Nuove terapie dell`asma bronchiale Oggi
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Nuove terapie dell`asma bronchiale Oggi
Oggi Vol. 95, N. 6, Giugno 2004 Nuove terapie dell’asma bronchiale Massimo Mosca Frezet 1, Alessandro Braida 1, Maurizio Dore 2, Federica Gani 1 Riassunto. Fino ad ora la terapia dell’asma bronchiale si è basata sull’impiego di broncodilatatori topici e antinfiammatori steroidei ad azione locale e sistemica. Tuttavia, i limiti dei farmaci ad azione topica sono legati alla scarsa efficacia nel controllo dell’infiammazione delle vie aeree distali e all’impossibilità di controllare patologie spesso associate alla malattia (come per esempio la rinite), mentre i farmaci steroidei impiegati per via sistemica sono antinfiammatori potenti ma non specifici, gravati pertanto di numerosi effetti collaterali. In questi ultimi anni è emersa di conseguenza la necessità di trattamenti ad azione sistemica, che agiscano sui mediatori specifici della malattia, senza alterare le fisiologiche funzioni dell’organismo. Appartengono a questa categoria farmaci di ormai comune impiego come gli antileucotrienici e farmaci di cui è ormai prossima la commercializzazione anche in Italia come gli anticorpi anti IgE. Per quanto riguarda gli antileucotrienici, i risultati ottenuti in studi clinici in termini di efficacia e tollerabilità hanno fatto sì che tali farmaci siano attualmente indicati in associazione agli steroidi inalatori nell’asma persistente non adeguatamente controllato dalla sola terapia steroidea. Il grande vantaggio è che vengono somministrati per os, alcuni di questi anche in mono-somministrazione e in età pediatrica; negli Stati Uniti, inoltre, sono stati recentemente indicati anche nel trattamento della rinite allergica. Nell’asma allergico l’impiego degli anticorpi anti-IgE (omalizumab) ha evidenziato globalmente un ottimo profilo di efficacia e sicurezza, consentendo un miglioramento clinico e la riduzione dell’uso steroidi inalatori e/o sistemici, senza effetti collaterali di rilievo. Sono infine in fase di studio alcune molecole che intervengono nella risposta infiammatoria mediata dalle citochine, gli inibitori della fosfodiesterasi e gli steroidi modificati. Parole chiave. Anti IgE, antileucotrieni, asma, Summary. New treatments for bronchial asthma. Nowadays asthma treatment is based on topical beta2 short-acting and topical and systemic corticosteroids. Topical drugs do not control completely peripheral airways inflammation and also they are not able to control other disease frequently associated to asthma as rhinitis. Systemic steroids instead are very useful but not specific antinflammatory drug and can induce important side effects. For the reasons mentioned above it is important to use systemic drugs, acting on the numerous mediators typical of asthma, without modifying human physiological functions. We actually can use antileucotriens, but anti-IgE will be available also in Italy soon. Antileucotriens are effective and safe and are actually used in persistent asthma not completely controlled by inhaled steroids. They are administered per os; some of them are used once a day and can be used in paediatric age. In USA antileucotriens are also indicated in allergic rhinitis treatment. In atopic asthma, Omalizumab, an anti IgE drug, is safe and useful. It reduces the use of the systemic and inhaled steroids and the number of asthma exacerbations, in selected treated patients, without inducing important side effects. It is also useful in the treatment of rhinitis. Some proinflammatory cytochines, antiinflammatory cytochines and phosphodiesterasis inhibitor could be useful in the treatment of asthma but actually the use of these new drugs is still experimental. Key words. Anti IgE, antileucotriens, asthma. 1 Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Servizio di Allergologia Respiratoria Azienda Ospedaliera San Luigi Orbassano, Torino; 2 Struttura Complessa di Medicina Interna ASL 5 Rivoli. Pervenuto il 28 gennaio 2004. 