i codificazione, scienza giuridica e università nella francia napoleonica

Transcript

i codificazione, scienza giuridica e università nella francia napoleonica
I
CODIFICAZIONE, SCIENZA GIURIDICA
E UNIVERSITÀ NELLA FRANCIA NAPOLEONICA
SOMMARIO: 1. L’edificazione dell’Università imperiale. – 2. Gli studi giuridici: il
dogma didattico della legislazione dell’anno XII (1804). – 3. Gli ispettori generali delle scuole di diritto e l’Instruction del 1807. – 4. Sédillez e le sue ispezioni «au-delà des
Alpes»: la faculté de droit di Torino (1806-1809). – 5. Il Rapport général sur les facultés
de Droit di Chabot de l’Allier (1810) e il Compte rendu di Fontanes (1812). – 6. Dalla
scienza giuridica “gotica” alla scienza giuridica “secondo il codice”. – 7. Code e droit
romain. – 8. La “scuola dell’esegesi”.
1. L’EDIFICAZIONE DELL’UNIVERSITÀ IMPERIALE
Se nella scienza giuridica successiva alla promulgazione del Code
civil si sviluppa un metodo “esegetico” – fortemente condizionato dalle esigenze della scuola – ciò appare in buona parte come il risultato di
un adeguamento della scienza giuridica alle priorità poste da Bonaparte; tra queste vi è – appunto – l’insegnamento ed infatti
«… de toutes les questions politiques, celle-ci est peut-être de premier
ordre. Il n’y aura pas d’état politique fixe s’il n’y a pas un corps enseignant avec des principes fixes. Tant qu’on n’apprendra pas dès
l’enfance s’il faut être républicain ou monarchique, catholique ou irréligieux, etc., l’Etat ne formera point une nation; il reposera sur des
bases incertaines et vagues; il sera constamment exposé aux désordres
1
et aux changements» .
1
«… tra tutti i problemi politici questo andrebbe considerato come primario. Non
vi è traccia di stato politico saldo se non vi è un corpo insegnante con dei principi saldi.
Tanto che se non si apprenderà già dall’infanzia se si deve essere repubblicani o monarchici, cattolici o laici, ecc., lo Stato non formerà affatto una nazione; avrà fondamenta
incerte e vaghe; sarà costantemente esposto ai disordini e ai mutamenti».
18
Codificazione e cultura giuridica
Napoleone, ormai definitivamente avviata la fase imperiale (è stato
incoronato un paio di mesi prima e tempo che ne trascorra un altro
sarà anche Re d’Italia), si rivolge in questi termini al ministro dell’interno Champagny. L’impegno – in una situazione di profonda crisi
dell’istruzione pubblica – è a questo punto quello di erigere una struttura in grado di sostituire in modo credibile, e anzi di superare in dignità e efficacia, il modello educativo che aveva in pratica monopolizzato l’insegnamento superiore negli ultimi secoli dell’Antico regime,
2
quello gesuitico .
Nel giro di un anno, e in sede di discussione della legge sull’Université impériale, Napoleone avrebbe ribadito quale fosse il modello di
riferimento cui pensava, quali dovessero essere i lineamenti dei membri di questa nuova «corporation», garantendo loro autonomia e pre3
stigio, senza dimenticarne la dipendenza diretta dall’imperatore .
Il riferimento insistito ai gesuiti, addirittura l’identificazione del
2
Notes sur les lycées, Paris, 27 pluviôse an XIII (16 février 1805), in Corresponer
dance de Napoléon I , X, Paris, 1862, pp. 147-148. Dai principi posti da Napoleone
(raccolti pedissequamente dal direttore dell’Istruzione pubblica Antoine-François
Fourcroy) – che informeranno anche in seguito l’amministrazione dell’insegnamento in
Francia, radicando nei docenti la «conscience de leur spécificité administrative» – parte
l’Introduction di J. IMBERT al volume Histoire de l’administration de l’enseignement en
France. 1789-1981, Genéve, 1983 (nello stesso volume, alle pp. 11-17, cfr. J. TULARD,
L’Université napoléonienne).
