xIMP POPOLAZIONE E Storia 1-2014

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xIMP POPOLAZIONE E Storia 1-2014
La parentela spirituale
nelle Alpi occidentali:
due casi di studio tra Piemonte, Savoia e Delfinato
(secoli XVI-XVII)*
DAV I D E D E F R A N C O
Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’
1. Premessa. La storiografia ha sottolineato l’importanza del padrinato di battesimo nella storia della famiglia ed il suo ruolo nella costruzione di relazioni funzionali
atte ad esprimere solidarietà di ceto o professione. Si è inoltre notevolmente insistito sulle conseguenze dell’applicazione dei decreti del concilio di Trento in materia,
che condizionarono pesantemente negli spazi europei l’adozione di pratiche consolidate nel lungo periodo1. Muovendo i passi dalle più recenti ricerche che hanno riesaminato il padrinato in epoca pre e post tridentina, con particolare riferimento
all’Italia centro-settentrionale, questo saggio propone due specifici casi di studio
relativi ad alcune località tra Piemonte e Delfinato, nel comprensorio delle Alpi
Cozie: siamo in presenza di una regione caratterizzata dalla persistenza di frequentati percorsi viari che fin dall’antichità collegavano il Nord ed il Sud dell’Europa; i
valichi del Moncenisio e del Monginevro permettevano, rispettivamente, il raggiungimento della Savoia da un lato, del Brianzonese e della Provenza dall’altro.
Nel corso del medioevo differenti centri di potere, laici ed ecclesiastici, si orientarono al controllo del territorio e delle vie di transito. I Savoia, attraverso una politica di sostegno agli enti monastici, si sarebbero imposti negli spazi subalpini, estendendo la propria influenza attraverso il passo del Moncenisio e lungo l’asse della
valle di Susa, mentre i Guighi, nel processo di costruzione del principato del
Delfinato, si attestavano sui due versanti alpini del Brianzonese ponendo il confine
con il ducato di Savoia non lontano dall’antico insediamento pre-romano di
Segusium (Susa)2.
2. Le società di villaggio del Delfinato tra basso medioevo ed età moderna. Un
elemento peculiare che contraddistingue i villaggi alpini di questa regione è dato
dalla permanenza, nel lungo periodo, di assetti politici, sociali ed economici che
hanno tratto legittimità da una carta di franchigie concessa dal delfino Umberto II
di Vienne, nel 1343, attraverso la quale si cedettero ai villaggi del Brianzonese ampi
spazi di autonomia in materia politica, fiscale, giurisdizionale e di gestione delle
risorse. L’importanza delle pratiche collettive, congiuntamente ad una debole presenza dei poteri signorili e ad una certa fedeltà ai delfini, favorirono processi auto* Parte dei contenuti di questo saggio sono stati esposti e discussi in occasione di Attraverso la
storia, seminario di giovani studiosi e studiose di Storia dell’età moderna promosso dalla Società
italiana per la Storia dell’età moderna (Verona, 26-28 gennaio 2012), e al 9th European Social
Science History Conference di Glasgow, Scozia (11-14 aprile 2012). La stesura finale è anche frutto
dei suggerimenti recepiti durante i rispettivi dibattiti.
SIDeS, «Popolazione e Storia»,
1/2014, pp. 21-38
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organizzativi in cui esiti vennero sanciti dalla concessione della carta di franchigie
(Falque-Vert 1997; Lemonde 2003). Promuovendo azioni di rafforzamento del potere principesco, tese a disciplinare le forme dei poteri locali, i delfini riconobbero e
garantirono i diritti collettivi a comunità organizzate in universitates hominum aventi quale centro di riferimento la castellania e la parrocchia raggruppate nel loro insieme dalla circoscrizione giurisdizionale del balliaggio di Briançon. Tali tendenze condussero, nel Trecento, ad un atto di transazione che normò la vita politica, sociale ed
economica fino ed oltre la conquista sabauda del Settecento. Furono riconosciuti alle
comunità diritti e privilegi di varia natura: esenzione da alcuni carichi di tipo feudale, spazi di autonomia fiscale, garanzie giudiziarie nei confronti dei castellani, possibilità di eleggere liberamente propri rappresentanti politici; in cambio le comunità
versarono al delfino una quota una tantum e si impegnarono al pagamento di una rendita annuale. Da questo momento le comunità di villaggio e di parrocchia si raggrupparono a loro volta in più ampie società a carattere federativo, denominate escartons,
ricalcate sulla contiguità insediativa delle diverse valli alpine componenti il balliaggio
di Briançon. Il lemma ‘escarton’ venne utilizzato la prima volta l’anno seguente la promulgazione della grande charte, quando si dovette effettuare la ripartizione delle
imposte tra le comunità (Lemonde 2003). La sua origine semantica va ricercata nell’antica pratica di escartonamentum, ossia la raccolta delle tasse da parte delle assemblee degli homines della comunità di villaggio riuniti per pagare i tributi signorili; nel
corso del tempo venne associato al territorio nel quale si svolgeva la ripartizione fiscale. Gli escartons d’Oulx, Pragelat, Chateau Dauphin, del Queyras e di Briançon rappresentavano l’insieme dei villaggi uniti da comuni interessi su base territoriale, aventi propri rappresentanti che a loro volta si potevano riunire nell’assemblea del grand
escarton a Briançon, capoluogo della giurisdizione di balliaggio (De Franco 20132014). I sistemi ereditari, le diverse forme di lavoro collettivo nelle proprietà comuni,
le modalità della vita politica e la partecipazione da parte di tutti i capifamiglia alla
gestione della cosa pubblica, avrebbero contribuito a formare società egalitarie che
trovavano nel sistema degli escartons una forma istituzionalizzata riconosciuta dai
poteri statuali (Rosenberg 2000, 31-34); ad esempio l’ordonnance del Consiglio di
Stato di Francia del 1701, attraverso la quale Luigi XIV ordinava che nessuna comunità si separasse dalla «société» d’appartenenza, conferma quello che la storiografia
ha più volte sottolineato, ovvero che la persistenza di autonomie negli spazi alpini era
spesso resa possibile da patti di mutuo rispetto tra principe e comunità, laddove l’interesse dello Stato si orientava ad un maggiore controllo delle frontiere (Cavallera
2005): «L’union qui est entre elles pour partager, tant aux charges, qu’à certains avantages les uns des autres, a maintenu ce pays, malgré l’autorité de sa situation, et les
soules auxquelles cette frontiere a été si souvent exposé» (BMG-1, V 4656).
