Finalmente Ascona e Ticino riscoprono il Monte Verità

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Finalmente Ascona e Ticino riscoprono il Monte Verità
leopinioni
IL CAFFÈ
20 aprile 2014
“Ascona vuole rispolverare gli antichi
splendori”, ha scritto il sindaco del borgo
Luca Pissoglio presentando gli “Eventi letterari al Monte Verità”. Finalmente!, vien
voglia di aggiungere. Era dai tempi di Harald Szeemann, colui che negli anni ‘70 rilanciò il Monte, che sulla collina delle utopie non si assisteva a una manifestazione
pubblica degna del suo passato storico.
Nei primi decenni del secolo scorso infatti
– come scrivono i direttori artistici della
manifestazione Irene Bignardi, Paolo
Mauri e Joachim Sartorius – il Monte Verità ha dato spazio a utopie fisiche e spirituali. Lungo il percorso che doveva condurre ad una completa riforma della vita,
da attuare su corpo, mente e spirito, non
veniva tralasciata nessuna idea, assurda o
demoniaca che fosse. Da queste profonde
radici è scaturito il tema degli Eventi letterari edizione 2014: il demone dell’utopia.
L’utopia, tanto cara ai fondatori del Monte
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
Verità, come nota il consigliere di Stato
Manuele Bertoli, “è un luogo che non c’è,
ma è anche il motore del mondo. Senza
utopia non c’è cambiamento, senza sogno
la realtà non muta”. Partendo da questa
premessa il convegno ha posto numerosi
interrogativi su cui riflettere: il sogno può
diventare vita? Le chimere possono essere
vissute? Gli incubi possono mettere in pericolo la nostra esistenza? Che futuro attende il Pianeta Azzurro? L’utopia verde
può diventare realtà? La politica verde può
conciliare la crescita con la preservazione
della natura? E, considerando le città create ex novo in passato, che aspetto dovrebbe avere la città ideale del futuro? Quali
sono i demoni o le utopie che ispirano la
poesia, la narrativa, il teatro? Politici, ar-
chitetti, romanzieri, poeti, giornalisti e saggisti di fama mondiale hanno dato le loro
risposte e le hanno dibattute con il pubblico. Un incontro di livello internazionale,
con la sapiente regia di Marco Solari, che
segna la strada giusta per il rilancio del
Monte Verità e per quel recupero degli
“antichi splendori” asconesi caduti per
troppo tempo nell’oblio.
Un recupero che si manifesta anche
con l’inaugurazione di una nuova sede del
Museo comunale al Castello San Materno,
restaurato per accogliere la collezione del-
Il campionato di hockey
si vince... con la barba
I napoletani, si sa, sono i campioni mondiali della superstizione. Guai a spargere del pepe o dell’olio sulla tovaglia!
Guai a chi passa la saliera di mano in mano, senza prima averla posata sulla tavola. Per non dire della calamità somma di ritrovarsi in tredici al ristorante. O di dover saltar giù dal letto
un venerdì diciassette. O di incrociare un gatto nero, mannaggia!, che ti attraversa la strada all’improvviso. Non passa perciò giorno che i partenopei, riempita la casa di corna di corallo, di code di coniglio e di ferri di cavallo, non si mettano a invocare il patrono san Gennaro, o a fare mille scongiuri, o a
toccarsi di nascosto le parti vergognose. Sempre e soltanto
con il desiderio irrefrenabile di scaricare da qualche parte il
magnetismo negativo del malocchio.
Attenti però a non sorridere troppo in fretta di queste
usanze mediterranee. Nascono dalla richiesta di protezione
contro i malefici della quotidianità. Perché, senza tirare in
ballo il poeta francese Charles Baudelaire, convinto che la superstizione fosse il pozzo di tutte le conoscenze, non possiamo ignorare che anche da noi c’è chi non rinuncia a mangiare, a capodanno, il suo bel piatto beneaugurante di lenticchie.
Magari indossando le mutande (e il reggiseno) di colore rosso.
O a toccar ferro quando passa un funerale.
