temporary management

Transcript

temporary management
INTRODUZIONE
La Provincia di Milano, nell’ ottica di fornire alle imprese un costante servizio di aggiornamento
sulle più innovative modalità di gestione, ritiene utile dare una visione approfondita su uno degli
strumenti di gestione di più recente affermazione nel nostro Paese: il Temporary Management.
Il Temporary Management, definibile sinteticamente come
la gestione temporanea di un’ impresa o di una sua parte da parte di manager
altamente qualificati e motivati
sta diventando anche in Italia, sull’ esempio delle economie europee più avanzate, uno strumento
sempre più conosciuto ed utilizzato laddove l’azienda debba risolvere in maniera efficace, flessibile
e veloce dei problemi operativi di gestione, oltretutto a fronte di costi certi e definiti e di ritorni
economici direttamente misurabili.
Un freno ad un maggiore sviluppo è però ancora rappresentato da alcuni falsi miti e da una non
completa conoscenza dello strumento e delle sue modalità operative. Obiettivo di questa sezione è
fornire alle imprese, specie alle PMI, un quadro completo ed approfondito affinchè possano
comprendere il potenziale dello strumento e valutarne un possibile utilizzo per risolvere
determinate situazioni.
La sezione, realizzata con il contributo di AISL – Associazione Italiana per lo Studio del Lavoro (
www.aisl- italia.it ), è curata da due esperti del settore:
•
Maurizio Quarta, per gli aspetti operativi e di mercato
•
Giorgio Treglia, per gli aspetti legali e giuslavoristici
e si articola nei seguenti capitoli che possono essere visti e stampati separatamente:
COSA È IL TEMPORARY MANAGEMENT
CHI È IL TEMPORARY MANAGER
QUANDO UTILIZZARE IL TM
TM STRUMENTO DI SVILUPPO E CRESCITA PER LE PMI
COME GESTIRE UN PROGETTO DI TM
COME VALUTARE I COSTI DI UN INTERVENTO
GLI ASPETTI LEGALI DI UN INTERVENTO
IL MERCATO ITALIANO
BIBLIOGRAFIA
NOTA SUGLI AUTORI
NOVITÀ LIBRI
Inoltre, per chiunque fosse interessato ad approfondire argomenti specifici, è disponibile un
servizio di consulenza on-line (totalmente gratuito), utilizzabile indirizzando le proprie domande a:
[email protected]
www.temporary-management.com
COSA È IL TEMPORARY MANAGEMENT (TM)
In Italia lo si chiama ormai comunemente temporary management, ma lo si è chiamato interim
management o contract management o management in affitto.
Il TM è l’ affidamento della gestione di un’ impresa o di una sua parte a
manager altamente qualificati e motivati,
al fine di garantire continuità all’ organizzazione, accrescendone le competenze manageriali
esistenti, e risolvendone al contempo alcuni momenti critici, sia negativi (tagli, riassestamento
economico e finanziario) che positivi (crescita, sviluppo di nuovi business). Gestione significa
inoltre che il manager viene dotato di tutte le opportune leve (poteri, deleghe).
Due punti importanti:
•
si parla di gestione, quindi di deleghe operative, quindi di management: tutt’ altra cosa rispetto
alla consulenza;
•
si parla di manager altamente qualificati e motivati, non di dirigenti riciclati o comunque in
cerca di occupazione.
Nella realtà esiste ancora oggi tutta una serie di falsi miti e luoghi comuni, che, affiancati ad una
parziale e incompleta conoscenza dello strumento e delle sue modalità operative, finisce con il
creare un significativo fattore di ritardo e di rallentamento dello sviluppo del mercato.
Chiariamo quindi cosa il TM non è e non può essere.
Il TM non è consulenza
Il temporary manager gestisce ed esegue, il consulente consiglia: questa in sintesi la distinzione.
Esiste peraltro molta confusione sui due ruoli per una serie di motivi:
•
molti consulenti, specie indipendenti, insistono nell’ affermare di “essere in pratica dei
temporary manager, perchè l’ impresa fa ciò che io le indico di fare”. Il punto è che molte
aziende ci credono;
•
è vero che in alcuni casi il TM opera con un rapporto di collaborazione professionale e quindi
con la veste formale di consulente; non va però confuso l’ aspetto contrattuale con l’ aspetto
sostanziale dei contenuti dell’ incarico e delle competenze richieste al manager, ovvero deleghe
e capacità di esecuzione;
•
il TM non è alternativo alla consulenza, è semplicemente una professione diversa, che richiede
a sua volta attitudini, motivazioni e competenze diverse da quelle normalmente identificabili in
un consulente;
•
esiste in realtà un sottile legame tra TM e consulenza: spesso, un intervento di TM segue un
intervento di consulenza, svolto da altri, nel quale sono state identificate e definite una serie di
azioni da intraprendere per raggiungere un dato obiettivo: il temporary manager diviene colui
che implementa quanto suggerito dal consulente. In alcuni casi, l’ intervento stesso di TM
viene preceduto da un intervento di tipo consulenziale da parte della società di TM, finalizzato
ad identificare le leve critiche su cui l’ intervento stesso dovrebbe operare.
In pratica, il TM viene a porsi come una terza via attraverso la quale l’ azienda può
approvvigionarsi di risorse finalizzate a migliorare sia la propria performance che il livello delle
proprie capacità di gestione. Allorquando le alternative praticabili erano solamente due, la
consulenza e la dirigenza tradizionale, esisteva un’ area grigia di problemi non risolti o risolti in
maniera non ottimale; oggi è invece possibile è possibile risolvere operativamente tutta una serie
di problemi aziendali senza dover appesantire la struttura dei costi fissi di lungo periodo.
Non è lavoro interinale
Al di là di possibili analogie di natura giuridica, il lavoro interinale opera su figure professionali
generalmente di profilo più basso, e quindi con logiche totalmente differenti:
non è infatti casuale che a tutt’ oggi i maggiori operatori nel settore del TM provengano dalla
consulenza e/o dalla ricerca di manager di alto livello.
Il TM è professione full time, non un riempitivo tra due lavori
Sicuramente molti manager, specie se in una situazione lavorativa precaria, si avvicinano al TM
con questa idea. Questi stessi manager devono però comprendere che il TM rappresenta la
soluzione umana ad un problema di business e non la soluzione di business ad un problema
umano.
Il vero temporary manager deve imparare ad operare come un vero imprenditore di sè stesso,
attento e capace a gestire alcune leve basilari di successo, quali
•
•
•
il marketing di se’ stesso;
lo sviluppo attento di una propria rete di relazioni;
l’ autoformazione costante.
In concreto: in una fase di mercato ancora nascente, è possibile che il TM , insieme a risolvere il
problema di business, risolva anche un problema umano, ma se il manager non mette in atto i
cambiamenti richiesti, rischierà di essere emarginato sia dal mercato della dirigenza tradizionale,
che da quello emergente del TM.
Non è mestiere da “trombati”
Il TM è una professione dai contenuti particolarmente elevati e richiede manager dotati di elevate
qualità professionali e personali.
Essere stati in qualche modo “trombati” non è in sè un elemento indicativo del fatto di essere un
cattivo manager, ed è capitato a molti di essere stati espulsi dal sistema produttivo per motivi
totalmente slegati dalla qualità del proprio lavoro (fusioni, acquisizioni, rottura con l’ imprenditore,
... ). E’ il modo in cui viene vissuto e metabolizzato un fatto comunque traumatico che crea la
differenza e le premesse per una rinascita professionale: quello che conta è non essere “trombati
dentro”!
