copertina CD Morettina

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copertina CD Morettina
Cesare Aresi
Morettina
Gli amiCDcesare, (quelli che fecero l’impresa):
Carlo Pastori, Fisarmonica,
Keyboard, percussioni, voce.
Alessandro Calabrase,
Chitarra, basso.
Gabriele Allevi,
Chitarra, mandolino, voce.
Elia Pastori,
Percussioni, batteria.
.
Franco “Furbo” Svanoni,
Batteria.
Sergio Moro (Cesta),
Voce, grattugia (guiro),
pane e salame.
Sandro Moretti, Cori,
vino bianco e nero.
Giorgio Reboldi,
Tecnico di registrazione
(basso in La sésa ).
Angela, Maria, Marisa,
Rachele, Maria, Sofia,
Alma, Miriam, (Loro, oltre che
di Anna e Giuditta, le pizze e
le torte salate).
Cesare Aresi
Morettina
dedicato a Marisa
morosa, moglie e musa
Il nostro amico Cèchi, detto Preòst, amava produrre il vino in casa: comprava l’uva, la pigiava, lavorava il mosto e alla fine imbottigliava con l’etichetta: Vino per gli
amici. A volte era quasi imbevibile, ma quell’etichetta e la compagnia di Cechi davano
a quei minuti, trascorsi insieme davanti al bicchiere, un sapore buono. Forse Carlo, che
ha conosciuto insieme me e Cèchi, questo non lo sapeva, quando ha proposto come
etichetta per il mio primo CD: Gli amiCDcesare. E infatti la genesi è la stessa: scritte in
casa e cantate per gli amici, come il vino di Cèchi, non sono tanto buone in sé, ma
prendono sapore nella compagnia che si raduna, quasi sempre, attorno ad una tavola, con i tortelli di Marisa, il salame di Sergio, i dolci di Maria. E come, dopo aver assaggiato una nuova pietanza buona, si chiede al cuoco la ricetta, così questo disco nasce
dalle richieste di alcuni amici ai quali le canzoni sono piaciute: primo fra tutti Gianfranco,
detto Sciope, che me lo chiede da più di vent’anni (ma l’ultima volta l’ha fatto mettendomi al muro: “Quel che ti è dato, non è tuo. Non puoi tenerlo per te”). Da ultimo
Andrea, il figlio del Nembrini, che ha poco più di vent’anni, ma me lo chiede da cinque.
Alla fine sono riuscito a cedere, grazie all’amorosa insistenza di Sergio e Gabriele e alla
fondamentale complicità di Carlo Pastori.
Canzoni che nascono in casa, dicevo, ma a volte anche in bici, come quando, trent’anni fa, andavo a Treviglio anche tre volte al giorno (per un totale di trenta chilometri) per andare a scuola, per andare a morose, per trovare gli amici. Oppure in
macchina, come adesso, che vado a lavorare. Canzoni nate, scritte e cantate per un
popolo. Perché quando le scrivo, o le ho scritte, queste mie canzoni, ho sempre in
mente qualcuno per cui dirle, le cose che dico. E quando le ho cantate, o le canto, è
sempre per qualcuno, perché mi viene chiesto. Sono canzoni d’occasione. E il mio
popolo non è una cosa strana. Io un popolo ce l’ho, mi è stato dato. Anche quando mi
sembra sia sparito, e dico: non c’è più. Un piccolo popolo che canta queste povere
canzoni c’è. Siamo in due o tre, e tutto è in proporzione con il valore che ha quello che
mi capita di fare.
Spesso, io penso, parlo e canto in dialetto. Non il dialetto di quei letterati che
han fatto del vernacolo una vera disciplina. Io sono un po’ indisciplinato, non amo i puristi, i filologi e gli altri specialisti. Della mia rozzezza me ne faccio un vanto. La parola scritta, in questo caso, non è nulla se non è ascoltata. Chiedo ai bergamaschi di città e a
quelli delle valli (ma anche a tutti quelli che stanno giù in pianura al di sopra del fosso
bergamasco) di non avere la puzza sotto il naso se la mia lingua non è pura, come la
loro. La mia è della Gera d’Adda, anzi, di Brignano. Quella terra di cui pochi a Bergamo
sanno l’esistenza, nascosta dalle nebbie che stanno fra Treviglio e Caravaggio, da
sempre terra di confine, che stette per più tempo con Milano, quando Bergamo era
entroterra veneziano. Che ha preti cremonesi, pertiche milanesi (per misurare i suoi
terreni), ma il ceppo, non c’è dubbio, è quello orobico. Agli “italiani” chiedo di leggere le
traduzioni.
