Corrosione e protezione del composito Al 6061 T6/Al O p in
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C O R R O S I O N E P. Traverso, V. Romairone, M. Fassin I compositi a base di alluminio sono materiali tecnologicamente avanzati con elevate proprietà fisico meccaniche e sono considerati un’alternativa alle sue leghe tradizionali per l’utilizzo in campo marino. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di studiare l’influenza di alcuni parametri caratteristici del composito Al 6061 T6/Al2O3p sul comportamento alla corrosione marina e testare il potere protettivo e antifouling di alcuni rivestimenti organici di nuova generazione, per un impiego in campo navale. I dati ottenuti per il materiale non protetto dai diversi tests, in accordo fra loro, hanno evidenziato un attacco corrosivo inferiore quando il contenuto di particelle di allumina aumenta e quando il composito è ottenuto mediante processo di estrusione. In prossimità della fase rinforzante, inoltre, non sono stati evidenziati inneschi di corrosione localizzata, altrimenti presenti nella matrice. Le prove effettuate con coatings a bassa energia di superficie hanno mostrato un marcato effetto anticorrosivo e antivegetativo, in particolare per i rivestimenti siliconici, in grado di incrementare e mantenere le performances del substrato. Memorie Corrosione e protezione del composito Al 6061 T6/Al2O3p in ambiente marino Parole chiave: corrosione, materiali compositi, rivestimenti, ecocologia, caratterizzazione materiali INTRODUZIONE P. Traverso, V. Romairone, M. Fassin C.N.R.-I.S.MAR. – Sezione Tecnologie Marine (Genova) Memoria pervenuta il 10 febbraio 2006 MATERIALI STUDIATI E METODI SPERIMENTALI Nella prima parte di questo lavoro è stato testato il comportamento alla corrosione in acqua di mare di quattro differenti tipi di materiale composito, avente come matrice una lega di alluminio 6061 T6 e come rinforzante particelle di allumina, denominati come: A – composito con un contenuto del 10% (v/v) di particelle di Al2O3, ottenuto da un processo con fase finale di colatura; B – composito con un contenuto del 10% (v/v) di particelle di Al2O3, ottenuto da un processo con fase finale di estrusione; la metallurgia italiana 47 10/2006 Nella vasta categoria dei materiali compositi a matrice metallica (MMCs) quelli a base di alluminio e rinforzati con particelle non metalliche rivestono un ruolo di particolare rilievo a causa: - della significativa quantità prodotta; - del grande numero di possibili applicazioni; - della “facilità” di attuazione del processo produttivo; - del favorevole rapporto fra le caratteristiche tecnologiche e il prezzo; - della possibilità di effettuare lavorazioni meccaniche secondarie in maniera non dissimile alle leghe di alluminio. Questi materiali sono costituiti da un sistema eterogeneo, nel quale la fase non metallica è dispersa in una lega a base di alluminio. Essi, in linea teorica, possono essere modulati a seconda dell’applicazione, variando qualitativamente e quantitativamente i parametri relativi alle diverse componenti (1,2). Tale caratteristica li rende particolarmente adatti per usi specialistici, ad esempio in contesti aeronautici o automobilistici. Di recente sono stati anche proposti come materiali strutturali per l’utilizzo in ambiente marino, in alternativa alle leghe di alluminio convenzionali. La microstruttura, più eterogenea delle leghe massive, può però portare a rapido degrado nel caso di ambienti fortemente aggressivi (3,4). Affinché i materiali compositi vengano utilizzati in modo affidabile è quindi necessario valutare attentamente l’aspetto corrosionistico, analizzando dettagliatamente sia il materiale, sia l’interazione con l’ambiente in cui verrà utilizzato (5-11). In particolare, l’attacco localizzato a cui sono suscettibili in soluzioni contenenti cloruri può essere ridotto mediante l’applicazione di rivestimenti protettivi o opportuni agenti inibitori (12-14). Per un utilizzo di tipo navale un rivestimento ha solitamente il duplice compito di ridurre l’intensità dell’attacco corrosi- vo e contemporaneamente evitare l’adesione di micro e macro organismi marini (fouling). I coatings di nuova generazione da noi testati sono detti “a bassa energia di superficie”, o anche “non-stick” e “fouling release” e sono in grado di esplicare il loro effetto antifouling grazie a fenomeni fisici risultando perciò totalmente ecocompatibili (15-17). Essi sono in genere caratterizzati da una bassa energia di superficie, un limitato modulo elastico, una buona adesione, un elevato potere protettivo e sono esenti da biocidi (ad esempio da composti organostannici). In questo contesto le nuove direttive internazionali in ambito “IMO” (International Marittime Organization), che bandiscono l’utilizzo di prodotti contenenti organostannici, hanno incrementato l’interesse per questo tipo di rivestimenti che, sicuramente dal punto di vista ecologico, potrebbero essere i successori ideali dei prodotti tradizionali ad effetto chimico (18). Lo scopo di questo lavoro è stato: 1. lo studio dell’influenza di alcuni parametri (contenuto di fase rinforzante e tipologia del processo produttivo) caratteristici del materiale composito Al 6061 T6/Al2O3p sul comportamento alla corrosione marina, in modo da poterne valutare l’applicabilità e l’affidabilità in forma non protetta; 2. la valutazione del potere protettivo e antifouling di due rivestimenti organici a bassa energia di superficie, uno siliconico e l’altro perfluorurato, ipotizzandone un utilizzo in campo nautico. 10/2006 Memorie C O R R O C – composito con un contenuto del 20% (v/v) di particelle di Al2O3, ottenuto da un processo con fase finale di colatura; D – composito con un contenuto del 20% (v/v) di particelle di Al2O3, ottenuto da un processo con fase finale di estrusione. La composizione nominale (in peso) della lega di alluminio era la seguente: Mg % Fe % Si % Cu % Zn % Mn % Cr % Ti % Al % 0.95 0.78 0.50 0.35 0.25 0.15 0.15 0.15 Rim. I campioni utilizzati erano costituiti da dischi del diametro di 15 mm e dello spessore di circa 1.5 mm. I provini venivano lucidati con carte abrasive fino al grado 800; in particolare quelli utilizzati per l’analisi della microstruttura sono stati inglobati in resina acrilica, sottoposti a un ciclo standard di lucidatura della superficie con sospensioni diamantate fino a granulometria di 1 µm. Successivamente tutti i campioni sono stati sgrassati con metanolo, risciacquati con acqua deionizzata e infine asciugati con aria. Gli esperimenti sono stati condotti in laboratorio a 25°C in acqua di mare naturale (salinità 3.5%, pH = 8.2, D.O. = 6.5 ppm), a pressione atmosferica e condizioni fluodinamiche statiche. Le prove sperimentali si sono articolate in prove elettrochimiche e di libera corrosione, dopo diversi tempi di immersione dei provini nella soluzione corrosiva. I tests elettrochimici sono consistiti in polarizzazioni potenziodinamiche (anodiche e catodiche con una velocità di scansione di 250 mV/h) in corrente continua, mediante le quali sono state determinate la velocità di corrosione media (dopo 2 ore di esposizione) e la suscettibilità alla corrosione localizzata (dopo 2 ore, 5 e 15 giorni di esposizione). Quest'ultimo parametro è stato misurato polarizzando anodicamente il campione, fino ad ottenere un brusco aumento della corrente anodica, corrispondente al potenziale a cui avviene la rottura del film di protezione superficiale e indicato come Ep. Al di sopra di esso ci troviamo in una zona di pitting, dove avviene la nucleazione dei siti di corrosione puntiforme. La differenza tra Ep ed Efc (potenziale di libera corrosione) è generalmente definita come intervallo di passività RPit; in questo range non avviene la nucleazione dei siti di innesco e quindi il campione risulta totalmente esente da fenomeni di attacco corrosivo localizzato. Subito dopo aver raggiunto il valore di Ep, il potenziale del campione viene abbassato gradualmente fino a che la curva (E, i) di ritorno non incrocia la corrispondente curva di andata. Il valore del potenziale all'intercetta tra le due curve è stato definito come potenziale di protezione dal pitting Epp e la differenza tra questo valore ed il potenziale di equilibrio è stata definita come intervallo di passività perfetta PPd, nel quale il materiale è immune da corrosione localizzata ed i siti di attacco eventualmente preesistenti vengono disattivati dalla deposizione dei prodotti di corrosione che si formano sulla superficie metallica, proteggendola da ulteriore dissoluzione. Le prove di libera corrosione sono state condotte per un periodo di tempo variabile tra 5 e 60 giorni. Attraverso questo tipo di test è stata misurata la perdita di peso dei campioni, sommando la quantità di alluminio presente in soluzione sotto forma di prodotti di corrosione solubili con quella presente nei prodotti di corrosione aderenti alla matrice metallica, opportunamente disciolti con una metodologia che consente di mantenere inalterato il substrato (19). La determinazione quantitativa dell’alluminio è stata effettuata mediante spettrofotometria per assorbimento atomico. I prodotti di corrosione sono stati caratterizzati mediante spettrofotometria fotoelettronica a raggi X (XPS). Le analisi 48 la metallurgia italiana S I O N E XPS sono state compiute utilizzando come sorgente di eccitazione la radiazione Kα del Mg (E=1253.6 eV) e gli spettri sono stati ottenuti ad un vuoto migliore di 10-7 mbar, con un angolo di rilevamento normale alla superficie. Il picco del C1s (Binding energy, B.E. = 284.8 eV) ha costituito lo standard interno, sempre presente perché dovuto a contaminazione superficiale e utilizzato per valutare e compensare gli effetti di caricamento dei campioni. Informazioni relative alla morfologia, il tipo e l’entità dell'attacco corrosivo sono state ottenute con l’ausilio di un microscopio metallografico (OM), accessoriato con un sistema di analisi di immagine e un microscopio a forza atomica (AFM), lavorando in modalità “contact” con una sonda in Si3N4 su un’area di 70x70 µm. Nella seconda parte del lavoro è stata focalizzata l’attenzione sui rivestimenti a bassa energia di superficie (siliconici e perfluorurati) applicati su campioni di materiale composito A, aventi le seguenti caratteristiche chimico-fisiche: Spessore Rugosità Durezza rivestimento rivestimento rivestimento (µm) Ra (µm) (Brinell) Rivestimento perfluorurato 145 0,9 62 Rivestimento siliconico 200 0,3 <10 Lega Al 6061 T6/Al2O3p - 4,0 54 Tabella 1 – Caratteristiche chimico-fisiche dei rivestimenti testati. Table 1 – Chemical-physical characteristics of tested coatings. Si sono effettuate misure elettrochimiche di impedenza di elettrodo in laboratorio e prove mediante spettrofotometria IR e microscopia ottica, prima e dopo esposizione diretta in campo, presso il pontile galleggiante situato in prossimità della Stazione Marina dell’I.S.MAR.-Sezione di Genova. Sono state compiute inoltre misure di angolo di contatto sui due rivestimenti e sulla lega tal quale, mediante un apposito sistema misuratore di angolo di contatto. Dall’analisi globale dei dati ottenuti, sono stati valutati il potere protettivo, il degrado e le proprietà antifouling di questi coatings di recente formulazione. Nella misura d’impedenza d’elettrodo si sovrappone al valore del potenziale di lavoro un segnale sinusoidale di piccola ampiezza e di frequenza variabile per decadi da 10 kHz a 10 mHz. Per ciascuna frequenza si determinano le componenti in fase e sfasata di 90° rispetto alla tensione sinusoidale. Le due componenti, quella in fase, corrispondente alla parte reale resistiva Z’, e quella in quadratura, ovvero la componente immaginaria capacitiva Z”, vengono rappresentate nel diagramma polare di Nyquist, frequentemente utilizzato in quanto rivela a prima vista il tipo di processo che si verifica. Spesso viene considerato anche il formalismo grafico di Bode, in cui il modulo dell’impedenza (come log |Z|) e l’angolo di fase (come Φ, theta) vengono plottati in funzione della frequenza (come log ω); ciò risulta particolarmente utile quando abbiamo a che fare con processi aventi variazioni della scala di impedenza molto elevate. Il vettore impedenza risulta la componente di due vettori (parte reale Z’ e parte immaginaria Z”) il cui modulo è descritto dalla relazione: |Z| = (Z’2 + Z”2 ) 1/2 Tale modulo può essere, almeno in prima approssimazione, considerato rappresentativo della resistenza alla corrosione C O R R O S I O N E Memorie Fig. 1 – Rappresentazione grafica di una misura d’impedenza secondo i diagrammi di Bode e di Nyquist. Fig. 2 – Modello fisico relativo a una goccia di liquido su un substrato solido. Fig. 1 – Graphic representation of an impedance measurements according to Bode’s and Nyquist’s diagrams. Fig. 2 – Physical model relating to a liquid drop on a solid surface. nel formalismo grafico di Nyquist. Utilizzando la rappresentazione grafica di Bode nel quale log |Z| è riportato in funzione della frequenza (log ω), possiamo considerare il valore asintotico massimo di |Z| raggiunto per i bassi valori della frequenza, come indice del potere protettivo di un rivestimento (vedi figura 1). Per quanto riguarda la determinazione dell’angolo di contatto, essa ci fornisce informazioni sull’energia libera di superficie del coating, una delle principali caratteristiche del film protettivo non tossico. Secondo Duprè (20): che si possono dosare quantità di liquido con precisione inferiore al centesimo di µl (nel nostro caso 2 µl di acqua deionizzata), a seconda della siringa che vi si monta. Si aziona tramite un controllo manuale o tramite interfaccia remota. Un'interfaccia direttamente dal computer pilota le quantità di liquido da dosare. Il motorino è tenuto tramite un'asta e la siringa viene posizionata sopra un traslatore micrometrico su cui si posa il campione da analizzare. Questo permette traslazioni nelle tre direzioni spaziali. A un lato del traslatore è fissato il diffusore di luce che illumina il piano d'appoggio del traslatore. La luce viene prodotta da un diffusore a LED che garantisce una migliore stabilità nell'intensità e potenza diffusa. Di fronte al diffusore è montata una telecamera; tramite questa si riprende l'evolversi nella forma della goccia quando si inietta o si aspira liquido e permette di acquisire immagini. Le immagini acquisite, riportate sul computer, vengono analizzate da un programma che, fittando la forma della goccia, fornirà automaticamente il valore dell'angolo di contatto. Fls = Vgs + Vgl - Vls dove: Fls = forza necessaria per il distacco Vgs = energia libera di superficie Vgl = tensione di superficie del liquido Vls = tensione interfacciale liquido/solido La forza richiesta per separare un liquido da un solido è quindi uguale alla somma dell’energia libera di superficie e della tensione di superficie del liquido, meno la tensione interfacciale solido/liquido. Pertanto minore è il valore dell’energia libera di superficie del rivestimento polimerico e minore è la forza per staccare il liquido dal solido e conseguentemente migliori saranno le proprietà antifouling (minor numero di organismi marini adesi e, quelli adesi, più facilmente staccabili). L’energia libera di superficie è comunemente evidenziata e calcolata mediante la goccia, di uno o più liquidi a caratteristiche note, dispensata sul film da esaminare. In questo sistema, formato dall’interfaccia di tre fasi: liquido/solido, liquido/gassoso, solido/gassoso, viene misurato l’angolo di contatto “θ” delimitato dalle interfacce liquido/solido, liquido/gassoso (21) (vedi figura 2). L’equilibrio del sistema è dato dalla formula (22): Vgs – Vsl = Vgl cosθ . La tabella 2 mostra i principali parametri ottenuti dai tests elettrochimici sui campioni dopo 2 ore di esposizione in acqua di mare. Materiale composito icorr µA cm-2) (µ Ecorr (mV) Rp Ω cm2) (kΩ A B C D 0.053 0.041 0.033 0.032 -763 -780 -880 -834 120 164 217 228 Elettrodo di riferimento: SCE. Tabella 2 – Parametri elettrochimici ottenuti dalle curve di polarizzazione potenziodinamiche sui campioni di materiale composito dopo 2 ore di esposizione in acqua di mare. Table 2 – Electrochemical parameters obtained by potentiodinamic polarization curves on composite samples after 2 hours of exposition in seawater. In particolare, possiamo osservare che i valori della densità di corrente di corrosione (icorr) e della resistenza di polarizzazione (Rp) rivelano un più basso attacco corrosivo (e similare in intensità) sui campioni contenenti un più alto contenuto di fase rinforzante (C e D). la metallurgia italiana 49 10/2006 L’ampiezza dell’angolo di contatto θ è perciò strettamente correlata all’energia libera di superficie, ovvero tanto maggiore sarà l’angolo di contatto, e in linea generale, tanto più bassa risulterà l’energia libera di superficie. Sperimentalmente, il liquido in esame viene dosato tramite una siringa micrometrica comandata da un motorino che preme o tira il suo stantuffo. Il motorino è tarato in modo RISULTATI E DISCUSSIONE Memorie C O R R O I O N E La tabella 3 illustra gli intervalli di passività e di passività perfetta per i diversi tipi di materiale composito ottenuti per tempi di immersione di 2 ore, 5 e 15 giorni. Materiale composito Tempo di esposizione Rpit (mV) (Ep-Efc) Epp (mV) (Epp-Efc) A 2h 5gg 15gg 75 100 115 35 -25 0 B 2h 5gg 15gg 105 132 172 43 70 39 C 2h 5gg 15gg 128 186 207 90 111 100 Fig. 4 – Spettro XPS nella regione del rame, ottenuto su un composito A prima (a) e dopo (b) 15 giorni di esposizione in acqua di mare. D 2h 5gg 15gg 131 200 223 88 117 104 Fig. 4 – XPS spectrum in Cu area, obtained on A composite before (a) and after (b) 15 days of exposition in sea water. Elettrodo di riferimento: SCE. Tabella 3 – Intervallo di passività (RPit) e di passività perfetta (Epp) per i campioni di materiale composito in funzione del tempo di esposizione in acqua di mare. Table 3 – Passivity range (RPit) and perfect passivity (Epp) for composite samples versus exposition time in seawater. Dalla tabella 3 è possibile osservare che in acqua di mare, dove sono ovviamente presenti ioni cloruro, tutti i compositi esaminati sono suscettibili di corrosione localizzata; in particolare: - il composito A ha un significativo dominio di passività, ma l’intervallo di passività perfetta è molto ristretto; - i compositi B, C e D rivelano un notevole e crescente range di passività (che raggiunge il valore di 223 mV per il composito D), unitamente a un ampio dominio di passività perfetta. 10/2006 S Fig. 3 – Grafico della perdita in peso in libera corrosione, espresso come Al (µg/cm-2), ottenuto per i diversi campioni di materiale composito dopo 5, 15, 30 e 60 giorni di esposizione in acqua di mare. Fig. 3 – Graph of free corrosion weight loss, expressed as Al (µg/cm2), obtained for several specimens of composite material after 5, 15, 30, and 60 days of exposition in sea water. 50 la metallurgia italiana In accordo con i dati elettrochimici, il grafico della perdita di peso (figura 3) indica che i compositi C e D sono soggetti a un limitato, e comparabile, attacco corrosivo, mentre fra i campioni A e B è presente una marcata differenza. L’esame al microscopio ottico rivela che i campioni contenenti il 20% di fase rinforzante presentano un numero minore di aree di corrosione localizzata. Su di esse inoltre l’attacco risulta essere di entità minore. Probabilmente un maggior numero di particelle di allumina disperse nella matrice crea una barriera fisica che ostacola la propagazione della corrosione localizzata. Questa forma di attacco non ha inizio all’interfaccia fra la matrice e le particelle bensì nella matrice stessa. Ciò può essere correlato con una microstruttura non omogenea della lega di alluminio, ad esempio per la presenza di fasi Al-Cu in quanto il rame è un elemento di aggiunta nella lega Al 6061 T6 (23). Le analisi XPS mostrano che la composizione dello strato superficiale è costituita principalmente da ossidi, ossicloruri e cloruri di alluminio. Nel dettaglio, un maggiore contenuto in Cu è stato rilevato sui campioni sottoposti a corrosione rispetto a quelli non esposti in acqua di mare. La differenza più alta è stata riscontrata per il campione A, come visibile in figura 4. Questo fatto potrebbe confermare la presenza di composti intermetallici Al-Cu che possono agire come catodo, inasprendo il fenomeno corrosivo nella matrice per effetti di tipo galvanico. I compositi ottenuti per colatura (in particolare il tipo A), os- Fig. 5 – Immagine AFM 3D di un composito di tipo A non sottoposto a corrosione. Fig. 5 – AFM 3D image of A type composite not submitted to corrosion. C O R Table 4 – Electrode impedance spectrometry measurements results; value of the impedance module (|Z|) for various exposition times, for A composite and for two different kind of coatings. MATERIALE Rivestimento siliconico Rivestimento perfluorurato Lega Al 6061 T6/Al2O3p O S I O N E Tempo di esposizione Ω cm2) |Z| (Ω Composito A Ω cm2) |Z| (Ω Rivestimento Perfluorurato Ω cm2) |Z| (Ω Rivestimento Siliconico 4h 1gg 3gg 6gg 1,1 E4 1,9 E4 2,0 E4 3,0 E4 5,6 E9 4,7 E9 3,2 E9 3,2 E9 6,3 E10 6,3 E10 1,2 E11 1,2 E11 Angolo di contatto (°) 112,0 115,5 92,5 Memorie Tabella 4 – Risultati delle misure d’ impedenza d’elettrodo; valore del modulo di impedenza (|Z|) per diversi tempi di esposizione, per il composito A e per due diversi tipi di rivestimenti. R Tabella 5 – Valori di angolo di contatto ottenuti sui due rivestimenti e sul substrato con acqua deionizzata. Table 5 – Contact angle values obtained on coatings and on substrate with deionized water. Fig. 6 – Spettri infrarossi effettuati su materiale composito protetto da un rivestimento siliconico prima e dopo 1 mese di esposizione in mare. Fig. 6 – Infrared spectra made on composite material protected by a silicone coating, before and after 1 month of sea exposition. Fig. 7 – Provino in materiale composito tal quale (-a) e dopo applicazione di un rivestimento perfluorurato (-b) e di uno siliconico (-c); prima e dopo immersione di 1 mese in acqua di mare naturale. Fig. 7 – Composite material samples without coating (-a) and after application of perfluorurate coating (-b) and of silicone coating (-c); before and after one month of immersion in seawater. corrosione localizzata. In tabella 4 compaiono i risultati delle misure d’impedenza d’elettrodo, effettuate sul composito A tal quale e rivestito dai due tipi di coating a bassa energia di superficie esaminati. Come si può facilmente osservare, benché entrambi i rivestimenti rivelino un alto potere protettivo nei confronti del substrato il valore del modulo di Z è di un ordine di grandezza maggiore per il rivestimento siliconico dopo un giorno di immersione e aumenta a due ordini di grandezza dopo 3 giorni di immersione rispetto al rivestimento perfluorurato. Tale proprietà si mantiene praticamente inalterata anche per lunghi tempi di immersione, come hanno rivelato le osserla metallurgia italiana 51 10/2006 servati mediante microscopia ottica, evidenziano un gran numero di porosità, macro e micro cavità e una distribuzione poco omogenea della fase rinforzante. Spesso sono visibili agglomerati di particelle che hanno la tendenza a raggrupparsi le une alle altre. Al contrario, i campioni ottenuti mediante processo di estrusione mostrano un’omogenea distribuzione del rinforzo (senza una significativa presenza di agglomerati) e assenza di porosità e di macro e micro difetti. In particolare, nella figura 5 è possibile vedere un difetto fisico su un composito di tipo A non sottoposto a corrosione, evidenziato mediante microscopio a forza atomica. Questa micro cavità può agire come sito di innesco per fenomeni di Memorie C O R R O vazioni al microscopio ottico e le analisi mediante spettrofotometria infrarossa. In particolare, esaminando gli spettri non si notano significative variazioni dei picchi correlabili alla composizione chimica superficiale al crescere del tempo di esposizione (figure 6). Questo comportamento è indice di una elevata inerzia chimica del rivestimento, che non mostra né un degrado temporale significativo, né un insediamento di organismi marini. Il diverso insediamento del fouling è già macroscopicamente visibile dopo 1 mese di immersione (figura 7); sul campione non protetto è riscontrabile una cospicua presenza di insediamento di balani, serpulidi e di alghe (figura 7-a); tale fouling risulta presente in forma minore sul campione rivestito dal coating perfluorurato (figura 7-b), e praticamente assente, sul rivestimento siliconico (figura 7-c). In tabella 5 sono riportati i valori degli angoli di contatto misurati per gocce d’acqua sui diversi provini. Tenendo presente la correlazione esistente tra l’angolo di contatto e l’energia di superficie di un materiale (ad angolo di contatto maggiore corrisponde una minore energia superficiale), ci si attendeva un buon comportamento antifouling da parte di entrambi i rivestimenti, ma leggermente migliore da parte di quello perfluorurato. La comparazione di tali dati con l’esame visivo dei provini, immersi per un mese in acqua di mare e mostrati in figura 7, risulta discordante con le suddette considerazioni. Le foto evidenziano infatti un più alto livello di inibizione all’insediamento del fouling per il rivestimento siliconico rispetto a quello perfluorurato. Questo può essere spiegato dal fatto che il potere antifouling di un rivestimento dipende non solo dal valore dell’energia libera di superficie, ma anche da altri parametri, quali per esempio lo spessore del film, la rugosità e il modulo elastico, come evidenziato anche da Brady (24). In questo contesto, infatti, il coating siliconico mostra globalmente caratteristiche chimico-fisiche migliori, che portano ad un miglior comportamento antifouling, di quello perfluorurato. 