Scuol@ 2.0: La didattica rovesciata o il “rovescio” - "Ferraris"

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Scuol@ 2.0: La didattica rovesciata o il “rovescio” - "Ferraris"
Graziano Pesce1
Scuol@ 2.0: La didattica rovesciata
o il “rovescio” della didattica?
Imparare ad apprendere nell’era del digitale
“In una classe, l'insegnante si aspetta
di essere ascoltato.
Lo studente pure”.
[Ernest Abbé, Dell’educazione, 1996]
DIGITALE… PURPUREA
Bei tempi a scuola quando il digitale si trovava solo nella poesia “Digitale purpurea” di Pascoli!
Quanti insegnanti condividono questa “freddura”, nel tempo in cui le piattaforme informatiche sono
divenute pervasive e corrosive? In altri termini, quanti docenti oggi sono d’accordo con
l’affermazione icastica di Nicholas Carr secondo cui internet ci rende stupidi? 2 Sì, no, nì. Un po’ per
forza, un po’ perché si deve o piace, il mezzo telematico entra nelle aule scolastiche. Tra mille
distinguo e parziali o finti utilizzi. Insomma la diatriba tra i sostenitori dell’ardesia (con le
stimolanti e nostalgiche “lavagnate” di appunti) e i fanatici dei “tappeti digitali” non ha tregua.
Tutti, anche obtorto collo, prendono atto che la società e le relazioni interpersonali sono mutate
radicalmente con l’introduzione dei supporti informatici. Non si può prescindere dal loro utilizzo
nel mondo di fuori. Dentro alle aule scolastiche invece? Il dibattito ferve a scuola, dove
notoriamente le novità sono lente a digerirsi. È buona cosa che non si accetti l’innovazione
tecnologica, solo perché è una novità. La scuola è un laboratorio di riflessione anche su questo tema
e l’accondiscendenza acritica sarebbe in contraddizione con il suo stesso spirito.
1 Docente di Filosofia e Storia Liceo Scientifico Ferraris, pubblicista, già redattore e collaboratore della rivista di
bioetica KOS.
2 N. Carr, The Glass Cage, Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, tr. it. a cura di S.
Garassini, Cortina editore, coll. Scienza delle idee, 2015.
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Ci sono contributi e prese di posizione a bizzeffe. Le certezze, al proposito, sono invece poche.
Spesso prevalgono i pregiudizi o le esperienze personali legate ad un passato fatto di quaderni,
matite e pastelli colorati.
IL PIANO NAZIONALE PER LA SCUOLA DIGITALE (PNSD)
La strada ormai intrapresa dal cosiddetto web 2.0 del Piano Nazionale per la scuola digitale
(PNSD), che prevede una capillare e pervasiva introduzione di sistemi informatico-telematici per
l’apprendimento, implicherà necessariamente una sostanziale riorganizzazione dell’attività
didattica, degli orari di lavoro dei docenti, dei tempi-scuola3. Quindi riguarderà tutti, volenti o
nolenti. Non si tratta, dunque, di un qualcosa che si aggiunge come opportunità, ma di un radicale
ripensamento dello stare a scuola, sia come studenti che come docenti. Le scelte che saranno
operate decideranno, in ultima analisi, dello scopo stesso della funzione educativa e formativa della
scuola del futuro. Flessibilità e personalizzazione sono i “mantra” dei promotori della nuova scuola
digitale. La stessa funzione del docente subirà, e in molti contesti ha già subito, un mutamento
irreversibile e profondo. La scuol@ 2.0 è concepita come una “rete cittadina”, in cui si
interrelazionano “dirigenza, supporti tecnologici, decisori politici, insegnanti, comunità, studenti”.
SCUOL@ 2.0: UNA “RIVOLUZIONE COPERNICANA”
Digitalizzare la scuola non implica semplicemente fornire un PC o un tablet a tutti i docenti e a
tutti gli studenti. L’intera attività didattica va riprogettata in funzione delle nuove tecnologie e delle
costanti innovazioni. Tutti i processi organizzativi dell’istituzione scolastica sono da ridisegnare
radicalmente con investimenti finanziari considerevoli. Una possibile soluzione è quella della
gestione in rete di più scuole connesse. In tal modo si abbattono i costi, anche se crescono le
necessarie interrelazioni tra tutti i soggetti interessati 4.
L’obiettivo è quello di far sì che gli studenti diventino “attivi creatori di servizi”, secondo
l’espressione riproposta da D. Barca 5.
Il progetto è inizialmente pensato per la scuola primaria e, pertanto, pone le basi per la scuola del
futuro, superiori comprese6. Questo è vero anche se in Italia già diversi istituti superiori e licei
hanno aderito al progetto.
3 All’indirizzo https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=zU37cEHEo2F4.kXnqkHDHgr9k si trovano tutte le
scuole italiane che sono individuate come “Poli animatori digitali” e “Snodi animatori digitali”.
4 Un caso interessante è quello del comprensivo.net di Mantova che consente un lavoro didatico sempre interconnesso
tra ben 39 istituti. Per saperne di più si veda A. Rubinacci “Dossier tecnologie”, in “Tuttoscuola”, n. 540, reperibile
all’indirizzo http://win.iisteramo.gov.it/NEWS/Scuola_2.0/Dossier%20tecnologie.pdf
5 Daniele Barca è il Dirigente dell’Ufficio innovazione digitale del MIUR. Ampi riferimenti agli scritti del Dirigente
responsabile si trovano, come è ovvio, in rete. Di utile lettura è “Pensare la scuola 2.0”, reperibile all’indirizzo
http://www.scribd.com/doc/73749649/D-Barca-Pensare-La-Scuola-2-0-RDI-1-2-2010-2011
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In modo significativo i responsabili del MIUR pongono come ex ergo una frase di Loris
Malaguzzi, ben noto per il suo straordinario contributo alla pedagogia e alla didattica per
l’infanzia7. Lo specialista, dopo anni dedicati all’osservazione dei bambini nei loro processi di
apprendimento ha combattuto con caparbietà contro quella che egli definiva “la pseudocultura
della testa-container”. L’indicazione vale per gli scolari che, a breve studenti della secondaria
superiore, saranno preparati e predisposti ad un certo tipo di apprendimento e che, quindi, non
potranno più essere guidati verso un’acculturazione di stampo tradizionale. Il risultato sarebbero
fallimenti e frustrazioni a non finire.