Questo CD è il primo, e viene dopo trent’anni. Non ci sono tutte le mie canzoni, e per
questo spero ne possano seguire altri. Ma anche senza CD, pensate, alcune di queste
canzoni sono conosciute e cantate oltreoceano: nella mia America (quella Latina), in
una piccola parrocchia di una piccola città, in uno degli stati più piccoli del Sud America,
c’è un gruppo di amici che le conosce e canta. A loro (che vivono a Portoviejo, in
Ecuadòr, insieme al mio amico Dario Maggi, che là fa il prete) ed ai progetti che intendono attuare è dedicato questo CD. Se poi a qualcuno capitasse di passare da quelle
parti, faccia un salto a vedere la chiesa di questa parrocchia. E’ la chiesa più bella che
mi sia mai capitato di disegnare. Almeno fin che mi capiterà di farne un’altra.
Cesare
Per saperne di più sull’ Ecuador e su quello che stiamo facendo con gli amici di laggiù, potete consultare il sito: www.pietrevive.org dell’associazione Pietre Vive, Francesco e Teresa per l’Ecuador.
1. Novantasei alpini
(perché la vita) a.s. 1975/76
Novantasei alpini senza piuma sul cappello
andarono in montagna per vedere com’è bello
il sole che si alza dalla culla della valle
e ride a crepapelle, sai dirmi tu perché?
Perché la vita è tanto bella
che ti viene da cantare
quando vedi questo sole
che si alza e poi va giù
Un uomo in mezzo al mare remava con piacere
per giungere alla spiaggia e poi poter vedere
il sole che dall’acqua si alza su nei cieli
e fa brillar le onde di splendidi colori
Laggiù nella pianura ormai s’è fatto sera
le case sono buie, la notte è tutta nera
si alzan mille voci di lode al buon Signore
perché anche per oggi c’ha dato il suo sole
2. Il linguaggio analogico
3. Le stelle (1977)
È notte
e nel cielo le stelle
avanzano, avanzano sedute
Öh, ma come fan le stelle
ad avanzar sedute?
E poi, se avanzano
qualcuno le ha avanzate!
Ma chi non mangia stelle
in questo mondo cane?
Un cane, abbastanza bastardo
con un fiocco color peperoncino
ed una pila in bocca a illuminar le stelle…
E le stelle avanzano sedute, non gliene frega niente
del cane minatore!
Ma che fame, Dio che fame!
M’è venuta tanta fame!
Ma cosa c’entra con la canzone? Niente!
Tutto questo è per dirti che ti amo.
E le stelle non c’entrano niente,
son solo di contorno a questa bella luna,
ed il cane è quello di mio padre
che con la pila in bocca mi porta giù le chiavi
perché mio padre, eh si, mi ha chiuso fuori
mentre io ero qui
a cantarti ‘sta canzone.
Ma che fame, Dio che fame!
M’è venuta tanta fame!
Non ho mangiato niente.
Non ho neanche bevuto.
Il tuo amore mi fa dimagrire.
4. Not autobiographic
5. Morettina (1980)
Suonata è mezzanotte
e tutti sono a letto
soltanto un ubriaco
è ancora per la strada
e canta “Morettina
vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
non ti ama neanche Dio”.
Suonate son le sei
si alza il muratore
e prende la giacchetta
e va verso il cantiere
e canta “Morettina
vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
non ti ama neanche Dio”.
Suonato è mezzogiorno
si fermano i lavori
il tempo di mangiare
il tempo di fumare
il tempo di cantare
“vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
non ti ama neanche Dio”.
Suonate son le sei
campane suona a morto
è morta Morettina
lui esce dal cantiere
e piange “Morettina
vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
adesso ti amerà anche Dio”.
6. La linda maripo
(Laggiù nell’Arizona)1989
Laggiù nell’Arizona
fa ‘n colt de la madona
E ‘nvece ‘n Venesuela
l’acqua del mar la péla
Ed ecco un caballero che lindo e fiero por
la ciudad
Se ponde ad un balcone
e una cansione cantando và:
La linda mariposa
ahora dormiendo està
y el suegno de una rosa
le da serenidad.