E’ ad esempio la ricerca di nuove sfide intellettuali che spinge manager a livello di Direzione
Generale a confrontarsi con incarichi di tipo specialistico/funzionale, senza alcun problema di
demotivazione o di accettazione dell’ incarico come extrema ratio: si tratta di manager che
vendono know how, che sono ben pagati per questo (a livello di Direzione Generale nel caso
considerato), e a cui non interessa più una carriera di tipo tradizionale, cha hanno già svolto con
successo e a cui hanno poco altro da chiedere.
Non è mestiere solo per manager in fine di carriera
Dalle esperienze europee emerge come sia in atto un movimento di progressiva diminuzione dell’
età di coloro che valutano seriamente il TM come una possibile opzione professionale: il fenomeno
è rilevabile in Francia, come in Germania, come in Inghilterra.
Per quanto riguarda l’ Italia, si possono solamente fornire alcune piccole evidenze:
•
già oggi molti giovani manager di successo, nella fascia d’ età 30-35 anni, mostrano reale
interesse per questo tipo di professione;
•
su progetti di un certo respiro temporale (2-3 anni) operano già manager di circa 40 anni,
ovviamente a fronte di progetti stimolanti dal punto di vista dei contenuti e sostenuti da un
adeguato pacchetto economico.
Non è professione per tutti i manager
Essere stato un manager di successo è condizione necessaria, ma non sufficiente per diventare un
buon temporary. E’ un problema di competenze specifiche, ma anche di caratteristiche
psicologiche e personali, non ultima la capacità di gestione dello stress.
Non solo: nel caso di interventi di TM assume particolare rilevanza il profilo etico del manager, in
quanto, dati i tempi spesso brevi dell’ intervento, la delicatezza delle aree da toccare e il livello di
sensibilità delle informazioni con cui un temporary manager può venire a contatto, assai gravi
possono essere i danni provocati da manager che perseguano propri obiettivi personali.
Un attento check delle tracce lasciate dal manager nelle sue esperienze precedenti, con particolare
attenzione alle modalità con cui si sono chiuse le precedenti esperienze lavorative, può fornire un
quadro significativo del modus operandi del manager e dei valori messi in campo.
Soprattutto è indispensabile aver effettuato una precisa scelta consapevole a livello personale e
professionale.
Questo aspetto, di non sempre facile identificazione nei manager, in quanto, spinti da necessità
contingenti, molti manager finiscono per mentire anche a se stessi, è di non poca importanza per
garantire il successo dei progetti presso i clienti:
•
in primo luogo, per evitare che un manager, occasionalmente inventatosi temporary, possa
abbandonare un progetto nel suo divenire, creando grossissimi problemi per riuscire a portare
a termine i piani di lavoro concordati e raggiungere gli obiettivi stabiliti;
•
in secondo luogo, per evitare che il manager possa operare in maniera non totalmente
trasparente cercando di creare le premesse del tutto artificiose e non necessarie per un rinnovo
dell’ incarico se non addirittura per una sua trasformazione in un job permanente.
Tutto quanto esposto contribuisce a spiegare come sia nei fatti molto bassa la percentuale di
manager che presentano spontaneamente la loro candidatura e che vengono ritenuti idonei per la
professione: non si va oltre il 10-15%.
CHI È IL TEMPORARY MANAGER
Il requisito primario è l’ aver maturato una considerevole esperienza in ruoli senior all’ interno del
settore privato o anche pubblico. In generale, si tratta dunque di manager che possono vantare un
pedigree di successo che li ha portati ad occupare posizioni di responsabilità sia a livello di
conduzione d’ azienda sia a livello di primi riporti funzionali.
La specializzazione professionale e funzionale non è in sé rilevante.
Tutto ciò però non basta: il temporary manager risulta dal connubio tra un profilo professionale da
cui emerga con chiarezza la sua capacità a risolvere dei problemi, più che a ricoprire una
posizione, ed un profilo personale e motivazionale particolare.
Alcuni tratti comuni:
•
la rapidità di analisi e di valutazione di una data situazione, unite alla capacità di definire
rapidamente dei piani operativi voncenti;
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
l’ attitudine a creare rapidamente un ambiente di lavoro motivante e a gestire attraverso l’
esempio e il coinvolgimento operativo diretto;
il senso e il valore del risultato : il lavoro deve essere fatto e derivano soddisfazione personale
dal raggiungere qualcosa in un relativamente breve lasso di tempo;
un forte coinvolgimento personale unito ad una grande capacità di lavoro;
il desiderio di trasmettere know how ed esperienza;
non amano la componente “politica” di una carriera a lungo termine;
amano il cambiamento;
amano scegliere cosa fare e cosa non fare;
hanno ancora un forte desiderio di lasciare briglia sciolta alla loro passione, entusiasmo ed
energia per il lavoro;
sono capaci di strutturarsi e pensare come un’ azienda: non si tratta solamente di un fatto
formale circa le modalità di pagamento delle imposte, la gestione degli aspetti assicurativi e
previdenziali, o la gestione della propria pensione; è una vera e propria rivoluzione copernicana
nel modo di vedere sè stessi, il proprio lavoro e il valore del proprio lavoro.
come una normale azienda esiste un prodotto / servizio da vendere, ovvero se stessi e il
proprio know how, che deve risultare appealing nel tempo e non diventare rapidamente
obsoleto;
come una normale azienda esiste un’ attività di marketing da portare avanti;
come una normale azienda, esiste una struttura di costi fissi che si decide di voler sostenere, e
che nel caso del temporary manager è funzione dello stile di vita che si è scelto o a cui si è
abituati.
Diventare un temporary manager è sostanzialmente un percorso mentale: fatta salva la
componente di competenze tecniche, ciò che fa la differenza tra un vero temporary manager e chi
si improvvisa tale per necessità – è il percorso personale, psicologico e mentale, che è stato fatto.
Semplificando, il tipico temporary manager può essere definito come:
•
•
•
•
•
di età compresa tra 45 e 55 anni;
persona che ha attraversato 5 cambiamenti di azienda con fino a 10 diversi ruoli ricoperti
durante tutto l’ arco della carriera;
oltre 20 anni come manager permanente,
consapevole di “vendere” know how;
non più interessato alla carriera intesa in senso tradizionale, e quindi passato da una logica di
status ad una logica di contributo al cliente e di investimento su sè stesso. Non è casuale che
chi non è ancora riuscito a compiere questa transizione parli non tanto di incarichi o progetti di
TM, quanto di “numero di anni da dirigente” necessari ad esempio per raggiungere determinati
valori pensionistici
Si sta però progressivamente uno scenario distinto, ovvero quello del manager più giovane, di 3545 anni, che, a fronte di progetti ben definiti e particolarmente interessanti, accetta di operare in
maniera “interinale” e che in seguito potrà sia continuare la propria carriera come temporary, sia
rientrare in un’ ottica più tradizionale di management permanente.
Per semplificare, abbiamo provato a sintetizzare i percorsi più comuni per diventare un temporary
manager:
•
il pensionato annoiato
o ha una situazione economica en finanziaria sostanzialmente tranquilla: talvolta si
accontenta di lavorare “sottocosto” perchè può permetterselo;
o ha un bisogno psicologico di lavorare per vincere la noia esistenziale;
o è in generale un manager maturo;
o è passato attraverso esperienze di consulenza post – pensione da cui non ha ricavato
grandi soddisfazioni;
o dimostra grande serenità nella scelta, anche perchè può scegliere;
•
il cinquantenne illuminato
o è conscio che la probabilità di espulsione dal mercato del lavoro può essere alta,
indipendentemente dalle proprie capacità e risultati;
o ha maturato quindi la convinzione che puntando su se stesso può avere ritorni più alti;
o pianifica attentamente la transizione;
•
il giovane lungimirante
o è attratto dalla sfida e dai ritorni economici della sfida stessa;
o si pianifica con estrema attenzione, cercando di bilanciare una serie di fattori:
§ aspettative e aspirazioni personali
§ reddito di lungo periodo
§ trade off tra vita privata e vita lavorativa.