10/2006 CONCLUSIONI 1) I dati elettrochimici relativi a tutti i materiali compositi testati evidenziano come l’intervallo di passività sia più alto per i compositi del tipo A, rispetto alla matrice costituita dalla lega di alluminio 6061 T6, del valore dell’ordine dei 50 mV (25). In accordo con questo andamento, la perdita di peso della lega è circa maggiore del 10% del composito di tipo A. Noi possiamo affermare quindi che da un punto di vista corrosionistico, i compositi rinforzati con particelle di Al2O3 possono essere considerati un’alternativa alla lega di alluminio convenzionale. 2) Tutti i compositi esaminati evidenziano una marcata suscettibilità alla corrosione localizzata in presenza di ioni cloruro. L’incremento di tenore di fase rinforzante e il processo di estrusione sembrano ridurre gli effetti dovuti all’aggressività dell’ambiente. Si possono ipotizzare alcune motivazioni che diano origine a tale fenomeno: - la superficie esposta della matrice è inferiore. Di conseguenza la nucleazione dei pits e la possibilità di accoppiamenti galvanici è ridotta; - le particelle possono agire come barriera fisica, così da contrastare la propagazione della corrosione localizzata. Il processo di estrusione influenza in modo più evidente i compositi con minor contenuto di fase rinforzante; la sua azione risulta essenziale nel ridurre i difetti quali porosità e micro e macro cavità, permettendo di ottenere una più omogenea dispersione delle particelle nella matrice. 52 la metallurgia italiana S I O N E 3) La composizione chimica dello strato di corrosione superficiale, ottenuta mediante analisi XPS, è risultata qualitativamente e quantitativamente simile per tutti i campioni. La sola differenza significativa era relativa al più alto contenuto in rame rilevato sul composito A, rispetto ai campioni B, C e D. Questo aumento potrebbe essere correlato alle fasi Cu-Al, che potrebbero diminuire la resistenza alla corrosione del materiale a causa di un incremento dell’effetto galvanico. 4) Le prove elettrochimiche di impedenza di elettrodo condotte sui materiali compositi rivestiti con due coatings a bassa energia di superficie (uno siliconico e uno perfluorato) evidenziano una eccellente protezione nei confronti del fenomeno corrosivo, in particolare da parte del rivestimento siliconico. 5) Le potenziali proprietà antifouling dei due rivestimenti sono state esaminate attraverso prove di angolo di contatto. Queste, effettuate con acqua, mostrano buoni risultati (alti angoli di contatto e quindi bassa energia libera di superficie) per entrambi i coatings, ma un miglior risultato è rinscontrabile per il coating perfluorato rispetto a quello siliconico. Le immagini scattate ai provini rivestiti, dopo un mese di immersione in acqua di mare, evidenziano però migliori proprietà antifouling da parte del coating siliconico. Questa apparente discordanza è spiegata dal fatto che una bassa energia libera di superficie è una condizione necessaria, ma non sufficiente per determinare le proprietà antifouling che risultano influenzate anche da altri parametri caratteristici del rivestimento. BIBLIOGRAFIA 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) P. APPENDINO, M. MONTORSI, La Metallurgia Italiana 10 (1986) p.743. R.J. RIOJA, R.H. GRAHAM, Adv. Mater. & Proc. 6 (1992) p.23. J.A. SEDIKS, J.A.S. GREEN, D.L. NOVAK, Met. Trans. 2 (1971) p.871. P.P. TRZASKOMA, E. Mc CAFFERTY, C. R. CROWE, J. Electrochem. Soc. 30 (1983) p.1809. H.W. PICKERING, Corr. Sci. 29, (1989) p.325. J.F. Mc INTYRE, R.K. CONRAD, S.L. GOLLEDGE, Corrosion 46 (1990) p.902. L.H. HIHARA, R.M. LATANISION, Corrosion 48, (1992) p.546. A. BROWN, Mater. World 1 (1993) p.20. 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POGGI, D. GINGAUD, G. CASTELLO, Br. Corros. J. 29 (1994) p.65. T R A C T zed corrosion areas. XPS analyses showed that superficial layer is mainly composed of oxides, oxy-chlorides, and aluminium chlorides. In particular, a larger quantity of Cu was detected on corrosion samples with respect to unexposed ones. In figure 4 this Cu quantity difference, on A composite, before and after 15 days of exposition in seawater, was visible. Casting composites (in particular A type), observed by optical microscopy, showed a great porosity, macro and micro pits, and a small homogenous distribution of the reinforcing phase.Extruded samples showed an homogenous distribution of the reinforcing phase, without agglomerates, pits or defects. Figure 5 is an image made by an atomic force microscope and showed a micro-defect on uncorroded A composite, a possible starting site of localized corrosion. Tests for evaluating protective properties of low surface energy coatings, also called “non stick” or “fouling release” coatings (silicone and perfluorurate based), on composite materials essentially consisted in electrochemical measurements (EIS) (figure 1) and in analyses by IR spectrophotometry and optical microscopy. Tests were carried out before and after sample immersion in natural sea water. Results (shown in tab. 4) pointed out that both coatings guarantee a very high protection from corrosion. Indeed Z module value is one order of magnitude larger after one day of immersion and two order of magnitude larger after 6 days of immersion for the silicone coating than for the perfluorurate. The protective power of the silicone coating resisted for long immersion time, as documented by microscope observations and infrared spectrophotometry analyses. In detail, no significant variation in IR peaks, nor variation in chemical surface composition appeared (see figure 6). This behaviour indicates a coating characterized by an elevated chemical inertia. Potential antifouling properties of silicone and perfluorurate coatings were also examined by contact angle measurements (figure 2). Good results were obtained for both coatings, but a larger contact angle, that could be associated to a lower surface energy, resulted for perfluorurate coating (see tab. 5). Figure 7 macroscopically revealed the antifouling protection of these coatings. In these images (taken after 1 month of immersion of coated samples in sea water) it could be noted that the silicone coating acted better than perfluorurate. This behaviour may be explained by the fact that other parameters (the thickness of the film, the elastic module and roughness) are equally important to determine coating antifouling power. la metallurgia italiana 53 10/2006 Aluminium composites are technologically advanced materials with elevated physical mechanical properties. They can be considered an alternative to conventional aluminium alloys for offshore applications. In this work the behaviour of four different types of composites, having aluminium alloy 6061 T6 as matrix and aluminium particles as reinforcing, was studied. The composites were different in aluminium particle contents and in productive processes (i.e. casting or extrusion). Protective and antifouling properties of two new generation organic coatings (see Tab. 1) were also studied. Experimental tests consisted in electrochemical and free corrosion measurements after different immersion times in natural sea water. Electrochemical tests consisted in anodic and cathodic polarizations. Corrosion rate (after 2 hours of immersion) (see Tab. 2) and localized corrosion susceptibility (after 2 hours, 5 and 15 days of immersion) (see Tab. 3) were obtained. In particular corrosion current density (icorr) and polarization resistance (Rp) showed a lower corrosive attack on samples containing more reinforcing phase. In table 3 it is possible to note that all samples tested were susceptible to localized corrosion in presence of chloride ions. In particular: A composite (10% v/v Al2O3, obtained by casting process) had a significant passivity domain, but a very limited perfect passivity range; B (10% v/v Al2O3, obtained by extrusion process), C and D composites (20% v/v Al2O3, respectively obtained by casting and extrusion process), revealed a wide and increasing passivity domain, together with a vast perfect passivity range. Free corrosion tests had a variable time range (between 5 and 60 days) which allowed a sample weight measurements. Figure 3 shows aluminium weight loss values versus immersion times for all tested composites. It can be noted that C and D composites were subject to a slight corrosive attack. A and B composites showed a higher weight loss. Corrosion products were characterized by X-ray photoelectron spectroscopy (XPS). Morphology information, corrosive attack type and entity were obtained by metallographic microscopy (OM) and by atomic force microscopy (AFM). Optical microscopy analysis revealed that composites with reinforcing phase at 20% showed a lower number of locali- I Memorie 18) G. SWAIN, PCE 4, n° 7 (1999) p. 18. 19) A.M. BECCARIA, E. MOR, G. POGGI, Werst. und Korr. 34 (1983) p.236. 20) E. LINDER, Biofouling 6 (1992) p. 457. 21) V. ROMAIRONE, P. TRAVERSO, Pitture e Vernici European Coatings 18 (2005). S S I N T E R I Z Z A Z I O N E E. Mosca Prendendo spunto dalla pubblicazione della nuova edizione della norma ISO 4498, sono qui riassunte le indicazioni essenziali per una corretta esecuzione delle prove di macro e microdurezza sui componenti sinterizzati metallici e sui metalli duri, ed è ampiamente commentata la loro interpretazione, tenuto conto che la struttura di questi materiali presenta aspetti talmente peculiari da aver richiesto la stesura di norme apposite, che sono pertanto richiamate nella bibliografia insieme con quelle di carattere generale. In particolare lo scopo è quello di fornire elementi per una corretta impostazione dell’assicurazione qualità in campo industriale: in questo modo si può instaurare tra fornitore ed utilizzatore un rapporto i cui termini siano reciprocamente accettabili, senza equivoci. Memorie Sinterizzati: considerazioni sulle prove di durezza Parole chiave: metalli, metallurgia delle polveri, collaudi e controlli, norme e statistiche INTRODUZIONE AI METODI DI PROVA Enrico Mosca MACRODUREZZA (DUREZZA APPARENTE) Nel caso dei sinterizzati la presenza della porosità residua modifica l’interpretazione dei dati di durezza ricavati con le prove tradizionali Brinell, Rockwell e Vickers introducendo il concetto di durezza apparente: a parità di microstruttura la durezza è tanto più bassa quanto maggiore è la porosità, in termini pratici quanto minore è la densità. la metallurgia italiana 35 10/2006 Tra i vari metodi a disposizione dell’assicurazione qualità, la prova di durezza, per rapidità, semplicità d’esecuzione, carattere non distruttivo e costo veramente contenuto, ha un’eccezionale importanza per l’utilizzatore, purché ne faccia un uso corretto. La prova è applicabile a tutti i materiali usati per la produzione di componenti meccanici e quindi anche ai sinterizzati [1], adattando loro i metodi generali di prova: a garanzia di una corretta determinazione, accanto a norme generiche ne sono state elaborate di specifiche [2], data la peculiarità della struttura. Dal punto di vista delle proprietà d'impiego la durezza è proposta per identificare il comportamento del componente riguardo a: - Resistenza a trazione (Rm) e carico al limite di deformazione permanente (Rs). Nel caso degli acciai compatti la correlazione è valida con buon’approssimazione per strutture che devono essere omogenee per l'intera sezione (nessuna differenza tra superficie e cuore) e presentarsi nello stato ricotto, normalizzato o bonificato; invece non è valida per strutture oggetto di incrudimento e per quelle temprate, eventualmente rinvenute a bassa temperatura: esistono comunque delle tabelle di conversione. Riguardo ai componenti allo stato solo sinterizzato e omogenei dal punto di vista struttura e distribuzione della porosità, la durezza può essere usata per una stima indiretta e approssimativa di Rm e, per inciso, (interessa il fornitore!) della qualità della sinterizzazione. Nel caso della prova col penetratore Vickers è stata proposta la prova di durezza strumentata che richiede uno strumento in grado di rilevare e registrare istante per istante il valore della forza e della profondità di penetrazione durante l’intera durata d’applicazione del carico (vedi norma DIN 50359-1, -2, -3): la prova (durezza universale) [3] presenterebbe numerosi vantaggi (tra i quali p. es. la determinazione del modulo elastico). Recentemente sono state definite le modalità d’interpretazione dei dati quando applicata ai sinterizzati [4], ma per ora non ci sono norme ad hoc. - Resistenza all'usura. La correlazione è valida per quasi tutte le forme con cui l'usura si manifesta, in particolare nel caso dell'usura abrasiva. Il meccanismo del fenomeno riguarda lo strato superficiale del pezzo: a parità di durezza intrinseca dello stesso e in assenza di lubrificazione, il comportamento dei sinterizzati non si discosta significativamente da quello dei materiali compatti aventi la stessa composizione e struttura. - Resistenza a pressioni localizzate (alla deformazione plastica). E' insita nel modo stesso con cui la durezza è determinata. Il meccanismo del fenomeno riguarda la propagazione della deformazione inizialmente elastica e poi plastica del materiale a partire dallo strato superficiale a contatto col penetratore [5, 6]: occorre ricordare che nel caso dei materiali compatti la deformazione avviene a volume quasi costante, perciò si può verificare risalita di materiale rispetto alla superficie in prova in corrispondenza del perimetro dell’impronta, mentre nei sinterizzati si ha densificazione locale a spese della porosità residua, generalmente senza alcuna risalita e accompagnata eventualmente da microfratture, tanto più evidenti quanto più fragile è la struttura della matrice e maggiori le dimensioni dell’impronta rispetto alle dimensioni e distribuzione dei pori. In Europa, in base ai carichi di prova, le durezze sono state definite in passato come segue: - Macrodurezza: prove eseguite con carichi di 9,81 N (al limite 4,9 N) o superiori, applicati ai.vari tipi di penetratori in uso. - Microdurezza: Prove eseguite con carichi di 0,98 N (o al limite 1,96 N) o inferiori (prove Vickers e Knoop); i valori della durezza tendono a crescere quanto più basso è il carico di prova. - Durezza a carico ridotto: Prove (Vickers o Knoop) eseguite in casi particolari, con carichi compresi nell'intervallo macro e microdurezza. Negli USA, per le prove di microdurezza, la ASTM E 384 specifica il campo 0,0098-9,81 N. Memorie S I N T E R I Z Z A Z I O N E A titolo d’esempio la fig. 1 riporta i valori di durezza Vickers letti su campioni di ferro puro sinterizzato in funzione della densità e del carico di prova. In dipendenza della forma del penetratore e del carico applicato su di un singolo campione, il microvolume interessato dall’impronta includerà un numero variabile di pori. La norma ISO 4498 tiene conto di ciò nel prescrivere opportune condizioni di prova, secondo il tipo di penetratore e il carico ad esso applicabile, come risulta dalla tabella 1. Inoltre, e a differenza degli acciai compatti, non è possibile convertire tra loro i valori tra le diverse scale di durezza: in caso di confronti è pertanto indispensabile mantenere la stessa scala. La norma prescrive di considerare la prova HV5 come prova di riferimento per tutti i materiali purché abbiano proprietà uniformi nella sezione, scegliendo poi le condizioni di prova più opportune, secondo il livello di durezza con essa stabilito. In caso di dubbio vanno scelte le scale del campo di durezza inferiore. MACRODUREZZA Classe di durezza HV 5 Condizioni di prova 15 – 60 HV 5 (5 kg, piramide di diamante) HBS 2,5 / 15,625 / 30 HRH (60 kg, sfera Ø 3,175 mm) > 60 – 100 HV 5 HBS 2,5 / 31,52 / 15 HRH HRB (100 kg, sfera Ø 1,5875 mm) > 100 – 200 HV 5 HBS 2,5 / 62,5 / 10 HRF (60 kg, sfera Ø 1,5875 mm) HRB > 200 - 400 HV 10 (10 kg, piramide di diamante) HBW 2,5 / 187,5 / 10 HRA (60 kg, cono di diamante) HRC (150 kg, cono di diamante) > 400 HV 20 (20 kg, piramide di diamante) HBW 2,5 / 187,5 / 10 HRA HRC Note: - I carichi sono espressi in kilogrammi forza (kgf) - HBS sta per prova Brinell con sfera di acciaio (nel nostro caso il diametro è 2,5 mm), mentre HBW sta per lo stesso tipo di penetratore, però con sfera di metallo duro 10/2006 Tabella 1 – Controllo della durezza sui sinterizzati: condizioni di prova indicate nella norma ISO 4498. Fig. 1 – Sinterizzati con matrice di ferro puro: andamento delle durezze Vickers in funzione della densità e del carico di prova. Fig. 1 – Sintered parts with pure iron matrix: plot of Vickers hardness as a function of density and test load. Fig. 2 – Distribuzione dei valori di durezza Vickers in un campione di: ________ Acciaio compatto _ _ _ _ _ _ Sinterizzato Table 1 – Checking hardness on sintered parts: test conditions indicated in ISO Standard 4498. Fig. 2 – Distribution of Vickers hardness values in a sample of: ________ Solid steel _ _ _ _ _ _ Sintered steel Ovviamente, come in tutte le misure, i dati relativi alle durezze eseguite sullo stesso campione sono affetti da dispersione; nella fig. 2 se ne mostra la distribuzione, con evidente differenza tra campioni di materiale compatto e sinterizzato: nel caso di quest’ultimo e a parità di struttura la durezza massima è più bassa e l’asimmetria della distribuzione si manifesta verso valori inferiori a quello modale. Nel caso del sinterizzato la forma della distribuzione è tanto più asimmetrica quanto più elevata è la porosità e basso il carico di prova, in particolare nelle prove di microdurezza: in questo caso, per quanto si cerchi di centrare una zona ap- parentemente priva di pori, non è possibile rilevare presenza e distribuzione dei vuoti sotto la superficie e questo spiega la presenza nel diagramma di valori anormalmente bassi, anche quando l’impronta sarebbe geometricamente accettabile I consigli riguardo alle prove da indicare nelle specifiche sono i seguenti. Acciai: - HRB (oppure HBS o HRF) per acciai solo sinterizzati oppure ossidati in vapore (attenzione: in questo caso la durezza diminuisce con l’aumentare della densità!); - HRA oppure HRC per acciai sinterizzati temprati; 36 la metallurgia italiana S I N T E R I A Z I Caratteristica O N E Campo dei valori di Ripetibilità Riproducibilità riferimento Durezza HV5 50 – 100 200 – 300 9 35 15 63 Durezza HRB 20 – 45 80 – 100 4 5 9 9 Durezza HRA 20 – 30 55 – 73 3 3,5 5 4 Tabella 2 – Ripetibilità e riproducibilità di valori di macrodurezza. Table 2 – Repeatability and reproducibility of microhardness values. Prove di durezza BRINELL (ISO 6506) • Durezza espressa come rapporto tra il carico applicato (kgf) e la superficie dell’impronta (calotta sferica, mm2), rilevata a partire dal diametro d • Campo di validità: 0,6 < d < 1,5 mm (HB con sfera 2,5 mm) • Spessore minimo del campione: 8 x profondità impronta permanente • Distanza tra bordo e centro impronta: > 2,5 d (Fe, Cu) e > 3 d (Al) • Distanza tra centri impronte: > 4 d (Fe, Cu) e > 6 d (Al) Prove di durezza VICKERS (ISO 6507-1) • Durezza espressa come rapporto tra carico applicato (kgf) e superficie dell’impronta (mm2) • Campo di validità: universale • Spessore minimo del campione: 1,5 x d (d = semisomma delle due diagonali) • Angoli dell’impronta: chiaramente definiti • Lati dell’impronta: senza apprezzabili distorsioni • Asimmetria dell’impronta: ≤ 5% (su superfici bombate è possibile applicare coefficienti di correzione, vedi la norma) • Distanza tra bordo e centro impronta: > 2,5 d (Fe, Cu) e > 3 d (Al) • Distanza tra centri impronte (d rilevata sull’impronta più grande): > 3 d (Fe, Cu) e > 6 d (Al) Il controllo industriale della macrodurezza può essere eseguito anche con le prove Rockwell superficiali usando le scale 15N, 30N, 45N (penetratore a cono di diamante) e le scale 15T, 30T, 45T (penetratore a sfera 1,5875 mm); non esiste una norma specifica (quella generica è la ISO 1024), perciò nel caso dei sinterizzati deve esserci accordo tra fornitore ed utilizzatore sulla gestione e interpretazione di queste prove. MICRODUREZZA (DUREZZA VERA) Le prescrizioni della norma ISO 4498 riguardo ai carichi da utilizzare nelle prove di microdurezza sono riportati nella tabella 3. Lo scopo è di definire la durezza intrinseca della matrice del sinterizzato, quale potrebbe essere rilevata su di un materiale compatto di uguale composizione e struttura e quindi indipendente dalla densità, perciò la microdurezza è definita convenzionalmente durezza vera. Le prove devono essere condotte in modo da escludere per quanto possibile l’influenza dei pori, centrando col penetratore zone della superficie apparentemente prive di pori affioranti. la metallurgia italiana 37 10/2006 Prove di durezza ROCKWELL (ISO 6508) • Valori della durezza: sono in relazione inversa con la profondità dell’impronta, che viene misurata • Campi di validità delle varie scale: HRA 20-88 HRC 20-70 HRB 20-100 (HRB ≤ 115, con sfera in metallo duro) HRF 60-100 HRH 80-100 • Spessore minimo del campione: 10 x profondità impronta permanente • Distanza tra bordo e centro impronta: > 2,5 d (minimo 1 mm) • Distanza tra centri di impronte: > 4 x d (minimo 2 mm) Z Memorie - HRA ed eventuale HV0,1 o HV0,2 su acciai sinterizzati carbocementati o carbonitrurati; profondità di indurimento determinabile con traversi di durezza HV0,1 o HK0,1, come per gli acciai compatti; - HV0,1 – HV1 su acciai nitrocarburati o nitrurati. Nel caso delle leghe di rame sinterizzate specificare la HRH e per quelle di alluminio ancora la HRH o la HRE. Tenendo conto del fatto che la dispersione dei dati aumenta col diminuire del carico di prova, nel determinare la durezza apparente è consigliabile utilizzare il carico massimo consentito da spessore del campione e ampiezza della zona su cui eseguire l’impronta. La norma ISO 4498, Annex B, riporta a titolo informativo i dati di ripetibilità e riproducibilità delle prove Rockwell eseguite in USA su campioni di alcuni materiali sinterizzati in accordo con la ASTM E 691 (dalle prove risulta che i valori sono specifici per ogni materiale e la rispettiva condizione strutturale!). Viene anche fornita la ripetibilità delle macchine di prova in sede di controllo coi blocchetti di taratura, e infine la ripetibilità delle prove sui medesimi blocchetti. In esperienze locali (condotte in 7 enti diversi, come specificato nella norma ISO 5725, su campioni appositamente preparati) si sono registrati i valori indicati nella tab. 2. La determinazione della macrodurezza è soggetta ad alcune regole: • controllare periodicamente durometri e penetratori: verifiche coi blocchetti di taratura, certificati da laboratori accreditati; • la durezza apparente è rilevabile non solo sui materiali aventi durezza uniforme nella sezione ma anche su quelli sottoposti a trattamenti di cementazione o a tempra ad induzione; • l’uso di scale diverse da quelle indicate (pezzi sottili, aree di prova limitate, il pezzo può deformarsi) è possibile, ma va concordato fra fornitore ed utilizzatore; • la scala da usare, il campo di durezza ed eventuali accorgimenti durante il controllo vanno concordati in sede di collaudo; • i campioni in prova devono essere piani e senza bave (appoggio corretto sull’incudine del durometro) e la superficie pulita e preparata se necessario con carta abrasiva 180-240; • la prova di durezza entro certi limiti può essere usata per verificare differenze locali di densità; • si prescrive di eseguire il collaudo industriale su di un numero minimo di 5 pezzi; la durezza apparente è espressa come media aritmetica di cinque impronte valide; • non è permesso derivare direttamente valori di resistenza meccanica a partire dai valori della durezza; • nel rapporto di prova fare sempre riferimento alla norma utilizzata e specificare tutti i dettagli indispensabili all’identificazione dei campioni Riguardo all’esecuzione pratica delle prove le principali indicazioni sono le seguenti (vedere le norme per avere il quadro completo!). Z Memorie S MICRODUREZZA HV 0,05 HV 0,1 HV 0,2 HK 0,1 I N T E R I Tabella 3 – Microdurezza: condizioni di prova. Table 3 – Microhardness: test conditions. Fig. 3 – Confronto tra distribuzione dei pori e dimensione d’ipotetiche impronte (densità 6,5 g/cm3). Fig. 3 – Comparison between pore distribution and size of hypothetical indentations (density 6,5 g/cm3). A HV5 = 150 C HV0,1 = 150 B HV5 = 750 D HV0,1 = 750 Fig. 4 – Confronto tra distribuzione dei pori e dimensione d’ipotetiche impronte (densità 7,2 g/cm3). Fig. 4 – Comparison between pore distribution and size of hypothetical indentations (density 7,2 g/cm3). 