AULA-ATELIER, “SPAZIO COLLETTIVO”
L’orientamento generale, che si ispira a Malaguzzi, va nella direzione di un superamento dei
programmi e dei contenuti delle diverse discipline. Anzi, le materie passano decisamente in secondo
piano a vantaggio di una trasversalità culturale che aborre ogni forma di settorialità. Nello specifico
il documento del Ministero parla di classi come “Atelier creativi e laboratori per le competenze
chiave”. Il linguaggio utilizzato dal Ministero, che pure dovrebbe mantenere una certa forma,
tradizionalmente ispirata al burocratichese, scende oggi sul piano del gergale da addetto
informatico, introducendo termini come “azione #7”, apps, scuol@ 2.0, il tutto lardellato con gli
immancabili thinkering zone, Fab Lab, coworking e con l’indispensabile supporto del “tappeto
digitale”8.
Riporto pedissequamente una frase del Ministero (controllare per credere) che intende illustrare
l’ambiente nel quale opererà l’insegnante: “Scenari didattici costruiti attorno a robotica ed
elettronica educativa, logica e pensiero computazionale, artefatti manuali e digitali, serious play e
storytelling troveranno la loro sede naturale in questi spazi in un’ottica di costruzione di
apprendimenti trasversali (con investimento medio di circa 15mila euro per istituto tra il 2014 e il
2020)”9. L’obiettivo, come si legge sempre nello stesso documento, è quello di “riportare a scuola
il fascino dell’artigianato, del maker e dello sperimentatore, attraverso lo sviluppo negli alunni
6 Per comprendere l’orientamento del PNSD, si veda il sito del ministero dell’Istruzione che dedica importanti
riferimenti a tale vasto progetto. Il link di riferimento è “Scuola digitale”. .
7 L. Malaguzzi (1920-1944), medaglia d’oro conferita dal Presidente della Repubblica C. Azeglio Ciampi alla memoria
nel 2001 per «merito della scuola, della cultura e dell'arte”. La frase ex ergo è: L’Atelier (…) ha prodotto un’irruzione
eversiva, una complicazione e una strumentazione in più, capaci di fornire ricchezze di possibilità combinatorie e
creative tra i linguaggi e le intelligenze non verbali dei bambini, difendendoci non solo dalle logorree (…) ma da quella
pseudocultura della testa-container che (…) è il modello che dà al tempo stesso la maggiore impressione di progresso
culturale e la maggior depressione dal punto di vista dell’aumento effettivo della conoscenza”. Annoto con rispetto che
gli specialisti del Ministero dell’Istruzione per l’ex-ergo sono ricorsi ad un “copia e incolla” dal sito del pedagogista
Malaguzzi (www.reggiochildren.it). D’altronde, leggere per intero i libri degli Autori per trarre altre informazioni o
citazioni, sarebbe pedante anche per gli studiosi. Meglio il multitasking che è più easy…
8 Per quei docenti che non lo sapessero, il “tappeto digitale” è l’insieme di tutti quei supporti indispensabili per la
connessione (banda larga, reti locali, devices, e via elencando).
9 “Atelier creativi e laboratori per le competenze chiave”, è il documento disponibile sul sito del MIUR,
www.istruzione.it, link “La scuola digitale”.
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della consapevolezza che gli oggetti si possono creare e progettare… creare laboratori che
consentano la produzione di video, di apps e giochi, di arte e musica digitale”.
Il PNSD prevede il coinvolgimento dell’intero istituto, che si trasforma in vista in una radicale
trasformazione del fare scuola. Laddove già attuato, l’ambiente di apprendimento, che non è più
esclusivamente l’aula, ma è appunto l’istituto nella sua complessità, è in funzione dello studente che
diviene centrale e apprende secondo modelli cooperativi e itineranti. La scuol@ 2.0 è uno spazio
collettivo che garantisce e si attua in dimensioni formative personalizzate e progettate da studenti e
docenti che cooperano all’obiettivo comune. Il tutto è possibile solo grazie al coinvolgimento di
imprese e organizzazioni nazionali e internazionali10. L’idea guida è la seguente: la scuola non è più
trasmissione di un sapere che viene “inoculato” nello studente, ma è lo studente stesso che diviene
protagonista, insieme con i docenti, nella produzione del proprio sapere attraverso il supporto dei
più avanzati supporti telematici.
Le cosiddette lezioni “frontali” lasciano quasi del tutto il posto ai lavori di gruppo, alla
costruzione di progetti (project based learning), alla scrittura collaborativa, al problem solving, agli
approfondimenti in team, realizzati dagli studenti. Questi ultimi opportunamente coordinati dai
docenti, lavorano in rete, utilizzano banche dati realizzate da altri studenti, costruiscono prodotti
digitali per la fruizione di altri compagni, secondo esigenze preventivamente individuate. Ogni
attività, ogni documento elaborato va su cloud, costituendosi così un sempre più vasto archivio da
cui attingere per nuove ricerche ed approfondimenti. Il cloud e le piattaforme, che costituiscono la
cosiddetta “classe virtuale”, consentono l’invio di compiti da svolgere a casa, di materiale didattico
o informativo che gli insegnanti ritengono utile per un determinato approfondimento. In altri
termini, si tratta di “decostruire” la lezione tradizionale e i contenuti delle diverse discipline,
facendoli attivamente rielaborare dagli studenti che lavorano su indicazione del docente e a partire
da materiali didattici che l’interattività informatica mette a disposizione. Una tale riorganizzazione
didattica comporta necessariamente, come detto, il ripensamento profondo del tempo-scuola e degli
spazi.