3
L’intervento di Napoleone al Consiglio di Stato nella discussione del primo marer
zo 1806 è riprodotto in A. AULARD, Napoléon I et le monopole universitaire. Origines et
fonctionnement de l’Université Impériale, Paris, 1911, p. 160. Cfr. L. LIARD, L’enseignement supérieur en France. 1789-1889, I, Paris 1888; S. D’IRSAY, Histoire des unie
versités françaises et étrangères, II: du XVI siècle à 1860, Paris, 1935, pp. 145-177; da
ultimo A. TUILIER, Histoire de l’Université de Paris et de la Sorbonne, II: De Louis XIV
à la crise de 1968, Paris, 1994, pp. 205-286 (per la fase che va dalla Rivoluzione alla
Restaurazione). Quanto al confronto, anche duro, tra gesuiti e istituzione universitae
e
ria francese cfr. A. DOUARCHE, L’Université de Paris et les jésuites (XVI et XVII siécles), Genéve, 1970, (Paris, 1888).
In particolare Liard ricorda come l’idea di un corpo di insegnanti unico fosse già
di Richelieu e fosse stato poi ripreso nel periodo rivoluzionario, accentuando e fissando
definitivamente il principio secondo cui questo corpo sarebbe dovuto dipendere direttamente ed esclusivamente dallo Stato, che nell’organizzare l’istruzione svolgeva una
delle sue funzioni fondamentali: si afferma via via il passaggio in questo campo da
un’amministrazione pubblica a una corporazione pubblica, la quale svolge vita in comune, ha medesimi fini e dispone di unità organica, morale e dottrinaria. Liard identifica dunque nell’organizzazione gerarchica dell’istruzione pubblica strutturata in “gradi” ed emplois, e non in “funzioni” come avviene per le altre amministrazioni, il segno
dell’indirizzo napoleonico nel senso di un modellamento sulla struttura gesuitica.
Codificazione, scienza giuridica e università nella Francia napoleonica
19
professore universitario come jésuite, costituiva un completo capovolgimento di prospettiva rispetto ai presupposti della progettualità educativa illuministica (ad esempio il Voltaire della voce éducation nel
Dictionnaire philosophique redatto in forma di Dialogue entre un conseiller et un ex-jésuite, dove si attacca appunto il sistema di istruzione
gesuitico); ma ancora prima si cambiava completamente marcia rispetto alle resistenze che autorità universitarie e parlement di Parigi a
lungo avevano opposto alle pretese di penetrazione della Compagnia
di Gesù. Nel complesso era un modello di istruzione che proprio in
Francia era stato tenacemente contrastato più che altrove.
Comunque tocca a Napoleone, su presupposti tanto chiaramente
espressi, avviare con la legge del 10 maggio 1806 la nuova fase della
4
storia dell’istruzione pubblica in Francia . Opera, però, secondo una
linea pedagogica certo molto distante dalla tradizione illuministica e
dal sistema di istruzione che su quella base gli idéologues avevano ten5
tato di realizzare con le écoles centrales . Con queste era stato previsto
un ampio quadro di insegnamento secondario che avrebbe accompagnato il giovane fino ai diciotto anni; era invece rimasto incerto il disegno relativo all’istruzione superiore, anzi, non prevista nemmeno nel
senso tradizionale, ma sostituita da centri di formazione professionale;
questa ulteriore fase formativa andava affidata alle écoles spéciales, che
in alcuni settori furono realizzate con successo, mentre rimasero inat6
tuate nel settore degli studi giuridici .
Per quanto qui ci interessa l’iniziativa di Napoleone si caratterizza
come l’affermazione di una chiara volontà dirigista per l’istituzione di
un “monopolio universitario” statale: si stabilisce infatti la formazione
di un corpo insegnante gerarchicamente subordinato all’Imperatore,
una corporation che gestirà in via esclusiva l’educazione pubblica e che
prenderà il nome di Université impériale.
