apri e stampa la sentenza - Giurisprudenza delle imprese
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N. 64249/12 R.G. Il Tribunale ordinario di Milano Sezione specializzata in materia di impresa in persona del giudice designato dott. Guido Vannicelli, ha pronunziato la seguente ORDINANZA nel procedimento cautelare promosso con ricorso depositato ai sensi degli artt. 669 ter e 700 c.p.c. in data 26/9/2012 da Antonella DESSANTI (C.F. DSSNNL60P50L483K), elettivamente domiciliata in Milano, corso Venezia 38, presso il procuratore e difensore avv. Marcella LAGANA' ricorrente contro Luciano TAMINI (C.F. TMNLCN32S10F205R), elettivamente domiciliato in Milano, via Agnello 12, presso il procuratore e difensore avv. Guido BARTALINI resistente letti il ricorso e la memoria difensiva, ed esaminati i documenti prodotti anche in udienza, sentiti i procuratori delle parti all’odierna udienza ed a scioglimento della riserva assunta in tale sede OSSERVA 1) Antonella DESSANTI, nuda proprietaria della quota del 50% della TRAGUARDI s.r.l. di cui è usufruttuario Luciano TAMINI (altresì amministratore unico della società in regime di prorogatio), si duole della situazione di stallo (tale per cui, fra l'altro, l'assemblea non ha approvato i bilanci successivi a quello dell'esercizio 2008) e del conseguente stato di scioglimento in cui la società -per iscrizione a registro delle imprese fattane in data 20/7/2012 dal TAMINI stesso- si trova, dei quali afferma di aver avuto notizia per esserle stato notificato il ricorso ex art. 2485 co. 2° cod. civ. dei titolari del restante 50% del capitale signori Luciana PAVESE e Carlo PAVESE TAMINI. E' infatti prospettato in ricorso: 1 http://bit.ly/15MssGS • che "l'ormai prossima liquidazione della società, facendo venir meno il bene di proprietà della dott.ssa Dessanti (e cioè le quote di cui ella è nuda proprietaria), comporterebbe un irreparabile pregiudizio per la medesima"; • che "tale pregiudizio (...) sarebbe cagionato dalla condotta illegittima del sig. Luciano Tamini, usufruttuario del bene di proprietà della dott.ssa Dessanti", consistenti nell'aver esercitato il diritto di voto sì da determinare lo stallo e quindi "in modo tale da pregiudicare l'integrità del bene quota [e] da compromettere il valore economico della partecipazione"; • e che tali comportamenti sarebbero tali da integrare abuso dei propri diritti di usufruttuario ai sensi e per gli effetti dell'art. 1015 cod. civ., sacrificando il diritto della nuda proprietaria della quota "alla permanenza in vita della società". Preannunziando azione di merito per sentir dichiarare decaduto Luciano TAMINI dall'usufrutto ai sensi dell'art. 1015 co. 1° c.c., ed in via subordinata per sentir pronunciare i provvedimenti ex art. 1015 co. 2°, Antonella DESSANTI ha quindi chiesto in via d'urgenza che siano anticipati gli effetti della cessazione dell'usufrutto, legittimandola ad esercitare i diritti di rappresentanza e di voto rivenienti dalla partecipazione; o almeno che la quota sia sottoposta ad amministrazione o custodia a spese del TAMINI stesso. 2) In estrema sintesi la replica del resistente, il quale ha remesso che medio tempore il Tribunale aveva proceduto ex art. 2487 co. 2° cod. civ. alla nomina del liquidatore della TRAGUARDI s.r.l., è stata nel senso: - che egli non aveva alcuno specifico obbligo informativo nei confronti della nuda proprietaria della quota usufruita; - che la sua posizione non era stata "in alcun modo rilevante o determinante, né ha avuto alcuna efficienza causale, ai fini del determinarsi della situazione attuale della S.r.l. Traguardi ovvero dei provvedimenti che sono stati adottati dall'autorità giudiziaria"; - che l'eventuale attribuzione alla socia anziché a lui del diritto di voto non avrebbe comunque necessariamente determinato la rimozione della causa di scioglimento della società e reso possibile la revoca dello stato di liquidazione, data la mancata approvazione dei bilanci (in relazione ai quali la Dessanti non aveva svolto in ricorso alcuna specifica censura) da parte degli altri due soci; - che andavano in ogni caso scisse la condotte tenute quale usufruttuario della quota da quelle poste in essere nella veste di amministratore prorogato della società, soprattutto ove tenute -come ad esempio l'avvenuta iscrizione della causa di scioglimentoesecuzione di un obbligo di legge. 