Le diete - anthropos
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Le diete - anthropos
Published in www.anthropos1987.org 2010. LE DIETE Gianni Baiotti Introduzione Il concetto di dieta risale purtroppo ai lager nazisti. Occorre ricordare che il primo, aperto a Dachau nel 1933, era un arbeit lager cioè un campo di lavoro. Fu allora che i comandanti posero ai medici questa semplice domanda: “Quanto deve mangiare un uomo per poter lavorare 10–12 ore al giorno e qual è, naturalmente, la quantità minima?”. I medici si misero all’opera: distinsero i 3 nutrienti principali: zuccheri – grassi – proteine, le calorie che producono, i consumi energetici: quanto lavoro (30%), quanto calore (70%), ed alla fine sentenziarono che per vivere e lavorare occorrevano un minimo di circa 500 Kc/die, vale a dire 2 fette di pane nero, 1 scatoletta di carne ed una brodaglia di verdure (carote, patate, radici, ecc.). Gli studi andarono avanti per 10 anni (fino alla fine del nazismo) e furono così precisi ed approfonditi che rappresentarono le basi per ulteriori ricerche fino a diventare una branca fondamentale della medicina moderna: la dietologia. Essendo una parte della scienza medica, essa ha dei parametri e dei canoni ben precisi basati, come tutta la medicina, su dati scientifici sia sulla patogenesi che sull’eventuale applicazione. Occorre partire da un dato obiettivo di fondamentale importanza: l’uomo è uno dei pochi animali onnivori e l’unico che cuoce gli alimenti; questi due fattori hanno determinato il distacco dai primati con la specie homo 4 milioni di anni fa mutando circa 1500 geni. La dietoterapia o terapia medica nutrizionale entra poi nello specifico individuale e cerca di correggere le alterazioni metaboliche. Alcuni tipi di dieta Esistono tante varianti di diete: Ipocalorica: per gli obesi. Ipoglicidica: per i diabetici. Ipolipidica: per i dislipidemici. Ipoproteica: per i gottosi. Iposodica: per gli ipertesi o nefropatici. E tante altre ancora. Risulta subito chiaro che occorre una conoscenza medica di ogni paziente e che ogni dieta va personalizzata nei minimi particolari (stile di vita, lavoro, personalità, abitudini alimentari, attività fisica, ecc.) perché far dimagrire un obeso è molto facile, inizialmente (Beauty farm: 7 kg in 7 giorni!), ma mantenere, poi, il peso ottimale è estremamente difficile. Si prenderà in esame solo le diete ipocaloriche inerenti l’obesità perché, finalmente, dopo anni di diatribe (e di guadagni enormi), è uscito su JAMA (Journal of the American Medical Association) uno studio approfondito e serio sulla efficacia e affidabilità delle più note diete commerciali. ZONA: ideata nel 1995 da Barry Sears. Sposta i rapporti fra i vari nutrienti: G 40%, P 30%, L 30%. È molto seguita per le linee alimentari già pronte, anche se poco economica. È meno efficace ma meno dannosa anche nel lungo periodo. MONTIGNAC: “Dimagrire per sempre mangiando normalmente”. È l’esasperazione della dieta a zona a base di cereali, latte, burro e abolizione degli zuccheri. ATKINS: nettamente squilibrata per l’alto contenuto proteico. È dimagrante ma provoca insufficienza renale e osteoporosi. Risulta essere la peggiore. WEIGHT WATCHERS: è la più fisiologica e la meno dannosa ma la perdita di peso risulta contenuta. Studi seri evidenziano una perdita media di 3 kg in 2 anni (Columbia University). ORNISH: ideata dal cardiologo Dean Ornish. È prevalentemente vegetariana, ricca di fibre e a basso contenuto di grassi. Risulta più efficace per ridurre il colesterolo che non per dimagrire. PRITKIN: nasce negli anni ’50 da un cardiopatico che decide di curarsi con l’alimentazione vegetariana. È il prototipo della cura dietetica “fai da te”. LA PIRAMIDE È un programma nutrizionale normale ideato negli USA dal Dipartimento di Agricoltura (USDA). Si basa essenzialmente sulla dieta mediterranea e rappresenta, anche graficamente, una ottima guida per una sana alimentazione. Ha un solo difetto… che è molto difficile calarla nella pratica quotidiana. Negli Stati Uniti si fa molta confusione fra portion size (misura della porzione) ed serving size (misura della portata, ciò che viene comunemente servito); questi parametri sono stati arbitrariamente stabiliti dalla USDA