In quest’occasione vengono dunque evocati termini e modelli organizzativi molto emblematici. Il sistema delle corporazioni è infatti
visto adesso – da Napoleone e dal suo entourage – come un riferimento istituzionale da recuperare, almeno in parte. Lo si ritiene un possi4
Loi relative à la formation d’un corps enseignant, sous le nom d’Université impériale, in Bulletin, X, p. 518 ss.
5
Cfr. S. MORAVIA, Il tramonto dell’illuminismo. Filosofia e politica nella società
francese (1770-1810), Bari, 1968, pp. 594-599, ma si veda passim.
6
Sul passaggio dal sistema delle scuole centrali all’Università imperiale cfr. A. AUer
LARD, Napoléon I et le monopole universitaire, cit., p. 18 ss.
20
Codificazione e cultura giuridica
bile strumento per la riorganizzazione della società dopo il definitivo
superamento delle prospettive rivoluzionarie (le antiche corporazioni
erano state abolite nel 1791). Con la Rivoluzione si era voluto eliminare dal vocabolario istituzionale il termine “università”, associandolo
all’Antico regime; ora è chiaramente ripreso, e rilanciato in esplicito
7
collegamento al tradizionale modello medievale .
La creazione dell’Università imperiale è un passaggio nevralgico
per la stessa collocazione dell’intellettuale nella società e per la trasformazione del suo rapporto con il vertice politico. Emblematicamente il Foscolo del 1824 avrebbe preso atto (ripensando alla situazione del Regno d’Italia, ma la visione può essere tranquillamente generalizzata) di come Napoleone avesse tramutato «con poche eccezioni, tutti gli uomini di lettere in professori d’università, in membri del
suo Senato e del suo Istituto Reale – quali esaltatori e poeti delle sue
8
nobili gesta, quali direttori e censori dei suoi giornali» .
7
A. AULARD, Napoléon I er et le monopole universitaire, cit., pp. 156-157. Signifi-
cativo del recupero dell’università “storica” da parte di Bonaparte nel momento in
cui avvia la nuova struttura, è la Notice historique sur les universités pubblicata in apertura dell’Almanach de l’Université impériale …, Brunot-Labbe, Paris, 1810 (che contiene una sezione di Décrets et règlemens impériaux concernant l’Université, e una di
Statuts, règlemens et arretés pris en conseil de l’Université), pp. 21-52, in cui prevale in
definitiva una lettura “continuista” delle vicende dell’insegnamento superiore:
dall’età medievale in poi l’università in Francia aveva acquistato via via sempre maggiori margini di autonomia e si era potuta sviluppare in modo notevole.
8
Il passo foscoliano (La letteratura periodica italiana, pubblicato in inglese sulla
European Review; cfr. Edizione nazionale delle opere di Ugo Foscolo, XI/II, Saggi di
letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Firenze, 1958, p. 391) è riportato in C. CAPRA, La condizione degli intellettuali negli anni della Repubblica italiana e del Regno
italico, 1802-1814, in Quaderni storici, 23, 1973, p. 475.
Va ricordato come Foscolo ebbe una brevissima esperienza di insegnamento universitario a Pavia tra il 1808 e il 1809 (la sua cattedra, immediatamente soppressa,
rientrava nelle discipline letterarie, ma di Foscolo resta per quel periodo anche
un’orazione di laurea in legge); nel 1809 cercò – invano – anche un inserimento come ispettore degli studi, e allo scopo confezionò un Parere su l’ufficio degl’ispettori
degli studi. Su questa parentesi dell’attività del Foscolo cfr. Edizione nazionale, cit.,
VII, in E. SANTINI (a cura di), Lezioni, articoli di critica e di polemica (1809-1811),
1933, pp. XVIII-XXVII, e per il testo del parere pp. 187-193; in precedenza V.