Le popolazioni alpine non erano solamente impegnate nelle pratiche agro-silvopastorali; come hanno dimostrato le più recenti ricerche, la produzione locale di
beni di varia natura favorì la formazione di ceti professionali orientati al commercio, mentre non meno rilevante era l’attività del credito; per molte famiglie il prestito di denaro sarebbe stato, tra Sei e Settecento, «un lien social, culturel et parfois
un instrument politique» (Fontaine 1994, 1375). Al contempo in queste terre si
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La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
Fig. 1. Mappa del territorio tra Piemonte, Savoia e Delfinato, con altimetrie dei villaggi posizionate non lontano dal livello della parrocchiale (metri s.l.m.).
Nota: Le comunità appartenenti al Delfinato agli inizi del XVII secolo sono segnate in corsivo.
distinsero figure professionali capaci di assorbire i contenuti ed i valori posti alla
base del diritto comune, risolvendoli partendo da una cultura giuridica riletta nella
specificità dell’area alpina (Cavallera 2005). Erano ceti detentori del sapere giuridico, quali notai e causidici, che vennero sempre più frequentemente identificati
come referenti privilegiati nei rapporti con gli organismi statuali.
Anche in questa regione alpina è attestata la consuetudine delle migrazioni
periodiche maschili. L’intendente di Susa nel 1753 sottolineava l’importanza degli
spostamenti invernali nelle valli del Delfinato cedute allo Stato sabaudo, attraverso
i quali gli uomini delle comunità potevano integrare i propri guadagni lavorando
negli spazi di pianura3; le professioni praticate al di fuori dei paesi d’origine riguardavano principalmente la lavorazione della canapa, i mestieri di falegname e di fabbro ferraio4. Inoltre, grazie alla diffusione di un discreto livello di alfabetizzazione,
alcuni migravano oltralpe per praticare l’insegnamento scolastico5.
La capacità di rappresentare gli interessi comunitari verso l’esterno consentì la
sopravvivenza, nell’arco di più di quattro secoli, di ordinamenti che traevano legittimità dalle franchigie del 1343, attraversando il cambio di diverse dominazioni: dai
delfini ai re di Francia nel 1349, e dai re di Francia ai Savoia nel 1713 (Lemonde
2002; De Franco 2013). Fu in questo momento che i confini dello Stato sabaudo
avanzarono, includendo il cosiddetto Delfinato ‘di qua dai monti’, che comprendeva nel complesso gli escartons di Oulx, Pragelat e Chateau Dauphin. In tale contesto le trattative di pace di Utrecht stabilirono che i confini separanti i due regni
sarebbero stati disegnati dalla barriera naturale delle vette alpine6.
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3. Il padrinato pre-tridentino tra Piemonte e Brianzonese. Tra i cinque escartons,
quello avente capoluogo ad Oulx comprendeva nel suo insieme le comunità di
Chaumont, di Exilles, di Salbertrand, le valli di Cesanne e Bardonneche7. Nella
regione esercitava una notevole influenza, non solo religiosa, la prevostura di San
Lorenzo d’Oulx, dal XII secolo gravitante intorno al potere dei delfini (Collino
1908; Benedetto 1966). Con una politica volta all’eliminazione delle resistenze dei
centri ecclesiastici ostili al potere sabaudo, nel 1748, a seguito dell’erezione della
diocesi di Pinerolo, la prevostura, insieme al priorato segusino, venne soppressa
(Gatto Monticone 1990; Goria 2003; Zonato 2005). Va inoltre sottolineato che
rispetto alle zone di pianura del Piemonte, le parrocchie di questi territori seguivano usanze religiose differenti. La Savoia, Nizza, la val d’Aosta ed i territori del
Delfinato subapino erano definiti «paesi di uso gallicano»; il Piemonte seguiva,
diversamente, «gli usi d’Italia» (Erba 1976, 33-53). Gli usi gallicani sono definibili
«in linea generale come un complesso di pratiche giurisdizionali e giudiziarie evolutesi sulla scorta dell’esperienza giuridico-istituzionale francese che, a partire dal
tardo medioevo, aveva definito le rispettive aree di autorità del potere laico e di
quello ecclesiastico» (Silvestrini 1997, 29). Ancor più, questo tratto di arco alpino,
con la val Varaita, la val Chisone ed il Delfinato oltramontano fu interessato da continui scambi con i valdesi e con le esperienze riformate europee (Balmas 1982).
Nella seconda metà del Cinquecento i conflitti confessionali interessarono sia la val
Chisone che la valle d’Oulx, dove furono colpite alcune chiese e parrocchie cattoliche (Pazè Beda 1975; Paravy 1993); nel 1550 la parrocchiale di Oulx fu saccheggiata e incendiata dai riformati, mentre nel 1562-1563 fu la volta della prevostura.
L’antica chiesa di Bardonneche venne data alle fiamme nel 1584, provocando la perdita dei documenti più antichi. Nel secolo successivo permasero i contrasti nei confronti delle comunità riformate, in particolare a Chaumont, Salbertrand, Fenils,
dove il clero cattolico ottenne da parte dell’autorità regia restrizioni al culto (ASTO1, Paesi, Provincia di Pinerolo, m. 25, n. 10). Dopo la promulgazione dell’editto di
Nantes (1598), la politica sabauda nei confronti dei riformati nelle valli di Luserna
e San Martino venne dettata dal mero calcolo politico, alternando momenti di tolleranza ad altri di dura repressione, come accadde con la revoca dell’editto nel 1685
(Sereno 1988).
Lo studio del padrinato in questa regione alpina si pone dunque entro un contesto religioso complesso. In alcune parrocchie si conservano registri di battesimo
pre-tridentini, ed è su queste fonti che è stata approntata la ricerca; le testimonianze, nonostante siano (relativamente) scarse, offrono la possibilità di analizzare la
costruzione della parentela nel periodo immediatamente precedente e di poco successivo al concilio tridentino. I registri parrocchiali più antichi sono relativi alla parrocchie di San Giusto di Susa, nella parte terminale della valle, ai confini con il
Delfinato, ed a quella di Sant’Ippolito di Bardonneche, parrocchia del Brianzonese
il cui territorio venne ceduto ai Savoia nel 1713. Il libro dei battesimi di San Giusto
fu cominciato nel 15608. Nella gran parte degli atti registrati non furono indicati i
padrini, eccetto che in alcuni momenti considerati di particolare importanza agli
occhi della comunità: il 26 giugno 1560 venne battezzato Francesco Lorenzo, figlio
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La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
Tab. 1. Distribuzione del numero di padrini e madrine nella Parrocchia di San Giusto di Susa,
1562.
padrini
madrine
n
0
1
2
3
4
0
1
2
1
2
3
4
1
3
1
1
Fonte: ASDS-1, Registro dei battesimi, Faldone 27, f. 167, 1560-1584.
del nobile Giorgio Micaele, che ebbe quali padrini il «reverendus dominus
Franciscus Laurentius prepositus Ultiensis [di Oulx] cum aliis multis nobilibus».