290 Recenti Progressi in Medicina, 95, 6, 2004 Introduzione È ormai universalmente accettato che l’asma bronchiale sia una malattia infiammatoria cronica e che, in aggiunta al trattamento broncodilatatore, la terapia con farmaci antinfiammatori sia, pertanto, fondamentale per controllare la sintomatologia e ridurre l’associata condizione di iperreattività bronchiale 1 . L’infiammazione è una caratteristica costante della malattia asmatica ed è stata dimostrata sia nei soggetti atopici che nei non atopici 2. Le basi biologiche della reazione allergica a livello delle vie aeree si sono recentemente arricchite di nuove e importanti conoscenze. È stata così identificata una serie di meccanismi che entrano in gioco nel determinare la reazione precoce, che è una classica reazione di ipersensibilità di tipo I, e la reazione tardiva, in cui sono coinvolte diverse cellule infiammatorie, tra cui spiccano per importanza i granulociti eosinofili 3 . Obiettivo di qualsiasi trattamento antiasmatico dovrebbe dunque essere rappresentato dall’eliminazione della flogosi delle vie aeree e dalla possibilità di impedire la progressione della malattia, con conseguente riduzione della morbilità a lungo termine. L’osservazione, inoltre, del carattere sistemico dell’asma allergica, come evidenziato dalla frequente associazione con la rinite, dall’osservazione che bambini con dermatite atopica sono maggiormente predisposti a sviluppare asma, nonché dall’aumento in circolo e a livello midollare di basofili, eosinofili e loro precursori dopo stimolazione specifica, rende sempre più conto dell’importanza di impiego di terapie sistemiche per ottenere un completo controllo della patologia 4. In passato il trattamento antiasmatico prevedeva, in effetti, l’impiego di terapie ad azione sistemica (ad esempio corticosteroidi e beta agonisti); tuttavia, i primi trattamenti a somministrazione orale erano associati a profili di effetti collaterali gravi. Di conseguenza, sono state successivamente sviluppate terapie di tipo inalatorio nel tentativo di ridurre gli effetti collaterali sistemici. I corticosteroidi topici infatti rappresentano i farmaci d’elezione per la terapia di fondo dell’asma persistente e i beta2 agonisti topici sono i farmaci raccomandati per risolvere l’attacco acuto di asma. Nonostante questo, esistono alcuni limiti legati all’impiego dei prodotti topici quali la scarsa efficacia nel controllo dell’infiammazione delle vie aeree distali, in quanto la maggior parte della dose inalata si deposita nelle vie aeree prossimali, l’impossibilità di controllare le manifestazioni sistemiche della malattia e la difficoltà ad usare correttamente il prodotto 5. I farmaci tradizionali ad attività sistemica quali i corticosteroidi per via orale sono antinfiammatori potenti ma non specifici, gravati pertanto di numerosi effetti collaterali. In questi ultimi anni è emersa, di conseguenza, la necessità di un trattamento sistemico, in grado di agire in maniera selettiva su mediatori specifici della malattia, senza alterare le normali funzioni fisiologiche dell’organismo. A questa categoria ap- partengono molecole di recente scoperta, comunemente utilizzate, come gli antileucotrienici, di cui è stata accertata l’efficacia e la tollerabilità da parte di numerosi studi clinici, gli anticorpi anti IgE la cui entrata in commercio è già avvenuta in USA ed è ormai prossima in Italia, e principî terapeutici il cui utilizzo è ancora in fase sperimentale, come alcuni inibitori di citochine proinfiammatorie e gli inibitori selettivi della fosfodiesterasi 6. Antileucotrienici I leucotrieni sono mediatori prodotti da numerose cellule implicate nei processi di flogosi come neutrofili, eosinofili, mastociti, linfociti e macrofagi. Essi vengono sintetizzati ex novo dall’acido arachidonico ad opera della 5-lipossigenasi, enzima bifunzionale che catalizza sia la reazione che porta alla formazione di 5-HPETE, sia alla sintesi da quest’ultimo di un composto instabile, LTA4, che rappresenta il mattone iniziale per la sintesi di tutti i leucotrieni. Queste sostanze vengono rilasciate dopo stimoli adeguati, come, per esempio, l’interazione tra IgE e allergene o la presenza di immunocomplessi ed endotossine circolanti, ed esercitano le loro azioni biologiche tramite il legame con specifici recettori attivabili. Per i cisteinilleucotrieni (a cui appartengono LTC4, LTD4, LTE4) sono stati farmacologicamente identificati almeno 2 recettori. Il recettore CysLT1 si localizza elettivamente sulla muscolatura liscia bronchiale e sulla membrana citoplasmatica dei macrofagi polmonari; la stimolazione di questo recettore provoca, oltre alla contrazione della muscolatura liscia bronchiale, aumento della produzione di muco, vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare, proliferazione delle miocellule liscie e delle cellule epiteliali e numerosi effetti sugli eosinofili. Le sempre più approfondite ricerche sul ruolo patogenetico dei leucotrieni nell’asma hanno stimolato la sintesi di composti in grado di antagonizzare gli effetti biologici dei leucotrieni. In base al diverso meccanismo d’azione, si distinguono 3 gruppi di principî attivi: 1) inibitori della 5-lipossigenasi 2) inibitori della proteina attivante la 5-lipossigenasi 3) antagonisti