Si può però anche credere, in totale e perfetta buona fede, di aver compiuto questo percorso,
senza rendersi conto di averlo fatto solamente in maniera fittizia e che difficilmente un riscontro
potrà arrivare dal mercato, come nei casi de:
•
il cinquantenne spaventato
o è conscio che la probabilità di espulsione dal mercato del lavoro può essere alta,
indipendentemente dalle proprie capacità e risultati;
o è però convinto che il TM sia un male ineluttabile e lo vede come una soluzione
temporanea ai propri problemi;
o ha bisogno di crearsi un orizzonte temporale di medio termine in cui vedersi attivo ed
impegnato;
o ha sostanzialmente paura di diventare inutile;
•
il disperato
o le ha provate tutte;
o cerca in realtà solamente un lavoro.
QUANDO UTILIZZARE IL TEMPORARY MANAGEMENT
In Olanda, ove il temporary management ha un’ampissima diffusione, gli interventi di TM vengono
normalmente classificati in cinque macro categorie:
1. management transitorio (gestione di fasi di copertura di improvvisi e temporanei vuoti
manageriali)
2. gestione di progetti
3. gestione di crisi aziendali
4. management delle competenze
5. gestione di cambiamenti aziendali.
In termini più specifici, gli interventi di TM possono quindi avere l’ obiettivo di:
•
•
•
•
gestire una situazione di turnaround;
rimettere in sesto un’ azienda o una business unit prima di procedere alla sua vendita;
gestire un cambiamento, di cultura, di strategia, di struttura;
lanciare nuove attività all’ estero;
•
•
•
•
•
gestire situazioni di post merger;
attuare il coaching di un manager permanente;
gestire la transizione in attesa dell’ ingresso di un manager permanente;
contribuire a gestire con successo il passaggio generazionale;
gestire un progetto mirato.
Le considerazioni che precedono indicano l’ esistenza di una serie di problematiche che si prestano
più di altre ad essere risolte con un intervento di TM: sicuramente una simile lista può essere un
buon punto di riferimento per iniziare a valutare la fattibilità di questa ipotesi di intervento.
Operare però in questo modo sarebbe totalmente riduttivo ed anche non corretto: infatti, il fatto
che un problema si presti ad essere risolto in ottica di temporary, non significa necessariamente
che la stessa soluzione sia quella ideale per qualsiasi azienda.
E’ infatti necessario cambiare prospettiva e partire dalla ricognizione di uno specifico problema all’
interno dell’ azienda, meglio ancora sarebbe seguire i seguenti passi:
•
definire una lista dei problemi esistenti, valutando per ciascuno di essi il costo della non
soluzione (o di una soluzione tampone non ottimale) su base annua, ciò che consente di
determinare il livello di priorità, nonchè il grado di urgenza, dei vari problemi;
•
valutare se esistono modi alternativi per risolvere lo stesso problema, ovvero:
o esistono le risorse manageriali disponibili, ma esiste un problema di definizione dei processi
e delle metodologie più opportune? Forse potrebbe avere più senso ricorrere ad un
intervento di consulenza direzionale;
o ho risorse interne di livello disponibili e i tempi di risoluzione del problema sono “normali”,
ovvero le condizioni ambientali non richiedono di imprimere alcuna accelerazione?
Potrebbe essere sufficiente ricorrere ad una soluzione di management di tipo permanente.
Nella realtà, una volta identificato il problema da risolvere, specie se si tratta di riempire un buco
manageriale imprevisto (ad esempio, la gestione transitoria in attesa dell’ ingresso di un manager
permanente), molte aziende guardano dapprima al loro interno per verificare la possibilità di una
soluzione: la motivazione è sempre però di costo, e non di ricerca di una soluzione ottimale.
Normalmente tre sono le strade che vengono seguite in simili casi:
• il distacco di un manager interno, che può essere non idoneo in termini di competenze, ma non
solo: può vedere l’ incarico come un disturbo nei suoi piani di sviluppo di carriera, finendo per
non trasmettere la necessaria motivazione ai suoi collaboratori. Succede anche che l’ azienda
ricorra a manager altrimenti non utilizzabili o ricollocabili, spesso proprio per questa unica
ragione, e quindi a maggior ragione incapaci di motivare il gruppo, dai quali sono a loro volta
poco stimati (sindrome del: perchè mandarci un riciclato quando ce ne serve uno bravo?);
•
promozione di un buon numero due di funzione: a meno che il manager in questione non sia
già pronto ad assumere in toto le nuove responsabilità, è una soluzione sconsigliabile in quanto
si rischierebbe di bruciare la persona, creando demotivazione sia nel manager sia in tutta la
struttura da lui gestita;
•
non executive director o consigliere di amministrazione: soluzione spesso utilizzata in aziende
di medie dimensioni, ha un’ unica controindicazione nelle difficoltà che spesso i profili dei
consiglieri sono più orientati all’ aspetto strategico e di coordinamento che a quello di un’
operatività spinta come spesso richiesto da questo tipo di situazioni.
In sintesi, se dalla verifica preliminare si rileva che esistono problemi i quali presentano almeno
una delle seguenti condizioni:
•
•
•
•
scarsità di risorse manageriali di qualità;
necessità di operare in tempi brevi e ristretti;
non idoneità di soluzioni alternative;
non praticabilità di soluzioni interne.
Ecco che siamo in presenza dell’ oggetto di un potenziale intervento di TM.
TM STRUMENTO DI SVILUPPO E CRESCITA PER LE PMI
Il tema della gestione del cambiamento ricorre oggi tanto da sembrare solo una moda. Il
cambiamento, connaturato peraltro alla dinamica delle organizzazioni, è oggi più che mai la sfida
principale dell’ impresa, stante che tutti i cicli di vita (di prodotti, servizi, soluzioni, sistemi) si sono
fortemente accorciati e velocizzati.
Purtroppo non sempre le PMI possono disporre delle risorse giuste per riuscire ad implementare il
cambiamento nei tempi brevissimi spesso imposti dalle condizioni ambientali e devono quindi
immettere nuove competenze che permettano loro di accelerare i tempi di passaggio alla fase della
maturità e quindi di aumentare nel tempo l’ efficacia della loro capacità di risposta agli stimoli del
mercato.
Il Temporary Management può sicuramente rappresentare una soluzione ottimale, quale punto di
equilibrio tra l’ esigenza di disporre di persone di elevato livello e il vincolo di non appesantire la
struttura di costi fissi di lungo periodo, essendo in grado di portare all’ impresa:
•
•
•
•
•
rapidità nella presa di contatto con il problema e nell’ implementazione della
soluzione;
capacità di disegnare una strategia ;
capacità di identificare i ruoli chiave interni ed esterni;
capacità di far crescere in tutta l’ impresa un certo tipo di cultura manageriale (es. standard
organizzativi, qualitativi, documentali, linguistici) fino a renderla completamente autonoma
dalla sua figura;
capacità di costruire sistemi di supporto e di gestione che l’ impresa continuerà poi stabilmente
ad utilizzare.