NIENTE PROGRAMMI, TANTA PROGRAMMAZIONE
L’attività didattica non si rinserra più nel tempo scolastico. La lezione frontale è sempre stata
concepita sulla base di una frammentazione temporale, su una scansione che prevedeva l’alternarsi
di differenti materie e spiegazioni nel corso della mattinata. La scuol@ 2.0 si imposta sulla base di
moduli di approfondimento che implicano un pluralismo di saperi e una costante interdisciplinarità.
L’obiettivo è quello di superare la settorialità. La programmazione tra docenti, tutor e “animatori
digitali” diviene essenziale. Si realizza una continua collaborazione e interrelazione non solo con i
docenti dell’istituto, ma eventualmente anche con esperti esterni che possono essere contattati per
chiarimenti o approfondimenti specialistici, attraverso il sistema delle video-conferenze. Non è più
un’istituzione in cui l’insegnante trasmette un sapere codificato ad uno studente che deve
10 L’intero documento è in “Presidenza Consiglio dei Ministri – Piano nazionale scuola digitale in AGENDA
DIGITALE (sic).
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apprendere nozioni. Il lavoro collaborativo comporta un effettivo arricchimento reciproco, grazie a
supporti che possono provenire anche dall’esterno. Risulta in tal modo ribaltata la concezione di
una cultura trasmessa in termini di linearità e consequenzialità, secondo quello che era giudicato un
modello di scuola “monopolistica” e “codificata”. I propugnatori della scuol@ 2.0 sostengono che il
processo formativo su base tecnologica dilata i saperi, favorendo l’espressione di intelligenze
“divergenti” e, quindi, più adattabili ad un contesto in continua trasformazione.
OLTRE LE MURA SCOLASTICHE
Pertanto il tempo-scuola risulta decisamente dilatato oltre le ore trascorse a scuola. Si prevede,
infatti, un lavoro anche domestico, attraverso i supporti della “classe virtuale” che mantiene il
collegamento tra studenti e con gli insegnanti anche nelle ore extracurriculari. Non si scandisce più
la tradizionale mattinata con il suono della campanella che segna il cambio di lezione. Quest’ultimo
aspetto, seppure apparentemente banale, segna una profonda differenza nell’approccio all’attività
didattica. Lo studente non dovrebbe più attendere, un po’ annoiato e con impazienza, la fine della
lezione. Il lavoro didattico si sviluppa secondo progettazioni che non hanno ristrette definizioni
cronologiche, come avviene per la lezione usuale. La “lezione” (se può ancora essere così definita)
si struttura secondo una modularità che non scandisce e frammenta l’attività di apprendimento. In
qualche istituto si sono già da tempo avviate, addirittura, sperimentazioni di cosiddetta “scuola
aumentata”, utilizzando le tecnologie che mette a disposizione il sistema del Google glass, in modo
da disporre sempre e subito di tutte le informazioni utili, con l’intento di creare anche ambienti che
coinvolgano tutti i sensi (ovviamente soprattutto nelle scuole primarie).
Mutano radicalmente anche gli spazi e l’organizzazione prevede ambienti decisamente
impensabili per una scuola del passato. La classe tradizionale lascia il posto a “stanze flessibili
multifunzionali “ dai colori quanto più possibili armoniosi e rilassanti. Le sedie sono dotate di
rotelle per spostamenti e i tavoli-banchi sono variamente ricomponibili per favorire i lavori di
gruppo più o meno numerosi. Alunni e docenti si spostano da una stanza all’altra e,
tendenzialmente, un insegnante fa riferimento ad un’aula personale che viene raggiunta, di volta in
volta, dagli studenti che debbono svolgere una determinata attività. Ovviamente anche gli
insegnanti si trasferiscono, a seconda delle esigenze, da un’aula all’altra.
LE AVANGUARDIE EDUCATIVE
In questa direzione si muovono ormai da tempo Indire e soprattutto le Avanguardie educative che
hanno redatto nel 2005 un vero e proprio Manifesto 11. Il programma va nella direzione di un
rinnovamento radicale della scuola. La lezione frontale è considerata ”anacronistica”, perché del
11 Il Manifesto delle Avanguardie educative che sono espressione di Indire (vedi nota precedente) è reperibile
all’indirizzo http://avanguardieeducative.indire.it/wp-content/uploads/2014/10/Manifesto-AE.pdf. Il movimento è sorto
nel 2014 dall’iniziativa di Indire e di 22 scuole che hanno iniziato un percorso di innovazione radicale che si articola in
7 punti chiave. Attualmente le scuole aderenti in Italia sono 415. Su Indire, vedi la nota n. 17.
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tutto inefficace per affrontare le nuove generazioni di studenti “nativi digitali”. Il “fare scuola”
nasce da “idee” che sono discusse da tutti gli aderenti. L’insegnamento cattedratico lascia il posto a
“esperienze laboratoriali, esperimenti hands-on, giochi didattici”. Tecnologie e linguaggi digitali
sono il cuore del nuovo apprendimento, basato su cloud, mondi virtuali, Internet of Things. Le
scuole debbono essere interconnesse tra di loro e con luoghi di lavoro che offrano l’opportunità di
acquisire competenze. Si propugna il superamento del concetto stesso di “calendario scolastico”,
orario delle lezioni e parcellizzazione delle discipline. Saperi della scuola e della società debbono
essere riconnessi in sinergia con le richieste del territorio. L’insegnante è “regista di modelli di
didattica attiva”. Le metodologie, attuate in spazi altamente flessibili, in Flipped classroom,
didattica per scenari dentro/fuori la scuola, Debate (argomentare e dibattere), spaced learning
(apprendimento intervallato).
LA “DIDATTICA ROVESCIATA”
Una metodologia che trova ormai un ampio riscontro, inizialmente soprattutto negli Stati Uniti
ma oggi anche in scuole italiane, è il cosiddetto flipped teaching, la “lezione capovolta”12. È una
metodologia blended, ma non richiede tecnologie particolarmente complesse13. La classe “virtuale”
diventa indispensabile, in quanto è necessario anche un forum per un contatto anche tra studenti,
oltre che con l’insegnante.