Non c’è motivo per ironizzare insomma sui simpatici napoletani. Dicono del resto i tedeschi: “Wer rasiert, verliert”,
cioè “chi si rade, perde”. Difatti la finale del nostro campionato
di disco su ghiaccio, giocata dal Kloten e dallo Zurigo, è tutta
popolata da giovanotti barbuti che si danno un gran daffare, e
spesso si azzuffano, per infilare il disco nella rete avversaria. E
intanto sognano giorno e notte di sollevare la coppa dei vincitori. Nessuno di loro, per precauzione, si è più messo davanti
allo specchio con il rasoio in mano. Chi si rade, si sa, è destinato a perdere. Andranno dal barbiere dopo la finale. Chi avrà
vinto dirà che sono stati i loro ruvidi peli ad accarezzare le gote vellutate di Monna Fortuna. E chi avrà perso si consolerà
pensando che, senza l’“onor del mento”, sarebbe andata molto peggio. E viene alla mente un celebre viaggiatore europeo
che cinque secoli fa, nella basilica di Loreto, incontra un mercante turco intento ad accendere un cero votivo alla Madonna. Non è cristiano, il forestiero. Anzi: è musulmano. Ma, dice
schietto, pensando agli affari, occorre attaccarsi a tutte le corde. Morale della favola. Meglio essere un po’ napoletani, magari anche a Zurigo, mannaggia! Piuttosto che lasciare agli avversari la coppa corrusca del campionato svizzero di hockey.
Caro Diario,
ogni volta che il cardinale Kasper parla di misericordia
non si può dire che venga ricambiato con la stessa moneta,
anzi, sono in molti a tirargli pietre. Il porporato tedesco, che
ha anche il merito di vivere con i piedi ben piantati sulla terra, sostiene spesso la necessità di un atteggiamento di clemenza verso i coniugi separati e divorziati. Questa settimana
la lingua è tornata a battere sul dente che duole. E cioè ancora lì, a una questione che dovrebbe prevedere anche un giusto spazio di riflessione e di comportamento secondo la coscienza personale: il sacramento della comunione per i risposati. Perché negare l’eucarestia, con divieti lineari, a quelle persone che per loro scelta di fede, ne sentono un bisogno
maggiore proprio nella situazione lacerata e lacerante in cui
si sono venuti a trovare? Alcuni coniugi, tra l’altro, non scelgono liberamente ma subiscono lo strappo e la fine del matrimonio e quindi, oltre allo squarcio affettivo, devono patire
anche l’esclusione da una convivialità spirituale, alla quale
partecipavano e che vorrebbero mantenere.
KASPER non porta avanti teorie rivoluzionarie; al contrario, per sgombrare il campo da attacchi pretestuosi, si è rifatto a San Tommaso d’Aquino, assertore del principio che la
suprema giustizia di Dio è la misericordia. Se il Dio di parabole commoventi come quelle del Figliol Prodigo, del Buon
Pastore e del Samaritano sulla strada di Gerico, non è un padre che apre le porte, accoglie e scalda il cuore, che Dio è? Il
significato vero di misericordia è inequivocabile: amore che
trabocca. Lo stesso Papa Francesco vi fa costante riferimento
e proprio nella domenica degli ulivi, ha indicato - non casuale - il tema della prossima Gmg a Cracovia nel 2016: “Beati i
misericordiosi, perché troveranno misericordia“.
IN MATERIA DI APERTURA verso separati e divorziati, da
anni il vescovo Grampa ha teso le mani. Lucida la sua premessa: in una società dove un matrimonio su due fallisce,
più che le interpretazioni, conta l’evidenza dei numeri. Con
realismo, don Mino rilevava anche che “oggi non si vive più
l’ipocrisia di altre epoche, quando la famiglia sopravviveva
nonostante i tradimenti dell’uno e dell’altro coniuge“. C’era insomma un familismo di facciata che non giova all’autenticità
dei rapporti. Esplicito al massimo, mi disse: “La legge morale
insegna che il tribunale ultimo dei comportamenti, delle scelte
e dei giudizi è la coscienza personale ben formata“. Non dimentichiamo che dove non c’è umanità, non c’è Dio.
Perdere peso a colpi di diete
può costare 651 franchi al kg
I CONTI
DELLA
DOMENICA
ANGELO
ROSSI
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
la Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten con opere di artisti strettamente
legati al contesto culturale asconese. Autori di movimenti artistici (impressionismo,
postimpressionismo, espressionismo) che
hanno segnato il passaggio tra due epoche, inaugurando la nuova era dell’arte
moderna.
Ascona è stata all’inizio del secolo
scorso un crocevia della cultura mitteleuropea - in gran parte all’insaputa degli
asconesi stessi e di un Ticino disattento - e
custodisce oggi un capitale storico e culturale di importanza internazionale. Era ora
che asconesi e ticinesi se ne rendessero
conto! Anche perché questo capitale costituisce un patrimonio turistico con un
grande potenziale, finora male utilizzato. E
chi ha cercato di farlo, come l’indimenticabile Harald Szeemann, non è mai stato
appoggiato e a volte è stato addirittura
ostacolato.