recettoriali dei cisteinil-leucotrieni. Questi ultimi costituiscono una nuova classe di farmaci e due di questi (montelukast e zafirlukast) sono disponibili anche in Italia e si sono rivelati efficaci nel trattamento dell’asma bronchiale 7. I due aspetti caratterizzanti il razionale per l’impiego degli antileucotrienici sono rappresentati dalla contemporanea presenza di attività broncodilatatrice e antinfiammatoria agendo su mediatori, la sintesi dei quali non è influenzata dagli steroidi. Inoltre, essendo somministrabili per via orale, garantiscono una buona compliance al trattamento da parte del paziente, nonché la possibilità di controllo delle manifestazioni sistemiche che accompagnano la patologia asmatica (come, per esempio, la rinite) 8. M. Mosca Frezet, et al.: Nuove terapie dell’asma bronchiale Il montelukast è quello attualmente più utilizzato sia per la sicurezza d’uso (vedi in seguito) sia in quanto è l’unico prodotto che si può impiegare in età pediatrica a partire dai due anni di età ed inoltre presenta il vantaggio della monosomministrazione giornaliera. In numerosi studi condotti mediante test di stimolazione, gli antagonisti dei recettori di leucotrieni hanno dimostrato una significativa protezione nei confronti della broncocostrizione indotta dall’inalazione di allergene e dall’inalazione di aria fredda. Studi broncoscopici utilizzanti stimolazione allergenica endobronchiale preceduta da premedicazione con zafirlukast o montelukast per os hanno documentato, inoltre, una riduzione dell’infiltrato cellulare infiammatorio e un’attenuazione della fase sia precoce che tardiva della broncocostrizione, confermando l’ipotesi di un effetto antinfiammatorio di questa classe di farmaci 9. Poiché l’esercizio fisico rappresenta un comune fattore scatenante in oltre l’80% degli asmatici, è stata testata l’efficacia preventiva degli antileucotrienici in questa classe di pazienti. È stato così dimostrato che la premedicazione con antileucotrienici inibisce la massima broncocostrizione del 50-80%, con una riduzione del tempo di recupero della normale funzione respiratoria. Anche l’asma da aspirina, che colpisce oltre il 10% degli asmatici, può giovarsi del trattamento con antileucotrienici. Infatti, i pazienti affetti da asma da ASA, oltre alla frequente presenza di poliposi nasale, presentano un’esaltata produzione basale di leucotrieni (dovuta in parte ad alterazioni genetiche), se confrontata con gli asmatici non ASA sensibili. Il pretrattamento con antileucotrienici protegge dalla broncocostrizione indotta dall’aspirina e migliora la funzione polmonare. Ciò ha indotto a suggerire gli antileucotrienici come farmaci di prima scelta in questa sottoclasse di pazienti. Numerosi trial clinici su pazienti affetti da asma lieve-moderato hanno evidenziato una significativa relazione fra uso di antileucotrieni e risposta terapeutica osservata, sia in acuto che in cronico. La somministrazione orale di antileucotrienici produce un miglioramento della funzione polmonare, misurata mediante FEV1, entro 1-3 ore, pari al 5-8% se comparata con placebo. Questo effetto è additivo se agli antileucotrieni viene associato un beta2-agonista ad azione rapida. Per quanto riguarda gli effetti nella terapia cronica, un trattamento di almeno 4 settimane induce un miglioramento del FEV1 approssimativamente del 5-10% rispetto al placebo; tale miglioramento risulta evidente già dopo le prime 2 settimane di terapia continuativa. Questi farmaci, inoltre, riducono di circa il 30% la necessità di ricorrere all’uso dei beta2-agonisti ad azione rapida se somministrati per 2 o più settimane. Anche i sintomi diurni e notturni vengono ridotti di circa il 30% se comparati al placebo. L’azione antinfiammatoria è stata confermata dalla riduzione della conta eosinofila periferica parallelamente al decremento degli eosinofili nell’escreato 10. Tutti que- 291 sti dati hanno fatto sì che, nelle Linee Guida Internazionali per la diagnosi e il trattamento dell’asma (GINA) trovino attualmente indicazione come terapia aggiuntiva nei pazienti con asma persistente che non sono adeguatamente controllati con corticosteroidi per via inalatoria 11. Sono anche comunemente impiegati nella profilassi dell’asma laddove la componente predominante è la broncocostrizione indotta dall’esercizio fisico e nei soggetti con asma indotta da aspirina, per lo più associati agli steroidi inalatori. Negli ultimi anni è stata valutata l’importanza delle piccole vie aeree nell’asma e in un recente studio è stata esaminata l’azione degli antileucotrienici proprio a questo livello, laddove gli steroidi topici avevano dimostrato una scarsa