Si tratta di una metodologia che “rovescia” l’approprio tradizionale. Il docente non trasmette più
un suo sapere codificato intorno ad un contenuto del programma. Al contrario, l’insegnante
selezione una significativa quantità di documenti su una tematica prescelta (video, film, fotografie,
immagini, file musicali, articoli o scritti in forma digitale, tabelle, statistiche, ecc.). Appositi
programmi gestiscono i files che vengono condivisi su cloud. Gli alunni debbono visionare e
analizzare il materiale a casa, cominciandone a cogliere gli aspetti più significativi, sui quali
costruire poi mappe concettuali, schemi, appunti. Secondo i propugnatori di tale metodo, vi
sarebbero alcuni vantaggi in termini di apprendimento. Lo studente non è costretto a prendere
appunti forsennatamente, seguendo quello che spiega il docente. L’acquisizione degli argomenti
avviene in modo graduale e secondo i tempi dello studente. Inoltre, il lavoro preliminare a casa,
consente allo studente di scegliere propri percorsi che non seguono una linearità codificata
dall’insegnante. Il metodo prevede anche una compartecipazione tramite forum che coinvolge il
docente e gli studenti al di fuori dei tempi scolastici. Un tale tipo di attività favorirebbe una
partecipazione attiva e creativa da parte dello studente che può prepararsi secondo una propria
organizzazione metodologica. In classe sarà poi possibile chiarire le tematiche, fare riferimenti,
ampliare e discutere tra studenti e con l’insegnante. La lezione frontale dovrebbe così risultare
12 Per approfondire questa metodologia, che è possibile applicare senza particolari complicazioni, si consiglia la lettura
dell’ebook, scaricabile gratuitamente, di E. Modica, dal titolo “Flipped classroom. La lezione capovolta, OrizzonteScuola, reperibile all’indirizzo banner.orizzontescuola.it/insegnamento_capovolto.pdf
13 Con il termine blended, ci si riferisce ad ogni tipo di e-learning, vale a dire ad ogni forma di apprendimento che
avviene tramite l’uso di internet e del personal computer. Naturalmente si prevede anche un’interrelazione con il
docente. Con il termine flipped classroom ci si riferisce, invece, alle classi capovolte.
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superata o ridotta all’essenziale. Al contrario, sono attivi gli studenti che possono porre domande,
affrontare gli argomenti da diversi punti di vista, cercare soluzioni condivise.
Al termine dello sviluppo del modulo di apprendimento, si potrebbe poi richiedere agli studenti
di costruire un book trailer o anche di elaborare fumetti o poster digitali 14. L’uso di questi
programmi può ampliare in modo considerevole la creatività degli studenti che possono rielaborare
qualunque argomento, sia esso di contenuto umanistico che scientifico, secondo prospettive sempre
nuove e del tutto personali.
Una tale metodologia richiede, naturalmente, un notevole lavoro organizzativo da parte del
docente che deve accuratamente selezionare i materiali più idonei per affrontare l’argomento da
diversi punti di vista15. Problema: come valutare un’attività didattica così articolata e poco
definibile? Esistono programmi on line che consentono di costruire griglie di valutazione (chiamate
in gergo “rubric”) che tengano conto delle più svariate competenze che lo studente ha dimostrato16.
UNA GIORNATA TIPO NELLA SCUOLA-ATELIER
Possiamo così simulare un giornata “scolastica”, rimanendo ben chiaro che non esistono ricette
preconfezionate, ma solo orientamenti suscettibili di continui perfezionamenti.
Ricapitoliamo. I programmi tradizionali predefiniti non sono vincolanti. Il sapere “trasmissivo” è
superato così come le lezioni ex cathedra. Le classi sussistono formalmente, ma di fatto gli alunni si
spostano in funzione delle diverse attività da un’aula 3.0 ad un’altra. La campanella non suona al
cambio dell’ora, ma l’attività si svolge senza soluzione di continuità (salvo alcuni intervalli
previsti).
Rimane inteso che lo stesso Esame di Stato sarà abolito o totalmente riformulato per rispondere
al nuovo tipo di preparazione per competenze.
I docenti dell’Istituto, in seguito ad una serie di incontri per la programmazione del lavoro,
decidono di far sviluppare agli studenti coinvolti un ampio modulo sui problemi e le tematiche di
argomento ambientale. Il modulo può essere affrontato da molti punti di vista e secondo le
14 Esiste una serie di software che consentono di costruire le cosiddette “narrazioni digitali”: Zooburst, Toondoo,
Glogster, Prezi. Sono tutti programmi che permettono di elaborare fumetti, poster con video e file musicali o
presentazioni non lineari.
15 Ovviamente metodologie di questo tipo implicano la partecipazione dell’insegnante a corsi di formazione e dovrebbero, contestualmente prevedere compensi stipendiali commisurati. Su questi aspetti è molto la vivace la discussione tra
gli interessati e le organizzazioni sindacali.
16 Una vera curiosità si trova all’indirizzo: http://www.lepidascuola.org/wp-content/uploads/2014/02/Rubistar-ForTeachers-per-realizzare-le-rubric-di-valutazione-1.pdf. Vi si spiega come predisporre tutti i descrittori che vengono
automaticamente elaborati e che consentono non solo la valutazione, ma anche l’autovalutazione degli studenti stessi.
Un altro sito per creare tabelle di valutazione è RUBISTAR. E’ ormai impressionante la disponibilità di siti e programmi utili, anche gratuiti, per lavori didattici di questo tipo. Si veda anche https://contenitoriweb.wikispaces.com. Sono siti
vivamente sconsigliati agli insegnanti tradizionali!