10/2006 A HV5 = 150 C HV0,1 = 150 B HV5 = 750 D HV0,1 = 750 E’ sconsigliabile utilizzare la HV0,05 ai fini dell’assicurazione qualità, perché soggetta a difficoltà di lettura delle impronte e ad eccessiva dispersione dei valori. La microdurezza Vickers è ancora espressa come rapporto tra il carico applicato (kgf) e la superficie dell’impronta (mm2). Nel caso della microdurezza Knoop (simbolo HK, seguito dal carico sul penetratore), a differenza della Vickers,la durezza è espressa come rapporto tra il carico applicato in kgf e la superficie proiettata dell’impronta, in mm2. Le fig. 3 e 4 mostrano le dimensioni delle impronte rispetto 38 la metallurgia italiana Z Z A Z I O N E alla distribuzione dei pori sulle superfici di sinterizzati a base ferro, con due diversi livelli di densità; i perimetri delle impronte sono stati tracciati in funzione di due diversi ipotetici valori di durezza che si sarebbero potuti rilevare con la lettura al microscopio: gli esempi chiariscono nei vari casi le possibili interazioni impronte/pori. Il controllo della microdurezza di solito è eseguito per accertare il risultato di processi d’indurimento, essenziale ai fini del comportamento tribologico dei pezzi, in particolare della loro resistenza ad usura. La prova HK0,1 può essere impiegata in luogo della HV0,1: è stato affermato che potrebbe presentare una dispersione minore rispetto alla Vickers, grazie alla minore profondità di penetrazione e al fatto che si legge la lunghezza della sola diagonale maggiore, ma questo è valido se la porosità è limitata e non finemente distribuita; i sinterizzati ottenuti a partire da polveri ridotte invece che atomizzate sono più problematici da sottoporre alla prova Knoop! Eseguendo le prove sullo stesso campione i valori della microdurezza tendono a crescere con la diminuzione del carico sul penetratore (vedi fig. 1) e, nei campioni con uguale struttura ma diversa densità, la microdurezza tende a diminuire con l’aumentare della porosità. E’ importante ricordare che i microdurometri devono essere posizionati su tavoli antivibranti, altrimenti c’è il rischio concreto che il valore della microdurezza sia alterato per effetto delle accelerazioni (variazioni di carico) impresse al penetratore durante la formazione dell’impronta. Dal punto di vista dell’assicurazione qualità non è possibile dare valori di riproducibilità a causa di: • differenze nella preparazione superficiale dei campioni; • soggettività nella lettura delle impronte: nel leggere la stessa impronta spesso c’è discordanza tra i diversi operatori; • soggettività nella decisione se scartare o conservare valori (apparentemente dubbi o troppo bassi) da inserire poi nei calcoli. I problemi si hanno anche nella determinazione della ripetibilità: la dispersione è elevata ed è dell’ordine di 50 HV su strutture omogenee e sale a 90 HV su quelle non omogenee, come verificato sperimentalmente da diversi operatori su campioni di durezza intorno a 650 HV. Infatti, l’altro motivo di perplessità è la disomogeneità strutturale dei pezzi sinterizzati da polveri elementari o polveri prelegate per diffusione; temperatura e durata della sinterizzazione sono insufficienti per realizzare l’omogeneizzazione completa della struttura ed il fenomeno è particolarmente evidente p.es. negli acciai legati sinterizzati e poi temprati, in cui possono trovarsi isole con struttura martensitica insieme con altre aventi invece struttura austenitica; in questo caso l’attacco metallografico può essere d’aiuto. La determinazione della microdurezza è soggetta ad alcune regole: • c’è accordo internazionale sul modo di eseguire le prove (vedi anche ISO 4516 per quanto riguarda precauzioni, modalità d’applicazione dei carichi, ecc.) ma non sulla loro interpretazione, da concordare tra fornitore ed utilizzatore: in caso di contestazione le prove devono essere eseguite sullo stesso campione; • è indispensabile la preparazione metallografica della superficie (vedi ISO TR 14321), in modo da evidenziare la presenza di pori superficiali; eventuale attacco metallografico per identificare localmente la struttura, in particolare nel caso di disomogeneità; • controllare periodicamente il microdurometro (verifica coi blocchetti di taratura), sia i penetratori (assenza di scheggiature) • la microdurezza è rilevabile su tutti i materiali sinterizzati, inclusi quelli sottoposti a trattamenti d’indurimento superficiale (cementazione, tempra ad induzione, trattamenti laser); nel caso in cui i sinterizzati siano sottoposti a rivesti- S I N T E R I Posizionamento delle impronte Vickers (d = semisomma delle due diagonali) • Profondità dell’impronta (~1/7 d) < 1/3 dello spessore dello strato da caratterizzare, supposto omogeneo • Angoli dell’impronta: chiaramente definiti e senza segni di sfondamento • Lati dell’impronta: senza apprezzabili distorsioni • Asimmetria dell’impronta (differenza tra le due diagonali): contenuta entro il 5% • Distanza tra bordo e centro impronta: > 2,5 x d • Distanza tra i confini della fase metallica segnati dai pori e centro impronta: > 2,5 x d • Distanza tra centri impronte: > 2,5 x d (diagonale dell’impronta più grande) • Distanza tra angoli dell’impronta e un poro oppure confine di un rivestimento > 2,5 x d. Le diagonali dell’impronta dovrebbero essere misurabili con una precisione migliore di ± 0,5 µm (secondo ISO 4507), e questo dipende dall’ottica del microscopio montato sul microdurometro. Per avere un errore di lettura relativo ≤ 5% la norma ISO 4516 propone d ≥ 16 µm, ma la ISO 4498 consiglia invece di scegliere il carico in modo che l’impronta abbia d ≥ 20 µm. Con la limitazione dei 20 µm i valori massimi leggibili diventerebbero: HV0,05 = 231 (220 – 243) HV 0,1 = 463 (441 – 488) HV 0,2 = 927 (882 – 975) Tra parentesi sono indicate le dispersioni per effetto dell’errore di lettura (± 0,5 µm) ammesso dalla norma ISO 4507. DUREZZA DEI METALLI DURI Tra i vari materiali sinterizzati i metalli duri rappresentano un caso particolare: essi sono caratterizzati da una struttura in cui c’è assenza pressoché totale di pori (la cui presenza A Z I O N E sarebbe a scapito della qualità e quindi delle prestazioni nell’impiego) e, nell’eseguire le prove, il livello di durezza particolarmente elevato ha richiesto l’elaborazione di norme ISO specifiche, che tengono conto della precisione di lettura (entro 0,2 o meglio 0,1 HRA) e della preoccupazione di evitare danni al penetratore data l’elevatissima pressione specifica sulla punta del cono o della piramide di diamante. Le principali indicazioni sono le seguenti (vedere le norme per avere il quadro completo). Prova Rockwell (HRA, ISO 3738/1) • Verificare periodicamente durometri e penetratori; verifiche (media di tre letture) coi blocchetti di taratura: differenza ammessa ± 0,5 HRA • I blocchetti di taratura devono essere preparati e calibrati come indicato nella norma ISO 3738/2 • Preparare la superficie in modo da ottenere una rugosità Ra ≤ 0,2 µm, rimuovendo da essa uno strato di almeno 0,2 mm, senza alterare la struttura • Raggio di curvatura della superficie ≥ 15 mm, altrimenti realizzare un piano di almeno 3 mm di larghezza • Spessore del campione ≥ 1,6 mm • Parallelismo entro 1% tra piano di prova e quello dell’incudine del durometro • Distanza tra due impronte o tra un’impronta e il bordo del campione: ≥ 1,5 mm La durezza HRA del campione è data come media aritmetica di almeno tre impronte, arrotondata a 0,2 (0,1) HRA. Prove Vickers (ISO 3878) • Verificare periodicamente durometri e penetratori come indicato nella ISO 146 • Preparare la superficie (vedi ISO 4505) rimuovendo da essa uno strato di almeno 0,2 mm, senza alterare la struttura • Spessore del campione: ≥ 1 mm • Carichi di prova: da HV1 a HV50; preferibile HV30, ma attenzione a convertire i valori in altre scale (in particolare HRA)! • Distanza tra centri di due impronte ≥ 3 x d (semisomma delle due diagonali dell’impronta più grande), e tra centro impronta e bordo ≥ 2,5 x d La durezza Vickers è data come media di almeno tre impronte, arrotondata a 10 HV. Esistono tabelle non ufficiali di conversione tra HRA e HV30: data l’assenza di norme di riferimento vanno utilizzate con prudenza e a parità di composizione e struttura! OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Raccolta dei dati I durometri moderni sono equipaggiati in modo da applicare i carichi in modo pressoché automatico, come previsto nelle norme; le letture basate sulla determinazione della profondità dell’impronta o della sua area in proiezione sono digitalizzate e pertanto elaborazione e archiviazione dei dati è facilitata e meno soggetta ad errori: dal punto di vista del tecnico che li raccoglie, l’affidabilità è legata alla sua professionalità ed alla diligenza con cui segue le prescrizioni operative contenute nelle norme e tiene conto delle peculiarità della struttura dei sinterizzati. Interpretazione dei dati Chi deve decidere quanto la durezza sia in relazione con il comportamento in opera dei pezzi oggetto del controllo deve farlo evitando di attribuire ad essa un significato oltre quello che essa sia in grado di fornire. In genere la durezza concorre con altre proprietà fisico meccaniche ad offrire al progettista il quadro di riferimento. la metallurgia italiana 39 10/2006 Posizionamento delle impronte Knoop (D = diagonale maggiore; d = diagonale minore; d ) • Profondità dell’impronta (1/30 D) < 1/3 dello spessore dello strato da caratterizzare, supposto omogeneo • Angoli e lati dell’impronta: vedi Vickers • Distanza tra bordo e centro impronta oppure tra centri impronte in direzione perpendicolare a D: 50 µm Rispetto alla lettura dell’impronta Vickers, la Knoop presenta maggiore imprecisione nella misura di D, poiché in corrispondenza di essa gli spigoli dell’impronta sono meno definiti. Z Memorie menti chimici (galvanici, CVD) oppure fisici (PVD, bombardamento ionico) valgono le indicazioni della norma ISO 4516. La microdurezza è data come media aritmetica di cinque impronte valide; è tuttavia consigliabile escludere dai calcoli i valori palesemente bassi. E’ quindi opportuno disporre di un numero maggiore d’impronte, per scartare quelle sospette. Nel caso in cui occorra verificare la profondità d’indurimento, la norma da seguire è la ISO 4507 ed è preferibile adottare la prova HK0,1 rispetto alla HV0,1, in quanto nel caso di quest’ultima l’errore nella determinazione delle diagonali dell’impronta può diventare significativo oltre 500 Vickers, se il potere risolutivo dell’ottica a disposizione è al limite di quanto previsto dalla norma. A titolo d’esempio, la norma ISO 4498 fornisce la ripetibilità r e riproducibilità R delle prove HV0,1 (r = 42,9 e R = 177,8) e HK 0.1 (r = 22,4 e R = 76) su campioni di durezza intorno a 700. Riguardo all’esecuzione pratica delle prove di microdurezza (norma ISO 4498), le principali indicazioni sono riportate qui di seguito (vedere le norme per avere il quadro completo!). Z Memorie S I N T E R I Z Z Durezza come specifica a disegno Nel caso dei sinterizzati è essenziale ricordare che la presenza più o meno rilevante dei pori obbliga ad introdurre il concetto di durezza apparente, nuovo per chi è abituato a specificare questa caratteristica nel caso dei materiali compatti: la durezza apparente è funzione della densità e, a parità di struttura, è in ogni modo inferiore a quella che si sarebbe rilevata in assenza di pori. E’ opportuno che il progettista concordi col fornitore il tipo di prova, la zona del pezzo da sottoporre al controllo e infine il valore da indicare a disegno. Nel caso in cui il progettista fosse interessato alla durezza intrinseca della matrice, a disegno deve specificare la microdurezza; in questa circostanza i valori sono in pratica uguali a quelli che sarebbero stati prescritti per strutture compatte. BIBLIOGRAFIA 1. ASSINTER – Guide to the quality assurance of sintered parts, Torino, 2000 2. Prove di durezza sui sinterizzati. Norme ISO specifiche: - 4498 Sintered metal materials, excluding hardmetals. Determination of apparent hardness and micro-hardness - 4507 Sintered ferrous materials, carburised or carbonitrided. Determination and verification of case hardening depth by a micro-hardness test - 3738/1 Hardmetals. Rockwell hardness test (scale A). Part 1. Test method - 3878 Hardmetals. Vickers hardness test Norme ISO generiche – Prove Rockwell - 6508 Metallic materials. Hardness test. Rockwell test (scales A-B-C-D-E-F-G-H-K) - 3738/2 Hardmetals. Rockwell hardness test (scale A). Part 2. Preparation and calibration of standard test blocks - 716 Metallic materials. Hardness test. Verification of Rockwell hardness testing machines (scales A-B-C-DE-F-G-H-K) - 1024 Metallic materials. Hardness test. Rockwell superficial test (scales 15N-30N-45N-15T-30T-45T) A B S 10/2006 SINTERED METAL MATERIALS: COMMENTS ON HARDNESS TESTING Keywords: metals, powder metallurgy, testing and inspection, standards This paper discusses the importance of hardness tests from an engineering point of view, pointing out how to consider the use of hardness values in relation with the behaviour of PM components in service, taking into account the residual porosity and possible lack of homogeneity in their structure. 40 la metallurgia italiana 3. 4. 5. 6. T R A Z I O N E - 1079 Metallic materials. Hardness test. Verification of Rockwell superficial hardness testing machines (scales 15N-30N-45N-15T-30T-45T) Norme ISO generiche – Prove Brinell - 6506 Metallic materials. Hardness test. Brinell test - 410 Metallic materials. Hardness test. Tables of Brinell hardness values for use in tests made on flat surfaces - 156 Metallic materials. Hardness test. Verification of Brinell hardness testing machines Norme ISO generiche – Prove Vickers - 6507/1 Metallic materials. Hardness test. Vickers test. Part 1: HV5 to HV100 - 6507/2 Metallic materials. Hardness test. Vickers test. Part 2: HV0,2 to less than HV5 - 409/1 Metallic materials. Hardness test. Tables of Vickers hardness values for use in tests made on flat surfaces. Part 1: HV5 to HV100 - 409/2 Metallic materials. Hardness test. Tables of Vickers hardness values for use in tests made on flat surfaces. Part 2: HV0,2 to less than HV5 - 146 Metallic materials. Hardness test, Verification of Vickers hardness testing machines - 640 Metallic materials. Hardness test. Calibration of standard test blocks to be used on Vickers hardness testing machines Norme ISO generiche – Prove di microdurezza - 6507/3 Metallic materials. Hardness test. Vickers test. Part 3: less than HV0,2 - 4516 Metallic and related coatings. Vickers and Knoop microhardness tests - 2639 Steel. Determination and verification of the effective case depth of carburised and hardened cases Norma DIN 50359: Universal hardness testing of metallic materials. Part 1: Test method. - Part 2: Verification of testing machines. – Part 3: calibration of reference blocks G.F. Bocchini, G. Silva – Sviluppo ricerche presso il Politecnico di Milano (risultati in corso di pubblicazione) ASM Handbook Vol 8 – Mechanical testing ed evaluation – ASM International, Materials Park, Ohio, 2000, 197-287 G.E. Dieter, Mechanical metallurgy, Mc Graw-Hill, 1988, 325-337 A C T Having taken the ISO standard 4498 as the starting point, hardness testing conditions are examined underlining their interpretation as regards both the so called apparent hardness and especially microhardness, and giving comments useful both to the technicians carrying out the tests and to inspectors involved in quality assurance: from an industrial point of view only in this way it seems possible to establish a correct relationship between suppliers and users. A summary of test conditions and rules regarding common PM materials and hardmetals are also given: in order to have full reference on this subject all ISO standards relevant to this subject and published up to now are listed. R A M E E S U E L E G H E Ahmed Y. M. Z., Riad M. I., Sayed A. S., Ahlam M. K., Shalabi M. E. H. There are many factors which control the porosity of the final object during preparation of porous Memorie Correlation between factors controlling preparation of porous copper via sintering technique using experimental design copper compact using PM (powder metallurgy) technique. The amount of filler material, its type, sintering temperature, sintering time and the pressure of compaction were recognized as the most important parameters. In this investigation, naphthalene was used as filler material during porous copper preparation. Also, the correlation between these parameters and the porosity degree of the final object was developed with the aid of 2N factorial design experiments. It was found that the amount of naphthalene represents the most important parameter controlling the porosity degree in the final object. Key words: Porous copper, Powder metallurgy, Porosity, Naphthalene, Factorial design INTRODUCTION Over the past few decades, metals containing a number of voids (pores) have been studied and interest is growing in development for different industrial applications. Since, the importance of developing of such materials arises from its unique properties of low density and high specific surface area [1-5]. These porous metals provide specialized products for applications, such as filtration, fluid flow control, self-lubricating bearing, battery electrodes, etc. There are various processes that could be used in preparation of porous metal such as vapor deposition, solid- gas eutectic solidification (GASAR) method [6,7], casting, and powder metallurgy (PM) [8]. The PM process was proved to be the most economic, feasible and promising technique in manufacturing of porous metal parts. Also, with using such technique there are almost no constrain considering complexity of the outer shape and geometry of the final porous metal object. PM techniques comprise foaming of the precursor prepared by compacting of powdered metal or alloy; whereas the pore forming gas is developed during melting of this precursor from admixed foaming agent [9]. The powder must be thoroughly compacted in order to seal the particles of foaming agent. This avoids the premature release of the gas on heating. PM porous metal can be prepared with gradiently variable pore size and also with preferred orientation of pores. Unfortunately, the mechanical properties of such materials are in many cases very poor, particularly under tensile loading [10-12]. Accordingly, it is important to control the various parameters affecting the porosity, pore size and morphology as well as the mechanical properties of the produced object. These affecting factors are the sintering temperature, the sintering time, the pressure of compaction Sayed A. S., Ahlam M. K. Faculty of Science, Helwan University, Cairo, Egypt. Paper presented on March 9, 2006 la metallurgia italiana 41 10/2006 Ahmed Y. M. Z., Riad M. I., Shalabi M. E. H. Central Metallurgical Research and Development Institute, Cairo, Egypt. as well as the amount, type, size of the foaming agent. The preparation of porous metal was an interesting subject for many investigators. Leong and Liu [13] used copper powder of 63µm average size mixed with Emultex D64, which is a water-based binder. This produced like a paste feedstock which was then compacted in a mold container to obtain rectangular specimens and sintered at 800°C and 1000°C. The authors indicated that the advantage of these sintered wicks appears to be attributed to the existence of smaller pores with the controllability of porosity, and pore size that optimize heat pipe performance. Zhao et al. [14] illustrated that Cu foams with porosity in the range 50–85% and cell sizes in the range 53–1500µm, had been manufactured by blending, compaction and sintering of Cu and K2CO3 powders followed by removal of K2CO3. Zhao et al. [15] found that the cell morphology and size of the final Al-foam closely match those of the NaCl particles which used as foaming agent particles. The green porosity decreased with increasing compaction pressure and NaCl/Al ratio, where the foam porosity is 2–4% higher than the initial volume percentage