efficacia. In precedenza era stato dimostrato come nei piccoli bronchi dei pazienti asmatici la reazione infiammatoria fosse simile ma più grave rispetto a quella osservata nei bronchi di calibro maggiore, come l’infiammazione a livello delle piccole vie aeree potesse essere la causa del difficoltoso controllo della malattia e come sia l’asma notturno che l’asma indotto da esercizio fisico fossero associati a prevalente compromissione delle vie aeree distali. Nello studio precedentemente citato è stato evidenziato come i cisteinil-leucotrieni abbiano un effetto 30 volte più potente a livello dei piccoli bronchi rispetto ai grandi bronchi e che montelukast è in grado di antagonizzare l’azione broncocostrittrice dei lecotrieni non solo nelle vie aeree centrali ma anche in quelle periferiche 12. Recentemente sono stati condotti studi per confrontare l’efficacia degli anti LT e quella dei beta2 stimolanti ad azione protratta in soggetti con asma non ben controllato dalla sola terapia steroidea e i dati a proposito non sono ancora conclusivi. Alcuni autori hanno dimostrato un’efficacia maggiore dei beta2 ad azione protratta, soprattutto per quanto riguarda le modificazioni funzionali 13, mentre altri hanno dimostrato una maggiore efficacia degli antiLT nella protezione nei riguardi di stimoli flogogeni 14. Infine, uno studio condotto su oltre 1000 pazienti asmatici non controllati da basse dosi di steroidi, seguìti per un anno, ha messo in evidenza un’uguale efficacia dei due trattamenti nel controllare le riacutizzazioni. Queste sono comparse, infatti, nel 20,1% dei soggetti trattati con montelukast e nel 19,1% del gruppo trattato con fluticasone. Nel gruppo trattato con antileucotrienici è stata dimostrata anche una riduzione degli eosinofili sierici 15. La maggior parte dei soggetti asmatici soffre di una rinite concomitante e recentemente è stato messo in evidenza come il montelukast sia efficace nel trattamento della rinite allergica con un’azione prevalente sulla secrezione e ostruzione nasale 16. L’efficacia è maggiore se il farmaco viene associato all’antistaminico, in quanto ne potenzia l’effetto 17. L’effetto della associazione è paragonabile a quello dello steroide topico nasale 18. Alla luce di questi dati, in USA è stato di recente suggerito l’impiego del montelukast anche nella rinite allergica. 292 Recenti Progressi in Medicina, 95, 6, 2004 Da quanto sopraesposto, nei soggetti asmatici con grave alterazione funzionale è indicato l’impiego dei beta2 ad azione protratta, ma laddove la funzionalità polmonare è meno compromessa, la flogosi è più evidente, è richiesta una maggiore broncoprotezione ed è presente un’importante rinite, l’uso degli antileucotrienici può essere più indicato 19. Del tutto recentemente, infine, è stato dimostrato come il montelukast sia utile non solo come trattamento di fondo per l’asma ma anche durante l’attacco acuto. In uno studio condotto su oltre 200 pazienti in crisi acuta di asma è stato dimostrato come il montelukast a dosi di 7 o 14 mg per via endovenosa fosse in grado di migliorare il FEV1 rispetto al placebo e di ridurre l’uso dei beta2 agonisti. Il beneficio si manifestava dopo 10 minuti dalla somministrazione e persisteva per circa 2 ore senza comparsa di significativi effetti collaterali 20. Per ciò che riguarda gli effetti collaterali degli antileucotrienici, il profilo di sicurezza e tollerabilità di questi farmaci si è dimostrato soddisfacente, in virtù del fatto che i cisteinil-leucotrieni sono prodotti solo durante la reazione infiammatoria allergica, cosicché il blocco dei loro recettori non si associa ad alterazioni delle normali funzioni fisiologiche 21. Tuttavia, la tollerabilità è risultata maggiore per il montelukast, in quanto lo zafirlukast ha indotto alcuni casi di epatite, due dei quali hanno portato al trapianto di fegato 22. Anticorpi monoclonali anti IgE È noto che la reazione allergene-IgE-mastocita è il fattore scatenante primario delle reazioni allergiche. La degranulazione IgE-mediata dei mastociti dà inizio alla reazione precoce, innesca il processo che porta poi (dopo 4-6 ore) alla fase tardiva e, se persiste lo stimolo allergenico, all’infiammazione cronica e al remodelling tessutale. Caratteristica del soggetto atopico è la produzione abnorme e continua di IgE allergene-specifiche, le quali sono appunto responsabili dell’innesco delle reazioni suddette. Le IgE si legano, con il dominio Cε3, al recettore specifico ad alta affinità FcεRI del mastocita e del basofilo, con conseguente innesco della degranulazione. Inoltre, è stato evidenziato come le IgE intervengano direttamente nella fase di risposta