Solamente nel breve periodo compreso tra il gennaio e l’aprile del 1562 furono registrati con una certa continuità; la tabella 1 mostra una sintesi del numero di battesimi per combinazioni di padrini e di madrine.
L’esiguità dei dati consente solo di ipotizzare che persistesse una certa diversificazione nelle pratiche, e che le madrine rivestissero un ruolo non marginale nella
creazione dei legami di parentela spirituale. Soltanto dal 1571 si cominciarono a
registrare, con regolarità, i padrini e le madrine, nel momento in cui nel rito battesimale si consolidava il ricorso alla ‘coppia’. A partire dalla conclusione dei lavori
conciliari, in non più di un paio di decenni si impose la normalizzazione: nei primi
anni Settanta del Cinquecento accadeva, come a Susa, a Torino, nella parrocchia di
Sant’Agostino, a Voghera, a Mirandola e a Gambellara (Alfani 2007, 122-125).
I dati disponibili per il Brianzonese del versante italiano, relativi alle parrocchie
di Bardonneche, Sauze d’Oulx ed Oulx, mostrano invece tendenze non dissimili dai
modelli in uso in certe aree di Francia. Fino al 1583, a Bardonneche, partecipavano
ai riti battesimali in media 1,28 padrini per ogni battesimo di un maschio e di una
femmina; le madrine, invece, erano 2,2 e 1,96; in media 1,28 padrini e 2,09 madrine per ogni battezzato9.
Il maggior rilievo assunto dalle madrine è reso più evidente laddove la partecipazione era numerosa: ad esempio, il 6 marzo 1547, il nobile Ippolito de Bardoneche
tenne a battesimo il figlio chiamando un padrino di rango nobile, e 12 madrine, tra le
quali 6 mogli di nobili10. In diverse altre situazioni si sono ritrovati 1-2 padrini insieme a 6-10 madrine. Erano casi in cui le possibilità di scelta consentivano la creazione
di un’ampia parentela con uomini e donne provenienti da differenti ceti sociali (Alfani
2007, 147-154). Tra i diversi casi possibili, nel 56,01% si prediligeva la scelta di un
padrino e di due madrine, nel 21,65% di due padrini e di una madrina, nel 6,19% di
un padrino e di tre madrine, come evidenziato dalla tabella 3.
L’opportunità di far intervenire un numero elevato di madrine non era però
legato a motivazioni di appartenenza sociale: su 32 casi di battesimi in cui sono attestate almeno 4 madrine, solo in 9 di questi il padre era di rango nobile, mentre su
98 battesimi a cui partecipavano 2 padrini, i padri nobili erano 3; diverse volte non
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Tab. 2. Padrinato a Bardonneche, 1546-1561.
battezzandi
femmine
maschi
numero padrini madrine media
media
anno battesimi
padrini madrine
1546
1547
1556
1557
1558
1559
1560
1561
1582
1583
05
25
16
20
20
18
26
8
8
21
167
7
33
20
27
27
22
31
11
9
27
214
9
69
29
37
49
40
79
18
8
30
368
1,40
1,32
1,25
1,35
1,35
1,22
1,19
1,38
1,13
1,29
1,28
1,80
2,76
1,81
1,85
2,45
2,22
3,04
2,25
1,00
1,43
2,20
numero
battesimi
0
21
16
22
30
19
30
15
14
17
184
media media
padrini madrine padrini
madrine
0
27
20
28
43
20
36
22
17
22
235
0
37
31
40
55
44
65
48
14
27
361
0,00
1,29
1,25
1,27
1,43
1,05
1,20
1,47
1,21
1,29
1,28
0,00
1,76
1,94
1,82
1,83
2,32
2,17
3,20
1,00
1,23
1,96
Fonte: ASPSIB, Registri di battesimo, Faldone 3, f. 15.
è attestato alcun titolo di appartenenza (corrispondente a quello di nobile, ecclesiastico o magister). Se analizziamo inoltre il grado di nobiltà tra compatres, si nota
però che su 26 battesimi di figli di nobili, solo in 4 casi sia il padrino che la madrina non erano nobili o ecclesiastici. Va inoltre osservato che per i padri privi di alcun
titolo di appartenenza cetuale, in 90 battesimi su 316 attestati compariva un padrino/madrina nobile. La presenza di ecclesiastici è peraltro rara: sono attestati 18 soli
casi di padrinato su 351 battesimi.
Si potrebbe ritenere che nei numerosi casi in cui sono attestate un maggior
numero di madrine si nascondano, in realtà, presenze di levatrici; è un’ipotesi che
non si è potuta dimostrare. È però significativo che il numero dei padrini non superasse mai le due unità per battesimo, mentre non così sporadicamente si ripeteva
un’elevata presenza di madrine. Inoltre non vi erano importanti differenze nella
scelta di padrini e madrine sulla base del sesso del battezzando: la tabella 2 mostra
che i battezzandi maschi avevano in media 1,28 padrini e 2,2 madrine, mentre per
le femmine era di 1,28 ed 1,96.
Una situazione non dissimile si è ritrovata a Sauze, nella valle d’Oulx. La serie
dei battesimi si conserva soltanto dal 1582; i dati disponibili mostrano che fino
all’anno seguente il modello in uso nel rito battesimale era quello ternario, ossia del
padrino e delle due madrine (ASDS-4, Registri di battesimo, matrimonio e morte,
Faldone 1, f. 1): «[battezzando/a] fili[us/a] … baptizat[us/a] fuit qu[em/am]
[padrino] et [madrina] et [madrina] levaverunt de sacro fonte baptisimali». Alla
terna del padrino e delle due madrine si ricorse ancora fino al primo Seicento ad
Oulx; non di rado si richiedeva una deroga alle norme conciliari, ottenuta grazie al
«permittendo reverendo domino vicario»: nel 1606 avveniva in 12 battesimi su 55,
mentre nel 1607 in 17 su 64, dopodiché scomparve11.
