copertina CD Morettina
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copertina CD Morettina
Cesare Aresi Morettina Gli amiCDcesare, (quelli che fecero l’impresa): Carlo Pastori, Fisarmonica, Keyboard, percussioni, voce. Alessandro Calabrase, Chitarra, basso. Gabriele Allevi, Chitarra, mandolino, voce. Elia Pastori, Percussioni, batteria. . Franco “Furbo” Svanoni, Batteria. Sergio Moro (Cesta), Voce, grattugia (guiro), pane e salame. Sandro Moretti, Cori, vino bianco e nero. Giorgio Reboldi, Tecnico di registrazione (basso in La sésa ). Angela, Maria, Marisa, Rachele, Maria, Sofia, Alma, Miriam, (Loro, oltre che di Anna e Giuditta, le pizze e le torte salate). Cesare Aresi Morettina dedicato a Marisa morosa, moglie e musa Il nostro amico Cèchi, detto Preòst, amava produrre il vino in casa: comprava l’uva, la pigiava, lavorava il mosto e alla fine imbottigliava con l’etichetta: Vino per gli amici. A volte era quasi imbevibile, ma quell’etichetta e la compagnia di Cechi davano a quei minuti, trascorsi insieme davanti al bicchiere, un sapore buono. Forse Carlo, che ha conosciuto insieme me e Cèchi, questo non lo sapeva, quando ha proposto come etichetta per il mio primo CD: Gli amiCDcesare. E infatti la genesi è la stessa: scritte in casa e cantate per gli amici, come il vino di Cèchi, non sono tanto buone in sé, ma prendono sapore nella compagnia che si raduna, quasi sempre, attorno ad una tavola, con i tortelli di Marisa, il salame di Sergio, i dolci di Maria. E come, dopo aver assaggiato una nuova pietanza buona, si chiede al cuoco la ricetta, così questo disco nasce dalle richieste di alcuni amici ai quali le canzoni sono piaciute: primo fra tutti Gianfranco, detto Sciope, che me lo chiede da più di vent’anni (ma l’ultima volta l’ha fatto mettendomi al muro: “Quel che ti è dato, non è tuo. Non puoi tenerlo per te”). Da ultimo Andrea, il figlio del Nembrini, che ha poco più di vent’anni, ma me lo chiede da cinque. Alla fine sono riuscito a cedere, grazie all’amorosa insistenza di Sergio e Gabriele e alla fondamentale complicità di Carlo Pastori. Canzoni che nascono in casa, dicevo, ma a volte anche in bici, come quando, trent’anni fa, andavo a Treviglio anche tre volte al giorno (per un totale di trenta chilometri) per andare a scuola, per andare a morose, per trovare gli amici. Oppure in macchina, come adesso, che vado a lavorare. Canzoni nate, scritte e cantate per un popolo. Perché quando le scrivo, o le ho scritte, queste mie canzoni, ho sempre in mente qualcuno per cui dirle, le cose che dico. E quando le ho cantate, o le canto, è sempre per qualcuno, perché mi viene chiesto. Sono canzoni d’occasione. E il mio popolo non è una cosa strana. Io un popolo ce l’ho, mi è stato dato. Anche quando mi sembra sia sparito, e dico: non c’è più. Un piccolo popolo che canta queste povere canzoni c’è. Siamo in due o tre, e tutto è in proporzione con il valore che ha quello che mi capita di fare. Spesso, io penso, parlo e canto in dialetto. Non il dialetto di quei letterati che han fatto del vernacolo una vera disciplina. Io sono un po’ indisciplinato, non amo i puristi, i filologi e gli altri specialisti. Della mia rozzezza me ne faccio un vanto. La parola scritta, in questo caso, non è nulla se non è ascoltata. Chiedo ai bergamaschi di città e a quelli delle valli (ma anche a tutti quelli che stanno giù in pianura al di sopra del fosso bergamasco) di non avere la puzza sotto il naso se la mia lingua non è pura, come la loro. La mia è della Gera d’Adda, anzi, di Brignano. Quella terra di cui pochi a Bergamo sanno l’esistenza, nascosta