tardiva attraverso il legame con altre cellule infiammatorie, come le APC, i macrofagi, gli eosinofili, che esprimono sulla loro superficie recettori a bassa affinità per le IgE (FcεRII). Pertanto, un intervento terapeutico razionale è quello di impedire il legame delle IgE circolanti al recettore, bloccandone il sito di attacco 23. L’ingegneria genetica ha consentito di ottenere un anticorpo monoclonale adatto (denominato rhumab, omalizumab). Tale anticorpo è costituito da una IgG umana (95% della molecola) che porta un frammento Fab murino specifico per il domain Cε3 delle IgE. La molecola di omalizumab è, quindi, in grado di ridurre il numero di IgE circolanti libere e dunque disponibili per il legame con i recettori ad alta affinità presenti su mastociti e su altre cellule. Quando omalizumab si lega alle IgE, nella circolazione sistemica e nei tessuti, forma piccoli complessi, di solito trimeri costituiti da 2 molecole di omalizumab ed una di IgE. Questi complessi non si legano ai recettori ad alta affinità e a bassa affinità presenti sulle cellule effettrici, cosicché non possono causare la degranulazione con liberazione di mediatori infiammatori 24. Risultati di due studi clinici hanno fornito evidenza della capacità da parte di omalizumab di inibire la fase sia precoce che tardiva della reazione allergica. Si trattava di studi di broncostimolazione condotti su pazienti con asma di grado lieve persistente. Nel primo studio fu valutato su 11 pazienti l’effetto di omalizumab sulla dose di allergene inalato necessaria a ridurre il FEV1 del 15% (PC15); il farmaco fu somministrato per via endovenosa e fu ben tollerato. Fu osservata una riduzione del livello di IgE sieriche dell’89% e un aumento della dose di allergene necessaria a causare una riduzione del 15% del FEV1; questi risultati, pertanto, confermarono il ruolo di omalizumab nell’inibire la risposta allergica precoce 25. Nel secondo studio, su 19 pazienti affetti da asma fu valutata la riduzione del FEV1 dopo stimolazione allergenico alla prima ora, per valutare la fase precoce di risposta, e alla settima ora per valutare la risposta tardiva. Nei pazienti trattati con omalizumab fu osservata una riduzione statisticamente significativa, rispetto al gruppo di controllo, della caduta massima media del FEV1 sia dopo la prima ora sia tra la seconda e la settima ora dallo stimolo allergenico 26. Il trattamento con omalizumab, oltre a ridurre il livello di IgE sieriche libere, è risultato in grado di determinare una riduzione del numero di recettori ad alta affinità sui basofili. Nei soggetti atopici, infatti, fu osservata una riduzione del 90% nel rilascio di istamina da parte dei basofili dopo challenge allegenico in vitro, fornendo evidenza che l’intensità della risposta allergica è correlata alla densità dei recettori per le IgE. Questa down-regulation recettoriale si sviluppa rapidamente con un tempo di dimezzamento di 3 giorni 27. Nel 1999 l’Omalizumab Study Group riportò i risultati di confronto fra omalizumab a basse dosi (2,5 µg/kg/ng IgE/ml), omalizumab ad alte dosi (5-8 µg/kg/ng IgE/ml), somministrati per via endovenosa, e placebo, su 317 pazienti con asma allergico perenne di grado moderato-severo in terapia con steroidi inalatori e/o orali. I risultati dello studio evidenziarono un miglioramento dei sintomi asmacorrelati in entrambi i gruppi confrontati con il placebo. Nei pazienti trattati con omalizumab fu, inoltre, riscontrata una riduzione della richiesta di steroidi, più evidente nel gruppo trattato con il farmaco ad alte dosi. Inoltre, in più di 1/3 dei pazienti trattati fu possibile sospendere la terapia steroidea orale e nella metà circa dei pazienti fu dimezzata anche la terapia con steroidi inalatori. Le riacutizzazioni di malattia furono significativamente meno frequenti nel gruppo trattato con omalizumab sia ad alte che a basse dosi rispetto al placebo. M. Mosca Frezet, et al.: Nuove terapie dell’asma bronchiale Furono, infine, valutati altri aspetti quali la necessità di utilizzo di beta2 stimolanti ad azione rapida, i miglioramenti del PEF, il miglioramento della qualità di vita; anche in questo caso, i dati ottenuti confermarono un impatto positivo da parte del trattamento con anti-IgE. La terapia con omalizumab fu nel complesso ben tollerata e non si verificarono importanti effetti collaterali 28. Tre ampi studi, uno dei quali su una popolazione in età pediatrica, sono stati condotti successivamente, in pazienti con asma allergico di grado moderato-severo. Il disegno dei 3 studi era molto simile. I pazienti vennero randomizzati a ricevere omalizumab per via sottocutanea o placebo, in