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La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
Tab. 3. Numero di combinazioni di padrini e madrine nei battesimi di Bardonneche (1546-1561).
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
totale
padrini
1
2
0
63
9
2
4
2
0
1
0
1
1
0
0
1
3
163
18
8
6
5
1
1
1
0
0
1
%
madrine
madrine
n
291
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
padrini
1
0,34
1,03
56,01
6,19
2,75
2,06
1,72
0,34
0,34
0,34
0,00
0,00
0,34
2
0,00
21,65
3,09
0,69
1,37
0,69
0,00
0,34
0,00
0,34
0,34
0,00
0,00
100
Fonte: ASPSIB, Registri di battesimo, Faldone 3, f. 15.
I dati sopra esposti lasciano intendere che in queste parrocchie del versante italiano del Brianzonese era particolarmente presente il modello ternario. La storiografia ne ha sottolineato la diffusione nelle diocesi francesi di Parigi, di Nantes e di
Bayeux, non essendo però riscontrabile in tutto il territorio del regno; la regolamentazione del numero era stata ripresa anche nel 1557 dal vescovo di Parigi
Eustache du Bellay, che fissò a tre il numero massimo di parenti spirituali per battezzando (Berteau, Gourdon, Robin-Romero 2012, 282; Haas 1995, 342). I registri
di Bardonneche, Sauze d’Oulx ed Oulx mostrano che negli spazi del versante italiano del Brianzonese fosse diffuso un modello ternario con preminenza delle
madrine, indistinta dall’origine sociale e dal sesso del battezzando.
A Bardonneche il modello della ‘coppia’ si impose dal 1584. La gradualità del
processo di accettazione è desumibile dall’abbassamento della media di padrini e
madrine nel biennio 1582-1583, l’unico periodo, purtroppo, per il quale si dispongono dati immediatamente successivi alla chiusura del concilio tridentino (figura 2).
Anche a Sauze si impose dal 1584 il modello della coppia. In queste due parrocchie dovette incidere la visita pastorale del presbitero Bernard Jertoux di
Château Dauphin, assistito dal vicario generale della prevostura d’Oulx, che attraversarono l’escarton d’Oulx al principio del 1584, per conto dell’arcivescovo di
Torino, dalla cui giurisdizione era dipendente (ASDT-1, Visite pastorali, 7.1.7). La
decisione del parroco di Oulx di concedere delle deroghe ai decreti conciliari, nei
primi anni del Seicento, va messa in relazione con le resistenze negli spazi francesi
verso l’accettazione del concilio tridentino, perseguite fino al terzo decennio del
secolo successivo. Le direttive conciliari furono rallentate dalle guerre di religione,
che negli spazi alpini della val Chisone e della Dora Riparia si manifestarono con
aspri conflitti tra fazioni cattoliche e protestanti. Il modello ternario fu prevalente
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Fig. 2. Media di padrini e madrine nei battesimi di Bardonneche, 1546-1584.
nel villaggio di Aubevilliers, diocesi di Parigi, fino al 1622, anno in cui agli
Oratoriani fu assegnata la cura d’anime della comunità (Berteau, Gourdon, RobinRomero 2012).
Dall’analisi quantitativa delle dinamiche di parentela spirituale si cercherà adesso di approfondire il tema della funzione sociale del padrinato di battesimo.
4. Commerci e contrabbando di vino nel primo Seicento a Susa: una possibile
interpretazione della parentela spirituale. Recenti ricerche hanno dimostrato
quanto nelle comunità alpine la produzione manifatturiera, la disponibilità delle
popolazioni a migrazioni stagionali, insieme ad una certa capacità nella gestione del
credito, favorirono nei secoli la formazione di ceti sociali orientati al commercio
lungo le principali vie di transito delle Alpi (Fontaine 1994; Rosenberg 2000). Altre
ricerche sono ricorse allo studio della parentela per sottolineare la creazione di specifici legami dettati da interessi economici e commerciali (Alfani 2005; Alfani 2013;
Lorenzini 2012). Sul piano delle relazioni sociali, ricerche condotte su periodi e
temi differenti hanno corroborato l’idea dell’utilità dello studio della parentela orizzontale; ad esempio per comprendere fenomeni di natura criminosa (Alfani 2009).
Ma si è anche sottolineato che nelle logiche della faida – è il caso dei feudi imperiali
delle Langhe – la partecipazione ai riti battesimali si modificava nei periodi in cui si
accendevano contrasti tra le fazioni (Torre 1986, 783). Feste e cerimonie pubbliche
messe in atto per il battesimo dell’erede di un casato principesco assumevano specifici significati politici (Alfani, Gourdon 2009), e la possibilità di avere quale compater un principe poteva rappresentare un elemento di forte impatto sociale.
Intorno alla metà del Seicento il duca Carlo Emanuele II di Savoia, le duchesse
Cristina di Francia, sua madre e reggente durante la minorità, e Giovanna Battista
di Savoia-Nemours, seconda moglie, si erano prestati come padrini di battesimo per
alcuni dei figli dei componenti dell’equipaggio di caccia ducale, a sottolineare una
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La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
vicinanza che si esprimeva attraverso la celebrazione del rito venatorio (De Franco
2012, 16). I legami di parentela spirituale si esplicavano a tutti i livelli della gerarchia del potere; nel 1615 venne ad esempio battezzato il figlio del governatore di
Susa Simone Faussone, al quale venne dato, come d’uso, il nome dal padrino, il
duca Carlo Emanuele I di Savoia, per il quale presenziò, in quell’occasione, il capitano Francesco Medail, governatore del castello vecchio di Susa (ASDS-2, Registro
dei battesimi, 1615 dicembre 31). Anche in questo caso la creazione di un importante legame di parentela spirituale poteva apparire di un certo rilievo ed un riconoscimento per il comandante di una delle piazze militari più esposte ed importanti del ducato.
Questi esempi confermano quanto la costruzione della parentela spirituale
possa rispecchiare dinamiche riconducibili a specifici contesti di tipo economico,
sociale, politico; il suo studio consente di arricchire il quadro di fenomeni che normalmente si deducono da fonti di differente natura. In questa prospettiva si colloca un caso di studio che mette in relazione la costruzione di reti parentali con interessi commerciali illecitamente condotti.