of NaCl. Takage and Yamauchi [16] indicated that the sublimable solid substance powder could be added to form pores having a predetermined diameter of 1 to 600µm in the porous body. The kind of the sublimable substance is not particularly restricted, so far as it is easily sublimated at a temperature of 200 to 800°C without any substantial residue being left. At least one member selected from camphor, menthol and naphthalene is ordinarily used as the sublimable substance. Laptev et al. [17] used ammonium bicarbonate and carbamide powders as the filler materials for producing porous Ti parts. As both carbamide and ammonium bicarbonate decompose at 200°C, the porous metal structure is prone to collapse before strong bonding between the metal particles is formed at the sintering temperature. It is also hard to control the cell shape because of the significant shrinkage involved. Another problem of this method is that the decomposition of the filler material release environmentally damaging gases. This paper presents the results of a simple experimental designed (2N factorial design experiment) used in studying the Memorie R A M E E S U E L E G H E Table (1) – Size distribution of copper powder. Tabella (1) – Distribuzione delle dimensioni delle polveri di rame. Fig. 1 – XRD of delivered copper powder (a = copper). Fig. 1 – XRD della polvere di rame (a = copper). effects of different controlling parameters on the preparation of porous copper metal compacts. Also, the correlation between the studied parameters and the degree of porosity, and pore morphology resulting in the final sintered object are investigated. Table (3) – Matrix of eight experiments. Tabella (3) – Matrice di otto esperimenti. EXPERIMENTAL WORK Raw Materials Copper powder. The copper powder used in this investigation was delivered from Ghatwary medical Borg El-Arab EL-Gedida (Egypt) Co. The grain size distribution of copper powder is shown in table 1 and the XRD Pattern of the copper powder was determined used Brucker AXS-D8 Advance and shown in Fig. 1, from which it is clear that the copper is the main element of this powder. Naphthalene. The naphthalene powder was delivered from O.S.S. laboratory of pure chemical powder of 128.17g/ml molecular weight. The particle size of naphthalene powder was found to be -160 + 125µm. The Procedure Copper powder was thoroughly mixed with varied amounts of Naphthalene powder. A certain amount of the produced mixture was uni-axially pressed with 75-300 MPa compaction pressure range to reach the desired height and diameter of 18 mm and 15 mm respectively for the compacted mixture. After compaction, the green copper compact is then heated for three hours at a temperature of 350°C to completely remove the naphthalene binder at this temperature (i.e. debinding). Then the temperature was allowed to rise to the desired sintering temperature at a rate of 5°C/min. Equation (1) was used for evaluating the degree of porosity of the copper powder compacts [5]. Experimental Design In the present work the experimental design method (2N factorial design) used to carry out a relationship between the different parameters affecting the porosity degree of the porous copper compacts. The factors controlling the porosity degree are sintering temperature, sintering time, compaction pressure and amount of naphthalene. Since the number of factors studied are four and according to the equation (2), for the 2N factorial design, the number of experiments will be 16 experiments. Table (2) shows the level of the parameters, where X1 represent the sintering temperature, X2 represent the sintering time, X3 represent the compaction pressure and X4 is the amount of naphthalene. For the 16 experiments a matrix illustrated in Table (3). Table (4) will be used to describe the conditions of each experiment where Y will be the porosity degree obtained for each experimental condition. Equation (3) shows the general empirical formula describe the effect of a certain parameters (sintering temperature, sintering time, compaction pressure and amount of naphthalene) on a certain phenomena (the porosity degree of the sintered porous copper compacts). Where, the X1, X2, X3 and X4 are factors effecting on the degree of porosity of the sintered compacts and ao, a1, a2, …… represents the coefficients of the equation it can be estimated from the Table (3) after carried out the experiments by multiplied the matrix of the results (Y) by each matrix of the factors. X1, X2 …, is called the X codes while the actual X could be obtained using equation (4). No. of experiments =2N, where N= the no. of factors (2) (1) (3) The apparent density of the individual specimen was calculated from a measurement of its weight and volume for each configuration. (4) 10/2006 Table (2) – Levels of factors. Tabella (2) – Livello dei fattori. 42 la metallurgia italiana R A M E E S U E L E G H E Memorie Where the Xi is the actual value of any factors, ∆Xi is the interval showing in the Table (2) and Xo is the base value of X (factor) equal the average value of X. RESULTS AND DISCUTION Effect of naphthalene content and sintering temperature It is worth to note that the proportion of copper powder and filler material was critical in order to produce a homogeneous and smooth feed stock [13]. Inadequate amount of the naphthalene in the mixture would cause a difficulty during molding, where the mixture would not flow easily and cracks would form during debinding due to the expansion of vapor trapped in the voids. So the adequate weight ratio of the copper powders to the naphthalene for producing sintered compacts having porosity from 20 to 50% should be determined experimentally. Effect of the amount of naphthalene content on the total porosity of sintered copper compact produced at constant compaction pressure of 75 MPa and sintered at different temperatures (800-1000°C) while keeping the sintering time constant at 15 min is illustrated in Fig. 2. From these figure, it is clear that at any constant sintering temperature the increase of naphthalene content leads to an increase in the porosity of sintered copper compact because removal of naphthalene is accompanied by formation of pores. Thus the increase of naphthalene contents in the fresh mixture is responsible for the increase of the total porosity of the final sintered compacts. The scanning electron microscope (SEM) micrographs Fig. 2 – Effect of sintering temperature and naphthalene content on the total porosity of copper compact. (The compression load = 75 MPa, and the sintering time = 15 min.). Fig. 2 – Effetto della temperatura di sinterizzazione e del contenuto di naftalene sulla porosità totale della polvere compattata. (Carico di compressione = 75 MPa. tempo di sinterizzazione = 15 min.). shown in Fig. 3, of the sintered copper compacts produced at naphthalene content of 1% and 7% proved that increasing of the naphthalene contents leads to an increase in the total porosity of the final sintered compacts. Fig. 3 – SEM micrographs for sinter copper compacts. (The sintering temperature 1000°C, sintering time 15 min. and compression load 75 MPa) a. 1% naphthalene; b. 7% naphthalene. Fig. 3 – Micrografie SEM per i prodotti sinterizzati di rame. (Temperatura di sinterizzazione 1000°C, tempo di sinterizzazione 15 min., carico di compressione 75 MPa) a. 1% naftalene; b. 7% naftalene. Fig. 4 – Micrografie SEM per i prodotti sinterizzati di rame. (Quantità di naftalene 7%, tempo di sinterizzazione 15 min., carico di compressione 75 MPa) a. Sinterizzato a 800°C; b. Sinterizzato a 1000°C. la metallurgia italiana 43 10/2006 Fig. 4 – SEM micrographs for sinter copper compacts. (The amount of naphthalene added 7%, sintering time 15 min. and compression load 75 MPa) a. Sintered at 800°C; b. Sintered at 1000°C. Memorie R A M E E S On the other hand, selection of an appropriate sintering temperature is important during the processing of porous metal compact. It was found that when the sintering temperature was below 800°C, a completely intact compact could not be produced at even higher designated holding time of 60 min which leads to produce loose compacts. When the sintering temperature was above 1000°C some parts of the compact were softened which leads to inhomogeneous shape of the sintered compact. Accordingly, the sintering temperature used in this investigation was designed to be between 800-1000°C. Also, from Fig. 2 it is clear that at any constant amount of naphthalene content the increase of sintering temperature leads to a decrease in the total porosity of copper compacts. The decrease of the copper compact porosity with increasing sintering temperature could be attributed to the fact that, powder particles become extensively more collated [13]. Also it my attributed to that with increasing the sintering temperature a sound necks between powders is formed and their growth owing to the active mass transfer, giving rise to an increase in the contact areas and a decrease in the voids of the sample [18]. As shown in SEM micrograph, Fig. 4, gaps between particles are minimized and spaces left behind by the removal of naphthalene are filled up resulting in greater shrinkage. The correlation between the total porosity of the sintered copper compacts (P %) and both of the sintering temperature (X1, °C) and the naphthalene content (X4, %) when compaction pressure is 75 MPa and sintering time of 15 min is conducted and illustrated in the equation (5): (5) 10/2006 ffect of naphthalene content and compaction pressure The selection of suitable compaction pressure during formation of porous metal compact is very important. During the formation of copper compacts it was noticed that, at compaction pressure below 75 MPa there was severe palling of copper particles yielding an imperfect geometry [15] and loose compact. Whereas at compaction pressure higher than 300 Mpa cracks were often induced in the samples, sometimes leading to complete fracture. Accordingly the range of compaction pressure between 75-300 MPa was applied in formation of copper compacts during this investigation. The effect of both naphthalene content and compaction pressure on the total porosity of copper compact was carried out under constant sintering temperature of 800°C and constant sintering time of 15 minutes. The effect of both parameters on the total porosity is illustrated in Fig. 5. From these figures it is evident that at any constant amount of U E L E G H E Fig. 5 – Effect of both naphthalene content and pressure of compaction on the total porosity of copper compacts. (The sintering temperature = 800°C and sintering time = 15 min.). Fig. 5 – Effetto di contenuto di naftalene e pressione di compattazione sulla porosità totale della polvere compattata. (Temperatura di sinterizzazione = 800°C e tempo di sinterizzazione = 15 min.). naphthalene the increase of compaction pressure leads to a decrease in the total porosity of the sintered copper compact. This may be due to the increase in the sintering rate with increased dislocated population. Also, it may be due to metal-metal contact formed during compaction, which was increased with increasing compaction pressure. These metal-metal contacts are fused together in the subsequent sintering process and interconnected in metallic framework and the expense of the voids present leads to a highly decrease in the total porosity. This phenomenon could be more clarified from the SEM micrograph as shown in Fig. 6. Also, at any constant compaction pressure the increased amount of naphthalene content makes the total porosity of the sintered copper compact to increase. The correlation between the total porosity of sinter copper compact (P, %) and both the compaction pressure (X3, MPa) and naphthalene content (X4, %) is conducted and illustrated in the equation (6): (6) Effect of both naphthalene content and sintering time The effect of sintering time and amount of naphthalene added on the total porosity of copper compacts were carried out at 800°C sintering temperature and 75 MPa compaction pressure. Fig. 6 – SEM micrographs for sinter copper compacts. (The sintering temperature 1000°C, sintering time 15 min. and Naphthalene content 7%) a. 75 MPa compaction pressure; b. 300 MPa compaction pressure. Fig. 6 – Micrografie SEM dei prodotti di rame sinterizzato. (Temperatura di sinterizzazione 1000°C, tempo di sinterizzazione 15 min. e contenuto di naftalene 7%) a. pressione di compattazione 75 MPa; b. pressione di compattazione 300 MPa. 44 la metallurgia italiana R A M E E S (7) The general model for total porosity of porous copper compact From the previous results, it was found that the general equation correlate the different controlling parameters with Fig. 7 – Effect of both sintering time and naphthalene amount added on the total porosity of copper compacts. (The sintering temperature = 800°C and the compaction pressure = 75 MPa). Fig. 7 – Effetto di tempo di sinterizzazione e quantità di naftalene aggiunto sulla porosità totale della polvere compattata. (Temp. di sinterizzazione = 800°C e pressione di compattazione = 75 MPa). E L E G H E the porosity degree of porous copper compacts is expressed by equation (8): (8) Applications of this equation at the different experimental condition (as illustrated in table 3 as well as for extra four experiments out of the design (Table 5 shows the condition of the extra four experiments and the obtained porosity at each experiments)), for testing the validity of this equation in correlating the different sintering parameters as well as naphthalene content with the porosity degree of porous copper compacts was shown in Table 5. In this table the deviation between the experimental and theoretical values for the porosity degree was recorded. The deviation between the experimental and theoretical values was calculated using equation (9). From this table it could be concluded that the deviation between the experimental and theoretical results is ± 4% at most. Memorie The effects of these parameters on the total porosity of copper compact are illustrated in Fig. 7. It is clear that at any constant amount of naphthalene content, the increase of sintering time is accompanied by a decreasing in the porosity of copper powder compacts [13]. This may be due to the fact that necking of copper particles is more pronounced with longer sintering times resulting in smaller pore size and consequently smaller total porosity. The SEM micrograph, Fig. 8, proves that, increasing the sintering time, the texture becomes more homogeneous and the grain growth increased at the expense of the pores formed as results of naphthalene evaporation. Also, at any constant sintering time the increase of amount of naphthalene added leads to a significant increase in the total porosity. The correlation between both sintering time (X2, min.) and naphthalene content (X4, %) with the total porosity of copper compact (P, %) processed at constant temperature of 800°C with constant pressure of 75 Mpa, is expressed by the equation (7): U (9) Table (4) – Description of each experiment condition and the degree of porosity obtained for each one. Tabella (4) – Descrizione di ogni condizione sperimentale e grado di porosità ottenuta. Fig. 8 - Micrografie SEM per i prodotti di rame sinterizzato. (Temperatura di sinterizzazione = 1000°C, pressione di compattazione = 75 MPa, e contenuto di Naftalene 7%) a. tempo di sinterizzazione, 15 min. b. tempo di sinterizzazione, 60 min. la metallurgia italiana 45 10/2006 Fig. 8 – SEM micrographs for sinter copper compacts. (The sintering temperature 1000°C, Compaction load 75 MPa, and Naphthalene content 7%) a. sintering time, 15 min. b. sintering time, 60 min. Memorie R A M E E S U E 3. 4. 5. Table (5) – Description of extra four experiment condition out of the design and the degree of porosity obtained for each one. 6. 7. Tabella (5) – Descrizione di quattro ulteriori condizioni sperimentali e grado di porosità ottenuta. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. Table (6) – Differentiation between experimental results values and theoretical values. Tabella (6) – Differenziazione fra valori sperimentali ottenuti e valori teorici. CONCLUSION 10/2006 From the obtained experimental results the following conclusions can be drawn: 1- Each of naphthalene content, sintering temperature, sintering time and compaction pressure, affect to a large extent, both the total porosity of the final sintered object and its morphology. 2- The amount of naphthalene; as filler material could be recognized as the most effective parameter during the preparation of porous copper compacts. 3- Using of an experimental design program (i.e. JUMPIN program) is an effective tool for investigating of the effects of these different parameters on the total porosity of the porous copper, and the deviation between the theoretical value and experimental results is in an acceptable range. REFERENCES 1. 2. L.J. Gibson and M.F. Ashby, "cellular solids", 2nd ed., Cambridge University Press, UK, (1997). M.F. Ashby, A. Evans, N.A. Fieck, L.J. Gibson, J.W. Hutchinson, H.N. and G. Wadley, "Metal Foams", But- 46 la metallurgia italiana 16. 17. 18. 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Inoltre è stata valutata la correlazione fra questi parametri e il grado di porosità del prodotto finale con l’aiuto di un programma sperimentale di design denominato JUMPIN. Si è osservato che la quantità di naftalene rappresenta il più importante parametro che controlla il grado di porosità del prodotto finale. S I N T E R I Z Z A Z I O N E G. F. Bocchini Prima di spiegare il significato del termine corretto, in questo contesto, si espongono le influenze del carbonio su microstrutture e proprietà degli acciai compatti. Le conoscenze metallurgiche di base hanno evidenziato che le proprietà ottimali dipendenti dalle aggiunte di lega si possono ottenere solo mediante un controllo preciso del contenuto di carbonio. Un confronto tra le tolleranze sul contenuto di C degli acciai completamente densi e quelle ammesse negli acciai sinterizzati è molto sfavorevole per la metallurgia delle polveri. Indipendentemente da questo paragone, un controllo preciso del contenuto di carbonio è sempre un fattore critico per garantire sistematicamente delle proprietà meccaniche elevate. Si esaminano i vincoli termodinamici sugli equilibri del carbonio durante la sinterizzazione e si discutono le interazioni possibili tra l'acciaio ed un’atmosfera controllata di endogas da metano. La valutazione delle proprietà fisiche dei singoli gas, a varie temperature, mostra che i loro comportamenti ed i loro effetti possono essere molto differenti. Alcuni costituenti gassosi possono causare diminuzione o arricchimento in carbonio, mentre altri non modificano gli equilibri. Nel caso di scambi chimici, durante la sinterizzazione, che coinvolgono il carbonio, il profilo di temperatura in alcune zone del forno può essere un fattore critico. Si analizzano infine alcuni schemi tipici di forni di sinterizzazione e se ne approfondiscono le possibilità d’impiego per la corretta elaborazione di acciai e per il preciso controllo del carbonio, delle microstrutture, delle proprietà meccaniche. Memorie Endogas da metano e corretta sinterizzazione di acciai Parole chiave: acciaio, sinterizzazione, metallurgia delle polveri, proprietà, trattamenti termici, metallurgia INTRODUZIONE Gian Filippo Bocchini Consulente in metallurgia delle polveri, Rapallo (Genova) Memoria presentata al 30° Convegno nazionale AIM, Vicenza 17-19 novembre 2004 la metallurgia italiana 15 10/2006 Negli ultimi tre decenni i particolari meccanici sinterizzati, se confrontati con quelli ottenuti mediante altre tecniche di formatura paragonabili, idonee a produzioni di serie, hanno fatto registrare tassi di crescita più elevati. I fattori che hanno sostenuto la crescita includono miglioramenti significativi delle proprietà degli acciai sinterizzati, favoriti da: materie prime migliorate, pressioni di pressatura più elevate, introduzione della pressatura a caldo, sinterotempra, sinterizzazione ad alta temperatura. Gradualmente, il divario fra le caratteristiche meccaniche degli acciai completamente densi e quelle dei migliori acciai porosi si restringe. In una prospettiva di medio termine non sembra un’ipotesi azzardata prevedere che gli acciai della metallurgia delle polveri (P/M) saranno sostanzialmente equivalenti a quelli convenzionali, non porosi. L'impiego diffuso delle bielle sinteroforgiate supporta questa affermazione. Dovrebbe essere scontato che, parallelamente alla riduzione del divario nelle proprietà, anche i campi di tolleranza delle composizioni chimiche dei materiali sinterizzati ad elevate caratteristiche divengano sempre più simili a quelli degli acciai completamente densi. Sorprendentemente, un qualsiasi esame dei principali temi di ricerca in cui sono impegnati studiosi e ricercatori di metallurgia delle polveri, sia nelle università che nei laboratori delle industrie, rivela a stento una qualche attenzione o delle ricerche specifiche dedicate ad una riduzione delle tolleranze sul contenuto di carbonio. Questo palese “disinteresse” dipende da molte ragioni. Ogni tentativo di ridurre i campi di tolleranza sul tenore di C degli acciai sinterizzati richiede il rigetto di opinioni profondamen- te radicate ed un approccio quasi rivoluzionario di verifica e revisione di processi e di impianti di sinterizzazione ormai consolidati. Dato questo stato di cose, è utile una raccolta delle informazioni disponibili ed un esame approfondito della situazione attuale, con la prospettiva di contribuire ad ogni possibile riduzione delle tolleranze sul tenore di carbonio. L'analisi della letteratura tecnica accumulatasi ed un approccio specifico, basato su esperienza di produzione, dovrebbero contribuire al miglioramento dei processi industriali e degli impianti di sinterizzazione, con il risultato finale di una minore dispersione delle proprietà degli acciai sinterizzati (o “P/M”). Scopo di questo rapporto è quello di sensibilizzare e coinvolgere la comunità della metallurgia delle polveri, per avviare e sviluppare un sostanziale progresso tecnologico, nella consapevolezza dei problemi che potrebbero derivare, nel tempo, da una differenza ingiustificata delle specifiche sul carbonio. La forte differenza tra le specifiche può spiegare le perplessità che diversi utilizzatori finali ancora mostrano verso gli acciai P/M di elevate proprietà. Quelle perplessità scaturiscono da parecchi processi di sinterizzazione, piuttosto comuni, che appaiono inadatti o approssimativi ai tecnici ed agli ingegneri degli utilizzatori, più abituati alla scelta, alle proprietà ed all’applicazione di acciai completamente densi. Le incertezze e i dubbi scompariranno gradualmente, via via che le tecniche e gli impianti di sinterizzazione saranno perfezionati e diventeranno più “corretti”, con il risultato di tolleranze più strette sul contenuto di carbonio degli acciai P/M. Per evitare ogni possibile malinteso, è necessario spiegare, subito, quale significato debba essere attribuito alla parola corretto nel contesto del presente rapporto. Fra vari significati elencati in 5 dizionari [1, .. , 5] la scelta si può restringere ai seguenti: 1. Esente da errori o difetti. 2. Valido; esatto. 3. Formulato con esattezza; Conforme alle regole … 4. Che rispetta le norme. 