e la confusione è ancora maggiore poiché le etichette nutrizionali, obbligatorie su tutti gli alimenti in commercio in USA, sono controllate dalla FDA (Food and Drug Administration) con tutt’altri parametri (% di nutrienti). In Italia l’unità di misura della piramide è il QB = quantità benessere. Anche se più semplice, espone comunque ad errori dietetici. Es.: il QB per la pasta è = 1 = 80 gr/die, identico per il riso, mentre noi sappiamo che l’indice glicemico è del tutto differente (59 per la pasta e 83 per il riso) pur avendo una percentuale di zuccheri (amidi) pressoché uguale (85%). (si può consultare il sito www.piramideitaliana.it). VEGETARIANA Molto si è discusso e molto si discuterà ancora sulla dieta vegetariana e sulla sua variante vegana (esclusione di ogni prodotto derivato dagli animali, latte, formaggi, uova). Studi approfonditi dell’Istituto Nazionale di Nutrizione promuovono tali diete definendole complete per i nutrienti e, soprattutto, per gli aminoacidi essenziali. Le motivazioni che portano ad un tale approccio sono svariate: etiche, ecologiche, economiche, salutistiche e, quindi, soggettive. Occorre dire che le proteine ed i grassi di origine animale hanno un effetto metabolico e plastico particolare molto importante nella crescita e nell’evoluzione dell’uomo, che è e dovrebbe restare un animale onnivoro. Conclusione Le diete sopradescritte sono le più diffuse e seguite ma non hanno niente a che vedere con la terapia nutrizionale corretta. Per prescrivere una vera dieta occorre calcolare il fabbisogno giornaliero del soggetto in base all’età, al sesso, al lavoro, mantenendo i valori percentuali dei nutrienti nei parametri giusti e poi calarli negli alimenti che si assumono ai vari pasti; qui incominciano le difficoltà. Facciamo solo un esempio: fino a pochi anni fa il calcolo dell’apporto glicidico, che è fondamentale nella dieta ipocalorica, era basato sulla percentuale di idrati di carbonio nell’alimento (pasta 80 gr %, riso 85 gr %, pane 65 gr %). Con questi dati si passava alla quantità di tali sostanze nella giornata. Ora occorre tenere presente l’indice glicemico che si può definire: l’area di incremento insulinemico provocato da quell’alimento. Quanto più l’I.G. è alto (per lo zucchero è uguale a 140) tanto più la risposta insulinica deve essere forte, provocando poi una ipoglicemia secondaria (effetto rebound) che stimola l’assunzione di ulteriori alimenti. Se l’I.G., invece, è basso, la risposta insulinemica è graduale e più lenta e, quindi, non si ha la risposta ritardata. Questo dato di fatto, comunque molto importante poiché sappiamo che la stimolazione eccessiva delle insule pancreatiche è la causa primaria dell’obesità e del diabete mellito 2, è un fattore molto difficile da quantificare e molto variabile a seconda della provenienza, della lavorazione e della conservazione dell’alimento. Appendice: il regime dietetico ipocalorico In definitiva, le linee guida per prescrivere un regime dietetico ipocalorico, che va protratto per tutta la vita, devono essere quelle evidenziate nella tabella seguente. DIETA IPOCALORICA Totale Calorie = 1000 / 1200 Kcal/die suddivise in tre pasti. PROTEINE: (4,5 Kcal/gr) = 15% = 0,8 / 1,2 gr/Kg 50% proteine animali e 50% vegetali. LIPIDI: (9 Kcal/gr) = 30% di cui: Saturi = 5%: latte, burro, margarina vegetale. Mono-insaturi = 10%: olio di oliva. Poli-insaturi = 15%: Omega 3 (acido linolenico): olio di soia, mais, arachidi, girasole. Omega 6 (acido linoleico): pesci, noci. GLUCIDI: (4Kcal/gr) = 55% con alimenti a basso I.G. ( < 60). Fibre Vegetali e Animali: 30 / 40 gr/die. Sale da cucina (NaCl): circa 6 gr/die. Acqua (H2O): 2 litri nelle 24 ore. Alcool: abolito. Ma se l’obesità è così diffusa, se è così grave per le sue conseguenze, se non esistono farmaci idonei e sicuri, se le diete consigliate sono così fasulle e quelle serie sono così difficili da compilare e da seguire, che cosa dobbiamo fare? La scienza medica da parte sua deve cercare di arrivare al più presto possibile ad una terapia efficace. E ogni individuo, singolarmente, deve prendere coscienza del problema, perché questo, in ultima analisi, è il punto cruciale: capire che, almeno per ora, la vera e unica terapia siamo noi stessi!