, come quella psichiatrica, che è precedente alla dichiarazione di
colpevolezza o di innocenza dell’imputato. La loro presenza in questi casi non può che
essere disturbante, ragion per cui, dal punto di vista della psicologia legislativa, occorre
predisporre una disposizione che dichiari inutilizzabili, dal punto di vista indiziario, i
fatti emersi durante la perizia. Questo consentirà all’imputato o all’indagato di parlare
più liberamente e renderà meno utile e necessario per gli avvocati ed il P.M. presenziare
ai lavori peritali. Proibire ad essi di partecipare a questi tipi di perizia, comporterebbe
infatti delicati problemi di costituzionalità.
1
G. GULOTTA, Trattato di psicologia giudiziaria, Giuffrè, Milano, 1987, p. 595.
3
2
L. CORNI, Sull’introduzione di una “perizia psicologica” nel giudizio penale, in Giust. Pen., 1956, I, c. 353.
G. GULOTTA, Elementi di psicologia giuridica e di diritto psicologico, Giuffrè, Milano, 2002, p. 374.
4
F.DANOVI, Note sulla consulenza psicologica nel processo civile, in Riv. Dir. Proc., 2002, I, p. 808.
5
G.GULOTTA, La perizia psicologica sull’imputato: verso la sua possibilità, in Psicologia e Giustizia, La Rivista On
Line di Psicologia Giuridica, anno III, n. 1, gennaio-giugno 2002, in www.psicologiagiuridica.com
6
G.GULOTTA, I fatti emersi durante la perizia e la presenza dei difensori, in
www.psicologiagiuridica.com/numero2004/editoriale.pdf
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