5. Oggettivamente valido. I N T E R I Memorie S Z Z A Z I O N E = 1284,6 x C% + 283,15 MPa, con R2 = 0,9934, per l’acciaio temprato e rinvenuto; Rs = 947,86 x C% + 253,64 MPa, con R2 = 0,9977, per l’acciaio temprato e rinvenuto; Rm = 1022,0 x C% + 145,40 MPa, con R2 = 0,9955 per l'acciaio normalizzato; Rs = 297,5 x C% + 272,11 MPa, con R2 = 0,9943 per l'acciaio normalizzato. Supponiamo che, per un contenuto nominale di C = 0,6%, il campo di tolleranza vada da 0,57 a 0, 65%. Corrispondentemente, dopo trattamento termico, Rm varia fra 1015 e 1181 MPa, mentre Rs varia fra 794 e 870 MPa. Le dispersioni totali, rispetto ai valori medi, sono: 15% su Rm e 9% su Rs. Analogamente, se il campo di tolleranza per un contenuto nominale di C = 0,35% varia da 0,32 a 0,39%, Rm varia da 694 a 784 MPa, mentre Rs varia da 557 a 623 MPa e le dispersioni totali, sempre riferite ai valori medi, sono: 12% su Rm e 9% su Rs. In tabella I [7] sono riportate le tolleranze ammesse sulla composizione chimica di acciai di qualità non legati, mentre, in tabella II, [8] sono riportate le tolleranze ammesse sulla composizione chimica di acciai speciali basso-legati, da impiegare dopo trattamenti di tempra e rinvenimento. Per confronto, le tolleranze che le normative più diffuse specificano per gli acciai della metallurgia delle polveri sono raccolte nelle tabelle III, IV, V [9, 10, 11, 12]. Per quanto concerne i materiali sinterizzati da utilizzare per produrre componenti sinteroforgiati, lo standard MPIF 35, [13], recita: “Il contenuto nominale di carbonio sarà come specificato dall'acquirente. Salvo eventuali accordi diversi tra acquirente e fabbricante, il contenuto di carbonio del prodotto stampato a caldo sarà entro ± 0,05% del contenuto di carbonio specificato”. Pertanto, la dispersione sul tenore di carbonio varia da 50%, se la specifica richiede 0,20% C, a 27%, se la specifica richiede 0,75% C. Un semplice con- Rm Fig. 1 – Influenza del tenore di carbonio sulle proprietà di resistenza a trazione di acciai ipoeutettoidici, non legati, completamente densi. Da dati ASM. Fig. 1 – Influence of carbon content on tensile strength properties of fully dense unalloyed hypoeutectoidic steels. From ASM data. La considerazione dell'acciaio completamente denso aiuta a restringere la gamma di scelte dei significati. La loro metallurgia di base evidenzia che la presenza di carbonio è una condizione essenziale per raggiungere elevate proprietà meccaniche. Le aggiunte di lega sono necessarie, per ottenere caratteristiche specifiche, ma i loro contributi sono possibili e sfruttati al meglio solo se è presente il corretto tenore di carbonio. La figura 1 (basata su dati ASM [6]), mostra l'influenza del carbonio sulle proprietà tensili di un acciaio semplice, ipoeutettoidico, completamente denso, in diversi stati strutturali. Le equazioni corrispondenti ai dati, ottenute mediante analisi della regressione, sono Tabella I –Tolleranze ammesse sulla composizione chimica di acciai compatti non legati. Table I – Tolerances allowed on chemical composition of fully dense unalloyed steels (“Melt” analysis). UNI EN 10083, Part 2. Tabella II –Tolleranze ammesse sulla composizione chimica di acciai speciali, compatti, non legati (Analisi di fusione). UNI EN 10083, Parte 1. 10/2006 Table II –Tolerances allowed on chemical composition of fully dense unalloyed special steels (“Melt” analysis). UNI EN 10083, Part 1. 16 la metallurgia italiana S I N T E R I Z Z A Z I O N E Memorie Tabella III – Tolleranze sulla composizione chimica di acciai sinterizzati. Norme AFNOR (ISO) e DIN [9, 10]. Table III – Tolerances allowed on chemical composition of sintered steels. Standards AFNOR (ISO) and DIN [9, 10]. Tabella IV – Tolleranze sulla composizione chimica di acciai sinterizzati. Norma JIS Z 2550: 2000 [11]. Table IV – Tolerances allowed on chemical composition of sintered steels. Japanese Industrial Standards, JIS Z 2550: 2000 [11]. possano influire sulle proprietà meccaniche. Per stimare, in prima approssimazione, l'influenza di variazioni del contenuto di carbonio sulle proprietà a trazione degli acciai sinterizzati si deve innanzi tutto tener conto dell'influenza della la metallurgia italiana 17 10/2006 fronto tra gli acciai completamente densi, o convenzionali, e quelli sinterizzati, mostra che le tolleranze sui contenuti di carbonio differiscono fortemente. Di conseguenza, può essere interessare cercare di valutare quanto queste differenze I N T E R I 10/2006 Memorie S Z Z A Z I O N E Tabella V – Tolleranze sulla composizione chimica di acciai sinterizzati. Norme MPIF (Metal Powder Industries Federation) Standard 35: Material Standards for P/M Structural Parts, 2000 edition, [12]. Table V – Tolerances allowed on chemical composition of sintered steels. (Metal Powder Industries Federation) Standard 35: Material Standards for P/M Structural Parts, 2000 edition, [12]. densità. Per questo scopo si può impiegare la formula Rs = R0*ρ3,4, proposta da Exner e Pohl [14]. Rs è la resistenza a trazione dell’acciaio sinterizzato a densità relativa ρ, mentre R0 è la resistenza a trazione dell’acciaio completamente denso di uguale composizione e stato strutturale. Pertanto, dopo tempra e rinvenimento a 425 °C, le proprietà stimate sono: a densità di 6,8 g/cm3 (ρ = 0,866): Rs = 788,4 x C% + 173,8 MPa, a densità di 7,2 g/cm3 (ρ = 0,917): Rs = 967,5 x C% + 211,0 MPa. Se le escursioni di densità e di carbonio si combinano nel modo più sfavorevole i valori estremi possibili sono: 410,3 MPa a densità di 6,8 g/cm3 e 0,3% C, 791,5 MPa a densità di 7,2 g/cm3 e 0,6% C, o, in forma succinta, il carico di rottura è 601 ± 32% MPa. Mediante calcoli analoghi è stato valutato il carico di rottura allo stato normalizzato, ottenendo 421 ± 34% MPa. Queste valutazioni approssimate sono chiaramente penalizzanti per gli acciai P/M (della metallurgia delle polveri), in qualsiasi paragone di precisione delle proprietà con materiali completamente densi, perché l’ampiezza di dispersione è più che doppia. Dato questo campo così ampio, ogni valore di progetto sicuro è influenzato negativamente. Il contributo della 18 la metallurgia italiana tolleranza ammessa sul carbonio al campo di dispersione delle proprietà è comparabile al contributo della densità. Queste valutazioni, approssimate ma semplici, costituiscono una minaccia, o almeno una pesante limitazione, per alcune applicazioni di nuovi particolari P/M caratterizzati da esigenze precise e severe: per garantire il valore di proprietà minimo molti particolari con materiali sovrabbondanti (e “inutilmente” costosi) saranno la regola. Questa affermazione può sembrare una considerazione sgradevole, ma è solo un ritratto impietoso della situazione corrente, un brusco richiamo alla realtà, magari un provvidenziale campanello d’allarme. Com'è noto, la presenza di altri appropriati elementi di lega, oltre al carbonio, migliora fortemente le proprietà degli acciai completamente densi. I parametri dominanti da cui dipendono le proprietà meccaniche sono le microstrutture tipiche che si formano al raffreddamento quando sono presenti carbonio ed altri opportuni elementi di lega. Gli stessi effetti positivi delle aggiunte di carbonio, oltre alle aggiunte di appropriati alliganti, debbono valere anche per gli acciai P/M (porosi o non porosi). Per i materiali non completamente densi, comunque, come già anticipato, si deve considerare S I N T E R I Z Z A Z I O N E Memorie Tabella VI – Proprietà dei materiali sinterizzati dipendenti da reticolo cristallino, densità, tenore di carbonio. Table VI – Properties of ferrous sintered materials depending on crystal lattice, density, carbon content. Tabella VII – Stadi “unitari” durante la sinterizzazione di acciai. Table VII – “Unit” stages of steel sintering. l'influenza della porosità. Ormai da molto tempo è stato dimostrato che tutte le proprietà dei materiali porosi non dipendenti dalle caratteristiche del metallo base - cioè dal suo reticolo cristallino – sono funzione della porosità [15, .., 19]. Pertanto, ogni esame delle proprietà dei materiali sinterizzati dovrebbe consentire la distinzione tra quelle dipendenti solo dal reticolo cristallino (ovviamente non soggette ad influenze della porosità) e quelle dipendenti dalla porosità del materiale. Per completezza, è utile estendere la considerazione delle variabili influenti anche al contenuto di carbonio. Gli effetti corrispondenti sono esposti in tabella VI, che dimostra chiaramente gli effetti sostanziali del contenuto di carbonio sul maggior numero di proprietà degli acciai porosi. Ancora una volta, queste indicazioni mostrano che un campo ristretto del contenuto di carbonio si deve considerare come una richiesta basilare per ottenere livelli di elevata resistenza, definiti e ripetibili, negli acciai sinterizzati. In questo modo si evitano anche gli eccessi di densità e di composizione chimica, che fanno aumentare inevitabilmente, senza alcun vantaggio, il costo totale di produzione. “STADI UNITARI” DI UN PROCESSO DI SINTERIZZAZIONE la metallurgia italiana 19 10/2006 Come è noto anche alla maggior parte degli utilizzatori della P/M, i processi di produzione degli acciai sinterizzati comprendono la preparazione delle miscele di polveri, contenenti quantità precise di grafite, seguita dalla formatura e dalla sinterizzazione in condizioni controllate. Per rispettare determinate esigenze specifiche possono essere aggiunti altri processi o altre operazioni post-sinterizzazione. La miscelazione della grafite al ferro è necessaria per evitare fortissimi decrementi della comprimibilità della miscela. La figura 1 mostra che anche bassi tenori di carbonio combinato causano aumenti notevoli del limite di snervamento dell’acciaio. A parità di altre condizioni il limite di snervamento è la principale caratteristica del materiale da cui dipende la comprimibilità. Inoltre, anche se sarebbe possibile pressare delle polveri di acciaio, cioè delle polveri ferrose già prelegate con carbonio, le condizioni di sinterizzazione debbono comunque essere fissate correttamente, e congruentemente, per mantenere il contenuto di carbonio richiesto. Il processo di sinterizzazione può essere suddiviso idealmente in stadi unitari, secondo lo schema di tabella VII [19]. Alcuni singoli stadi si sovrappongono, almeno in parte. Alcuni commenti possono contribuire ad una miglior comprensione di un processo di sinterizzazione di acciaio. 1 – La rimozione del lubrificante di pressatura avviene attraverso meccanismi diversi. Nel corso del riscaldamento dei pressati, quando viene raggiunto il punto di rammollimento o di fusione del lubrificante, si forma una fase liquida. A seconda della geometria e della densità del particolare, una parte del lubrificante può filtrare attraverso la porosità e sgocciolare dal fondo. A temperatura più alta il lubrificante restante si decompone, per formare idrocarburi pesanti. Questi, per esempio esadecano ed eptadecano, sono instabili e si decompongono, gradualmente, in sostanze più leggere, fino al metano. In certe condizioni può comparire anche del carbonio nascente, che reagisce con il ferro per formare una cementite stabile, dannosa sotto molti aspetti. Alcune atmosfere e certi lubrificanti promuovono questa reazione indesiderata, entro un intervallo critico di temperatura. Un riscaldamento lento tra 400 e 600 °C aggrava il problema. 2 – I meccanismi di scambio termico sono diversi durante il processo. La conduzione è sempre trascurabile, mentre la convezione predomina sotto 800 °C e l’irraggiamento diventa il meccanismo prevalente sopra 800 °C. Questi campi di temperatura mostrano che la composizione dell’atmosfera può giocare un ruolo determinante, sia nel riscaldamento sia nel raffreddamento. In un paragrafo successivo si riportano dei dati utili su alcune proprietà fisiche dei costituenti dell'atmosfera. 3 – Fra i costituenti solidi delle miscele di polveri possono avvenire delle reazioni chimiche. Gli ossidi degli strati che ricoprono le superfici delle particelle di ferro possono reagire con il carbonio dalla grafite. L'entità della perdita di carbonio dipende quindi da una tipica pro- Memorie S I N T E R I prietà delle polveri, la cosiddetta perdita in idrogeno. Se la composizione chimica di una determinata polvere base varia da lotto a lotto, anche il contenuto di carbonio dopo sinterizzazione può presentare una dispersione indesiderata, più pronunciata all’interno del pezzo. 4 – Fra i costituenti solidi delle miscele di polveri e l'atmosfera protettiva che li circonda e può permearli o “impregnarli” (entro la rete della porosità) possono decorrere diverse reazioni chimiche. L’equilibrio chimico indica l'evoluzione possibile ed i cambiamenti di composizione, ma il grado di completamento di alcune reazione dipende dalle condizioni locali. La porosità può essere causa di gradienti chimici, indipendentemente dalle forze guida esterne e dall’equilibrio “apparente” esterno. 5 – La diffusione delle aggiunte di lega deve essere preceduta dalla riduzione completa degli strati di ossido che rivestono le superfici delle particelle metalliche. Se dei residui di ossido “sopravvivono”, inglobati nella microstruttura, le influenze sulle proprietà meccaniche sono sfavorevoli. L'estensione della diffusione dipende dal tempo e, soprattutto, dalla temperatura di sinterizzazione. Secondo le condizioni di equilibrio e la velocità di raffreddamento, durante la fase che segue la permanenza ad alta temperatura può aversi una certa inversione della diffusione precedente. 6 – Le microstrutture formate nel raffreddamento dipendono dalla composizione chimica locale e dalla velocità di raffreddamento. Nella fase di discesa della temperatura il trasferimento di calore dai pezzi verso le pareti del forno e l'atmosfera protettiva dipende anche dal tipo della miscela gassosa che circonda i pezzi e ne permea la porosità. ATMOSFERE CONTROLLATE DI ENDOGAS Presumibilmente, Koebel [20, 21], e Gurry [22] furono fra i primi studiosi a pubblicare scritti fondamentali sulle atmosfere controllate, ottenute per combustione parziale del gas naturale o generate con altri processi, formulate per essere all'equilibrio con un definito contenuto di carbonio di acciai completamente densi, oppure da utilizzare per la sinterizzazione di materiali a base ferro. Altri contributi significativi sono stati forniti da Durdaller, [23], Bocchini, [24], Mosca, [25, 26], e Beiss, [27]. Per generare un’atmosfera controllata contenente carbonio, un idrocarburo leggero gassoso è parzialmente bruciato entro una storta catalitica, riscaldata fino a 1000 ÷ 1100 °C. Nel caso più generale la reazione semplificata tra idrocarburo ed aria è la seguente Per ottenere solo CO ed H2 il rapporto “preciso” aria/gas deve essere 10/2006 Nel caso del metano l’ultima reazione diviene con un rapporto “preciso” aria/gas uguale a (1/2)*(1 + 3,774), vale a dire 2,387. Corrispondentemente, la composizione gassosa all'uscita del generatore, idealmente, deve essere Per confronto, nel caso della combustione completa a CO2 e H2O, il rapporto stechiometrico tra aria e gas deve essere (m + n/4)*(1 + 3,774). Pertanto, il rapporto (m/2)/(m + n/4) può 20 la metallurgia italiana Z Z A Z I O N E Tabella VIII - Reazioni “antagoniste” o parallele che decorrono entro un generatore di endogas (Attività del carbonio assunta uguale a 1; come fase di equilibrio si forma grafite). Table VIII – “Rival” or parallel reactions occurring inside an endogas generator (Carbon activity assumed equal to 1 and graphite as equilibrium phase). essere considerato come una misura relativa della “distanza” dalla combustione completa. Per un endogas da metano questo rapporto è uguale a 1/4. Secondo Koebel, [20, 21], la reazione (1') è esotermica ad alta temperatura, ma è richiesta una certa energia per arrivare alle condizioni operative richieste. Per questa ragione, ormai da tempo è diventato usuale il termine incorretto endogas. Ad alta temperatura, fra le varie sostanze possono decorrere altre reazioni chimiche, elencate in tabella VIII, con le corrispondenti costanti di equilibrio. Equilibrio chimico vuole dire che non c'è nessuna tendenza a reagire per le sostanze coinvolte, o, in termini di teoria delle velocità di reazione, che le velocità della reazione nelle direzioni diretta ed inversa sono uguali. Quindi, all'equilibrio (ad una temperatura data) il rapporto tra la concentrazione dei prodotti e la concentrazione dei reagenti rimane costante. Per sostanze gassose, assumendo un comportamento ideale, le concentrazioni sono direttamente proporzionali alle pressioni parziali. Le curve di equilibrio sono diagrammate nelle figure 2, 3 e 4. Per i calcoli sono stati utilizzati i dati pubblicati in un pregevole lavoro di Beiss, [27]. Tutti i grafici mostrano che in parallelo con la reazione semplificata (1') avvengono altri scambi chimici. Inoltre, è possibile osservare che la composizione chimica di qualsiasi miscela gassosa all'uscita della storta catalitica dipende fortemente dalla temperatura di lavoro e da variazioni incontrollate della temperatura stessa. Per questa ragione, per evitare variazioni imprevedibili, si deve raffreddare rapidamente l'atmosfera generata. In caso di raffreddamento troppo lento si forma della fuliggine, secondo la reazione (2). La curva di equilibrio relativa alla reazione (3) mostra che nell'atmosfera rimane anche una certa quantità di metano libero. La figura 4 indica che le sostanze ossidanti, H2O e CO2, sono sempre presenti. Mentre l’H2O, almeno in linea di principio, si può allontanare con metodi fisici, la CO2 rimane nel gas che entra poi nel forno di sinterizzazione. Di conseguenza, ne sarà influenzato il contenuto di carbonio all’equilibrio nell'austenite (l'unico microcostituente in cui il carbonio può diffondere). Nello scrivere la reazione semplificata (1') è stato ipotizzato un rapporto aria/metano costante. Se questo rapporto è minore di 2,387 rimane una certa quantità di carbonio libero e all’interno del generatore si forma della fuliggine. Pertanto, il minimo rapporto aria/metano deve essere fissato a 2,4. Per modulare durante la sinterizzazione l'equilibrio del carbonio, che dipende dal rapporto CO/CO2, si può aumentare, entro certi limiti, la quantità di aria. Quando il rapporto aria/gas cambia, cambia anche la composizione chimica del gas all'uscita della storta. L'influenza di questo rapporto di alimentazione sulle quantità relative dei prodotti di combustione parziale è diagrammata in figura 5, sostanzialmente basata sui dati pubblicati da Beiss, [27], per una temperatura di generazione di 1100 °C. Le quantità di sostanze ossidanti sono state valutate per calcolo, con alcune ipotesi semplificative. S I N T E R I Z Z A Z I O N E Memorie Fig. 2 – Costante di equilibrio della reazione fra monossido di carbonio e anidride carbonica. Fig. 5 – Influenza del rapporto aria/gas sulla composizione dell’endogas da CH4, generato a 1100 °C. Fig. 2 – Equilibrium constant of the reaction between carbon monoxide and carbon dioxide. Fig. 5 – Influence of the air/gas ratio on the composition of endogas generated from methane at 1100 °C. Fig. 3 – Costante di equilibrio della reazione fra metano, carbonio, idrogeno. Fig. 3 – Equilibrium constant of the reaction among methane, carbon and hydrogen. Fig. 6 – Influenza del rapporto aria/gas sul punto di rugiada di endogas da metano, generato a 1100 °C. Fig. 6 – Influence of air/gas ratio on the dew point of endogas generated from methane at 1100 °C. Fig. 4 – Equilibrium constant of the water-gas reaction. la metallurgia italiana 21 10/2006 Fig. 4 – Costante di equilibrio della reazione del gas d’acqua. La scala logaritmica, non frequente quando si diagrammano delle composizioni chimiche, permette di leggere con sufficiente precisione le percentuali dei costituente minori, ma pericolosi, H2O e CO2. Secondo la costante di equilibrio della reazione (3), il contenuto residuo di metano dovrebbe essere molto piccolo, purché il rapporto aria/metano sia maggiore del limite corrispondente alla formazione di fuliggine. Quando il rapporto aria/metano aumenta da 2,4 a 3,0 la composizione chimica dell’atmosfera cambia come segue: • l’azoto aumenta da 38, 9% a 44,15%, • l’idrogeno diminuisce da 40, 5% a 31,5%, • l’ossido di carbonio diminuisce da 20,1% a 16,9%, • il vapor d’acqua aumenta fino al 5,5%, • l’anidride carbonica aumenta fino a 1,6%. Tutti i cambiamenti seguono andamenti quasi lineari. Per una variazione modesta del rapporto aria/gas (per esem- Memorie S I N T E R I pio, tra 2,4 e 2,6 ), possiamo assumere che H2 sia sempre 39,5% e che CO rimanga sempre a 19,8%. Allora, entro questo intervallo, il rapporto tra agenti riducenti è quasi uguale a 2,0 e la costante di equilibrio della reazione (4) si può esprimere come K4 = 2 (PCO2 / PH2O) Questo risultato dimostra che a temperatura costante di generazione dell’atmosfera il rapporto tra H2O e CO2 è costante. Pertanto, le interazioni possibili tra atmosfera e materiale in sinterizzazione o in trattamento termico, ad ogni temperatura, possono essere valutate misurando indifferentemente il contenuto di CO2 oppure quello di H2O. Di solito, il contenuto di H2O si misura rilevando il punto di rugiada dell’atmosfera. Può essere interessare utilizzare le curve di figura 5 per diagrammare il punto di rugiada dell’endogas da metano in funzione del rapporto aria/metano. Se si assume che il contenuto di CH4 sia trascurabile è possibile combinare le condizioni di equilibrio ed il bilancio di massa, per trovare le composizioni corrispondenti a diversi rapporti aria/gas. I risultati dei calcoli sono stati utilizzati per diagrammare, in figura 6, il punto di rugiada in funzione del rapporto di alimentazione al generatore. Entrambe le figure 5 e 6 mostrano che per ottenere dei risultati costanti si richiede una regolazione precisa del rapporto aria/gas. Un’analisi simile può essere effettuata per altri tipi di endogas, ricavati da altri idrocarburi leggeri. Si deve sottolineare che la composizione chi- Z Z A Z I O N E mica all'uscita della storta catalitica è definita dal rapporto di alimentazione e dalla temperatura di lavoro. Le curve delle diverse costanti di equilibrio mostrano chiaramente che ogni cambiamento di temperatura causa delle variazioni significative delle composizioni chimiche delle atmosfere controllate. Perciò, ogni endogas, generato ad una determinata temperatura, deve essere raffreddato il più rapidamente possibile, per evitare ogni cambiamento indesiderato ed incontrollato della sua composizione. Per la stessa ragione, l'atmosfera che entra nel forno deve essere riscaldata ancora il più rapidamente possibile, per evitare ogni eventuale cambiamento indesiderato ed incontrollato della sua composizione. PROPRIETÀ FISICHE DEI SINGOLI GAS Nella maggior parte degli scritti sulle atmosfere controllate si considera solo il comportamento chimico dei gas. Per una migliore comprensione dei risultati della sinterizzazione si debbono considerare anche le loro proprietà fisiche. Forti differenze di viscosità, ad esempio, possono originare dei gradienti chimici entro la porosità aperta ed interconnessa. R. M. German, [28], ha pubblicato una tabella che elenca alcune proprietà dei gas presenti nelle atmosfere, ma per temperature inferiori a quelle tipiche di sinterizzazione degli acciai al carbonio. Per questo motivo, sono state fatte alcune valutazioni specifiche sull'influenza della temperatura su densità, calore specifico (o capacità termica), conducibilità termica e viscosità delle singole specie gassose. Tabella IX – Influenza della temperature sulla densità [kg/m3] dei gas costituenti le atmosfere. Table IX – Influence of temperature on density [kg/m3] of gases constituting controlled atmospheres. Tabella X – Influenza della temperatura sul calore specifico [J/K mole] dei gas costituenti le atmosfere. Table X – Influence of temperature on heat capacity [J/K mole] of gases constituting controlled atmospheres. 