RENATO
MARTINONI
LIDO CONTEMORI
Non si può negare Dio
a divorziati e risposati
ilcaffè
virgolette
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
rere è dunque la soluzione che vi propone lo Stato: ma non è sufficiente. Dal
mercato si suggerisce così la dieta, anzi
le diete, perché di diete, nel corso degli
ultimi 150 anni, se ne sono sviluppate
moltissime. Ovviamente sia gli uomini
che le donne possono seguire una dieta.
Tuttavia le statistiche, come la pubblicità, ci dicono che a far dieta sono specialmente le donne. Sono oramai passati i
tempi in cui, nelle campagne lombarde,
si cantava che chi “sposa la donna magra non fa un bell’affare”. Oggi è certo
che la donna prosperosa non ha proprio
più corso. Il modello da seguire è la
donna magra, quasi senza curve, talmente esile che potrebbe passare, senza
sforzo, attraverso i muri. Va da sé che
per raggiungere questo ideale ci vuole
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
tra
Finalmente Ascona e Ticino
riscoprono il Monte Verità
IL
DIARIO
Uno dei mali della nostra civiltà
consumistica è l’obesità. In certi Paesi
sviluppati gli obesi rappresentano, già
oggi, più della metà della popolazione.
In Svizzera questa quota è ancora inferiore al quarto, ma preoccupa il numero
dei bambini e degli adolescenti troppo
grassi. Vengono così lanciati, quasi sempre e solamente dai poteri pubblici, programmi per stimolare di più l’attività fisica della popolazione di ogni classe di
età. Fare un po’ di moto pare sia diventato un compito di importanza nazionale. Non è patriota chi non fa la sua mezzora di ginnastica, o i suoi dieci chilometri di passeggiata, o, magari, di “nordic walking” settimanale. Nonostante le
campagne a favore del moto, la quota
degli obesi continua ad aumentare. Cor-
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Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
una dieta. La dieta per certune è diventata una presenza costante, tanto che
quando si incontrano, al bar o nel supermercato, non si chiedono più “Cosa
si potrebbe mangiare oggi?”, ma “Di che
cosa possiamo fare a meno nel menù
quotidiano?”. Nonostante ci siano molti
Dulcamara che promettono la perdita di
peso senza sforzo, una dieta, anche se fa
diventare più leggeri, non è mai una cosa leggera. Quel che la dieta esige è soprattutto la disciplina. Durante un certo
numero di settimane bisogna rinunciare
a questo e a quello e seguire alla lettera i
consigli dettati dai dietologi. Mentre
qualche anno fa, molte diete venivano
interrotte perché non vi era perdita di
peso alcuna, oggi è difficile che una dieta sia inefficace. Questo non vuol dire
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che, una volta che si è conquistato il peso del “dopo la cura”, si sia anche in grado di mantenerlo. Come diceva Sepp
Herberger, il leggendario allenatore della nazionale tedesca, campione del
mondo del 1954, come per le partite di
calcio anche per le diete vale il detto:
dopo la dieta è prima della dieta. Per la
fortuna di coloro che vendono prodotti
per dimagrire, il bisogno della dieta è un
bisogno ricorrente. Non vale quindi la
pena di rompersi la testa per cercare la
dieta di efficacia definitiva: non esiste! È
più profittevole cercare la dieta efficiente, ossia il programma che costa meno
in termini di chili da perdere. Di recente
nel mensile Folio, supplemento della
Neue Zürcher Zeitung, è stata pubblicata una tabella con il costo del chilo perRESPONSABILE MARKETING
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so per tipo di dieta. Stando alla stessa, la
dieta meno cara, e quindi più efficiente,
per chilo perso è quella del periodico
femminile “Brigitte” che riesce a farvi
perdere peso a sei franchi al chilo, solo
sorvegliando il menù quotidiano. La
dieta più cara si chiama Paramediform,
è basata su un programma per il metabolismo, e vi promette di mantenere il
peso forma per sempre. Il costo per chilo perso è di 651 franchi. Non si sa come
vengono scelte le diete, ma molte sono
care. Ragione per cui, tenendo anche
conto del fatto che la dieta può ripetersi
spesso, oggi come oggi, anche la donna
grassa non è più un affare. Care lettrici,
mi rendo conto che questo articolo è
macchiato di machismo e ve ne chiedo
venia.
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