Può spesso succedere che alcune risorse umane “chiave” (ovvero quelle su cui l’ azienda ha
costruito il proprio successo fino ad oggi e su cui intende puntare anche nel lungo periodo, per
lealtà e fedeltà) si dimostrino e a loro volta si sentano inadeguate a gestire situazioni sempre più
complesse, finendo col creare situazioni di tensione personale e nell’ organizzazione; può
succedere in ugual misura sia al giovane manager proiettato, magari troppo in fretta, in un ruolo
più elevato, ma anche al manager più senior di una PMI in possesso di un’ elevata anzianità
aziendale, ma cresciuto con l’ azienda stessa in assenza di una vera e propria scuola.
L’ intervento del Temporary Manager assume spesso nelle PMI la veste di “allenatore funzionale”
(traduzione dall’ inglese coaching), in cui egli viene affiancato al manager presente in azienda, che
dovrà a regime portare avanti i nuovi processi, con gli obiettivi di:
•
•
•
razionalizzare gli strumenti esistenti e introdurre nuovi processi e metodi di gestione;
garantirne l’ efficacia operativa e la messa a regime;
“allenare” il manager, e tutta la struttura, alla gestione della nuova realtà operativa,
trasferendogli le competenze necessarie per l’ autonoma gestione a regime.
I vantaggi rispetto a soluzioni alternative sono evidenti:
•
•
l’ assunzione di un manager permanente creerebbe problemi sia per i costi intesi in senso
assoluto come appesantimento della struttura di costi fissi di lungo periodo, ma anche in senso
relativo in considerazione dell’ impatto che la scelta avrebbe sull’ equità interna dei livelli
retributivi, sia per le naturali resistenze e la possibile demotivazione del management esistente.
Senza poi considerare il problema dell’ eventuale ricollocazione del manager una volta esutiro il
progetto;
la consulenza finalizzata alla messa a punto di una serie di meccanismi e processi operativi
potrebbe non essere indicata sia per il difficile passaggio dalla definizione della soluzione alla
sua reale implementazione sia per la difficoltà di trasferire competenze alle persone dell’
azienda.
COME GESTIRE UN PROGETTO DI TM
Quelle che seguono sono delle semplici indicazioni su alcuni punti critici che in ogni intervento di
TM devono essere tenuti in adeguata considerazione.
Le deleghe e i poteri
Prima di avviare i passi per un progetto di TM l’ azienda dovrebbe rispondere in tutta coscienza a
queste domande:
• esiste la disponibilità a dare al manager tutte le deleghe ed i poteri necessari per arrivare al
raggiungimento degli obiettivi che ci si pone?
• esistono obiettivi “nascosti” per cui si vuole far ricorso a soluzioni temporary?
anche perchè comunque esse verrebbero poste da qualsiasi società specializzata seria che venisse
chiamata per valutare un possibile intervento.
Due esempi, forse i più frequenti:
• il voler utilizzare il TM come espediente per poter disporre di un periodo di prova prolungato
che vada oltre i sei mesi contrattualmente permessi, ad esempio, dal contratto dirigenti
industria;
• il voler utilizzare il temporary manager come parafulmine di situazioni poco chiare se non
addirittura poco corrette, legate ad esempio alla chiusura di un bilancio “difficile”.
Come trovare il temporary manager
In buona sostanza sono due le alternative dis ponibili per un’ azienda che volesse ricorrere ad una
soluzione di TM:
• far ricorso ad un manager free lance, utilizzando il classico sistema del passa parola o ovviando
una ricerca diretta,
• far ricorso ad una società specializzata.
Anche in questo caso l’ elemento discriminante è il costo: il do-it-yourself sicuramente costa meno,
specie in un momento in cui non è difficile trovare sul mercato manager disposti ad incarichi di TM
per risolvere problemi di lavoro contingenti.
C’è in generale un elevato grado di sensibilizzazione e consapevolezza del maggior valore aggiunto
ottenibile attraverso l’ utilizzo di una società specializzata, sintetizzabile in:
•
la velocità con la quale è possibile identificare manager di qualità, più d’ uno per consentire al
cliente di effettuare la scelta più appropriata: spesso gli interventi di TM devono poter partire
nei 10-15 giorni successivi al conferimento dell’ incarico. Difficilmente una ricerca fatta in casa,
attraverso il passa parola o la pubblicazione di un annuncio, consentirebbe ottenere gli stessi
•
•
•
•
•
risultati, anche qualitativi: solamente attraverso un superlavoro (che fa chi e in quali tempi?)
sarebbe possibile l’ approfondimento degli aspetti motivazionali e personali necessario a
valutare l’ idoneità del manager ad incarichi di TM, senza contare il problema relativo all’
approfondimento sulle tematiche affrontate e sulle competenze maturate;
la specializzazione: è indubbio che chi lavora su un’ ampia casistica di manager e di situazioni
finisca per essere più efficace ed efficiente nell’ individuare la soluzione più appropriata al
problema posto, nonchè le eventuali soluzioni da apportare in corsa durante la vita del
progetto;
il ruolo pre-progettuale della società specializzata, che aiuta il cliente a verificare, e nel caso
creare, tutte le condizioni necessarie perchè l’ incarico abbia successo (es. la comunicazione
interna, la definizione degli obiettivi, il piano d’ azione, l’ eliminazione o la neutralizzazione di
eventuali obiettivi nascosti, etc.);
il supporto durante tutto il progetto, modulabile, come vedremo più avanti, in funzione della
magnitudo del problema fino alla completa assunzione di responsabilità da parte della società
specializzata, ciò che consente di garantire un elevato livello di qualità comple ssiva,
la possibilità di procedere alla sostituzione del manager qualora le condizioni di sviluppo del
progetto lo rendano necessario;
il ruolo di garante, anche nei confronti del manager, della continuità del progetto e delle
condizioni al contorno (economiche, ambientali, etc.), ciò che consente al manager di
concentrarsi al massimo sulla risoluzione del problema senza essere distratto da problemi
differenti.
Esistono due modalità per gestire e portare a compimento un progetto di temporary/interim
management attraverso l’ impiego di una società specializzata:
• quella definibile “a progetto”;
• quella definibile di “tipo search”.
Nel primo caso la società di TM assume la responsabilità del progetto nei confronti del cliente,
facendosi carico di gestire il rapporto contrattuale con il manager e mettendo così in essere un
rapporto di tipo triangolare, per i cui aspetti legali e contrattuali, che esulano dagli scopi di questo
libro, si rimanda alla sezione curata da Giorgio Treglia.
Così facendo il cliente può disporre in realtà di un team che lavora a supporto del manager per
aumentare l’ efficacia dell’ intervento: in Olanda, ma non solo, addirittura è prevista la figura di un
vero e proprio “shadow manager” o manager ombra. Questo si traduce in un impegno diretto da
parte della società di TM, che si ribalta ovviamente sui costi del progetto: è però importante capire
che in questo caso il cliente acquista un servizio più ricco e più complesso del solo lavoro del
manager.
Nella tipologia “search” invece, la società di TM si occupa della ricerca del manager più adatto a
risolvere il problema, lasciando alle parti definire le modalità del rapporto contrattuale: in questo
caso, i compensi della società di TM sono relativi alla ricerca del manager e al monitoraggio
periodico dell’ intervento.
Dire a priori che una soluzione sia preferibile all’ altro non è possibile: è più corretto partire dalle
esigenze del mercato (domanda ed offerta), da un lato, e dalla natura del problema, dall’ altro.
Indipendentemente dalla modalità con cui si sarà scelto di effettuare l’ intervento, la società di
temporary effettuerà una serie di passi operativi necessari a garantire il massimo possibile dell’
efficacia del progetto.
Diagnostico preliminare
Specie nelle situazioni più complesse, e laddove non esista magari uno studio di fattibilità
realizzato da altri, l’ intervento di TM vero e proprio viene preceduto da un diagnostico
organizzativo-strategico mirato a definire con sufficiente precisione il quadro entro cui l’ azienda si
muove e da cui discendono:
• gli obiettivi su cui è opportuno che l’ intervento stesso si focalizzi;
• il piano operativo ipotizzato per raggiungere tali obiettivi.
Si tratta di un lavoro tipicamente consulenziale, con la grossissima differenza rispetto ad uno
studio tradizionale, che il piano indicato non verrà delegato a terzi, ma verrà gestito da chi lo ha
preparato: quello che viene fornito non sono indicazioni e raccomandazioni generiche, bensì l’
impegno su specifiche attività ed azioni.
Questo tipo di analisi ha il grande pregio di obbligare l’ azienda a rispondere con chiarezza, alla
società di TM, ma in primo luogo a se stessa, alle domande più sopra poste.
Sulla base di questi elementi l’ azienda viene quindi ad acquisire tutti gli elementi necessari per
decidere di passare alla fase operativa vera e propria, ivi inclusi gli impegni che essa dovrà
rispettare perché l’ intervento abbia successo: si può quasi interpretare questa fase del progetto
come una sorta di precontratto o di capitolato in cui le parti definiscono con chiarezza i rispettivi
ambiti di e le rispettive responsabilità.
Verifica delle leve a disposizione del manager
Perchè un intervento possa avere successo è indispensabile che il manager venga messo nella
condizione di poter disporre di tutte le leve necessarie alla realizzazione del piano concordato e al
raggiungimento degli obiettivi definiti: può sembrare banale, ma derogare su questo punto
significa ridurre sensibilmente l’ efficacia di tutto il progetto.
In particolare, raccomanderei ai Temporary manager che operano come free lance di prestare
particolare attenzione a questo punto e di non subire passivamente la maggior forza contrattuale
dell’ azienda per poi trovarsi nella spiacevole condizione di dover abbandonare l’ incarico.
Almeno tre sono le aree da tenere in considerazione:
• deleghe e poteri: devono esistere e devono essere funzionali agli obiettivi del progetto. Non
solo: devono essere comunicate con chiarezza a tutta l’ organizzazione al fine di dare piena
legittimità e adeguato peso all’ intervento;
• flussi di comunicazione e decisione: il manager deve poter disporre di tutte le informazioni
necessarie e deve altresì essere coinvolto in tutti i processi operativi e decisionali che
afferiscono ai contenuti e agli obiettivi dell’ incarico;
• reti informali: è infine importantissimo, ma anche difficilissimo, comprendere se e quali reti
informali di gerarchia e di potere esistono ed operano all’ interno dell’ azienda, e valutare i
modi più opportuni per inserirvisi ed eventualmente utilizzarle tatticamente ai fini del successo
finale.
Comunicazione in azienda
La tipica domanda dell’ azienda a questo proposito: devo o meno informare il resto dell’ azienda
sulla temporaneità dell’ incarico?
Alcuni sono portati a pensare che la conoscenza del fattore temporaneità potrebbe indurre nei
collaboratori, ma anche in altri manager, la sindrome del “tiriamo in lungo, tanto questo fra
qualche mese parte”, con il risultato di vanificare parte del lavoro.
La sindrome indubbiamente esiste ed è per certi versi anche umanamente comprensibile, pur se
non giustificabile: solamente un manager nella pienezza e legittimità dei suoi poteri può superare
questo tipo di ostacolo. Se il manager ha la facoltà di gestire in piena autonomia e responsabilità le
risorse, ivi inclusi i poteri di trasferire e addirittura licenziare le persone, la probabilità che le
persone mettano in atto fronde più o meno sistematiche si riduce al minimo.
Pertanto, salvo casi estremamente particolari e specifici, la raccomandazione generale è quella di
dare piena trasparenza alla temporaneità del mandato, e ai poteri e alle deleghe di cui il manager
dispone.
Durante tutto lo svolgimento del progetto, è poi molto importante che si presti adeguata
attenzione alla veicolazione, specie agli altri manager “chiave” della struttura, di alcuni messaggi
riguardanti i principi base di un intervento di temporary, ovvero:
•
•
•
l’ aver optato per una scelta di tipo TM non implica alcuna sfiducia nei confronti del
management interno: si tratta di una scelta tattica, ampiamente giustificabile in termini di
rapporto costi / benefici;
i compensi del manager, in quanto sensibilmente più elevati dei suoi colleghi permanenti, non
devono essere considerati una turbativa al sistema di equità interna, bensì il giusto prezzo di un
servizio particolare e la giusta remunerazione di un certo tipo di rischio d’ impresa personale
che il Temporary manager accetta di correre;
il Temporary manager non rappresenta un pericolo per la carriera di nessuno: entra ed opera
per poter divenire inutile, non per costruire una propria carriera a detrimento di altri. Anzi,
spesso entra a servizio della carriera di altri manager, laddove venga chiamato per gestire
situazioni di “coaching”.
Pensare da subito al trasferimento delle competenze
A parte i casi di coaching, dove la cosa è di per sè ovvia sin dall’ inizio, quasi sempre un intervento
di TM ha tra i suoi obiettivi collaterali quello di trasferire all’ azienda cliente know how e
competenze per migliorare la gestione di determinati processi o funzioni.
Perchè la cosa abbia successo, è però necessario che venga identificato, meglio se da subito, chi
dovrà ricevere questo know how e queste competenze per poter gestire a regime e nella normale
operatività quanto implementato dal Temporary manager.
Ho avuto modo di notare che molte aziende non prestano adeguata attenzione a questo punto,
finendo per procrastinare la decisione fino alle fasi finali del progetto, e arrivando a maturarne una
in maniera affannata e frettolosa. Quanto prima invece si è capaci di pianificare il trasferimento,
tanto più efficace esso sarà e tanto più soft sarà la fase di distacco del manager.
Evitare la sindrome del “è bravo, facciamolo fare al Temporary manager”
Può capitare che, specie su incarichi non brevi (dodici/diciotto mesi) l’ azienda si assuefaccia al
Temporary manager, al punto di dimenticarne la temporaneità, considerandolo nè più nè meno un
membro permanente della struttura, e di cominciare ad affidargli incarichi collaterali, magari su
problematiche di lungo termine.
E’ importante che questi comportamenti non inducano una defocalizzazione rispetto ai piani e agli
obiettivi definiti, che peraltro, se richiesto da particolari condizioni, possono anche essere
modificati in corso d’ opera.
COME VALUTARE I COSTI DI UN INTERVENTO
Le aziende hanno ormai compreso che si tratta di un servizio ad elevato valore aggiunto e che,
come tale, ha una sua propria rilevanza e dignità anche in termini di costi.
Il Temporary Manager è in genere un manager di elevata seniority, spesso sovradimensionato
rispetto all’ incarico al fine di accelerare la presa di contatto con il problema e la veloce definizione
di una soluzione operativa.
E’ quindi naturale che il suo costo sia più elevato di quello di un dirigente tradizionale (calcolato su
base temporale omogenea).
In secondo luogo, se un temporary entra in un’ azienda è perchè esiste uno specifico problema da
risolvere per cui l’ azienda non dispone di risorse interne adeguate. Il primo elemento di
riferimento per valutare i costi di un operazione di TM dovrebbe essere rappresentato dal costo (o
mancato ricavo) che l’ azienda deve comunque sostenere lasciando irrisolto un dato problema per
un dato periodo di tempo, o risolvendolo in maniera inadeguata, magari riciclando un manager
interno non idoneo.
Non va poi dimenticato che quasi sempre una parte significativa dei compensi di un TM è legata al
raggiungimento degli obiettivi concordati.