CIAN, Ugo Foscolo nel centenario del suo insegnamento all’Università di Pavia 18091909, Pavia, 1910. Nello stesso periodo esiste poi anche un Foscolo “codificatore”,
se pure solo a livello progettuale, per incarico del ministro della guerra della Repubblica Cisalpina (1801): l’obbiettivo – di cui il poeta redasse un’“idea generale” – era
la compilazione di un Codice militare criminale penale e disciplinare per le milizie cisalpine (Edizione nazionale, cit., VI, in G. GAMBARIN (a cura di), Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808, 1972, pp. LXIV-LXVII e 197-205); cfr. R. FERRANTE, Ugo
Codificazione, scienza giuridica e università nella Francia napoleonica
21
Se l’Università imperiale era funzionale a un progetto di omologazione degli uomini di cultura, bisogna ammettere che i giuristi del
primo Ottocento non esitarono ad assecondare un tale disegno.
Tralasciando presupposti ideologici e funzione politica della nuova
struttura d’insegnamento, al momento della sua progettazione i primi
spunti vennero dunque proprio dall’organizzazione interna della Compagnia di Gesù. Ma per quanto concerne gli organi di gestione, e soprattutto la fondamentale affermazione del monopolio dell’istruzione
in capo ad un’università statale, i motivi di ispirazione vanno probabilmente fatti risalire alle suggestioni ricevute da Bonaparte durante il
9
suo soggiorno a Torino nel 1805 .
Questo presunto modellamento sull’università piemontese deriva
da effettive coincidenze nell’organizzazione della struttura universitaria evidenziate originariamente da Ambroise Rendu nella prima fase
della Restaurazione: in quel momento – paventando lo smantellamento dell’organizzazione edificata da Napoleone – l’obbiettivo era accreditare la tesi secondo cui l’Università imperiale non era in realtà che
copia di un modello di Antico regime, l’Università di Carlo Emanuele
10
III, e non datasse quindi al 1808, bensì al 1772 .
D’altronde che l’Università di Torino fosse un primo modello per
l’Imperatore era stato chiaramente affermato anche dai tre ispettori
dell’università imperiale inviati in Italia nel 1809-10: si trattava – a
loro dire – di «un système d’instruction très-semblable en petit à celui
11
de notre grand corps enseignant» . E in effetti si poteva trattare di un
Foscolo “codificatore”. L’Idea generale di codice penale militare per l’esercito della Repubblica cisalpina (1801), in Studi in onore di Franca De Marini Avonzo, Torino,
1999, p. 155 ss.
Sul tema generale cfr. da ultimo D. GALLINGANI (a cura di), Napoleone e gli intellettuali: dotti e “hommes de lettres” nell’Europa napoleonica, Bologna, 1996.
9
A. AULARD, Napoléon I er et le monopole universitaire, cit., pp. 145-160; cfr M.
VIORA, Gli ordinamenti dell’Università di Torino nel secolo XVIII, in Bollettino storicobibliografico subalpino, XLV, 1947, pp. 42-43; S. BUCCI, La scuola italiana nell’età
napoleonica. Il sistema educativo e scolastico francese nel Regno d’Italia, Roma, 1976,
pp. 83-84.
10
Observations sur le discours prononcé à la Chambre de Député … 31 janvier
1816, par M. Murand de Saint-Romain, concernant l’Instruction publique … augumentée d’un Supplément contenant le parallel des deux Universités de France et de Turin, Paris, 1816: il suo accorato appello era chiaramente espresso nella domanda «que
l’Université ait été fondée par Bonaparte, est-ce une raison suffisante pour la détruire?» (p. 26).
11
«Par cette académie (…) l’empereur a fait le premier essai de son grand plan de
réorganisation des études et a préludé en quelque sorte à la creation de l’Université
22
Codificazione e cultura giuridica
riferimento abbastanza naturale: dopo l’editto del 1679 di Luigi XIV,
la Francia non si era segnalata per particolari riforme nel campo universitario; a livello degli studi giuridici le istanze di tipo illuministico
avevano trovato iniziale realizzazione nell’area germanica, ma un primo esempio di effettiva riforma della struttura universitaria fu proprio
12
quello torinese del 1729 .