Ahora mañana y siempre
por siempre junto a ti
mañana ne la iglesia
yo te dirò que si.
Asì canta el caballero, y desda el mund
entero
y en vece de una rosa se busca un bocàl
de pisa.
Ritorna el caballero encassado nero por
la ciudad
y por consolassione una cansone
cantando và:
Esta canssion sinsera
vien da la Cordillera.
Dalle Ande agli Appennini
la cantano i bambini
Io invece te la canto col cuore affranto ma di
passion
E spero che tu appaia felice e gaia d
quel balcon.
7. O Signùr
che éta l’è mai
(1984)
O Signur, che éta l’è mai
esga ‘na famea, ma esga mia i bagai
Esga öna cüa pronta de tant tep
ma esga mia gna ‘n s-cett
de faga durmì det.
Gh’è chi che dis: “Fürtüna!
leà mia sö de nocc, a fa ninà la cüna,
a desfà zo i fagocc”
Ma te t’al se, Signur,
l’è prope mia ise,
ta edet a’ te sta dona
che pians la nocc e ‘l de.
Ma te t’al se, Signur,
l’è prope mia ise,
ta edet a’ te sta dona
che pians la nocc e ‘l de
Oh Signore, ma che vita è mai
avere una famiglia ma non avere figli.
Avere una culla pronta da tanto tempo,
ma non avere un figlio
da farci dormire dentro.
C’è chi dice: “Che fortuna!
Non doversi alzare di notte
a cullare e disfare pannolini!”
Ma tu lo sai, Signore,
che non è proprio così;
la vedi anche tu, questa donna,
che piange notte e giorno.
E tu ti sei stufata e mi hai chiesto di sposarti
Ma la casa e poi il lavoro e poi chissà com’è
Che in primavera le pianta buttano,
poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
È già passato un anno, bell’e fatto il militare
È finita, tutto a posto, eccomi qua.
Ho messo su famiglia e poi c’è un po’
di lavoro
Una volta che c’è il letto e la cucina poi si va.
Passato più di un anno da quando ti ho
sposata
Siamo un gran contenti ma un po’ tristi
quello si
Passato più di un anno e non si vedono i
bambini
Aspettare e non venire è una cosa da morire
Ma in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
8. In primavera (1984)
È già passato un anno che ho piantato la morosa,
l’ho piantata là, nell’orto un anno fa
È già passato un anno e non si vede ancora i
frutti.
Aspettare e non venire è una cosa da morire
Ma in primavera le pianta buttano,
poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi
Passato qualche anno che ci siamo fidanzati
Tanti anni sono tanti anche per te
Però a pensarci bene: non ci fosse da
aspettare,
non ci fosse da sperare in qualche cosa
che poi viene
saremmo bell’e morti e senza più la primavera.
Aspettare e poi venire è una gioia da morire
Che in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
perseci
(trad.: In primavera le piante mettono i germogli poi i
germogli cadono, cadono e crescono le pesche)
9. Aléghèr so (N’ò biit)
N’o biit des calès, ‘i o biicc del bù.
N’o biit des calès, ‘n o biit ase.
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
‘N o biit tri liter, ‘i o biicc del bù.
‘N o biit tri liter, ‘n o biit ase.
N’ o biit de nigher, ‘n o biit de bianc
N’ o biit de bù, ‘n o biit de gram.
Cara la me spusina, dai! Fa mia isé
Anse, tò ö bèl calès, bif ‘npo poo te!
Ne ho bevuti dieci calici,
ne ho bevuto abbastanza,
ne ho bevuti dieci calici,
li ho bevuti davvero.
Sono allegro, allegro, si,
e canto proprio bene.
Ne ho bevuti dieci litri,
ne ho bevuti abbastanza,
ne ho bevuti dieci litri,
li ho bevuti davvero.
Ne ho bevuto di buono,
ne ho bevuto di gramo,
ne ho bevuto di nero,
ne ho bevuto di bianco.
Cara la mia sposina, dai non fare così!
Anzi, toh un bel bicchiere,
bevi un po’ anche tu!