Infine una sottigliezza: il calcolo corretto del valore di una posizione dirigenziale dovrebbe a rigore
considerare l’ eventuale costo relativo alla dismissione del dirigente, che in generale si può valutare
in due annualità di stipendio, nonchè i costi di formazione e aggiornamento, mentre per il TM
parliamo del solo costo effettivo del lavoro che è certo e definito.
La regola aurea secondo cui un TM dovrebbe costare circa un 20-30% più del costo aziendale di
un dirigente tradizionale può in generale ritenersi valida come parametro generale di riferimento,
tenendo però conto delle osservazione appena fatte.
Un elemento che influenza in maniera rilevante il costo di un intervento è la scelta della modalità
con cui lo stesso verrà effettuato (vedi Capitolo su Gestione di un progetto), ovvero a progetto o a
ricerca.
Essendo molto diversi in termini di impegno e di complessità le due tipologie estreme di modalità
di erogazione del servizio, ne consegue che molto diversi saranno i costi dell’ intervento.
Nel caso di modalità a ricerca, il costo dell’ operazione sarà pari al costo del manager e alle fee
professionali della società specializzata, che coprono la ricerca del manager e il monitoraggio
periodico dell’ intervento: ovviamente, quanto più intenso e costante è l’ impegno, tanto più alte
saranno queste fee. In questa situazione il cliente avrà due controparti contrattuali, il manager che
percepirà i compensi per la propria prestazione di temporary, e la società di temporary che
percepirà le fee per il lavoro di ricerca e di monitoraggio.
Per quanto riguarda il rapporto contrattuale tra azienda e manager, e i costi da esso derivanti,
sono possibili scenari alternativi in funzione del bilanciamento delle specifiche esigenze:
•
•
•
•
alcuni manager, specie se anagraficamente senior e molto vicini ai massimi pensionistici,
possono essere n
i teressati a beneficiare di contribuzione addizionale ai fini pensionistici per
raggiungere i massimi citati, senza dover pagare il pesantissimo dazio della contribuzione
volontaria: passando attraverso l’ istituto del contratto di lavoro dirigenziale a tempo
determinato, ovvio che il costo aziendale da considerare sia più elevato;
molti manager operano attraverso una loro società (generalmente una Sas o una Srl), ciò che
consente al cliente di beneficiare di un costo aziendale complessivo più basso, e al manager di
un compenso netto più elevato, essendo possibile portare in detrazione i propri costi operativi;
alcune aziende, per specifica policy interna, preferiscono operare con un contratto di dirigente
a tempo determinato, anche per progetti di breve durata;
altre, sempre per policy interne, preferiscono operare con un contratto di tipo professionale.
Nel caso di gestione a progetto, si viene a configurare il rapporto di tipo triangolare più sopra
accennato, in cui l’ azienda ha una sola controparte contrattuale rappresentata dalla società di
temporary, il cui costo complessivo è funzione del livello del manager prescelto per l’ incarico e
della quantificazione del lavoro di backup e di shadow management.
GLI ASPETTI LEGALI DI UN INTERVENTO
Contract Manager: una soluzione per tanti problemi
In un momento storico in cui si assiste ad un particolare progresso, o, meglio, desiderio di
progresso delle tematiche che informano i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, acquista
particolare rilevanza il problema della flessibilità.
E’ nota la diatriba fra chi vede nel futuro, anche europeo, soluzioni alternative allo stretto concetto
di subordinazione, rispetto a chi ritiene che tale situazione non vada in alcun modo alterata.
Lungi dal voler prendere posizione su questioni politiche internazionali, si desidera qui illustrare
una particolare figura, nata intorno al 1990, che si pone come soluzione a situazioni del tutto
particolari per aziende che si trovano in momenti difficili o che necessitano di aiuti specifici.
Ci si riferisce al contract manager i caratteri peculiari si vuol tentare di sunteggiare.
Contract manager – una definizione
Il contract manager è un servizio reso da società specializzate diretto a far fronte, in maniera
innovativa e flessibile, a situazioni di discontinuità nella direzione di imprese, all’interno delle quali
si rende necessario, appunto, un intervento manageriale temporaneo1[1].
Più in particolare la figura in questione vorrebbe rispondere ad una esigenza di collaborazione tra
imprese e manager di livello per realizzare un obbiettivo specifico che può essere il più vario.
Deve, innanzi tutto, precisarsi che la funzione e l’oggetto del contratto di temporary management
differiscono profondamente dai normali rapporti di consule nza o di lavoro autonomo.
Nel nostro ordinamento non esiste un tipo di contratto simile a quello che stiamo trattando, ma ciò
non ne esclude la perfetta validità ed efficacia, posto che l’art. 1322 del codice civile, consente alle
parti di determinare liberamente il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. E’ dunque
possibile stipulare accordi che non appartengano “ai tipi aventi una disciplina particolare, purché
siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Chi ricorre al temporary management è normalmente un’azienda che ha necessità di risolvere
alcune problematiche in un tempo breve: è quindi il caso di chi deve affrontare una successione,
oppure risolvere un momento di crisi interna, oppure affrontare una nuova realtà di mercato, ecc.
Normalmente, per la risoluzione di tali problemi che ineriscono le più alte funzioni aziendali è
necessario valersi di manager specializzati con costi notevoli.
Orbene il temporary management2[2] si pone lo scopo di risolvere, in un tempo breve e con costi
inferiori, lo specifico problema, senza cioè che l’azienda debba essere costretta a licenziare, ad
esempio, un proprio dirigente e ad assumerne un altro; ovvero senza che si creino conflitti gravi in
un situazione normalmente già precaria.
La fase di chek-up
Quali che siano i motivi per cui si ricorre ad una società di temporary management, occorrerà,
innanzitutto che sia effettuata una “diagnosi” su una serie di situazioni. Così la società di
temporary management dovrà svolgere un’analisi sullo stato dell’impresa cliente, sul suo sistema
produttivo, e commerciale, sulla sua organizzazione e situazione economico-finanziaria, fino ad
arrivare alla conoscenza del mercato in cui si colloca ed opera.
Questa fase, definita di check-up, risulta di primaria importanza e deve essere caratterizzata da
una grande disponibilità nei confronti dell’azienda di temporary management.
Infatti, in questo momento, si devono focalizzare tutte le problematiche da risolvere e, soprattutto,
è necessario rendersi conto di quali sono le potenzialità della società cliente. Se questo, dunque, è
il principio generale, va da sé che la fase del check - up, ovvero la conoscenza dello “stato”
effettivo dell’impresa cliente costituisce il fulcro di tutta l’operazione, soprattutto di quella seconda
fase che si definisce di gestione vera e propria e che esamineremo tra breve.
La fase di gestione
Osserviamo ora lo svolgimento della fase di gestione.
[1]
Per una disamina più approfondita delle tematiche del manager a contratto ci si permette di
rinviare a TREGLIA, La regolazione del rapporto con il contract manager, in Contract manager,
direttore generale affittasi, a cura di Vergani, Milano, Angeli , 1997, p. 103 ss.
[2]
Cfr. altresì SCARPELLI, in Dir. rel. ind., 1992, 105 che parla di “un servizio che appare
sintonico a tendenze evolutive delle forme di direzione dell’impresa”.
[3]
Cfr., altresì le argomentazioni di SCARPELLI, op. cit. p. 106, nonchè TIRABOSCHI, ivi, p. 94.
L’impresa cliente: 1) “compera” la prestazione nella sua globalità ovvero la struttura che la società
di temporary management mette a disposizione e 2) la “prestazione sul campo” che svolge il
contract manager.
La seconda fase, ovvero quella della gestione, è il momento più significativo e si sviluppa in modo
particolare.