Il monopolio universitario («non sarà lecito a chichessia d’insegnare pubblicamente in questa città alcuna delle scienze e arti che s’inse13
gnano nell’Università» ) era stato già chiaramente affermato proprio
nel Regno di Sardegna, e in un ordinamento (integrato dai Regolamenti del magistrato della riforma per l’Università di Torino, magistratura collegiale con competenze analoghe a quella del Grand maître
dell’Université imperiale) particolarmente articolato e dettagliato, suscettibile – quindi – di essere ancora motivo di ispirazione anche al di
fuori dell’area italiana (dove la legislazione universitaria piemontese aveva costituito un importante riferimento nei dibattiti e nelle riforme
sull’istruzione lungo il ’700); le costituzioni del 1772 non erano che
una riforma di quelle ancor più risalenti del 1729, ma costituivano effettivamente un passaggio emblematico, perché avevano dato un supporto istituzionale di particolare rilievo all’attacco decisivo portato in
14
questa fase al monopolio educativo dei gesuiti .
impériale»; quella torinese andava quindi esaminata con grande cura perché si trattava di «une expérience anticipée» (Rapport sur l’Académie de Turin, alle pp. 185-187
dei Rapports di Cuvier, Coiffier e Balbo su cui cfr. infra).
12
H. COING, L’insegnamento del diritto nell’Europa dell’Ancien Régime, in Studi
senesi, LXXXII, 1970, pp. 191-192.
13
Costituzioni di sua Maestà per l’Università di Torino, Stamperia reale, Torino,
1772, p. 129, Titolo XV, art. 7, ma al riguardo cfr. l’intero titolo.
14
Cfr. T. VALLAURI, Storia delle Università degli studi del Piemonte, Stamp. Reale,
Torino, 1816, (Bologna, 1970); G. RICUPERATI, L’Università di Torino nel Settecento.
Ipotesi di ricerca e primi risultati, in Quaderni storici, 8, 1973, 23, pp. 575-598 (più recente, ma anche più sintetico, ID., Il Settecento, in F. TRANIELLO (a cura di), L’Università di Torino. Profilo storico e istituzionale, Torino, 1993, pp. 22-26); M. ROGGERO,
Scuola e riforme nello stato sabaudo. L’istruzione secondaria dalla ratio studiorum alle costituzioni del 1772, Torino, 1981; D. BALANI-D. CARPANETTO-F. TURLETTI, La popolazione studentesca dell’Università di Torino nel Settecento, in Bollettino storico-bibliografico
subalpino, LXXVI, 1978, pp. 9-183; P. DELPIANO, Educare l’élite: l’università sabauda
nel Settecento, in G.P. BRIZZI-J. VERGER (a cura di), Le università minori in Europa (secoli XV-XIX), Convegno internazionale di studi di Alghero, 30 ottobre-2 novembre
1996, Soveria Mannelli, 1998, pp. 405-421; ID., Il trono e la cattedra. Istruzione e formazione dell’élite nel Piemonte del Settecento, Torino, 1997; A. LUPANO, “La soppressione
lunga”: dalle Costituzioni universitarie del 1720 a quelle del 1772, in B. SIGNORELLI-P.
Codificazione, scienza giuridica e università nella Francia napoleonica
23
La centralità attribuita nello stato sabaudo all’insegnamento universitario era testimoniata anche dal fatto che una riforma del suo ordinamento era espressamente considerata complementare all’interven15
to di riforma della legislazione avvenuto nel 1770 ; quella del 1770
era – come noto – una riformulazione delle Costituzioni promulgate
nel 1723-1729, e anche in quel caso – quindi – riforma del diritto e
riforma dell’università erano andate di pari passo: le Costituzioni di
sua Maestà il Re di Sardegna erano poi espressamente previste come
16
oggetto di insegnamento nel corso di ius civile . Nel complesso il programma del corso giuridico non faceva che predisporre un supporto
formativo per operatori che avrebbero dovuto in concreto realizzare gli
indirizzi di politica del diritto prescritti dai sovrani sabaudi, soprattutto
17
con riguardo al rapporto diritto comune-diritto particolare .