10. Don’ love me baby
(1980)
Don’ love me baby, don’ love me baby
Don’ love me baby, don’ love me baby
Don’ love me baby
Oh baby, baby, baby don’ love me
Sotto la cappa del camino
c’era un vecchio contadino
Che suonava la chitarra,
zim ,zum, zarra
Ambarabà cicci coccò
tre civette sul comò
Che facevano l’amore
con la figlia del dottore
Il dottore si svegliò
ambara bà ciccì coccò
Sotto il ponte di Verona
c’è una vecchia scoresona
Che cuciva le mutande
per non fare il buco grande
Buco grande si allargò
e la vecchia scorerò
Sotto il ponte di Baracca
c’è Mimì che fa la cacca
La fa dura, dura ,dura
il dottore la misura
La misura trentatré,
uno, due, tre
Pirulì Pirulì piangeva,
voleva l’insalata
La mamma non l’aveva,
Pirulì ,Pirulì piangeva
A mezza notte in punto
passò un areoplano
E sotto c’era scritto:
Pirulì, Pirulì
sta’ zitto
Te Mignulì va’ a tö ‘l vì
Te Gaetà va’ a tö ‘l pa’
Te Ernesta fa la minestra
Te Maria portela via
Te Mignulù marsh
in presù
Ügì bel, so frédèl
Uregina bela, so sorèla
Buchina de fra’,
campanèl de sunà,
din, don
Cervèl, canèl, butù,
mitraglia, canù
Non amarmi,
bambina.
Oh bambina,
non amarmi!
11. Quan’ che venivo
giù in bici
Quan’ che venivo giù in bici,
tu mi dicevo che ero povero,
che per andare a morose
ci vuole per lo meno la macchina.
La macchina io non l’avevo,
e a morose c’andavamo solo a piè.
Ma non è questione di bici,
e neanche questione di macchine.
È solo questione d’amore:
c’ho la bici con la canna, salta su!
Mio papà in bicicletta
12. Non canta morettina (1985)
Non canta “Morettina” e non va sull’osteria
Non canta “Morettina” e beve poco il vino
ma quando che ti parla ti lascia lì di merda
e tu capisci tutto anche quello che sai già.
Non parla come i libri, però ha studiato
molto
Ma più che sopra i libri ha studiato di capire
che cosa c’è che vale la pena di soffrire,
di dire, fare, amare e anche di morire.
Quando parla di Dio lo fa con convinzione,
forse perché l’ha visto in mezzo alle
persone,
o forse perché è convinto che tutti quanti
in fondo
non aspettiamo altro che Dio su questo
mondo.
E allora lui lo grida e a volte sembra
scemo,
e di quelli più per bene l’amicizia viene
meno.
Certo che gli dispiace, però peggio per loro,
gettar le perle ai porci non è mica il suo
lavoro.
Lui di mestiere vive, ma non così per dire
(ce n’è di gente al mondo che vive per
morire!)
Lui non si rassegna, non tira là a campare,
e poi gli preme anche di fare un finale.
E quando mi diranno: “Il tuo socio ci ha
lasciato”
Certo che piangerò, ma non da disperato.
Non canta “Morettina” e non va sull’osteria
ma il mio Signore è buono non lo caccia
mica via,
non canta “Morettina” e beve poco il vino
ma il mio Signore è buono , se lo tiene lì
vicino.
13. Ol blus de la grapa
Chèsto a l’è ‘l blus de la grapa,
La grapa che sa bif a mesdé,
E se dopo séna a ta ‘l se gnà te,
ol blus co’ la grapa al fa be.
Se te ta pias ol blus co’ la grapa,
Alura t’an farò fo ‘n bicer,
e se ‘l blus co’ la grapa al ta pias del de bù
alura t’an farò fo poo du.
Du bicer.
Medioevo, medioevo,
medioevo e poo piö,
mediovo, medioevo,
medioevo e poo piö.
Vandea, Vandea,
Vandea e o!
Vandea, Vandea,
Vandea e o!
Chèsto a l’è ‘l blus de la storia,
la storia che l’ha screcc la me zet.
E se la me zet an sa me e te,
la storia ma la scrif töcc i dé.
Se te ta pia sol blus co la grapa,
la storia ta la cönte sö me.
Ma ö bicer per la storia a l’è poc, del de bù.
L’è mei che t’an faghe fò du.
Du bicer.
Trad.