Conclusa la fase del check-up e, forte di tutte le informazioni e notizie ivi apprese, stipulato,
altresì, il vero e proprio contratto di gestione, il manager può finalmente operare, nel senso che
potrà assumere le cariche del caso, diventare eventualmente membro del C.d’A. e comunque
prendere le decisioni opportune, tenere i contatti con i fornitori, con i dipendenti e con quanti
necessario.
Normalmente, a seconda del “grado” di intervento il contract manager è presente uno o più giorni
la settimana presso la sede dell’azienda cliente. Come si vede non è il caso della semplice
consulenza, ovvero di chi dà consigli da lontano evitando l’assunzione di ogni rischio; viceversa, è
una vera e propria attività sul campo con un obiettivo finale ben specifico. Grava, dunque, sul
contract manager ed anche sulla società di temporary management un vero e proprio rischio tipico
delle obbligazioni di risultato.
Accanto alla viva presenza del contract manager non va dimenticato il ruolo fondamentale che
svolge la società di temporary management. Infatti, il contract manager potrà, ed anzi dovrà,
sempre chiedere alla stessa tutte le informazioni e tutti i supporti specifici ritenuti necessari.
Periodicamente, poi, la stessa società di temporary management dovrà presentare all’impresa
cliente il sunto dell’attività svolta ed i progressi compiuti per il raggiungimento dell’obiettivo finale.
In conclusione, è la squadra formata dai tecnici della società di temporary management e dal
contract manager che profonde tutte le energie per il compimento dell’opera loro commissionata.
E’ in questo secondo momento che il contract manager dovrà “sfoderare” tutte le sue doti per
riuscire a perseguire l’obiettivo che egli stesso e la società di temporary management si
prefiggono.
E così se, ad esempio, se si tratta, ad esempio, di far superare alla società cliente un periodo di
crisi, occorrerà rilanciare il prodotto, incentivare il budget pubblicitario e così via. Sono tutte
operazioni che vengono decise soprattutto dal contract manager il quale avrà acquisito le
necessarie funzioni e/o cariche (ad esempio direttore generale, amministratore delegato, membro
del C.d’A., ecc.).
E’, dunque, molto importante che il contract manager diventi una parte attiva della società, una
sorta di motore ausiliario particolarmente potente che consenta di correggere in poco tempo le
eventuali rotte sbagliate.
Normalmente la fase della gestione ha durata variabile e vedrà la presenza del contract manager
presso la società cliente per periodi specifici e definiti che ovviamente varieranno in funzione
dell’oggetto del contratto.
La prestazione di che trattasi dovrà essere svolta presso l’impresa cliente la quale potrà rendersi
conto quotidianamente dei progressi e, soprattutto, dare al contract manager tutto l’aiuto
necessario per il perseguimento dell’obiettivo.
Gli obblighi della società cliente
Quanto agli obblighi che ha la società cliente, essi si sostanziano senz’altro nel dare tutto l’aiuto
necessario per raggiungere l’obiettivo; tuttavia, altra obbligazione fondamentale sarà quella del
pagamento del prezzo della prestazione. Normalmente la società di temporary management e
l’impresa cliente stipulano accordi in base ai quali è previsto un pagamento globale della
prestazione spesso suddiviso in periodi (mesi-trimestri). E’ pure possibile che sia previsto una sorta
di premio nel caso in cui siano raggiunti obiettivi di particolare specifica rilevanza.
Ad ogni buon conto, questa parte del rapporto obbligatorio vede come soggetti soltanto la società
cliente e l’impresa di temporary management in quanto il contract manager, come vedremo
successivamente, stipula accordi solo con la società di temporary management.
E’ molto importante ricordare che la prestazione del contract manager presso l’impresa cliente non
fa nascere, fra loro, alcun tipo di rapporto obbligatorio. Infatti, l’impresa stessa non assume un
dirigente e neppure stipula con il contract manager alcun tipo di rapporto di collaborazione, in
quanto, come detto, gli unici rapporti sussistono fra società di temporary management ed impresa
cliente.
Nel nostro caso l’attività che svolge il contract manager è prettamente intellettuale, in secondo
luogo l’impresa cliente non usufruirà della prestazione di chi è dipendente altrui, proprio perché il
manager non è dipendente della società di temporary manager, sibbene è legato alla stessa da un
particolare contratto di collaborazione meramente autonoma.
Il rapporto con il manager a contratto
Affrontiamo ora il tema assai importante del rapporto che intercorre fra il contract manager,
l’impresa cliente e la società di temporary management e, soprattutto dell’obbligazione che il
manager stesso assume.
Va detto che il rapporto obbligatorio, ovvero lo scambio specifico delle prestazioni, avviene tra la
società di temporary management e il contract manager. Questi due soggetti, infatti, devono
stabilire con precisione le modalità dell’opera che il contract manager dovrà svolgere, le
caratteristiche dell’intervento, il tipo di remunerazione e quant’altro di necessità.
E’ ovvio che il rapporto che lega il contract manager alla società di temporary management non
può che essere un contratto d’opera, che trova la sua definizione nell’art. 2222 c.c. Tale articolo
definisce il rapporto de quo come quello di colu i che si obbliga a compiere verso un corrispettivo
un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei
confronti del committente.
E,’ quindi, da escludere che il contract manager sia un lavoratore subordinato 3[3]; e ciò in quanto
questo ha una responsabilità diretta e specifica tesa a raggiungere l’obiettivo stabilito con l’impresa
cliente (ad es. il superamento del momento di crisi); inoltre il contract manager andrà ad assumere
presso l’impresa cliente cariche incompatibili con il concetto di subordinazione (ad es. membro del
C.d.A., ecc.).
Alla fine, al termine, cioè del periodo di intervento del manager a contratto la società cliente avrà
raggiunto il suo obbiettivo, e continuerà a svolgere la propria attività con le sue rinnovate forze.
IL MERCATO ITALIANO
Il mercato italiano è oggi ancora in sviluppo.
L’ offerta di temporary manager è quella tipica di un mercato nascente, e quindi caratterizzata
dalla presenza di:
•
•
•
pochissimi temporary di lungo corso, che praticano la professione da alcuni anni e hanno avuto
modo di confrontarsi con più incarichi, per più nella fascia d’ età tra 50 e 55 anni (e oltre);
molti temporary da poco avviatisi alla professione e con uno/due incarichi alle spalle, con un’
età che scende fino ai 40-43 anni;
moltissimi disponibili, e non perché forzati a farlo, ad iniziare un nuovo periodo della loro vita
professionale.
Anche per quanto riguarda i progetti realizzati non è possibile estrapolare dati quantitativi, essendo
alquanto variegata le tipologia di offerta attraverso cui le aziende italiane possono accedere a
servizi di TM:
•
società specializzate di TM, operanti sia “per progetto” che a ricerca;
•
società finanziarie o banche d’ affari specializzate nell’ acquisizione e ristrutturazione di aziende
o rami d’ azienda in crisi, che spesso portano a termine l’ intervento attraverso l’ utilizzo
temporaneo di manager di alto profilo di propria fiducia;
•
grandi studi di commercialisti o avvocati d’ affari che talvolta guidano il cliente, magari in
difficoltà, verso l’ impiego di manager di valore conosciuti su base temporanea;
•
società di head hunting che occasionalmente, per risolvere specifici problemi dei loro clienti,
inseriscono dei manager temporanei;
•
manager singoli che svolgono questa attività su base regolare e come specifica scelta
professionale e di vita, e che molto spesso gestiscono direttamente il proprio marketing
attraverso il passaparola, senza alcun ricorso ad intermediari;
•
cooperative di manager: hanno avuto un periodo di forte fioritura e rappresentano spesso un
modo per dividere costi di struttura e per fornire al Cliente il fattore tranquillizzante di un’
organizzazione alle spalle, che spesso esisteva purtroppo solamente sulla carta;
•
società di consulenza che talvolta gestiscono anche la fase dell’ implementazione distaccando
propri consulenti con incarichi operativi presso il cliente (fatto non infrequente nel mondo dell’
Information Technology).