dalle nebbie che stanno fra Treviglio e Caravaggio, da sempre terra di confine, che stette per più tempo con Milano, quando Bergamo era entroterra veneziano. Che ha preti cremonesi, pertiche milanesi (per misurare i suoi terreni), ma il ceppo, non c’è dubbio, è quello orobico. Agli “italiani” chiedo di leggere le traduzioni. Questo CD è il primo, e viene dopo trent’anni. Non ci sono tutte le mie canzoni, e per questo spero ne possano seguire altri. Ma anche senza CD, pensate, alcune di queste canzoni sono conosciute e cantate oltreoceano: nella mia America (quella Latina), in una piccola parrocchia di una piccola città, in uno degli stati più piccoli del Sud America, c’è un gruppo di amici che le conosce e canta. A loro (che vivono a Portoviejo, in Ecuadòr, insieme al mio amico Dario Maggi, che là fa il prete) ed ai progetti che intendono attuare è dedicato questo CD. Se poi a qualcuno capitasse di passare da quelle parti, faccia un salto a vedere la chiesa di questa parrocchia. E’ la chiesa più bella che mi sia mai capitato di disegnare. Almeno fin che mi capiterà di farne un’altra. Cesare Per saperne di più sull’ Ecuador e su quello che stiamo facendo con gli amici di laggiù, potete consultare il sito: www.pietrevive.org dell’associazione Pietre Vive, Francesco e Teresa per l’Ecuador. 1. Novantasei alpini (perché la vita) a.s. 1975/76 Novantasei alpini senza piuma sul cappello andarono in montagna per vedere com’è bello il sole che si alza dalla culla della valle e ride a crepapelle, sai dirmi tu perché? Perché la vita è tanto bella che ti viene da cantare quando vedi questo sole che si alza e poi va giù Un uomo in mezzo al mare remava con piacere per giungere alla spiaggia e poi poter vedere il sole che dall’acqua si alza su nei cieli e fa brillar le onde di splendidi colori Laggiù nella pianura ormai s’è fatto sera le case sono buie, la notte è tutta nera si alzan mille voci di lode al buon Signore perché anche per oggi c’ha dato il suo sole 2. Il linguaggio analogico 3. Le stelle (1977) È notte e nel cielo le stelle avanzano, avanzano sedute Öh, ma come fan le stelle ad avanzar sedute? E poi, se avanzano qualcuno le ha avanzate! Ma chi non mangia stelle in questo mondo cane? Un cane, abbastanza bastardo con un fiocco color peperoncino ed una pila in bocca a illuminar le stelle… E le stelle avanzano sedute, non gliene frega niente del cane minatore! Ma che fame, Dio che fame! M’è venuta tanta fame! Ma cosa c’entra con la canzone? Niente! Tutto questo è per dirti che ti amo. E le stelle non c’entrano niente, son solo di contorno a questa bella luna, ed il cane è quello di mio padre che con la pila in bocca mi porta giù le chiavi perché mio padre, eh si, mi ha chiuso fuori mentre io ero qui a cantarti ‘sta canzone. Ma che fame, Dio che fame! M’è venuta tanta fame! Non ho mangiato niente. Non ho neanche bevuto. Il tuo amore mi fa dimagrire. 4. Not autobiographic 5. Morettina (1980) Suonata è mezzanotte e tutti sono a letto soltanto un ubriaco è ancora per la strada e canta “Morettina vieni giù da quel balcone che come ti amo io non ti ama neanche Dio”. Suonate son le sei si alza il muratore e prende la giacchetta e va verso il cantiere e canta “Morettina vieni giù da quel balcone che come ti amo io non ti ama neanche Dio”. Suonato è mezzogiorno si fermano i lavori il tempo di mangiare il tempo di fumare il tempo di cantare “vieni giù da quel balcone che come ti amo io non ti ama neanche Dio”. Suonate son le sei campane suona a morto è morta Morettina lui esce dal cantiere e piange “Morettina vieni giù da quel balcone che come ti amo io adesso ti amerà anche Dio”. 