Questo è il blues della grappa, la grappa
che si beve a mezzogiorno. Ma se dopo
cena…non sai neanche tu…il blues con la
grappa fa bene. Se a te piace il blues con
la grappa, allora te ne verso un bicchiere.
E se il blues con la grappa ti piace davvero,
allora te ne verso anche due. Due bicchieri.
Questo è il blues della storia, la storia che
ha scritto la mia gente. E se la mia gente
siamo io e te, la storia la scriviamo tutti i
giorni. Se a te piace il blues con la grappa,
la storia te la racconto io. Ma un bicchiere,
per la storia, è poco davvero. È meglio che
te ne versi due. Due bicchieri.
Sarà che in casa non si guarda altro che tele,
sarà che fuori non si guarda altro che tele,
sarà che dicono che qui tutto va male, sarà
che è vero solo se è scritto sul giornale.
14. La mia gente non c’è più
Ma la mia gente, la mia gente non c’è più, la
mia gente l’hanno fatta su:
fin che non tocchi il frigor se ne frega,
quando gli tocchi il frigor vota Lega.
Ma la mia gente, la mia gente non c’è più, la
mia gente ci sei solo tu,
tu che non vieni a letto quasi più,
perché c’è sempre su Costanzo alla TV.
(1994)
E sono solo come un pirla proprio adesso
che ho più bisogno di sapere cosa fare.
Con questo figlio che non sa più cosa vuole, gli ho
dato tutto, gli ho trovato anche un lavoro.
Con questa donna che mi guarda con tristezza,
c’ha più neanche la voglia di parlare. Lei fa tutto,
come prima, per dovere; ma io la vedo, avrebbe
voglia di scappare,
E la mia gente, la mia gente non c’è più,
la mia gente l’hanno fatta su:
fin che non tocchi il frigor se ne frega,
quando gli tocchi il frigor vota Lega.
E la mia gente, la mia gente non c’è più,
la mia gente ci sei solo tu,
tu che non vieni a letto quasi più,
perché c’è sempre su qualcosa alla TV.
Sarà che a me m’hanno insegnato a lavorare, sarà
che a lui – forse - gli insegnano a parlare. Sarà che
il mondo non è più uguale, sarà che l’uomo invece
è sempre tale e quale.
E neanche il prete vuol più dirmi cosa fare:
“Tuo figlio è bravo, non ti devi preoccupare,
se poi gli capita un rapporto occasionale
ormai lo sa come si deve comportare. E la tua
donna viene in chiesa, fa del bene. Certo è un
po’ triste, ma cosa vuoi a questo mondo, non
puoi pretendere, il dovere coniugale…
sappiamo tutti che è un bel peso da portare”
Ma questo Cristo allora non c’è più?
Ma questo Cristo io non lo vedo più.
È nato, è morto, ma cos’è venuto a fare?
E se è risorto, allora fammelo incontrare!
Ma la mia gente non ci crede più
A questo Cristo che non vede più,
e chi ci crede, crede a un Dio lassù,
lassù nei cieli, “il nostro buon Gesù”
Ma la mia gente non c’è neanche più,
la mia gente ci sei solo tu,
tu che non vedi altro che TV,
poi vieni a letto,chiudi gli occhi,
e mandi giù.
15. Faticammo tutto il giorno
L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l compens.
L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l compens.
Söbet o pör piö tarde,
l’è questiù de grasia e de cül.
Söbet o pör piö tarde
l’è questiù de grasia e de tep.
Faticammo tutto il giorno
Senza prender mezzo pesce.
Ma se Tu dici che ci riesce
noi le reti buttiam giù.
L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l castic
L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l castic
Söbet o pör piö tarde,
a gh’è mia gnè grasia gnè cül.
Söbet o pör piö tarde,
l’è questiù apena de tep.
L’è bröta la fadiga se ta se mia ‘l perché
L’è bröta la fadiga se ta se gna’ ol per chi
Forse per i palanche,
ma ‘ndome chèle i ta fa pert la resù
Forse per la famiglia,
ma la fameglia l’è mia sèmpèr assé
L’è bèla la fadiga se ta ga se ol perché
L’è bèla la fadiga se ta ga se ‘a ‘l per Chi
E söbet, o pör piö tarde,
ma l’è sigür che ta ria ‘l compens.