Il numero di operatori specializzati e qualificati è oggi molto ridotto, quattro/cinque nomi o poco
più, con una scarsa presenza di società di matrice multinazionale (in ordine alfabetico):
BOYDEN TEMPORARY MANAGEMENT
Maurizio Quarta
Via Carducci 32
20123 Milano
02.8055352
[email protected]
CONTRACT MANAGER
Angelo Vergani
Via Caradosso 8
20123 Milano
02.48195272
EXECUTIVE INTERIM MANAGEMENT (EIM)
Guido Tarizzo
Via Croce Rossa 2
20121 Milano
02.29006626
TIM
Albino Collini / Domenico Costa
Corso Vittorio Emanuele
20100 Milano
02.76318387
BIBLIOGRAFIA
Esistono purtroppo pochissimi testi in lingua italiana, tra i quali si segnalano, in ordine cronologico
partendo dal più recente:
Quarta Maurizio
Temporary Management – Ascoltiamo l’ Europa
AISL (02.6692908), 2002
Franco D’Egidio, Gianmario Molteni, Giorgio Treglia, Angelo Vergani
Manager in affitto
Franco Angeli, 1997
Godfrey Golzen
Interim Management
Sperling & Kupfer, 1992
Angelo Vergani, Gianmario Molteni –
Contract Manager: direttore generale affittasi
Franco Angeli, 1990
Un’ottimo testo in lingua inglese è:
Dennis Russel
Interim Management
Butterworth Heinemann, 1998
NOTA SUGLI AUTORI
Maurizio Quarta (44 anni) si occupa di Temporary Management da alcuni anni:
oggi dirige le operazioni di Boyden Temporary Management, avendo cominciato ad
occuparsi del tema a livello non profit in ATEMA - Associazione per il Temporary
Management, di cui è stato Socio Fondatore e Vice Presidente, nonchè Chairman dell’
iniziativa Certificazione e Formazione. E’ stato tra l’ altro ideatore e coordinatore della
prima ricerca sul Temporary Management in Italia (1995).
E' giornalista pubblicista: suoi contributi su temi di management sono stati pubblicati su Il Sole 24
Ore, Il Mondo, L'Impresa, Espansione, Hamlet, Banca e Lavoro, Direct Marketing e Comunicazione,
L’ Imprenditore, Italia Oggi.
E' Consigliere di ALUB - Associazione Laureati Bocconi.
E’ Consigliere di Rent a Journalist, iniziativa innovativa nel campo della comunicazione giornalistica.
E’ Vice Presidente di “Genitori si diventa – onlus” che si occupa di informazione e formazione all’
adozione internazionale.
Giorgio Treglia Specializzato in materia giuslavoristica con specifico riguardo alla
tematica dei licenziamenti, dei criteri di assegnazione delle qualifiche rispetto ai vari
contratti collettivi, dei rapporti di collaborazione autonoma ed alle questioni
previdenziali e pensionistiche.
Iscritto all’Albo dei Procuratori legali di Milano dal 10 maggio 1982. Iscritto all’Albo
degli Avvocati dal 12 maggio 1988. Collabora dal 1979 con la I cattedra dell’Istituto di Diritto
Processuale Civile dell’Università degli Studi di Milano.
E’ stato Professore a contratto, fino al 1997, presso la Facoltà di Relazioni Pubbliche (IULM).
Docente presso la Scuola di specializ zazione per le professioni legali, organizzata dalla Facoltà di
Giurisprudenza di Milano.
Oltre all’attività professionale, continua l’approfondimento delle varie tematiche di diritto del lavoro
e diritto processuale, sia attraverso la redazione di note a sentenza e studi di maggiore
approfondimento, sia attraverso la partecipazione, come docente, a corsi di specializzazione
organizzati dalle più importanti aziende di settore.
Fra i maggiori contributi si ricordano:
“L’attuazione dei provvedimenti”, in Il nuovo processo cautelare, a cura di G.Terzi, Cedam, Padova,
1993.
“La regolazione del rapporto con il contract manager”, in Contract Manager, Milano, Franco Angeli,
1991.
“La responsabilità da licenziamento disciplinare illegittimo”, in Lavoro e previdenza oggi, 1996,
p.1041.
La rassegna di giurisprudenza edita annualmente da Ipsoa dal 1996 in tema di diritto del lavoro.
Studio professionale: Via Senato 12 20122 Milano tel. 02/76022581 fax:02/782112 e-mail
[email protected]
NOVITÀ LIBRI
Temporary Management
Ascoltiamo l’ Europa
di Maurizio Quarta
Un libro a diciotto mani per far crescere il servizio in Italia.
Il Temporary Management sta diventando anche in Italia, sull’ esempio delle economie nordeuropee, uno strumento sempre più conosciuto ed utilizzato laddove l’azienda debba risolvere in
maniera efficace, flessibile e veloce dei problemi operativi di gestione, oltretutto a fronte di costi
certi e definiti e di ritorni economici direttamente misurabili.
Un freno ad un maggiore sviluppo è però ancora rappresentato da alcuni falsi miti e da una non
completa conoscenza dello strumento e delle sue modalità operative.
Partendo da questa premessa, Maurizio Quarta ha sviluppato un interessante lavoro di ricerca
edito nella collana SL Quaderni di AISL – Associazione di Studi del Lavoro.
Sin dalle prime pagine è possibile percepire l’ approccio multiculturale ad un tema che sta sempre
più diventando pratica corrente nel mondo del management italiano: non è casuale che la
presentazione del libro sia fatta da Giovanni Scafidi - Presidente di AISL, e da Mario D’ Ambrosio –
Vice Presidente Nazionale di AIDP.
Ma la vera novità del libro è il suo respiro internazionale: infatti, lungi dall’ essere il solito manuale
su come fare Temporary Management, il libro ripercorre le tappe di sviluppo di questo innovativo
strumento di gestione nei Paesi europei ove è ormai prassi consolidata: Inghilterra e Olanda in
primis, seguite da Francia, Belgio e Germania. Soprattutto, l’ Autore ha analizzato in profondità i
fattori chiave di successo che hanno consentito al mercato di fare il salto culturale richiesto perchè
questo servizio si affermasse definitivamente.
Per fare ciò l’ Autore si è avvalso del contributo di ben otto opinion leader nei Paesi citati, ciascuno
apportatore di esperienze e visioni differenti: da rappresentanti di associazioni di società fornitrici
del servizio, a rappresentanti di associazioni di temporary manager, a fornitori qualificati del
servizio, il tutto per dar vita ad una polifonia di voci dalla quale Quarta ricava una serie di
indicazioni e suggerimenti sulle strade da seguire nel nostro Paese per colmare l’ attuale gap, che
lui stesso stima in 5-6 anni, rispetto alle realtà più evolute.
In sintesi si tratta di un libro che offre interessanti spunti di riflessione a diverse categorie di
lettori:
• ai manager interessati a diversificare le proprie esperienze;
• ai temporary manager per confrontarsi con realtà più evolute;
• alle aziende per capire a fondo valenze e problematiche dello strumento,
• al legislatore d’ impresa per creare un quadro normativo facilitante.
Il volume può essere richiesto a:
AISL – Via Tonale, 9
20125Milano
tel. 02-6692908
fax
02-66987592
web www.Aisl-Italia.it