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prospettive delle diverse materie. Per questo i docenti delle diverse discipline cooperano per la
definizione delle aree tematiche: gli aspetti scientifici del problema (scienze, fisica), statistiche e
dati (matematica), trattazioni e opere letterarie o artistiche (Italiano, Storia dell’Arte), i contributi
attuali della filosofia, i fattori storici ed economici, le implicazioni sanitarie o di carattere
preventivo (Scienze motorie). Gli elaborati o parti di essi dovranno essere scritti in lingua straniera.
Gruppi di studenti lavorano su materiali relativi ad un aspetto, altri si impegnano nel reperimento di
dati inerenti un altro ambito. Ovviamente la raccolta dei dati, delle tabelle, delle statistiche, dei
documenti sarà realizzata attraverso tutti i supporti digitali disponibili, dalla rete, da video, da libri
cartacei, da DVD o da quanto possa costituire una fonte pertinente. I docenti avranno
precedentemente fornito i riferimenti fondamentali utili per le diverse discipline e, nel contempo,
proporranno materiali digitali o indirizzi di siti utili. Seguiranno brevi spiegazioni sul lavoro da
svolgere o anche sugli argomenti da trattare. Gli studenti operano in gruppo e alcuni di loro sono i
responsabili del progetto di una certa “isola” (così si chiamano, in gergo, i gruppi). Si tratta di
visionare video, leggere documenti, costruire mappe concettuali con l’ausilio di appositi software.
Inoltre si consultano i siti di riferimento, si sintetizzano i dati raccolti, si individuano i contenuti di
maggiore rilievo. Le aule sono animate da studenti che passano liberamente da una stanza
polifunzionale ad un’altra, si connettono con i propri tablet o con i Pc alla rete, scrivono testi,
elaborano statistiche e tabelle, visionano video. I docenti delle diverse discipline li seguono,
garantiscono il loro supporto, danno indicazioni. Svolgono, in definitiva, il ruolo di “registi” e
supervisori”. Ogni docente coadiuverà i gruppi di lavoro in rapporto alla propria disciplina e,
quindi, tutti gli insegnanti lavoreranno con gli studenti in sinergia. Al termine della raccolta,
selezione ed elaborazione dei dati, i materiali saranno poi riordinati e editati su video, DVD o altro,
in forma di documentario, fumetto o altre espressioni della creatività che i programmi informatici
permettono. In ultimo, gli studenti si alterneranno e presenteranno i lavori agli altri studenti,
utilizzando i prodotti digitali confezionati. I lavori si realizzeranno nel corso di più mattinate e nel
corso del pomeriggio sarà possibile a casa continuare il lavoro, scambiare idee e opinioni sul forum
appositamente predisposto.
Un tale tipo di lavoro si può realizzare su moduli relativi ad ogni tematica; dall’arte alla
letteratura, dalla storia alle scienze. I propugnatori di questi metodi non mancano di notare che è
sempre possibile e auspicabile anche l’uso di testi cartacei. Sì, ma fino a quando? E poi: davvero le
competenze acquisite permetteranno di condurre analisi accurate e approfondite dei testi e degli
autori. In altri termini, tra qualche anno, quando questi metodi fossero diffusi capillarmente, si
studieranno ancora Dante o Kant con la dovuta dedizione e compiutezza? O se li si studierà, quali
approcci saranno favoriti e insegnati?
Un tale tipo di “scuola” esce quasi totalmente dagli schemi dell’insegnamento tradizionale.
Implica un importante lavoro organizzativo, nuovi modi di collaborare, innovative forme di
valutazione, decisamente più orientate alle competenze che non alle conoscenze. Certo anche le
conoscenze hanno rilevanza. Si acquisiscono progressivamente lavorando sui materiali e a contatto
con gli insegnanti che “trasmettono” quelle conoscenze che sono di volta in volta necessarie agli
approfondimenti. Le competenze richieste sono molte, sia dal punto di vista informatico che anche
culturale in senso ampio. Oltre ad imparare “sul campo” le tecniche dell’informatica, si acquisisce
la capacità di interpretare dati, testi, tabelle, immagini e quant’altro. I contenuti sono appresi
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attraverso un lavoro creativo e questo processo, secondo quando emerge da ricerche
neuroscientifiche, garantirebbe una conoscenza più stabile e consapevole, rispetto al passivo
“prendere appunti”.
FORMARE GLI INSEGNANTI “REGISTI”
Proliferano i corsi di formazione per preparare l’insegnante, che assume un funzione di
coordinatore dei lavori, di riferimento per attività che sono realizzate innanzitutto dagli studenti. Se
si leggono le proposte o anche solo gli argomenti che costituiscono il cuore della formazione dei
docenti dell’era digitale, ci si rende conto di quanto si sia ormai lontani dal tradizionale modo di
stare in classe. I termini in inglese predominano, dato che le nuove metodologie sono di origine
anglosassone.
Si parla di e-tivity (per un apprendimento molto attivo tramite forum e altro), di contenuti VLE,
ebook e apps. I docenti sono invitati ad apprendere le tecniche relative al “field trip su contenuti
free”. L’insegnante digitale non potrà non conoscere il multimedia learning, l’infografica e gli
strumenti di authoring digitale, e-moderation 2.0. Per la valutazione, possiamo rivolgerci agli
esperti che ci aiutano con un corso dal titolo: ”valutazione con gli EAS: embedded assessment e eportfolio17. Tutti gli insegnanti che si sentissero motivati rispetto alla scuol@ 2.0 possono diventare
etwinners¸ entrando a far parte di una comunità virtuale, fortemente voluta dalla Commissione
Europea e che favorisce ogni forma di contatto tra docenti europei che intendono usare in modo
davvero pervasivo le tecnologie (ICT). Noto che non si tratta di iniziative di qualche fanatico
dell’informatica, ma che vi sono indicazioni chiare sia a livello ministeriale che da parte delle
massime istituzioni europee preposte.
Esistono ormai corsi di formazione per chi intende approntare le nuove aule adatte ad un tale
approccio didattico e si parla ormai di classe 3.0 18. Pare di trovarsi più un’azienda di moderna
concezione che non in una scuola.