Segusium, antico insediamento di origine pre-romana, era posizionato nel punto
in cui si incontravano gli assi viari del Moncenisio e del Montgenevre. La collocazione in un passaggio obbligato per chiunque desiderasse il raggiungimento della
Savoia o del Brianzonese ne qualificò l’importanza da un punto di vista politico,
religioso e militare. Durante la prima età moderna la comunità attraversò un periodo di crisi sociale ed economica, diventando teatro di conflitti tra duca di Savoia e
corona di Francia (Symcox 1989; Merlin 1994; Rosso 1994). Nella seconda metà del
Cinquecento, il passaggio di eserciti, amici e nemici, nonché lo stazionamento nelle
fortificazioni del presidio militare posto a difesa del Piemonte, provocarono periodi di carenze alimentari, ristrettezze economiche, danneggiamenti a proprietà
immobiliari della popolazione12. Nel 1629 la comunità lamentava «danni intollerabili dall’armata della maestà Cristianissima con l’ucisione d’huomini, violamento de
figliole e sforzo [sic] di donne, distrutione di case et cassine, rubamento de mobili
e frutti», patimenti ai quali si aggiungeva la peste13. Il luogo era però sede di fiere e
commerci, e poteva giovarsi, ab antiquo, del monopolio del commercio di vino. Nel
1371 il conte Amedeo VI di Savoia aveva stabilito «quod nullus hominum vel personarum de valle et castellata Secuxie» potesse trasportare vino nel territorio di
Susa, concedendo una deroga ai monaci dell’abbazia di Novalesa, in val Cenischia,
ai quali, per uso proprio, era permesso il transito (ASCS-1, Faldone 4, 1371 novembre 30). La concessione, che beneficiava la comunità, venne confermata da
Emanuele Filiberto dopo la ripresa del dominio sul ducato (ASCS-1, Faldone 7,
1560 agosto 14). Il privilegio consisteva nel divieto di transito di vino non prodotto entro i confini del territorio segusino, in un punto di passaggio obbligato per i
collegamenti tra Piemonte, Savoia e Delfinato; l’estensione territoriale del distretto
comunitario comprendeva infatti alcune borgate le cui pertinenze si estendevano
fin verso le pendici delle montagne che racchiudevano la valle.
Emanuele Filiberto, riconoscendo il privilegio, ammoniva però «che in esso
luogo se ne trovi a comprare, per quelli che vorranno comprarne, per condurne a
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Susa oltra monti, cioè alle terre del Delfinato o di Savoia». Ma la questione delle
imposizioni fiscali sui vini permase, e condusse la comunità ad intraprendere una
controversia giudiziaria contro l’accensatore della tratta foranea14, che si risolse con
una sentenza della Camera dei conti di Torino, nei fatti a favore della comunità: si
esentavano dal pagamento gli abitanti ed i forestieri che esportavano vino prodotto
solo sul territorio, ma si doveva, ogni anno, censire tutta la produzione locale e
quella d’importazione (ASCS-1, Faldone 7, 1581 agosto 8). Contestualmente, l’impossibilità dei mercanti della Savoia a rifornirsi liberamente in Piemonte, fece sorgere nuove lamentele per gli impedimenti incontrati nei transiti. La situazione
venne risolta con l’emanazione di un editto ducale, che pur confermando i privilegi segusini, poneva alcune deroghe: in primo luogo si ordinava la diminuzione dei
prezzi, notevolmente cresciuti per il monopolio, e si consentiva ai mercanti il trasporto di vino forestiero entro un tetto massimo di cento carra annuali, dietro pagamento di un’imposta alla comunità15. I privilegi della città vennero confermati dal
manifesto della Camera dei conti di Torino del 1601, che prescriveva il regolamento per la riscossione della tratta foranea; si riconosceva dunque l’esenzione dall’imposta per i vini che nascevano nei territori di Susa e di Giaglione16.
In questo periodo sono conservati alcuni atti giudiziari che mostrano quanto la
persistenza di privilegi favorisse al contempo pratiche di contrabbando, sulle quali
le autorità comunali esercitavano azioni repressive17. Per esempio al savoiardo
Andrea Mistreleto sono intestate alcune ricevute di regolari pagamenti alla comunità per transiti di vini nel 1620; ma nel novembre dello stesso anno il mercante
venne intercettato con un carico illegalmente trasportato. Altri casi sono attestati: la
notte del 19 novembre 1620 alcuni uomini, incaricati dalle autorità comunali, si
recarono nella borgata di Foresto, dove intercettarono Matteo Salusso, figlio di
Pietro, Bartolomeo Urbiano e Matteo Plano mentre conducevano 8 stara di vino,
caricato a Bussoleno ma acquistato nella non lontana Chianocco: la merce venne
sequestrata, per aver violato sia i privilegi locali che per essere sfuggita al controllo
della tratta foranea18.
Nella vicenda assumeva un ruolo centrale Petrino Salusso, oste di 50 anni, che
aveva richiesto ad Urbiano e a Plano, entrambi mulattieri, di procurare gli animali
per il trasporto.
L’esistenza di un commercio illegale implicava rapporti di interesse tra contrabbandieri e gli acquirenti. È significativo che nel periodo compreso tra il 1613 e il
1621 si riscontri che le persone coinvolte nel commercio del vino erano anche legate da parentela spirituale. Petrino Salusso era in rapporti con Bartolomea, vedova
di Annibale Rana, la quale compariva in una lista di sospettati di contrabbando nel
162119. Il marito, nella consegna di tutti i beni mobili e immobili degli abitanti di
Susa, vantava un certo benessere20. Nel 1613 lui stesso aveva scelto, quale padrino
per la figlia Caterina, Giovanni Bonavia, mercante savoiardo, e per madrina
Caterina, moglie dell’oste e contrabbandiere Petrino Salusso21. Le due famiglie continuarono ad intrattenere rapporti di parentela negli anni seguenti22. Bartolomea
era inoltre stata madrina di Giovanni, figlio di Martino Falcombello, che nella consegna dei beni del 1613 risultava di professione taverniere23. Un altro oste di Susa,
Ludovico Orselli, chiamò al fonte battesimale quale padrino per il figlio Petrino
30
La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
Salusso, e quale madrina Lucia moglie di Giacomo Andrea, originario di
Bardonneche (ASDS-2, Registro dei battesimi, 1614 aprile 10). Negli anni tra il 1613
ed il 1620 il Salusso fu un padrino particolarmente ricercato nei battesimi della parrocchia di Santa Maria Maggiore; ma l’interruzione della sua presenza alla vita religiosa della comunità coincide con il momento in cui vennero alla luce e denunciate le attività illecite.