10/2006 Tabella XI - Influenza della temperatura sulla conducibilità termica [mW/mK] dei gas costituenti le atmosfere. Table XI – Influence of temperature on thermal conductivity [mW/mK] of gases constituting controlled atmospheres. 22 la metallurgia italiana S I N T E R I Z Z A Z I O N E Table XII – Influence of temperature on viscosity [µPa.s] of gases constituting controlled atmospheres. Densità Entro gli intervalli di temperatura e pressione usuali nella sinterizzazione di acciai al carbonio possiamo ammettere che il comportamento dei gas presenti sia descritto correttamente dalle leggi del gas ideale. Allora si può applicare la relazione di Gay Lussac (che stabilisce che a pressione costante il volume è proporzionale alla temperatura assoluta). Inoltre, ricordando la legge di Avogadro, il volume occupato da una mole di gas nelle condizioni standard è una costante. I risultati di questi semplici calcoli sono raccolti in tabella IX, che mostra che l’idrogeno è diverso da tutti gli altri gas di un ordine di grandezza. Calore specifico I valori di questa proprietà a pressione costante (1 bar, 104 N/m2) e a temperature diverse sono stati tratti dalle tabelle pubblicate Handbook of Chemistry and Physics [29]. I valori relativi ai gas delle atmosfere controllate da considerarsi nel caso della sinterizzazione di acciai al carbonio sono riportati in tabella X. Il metano, e specialmente il metanolo, differiscono notevolmente da tutti gli altri gas . Conducibilità termica Per trovare i valori approssimati di questa proprietà è stata applicata la legge di corrispondenza suggerita dal Perry, [30]. Secondo questo riferimento deve essere dove k è la conducibilità termica alla temperatura assoluta T, mentre a e c sono valori costanti, tipici per ogni dato gas. Per trovare le conducibilità termiche a temperature relativamente alte è stata applicata l'analisi di regressione lineare ai dati pubblicati in [28], per T massima di 600 K. Per tutti i gas sono stati ricavati degli i ndici di correlazione sempre superiori a 0,998. I risultati dei calcoli sono riportati in tabella XI. Viscosità Anche in questo caso è stata applicata una legge semplice, suggerita dal Perry, [30], secondo cui è in cui n è una costante che dipende dal gas scelto. I dati calcolati, che concordano pienamente, con il nomogramma pubblicato dal Perry, [30], sono raccolti in tabella XII. Secondo Kaufmann, [31]: “Le esigenze di composizione di atmosfere appropriate sono calcolabili da dati termodinamici sugli equilibri tra i singoli gas coinvolti ed il carbonio in soluzione nel ferro. Questo tipo di informazioni è … disponibile nella letteratura ed anche in pubblicazioni di numerosi fabbricanti di impianti in la metallurgia italiana 23 10/2006 EQUILIBRI DI SINTERIZZAZIONE conveniente forma tabulata. Nonostante questo, l’impiego nella pratica industriale dei principi riconosciuti di controllo dell'atmosfera è sovente inadeguato. Solo pochi impianti produttivi sono in grado, durante i normali cicli di sinterizzazione, di mantenere uniformi e costanti le concentrazioni di carbonio nel ferro. Ancora secondo Kaufmann, [31]: “L'uso dei dati di equilibrio per calcolare le esigenze di composizione per le atmosfere protettive presume implicitamente che il sistema in esame possa essere portato ad una condizione di equilibrio o di regime. La condizione di regime differisce da quella di equilibrio, poiché all'interfaccia vapore-metallo si raggiunge solo un equilibrio parziale, o locale. In sistemi con flusso continuo dell’atmosfera e della carica la condizione di regime (“stato costante”) è quella che si instaura più frequentemente. Ciò si ottiene immettendo una quantità di atmosfera tale da assorbire senza variazioni di rilievo ogni cambiamento di composizione che possa derivare da reazioni dell'atmosfera con le superfici metalliche. È immediato riconoscere che questa situazione non è possibile con materiali metallici porosi, nei quali la superficie si estende anche all’interno del volume esterno “geometrico” ed è quindi fisicamente impossibile, nelle normali condizioni di marcia del forno, una sostituzione rapida e continua dell'atmosfera in contatto con queste superfici interne. Non deve apparire sorprendente, pertanto, che la maggior parte del lavoro precedente sul controllo dell’atmosfera sia stato limitato all'adeguare le composizioni delle atmosfere, e specificatamente il potenziale di carbonio, alle composizioni della fase metallica, nel tentativo di raggiungere le condizioni di equilibrio.” Le asserzioni fatte da Kaufmann risalgono a più di 30 anni fa, ma sono ancora completamente valide, almeno per quanto concerne la possibilità di arrivare a condizioni di equilibrio. In realtà, dovrebbe essere chiaro che il potenziale di carbonio dell'atmosfera può essere regolato nel migliore dei casi solo nelle regioni del forno più vicine alle superfici esterne del materiale solido. Inoltre, ogni minimo cambiamento delle temperature locali può modificare i rapporti di equilibrio. La situazione all’interno dei particolari è totalmente diversa. In queste zone, infatti, gli equilibri si possono stabilire solo fra i tenori locali di carbonio, ossigeno, vapor d’acqua residuo. L'effetto dell'atmosfera all’interno dei pezzi può essere importante a densità relativamente basse. Almeno qualitativamente, le interazioni fra i costituenti dell'atmosfera ed i diversi composti chimici all’interno dei pezzi tendono a decrescere, con leggi diverse, quando la porosità diminuisce. Per questa ragione, gli stadi ideali di tabella VII si devono considerare quasi completamente validi solo per la “pelle” dei particolari sinterizzati. Quello che realmente avviene al centro dipende dalla struttura della porosità, dal volume e dalle dimensioni dei pezzi. Per esempio, non deve apparire sorprendente che dei pezzi grossi e massicci, ad alta densità, possano risultare mal sinterizzati al centro. Questo punto dovrebbe essere attentamente valutato quando si analizzano Memorie Tabella XII – Influenza della temperatura sulla viscosità [µPa.s] dei gas costituenti le atmosfere. Memorie S I N T E R I le forme e le dimensioni dei pezzi da ottenere mediante pressatura a caldo. Per una migliore comprensione delle “vere” condizioni di sinterizzazione, con differenza sostanziale dal concetto classico di equilibrio, è utile aggiungere alcune informazioni di base sulle reazioni gas-solido. REAZIONI TRA ATMOSFERE CONTENENTI CARBONIO ED IL FERRO (AUSTENITE) Secondo Krauss, [32], “Il carbonio viene introdotto nella superficie dell’acciaio attraverso reazioni gas-metallo tra vari componenti di una miscela gassosa (l'atmosfera) e la soluzione solida austenite. Secondo Harvey, [33], la reazione (2) è una delle più importanti reazioni di carburazione; C è il carbonio introdotto nell'austenite. All’equilibrio, un dato rapporto di carbonio fra CO2 e CO ha un certo potenziale di carbonio o mantiene un certo livello di carbonio nell'austenite. Ad ogni temperatura, la relazione tra i componenti gassosi ed il carbonio in soluzione nell'austenite è data dalla costante di equilibrio K, che per la reazione (2) può essere scritta come in cui PCO e PCO sono, rispettivamente, le pressioni parziali 2 di CO e CO2, ed aC è l'attività del carbonio. L'attività del carbonio è collegata alla percentuale di carbonio (wt%) nell'austenite mediante il coefficiente di attività di carbonio, fC, attraverso l'equazione seguente K è una funzione della temperatura, e per la reazione (2) è Z Z A Z I O N E INTERAZIONI TRA I COSTITUENTI DELL'ATMOSFERA DI ENDOGAS ED I MATERIALI FERROSI DURANTE LA SINTERIZZAZIONE L'idrogeno ed il monossido di carbonio sono entrambi riducenti, ma l'ultimo può essere più o meno fortemente carburante. A titolo di esempio, cerchiamo di valutare la quantità di H2 richiesta per asportare il contenuto di ossigeno di una tipica polvere ferrosa. Nel caso di un forno da 100 kg/ora, se la perdita in idrogeno della polvere base è 0,15%, la quantità di O2 da asportare in un’ora è 0,15 kg. Questa quantità corrisponde a 0,00469 chilomoli e richiede 0,00938 chilomoli di idrogeno per formare 0,00938 chilomoli di vapor di acqua. Quindi, l'ammontare netto dell'idrogeno è 0,00938 x 22,414 = 0,21 nm3/ora. Poiché l'idrogeno deve anche permeare il materiale poroso, per arrivare fino al cuore del pezzo, la sua effettiva quantità deve essere sensibilmente maggiore. Il grado di utilizzazione dell’H2 può essere anche inferiore al 10%. Pertanto, la portata di idrogeno deve essere di almeno 2 nm3/ora. Se se ne impiega una quantità minore possono presentarsi dei problemi, specialmente su pezzi ad alta densità. Decisamente più complicata è la situazione che concerne l'equilibrio di carbonio. A questo riguardo, è stato già osservato che una quantità data di monossido di carbonio, a seconda della temperatura e del richiesto contenuto finale di carbonio o aggiunta di grafite, può essere carburante o decarburante. Naturalmente, CO2 e H2O sono decarburanti, mentre CH4 è carburante. L’equilibrio “istantaneo” è definito dalle reazioni Seguendo il sistema usato da Beiss, [27], le parentesi che racchiudono la C indicano che in questo caso il carbonio è presente come elemento di lega disciolto nell'austenite omogenea e non come una sostanza pura nel suo stato standard. Le costanti di equilibrio corrispondenti alle ultime reazioni, rispettivamente, sono: 10/2006 in cui T è la temperatura assoluta, K. Le pressioni parziali di CO e CO2 necessarie per mantenere un dato contenuto di carbonio nell’austenite, in superficie, si ricavano combinando la (7) e la (8) come segue: Se il contenuto di CO di un'atmosfera supera la pressione parziale richiesta per mantenere un contenuto di carbonio dato, la reazione rappresentata dall'equazione (2), come scritta, procede verso destra e si avrà carburazione fino a quando non si arriva ad una nuova condizione di equilibrio… All'altro opposto, se la pressione parziale di CO2 è troppo alta rispetto al contenuto di CO, la reazione indicata in (2) procederà verso sinistra e si avrà decarburazione”. Può essere utile aggiungere che l'attività di un elemento disciolto in una soluzione è data dal rapporto tra la pressione di vapore dell'elemento in soluzione e la pressione di vapore dell'elemento puro nel suo stato standard. In altre parole, un elemento presente in una soluzione (solida) non satura la ha un'attività inferiore a quella dell'elemento puro nel suo stato standard alla stessa temperatura. Per l'elemento puro nel suo stato standard l'attività vale 1. Naturalmente, nel caso del carbonio, si può assumere come stato standard la grafite (si veda, per esempio, Kubaschewski et alii, [34]). Di solito, quando un elemento è disciolto in una soluzione la sua attività differisce dall'unità. 24 la metallurgia italiana Di conseguenza, è necessario considerare le relazioni tra temperatura, concentrazione di carbonio e aggiunte di lega che possono essere presenti nel materiale. La figura 7, ripresa da Beiss, [27], mostra il cambiamento di attività del carbonio in funzione della temperatura e della composizione dell’acciaio. La figura 8, ricavata da uno scritto di Mosca e Porchia, [25], indica i cambiamenti di attività del carbonio derivanti dalla presenza di alcuni elementi di lega, distribuiti uniformemente nella matrice ferrosa. Dalla figura si può osservare che alcuni elementi, come, per esempio Si e Ni, fanno aumentare il valore di aC, mentre altri, come Cu, Mn e Cr, fanno decrescere l'attività del carbonio. Un aumento di aC vuole dire che la percentuale di carbonio all’equilibrio è ridotta rispetto all’elemento puro. In altre parole, la presenza di un elemento come Si o Ni nella soluzione solida ad un certo contenuto di carbonio, aumenta aC, e quindi, nella soluzione solida finale, la solubilità del C in equilibrio con la grafite diminuisce. Questo significa che la presenza di Ni o Si causa una diminuzione del contenuto di carbonio nell'austenite satura ed anche nella perlite. Per que- S I N T E R I Z Z A Z I O N E Memorie Fig. 9 – Influenza del contenuto di CO2 e della temperatura sul potenziale di carbonio di un endogas da metano. Fig. 9 – Influence of CO2 content and temperature on carbon potential of endogas from methane. Fig. 7 – Influenza del carbonio e della temperatura sull’attività del carbonio nell’austenite senza alliganti. Fig. 7 – Influence of carbon and temperature on activity of carbon in unalloyed austenite, Fig. 10 – Influenza del punto di rugiada e della temperatura sul potenziale di carbonio di un endogas da metano. Fig. 10 – Influence of dew point and temperature on carbon potential of endogas from methane. Fig. 8 – Variazioni dell’attività del carbonio generate dalla presenza di elementi di lega nell’austenite. Fig. 8 – Changes of carbon activity generated by the presence of alloy elements in austenite. Fig. 11 – Influenza del contenuto di O2 (sonda a ossigeno) e della temperatura sul potenziale di carbonio di un endogas da metano. Fig. 11 – Influence of O2 content (oxygen probe) and temperature on carbon potential of endogas from methane. la metallurgia italiana 25 10/2006 sto motivo si deve evitare l’aggiunta di più di 0.7% di carbonio ad acciai P/M contenenti nichel, per prevenire ogni possibile formazione di carburi fragili ai bordi dei grani. A questo punto è possibile presentare le diverse condizioni di equilibrio che compaiono nella sinterizzazione di acciai al carbonio sotto atmosfera di endogas. Nella letteratura tecnica, in tempi diversi, sono stati pubblicati vari diagrammi. Essi dovrebbero essere ancora validi, ma, recentemente, delle indicazioni precise sono state fornite da Beiss [27]. Le tre possibili situazioni di carburazione o di decarburazione sono diagrammate nelle figure 9, 10 e 11. Questi diagrammi ci permettono di capire perché l'uso di endogas per 10/2006 Memorie S I N T E R I la sinterizzazione di acciai al carbonio richieda dei forni adeguatamente equipaggiati. Per esempio, se il comportamento dell’atmosfera viene controllato misurando il contenuto di CO2, ogni data composizione del gas, che possiamo supporre quasi costante sopra 850 °C, è individuata da un punto sull’asse x del diagramma corrispondente. La parte di riscaldamento del ciclo di sinterizzazione è rappresentata, in figura 9, da una linea verticale discendente, e le intersezioni di questa linea con le curve del grafico indicano che il potenziale di carbonio di quell'atmosfera diminuisce continuamente durante il riscaldamento. Il cosiddetto potenziale di carbonio individua il contenuto di carbonio (percentuale in peso) dell'austenite che è in equilibrio con una data atmosfera contenente carbonio. Indicazioni simili si possono ricavare dalle figure 10 e 11, a seconda del costituente della miscela gassosa che si utilizza per controllare (o per regolare) le proprietà dell’atmosfera. Pertanto, per acciai al carbonio ed atmosfera di endogas, è inevitabile che nell'ultima fase del riscaldamento, prima della sinterizzazione, e poi soprattutto durante la fase di permanenza alla temperatura massima, abbia luogo una continua diminuzione del carbonio nella soluzione solida. In altre parole, ad alta temperatura, e sotto una data atmosfera di endogas, che non decarbura a 850 °C, si verifica una perdita continua del carbonio: si tratta di un cambiamento normale, previsto dalla termodinamica e confermato dall’esperienza. La perdita di carbonio avviene sulle zone di superficie, ma interessa anche, in varia misura, la porosità aperta ed interconnessa. L'idea di aumentare il potenziale di carbonio alla temperatura di sinterizzazione variando la composizione del gas è difficilmente attuabile in pratica, e, inoltre, destinata a creare un potenziale troppo alto di carbonio alle temperature inferiori, con effetti negativi, quali la formazione di nerofumo in certe zone del forno e di reti incontrollate di cementite, che si propagano dalle superfici esterne dei pezzi verso l’interno. L’unica soluzione praticabile, quando si impiega un endogas per la sinterizzazione di acciai al carbonio, consiste allora nell’accettare una certa perdita di carbonio, ad alta temperatura, e nel compensare questa perdita mediante un adeguato tempo di permanenza, sotto la stessa atmosfera, a temperatura inferiore opportunamente scelta. Verso la metà degli anni sessanta questo processo di sinterizzazione modificato, che comprendeva uno stadio di ripristino del carbonio e l’impiego di forni opportunamente attrezzati, era già utilizzato da alcune aziende di metallurgia delle polveri di alta qualificazione tecnica, sia in Nord America che in Europa. Kaufmann, [31], descrisse questo approccio corretto, in una memoria che può essere considerata una pietra miliare nel progresso del processo di sinterizzazione di acciai al carbonio. La zona di ripristino del carbonio può essere anche leggermente più corta di quella di sinterizzazione, dati i cambiamenti delle proprietà fisiche dei gas costituenti le atmosfera nel raffreddamento. Quando si utilizzano impianti corretti e sistemi validi per il controllo del potenziale di carbonio è possibile rispettare campi ben definiti del tenore di carbonio combinato dopo sinterizzazione. Sfortunatamente, alcuni costruttori di forni (in particolare, uno nella tecnologicamente “avanzata” Germania) sembrano ancora trascurare o come minimo sottovalutare questo aspetto fondamentale nella progettazione di impianti per la metallurgia delle polveri. Questo singolare atteggiamento tecnico, che sembra considerare la termodinamica una specie di “optional”, viene ovviamente e coerentemente mantenuto anche nel caso di forni da impiegare per processi nuovi, estremamente esigenti, come la sinterotempra. Oggettivamente, si deve comunque riconoscere che questo deprecabile atteggiamento non contrasta poi troppo con i generosi campi di tolleranza sul carbonio degli acciai sinterizzati previsti dalla normativa tedesca. Poiché qualcuno potrebbe fare delle obiezioni sulle valutazioni precedenti, osservando che qualsiasi processo di sinterizzazione indu- 26 la metallurgia italiana Z Z A Z I O N E striale è una tipica situazione di non equilibrio (data la brevità dei tempi di solito impiegati), può essere interessante sviluppare alcune considerazioni di tipo cinetico. Per fare ciò si deve applicare una legge fisica, nota da oltre 60 anni, che descrive la velocità del processo di carbocementazione. F. E. Harris, [35], trovò una formula per stabilire l'effetto di tempo e temperatura sulla profondità dello strato arricchito: d = 660 ⋅ e-8287 /T ⋅ √ t (14) in cui: d è la profondità di arricchimento in carbonio, mm t è il tempo di permanenza a temperatura, ore, T è la temperatura assoluta, K. A rigore, la formula di Harris (14) si utilizza per prevedere la profondità degli strati arricchiti in carbonio a temperature inferiori a 965 °C, per tempi superiori ad un'ora. Nel nostro caso, al contrario, la stessa formula è utile per prevedere la profondità dello strato ottenuto in tempi brevi, ma in una vasta gamma di temperature, indicativamente da 800 a 1100 °C. La figura 12 riporta i risultati dei calcoli fatti applicando l'equazione (14) a tempi piuttosto brevi, fino alla mezz'ora. Si deve far notare che la figura 12 caratterizza il processo dell'arricchimento in carbonio quando si tratta un acciaio semplice, completamente denso. Per il nostro scopo, allora, si deve considerare l'influenza della porosità sulla diffusività del carbonio. Questo argomento è stato studiato da A. Gallo et alii, [36], che dimostrarono che il coefficiente di diffusione apparente dipende dalla porosità secondo un legge logaritmica, del tipo: D ⋅ ρb = A (15) in cui: D è il coefficiente di diffusione apparente del carbonio, ρ è la densità relativa del materiale ferroso sinterizzato, b è una costante, che dipende dalle condizioni di processo, A è una costante, che dipende dalle condizioni di processo. Impiegando provini di varia geometria, e registrando l'aumento di peso durante processi di carburazione effettuati in condizioni diverse, A Gallo et alii, [36], furono in grado di trovare il coefficiente di Harris relativo, cioè l'influenza della densità del materiale. La figura 13, basata su quei risultati, mostra che la profondità dello strato arricchito, nel caso del- Fig. 12 – Profondità di cementazione su acciai compatti, secondo la formula di Harris; tempi brevi. Fig. 12 – Carburisation depth of fully-dense steel, according to Harris’ formula, for short times. S I N T E R I Z Z A Z I O N E IMPIANTI DI SINTERIZZAZIONE E CONDIZIONI OPERATIVE Fig. 13 – Influenza della densità degli acciai sinterizzati sulla profondità di cementazione (coefficiente di Harris relativo). Fig. 13 – Influence of density of sintered steels on carburisation depth (relative Harris coefficient). l'acciaio P/M a 7,0 g/cm3, può essere quasi 3 volte maggiore di quella osservata, ad uguali condizioni di processo, sull'acciaio compatto. Anche se, da un punto di vista chimico-fisico, la decarburazione è il fenomeno opposto della carburazione almeno per quanto concerne la velocità relativa si può ammettere però un comportamento simile. Perciò, la profondità dello strato decarburato, in un acciaio sinterizzato a densità di 7,0 g/cm3, è quasi tre volte maggiore di quella dell'acciaio compatto, trattato nelle stesse condizioni. EFFETTI FISICI DEI GAS DELL'ATMOSFERA CONTROLLATA Durante la sinterizzazione i singoli costituenti delle atmosfere controllate esercitano effetti anche fisici: trasferimento di calore e flusso dentro la porosità, in controcorrente con il flusso dello specie gassose originate da reazioni chimiche con sostanze prima adsorbite e poi rilasciate per desorbimento al riscaldamento. A parità di altre condizioni, le capacità di riscaldamento o di raffreddamento si possono considerare proporzionali ai calori specifici. La tabella X mostra che N2, H2 e CO sono abbastanza simili, mentre CO2, CH4 (e CH3OH e NH3) generano gli scambi termici più elevati. Questo effetto deve essere preso in considerazione quando si aggiunge CH4 o si impiega CH3OH per creare un'atmosfera controllata direttamente nel forno. Gli scambi termici possono essere considerati proporzionali anche alle conducibilità termiche; la tabella XI mostra che l’H2 è più efficace di qualsiasi altro costituente dell’atmosfera. La penetrazione delle specie gassose entro la porosità aperta è collegata alla temperatura ed al tipo di flusso. Quest’ultimo dipende dalla scabrezza delle superfici dei canali costituiti dai pori aperti e dal numero di Reynolds, cioè dal rapporto adimensionale la metallurgia italiana 27 10/2006 nella quale: Re è il numero di Reynolds, l è una lunghezza che definisce la geometria del sistema di flusso, v è la velocità del fluido, ρ è la densità del fluido, µ è la viscosità assoluta del fluido. Secondo la (16), il rapporto tra densità e viscosità si può as- A questo punto sono opportuni alcuni commenti sugli impianti. Quando si sceglie un forno per la sinterizzazione di acciai si deve tener conto dei cambiamenti di composizione dell’atmosfera indotti dai profili termici dell’impianto e delle interazioni gas-solido. Qualsiasi endogas, se usato negli impianti più semplici, è tipicamente decarburante ad alta temperatura e carburante o neutro a 800 ÷ 900 °C. Non di rado, come implicitamente osservato da Kaufmann 30 anni fa, questo effetto fa diminuire sensibilmente resistenza e durezza degli acciai sinterizzati. Per compensare la decarburazione ad alta temperatura, tipica quando si impiega un endogas, è indispensabile una zona appropriata di ripristino del carbonio, la cui lunghezza potrebbe essere calcolata considerando la cinetica della diffusione e le proprietà fisiche delle sostanze gassose coinvolte nel processo. Delle esperienze positive sono state fatte con una lunghezza della zona di ripristino del carbonio uguale ad almeno metà della lunghezza della zona di sinterizzazione. Un altro aspetto rilevante è la differenza tra la temperatura di generazione dell’endogas e quella di sinterizzazione. Le soluzioni impiantistiche più comuni includono un generatore esterno dell'atmosfera, che lavora a circa 1100 °C. L'atmosfera uscente dal reattore catalitico viene raffreddata rapidamente, per evitare ogni possibile variazione incontrollabile della sua composizione chimica. L’endogas ”freddo” viene poi introdotto nel forno, dove si riscalda di nuovo, fino alla temperatura di sinterizzazione. La velocità di riscaldamento dipende da molti fattori, con il risultato che non è ancora disponibile una conoscenza completa della composizione locale dell’atmosfera entro un forno di sinterizzazione tipico, variamente caricato. Da diversi anni alcuni costruttori di forni propongono impianti di nuova concezione, nei quali la storta di generazione dell’endogas è posta proprio sopra la camera di sinterizzazione ed opera alla stessa temperatura. In questo modo si evita ogni possibile cambiamento della composizione chimica dell'atmosfera dovuto a differenze fra la temperatura di generazione e quella di sinterizzazione. Una fabbricante di questo tipo di forni sostiene che non è necessaria la zona di ripristino del carbonio e che il potenziale può essere controllato con precisione entro la camera di sinterizzazione. Data l’alta temperatura, poi, non può formarsi la fuliggine. L'ultimo punto è indiscutibile, ma, nel raffreddamento, può sempre aver luogo un certo trasferimento di carbonio, dall'atmosfera al materiale sinterizzato. Per evitare questo fenomeno è indispensabile un raffreddamento molto rapido, dalla temperatura di sinterizzazione fino a circa 850 °C. Il raffreddamento molto rapido previene l’ipercarburazione del materiale, ma è praticabile solo se la quantità di calore da asportare dai pezzi è limitata. In altri termini, sia il peso totale che il rapporto fra superficie e volume dei pezzi debbono avere valori favorevoli. Su pezzi pesanti e massicci il raffreddamento non potrà essere sufficientemente rapido da evitare un certo arricchimento in carbonio. Non si debbono poi sottovalutare i rischi di distorsioni e di tensionamento dei pezzi raffreddati molto velocemente nel campo indicato. Per i motivi elencati, il nuovo tipo di forno appare idoneo alla corretta sinterizzazione di acciai al carbonio solo se il peso unitario dei pezzi ed il carico sul nastro si mantengono al Memorie sumere come una misura della resistenza che il gas incontra quando penetra nei pori, per ogni gas e ad ogni temperatura. I dati raccolti nelle tabelle IX e XII evidenziano che l’H2 è almeno cinque volti diverso dagli altri gas. La disponibilità di specifici risultati sperimentali sarà utile per migliorare la possibilità di un controllo preciso dei processi di sinterizzazione. 10/2006 Memorie S I N T E R I di sotto di certi valori limite. Inoltre, se il potenziale di carbonio è alto ad alta temperatura, l'atmosfera tende inevitabilmente a formare e rilasciare fuliggine nel raffreddamento. Questa fuliggine compare nelle regioni del forno in cui le condizioni locali corrispondono all’equilibrio con un rapporto CO2/CO relativamente alto. Per maggior chiarezza, e presumendo che il potenziale di carbonio sia controllato mediante una sonda ad ossigeno, facciamo riferimento alla figura 11. Se il carbonio combinato, dopo sinterizzazione a 1120 °C e raffreddamento, deve essere 0,7% il potenziale della sonda a ossigeno deve essere 1184 mV. Una linea verticale passante per questo punto mostra che il potenziale di C aumenta nel raffreddamento, superando 1,25% prima di attraversare il bordo della regione austenitica. Di conseguenza, dopo aver superato questo bordo, si formerà una quantità non trascurabile di carburi, e resterà anche dell'austenite instabile. Il materiale risultante sarà fragile, duro in modo incontrollato, difficile da lavorare per asportazione di truciolo, inadatto per molte applicazioni. La situazione è meno sfavorevole se i particolari da sinterizzare a 1120 ° C debbono avere 0,20% di carbonio combinato. In questo caso il potenziale della sonda ad ossigeno deve essere 1100 mV. Una linea verticale passante per questo punto, sempre tracciata sulla figura 11, mostra ancora che il potenziale di C aumenta di molto nel raffreddamento, per raggiungere circa 0,8% prima di attraversare il contorno della regione austenitica. Quando poi si attraversa questo confine non di forma nessun carburo, ed il materiale risultante sarà valido, (ma comunque troppo variabile anche per la larga tolleranza sul tenore di C richiesta dalla normativa esistente), non difficile da lavorare all’utensile, leggermente indurito in superficie, idoneo a molte applicazioni. Da un punto di vista funzionale, il gradiente di carbonio che si crea può anche migliorare le proprietà di superficie, specialmente se sono previsti trattamenti termici successivi. Risultano però inevitabili delle forti escursioni di composizione, ed il campo dei tenori di C sarà funzione delle dimensioni dei pezzi e del rapporto superficie/volume, perché la velocità di raffreddamento da 1120 o 1150 °C a 800 °C dipende dall’ambiente, dalla composizione e dalla portata di atmosfera, dalla massa del pezzo, dalla densità del materiale, dalla superficie di scambio termico. In conclusione, se si tiene conto adeguatamente e correttamente di tutti i punti precedenti, anche i forni di sinterizzazione con generatore di endogas interno debbono includere una zona di ripristino del carbonio. Una possibile alternativa, da convalidare però mediante sperimentazione sistematica, ed applicabile solo a forni nei quali il generatore di atmosfera sia situato dentro la camera di sinterizzazione, è l'introduzione di una sezione di raffreddamento rapido, immediatamente dopo la camera di sinterizzazione, nella quale la temperatura scenda molto rapidamente, fino a circa 800 °C. In questo modo non dovrebbero verificarsi cambiamenti chimici o trasformazioni microstrutturali, e l'equilibrio di carbonio raggiunto alla temperatura di sinterizzazione dovrebbe essere “quasi” mantenuto. Il rischio di distorsioni e tensioni residue elevate, tuttavia, permane. Qualche produttore di impianti potrà criticare questa soluzione, ma tutte le indicazioni basate sulla termodinamica dovrebbero essere incontestabili. Non risultano disponibili in letteratura dei risultati sperimentali sull’argomento, con indicazioni sulle variazioni di composizione chimica (tenore di carbonio) derivanti da gradienti termici diversi. Indipendentemente dall'atmosfera, un forno appropriato alla corretta sinterizzazione degli acciai al carbonio deve essere equipaggiato con una sezione di raffreddamento controllata, fra 850 °C e circa 400 °C. Quando è disponibile questa soluzione si può ottenere la microstruttura ottimale richiesta per ogni data applicazione. Tuttavia, la massa del particolare può impedire la formazione di strutture molto fi- 28 la metallurgia italiana Z Z A Z I O N E ni e/o dure. Pertanto, in caso di pezzi grandi e pesanti, per ottenere delle strutture molto fini e le proprietà di resistenza che sono tipiche di materiali meno legati su pezzi piccoli, è necessario un elevato tenore di lega. Infine, con qualunque tipo di impianto e di atmosfera, si possono ottenere risultati costanti e riproducibili solo se la composizione chimica della materia prima, con particolare attenzione alla perdita in idrogeno, presenta delle escursioni trascurabili, da lotto a lotto ed all’interno dello stesso lotto. Per molti anni, l'evoluzione della tecnologia della metallurgia delle polveri è stata stupefacente. Un semplice elenco dei progressi comprende: • nuove polveri, atte a migliorare l’insieme delle proprietà dei materiali sinterizzati; • nuovi materiali per stampi, idonei alla pressatura a pressioni elevate e compatibili con alte densità; • nuovi metodi di pressatura, dalla lubrificazione di parete delle matrici alla pressatura caldo; • presse di nuova concezione, a controllo numerico. Le macchine più recenti sono decisamente più sofisticate ed efficienti di quelle disponibili una ventina di anni fa. Anche se un qualsiasi confronto fra impianti destinati ad operazioni diverse può essere opinabile, si deve ammettere che l’evoluzione dei forni di sinterizzazione, se confrontata con quella delle presse, è stata più lenta. Si deve però riconoscere la comparsa di innovazioni significative nelle apparecchiature per il controllo delle atmosfere. I sistemi più avanzati per il controllo delle miscele gassose, oggi, utilizzano rivelatori a infrarossi ad alta stabilità, per la misurazione simultanea di ossido di carbonio, anidride carbonica e metano. Le analisi, inoltre possono essere date anche da celle per idrogeno, a conducibilità termica, compensate per il metano. Ove necessario, sono disponibili rivelatori di ossigeno, separati, per misurare nel campione quantità diverse di questo gas, da ppm a per cento. Tuttavia, in quanto a innovazioni di progetto “rivoluzionarie”, paragonabili all’introduzione delle presse multipiastra a controllo numerico, oggi offerte da tutti i costruttori, l’offerta di forni altrettanto innovativi è praticamente inesistente. Una sola novità sembra sostanziale: un forno giapponese, equipaggiato con nastro di carbonio, ed adatto per operare fino a 1400 °C. Le diverse esigenze chimiche che caratterizzano le varie zone di un impianto di sinterizzazione, analizzate chiaramente, per esempio, da Kaufmann, [39], e Nayar, [40, 41], non sembrano aver spinto i fabbricanti di forni a studi teorici ed indagini sperimentali per sviluppare soluzioni tecniche nuove ed affidabili, tali da trasformare l'impianto da un reattore chimico multifunzione, ma unico, in una successione “dedicata” di reattori chimici diversi. Presumibilmente, la domanda crescente di acciai sinterizzati di qualità, realizzati mediante sinterotempra, obbligherà ad un controllo più accurato del contenuto di carbonio e contribuirà all’introduzione di questa possibile forma evoluta di impianti. Alcuni costruttori di forni potranno giudicare provocatorie, e magari sgradevoli e ingiustificate, queste considerazioni. Di certo, non è stata né è intenzione dell'autore quella di fare solo valutazioni negative, ma, piuttosto, quella di richiamare l'attenzione dei produttori più lungimiranti su delle opportunità e delle sfide sicuramente difficili, ma tecnicamente stimolanti. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Dalle considerazioni, valutazioni ed analisi precedenti si possono ricavare alcune conclusioni importanti: • Le interazioni tra atmosfere controllate e materiali ferrosi durante la sinterizzazione si possono valutare e prevedere, con buona approssimazione, mediante opportuni calcoli. • Il concetto classico dell'equilibrio chimico vale solo per volumi piccoli, principalmente nelle zone di superficie dei pezzi. S I N T E R I Z A Z I O N E “sinterotempra”, possono essere correttamente e vantaggiosamente sinterizzate in forni equipaggiati con le varie camere previste per le funzioni specifiche e che garantiscono i profili termici richiesti. Esse obbligheranno a ridurre le gamme e le tolleranze sul carbonio degli acciai della metallurgia delle polveri. • La cooperazione tra produttori di particolari sinterizzati e di forni ed esperti di sinterizzazione può migliorare le possibilità di impiego di acciai P/M ad alte prestazioni, per applicazioni innovative affidabili. • I pezzi sinterizzati che richiedono delle lavorazioni meccaniche, per le loro peculiarità di forma, e la tempra a induzione, per aumentare la resistenza all’usura, si possono considerare una specie di “cartina al tornasole” per valutare la capacità dei produttori di particolari sinterizzati di ottenere risultati costanti nella produzione di acciai. La necessità della lavorazione meccanica, infatti, comporta il rispetto di un limite superiore del contenuto di carbonio, mentre l’esigenza della temprabilità comporta il rispetto di un limite inferiore del contenuto di carbonio. In genere la differenza fra limite superiore ed inferiore è modesta, limitata a meno di 0,2%. Solo i produttori di particolari sinterizzati che sono effettivamente in grado di controllare il processo di sinterizzazione di acciai e possono utilizzare degli impianti avanzati, affidabili, e correttamente controllati possono rispettare queste esigenze severe. • La crescita delle applicazioni della metallurgia delle polveri dipende anche da una diminuzione continua delle differenze nei confronti di acciai completamente densi. Per avanzare in questa direzione, i campi di tolleranza sul contenuto di carbonio debbono essere ristretti. Oggi, ogni paragone tra acciai convenzionali ed acciai P/M è sfavorevole per la metallurgia delle polveri. Poiché appare possibile una notevole riduzione delle tolleranze sui tenori di carbonio, questa prospettiva è una spinta forte per il miglioramento, almeno per i produttori di forni e per i fabbricanti di particolari orientati di progresso. 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Perciò, sebbene qualche equilibrio indichi dei rischi o dei vantaggi, le situazioni vere e le condizioni finali possono discostarsi anche di molto dagli equilibri stimati. • Le zone centrali di pezzi ad alta densità, grandi, pesanti, e massicci, possono risultare mal sinterizzate, data la mancanza di possibile accesso per gli agenti riducenti dell'atmosfera. Sfortunatamente, nella letteratura non risultano disponibili dei dati concernenti le interazioni tra geometria dei pezzi, densità ed efficacia dei meccanismi di riduzione in situazioni di sinterizzazione diverse. Almeno in linea di principio, dovrebbe essere possibile definire e misurare una “profondità di riduzione”, analoga alla profondità di carbocementazione nei trattamenti termici. A parità di altre condizioni, questa profondità di riduzione dovrebbe decrescere quando la densità dei pezzi aumenta. • Alcuni esperti di metallurgia delle polveri credono che l’H2, leggerissimo, tenda a segregare nelle zone più alte delle muffole o dei forni. La tendenza alla stratificazione dei gas all’interno di una muffola, partendo da una miscela omogenea, sembra in contrasto con il secondo principio della termodinamica ed il corrispondente aumento dell’entropia. Non si deve però dimenticare che l'atmosfera controllata che fluisce lentamente entro un forno di sinterizzazione è ben lontana da un sistema chiuso e che inoltre avvengono molti scambi di energia, che coinvolgono i gas circolanti. Poiché ogni possibile stratificazione è causa di un peggioramento delle proprietà dell’atmosfera, l'opinione di quei tecnici di sinterizzazione dovrebbe essere verificata mediante un’accurata mappatura chimica effettuata su impianti tipici. • La corretta sinterizzazione degli acciai richiede degli impianti appropriati. Nel caso di atmosfere di endogas (o metanolo diluito con azoto), è indispensabile una zona di ripristino del carbonio. • Se la perdita in idrogeno della polvere base è costante e sufficientemente bassa, le aggiunte di grafite possono essere stabilite adeguatamente, per compensare la perdita di carbonio dovuta alla rimozione di ossigeno dalle superfici dei granuli di polvere, specialmente al cuore dei pezzi. • I fabbricanti di forni dovrebbero fornire i profili termici tipici dei loro impianti, ricavati a diversi livelli di carico e con diverse portate di atmosfera. • Per un controllo più accurato dei processi di sinterizzazione, i fabbricanti di particolari sinterizzati dovrebbero cercare di ricavare i “profili chimici” all’interno dei forni destinati ad essere utilizzati per produzioni ad alte caratteristiche. Anche se i dati misurati possono differire dalle composizioni effettive all’interno dei forni, la costanza di risultati dovrebbe contribuire ad assicurare la costanza delle condizioni di processo e delle proprietà dei materiali, vale a dire la qualità del materiale. • Il modello di flusso dell'atmosfera in un forno di sinterizzazione è ancora parzialmente sconosciuto. I costruttori dovrebbero fornire delle informazioni sui tipici regimi di flusso, a diverse portate dell’atmosfera e per vari profili termici. • Se si impiegano dei forni tecnicamente adeguati, dotati di valida camera di ripristino del carbonio, e di sezione controllata di raffreddamento rapido, la tolleranza sul tenore di carbonio può essere ridotta e si possono ottenere le microstrutture ottimali per gli acciai sinterizzati di qualsiasi composizione chimica compatibile con l’atmosfera. • Le nuove polveri a base ferro, che giustificano il termine Z Memorie S I N T E R I B S ENDOGAS FROM METHANE AND CORRECT SINTERING OF STEELS Key words: powder metallurgy, heat treatment, property evaluation, sinter hardening, sintering, steel At the beginning, a short exposition describes the influences of carbon on microstructures and properties of fully dense steels. Then, for a better clarity, the meaning of the term correct, in the context of this paper, is explained. The basic metallurgical knowledge indicates that optimum properties 30 la metallurgia italiana Z A Z I O N E 27. P. Beiss: “Thermodynamics of Protective Atmosphere Control”, PM2 TEC’ 96 World Congress, Washington, June, 1996 28. R.M. German: “Sintering Theory and Practice”, John Willey & Sons, Inc. New York, 1996 29. D. R. Lide (Editor-in-Chief: “Handbook of Chemistry and Physics”, 73rd Edition, 1992-1993, CRC Press, Boca raton (FL), 1992 30. J. H. Perry (Editor): “Chemical Engineering Handbook”, Mc. Graw Hill Book Company, inc., new york, 1950 31. S. M. Kauffman: “Carbon control during the sintering of iron”, Powder metallurgy int., Vol. 5, No. 1, 1973 (11-18) 32. G. Krauss: “Steels, Heat Treatment and Processing Principles”, ASM International, Materials Park, Ohio, 1989 33. F. J. Harvey: “Thermodynamics Aspects of Gas-Metal Heat Treating Reactions”; Metallurgical Transactions A, vol. 9°; 1978, p. 1507-151 34. O. Kubaschewski, C. B. Alcock, P. J. 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Stagno: “Influence of Density And Surface/Volume Ratio On The Cooling Speed Of Sinter-Hardening Materials, Part Two: Microstructure and Microhardness Distribution inside Parallelepipeds”; P/M World Conference, APMI/MPIF, Orlando Florida, June 2002 39. S. M. Kauffman: “The Three-Zone Sintering Furnaces”, Progress in Powder Metallurgy, Vol. 37, 1977 40. H. S. Nayar, D. Schaeffer: “How Furnace Zoning can Optimize Atmosphere Efficiency”, Heat Treating, March 1981 41. H. S. Nayar: “The Concept of Furnace Zoning: Its Use in Developing Highly Effective Sintering Atmospheres”, Int. Powder Metallurgy Conference. AIM, Associazione Italiana di Metallurgia, Florence, Italy, July 1982 10. DIN-Taschenbuch 247 – “Pulvermetallurgie, Metallpulver, Sintermetalle, Hartmetalle” DIN, Detsche Inst. Für Normung, beuth Verlag GmbH, Berlin, Juli 1991 11. JIS, Japanese Industrial Standard. “JIS Z 2550. 2000, Sintered metal materials – Specifications”, Japanese Standard Association, Tokio, 2000 12. 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The thermodynamic bonds concerning carbon equilibria during sintering are discussed and the possible interac- S I N T E R I Z A Z I O N E la metallurgia italiana 31 10/2006 properties is comparable to the contribution of density. These approximate but simple evaluations constitute a threat – or at least a heavy limitation – to any application of new P/M parts for sophisticated and exacting applications: to guarantee the minimum property value, a lot of superabundant (and costly) parts will be the rule. This point may be seen as an unpleasant assessment, but it is only a harsh picture of the current situation. Simple evaluations show the substantial effects of carbon content on the highest number of properties of porous steels. Therefore, a narrow range of carbon content should be seen as a basic requisite to achieve specific and repeatable strength levels even for sintered steels, while reducing chemistry and density redundancies, which unavoidably increase the total production costs. To analyse any possible interaction, the sintering process can be ideally subdivided into unit stages, according to the scheme of Table VII. Some single stages overlap each other. Presumably, Koebel and Gurry were among the first scientists to write fundamental papers on controlled atmosphere, either obtained by partial combustion of natural gas and to be used to sinter ferrous base materials, or generated in various ways and formulated to be in equilibrium with a defined carbon content of fully dense steels. To generate a carbon-containing controlled atmosphere, a light hydrocarbon gas is partially burnt inside a catalytic retort, heated up to 1000 ÷ 1100 °C. It is shown that in the case of complete combustion to CO2 and H2O, the stoichiometrical ratio between air and gas should be equal to (m + n/4)(1 + 3,774). Therefore, the ratio (m/2)/(m + n/4) may be seen as a relative measure of the “distance” from the complete combustion. For an endogas from methane this ratio is equal to 1/4. According to Koebel, the reaction to generate endogas is exothermic at high temperature, but some energy is required to reach the required operating conditions. For this reason, since long time, the incorrect term “endogas” has been and is still used. At high temperature, other chemical reactions may occur among the various substances. These are tabulated, with their corresponding equilibrium constants. Chemical equilibrium means that there is no further tendency for the substances concerned to react, or, in terms of theory of reaction rates, that the rates of reaction in the forward and reverse directions are equal. Then, at equilibrium (at a given temperature) the ratio between concentration of products and concentration of reactants remains constant. For gaseous substances, assuming an ideal behaviour, concentrations are directly proportional to partial pressures. The equilibrium curves are plotted in various figures. For the calculations, the data of a valuable paper published by Beiss have been utilized. All plots show that in parallel with the simplified reaction other chemical exchanges occur. In addition, it is possible to observe that the chemical composition of any gaseous mix at the exit of the catalytic retort strongly depends on working temperature and uncontrolled temperature changes. For this reason, to avoid unpredictable changes, the generated atmosphere must be cooled quickly. In case of too slow cooling, soot will form. It can be observed that the lowest air/gas ratio should be fixed at 2,4. The amount of air can be increased, within certain limits, to modulate the carbon equilibrium during sintering, which is defined by the CO/CO2 ratio. When the air/gas ratio changes, the chemical composition of the gas at retort exit changes as well. When the air/gas ratio increases from 2,4 to 3,0 the chemical composition of the atmosphere changes: • nitrogen increases from 38,9% to 44,15%, • hydrogen decreases from 40,5% to 31,5%, • carbon monoxide decreases from 20,1% to 16,9%, • water increases up to 5,5%, • carbon dioxide increases up to 1,6%. All the changes follow nearly linear courses. Memorie tions between steel and various controlled atmospheres are examined. The evaluation of physical properties of single gases present in controlled atmospheres, at various temperatures, shows that their behaviours and their effects may differ, even dramatically. From a chemical standpoint, some atmosphere constituents can cause carbon depletion or enrichment, whereas others do not modify the equilibria. In the case of chemical changes during sintering, which involve carbon, the temperature profile in some furnace zones may be a critical item. The microstructures after cooling obviously depend on thermal gradients within certain temperature ranges. The requirements to be fulfilled on furnaces fed with different atmospheres, for a narrow control of carbon content, and corresponding narrow tolerances of properties after sintering, are discussed. Some common schemes of equipment are analysed and their suitability to a correct carbon and microstructure control during sintering is surveyed. Surprisingly, any survey of the main topics investigated by scientist and P/M engineers, both in academia and in industry laboratories, does not reveal any special attention or research activity aimed at narrowing of tolerances on carbon content. This gap depends on many reasons. Any attempt to reduce the tolerance ranges of carbon of P/M steels requires a refusal of deep-rooted opinions and a nearly revolutionary approach to well-established sintering processes and equipment. The purpose of this report is to make P/M community really interested in technological progress aware of the problems that could come, in the long run, from an unjustified difference on carbon specification. This difference between specifications may explain the perplexity that several end-users still demonstrate towards high property P/M steels. To be honest, such a perplexity may derive from several and rather common sintering processes, which can appear improper to user engineers, more used to select and apply fully dense steels. The misgivings will gradually disappear, as far as sintering processes and equipment will improve, becoming more “proper”, leading to narrowed tolerances on carbon content of P/M steels. A simple comparison between fully dense – or “conventional” – steels and the P/M ones shows that the tolerances on carbon content strongly differ. To assess, in a first approximation, the influence of variations of carbon content on tensile properties of P/M steel it is first necessary to account for the influence of density. To this purpose, the formula Rs = R0.