Certamente si può facilmente ironizzare sul tipo di apprendimento che tali tecniche possono
garantire, ma nel contempo occorre prendere atto che il processo è avviato da tempo in modo
sistematico e, secondo molti, irreversibile.
17 Non mi dilungo sui contenuti dei corsi di formazione che, peraltro, si ritrovano a iosa anche sui sitianche ufficiali
come quelli dell’Ufficio scolastico per la Lombardia (http://www.istruzione.lombardia.gov.it/protlo3812_13/ ).
18 Corsi specifici sul tema sono ad esempio organizzati dal già citato Indire che promuove in tutti i modi l’innovazione
didattica. Si veda www.indire.it. Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) risale
al 1925 ed è il più antico ente di ricerca del Ministero dell’Istruzione. Si occupa di formazione e sviluppa i nuovi
modelli didattici, soprattutto in relazione alle nuove tecnologie.
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IL PROTAGONISTA DELLA SCUOL@ 2.0: LO STUDENTE
La scuola telematica trova ormai importanti riferimenti nella rete, come le è congeniale. Tra i
tanti siti e le varie proposte, un orientamento di sicuro interesse è la didattica proposta dalla prof.ssa
Dianora Bardi, docente di notevole esperienza e soprattutto di marcata propensione
all’insegnamento fondato sulle nuove tecnologie19.
Si parla di apprendimento delle competenze con classi aperte, interconnesioni continue tramite
“cloud”, eliminazione dei banchi e delle sedie dagli spazi-aule “polifunzionali”, poiché debbono
essere gli stessi studenti ad organizzare gli spazi in funzione delle diverse attività. Si deve creare un
ambiente simile a quello familiare, in cui tutti i supporti possono essere liberamente utilizzati.
Questo vale anche per i libri cartacei che, secondo Bardi, non debbono essere eliminati. In ultimo
prevale la centralità dello studente. Interessante notare che, ad esempio, la valutazione sarà una
auto-valutazione progressiva dello studente stesso che monitora anche i progressi fatti e, inoltre si
sottopone ad un monitoraggio anche esterno. Il tutto è registrato in un e-portfolio che registra anche
ogni tipo di attività svolta. È una scuola che si basa interamente su progetti, atelier, stages, uscite sul
territorio, sempre con un rapporto molto continuativo con i supporti tecnologici. Bardi insiste sul
fatto che è ormai ben chiaro che la semplice introduzione di mezzi tecnologici con un uso passivo
da parte degli studenti, non implica un miglioramento dell’apprendimento. Quest’ultimo è possibile
solo a patto di rivoluzionare la didattica a cominciare da un mettersi in gioco radicale dei docenti.
Occorre superare la barriera tra attività didattica in classe e a casa, tramite un’intenso sfruttamento
degli ambienti virtuali. Una tale didattica può essere, secondo Bardi, perfettamente integrata allo
studio dei classici e dei saperi tradizionali, anche con l’uso di libri cartacei, a patto che ciò non
avvenga prevalentemente più secondo il modello della lezione frontale. Occorre sperimentare nuove
strade a partire dall’uso attivo delle tecnologie e nel rispetto basilare della centralità dello studente.
NEOUMANESIMO O ANALFABETISMO DI RITORNO?
In questo senso il documento ministeriale che è alla base della Scuol@ 2.0, fa esplicitamente
riferimento al “nuovo umanesimo”, che, da quanto si evince, consiste nel prendere coscienza della
inevitabile convivenza con il mezzo tecnologico. Non si darà in futuro una formazione culturale al
di fuori di un rapporto continuo e diretto con le tecnologie informatiche.
Molti insegnanti inorridiscono di fronte ad una tale definizione e non concordano sul
l’importanza e la validità della didattica proposta dalla scuola digitale. Ma quale didattica
rovesciata: questo è il “rovescio” (nel senso di “catastrofe”) della didattica!
Ce n’è abbastanza per far saltare sulla sedia della cattedra l’accigliato insegnante, non più
giovane e incapace di adeguarsi: si sente all’angolo, defraudato, quasi ridicolizzato nella sua
19 Dianora Bardi, oltre ad essere docente di Lettere, è formatrice a livello nazionale ed ha studiato a lungo tutte le
implicazioni della scuola digitale del futuro. Ha, quindi, elaborato un vero e proprio metodo Bardi. All’indirizzo
www.imparadigitale.it si trovano ampi riferimenti al metodo, alla necessità di ristrutturare completamente le classi e alla
formazione dei docenti.
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incrollabile fede nei valori della cultura e del sapere tradizionale. Non sa nemmeno il professore che
il must (l’inglese è d’obbligo) nelle classi è BYOD (acronimo che sta per “bring your own device”):
ciascuno studente dovrà avere sempre con sè i propri terminali telematici per essere iperconnesso.
In una recente trasmissione di Rai 5 si assiste ad uno “scontro” piuttosto acceso tra Dianora
Bardi, di cui sopra, e Adolfo Scotto di Luzio, studioso di storia della didattica e della scuola italiana,
deciso propugnatore di una cultura classica, tutta fondata sulla tradizionale lezione “ex cathedra”20.
Il dibattito, moderato dal filosofo Maurizio Ferraris, è ricco di spunti e mostra quanto lontani siano i
punti di vista e i modelli didattici proposti. Scotto di Luzio valorizza i punti di forza della scuola
tradizionale, della lezione ex cathedra. Riferendosi alla storia dell’istituzione scolastica, egli nota
come la didattica, fin dall’800, non abbia mai cercato di garantire agli studenti quanto essi già
trovavano nella società. Alle origini, quando la società era analfabeta, la scuola doveva fornire un
bagaglio culturale che fosse esattamente antitetico rispetto al mondo “di fuori”. Perché ora la scuola
dovrebbe adeguarsi al mondo esterno? “La scuola”, afferma Luzio, “è un’interruzione della
continuità della vita”. In altri termini, è uno spazio separato rispetto al mondo esterno. Altrimenti,
“la scuola non farebbe altro che confermare le persone in quello che già sanno”. La scuola è un
mondo a parte, volutamente riservato a chi può coltivare i valori dello spirito, della riflessione
critica e disinteressata. È un mondo affascinante che prepara alla vita, ma che non ricalca i ritmi
produttivi della realtà di fuori. È un mondo fatto di nuovi interessi, prospettive inedite, talvolta fatto
di una noia produttiva, talaltra di incontri entusiasmanti e letture stimolanti. Si aprono nuove
prospettive, nascono passioni, si scoprono inaspettate relazioni tra le persone e le cose. La
formazione culturale richiede tempo, difficoltà, approfondimento, pensamenti e ripensamenti. Nulla
si decide e si conosce con un tocco sul display. La scuola è fatica, magari anche gioiosa, ma mai
facile e scontata. Questo pensano i sostenitori della scuola tradizionale che, in questo senso, rimane,
a loro avviso, quanto mai attuale e realmente formativa.
L’ALLARME DEI NEUROSCIENZIATI
Sono numerose le resistenze non solo nel mondo della scuola, ma anche da parte di neuro
scienziati o studiosi delle nuove tecnologie. In particolare, questi ultimi in molti casi sottolineano le
gravi conseguenze che un uso pervasivo del digitale potrebbe comportare sullo sviluppo delle
intelligenze degli studenti. Per alcuni la situazione è addirittura allarmante, come ad esempio ritiene
il già citato Nicholas Carr, secondo il quale, come detto, Internet renderebbe stupidi, dato che
ottunderebbe facoltà cerebrali fondamentali21. Abilità basilari relative alle lingue e alla matematica
rimangono, secondo Carr, totalmente assopite, dato che i ragazzi pensano di poter risolvere
qualsiasi problema ricorrendo al web, incapaci di risolvere problemi in caso di guasto tecnologico.
Anche M. Ammaniti, psicobiologo dell’Università La sapienza di Roma, fa notare che l’iperstimolazione dei neuroni connessa all’uso dei devices genera deficit di attenzione e concentrazione
20 Il programma è “Lo stato dell’arte: la scuola digitale”, andato in onda il 2 marzo 2016 su Rai 5 ed è scaricabile dal
sito www.rai.tv.
21 Vedi nota 2.
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davvero molto preoccupanti. Esistono ormai tutta una serie di manifestazioni patologiche dovute
alla dipendenza da internet dei giovani. Il fenomeno è particolarmente presente in Giappone e porta
moltissimi adolescenti ad un totale isolamento rispetto agli altri (hikikomori)22. Un uso eccessivo di
tali strumenti porta a vere e proprie dissociazioni della psiche.
I devices non sono semplicemente strumenti che possono essere utilizzati bene o male, come
molti ritengono. In realtà il loro uso muta in modo graduale, ma irreversibile, il modo di
approcciarsi alla realtà e di pensare il mondo e noi stessi. Un esempio efficace è di Tonioni che
scrive: “I concetti di distanza e vicinanza sono stati stravolti tanto da far sembrare vicino ciò che è
concretamente distante e al contrario distante ciò che è potenzialmente vicino. Così come l’idea del
tempo e di come viene vissuto: il tempo digitale è più intenso e tende a sovrapporsi rendendoci tutti
più compulsivi, perché riduce le attese ma anche la nostra capacità di attendere” 23. Un esempio
che si potrebbe estendere a molte altre situazione e realtà delle nostre funzioni cerebrali e delle
nostre capacità.
È vasta la letteratura scientifica che crea allarmi circa l’uso intenso dei supporti informatici. Per
G. Patton, ad esempio, il cervello adolescente rischia di incorrere in gravi patologie (oggi definite
iDisorders), proprio perché molto malleabile e, quindi, facilmente soggetto anche a gravi stati
d’ansia, difficoltà di concentrazione, eccessivo carico ai danni del sistema neurologico24.
Il cervello, frutto di una lunghissima evoluzione, non è “programmato” per il digitale.
L’orientamento nello spazio, la percezione, l’evoluzione del linguaggio e la socializzazione sono il
frutto di un processo di adattamento. Tutti questi parametri percettivi si stanno alterando piuttosto
rapidamente proprio in seguito all’uso massiccio delle tecnologie. Molti schemi neurali, proprio
perché inutilizzati, tendono ad atrofizzarsi con conseguente compromissione di svariate abilità.
Forse se ne svilupperanno altri, ma il tutto è da dimostrarsi.
È opinione generalmente condivisa che l’intelligenza sia un fenomeno estremamente complesso
e secondo i ricercatori olandesi Wilma Resing e Pieter Drenth essa è un “conglomerato di capacità,
processi e competenze intellettuali”. In senso più ampio il problema della didattica è quello che
consente di sviluppare le capacità intellettuali in rapporto ad una formazione culturale solida e
versatile. Per sintetizzare, si può trovare qualche punto di convergenza tra gli studiosi quanto si
afferma che le competenze davvero proficue sono: saper fare ragionamenti astratti, saper
individuare le relazioni, saper risolvere i problemi, saper individuare regolarità in elementi ordinati;
saper affrontare nuovi problemi con le conoscenze acquisite; saper lavorare e apprendere
autonomamente senza guida; sapersi adattare in modo flessibile alle esigenze dell’ambiente 25.
22 Tonioni F., Psicopatologia web-mediata. Dipendenza da internet e nuovi fenomeni dissociativi, Springer-Verlag
Italia, 2013.
23 Tonioni F., Psicopatologia web-mediata…, op. cit. introduzione, p. 2.
24 George Patton, esperto del Royal Children's Hospital's Centre for Adolescent Health.
25 Questi punti in elenco sono individuati proprio dai ricercatori olandesi Wilma Resing e Pieter Drenth e trovano
sostanziali consensi. Vedi E. Crone, Nella testa degli adolescenti. I nostri ragazzi spiegati attraverso lo studio del loro
cervello, Urra edizioni, 2008, pagg. 65-66.