aggiunta alla terapia inalatoria (beclometasone diproprionato 400-1000 µg/die) a dosaggio pieno per le prime 16 settimane, mentre nelle 12 settimane successive il dosaggio dello steroide inalatorio fu ridotto in base alla risposta clinica del paziente. La dose di omalizumab da somministrare fu decisa sulla base del livello basale di IgE e del peso corporeo del paziente; furono, pertanto, somministrati dosi variabili da 150 a 300 mg ogni 4 settimane oppure da 225 a 375 mg ogni 2 settimane. I risultati ottenuti evidenziarono una significativa superiorità del trattamento con anti-IgE rispetto al placebo nel ridurre il numero di riacutizzazioni (di circa il 60%) sia nella fase di mantenimento della terapia inalatoria steroidea sia nella fase di riduzione. In tutti e tre gli studi fu possibile ridurre la dose di steroide inalatorio fino a circa 100 µg/die. Inoltre, nel 40% dei trattati con omalizumab fu possibile sospendere la terapia inalatoria. Per quanto riguarda la qualità di vita, valutata dal paziente attraverso un diario dei sintomi, i pazienti in terapia con anti-IgE evidenziarono un significativo miglioramento in confronto al placebo. Il trattamento con omalizumab fu nell’insieme ben tollerato. Il confronto degli effetti collaterali osservati non evidenziò differenze rispetto al gruppo di controllo. In particolare, non furono evidenziati danni dovuti ad immunocomplessi circolanti né reazioni anafilattiche 29,30,31. Al meeting dell’American Thoracic Society del 2001 furono presentati i risultati di un altro studio in cui era stata valutata l’efficacia di omalizumab somministrato per via sottocutanea, associato, invece, al fluticasone per via inalatoria. Anche in questo lavoro venne dimostrata l’efficacia dell’anti-IgE nel ridurre non solo i sintomi e il consumo di farmaci al bisogno, ma anche nel migliorare la qualità di vita dei pazienti 32,33. In una rassegna di recente pubblicazione è stata sottolineata la correlazione esistente tra riduzione dei livelli di IgE sieriche ed efficacia clinica nel trattamento con omalizumab, e quindi l’importanza di una strategia terapeutica che consenta dosaggi del farmaco il più possibile personalizzati. È stato osservato come un significativo beneficio clinico venisse ottenuto allorché il 293 livello di IgE sieriche si riducesse a 50 ng/ml o meno, e che tale riduzione fosse dipendente dalla dose somministrata di omalizumab, dal peso corporeo del paziente e dal livello basale di IgE 34. In conclusione, dagli studi clinici effettuati è emerso che il trattamento con omalizumab è in grado di ridurre i sintomi e la frequenza delle riacutizzazioni asmatiche, di migliorare la funzionalità polmonare e la qualità di vita, di consentire la riduzione e talora la sospensione del trattamento steroideo concomitante, rappresentando, pertanto, grazie anche alla sua elevata tollerabilità, una valida alternativa alle opzioni terapeutiche attualmente disponibili per la cura dell’asma bronchiale. La validità della terapia anti-IgE è, inoltre, sottolineata dall’evidenza della sua azione sistemica, in particolare a livello nasale. Ricordiamo come trial clinici eseguiti su popolazioni di rinitici allergici hanno evidenziato, nei pazienti trattati con omalizumab, un miglioramento della sintomatologia, un ridotto impiego di farmaci concomitanti e un miglioramento complessivo della qualità di vita 35. Del resto, il concetto ormai affermatosi di interdipendenza della malattia asmatica e rinitica e quindi della stretta correlazione nasobronchi, rende indispensabile l’impiego di un trattamento che agisca a tutti e due i livelli. Recentemente sono stati presentati i risultati del primo studio effettuato su una popolazione di pazienti con comorbilità per asma allergico e rinite allergica. Lo studio è stato condotto su 405 pazienti affetti da asma allergico moderato-severo e rinite allergica perenne di grado moderatosevero concomitanti. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere omalizumab (al dosaggio di 0,016 mg/kg/IgE) o placebo per 28 settimane, in aggiunta alla terapia di fondo con budesonide inalatorio più eventuale beta2 agonista long-acting e/o steroidi topici nasali. I risultati hanno mostrato un significativo miglioramento sia dei sintomi asmatici che dei sintomi rinitici nel gruppo trattato rispetto al gruppo placebo, con una riduzione, inoltre, della frequenza di esacerbazioni asmatiche ed un miglioramento della qualità di vita complessiva 36. Altre terapie (anti citochine, citochine anti-infiammatorie, inibitori della fosfodiesterasi) Le crescenti conoscenze sul ruolo svolto da alcune citochine nelle malattie allergiche hanno fornito la base per lo sviluppo di nuove terapie. Le molecole bersaglio sono rappresentate da citochine pro-infiammatorie come IL-5, IL-4, IL-13 e TNF-α, mentre le strategie utilizzate comprendono il blocco dei fattori di trascrizione che mediano la loro espressione, il blocco dopo il loro rilascio, l’antagonismo a livello recettoriale e l’inibizione dei segnali attivati successivamente al legame recettoriale. È stato, inoltre, valutato l’impiego di alcune citochine con azione antinfiammatoria, come IL-10, IL-12 e IFN-γ 37 (tabelle1 e 2). 294 Recenti Progressi in Medicina, 95, 6, 2004 Tabella 1. - Citochine utilizzate in studi clinici nella terapia dell’asma. Citochine anti-infiammatorie Citochine pro-infiammatorie IL-5 IL-4 IL-13 TNF-α IL-10 IL-12 IFN-γ Tabella 2. - Citochine pro-infiammatorie e meccanismi d’azione su cui è possibile intervenire. Citochine bersaglio IL-5 IL-4 IL-13 TNF-α Blocco Blocco Antagonismo Inibizione fattori dopo recettoriale segnali trascrizione rilascio post-recetter. sì ? sì sì sì ? L’IL-5 svolge un ruolo chiave nell’infiammazione bronchiale in corso di asma, essendo essenziale per la produzione, maturazione ed attivazione degli eosinofili 38. Studi su animali hanno evidenziato la capacità da parte di anticorpi monoclonali anti IL-5 di sopprimere l’eosinofilia a carico delle vie aeree che fa seguito allo stimolo allergenico 39. In uno studio controllato su una popolazione di soggetti affetti da asma di grado lieve è stato dimostrato che una singola iniezione di anticorpi anti IL-5 è in grado di ridurre gli eosinofili nel sangue per diverse settimane e di prevenire il reclutamento eosinofilo a livello bronco-alveolare dopo stimolo allergenico. Tuttavia, non è stato osservato alcun effetto né sulla risposta infiammatoria precoce né su quella tardiva; inoltre, il trattamento con anti IL-5 non è risultato in grado di ridurre l’iperreattività alla metacolina in questi pazienti 40. L’IL-4 rappresenta un bersaglio promettente nella terapia dell’asma in virtù del suo ruolo critico per la sintesi di IgE, come pure nella differenziazione dei linfociti Th2; inoltre, l’IL-4 promuove la crescita e il reclutamento degli eosinofili nelle vie aeree attraverso l’espressione di molecole di adesione endoteliali. Studi su animali condotti con l’impiego di anticorpi anti IL-4 si sono rivelati interessanti, evidenziando una inibizione dell’iperresponsività bronchiale a stimoli allergenici 41. Per quanto riguarda l’uomo, sono stati impiegati antagonisti del recettore dell’IL-4, mentre anticorpi umani anti IL-4 sono tuttora in fase di sviluppo. In uno studio con antagonisti recettoriali di IL-4 per via aerosolica, in pazienti con asma moderato, è stato dimostrato un controllo dei sintomi, dopo sospensione dello steroide inalatorio, già in sèguito alla somministrazione di una singola dose di farmaco. Un particolare vantaggio di questa preparazione farmacologica era rappresentato dal fatto che l’effetto di una singola inalazione sembrava persistere per una settimana. Peraltro, questi primi risultati favorevoli devono essere confermati da ulteriori studi clinici 42. L’Il-13, una citochina con molte similitudini con l’IL-4, è strettamente associata alla produzione di IgE. Nonostante studi su animali abbiano dimostrato che l’impiego di una proteina ad elevata affinità in grado di legare e neutralizzare l’IL-13 determinasse una inibizione dell’iperresponsività bronchiale e della secrezione mucosa, tali dati non sono stati confermati successivamente 43. Il TNF-α può avere un’importante effetto di amplificazione sull’infiammazione asmatica; la sua produzione è aumentata nelle vie aeree del paziente asmatico e, poiché il TNF-α è in grado di indurre l’espressione di molti geni pro-infiammatori, la sua produzione può influire sulla gravità della malattia. Anticorpi monoclonali anti TNF-α sono ormai di comune impiego in alcune patologie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide e il morbo di Crohn, anche in caso di malattia steroido-resistente. Il loro impiego nell’asma, tuttavia, è ancora in fase sperimentale 44. L’IL-10 ha un’azione antinfiammatoria in corso di malattia asmatica, azione che si esprime su differenti livelli. Essa inibisce la produzione di citochine proinfiammatorie come IL-1β, TNF-α e GMCSF, come pure di chemochine che stimolano il reclutamento degli eosinofili; inoltre, inibisce enzimi infiammatori come la ciclossigenasi 2 (COX-2) e la monossido d’azoto sintetasi (iNOS) e riduce la presentazione dell’antigene. Il suo ruolo in corso di asma bronchiale è confermato dall’evidenza che la produzione di IL-10 in questi pazienti è minore. Studi clinici hanno