Söbet o pör piö tarde,
l’è questù de grasia e tep
Trad.:
È bella la fatica, perché poi c’è la ricompensa.
Subito oppure più tardi, è questione di grazia
o di culo. Subito o più tardi, è questione di
grazia e di tempo.
È brutta l’accidia, perché poi c’è il castigo.
Subito oppure più tardi, non c’è né grazia né
culo. Subito oppure più tardi, è solo questione
di tempo.
È brutta la fatica, se non sai il perché.
È brutta la fatica se non sai anche il per Chi.
Forse per i soldi.
Ma i soldi ti fanno perdere la ragione.
Forse per la famiglia. Ma la famiglia non è
sempre sufficiente.
È bella la fatica se sai il perché,
è bella la fatica se sai anche il per Chi.
E subito oppure più tardi sei sicuro
che ti arriva il compenso, subito
oppure più tardi, è questione di grazia
e di tempo.
16. Interrog’azione
17. La sésa (2005)
So che che varde fo' de la finestra:
ö paserì li sgula sö la sésa,
la pianta che ò pientat la 'e sö a la svelta
ma l'è picena amò per faga 'l ni.
I fiur che ò mia pientàt i è 'na belèsa,
ma l'erba olta i a sofega zò.
E l'ort che ò mia decquat de che 'mpò 'l seca,
ma 'l böta fo süchì che l'è 'n piasè.
E là, a spus dèla me sésa…
De là, forse ergü 'l vegnerà.
E là, dé la dèla me sésa…
De là, forse l'è za riat.
Ghè sö 'l cafè che boi e la minestra
Chè ansàt ga l'ò metida det al ca'.
A l'è piö bu 'l vi nigher, però in fresca
Gh'è semper anche ö liter de chel bianc.
'Ndel frigor gh'è piö post gna per ö persec,
la credensa piena tisa de pa' poss.
'Ndomà 'nfarà 'l cunì co' la polenta,
stasira pizza e coca come i s-cecc.
La giaca, chela bleu, l'è mia stirada,
i scarpe i ò löstrade prope ier.
I sta be po' i uregì sensa colana,
ma col fulàr de sida, chèl liger.
A mèsa a me ma pias rià 'n urare
A l'è 'l Signur che speta, mia ol preost.
Comunque 'l post in cesa mai no 'l cambie:
de dré del Coita e 'n banda al Capelèt.
La siepe
Sono qui che guardo fuori dalla finestra:
un passero vola sulla siepe. La pianta
che ho piantato vien su alla svelta, ma è
ancora piccola per poterci fare il nido;
i fiori che non ho piantato sono una
bellezza, ma l’erba alta li sta soffocando;
l’orto che non ho irrigato tra un po’ secca,
ma butta fuori zucchine che è un piacere.
E là, nei pressi della mia siepe,
da là forse qualcuno verrà;
e là, al di là della mia siepe,
da là forse è già arrivato.
C’è su il caffè che bolle,
e la minestra che è avanzata gliel’ho
messa dentro al cane.
È più buono il vino nero, però in fresca c’è
sempre anche un litro di quello bianco.
Nel frigor non c’è più posto neanche per
una pesca, la credenza è piena zeppa di
pane raffermo.
Domani faremo il coniglio con la polenta
Questa sera pizza e coca, come i bambini.
La giacca, quella blu, non è stirata,
le scarpe le ho lucidate proprio ieri.
Stanno bene anche gli orecchini, senza
collana, ma con il foulard di seta, quello
leggero.
A messa a me piace arrivare in orario:
è il Signore che aspetta, non il parroco,
e comunque il posto in chiesa non lo
cambio:dietro il Coita, vicino al
Cappelletti.
18. Madonna dei Campi (2005)
Ho messo su la giacchetta
e vado fuori in paese.
la testa c’ho piena di conti e di spese
che sono da fare, però...
La testa c’ho piena di conti e di spese…
non so proprio come farò.
E mi ritrovo nei campi,
a piangere lungo una strada
che porta a una piccola chiesa,
Madonna dei Campi, la chiaman così.
Che porta a una piccola chiesa,
Madonna dei Campi, si chiama così.
Salve Madonna dei Campi,
Signora del mio paese
tu che hai cambiato la storia
dicendo il tuo si
Salve Madonna dei Campi,
madre che guardi dal cielo,
fa che io possa seguirti e dire il mio si.