Nel contrabbando era coinvolto inoltre Giuseppe, figlio di Annibale Rana,
intercettato nel territorio di Susa con due muli carichi di vino, provenienti da
Bussoleno, e condotti da Bartolomeo e da Pietro, figli di Pietro D’Urbiano (ASCS2, Faldone 13, fol. 42r). Interrogato nel 1621, disse che il carico era stato comprato per uso personale e non per commercio. I d’Urbiano e i Rana si conoscevano da
tempo, almeno da quando venne battezzato Giacomo, figlio di Pietro d’Urbiano,
che ebbe quale madrina Bartolomea Rana (ASDS-2, Registro dei battesimi, 1611
novembre 11).
Un altro caso di contrabbando riguardò Giovanni Martino, maniscalco accusato nel 1621 di aver caricato a Bussoleno, sul dorso di due muli 4 stara di vino, e di
averli fatti transitare attraverso la borgata di Meana fino a Susa, dove abitava. Nella
sua cantina furono trovate «sopra un archa quatro uteri con loro sachi, pieni di vino
rosso bono … et fatto gustare il vino in quelli essistente dalli testimoni ivi astanti, i
quali sono stati di parere che detto vino sia forastiero non natto nel territorio di
Susa, per esser aspro e duro». Il Martino era stato accusato anche da Petrino
Salusso, che interrogato riferiva di aver «visto più e più volte che esso Martino ha
venduto del vino all’ingrosso alli Savoiardi et anche haverne permutato con del
ferro et esser publica voce et fama che detto Martino fa professione di introdure
vino forestiero in Susa contra li statuti di esso luogo» (ASCS-2, Faldone 13, fol. 37v
). Giovanni Martino aveva, in precedenza, contratto legami di parentela con capifamiglia impegnati nel commercio, come quando scelse per padrino del proprio
figlio Pietro, un oste residente a Susa (ASDS-2, Registro dei battesimi, 1613 dicembre 15). Ma nei registri del primo Seicento ritroviamo numerosi altri casi di comparatico istituito tra mercanti savoiardi, osti, panettieri, fabbri, notai e soldati. La
geografia della parentela spirituale che emerge dagli atti di battesimo mostra una
generale proiezione dei legami sia sui borghi confinanti che verso le due direttrici
di transito, del Moncenisio e del Montgenevre, che consentivano da un lato i collegamenti con la Savoia, e dall’altro, risalendo il corso della Dora Riparia, verso gli
spazi oltralpini del Brianzonese. Le relazioni di padrinato si esprimevano lungo assi
viari che avevano a Susa un centro di intersezione privilegiato per chi intendeva
muoversi tra pianura torinese e spazi francesi. Numerosi erano i contatti con la
Moriana e la Tarantasia, che si raggiungevano attraverso il Moncenisio, ed i centri
di Bardonneche, Oulx e Briançon, lungo la via del Montgenevre, mentre scarsi
risultavano i casi di parentela con Torino ed il Piemonte. Tali legami travalicavano
i confini politici, mentre si estendevano topograficamente lungo le direttrici del
commercio: a metà Seicento i delegati degli escartons d’Oulx e di Pragelat inviarono una supplica al governatore del Delfinato lamentandosi delle molte spese sostenute per i passaggi di armate e per gli alloggiamenti militari negli anni 1648-1650
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(BMG-1, R 628, post 1651). A fronte dei mancati rimborsi ottenuti dalle autorità
francesi, i villaggi avevano ricorso ai loro vicini per rifornirsi di vino e di derrate
ormai esaurite, prendendo a prestito del denaro. I deputati sottolineavano di essere impossibilitati a ripagare «leurs creanciers de monarchie et iurisdiction estrangere», con i cui territori avevano i principali commerci. Al di là delle implicazioni politiche e delle intenzioni professate nei confronti della corona, che si cercava di sensibilizzare nell’interesse di evitare l’impoverimento di una frontiera sensibile, la
testimonianza rimanda ai forti legami economici sussistenti tra vallate appartenenti
a sovranità diverse.
5. Conclusioni. I casi sopra illustrati delle parrocchie di Bardonneche, di Sauze
d’Oulx e di Oulx evidenziano la presenza al battesimo di un alto numero di madrine, maggioritario rispetto a quello dei padrini. Inoltre, i battesimi superstiti di
Bardonneche mostrano che la partecipazione femminile, negli anni precedenti la
conclusione del concilio tridentino, fosse in diversi casi particolarmente numerosa,
non ristretta al solo modello ternario. L’appartenenza di queste tre parrocchie agli
spazi del Brianzonese, che seguivano gli usi gallicani, va dunque correlata a pratiche che hanno trovato riscontri in alcune diocesi della Francia. Ma le ragioni della
predominanza delle madrine, indipendentemente dal sesso del battezzando,
potrebbero essere messe in relazione al ruolo che assumevano le donne nelle comunità alpine; sul Queyras, così come per altre regioni (Lorenzetti, Merzario 2005, 314), recenti ricerche hanno evidenziato la loro importanza per le economie locali,
dai sistemi ereditari alla gestione del patrimonio famigliare.
Da un punto di vista squisitamente economico, nei decenni in cui si affermava
la ‘coppia’, il legame padre/padrino e madrina trovava una sua forza peculiare nell’alleanza commerciale, ancor più robusta se il commercio diventava frutto di attività considerate illecite. Non è altrimenti possibile dimostrare se la costruzione della
parentela spirituale avesse avuto un ruolo preciso nelle finalità di coloro che rimasero impigliati nelle maglie della giustizia. La partecipazione dei soggetti coinvolti a
diversi riti battesimali, che li legarono a persone estranee ai fatti delittuosi, potrebbe complicare questa ipotesi. Ma oltre questi ragionevoli dubbi, è comunque lecito
ritenere che anche attraverso il comparatico, che univa in rapporti di parentela
tavernieri, mulattieri, mercanti savoiardi e brianzonesi, si rafforzassero relazioni di
interesse emerse successivamente nelle aule di giustizia. Ampliando la prospettiva
d’indagine alla questione generale dei traffici, è dunque emerso che i principali
legami di parentela orizzontale venissero costruiti da soggetti provenienti dai due
assi viari principali, colleganti i diversi versanti alpini.