6. La linda maripo (Laggiù nell’Arizona)1989 Laggiù nell’Arizona fa ‘n colt de la madona E ‘nvece ‘n Venesuela l’acqua del mar la péla Ed ecco un caballero che lindo e fiero por la ciudad Se ponde ad un balcone e una cansione cantando và: La linda mariposa ahora dormiendo està y el suegno de una rosa le da serenidad. Ahora mañana y siempre por siempre junto a ti mañana ne la iglesia yo te dirò que si. Asì canta el caballero, y desda el mund entero y en vece de una rosa se busca un bocàl de pisa. Ritorna el caballero encassado nero por la ciudad y por consolassione una cansone cantando và: Esta canssion sinsera vien da la Cordillera. Dalle Ande agli Appennini la cantano i bambini Io invece te la canto col cuore affranto ma di passion E spero che tu appaia felice e gaia d quel balcon. 7. O Signùr che éta l’è mai (1984) O Signur, che éta l’è mai esga ‘na famea, ma esga mia i bagai Esga öna cüa pronta de tant tep ma esga mia gna ‘n s-cett de faga durmì det. Gh’è chi che dis: “Fürtüna! leà mia sö de nocc, a fa ninà la cüna, a desfà zo i fagocc” Ma te t’al se, Signur, l’è prope mia ise, ta edet a’ te sta dona che pians la nocc e ‘l de. Ma te t’al se, Signur, l’è prope mia ise, ta edet a’ te sta dona che pians la nocc e ‘l de Oh Signore, ma che vita è mai avere una famiglia ma non avere figli. Avere una culla pronta da tanto tempo, ma non avere un figlio da farci dormire dentro. C’è chi dice: “Che fortuna! Non doversi alzare di notte a cullare e disfare pannolini!” Ma tu lo sai, Signore, che non è proprio così; la vedi anche tu, questa donna, che piange notte e giorno. E tu ti sei stufata e mi hai chiesto di sposarti Ma la casa e poi il lavoro e poi chissà com’è Che in primavera le pianta buttano, poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi È già passato un anno, bell’e fatto il militare È finita, tutto a posto, eccomi qua. Ho messo su famiglia e poi c’è un po’ di lavoro Una volta che c’è il letto e la cucina poi si va. Passato più di un anno da quando ti ho sposata Siamo un gran contenti ma un po’ tristi quello si Passato più di un anno e non si vedono i bambini Aspettare e non venire è una cosa da morire Ma in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi 8. In primavera (1984) È già passato un anno che ho piantato la morosa, l’ho piantata là, nell’orto un anno fa È già passato un anno e non si vede ancora i frutti. Aspettare e non venire è una cosa da morire Ma in primavera le pianta buttano, poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi Passato qualche anno che ci siamo fidanzati Tanti anni sono tanti anche per te Però a pensarci bene: non ci fosse da aspettare, non ci fosse da sperare in qualche cosa che poi viene saremmo bell’e morti e senza più la primavera. Aspettare e poi venire è una gioia da morire Che in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i perseci (trad.: In primavera le piante mettono i germogli poi i germogli cadono, cadono e crescono le pesche) 9. Aléghèr so (N’ò biit) N’o biit des calès, ‘i o biicc del bù. N’o biit des calès, ‘n o biit ase. Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé ‘N o biit tri liter, ‘i o biicc del bù. ‘N o biit tri liter, ‘n o biit ase. N’ o biit de nigher, ‘n o biit de bianc N’ o biit de bù, ‘n o biit de gram. Cara la me spusina, dai! Fa mia isé Anse, tò ö bèl calès, bif ‘npo poo te! Ne ho bevuti dieci calici, ne ho bevuto abbastanza, ne ho bevuti dieci calici, li ho bevuti davvero. Sono allegro, allegro, si, e canto proprio bene. Ne ho bevuti dieci litri, ne ho bevuti abbastanza, ne ho bevuti dieci litri, li ho bevuti davvero. Ne ho bevuto di buono, ne ho bevuto di gramo, ne ho bevuto di nero, ne ho bevuto di bianco. Cara la mia sposina, dai non fare così! Anzi, toh un bel bicchiere, bevi un po’ anche tu! 10. Don’ love me baby (1980) Don’ love me baby, don’ love me baby Don’ love me baby, don’ love me baby Don’ love me baby Oh baby, baby, baby don’ love me Sotto la cappa del camino c’era un vecchio contadino Che suonava la chitarra, zim ,zum, zarra Ambarabà cicci coccò tre civette sul comò Che facevano l’amore con la figlia del dottore Il dottore si svegliò ambara bà ciccì coccò Sotto il ponte di Verona c’è una vecchia scoresona Che cuciva le mutande per non fare il buco grande Buco grande si allargò e la vecchia scorerò Sotto il ponte di Baracca c’è Mimì che fa la cacca La fa dura, dura ,dura il dottore la misura La misura trentatré, uno, due, tre Pirulì Pirulì piangeva, voleva l’insalata La mamma non l’aveva, Pirulì ,Pirulì piangeva A mezza notte in punto passò un areoplano E sotto c’era scritto: Pirulì, Pirulì sta’ zitto Te Mignulì va’ a tö ‘l vì Te Gaetà va’ a tö ‘l pa’ Te Ernesta fa la minestra Te Maria portela via Te Mignulù marsh in presù Ügì bel, so frédèl Uregina bela, so sorèla Buchina de fra’, campanèl de sunà, din, don Cervèl, canèl, butù, mitraglia, canù Non amarmi, bambina. Oh bambina, non amarmi! 11. Quan’ che venivo giù in bici Quan’ che venivo giù in bici, tu mi dicevo che ero povero, che per andare a morose ci vuole per lo meno la macchina. La macchina io non l’avevo, e a morose c’andavamo solo a piè. Ma non è questione di bici, e neanche questione di macchine. È solo questione d’amore: c’ho la bici con la canna, salta su! Mio papà in bicicletta 12. Non canta morettina (1985) Non canta “Morettina” e non va sull’osteria Non canta “Morettina” e beve poco il vino ma quando che ti parla ti lascia lì di merda e tu capisci tutto anche quello che sai già. Non parla come i libri, però ha studiato molto Ma più che sopra i libri ha studiato di capire che cosa c’è che vale la pena di soffrire, di dire, fare, amare e anche di morire. Quando parla di Dio lo fa con convinzione, forse perché l’ha visto in mezzo alle persone, o forse perché è convinto che tutti quanti in fondo non aspettiamo altro che Dio su questo mondo. E allora lui lo grida e a volte sembra scemo, e di quelli più per bene l’amicizia viene meno. Certo che gli dispiace, però peggio per loro, gettar le perle ai porci non è mica il suo lavoro. Lui di mestiere vive, ma non così per dire (ce n’è di gente al mondo che vive per morire!) Lui non si rassegna, non tira là a campare, e poi gli preme anche di fare un finale. E quando mi diranno: “Il tuo socio ci ha lasciato” Certo che piangerò, ma non da disperato. Non canta “Morettina” e non va sull’osteria ma il mio Signore è buono non lo caccia mica via, non canta “Morettina” e beve poco il vino ma il mio Signore è buono , se lo tiene lì vicino. 13. Ol blus de la grapa Chèsto a l’è ‘l blus de la grapa, La grapa che sa bif a mesdé, E se dopo séna a ta ‘l se gnà te, ol blus co’ la grapa al fa be. Se te ta pias ol blus co’ la grapa, Alura t’an farò fo ‘n bicer, e se ‘l blus co’ la grapa al ta pias del de bù alura t’an farò fo poo du. Du bicer. Medioevo, medioevo, medioevo e poo piö, mediovo, medioevo, medioevo e poo piö. Vandea, Vandea, Vandea e o! Vandea, Vandea, Vandea e o! Chèsto a l’è ‘l blus de la storia, la storia che l’ha screcc la me zet. E se la me zet an sa me e te, la storia ma la scrif töcc i dé. Se te ta pia sol blus co la grapa, la storia ta la cönte sö me. Ma ö bicer per la storia a l’è poc, del de bù. L’è