Entro, la chiesa è deserta
però ci son tante candele,
che dicono quante persone
son venute a trovarti, così come me.
Che dicono quante persone
ti han chiesto una grazia, così come me.
Entra una mamma, è distrutta:
suo figlio si sta separando.
E un padre col figlio che muore
non entra neanche, ma guarda da lì,
il figlio che tieni per mano
che ride e calpesta la bestia con te.
Fuori, attaccato al portone,
c'è scritto: domani si sposa
Maria con Roberto. “Non son del paese!”
fa’ la donna che mette su i fior.
Maria e Roberto non son del paese,
ma prega per il loro amor.
E' ora che vada, Madonna,
a casa mi aspettan per cena.
Ma tu, che di grazia sei piena,
continua a pregare tuo Figlio per noi
Ma tu, che di grazia sei piena,
sostieni la fede che è debole in noi.
19. Chè l che l’è
(2001)
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche chèl che ‘ncö ‘s vet mia
a l’è mia decc ga saghe mia.
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche chèl che ‘ncö ‘l gh’è mia
ön indomani chi lo sa!
Se gh’è mia ‘l Sud Africa
Gh’è sarà l’America,
se gh’è mia l’Afganistan
ghe sarà l Kazachistan.
Se gh’è nisù a Malibù
Gh’è ‘n quai vù però in Perù
Se gh’è mia San Salvador
Gh’èm di amìs in Ecuador
Se gh’è mia ol Mercedes Benz
Ghe sarà la Fiat ses-cent,
se gh’è mia la ca’ ‘n Sardegna
per i feria, a là, ‘n sa ‘nsegna.
Se gh’è mia tat de gregnà
proa fa ‘n salto zo a Brignà.
Se gh’è mia tat de diertis,
telefuniga a i amis
Se gh’è mia la libertà,
l’è ‘l moment de das de fa’,
se gh’è mia tanta salute
pensa ai grasie ricevute.
Se gh’è mia ö ceur de leù
Proa a metiga piö passiù
Se gh’è piö nigot de fa’,
Beh, sa pöl poo domandà!
Epilogo:
Se, l’è mia tat bel ol nas,
però arda che bel cül.
Forse ‘l cül a l’è ‘mpo bass,
ma arda lè che du bei brass!
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e per mia restà a pè
te…partes de chèl che gh’è!
Quello che è, quello che è,
bisogna partire da quello che c’è
e anche quello che oggi non si vede,
non è detto che non ci sia.
E anche quello che oggi non c’è, domani
chi lo sa!
Se non c’è il Sudafrica, ci sarà l’America.
Se non c’è l’Afghanistan, ci sarà il
Kazachistan. Se non c’è nessuno a Malibù,
c’è qualcuno però in Perù. Se non c’è San
Salvador, abbiamo degli amici
in Ecuador.
Se non c’è il Mercedes Benz, c’è la Fiat
seicento. Se non c’è la casa in sardegna,
per le ferie, va là, ci si può ingegnare.
Se non c’è molto da ridere, prova fare un
salto qui a Brignano. Se non c’è molto
da divertirsi, telefona agli amici.
Se non c’è la libertà, è il momento di darsi
da fare. Se non c’è molta salute, pensa
alle grazie che hai ricevute. Se non hai un
cuore di leone, prova almeno a metterci
più passione. Se non c’è più nulla da fare,
beh, si può anche chiedere!
Tr e n t ’ a n n i d i c a n z o n i , u n a p r i m a r a c c o l t a . R o b a m i n i m a , m a r o b a c h e c ’ è .
Grazie a tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione di questo CD.
un grazie particolare a
Gabriele,Sergio, Marisa M,Stefano detto Nuccio,Graziano detto Rocco,
Edi, Gio, Corrado, Gianni, Massimo, Mauro, Luca, Isidoro.
Loro sanno perché.
Cesare Aresi
Morettina
Canzoni di Cesare Aresi
arrangiate da Carlo Pastori e Alessandro Calabrese
Registrate a Brignano, presso la cascina Colerto,
tra aprile e maggio 2006 da Giorgio Reboldi.
Grazie ad Agostino Cassani per averci concesso la cascina
Prodotto da Carlo Pastori per “Pietre Vive”
Realizzazione Grafica: Tipolito CFV - Treviglio