32
La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
‘Bardonneche’ per Bardonecchia (attestato
anche ‘Bardonnèche’ e ‘Bardonache’), ‘Cesanne’
per Cesana Torinese.
8
ASDS-1, Registro dei battesimi, Faldone 27, f.
167, 1560-1584. L’abbazia di San Giusto,
antico centro monastico di fondazione
arduinica, dal 1560 al 1587 esercitò le funzioni
di parrocchia, riprendendo questa attività
soltanto nel 1749, quando papa Benedetto XIV
dispose l’erezione della collegiata che si occupò
della cura d’anime in luogo delle soppresse
parrocchie di San Paolo e Santa Maria (Savi
1992).
9
ASPSIB, Registri di battesimo, Faldone 3, f. 15.
I primi atti conservati sono del 1546 e
proseguono con alcune lacune cronologiche;
vengono ripresi tra il 1556 e il 1561 e dal 1582
al 1605, quando si interrompono nuovamente
per ricominciare, senza soluzione di continuità,
dal 1654. Nel complesso i battesimi presi in
considerazione sono 351. Le cesure documentarie
potrebbero essere riconducibili agli eventi delle
guerre di religione che coinvolsero l’alta valle
della Dora nel corso del Cinquecento.
10
Di questa famiglia, che possedeva la signoria
e le giurisdizioni nella valle di Bardoneche, si
conservano carte dell’archivio privato presso
gli Archives Départmentales de l’Isère,
Grenoble.
11
ASDS-5, Registri di battesimo, Faldone 1, f. 1.
Gli atti di battesimo della parrocchia di Santa
Maria Assunta di Oulx si conservano solo dal
1605.
12
Le lamentele al duca di Savoia, per i danni di
guerra, si ripetono con notevole frequenza,
soprattutto dall’ultimo decennio del Cinquecento fino agli anni Trenta del secolo successivo.
Nel 1592 la comunità lamentava che aveva
«pattito l’assedio del inimico, il quale ha
saccheggiato li borghi, grangie et villaggi, et
fatto molti priggionieri»; notevoli spese erano
state sostenute per le opere di fortificazione,
per la fornitura di materiali da costruzione, e
per il mantenimento dei soldati di presidio:
ASCS-1, Faldone 7, 1592.
13
ASCS-1, Faldone 7, fol. 40, 1629. Nel 1630 il
prevosto della parrocchia di San Paolo di Susa
annotava, a causa dell’elevato numero di
decessi: «non ho potuto scrivere li defonti del
anno 1630 et 1631 per li ocorenti di guerra et
peste»: ASDS-3, Registro delle sepolture. Su
peste e carestie tra Cinque e Seicento, cfr.
Alfani (2010).
14
La tratta foranea era un’imposta aggiuntiva,
istituita dal duca Emanuele Filiberto, che
colpiva bestiami, vettovaglie e merci esportati
La letteratura sul padrinato si è arricchita
negli ultimi anni. Tra le opere di riferimento si
ricordano Mintz, Wolf (1950); Pitt-Rivers
(1958); Klapisch-Zuber (1985); Delille (1985);
Guerreau-Jalabert (1995); Bossy (1998);
Ericsson (2000); Alfani (2007); Alfani,
Gourdon (2012).
2
Per la romanizzazione delle Alpi, cfr. Letta
(1976); Panero (2000). La medievistica ha
particolarmente insistito sulla qualificazione di
‘area di strada’ della valle di Susa: Sergi (2005),
Sergi (2010, 191-199). Sui poteri locali, laici ed
ecclesiastici, dall’alto medioevo, cfr. Sergi
(1981), Sergi (1994), Casiraghi (2005). Sul
Delfinato nel basso medioevo Lemonde (2002).
3
ASTO-1, Paesi, Paesi per province, Susa, m.
91, n. 17, Notizie statistiche intorno alle
comunità, e Valli componenti la provincia di Susa
contenute in un volume di fogli affogliati n. 298,
1753. Sulle migrazioni in area alpina la
letteratura antropologica e demografica ha in
questi ultimi decenni notevolmente insistito,
contribuendo ad una rilettura, anche sostanziale, di paradigmi consolidati. Si vedano:
Viazzo (1990); Lorenzetti, Merziario (1995);
Viazzo (1998); Albera (2011).
4
«Ma perché una gran parte di questi
terrazzani ha qualche impiego, e chi si porta in
Francia, chi in Piemonte, e chi in Italia ad
esercitare chi il mestiere di falegname, di fabro
ferraio, di tessitore da tela, e di pettinatore da
canapa, il tempo che impiegano queste persone
fuori del paese contribuisce sostanzialmente ad
abilitare questi popolani a potersi sostentare
non solamente, ma anche a pagare li regi
tributi, principalmente con quel poco contante
che ciascheduno si guadagna colle fatiche della
sua professione» (ASTO-1, Paesi, Paesi per
province, Susa, m. 91, n. 17, 1753). Dei pettinatori di canapa del Brianzonese si è occupato
Belmont (1998).
5
L’intendente di Susa sottolineava ancora che
«sanno tutti leggere, scrivere e far conti, e molti
di questi, pendente l’inverno, si portano in
diversi luoghi vicini, e massimamente nell’alta
Moriana, nel Brianzonese e nella Provenza
pendente l’inverno ad insegnare a fanciulli a
leggere ed a scrivere e gionta la primavera se ne
ritornano alle loro case»: (ASTO-1, Paesi, Paesi
per province, Susa, m. 91, n. 17, 1753).
6
Mongiano (2006). Sulle costruzione delle
frontiere naturali nella politica francese del SeiSettecento si veda inoltre Sahlins (1990).
7
Per questo saggio si utilizzeranno i toponimi
storici attestati nelle fonti documentarie coeve;
in particolare ‘Chaumont’ per Chiomonte,
1
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a danno del dritto pertinente a detta S.A. per la
tratta forana, s’è vietato ad ogni persona
l’introductione de detti vini senza farsi la debita
consegna et pagamento di detta tratta».
19
ASCS-2, Faldone 13. Il nome è contenuto in
un Registro delle querelle ed informazioni
contro particolari introducenti vini forestieri del
1620-1621, dove si legge che «si sono tolte
informationi da doi testimoni essaminati contra
madama Bartolomea relassata del fu Anibale
Rana di Susa per aver introdotto stara otto vino
rosso forestiero contra la forma de detti statuti
et ordini, sotto li quatro maggio 1621».