mei che t’an faghe fò du. Du bicer. Trad. Questo è il blues della grappa, la grappa che si beve a mezzogiorno. Ma se dopo cena…non sai neanche tu…il blues con la grappa fa bene. Se a te piace il blues con la grappa, allora te ne verso un bicchiere. E se il blues con la grappa ti piace davvero, allora te ne verso anche due. Due bicchieri. Questo è il blues della storia, la storia che ha scritto la mia gente. E se la mia gente siamo io e te, la storia la scriviamo tutti i giorni. Se a te piace il blues con la grappa, la storia te la racconto io. Ma un bicchiere, per la storia, è poco davvero. È meglio che te ne versi due. Due bicchieri. Sarà che in casa non si guarda altro che tele, sarà che fuori non si guarda altro che tele, sarà che dicono che qui tutto va male, sarà che è vero solo se è scritto sul giornale. 14. La mia gente non c’è più Ma la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente l’hanno fatta su: fin che non tocchi il frigor se ne frega, quando gli tocchi il frigor vota Lega. Ma la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente ci sei solo tu, tu che non vieni a letto quasi più, perché c’è sempre su Costanzo alla TV. (1994) E sono solo come un pirla proprio adesso che ho più bisogno di sapere cosa fare. Con questo figlio che non sa più cosa vuole, gli ho dato tutto, gli ho trovato anche un lavoro. Con questa donna che mi guarda con tristezza, c’ha più neanche la voglia di parlare. Lei fa tutto, come prima, per dovere; ma io la vedo, avrebbe voglia di scappare, E la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente l’hanno fatta su: fin che non tocchi il frigor se ne frega, quando gli tocchi il frigor vota Lega. E la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente ci sei solo tu, tu che non vieni a letto quasi più, perché c’è sempre su qualcosa alla TV. Sarà che a me m’hanno insegnato a lavorare, sarà che a lui – forse - gli insegnano a parlare. Sarà che il mondo non è più uguale, sarà che l’uomo invece è sempre tale e quale. E neanche il prete vuol più dirmi cosa fare: “Tuo figlio è bravo, non ti devi preoccupare, se poi gli capita un rapporto occasionale ormai lo sa come si deve comportare. E la tua donna viene in chiesa, fa del bene. Certo è un po’ triste, ma cosa vuoi a questo mondo, non puoi pretendere, il dovere coniugale… sappiamo tutti che è un bel peso da portare” Ma questo Cristo allora non c’è più? Ma questo Cristo io non lo vedo più. È nato, è morto, ma cos’è venuto a fare? E se è risorto, allora fammelo incontrare! Ma la mia gente non ci crede più A questo Cristo che non vede più, e chi ci crede, crede a un Dio lassù, lassù nei cieli, “il nostro buon Gesù” Ma la mia gente non c’è neanche più, la mia gente ci sei solo tu, tu che non vedi altro che TV, poi vieni a letto,chiudi gli occhi, e mandi giù. 15. Faticammo tutto il giorno L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l compens. L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l compens. Söbet o pör piö tarde, l’è questiù de grasia e de cül. Söbet o pör piö tarde l’è questiù de grasia e de tep. Faticammo tutto il giorno Senza prender mezzo pesce. Ma se Tu dici che ci riesce noi le reti buttiam giù. L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l castic L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l castic Söbet o pör piö tarde, a gh’è mia gnè grasia gnè cül. Söbet o pör piö tarde, l’è questiù apena de tep. L’è bröta la fadiga se ta se mia ‘l perché L’è bröta la fadiga se ta se gna’ ol per chi Forse per i palanche, ma ‘ndome chèle i ta fa pert la resù Forse per la famiglia, ma la