Va infine ancora aggiunto come il monopolio dell’insegnamento
superiore in capo ad un’unica struttura universitaria controllata dal
governo non sia un’esclusiva peculiarità piemontese (né quindi tantomeno dell’opera di riforma di Napoleone), ma un principio in via di
generale affermazione lungo la seconda metà del XVIII secolo: per fare
un esempio vicino, esso è affermato in occasione del Piano di direzione,
18
disciplina ed economia dell’Università di Pavia dello stesso 1771 .
USCELLO (a cura di), La Compagnia di Gesù nella Provincia di Torino dagli anni di Emanuele Filiberto a quelli di Carlo Alberto, Torino, 1998, pp. 145-160.
15
Cfr. Costituzioni di sua Maestà per l’Università, 1772, pp. V-VI.
16
Costituzioni di sua Maestà per l’Università, 1772, p. 36., Titolo III, capo II, art.
3, e Regolamenti del magistrato della riforma, cit., p. 22, capo VI, art. 11. Sulla periodizzazione e correlazione della normativa politica e universitaria tra 1720 e il 1798,
cfr. G. RICUPERATI, L’università di Torino nel Settecento, cit., pp. 582-585 e passim
(pp. 575-598). Cfr. quindi ID., Istruzione e società nel Piemonte dell’Ancien régime.
Presentazione di una ricerca, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, LXXVI, 1978,
pp. 5-8, e D. BALANI, Studi giuridici e professioni nel Piemonte del Settecento, ibid., pp.
185-278, nonché ID., La Facoltà di legge di Torino nel ’700, in L’educazione giuridica.
II: profili storici, Perugia, 1979, pp. 454-471 e ID., Toghe di stato. La facoltà giuridica
dell’università di Torino e le professioni nel Piemonte del Settecento, Torino, 1996, passim.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un dato non isolato nella seconda metà del
XVIII secolo: a Modena la riforma della locale università (1772), aveva seguito di poco
la pubblicazione del Codice di leggi e costituzioni (1771); E. FORMIGGINI SANTAMARIA,
L’istruzione pubblica nel ducato estense (1772-1860), Genova, 1912, p. 3 ss.; C.G. MORP. DI PIETRO, Storia dell’università di Modena, I, Firenze, 1975, p. 91 ss.
17
Su quest’ultimo punto cfr. G. TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna,
cit., pp. 197-202.
18
Proprio per un suo collegamento con la riforma degli studi giuridici cfr. M.C.
ZORZOLI, La facoltà di giurisprudenza di Pavia (1535-1796), in Studi di Storia del
24
Codificazione e cultura giuridica
Dunque, sotto diversi profili ricollegare l’impresa napoleonica in
campo universitario alle realizzazioni settecentesche, e in particolare
a quella torinese, non appare arbitrario. La nuova università francese si presenta però come una struttura di tutt’altra dimensione, se
non altro per lo sviluppo territoriale su cui è dispiegata, e in genere
per la completa riorganizzazione del sistema di insegnamento che
comporta.
Secondo i programmi imperiali del 1806 il nuovo sistema dell’istruzione pubblica si concretizzerà in una struttura tanto complessa,
da richiedere realisticamente una congrua fase di preparazione: la sua
definitiva istituzione è quindi espressamente rimandata al 1810 (art. 3).
Contrariamente alle previsioni, però, già il 17 marzo 1808 si può pro19
cedere con decreto a fissarne i lineamenti .
La novità assoluta è costituita dalla struttura piramidale fortemente
accentrata; essa sarà composta da tante académies locali quante sono le
Corti d’appello e comprenderanno al loro interno ogni livello di insegnamento, il più elevato dei quali sarà affidato a «les facultés, pour les
sciences approfondies, et la collation des grades». Viene precisamente
determinata la linea gerarchica del personale all’interno della struttura:
grand-maître (di nomina imperiale, e che avrà il ministro degli interni
per tramite verso il sovrano), ispettori dell’università, rettori delle ac20
cademie, ispettori delle accademie, doyens e professori delle facoltà .