dimostrato una diminuita produzione di IL-10 da parte dei macrofagi alveolari in soggetti con asma lieve rispetto a soggetti non asmatici di controllo. Una ridotta produzione di IL10 può, del resto, spiegare l’aumentata produzione di citochine infiammatorie negli asmatici. Gli steroidi, e probabilmente anche i teofillinici, determinano aumento del livello di IL-10, e questo può essere uno dei meccanismi attraverso i quali tali agenti sopprimono l’infiammazione 45. Studi su animali hanno evidenziato che la somministrazione di IL-10 è in grado di inibire la risposta allergica 46, mentre, nell’uomo, l’impiego di IL-10 ricombinante si è dimostrato efficace nel controllo delle malattie infiammatorie croniche intestinali, nella cui patogenesi sono implicate citochine simili a quelle coinvolte nell’asma 47. In futuro potranno essere impiegate molecole che stimolino la produzione di IL-10 attraverso un aumento della produzione endogena o l’attivazione di segnali di trasduzione intracellulare post-recettoriali. Importanti ricerche si sono focalizzate sull’IL-12 per la sua importanza nel favorire lo switch Th2→Th1, mediante il rilascio di IFN-γ. Il risultato della soppressione del fenotipo Th2 è l’inibizione dell’infiammazione eosinofila e della produzione di IgE. Alcuni ricercatori hanno osservato che esiste un difetto nella produzione di IL-12 e IFN-γ nelle cellule circolanti degli asmatici 48. M. Mosca Frezet, et al.: Nuove terapie dell’asma bronchiale In studi su animali è stato dimostrato che la somministrazione di IL-12 è in grado di inibire l’infiammazione e l’iperreattività delle vie aeree indotta dallo stimolo allergenico 49. Tuttavia, nei primi studi sull’uomo sono stati riportati effetti tossici severi in diversi pazienti 50. Sono state allora utilizzate dosi crescenti di farmaco per ridurre gli effetti collaterali; è stata così osservata una riduzione dose-dipendente del livello di eosinofili; tuttavia questa riduzione era solo temporanea e il livello tendeva al ritorno alla normalità subito dopo la sospensione del farmaco. Non è stata rilevata alcuna efficacia sulla risposta infiammatoria precoce e tardiva, né sull’iperreattività bronchiale. Gli effetti collaterali, sebbene non gravi, sono stati frequenti, soprattutto sotto forma di sintomi simil-influenzali 51. Sebbene, quindi, l’IL-12 non appaia un buon candidato alla terapia antiasmatica, risultati promettenti sembrano invece derivare dalla somministrazione dell’IL-12 legato all’allergene sotto forma di una proteina di fusione; in questo modo si otterrebbe una stimolazione della produzione di IgG e una contemporanea riduzione della risposta IgE-specifica verso l’allergene in questione 52. L’IFN-γ ha un effetto inibente sull’eosinofilia oltre al già citato ruolo centrale nel favorire il fenotipo Th1. Ma, al contrario di quanto osservato in altre patologie infiammatorie croniche, il suo ruolo nel trattamento dell’asma bronchiale sembra limitato. I dati disponibili sono, però, tuttora scarsi e in attesa di conferma in futuri studi 53. Non ancora definitivi sono i dati riguardanti un’altra categoria di nuovi farmaci antiasmatici, ovvero gli inibitori della fosfodiesterasi (PDE). Questo enzima appartiene ad un’importante famiglia di proteine che regola i livelli intracellulari di secondi messaggeri nucleotidici. In particolare, i livelli di adenosina monofosfato ciclico intracellulare (cAMP) regolano la funzione di diverse cellule che intervengono nella patogenesi di malattie respiratorie infiammatorie come l’asma e la BPCO, e queste cellule selettivamente esprimono il sottotipo enzimatico PDE4. Questi dati hanno suggerito l’impiego di inibitori selettivi della PDE4 nel trattamento di queste patologie. I risultati emersi in recenti studi clinici in vitro e in vivo che hanno testato l’efficacia di alcuni inibitori della fosfodiesterasi, impiegati in formulazione orale, come il cilomast e soprattutto il roflumilast, sono incoraggianti 54,55; positivi sono anche i risultati ottenuti in pazienti affetti da rinite allergica 56. Tuttavia, uno dei problemi emersi in seguito al loro uso è la tollerabilità, in quanto sembrano possedere un effetto emetico. In conclusione, abbiamo molte molecole che potrebbero essere usate con successo nell’asma bronchiale, ma purtroppo gli studi condotti finora non sembrano fornire risultati promettenti. Una novità sono le anti-IgE, che si sono dimostrate efficaci nel trattamento sia della rinite che dell’asma, tanto che, negli Stati Uniti, l’FDA ha approvato il loro impiego e presto saranno commercializzate anche in Italia. 295 Bibliografia 1. 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