fameglia l’è mia sèmpèr assé L’è bèla la fadiga se ta ga se ol perché L’è bèla la fadiga se ta ga se ‘a ‘l per Chi E söbet, o pör piö tarde, ma l’è sigür che ta ria ‘l compens. Söbet o pör piö tarde, l’è questù de grasia e tep Trad.: È bella la fatica, perché poi c’è la ricompensa. Subito oppure più tardi, è questione di grazia o di culo. Subito o più tardi, è questione di grazia e di tempo. È brutta l’accidia, perché poi c’è il castigo. Subito oppure più tardi, non c’è né grazia né culo. Subito oppure più tardi, è solo questione di tempo. È brutta la fatica, se non sai il perché. È brutta la fatica se non sai anche il per Chi. Forse per i soldi. Ma i soldi ti fanno perdere la ragione. Forse per la famiglia. Ma la famiglia non è sempre sufficiente. È bella la fatica se sai il perché, è bella la fatica se sai anche il per Chi. E subito oppure più tardi sei sicuro che ti arriva il compenso, subito oppure più tardi, è questione di grazia e di tempo. 16. Interrog’azione 17. La sésa (2005) So che che varde fo' de la finestra: ö paserì li sgula sö la sésa, la pianta che ò pientat la 'e sö a la svelta ma l'è picena amò per faga 'l ni. I fiur che ò mia pientàt i è 'na belèsa, ma l'erba olta i a sofega zò. E l'ort che ò mia decquat de che 'mpò 'l seca, ma 'l böta fo süchì che l'è 'n piasè. E là, a spus dèla me sésa… De là, forse ergü 'l vegnerà. E là, dé la dèla me sésa… De là, forse l'è za riat. Ghè sö 'l cafè che boi e la minestra Chè ansàt ga l'ò metida det al ca'. A l'è piö bu 'l vi nigher, però in fresca Gh'è semper anche ö liter de chel bianc. 'Ndel frigor gh'è piö post gna per ö persec, la credensa piena tisa de pa' poss. 'Ndomà 'nfarà 'l cunì co' la polenta, stasira pizza e coca come i s-cecc. La giaca, chela bleu, l'è mia stirada, i scarpe i ò löstrade prope ier. I sta be po' i uregì sensa colana, ma col fulàr de sida, chèl liger. A mèsa a me ma pias rià 'n urare A l'è 'l Signur che speta, mia ol preost. Comunque 'l post in cesa mai no 'l cambie: de dré del Coita e 'n banda al Capelèt. La siepe Sono qui che guardo fuori dalla finestra: un passero vola sulla siepe. La pianta che ho piantato vien su alla svelta, ma è ancora piccola per poterci fare il nido; i fiori che non ho piantato sono una bellezza, ma l’erba alta li sta soffocando; l’orto che non ho irrigato tra un po’ secca, ma butta fuori zucchine che è un piacere. E là, nei pressi della mia siepe, da là forse qualcuno verrà; e là, al di là della mia siepe, da là forse è già arrivato. C’è su il caffè che bolle, e la minestra che è avanzata gliel’ho messa dentro al cane. È più buono il vino nero, però in fresca c’è sempre anche un litro di quello bianco. Nel frigor non c’è più posto neanche per una pesca, la credenza è piena zeppa di pane raffermo. Domani faremo il coniglio con la polenta Questa sera pizza e coca, come i bambini. La giacca, quella blu, non è stirata, le scarpe le ho lucidate proprio ieri. Stanno bene anche gli orecchini, senza collana, ma con il foulard di seta, quello leggero. A messa a me piace arrivare in orario: è il Signore che aspetta, non il parroco, e comunque il posto in chiesa non lo cambio:dietro il Coita, vicino al Cappelletti. 