Il Consiglio dell’Università imperiale, sotto la presidenza del grandmaître Fontanes, aveva elaborato – in data 31 ottobre 1806 – uno Statut sur l’organisation des concours pour les facultés en gèneral, et pour les
Diritto, I, Milano, 1996, pp. 396-397. In Contributi alla storia dell’Università di Pavia, Pavia, 1925 cfr. B. PERONI, La riforma dell’Università di Pavia nel Settecento, pp.
115-174, e A. VISCONTI, L’opera del governo austriaco nella riforma universitaria durante il ventennio 1753-1773, pp. 175-237; A.E. GALEOTTI, Politica della cultura e
istituzioni educative. La riforma dell’Università di Pavia (1753-1790), Centro studi
sull’Illuminismo lombardo, Pavia, 1978. Ancora, in Economia, istituzioni, cultura in
Lombardia nell’età di Maria Teresa. III: Istituzioni e società, Bologna, 1982, cfr. E.
BRAMBILLA, Il “sistema letterario” di Milano: professioni nobili e professioni borghesi
dall’età spagnola alle riforme teresiane, pp. 79-160, e G. GUDERZO, La riforma dell’Università di Pavia, pp. 845-861.
19
Décret portant organisation de l’université, Bulletin, XI, p. 271 ss. Cfr. AULARD,
er
Napoléon I et le monopole universitaire, cit., p. 170 ss.
20
Accanto al grand-maître è presente un consiglio dell’Università, come accanto
ai rettori i consigli accademici. Ulteriori specificazioni sulle competenze del grandmaître e degli altri organi dell’Università imperiale si hanno nel Décret contenant règlement pour l’université impériale, 17 settembre 1808; Bulletin, XI, pp. 344-346.
Codificazione, scienza giuridica e università nella Francia napoleonica
25
21
facultés de droit en particulier . Per le facoltà di diritto il candidato doveva affrontare tre prove. Una trattazione, estratta tra tre predisposte,
relativa alla materia d’insegnamento per cui si concorreva e redatta in
scritto (in latino, se la materia era il diritto romano); tre lezioni di mezz’ora ciascuna, su di un tema estratto a sorte tra quelli pertinenti alla materia da insegnare; infine la redazione scritta di due tesi (ancora una volta
dopo estrazione a sorte del titolo), da dare alle stampe, che in seguito
dovevano essere sostenute con una discussione di almeno tre ore per ciascuna. Significativi i termini di quest’ultima prova. «Chaque thèse contiendra: 1° Une courte dissertation sur les principes généraux de la matière; 2° Les questions les plus importantes sur l’interprétation et
l’application de la loi, avec leur solution donnée brièvement par le candidat» (art. 56). La discussione poteva avvenire esclusivamente sulla base
dei diversi articoli di legge, e se essa verteva sul diritto francese, solo sulla
base del Code da poco promulgato (art. 71); ancora: «On ne pourra citer, sous aucune prétexte, ni les commentateurs ni les arrêts» (art. 72).
L’università napoleonica si presenta dunque come sintesi tra istanze illuministiche e rivoluzionarie, e strutture organizzative che si
rifanno, più o meno esplicitamente, a modelli di antico regime (gesuitico, o piemontese, o altro che sia); questa sintesi fu enfatizzata
dopo la Restaurazione per perorare la sua validità e per giustificare il
22
suo mantenimento . Continuità vi sarebbe stata anche nella articolazione degli studi giuridici, che manterranno anche dopo la caduta
dell’Imperatore la base normativa (il Code civil) e quella organizzativa (i provvedimenti legislativi sulle Écoles de droit) dispiegati nel cruciale anno XII.
21
Almanach de l’université impériale, cit., 1810, pp. 476-490.
F. GUIZOT, