VASI MICENEI NEL MUSEO NAZIONALE DI NAPOLI Nel

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VASI MICENEI NEL MUSEO NAZIONALE DI NAPOLI Nel
VASI MICENEI NEL MUSEO NAZIONALE DI NAPOLI
di
LUCIA
VAGNETTI
Nel Museo Nazionale di Napoli sono conservati tre vasi micenei inediti l;
negli inventari del Museo non è registrata la loro provenienza, ma il Pesce,
in una breve guida delle Collezioni, li ricorda come provenienti da Ialiso 2.
Questa notizia potrebbe derivare da qualche cartellino oggi perduto o da informazioni orali; essa comunque è verosimile poiché i confronti tipologici in
gran parte riconducono all'ambiente insulare orientale.
1. h. m. 0,395; diamo bocca m. 0,13; diamo max. m. 0,28; diamo piede
m. 0,116; n. inv. mancante. (Tav. I).
Anfora triansata con corpo ovoide piriforme, collo con lati leggermente
concavi, bocca con orlo piatto; le tre anse verticali impostate sulla spalla hanno
il margine inferiore appena sopra alla linea di massima espansione; piede
distinto con contorno irregolare. Collo ricomposto da più frammenti. Forma
Furumark 35. Argilla rosa carico; pittura rossa opaca; incrostazioni biancastre
su tutta la superficie.
La faccia superiore dell'orlo è decorata da trattini radiali; il collo, le
anse e la parte inferiore del corpo sono completamente verniciati; sulla spalla
è tracciato il motivo Furumark 24 (linked whorl-shell pattern) delimitato in
alto e in basso da fasci di tre bande di vernice; un analogo fascio è tracciato
a metà circa della parte inferiore del corpo.
l Ringrazio H Prof. A. De Franciscis, Soprintendente alle Antichità della Campania,
che mi ha gentilmente concesso di studiare ti vasi e dI Dott. W. Johannowsky che mi
ha -amichevolmente agevolato nelle ricerche di archivio.
2 G. PESCE, Il Museo Nazionale di Napoli, Roma 1932, p. 39; in base ai registri
di inventario d ·nn. 2 e 3 sono 5tati venduti al Museo dal Batroni in data 22 marzo 1894.
TAV. I
Napoli. Museo Nazionale (foto Soprintendenza).
TAV. II
TAV . III
Vasi micenei nel Museo di Napoli
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Il motivo 24 è comune nel Miceneo III A:2; la forma del vaso è diffusa
nel Miceneo III A:2 e nel III B. Non mi sono noti esemplari uguali. Il motivo
24 è comunissimo su coppe ad alto piede sia rodie 3 che peninsulari 4 ed è
noto anche su un'anfora a staffa rodia S e su di un'anfora da Micene non
pubblicata 6.
È assegnabile con ogni probabilità al Miceneo III A:2.
2. h. m. 0,16; diamo disco m. 0,03; diamo max. m. 0,116; diamo piede
m. 0,042; n. inv. 122099. (Tav. II).
Anfora a staffa con corpo piriforme, breve collo concavo segnato da una
modanatura alla base, largo disco superiore leggermente depresso; anse a
nastro, beccuccio con lati concavi, piede sagomato. Una delle anse è riattaccata. Forma Furumark 166. Argilla roseo-giallina; pittura rossa.
Il disco, le anse, il beccuccio e il piede sono completamente verniciati;
il collo è decorato da una banda di vernice; sulla spalla sono tracciate cinque
grandi spirali pedunculate sotto alle quali sono minuscoli chevrons costituiti
da un solo elemento e, in un caso, da tre elementi. In corrispondenza di una
delle anse e del beccuccio sono tracciati due fasci di linee serpeggianti. Alla
base della spalla e lungo la zona di massima espansione è un fascio di linee
delimitato sopra e sotto da bande più spesse. Una banda e due linee sono anche
al di sopra della zona interamente verniciata presso il piede.
Il motivo nel suo insieme non è preso in considerazione nella classificazione del Furumark ed è la risultante della composizione del motivo 51
(stemmed spira!) con il motivo 58: 12 e 13 (parallel chevrons). I confronti
migliori sono una tazza dalla tomba XXVIII di Ialiso 7 ed un cratere da
Enkomi 8 nel quale le spirali sono tracciate con il peduncolo in alto; in altri
esemplari le spirali sono collegate fra loro (motivo Furumark 46: 43, lined
spiral with zwicke!) 9.
3 CVA, Copenaghen, tav. 52:5 (da Siana?); A. FURTWANGLER - G. LOEscHcKE,
Mykenische Vasen, Berlin 1886, tav. 3:21, V (da Ialiso).
4 A.].B. WACE, Chamber Tombs at Mycenae, Oxford 1932, tav. 16:e, tomba 505;
E. FRENCH, Late Helladic III A:2 Pottery from Mycenae, in «ABSA », LX, 1965,
p. 165, fig. 2: 12-18 (frammenti. dalle tombe 516, 517, 520, 522, 530, 545, 565).
Due esemplari di provenienza ignota a Karlsruhe (F. GARSCHA, Antike Vasen, Karlsruhe
s.d., tav. 1) e nel Bowdoin College (K. HERBERT, Ancient Art in Bowdoin College
Cambridge Mass. 1964, tav. 17).
S CVA, British Museum, III A, tav. 6: 31.
6 FRENCH, art. cit., p. 172.
7 A. MAIURI, ]alisos. Scavi della Missione Archeologica Italiana a Rodi, in «Ann.
Se. Atene », VI-VII, 1923-24, p. 156, fig. 81.
8 C.F.A. SCHAEFFER, Enkomi-Alasia, Paris 1952, p. 122, fig. 53 (rovesciata) e tav. 16.
9 V. elenco esemplari an FURUMARK, MP, p. 355.
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Lucia Vagnetti
La forma 166 è databile nel Miceneo III A:2 e nel III B; i motivi decorativi esaminati nel III A:2, epoca alla quale appartiene con ogni probabilità
il nostro vaso.
3. h. m. 0,12; diamo disco m. 0,035; diamo max. m. 0,11; diamo piede
m. 0,045; n. inv. 122100. (Tav. III).
Anfora a staffa con corpo globulare, collo concavo, disco superiore appuntito, anse a nastro, piede distinto. Manca il beccuccio laterale, spezzato
alla base. Forma Furumark 174. Argilla color camoscio; pittura bruna sfumata fino al rosso. La superficie si presenta scrostata in più punti.
Il corpo è decorato da quattro bande di vernice alternate a fasci di linee
sottili. Il disco della staffa ha un grosso punto centrale e una banda sul
bordo esterno; bande di vernice sono anche sul piede e sulle facce esterne
delle anse. Sulla spalla sono quattro losanghe con lati concavi, riempite da
un sottile reticolo (motivo Furumark 73:y).
Un esemplare molto simile è stato trovato nella tomba VI di Minet el
Beida IO. Altri confronti significativi, anche se le losanghe sono un poco differenti sono gli esemplari da Micene Il da Vatl l2 e da Argo 13. La forma e la
decorazione fanno assegnare il vaso al Miceneo III B.
IO
C.F.A.
Il WACE,
SCHAEFFER,
Ugaritica II, Paris 1949, p. 156, fig. 60: lO.
op. cit., tav. 47: 13, tomba 527.
CVA, Copenaghen, tav. 60:5.
DESHAYES, Argos. Les Fouilles de la Deiras, Paris 1966, p. 110, tav. 96: 1-2;
la forma è però sensibilmente diversa.
Le fotografie pubblicate sono della Soprintendenza alle Antichità della Campania.
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J.