18. Madonna dei Campi (2005) Ho messo su la giacchetta e vado fuori in paese. la testa c’ho piena di conti e di spese che sono da fare, però... La testa c’ho piena di conti e di spese… non so proprio come farò. E mi ritrovo nei campi, a piangere lungo una strada che porta a una piccola chiesa, Madonna dei Campi, la chiaman così. Che porta a una piccola chiesa, Madonna dei Campi, si chiama così. Salve Madonna dei Campi, Signora del mio paese tu che hai cambiato la storia dicendo il tuo si Salve Madonna dei Campi, madre che guardi dal cielo, fa che io possa seguirti e dire il mio si. Entro, la chiesa è deserta però ci son tante candele, che dicono quante persone son venute a trovarti, così come me. Che dicono quante persone ti han chiesto una grazia, così come me. Entra una mamma, è distrutta: suo figlio si sta separando. E un padre col figlio che muore non entra neanche, ma guarda da lì, il figlio che tieni per mano che ride e calpesta la bestia con te. Fuori, attaccato al portone, c'è scritto: domani si sposa Maria con Roberto. “Non son del paese!” fa’ la donna che mette su i fior. Maria e Roberto non son del paese, ma prega per il loro amor. E' ora che vada, Madonna, a casa mi aspettan per cena. Ma tu, che di grazia sei piena, continua a pregare tuo Figlio per noi Ma tu, che di grazia sei piena, sostieni la fede che è debole in noi. 19. Chè l che l’è (2001) Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche chèl che ‘ncö ‘s vet mia a l’è mia decc ga saghe mia. Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche chèl che ‘ncö ‘l gh’è mia ön indomani chi lo sa! Se gh’è mia ‘l Sud Africa Gh’è sarà l’America, se gh’è mia l’Afganistan ghe sarà l Kazachistan. Se gh’è nisù a Malibù Gh’è ‘n quai vù però in Perù Se gh’è mia San Salvador Gh’èm di amìs in Ecuador Se gh’è mia ol Mercedes Benz Ghe sarà la Fiat ses-cent, se gh’è mia la ca’ ‘n Sardegna per i feria, a là, ‘n sa ‘nsegna. Se gh’è mia tat de gregnà proa fa ‘n salto zo a Brignà. Se gh’è mia tat de diertis, telefuniga a i amis Se gh’è mia la libertà, l’è ‘l moment de das de fa’, se gh’è mia tanta salute pensa ai grasie ricevute. Se gh’è mia ö ceur de leù Proa a metiga piö passiù Se gh’è piö nigot de fa’, Beh, sa pöl poo domandà! Epilogo: Se, l’è mia tat bel ol nas, però arda che bel cül. Forse ‘l cül a l’è ‘mpo bass, ma arda lè che du bei brass! Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e per mia restà a pè te…partes de chèl che gh’è! Quello che è, quello che è, bisogna partire da quello che c’è e anche quello che oggi non si vede, non è detto che non ci sia. E anche quello che oggi non c’è, domani chi lo sa! Se non c’è il Sudafrica, ci sarà l’America. Se non c’è l’Afghanistan, ci sarà il Kazachistan. Se non c’è nessuno a Malibù, c’è qualcuno però in Perù. Se non c’è San Salvador, abbiamo degli amici in Ecuador. Se non c’è il Mercedes Benz, c’è la Fiat seicento. Se non c’è la casa in sardegna, per le ferie, va là, ci si può ingegnare. Se non c’è molto da ridere, prova fare un salto qui a Brignano. Se non c’è molto da divertirsi, telefona agli amici. Se non c’è la libertà, è il momento di darsi da fare. Se non c’è molta salute, pensa alle grazie che hai ricevute. Se non hai un cuore di leone, prova almeno a metterci più passione. Se non c’è più nulla da fare, beh, si può anche chiedere! Tr e n t ’ a n n i d i c a n z o n i , u n a p r i m a r a c c o l t a . R o b a m i n i m a , m a r o b a c h e c ’ è . Grazie a tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione di questo CD. un grazie particolare a Gabriele,Sergio, Marisa M,Stefano detto Nuccio,Graziano detto Rocco, Edi, Gio, Corrado, Gianni, Massimo, Mauro, Luca, Isidoro. Loro sanno perché. Cesare Aresi Morettina Canzoni di Cesare Aresi arrangiate da Carlo Pastori e Alessandro Calabrese Registrate a Brignano, presso la cascina Colerto, tra aprile e maggio 2006 da Giorgio Reboldi. Grazie ad Agostino Cassani per averci concesso la cascina Prodotto da Carlo Pastori per “Pietre Vive” Realizzazione Grafica: Tipolito CFV - Treviglio