2 http://bit.ly/15MssGS in 3) E' certamente vero che, com'è stato affermato in giurisprudenza con statuizione che conserva intatto il suo valore anche nel vigore degli attuali artt. 2352 e 2471 bis cod. civ., l'usufruttuario di una partecipazione sociale deve astenersi da comportamenti che possano arrecare ingiusto danno al nudo proprietario della quota ed in particolare da modi di esercizio del diritto di voto che possano compromettere la conservazione del valore economico della partecipazione in società, esponendosi altrimenti al rischio di estinzione dell'usufrutto nonché all'azione risarcitoria del proprietario leso1. E tuttavia l'intero impianto difensivo della DESSANTI si fonda sull'assunto2 che il mancato funzionamento dell'assemblea, integrando una causa di scioglimento della società, abbia realizzato con riguardo alla quota sociale da essa detenuta una vicenda analoga al 'perimento della cosa' che determina l'estinzione dell'usufrutto ex art. 1014 cod. civ., perimento in cui necessariamente si tradurrebbe la liquidazione della società; e che quindi il comportamento dell'usufruttuario della quota che vi abbia dato -anche solo oggettivamente- causa, esponga costui alla decadenza prevista dall'art. 1015 cod. civ. 3).1 Già sotto il profilo dell'imputabilità dell'evento il ragionamento andrebbe declinato nella fattispecie in esame in termini quantomeno dubbi, evincendosi dagli atti di causa per quanto è dato comprendere in una controversia che non presenta se non indirettamente le ragioni del dissidio fra le 'due metà' de(i detentori de)l capitale sociale della TRAGUARDI s.r.l.- che dello stallo sono quantomeno pariteticamente corresponsabili gli altri due soci; né la ricorrente ha saputo spiegare perché il resistente avrebbe dovuto accettare le loro proposte anziché credere nella bontà delle proprie e votare di conseguenza. E tuttavia, ancor prima è sul 'cuore' del pericolo di danno rappresentato dalla DESSANTI -danno che, per ottenere l'emissione della cautela ex art. 700 c.p.c. ha da esser imminente e irreparabile- che occorre riflettere. Il presupposto della controversia è quello di una partecipazione in s.r.l. lecitamente assoggettata, sin dal momento in cui la DESSANTI la ha acquistata (per successione al marito Carlo TAMINI), al più penetrante dei iura in re aliena, l'usufrutto: tale per cui al titolare c.d. nudo della partecipazione non rimane in realtà nulla più che una titolarità spoglia ogni concreta facoltà di ordine (secondo il contenuto tipico complesso dei diritti sociali) vuoi amministrativo vuoi patrimoniale, con l'eccezione prevista dal secondo comma dell'art. 2352 cod. civ. 1 Così Cass. n. 7614 del 19/8/1996, ripresa da cass. n. 6957 del 26/5/2000. Sostenuto del resto in giurisprudenza da un pregevole precedente citato dalla ricorrente alle pagina 10 e seguente del ricorso 2 3 http://bit.ly/15MssGS In altre parole il nudo socio è, volontariamente (o, come nella specie, per successione a donatario con riserva di usufrutto), nella posizione legale tipica di chi deve sottostare sotto ogni profilo alla gestione diretta da parte di un terzo qualificato di tutti i diritti sociali, non potendo influire sotto alcun aspetto su quella che riassuntivamente viene denominata 'vita della società': dall'approvazione o meno del rendiconto degli amministratori e la loro nomina, alla destinazione degli utili o alla scelta se coprire o meno le perdite, sino infine alla stessa decisione di cessare dall'impresa sociale mettendola in liquidazione. Se così normativamente e tipicamente è, il nudo titolare della quota non può lamentarsi delle scelte che concretamente l'usufruttuario operi, perché in difetto di diverse risultanze dal titolo costitutivo dell'usufrutto (che nella specie non vi sono), egli è nei confronti dell'usufruttuario in uno stato di sostanziale soggezione; i cui unici limiti, se ed in quanto trasponibili al bene mobile immateriale che è la quota di società a responsabilità limitata, sono appunto quelli perimetrati dall'art. 1015 co. 1° cod. civ. in termini di abusivo deterioramento o distruzione della cosa. In sé e per sé considerati quindi: • né (per esemplificazione) una cattiva scelta dell'usufruttuario in punto nomina degli amministratori o una autorizzazione erroneamente a questi conferita che abbiano in ultima analisi condotto ad una perdita possono esser qualificati in termini di 'deterioramento' imputabile, • né la cooperazione dell'usufruttuario alla decisione di cessare anticipatamente dalla società ponendola (anche volontariamente) in scioglimento può esser valutata quale 'perimento' imputabile della partecipazione usufruita, perché quelle scelte e quella decisione sono rimesse dalla legge stessa -salvo, lo si ripete, diversa determinazione contrattuale fra le parti (e con effetto fra esse soltanto)- alla libera determinazione dell'usufruttuario, senza possibilità per il nudo titolare di sindacarle; onde il pregiudizio che di fatto quest'ultimo possa risentirne configura normalmente una ipotesi di damnum iure datum non risarcibile. 