ρ3,4, proposed by Exner and Pohl may be applied. Rs is the ultimate tensile strength of sintered steel having ρ relative density and R0 is the ultimate tensile strength of the corresponding (as to composition and microstructure) fully dense steel. Then, after quenching and tempering at 425 °C, we should have: at 6,8 g/cm3 density (ρ ≅ 0,866): Rs = 788,4 x C% + 173,8 MPa, at 7,2 g/cm3 density (ρ ≅ 0,917): Rs = 967,5 x C% + 211,0 MPa. If the excursions of density and carbon content combine in the most unfavourable manner, the possible extreme values are 410,3 MPa at 6,8 g/cm3 density and 0,3% C, 791,5 MPa at 7,2 g/cm3 density and 0,6% C, or, in other terms, the ultimate tensile strength would be 601 ± 32% MPa. Analogous calculations could be carried out to evaluate U.T.S. in the normalized state, so obtaining 421 ± 34% MPa. These approximate evaluations are clearly penalizing P/M steels in any comparison of “precision” with fully dense materials, because the scattering range is more than twice. The contribution of allowed carbon range to scattering of Z 10/2006 Memorie S I N T E R I Suitable calculations enable to plot dew point versus the feeding ratio at the generator. To get consistent result a fine “tuning” of the air/gas ratio is required. A similar analysis can be carried out on other types of endogases, based on other light hydrocarbons. Feeding ratio and operating temperature define the chemical composition at the exit of the catalytic retort. The curves of various equilibrium constants show that any temperature change brings about significant changes in chemical compositions of controlled atmospheres. Therefore, any endogas, when produced at a given selected temperature, should be cooled as fast as possible, to avoid any possible unwanted and uncontrolled change of composition. For the same reason, the atmosphere entering the furnace should be heated as fast as possible, still to avoid any possible unwanted and uncontrolled alteration. According to Kaufmann: “The appropriate atmosphere composition requirements are calculable from thermodynamic data for equilibria between the individual gases involved and carbon in solution in iron. This type of information is also readily available in the literature as well as from a number of equipment manufacturers in convenient tabulated form. In spite of this, the reduction to practice of accepted atmosphere control principles has been far from effective. Few, if any, production facilities are capable of maintaining uniform and constant carbon concentrations in iron during normal sintering cycles.” “The use of equilibrium data to calculate compositional requirements for protective atmospheres implicitly assumes that the system in question may be brought to an equilibrium or steady state condition. The steady state differs from a true equilibrium here in that only a partial, or local, equilibrium is established at the metal-vapor interface. In systems with continuously flowing atmosphere and charge the steady state condition is the most frequently achieved. This is done by supplying atmosphere at a rate sufficient to overpower any compositional changes that might occur by reaction of the atmosphere with metal surfaces. It is readily obvious that this situation is not possible with porous metal materials since the surface extends well into the interior volume and continuous rapid replenishment of atmosphere in contact with these inner surfaces is physically impossible under normal furnace conditions. It is not surprising, therefore, that most of the previous work on atmosphere control has been confined to the matching of atmosphere compositions, specifically carbon potential, to metal compositions in an attempt to achieve equilibrium conditions”. The statements made by Kaufmann go back to more than 30 years ago, but they are still completely valid, at least as far as the possibility to reach equilibrium conditions is concerned. As a matter of fact, it should be clear that the carbon potential of the atmosphere can be regulated at the best only in the furnace regions nearest to the outer surfaces of the solid material. In addition, any minor change of local temperatures can affect equilibrium ratios. The situation inside the parts is totally different. Indeed, in these regions equilibria can be established only between local carbon and local oxygen or residual water vapor. The effect of the atmosphere inside the parts can be important at relatively low densities. At least qualitatively, the interactions between atmosphere constituents and different chemical compounds inside the parts tend to decrease when porosity decreases. Among others, Krauss described the reactions between carbon-containing gases and iron (austenite), stating that carbon is introduced into the surface of steel by gas-metal reactions between the various components of an atmosphere gas mixture and the solid solution austenite. The partial pressures of CO and CO2 required to maintain a given surface austenite carbon can be evaluated by means of corresponding reactions. As usually, for the pure element 32 la metallurgia italiana Z Z A Z I O N E in its standard state the activity is 1. Of course, in case of carbon, graphite can be assumed as standard state. As a rule, when an element is dissolved into a solution its activity differs from the unity. Under this respect, it has already been observed that a given quantity of carbon monoxide can be carburising or decarburising, depending on temperature and required final carbon content or graphite addition. Of course, CO2 and H2O are decarburising, while CH4 is carburising. We can observe that some alloy elements, like for instance Si and Ni, increase the ac value, whereas other alloy additions, like Cu, Mn and Cr, decrease the carbon activity. An increase of ac means that C% at equilibrium is reduced if compared with pure carbon concentration. This means that the presence of Ni or Si originates a decrease of the carbon content of saturated austenite and in the pearlite as well. In other words, the presence of such an element as Si or Ni in solid solution increases ac, at identical carbon content and hence in the terminal solid solubility of C in equilibrium with graphite decreases. For this ground, the addition of more than 0.7% carbon to nickel containing PM steels should be avoided, to prevent any possible formation of brittle carbides at the grain borders The gas solid equilibria show that for carbon steels and endogas atmosphere, in the last period of heating, before sintering, and during soaking at maximum temperature as well, a continuous carbon decrement usually occurs. In other words, at high temperature, and under endogas atmosphere, a continuous loss of carbon occurs: it is a “normal change”, based on thermodynamics. The carbon loss occurs on the surface zones, including some open and interconnected porosity. The idea of increasing the carbon potential at the sintering temperature by changing gas composition is unpractical and, further, will bring about a too high carbon potential at lower temperatures, with negative effects, such as soothing and uncontrolled cementite net, which propagates from the outer surfaces of the parts. The only viable solution, when using endogas to sinter carbon steels, is to accept a carbon drop, at high temperature, and to compensate this drop by a soaking time inside a favorable environment at a suitably lower temperature. In the Mid – Sixties this modified sintering process, which included a carbon restoration stage, had been introduced in some advanced PM companies, both in North America and in Europe. The carbon restoration zone can be even slightly shorter than the sintering one, due to changes in the physical properties of atmosphere gases during cooling. By using correct equipment and any suitable system for controlling the carbon potential it is possible to maintain well-defined ranges of combined carbon after sintering. Unfortunately, some manufacturers of furnaces still seem either to neglect or at least underrate this fundamental point when designing PM equipment, even to be used for highly-demanding new processes, such as sinter hardening. Since somebody could object to previous evaluation, observing that any industrial sintering process is typically a not-equilibrium one (due to the short times usually implied), it may be interesting to try some kinetics consideration. To this purpose, it is necessary the application of a physical law, known for more than 60 years, which describes the “speed” of carburising processes, discovered by F. E. Harris, [34]. Suitable calculations show that the case depth of sintered steel at 7,0 g/cm3 density could be nearly 3 times larger than that observed – under equal process conditions – on fully dense steel. Decarburising, even if is the opposite of carburising – at least from a physical standpoint – cannot be described, in an oversimplified approach, by Harris law preceded by a minus sign. However, at least as to the relative speed, we can admit a similar behavior. Therefore, the de-carburised S I N T E R I Z A Z I O N E la metallurgia italiana 33 10/2006 the lubricant removal should be slow below 300 °C and as fast as possible between 400 and 600 °C, or even more. This need for different heating speeds before reaching 600 °C. The problems due to incorrect lubricant removal are higher in the case of endogas, due to the negative effect of CO/CO2 equilibrium versus temperature. Independently from the atmosphere, a furnace suitable to the correct sintering of carbon steels should be equipped with a controlled cooling section. When this facility is available, the optimum microstructure required by any given application can be obtained. However, the mass of the part may hinder the formation of very fine structures. Then, in case of large and massy parts, a high alloying content is required to get the fine structures and the strength properties that are typical of less alloyed materials on small parts. Finally, whatever atmosphere and equipment is available, constant and reproducible results can be achieved only if the raw material chemistry, with special attention to H2-loss of ferrous powders, exhibits minor scattering, lot by lot and inside the same lot. For many years, the evolution of P/M technology has been astonishing. New powders have been introduced, suitable to enhance strength and other properties of sintered materials. New tool materials are available, so that higher compaction pressures can be used and higher green densities can be attained. New compaction methods, from die-wall lubrication to the so-called warm compaction are now industrial realities. As to production equipment, P/M part makers, progressively, require and introduce new presses and new furnaces. Even if a comparison between different equipment may be controversial, it seems hard to deny that press manufacturers proceeded at a higher speed, in comparison to furnace makers. By and large, the most modern presses are definitely more sophisticated and effective than the equipment available 20 years ago. The evolution of sintering equipment proceeded at a slower pace, even if the progress achieved in devices to be used for controlling protective atmospheres is unquestionable. Considering the previous analyses and evaluations, some basic remarks are drawn: • Interactions between controlled atmospheres and ferrous materials during sintering can be evaluated and predicted, with a good approximation, by suitable calculations. • The classical concept of chemical equilibrium holds only for small volumes, mostly on surface zones of the parts. • The different physical properties of gases that constitute the different atmospheres play a significant role on the results of sintering inside the components, namely “at the part core”. • Any change of gas composition, corresponding to equilibria at different temperatures, occurs at the speed, which characterizes the kinetics of reaction. Therefore, even if some equilibrium indicates risks or advantages, the real situations and final conditions may be quite far away from the expected equilibria. • The core of high-density and big and massy parts can result badly sintered, due to the lack of access for the reducing agents of the atmosphere. Unfortunately, no data concerning the interactions between part geometry, density and effectiveness of the reduction mechanisms in different sintering situations are available in the literature. At least in principle, it should be possible to define and detect a “reduction depth”, analogous to the carburising depth for heat treatments. Other conditions being equal, this reduction depth should decrease as far as the part density increases. • The diffusivity of carbon into iron depends on the allotropic form of iron: carbon diffuses in austenite much faster than in ferrite. • The correct sintering of P/M steels requires suitable equipment. A carbon restoration zone is compulsory in the Memorie depth of a P/M steel, at 7,0 g/cm3 density, should be nearly three times thicker than that of fully dense steel, treated in the same conditions. During sintering the single constituents of controlled atmospheres exert also physical effects: heat transfers and flow inside the porosity, against the counter-flow of the gaseous species originated by chemical reactions or previously absorbed and then released by desorption on heating. Other conditions being equal, the heating or cooling capacities can be considered proportional to the heat capacities. H2 is more effective than any other atmosphere constituent. The penetration of gaseous species inside the open porosity should be linked to temperature and flow pattern. Such flow patterns depend on surface roughness of pore channels and on the Reynolds number, Some comments on equipment are added. When selecting a furnace to be used for sintering carbon steel, changes of atmosphere composition due to thermal profiles of equipment and gas-solid interactions should be adequately considered. Endogas, when used in the simplest equipment, is typically decarburising at high temperature, while carburising or neutral at 800 ÷ 900 °C. Not seldom, this effect dramatically lowers strength and hardness of PM steels. To compensate the typical high temperature decarburisation, when using endogas, a suitable carbon restoration zone is compulsory. The length of this chamber could be evaluated by calculations, considering diffusion kinetics and physical properties of different gaseous substances. Positive experiences have been made with length of this carbon restoration zone at least equal to half the length of sintering zone. Another basic point is the temperature difference between endogas generation and sintering conditions. The most common solutions include an external generator of atmosphere. It operates at about 1100 °C and the atmosphere at the exit is rapidly cooled, to avoid any possible uncontrollable change of its chemical composition. The “cold” endogas is then introduced into the furnace, where it is heated up to the sintering temperature. The heating rate depends on many factors, so that any complete knowledge of the local atmosphere composition inside a typical sintering furnace, variously loaded, is still lacking. For some years, some furnace manufacturers propose new concepts of equipment, where the retort to generate endogas is placed just above the sintering chamber and operates at the same temperature. Then, any possible change of chemical composition of the atmosphere due to temperature changes is definitely prevented, at least at sintering temperature. It seems that one company manufacturing this new type of furnaces claims that no carbon restoration zone is required, while carbon potential can be controlled with precision inside the sintering chamber. Due to the high temperature, no soot formation can occur. The latter point is unexceptionable, but some release of carbon on cooling, from the atmosphere to the sintered material, can always occur. A very fast cooling is needed, from the sintering temperature to about 850 °C, to avoid this alteration. The rapid cooling prevents over-carburising of the material, but it is viable only if the amount of heat to be taken away from the parts is limited: unit mass and extension of external surface of the parts should be in a favorable ratio. Heavy and massy components cool not so quickly to avoid some carbon enrichment. On this ground the new furnace type appears suitable to the correct sintering of carbon steels if unit weight of the compacts and loading rate are kept below certain limit values. Furthermore, if the carbon potential is high at high temperature, the atmosphere tends to release soot on cooling. This soot will be formed at the furnace regions where local conditions correspond to a relatively high ratio CO2/CO. For any equipment, it is always necessary to remember that Z I N T E R I case of endogas (or methanol) atmosphere. • If the hydrogen loss of the base powder is constant and low enough, the graphite additions may be suitably adjusted, to compensate for the carbon loss due to the oxygen removal. • The furnace manufacturers should supply the typical thermal profiles of their equipment, made at different furnace loading and with different atmosphere flow-rates. • For a more accurate mastering of sintering processes, part manufacturers should investigate on the chemical profiles inside furnaces to be used for demanding productions. Even if measured data may be different from the actual compositions inside furnaces, the consistency of results should enable to assure the consistency of process conditions and material properties, namely, material’ quality. • The flow pattern of atmosphere motion inside a sintering furnace is still partially unknown. The furnace makers should supply information on typical flow patterns, at different atmosphere flow-rates and for various thermal profiles. For cost-effectiveness, the gas flow-rate should be as low as possible. As a thumb rule, we can assume that for a customary belt furnace with horizontal axis each cm of belt width requires 1 nm3/hour of atmosphere. This flowrate should prevent any uncontrolled air inlet from both the furnace extremities. The corresponding Reynolds number, however, shows that flow pattern, at least at a certain distance from the intake point, should be viscous. Then, the lack of whirls could at least partially agree with the idea of layering between constituents inside the gaseous mixture. • With properly engineered sintering furnaces, equipped with a controlled fast-cooling section, the tolerance on carbon can be reduced and optimum microstructure for 10/2006 Memorie S 34 la metallurgia italiana Z Z A Z I O N E P/M steels of any given composition can be achieved. • The new iron-base powders, which justify the terms “sinter hardening” or “sinter-quenching”, can be correctly and advantageously sintered in furnaces equipped with the various chambers provided for specific functions and exhibiting the required thermal profiles. They will oblige to narrow the ranges of carbon content on P/M steels. • A stricter co-operation between part manufacturers, furnace makers and sintering experts can enhance the possibilities of using improved PM steels for reliable and advanced applications. • P/M parts which require machining – for shape peculiarities – and induction hardening – for improving wear resistance, may be seen as a “litmus paper” to rate the capability of P/M part makers to get consistent results when producing sintered steels. As a matter of fact, the needs of machining figure out an upper limit to carbon content, whereas the need of hardenability establish a lower limit to carbon content. In general, the gap between upper and lower limits on carbon content is modest, limited to less than 0,2%. Only P/M part makers that really master sintering of steels and can utilize advanced, reliable, and properly controlled equipment can fulfil these demanding requirements. • The growth of P/M applications depends also on a continuous decrease of differences, with respect to fully dense steel. To progress in this direction, tolerance ranges on carbon content must be narrowed. Today, any comparison between conventional steels and P/M steel is unfavourable to powder metallurgy. Since a remarkable narrowing of carbon ranges is possible, this direction is a strong push for improvement, at least for progress-oriented furnace makers and P/M part manufacturers.