20
ASCS-3, Faldone 49, f. 6, Registro del valore
dei beni e delle famiglie di questa città e delle
terre adiacenti dell’anno 1613. Annibale Rana,
tra beni immobili, doti, crediti e debiti risulta
nella settantacinquesima posizione dei più
benestanti, su 976 capifamiglia censiti. La
consegna del 1613 venne ordinata dal duca
Carlo Emanuele I alle comunità piemontesi,
che richiese la dichiarazione di tutti i beni
posseduti, anche quelli mobili. Il documento,
che meriterebbe ulteriori studi e sarebbe da
mettere in relazione alle politiche di tassazione
dello Stato nel primo Seicento, si è prestato
utilmente per un’indagine sulla disuguaglianza
economica ad Ivrea; cfr. Alfani, Caracausi
(2009).
21
ASDS-2, Registro dei battesimi, 1613
dicembre 18. Annibale Rana aveva ricambiato,
dopo essere stato scelto quale padrino al
battesimo di una figlia del Bonavia (ASDS-2,
Registro dei battesimi, 1611 febbraio 16).
22
Nel 1615 Giacomo, figlio di Annibale Rana e
Bartolomea, ebbe come padrino Petrino
Salusso (ASDS-2, Registro dei battesimi, 1615
luglio 1).
23
ASDS-2, Registro dei battesimi, 1615 febbraio
6. Nel documento si recita precisamente: «fa
poca taverna» (ASCS-3, Faldone 49, f. 6).
dagli Stati sabaudi. L’accensatore prendeva in
appalto la riscossione della gabella, dietro
pagamento di una quota prefissata all’autorità
sabauda. Un regolamento dell’imposta, con
elenco delle mercanzie soggette, si trova in
Lettere patenti di S.A.S. colle quali è stabilito un
dritto di tratta foranea sopra l’uscita di varie
merci, derrate, e bestiami, 1570 gennaio 30, in
Duboin (1818-1869, tomo XXII, volume
XXIV, libro XI, titolo XLI, 1688-1691). Per le
gabelle e i transiti negli Stati sabaudi si veda
Battistoni (2009).
15
ASCS-2, Faldone 13, 1581 dicembre 20. Nel
medesimo faldone sono conservate le ricevute
di pagamento dell’imposta, sulle quali è
annotato il nome del trasportatore, la data, la
quantità e il luogo di carico del vino, per gli
anni 1609, 1620-1621, 1657-1667.
16
«Parimente non si riscuoterà la detta tratta
per li vini, quali si raccoglieranno nelli luoghi e
territorio di Susa, et Giaglione et si cavaranno
dal ducal dominio per portarli nel Delfinato»:
Manifesto della Camera de’ conti con cui si
pubblica i capitoli e la tariffa della tratta foranea
e ne manda riconoscere l’accensatore, 1601,
luglio, in Duboin (1818-1869, tomo XXII,
volume XXIV, libro XI, titolo XLI, 17381759).
17
Sul problema delle frontiere e dei traffici
illeciti, ad esempio sul contrabbando di
tabacco nella Repubblica di Venezia, si veda
Bianco (1998).
18
ASCS-2, Faldone 13: «non obstante sia
prohibito per la franchisia del presente logho et
privileggio concessoli dalli serenissimi prencipi
et novamente confirmati da detta S.A.
Serenissima ad ogni persona l’introdurre, o
transitare in et per il presente logho et suo
territorio alcuno vino forastiero cioè che non
sia natto in esso territorio, si come anco per
evitar molti abusi che si potrebbero comettere
34
La parentela spirituale nelle Alpi occidentali
Riferimenti archivistici
ASCS
ASDS
ASDT
ASPSIB
ASTO
BMG
Susa, Archivio storico comunale
Susa, Archivio storico diocesano
Torino, Archivio storico diocesano
Bardonecchia, Archivio storico parrocchiale di San’Ippolito
Torino, Archivio di Stato
Grenoble, Bibliotéque Municipale
ASCS-1:
ASCS-2:
ASCS-3:
ASCS, Privilegi e concessioni.
ASCS, Privilegi per il commercio dei vini.
ASCS, Consegnamenti.
ASDS-1:
ASDS-2:
ASDS-3:
ASDS-4:
ASDS-5:
ASDS, Parrocchia San Giusto di Susa.
ASDS, Parrocchia Santa Maria Maggiore di Susa.
ASDS, Parrocchia San Paolo di Susa.
ASDS, Parrocchia San Giovanni Battista di Sauze d’Oulx.
ASDS, Parrocchia Santa Maria Assunta di Oulx.
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D
AV I D E
D
E
F
R A N C O
Riassunto
La parentela spirituale tra Piemonte, Savoia e Delfinato nella prima età moderna
Il contributo presenta i risultati di una ricerca dedicata ad alcune parrocchie dislocate nel
Delfinato ed in valle di Susa tra Cinque e Seicento, sottolineando gli effetti del concilio di Trento
sulla parentela spirituale in relazione ai peculiari ordinamenti istituzionali e sociali delle comunità
alpine. Questi territori di montagna erano d’altronde attraversati da flussi commerciali che incidevano notevolmente sulle economie dei villaggi. Si è dunque ipotizzato che anche il padrinato di
battesimo potesse svolgere un ruolo nelle relazioni economiche che legavano mercanti, osti e
mulattieri, in un intreccio di rapporti illeciti ostacolati dalle autorità locali, che cercarono di fermare, in particolare a Susa, il contrabbando di vino, capace di eludere i privilegi della comunità.
Summary
Spiritual Kinship between Piedmont, Savoy and Dauphiné in the Early Modern Age
This article presents the results of a research dedicated to some parishes located in Dauphiné and
in the Susa valley between the sixteenth and seventeenth centuries. It underlines the effects which
the reforms introduced by the Council of Trent had on spiritual kinship, also considering the
peculiar social and institutional systems of the alpine communities. These mountain territories
were indeed crossed by trade flows which involved the economies of the villages. The article suggests that spiritual kinship could play a role in the economics relationships that connected merchants, innkeepers and muleteers, in a plot of illicit relations opposed by the locals authorities,
who tried to stop the smuggling of wine in the city of Susa, which eluded ancient privileges of the
community.
Parole chiave
Padrinato; Piemonte, Savoia e Delfinato; Commercio; Comunità alpine.
Keywords
Godparenthood; Piedmont, Savoy and Dauphiné; Trade; Alpine communities.
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