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Ebbene quale tipo di scuola risponde meglio a tale tipo di esigenza? Quella tradizionale, con carta,
matita, penna e libri cartacei, o quella digitale con i suoi devices e supporti di ogni genere e tipo?
Il dibattito è aperto. I pareri sono contrastanti e solo in futuro si potranno trarre conclusioni
attendibili. Nel frattempo, quale indirizzo dare alla didattica?
In questo straordinario periodo di dibattiti e prese di posizione, si potrebbe proporre un bel
sondaggio tra i docenti. Un sondaggio on line, of course.
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LA SCUOL@ 2.0 DÀ I NUMERI…
Si fa presto a dire “tappeto digitale”, aule 3.0, didattica della robotica e via “telematizzando”…
La scuola digitale, secondo quanto abbiamo raccontato, si sta davvero realizzando? E se sì, in quale misura e dove?
Qualche dato per gli appassionati di statistica…
I rilievi ufficiali segnalano un significativo incremento dell’interesse e delle attività inerenti la scuola digitale tra l’anno
scolastico 2014/15 e la prima parte dell’anno scolastico in corso.
Nell’anno 2014-2015 i dati non erano decisamente incoraggianti e la scuol@ 2.0 si era attirata il sarcasmo e le ironie di
diversi giornalisti. Su “Tuttoscuola” si leggeva addirittura: “di questo passo per digitalizzare tutte le scuole ci vorranno
437 anni”26
Un premessa. Le classi in Italia, relative a tutti gli istituti statali di ogni ordine e grado, erano 368.341 per un totale di
7.881.632 studenti. Gli alunni della Lombardia erano pari a 1.181.632 27. Ebbene, l’anno scorso gli studenti coinvolti da
progetti relativi all’introduzione nelle classi delle tecnologie informatiche sono stati circa 310mila, corrispondenti al 3,9%
28
. Non consola certo il fatto che gli insegnanti aderenti sono stati lo 0,7 % (di cui il 47% erano docenti di matematica).
Nel complesso si è trattato di percentuali molto deludenti! Addirittura il 70% degli studenti ha dichiarato che nel proprio
istituto erano assenti supporti digitali. Analizzando i dati globali, si registra un certo progressivo incremento delle
tecnologie nel corso del tempo e, ad esempio, sempre nell’anno 2014/15, rispetto a quello precedente, si è garantito un
incremento delle LIM pari al 43%. Un focus del MIUR relativo al 2015 annota che in Italia i laboratori informatici, dotati di
LIM o proiettori interattivi, erano 65.650, anche se vi era un solo PC per 7,9 studenti.
Le vere sorprese si ritrovano, invece, nei dati relativi alla prima parte dell’anno scolastico 2015/2016 (settembre
2015/gennaio2016). Gli studenti coinvolti sono passati da 310mila dell’anno scorso a 600mila. Sono, quindi, quasi
raddoppiati. Le scuole coinvolte nel progetto “Programma il futuro” sono diventate più di 3mila con 9mila insegnanti
interessati. I promotori dell’iniziativa sono convinti che entro l’anno gli studenti coinvolti saranno un milione 29. Il 33,2% si
è impegnato in particolare su lezioni legate al pensiero computazionale.
Il cammino verso la scuola digitale è ancora molto lungo, ma sembra oramai intrapreso.
Salvo ripensamenti radicali che, per un buon numero di docenti, sarebbero sicuramente auspicabili.
Mentre scrivevo l’articolo precedente le scuole che avevano aderito alle “Avanguardie educative” erano 415. Nel giro di
pochi giorni se ne sono aggiunte altre 34!. Segno dei tempi… digitali che viviamo.
In provincia di Varese sono presenti 3 scuole che aderiscono alle “Avanguardie educativa” super-digitalizzate: ITC Tosi di
Busto (che figura tra i 22 fondatori e tra i 22 capofila); IC Pellico di Varese e l’ IC “E. Fermi” di Portoceresio30.
26 Decisamente irridente è l’articolo di G. A. Stella sul Corriere della Sera (7 febbraio 2015). Il giornalista, che riporta la frase di
“Tuttoscuola” parla di “sconfitta epocale” per la scuol@ 2.0. L’articolo è reperibile all’indirizzo
http://www.corriere.it/scuola/15_febbraio_07/scuola-digitale-ritardi-0a494a58-ae93-11e4-99b7-9c6efa2c2dde.shtml
27 Tutti i dati ufficiali relativi alle scuole statali italiane sono reperibili sul sito del Miur all’indirizzo:
http://www.istruzione.it/allegati/2014/Avvio_Anno_Scolastico2014_2015_3.pdf
28 È stato avviato dal MIUR, in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per l’informatica, il progetto “Programma il
Futuro”, per avvicinare la scuola al mondo dell’informatica in modo creativo. I dati riferiti sono stati raccolti dal progetto stesso.
29 Il sito del progetto “Programma il futuro” è http://www.programmailfuturo.it/
30 Per la mappa completa delle scuole interessante, l’indirizzo è http://avanguardieeducative.indire.it/
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Per approfondire
Alessandri G., Didattica e tecnologie. Intersezioni, complessità, coding, robotica educativa, Ed.
Anicia, 2014;
Baldascino R, Insegnare ad apprendere in un mondo digitale, Tecnodid, 2015;
Calidoni P., M. F. Ghiaccio, Viste da vicino. Dinamiche e criticità dell’innovazione digitale nella
didattica, Pensa Multimedia, 2015
Campione V. (a cura di), La didattica nell’età digitale, Quaderni di Astrid, Il Mulino, 2015;
Fedeli L., Social Media e didattica. Opportunità, criticità e prospettive, Pensa Multimedia, 2012;
Marzano A., Didattica e tecnologie digitali. Metodologie, strumenti, percorsi, Coll. Open Learning,
Pensa Multimedia, 2012;
Messina L., De Rossi M., Tecnologie, formazione e didattica, Carocci, 2015.
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