3).2 Per quanto riguarda in specifico, poi, lo scioglimento dell'organizzazione societaria e la conseguente liquidazione del suo patrimonio, i diritti connessi alla quota si estinguono sì come diritti sociali (sebbene la società 'perisca', per quel che vale l'analogia con la persona fisica, con la cancellazione dal registro delle imprese e non con il verificarsi della causa di scioglimento: art. 2495 co. 2° cod. civ.) ma trasformandosi ex lege in diritto alla quota di liquidazione: il che nel caso di usufrutto di partecipazione sociale si declina, secondo la ricostruzione preferibile e in applicazione dell'art. 1000 cod. civ., nel senso che 4 http://bit.ly/15MssGS al socio spetta la nuda proprietà dell'intero (eventuale) attivo di liquidazione e non già del solo capitale; conservando l'usufruttuario, sino ad estinzione del suo diritto, l'usufrutto sullo stesso attivo. Il che significa che il socio 'nudo' non vede in realtà estinguersi il suo diritto riveniente dal contratto sociale, ma trasformarsi lo stesso -in caso di residuo attivo all'esito del pagamento dei debiti sociali- in un diritto su di una somma di denaro: capitale da reinvestirsi, e sul quale continuerà tal quale in precedenza ad esercitare i propri diritti di godimento e disposizione l'usufruttuario - con la sola aggiunta che, se residuo attivo da distribuirsi non c'è neppure sub specie di rimborso del capitale nominale, sarà perché la società aveva già un patrimonio netto negativo: onde, anche sotto tale profilo, nessun pregiudizio avrà ricevuto il nudo titolare della quota per il mero fatto dello scioglimento della società cui partecipava. 3).3 Ma se quindi: - il 'nudo socio' di una società a responsabilità limitata, salvo diversi accordi (con rilevanza interna) con l'usufruttuario, non ha titolo giuridico a dolersi dell'esercizio da parte di questi dei diritti amministrativi; - l'aver contribuito al verificarsi di una causa di scioglimento non integra di per sé sola una fattispecie di 'perimento' della partecipazione idoneo a fondare la responsabilità dell'usufruttuario; - e i diritti del nudo titolare si convertono, in caso di società con patrimonio netto di liquidazione positivo, nel diritto di nuda titolarità della quota di liquidazione, è giocoforza concludere che un abuso dell'usufruttuario sanzionabile ai sensi dell'art. 1015 cod. civ. può esser forse ipotizzabile nella misura in cui questi abbia tenuto un comportamento se non doloso, almeno gravemente colposo tale per cui il nudo proprietario della partecipazione, in una situazione in cui era altrimenti verosimile un incremento del patrimonio sociale e quindi un incremento del valore della quota, si ritrovi alla cessazione convenzionale o legale dell'usufrutto con un bene di valore ormai irrimediabilmente azzerato o comunque svalutato - situazione per la verità di difficile configurazione anche teorica, posto che nelle società capitalistiche le scelte operative e comunque gestionali idonee ad incidere sul patrimonio sociale sono di regola attribuite, e quindi rimproverabili, agli amministratori e non ai soci. 3).4 Venendo al caso in esame, e premesso che alcuni dei comportamenti che Antonella DESSANTI rimprovera a Luciano TAMINI sono stati da questi assunti non uti usufructuarius della sua quota bensì quale amministratore della TRAGUARDI s.r.l., la 5 http://bit.ly/15MssGS ricorrente neppure allega che, ove l'attività sociale invece che cessare fosse proseguita, ella ne avrebbe ricavato un qualcosa di più e di diverso di quello che le riverrà in sede di liquidazione; ed anzi, per vero neppure denuncia che la società si trovi in uno stato di disavanzo patrimoniale che una sua 'permanenza in vita' avrebbe sanato o ribaltato. Ne consegue che manca in radice la configurabilità stessa, prima ancora che di un abuso suscettivo di aver causato tale 'deterioramento' del bene-quota, dello stesso danno patrimoniale irreversibile in cui questo deterioramento (o addirittura, il che nella specie non è, 'perimento') possa essere individuato al punto da giustificare una anticipazione cautelare della causa di cessazione dell'usufrutto prevista dall'art. 1015 co. 1° e 2° cod. civ.; onde il ricorso, così come proposto, non può che esser respinto. 4) L'adozione di una ratio decidendi sulla quale non ha sostanzialmente influito la difesa del resistente giustifica l'eccezione alla regola della soccombenza, e consente quindi l'integrale compensazione fra le parti delle spese del procedimento ai sensi dell'art. 92 co. 2° c.p.c. P. T. M. visti gli artt. 669 bis e seguenti, nonché 92 co. 2° c. p. c., 1) rigetta il ricorso meglio indicato in epigrafe; 2) compensa integralmente fra le parti le spese del procedimento; 3) manda la Cancelleria per la comunicazione alle parti della presente ordinanza. Milano, 19 ottobre 2012 Il giudice designato (Guido Vannicelli) 6 http://bit.ly/15MssGS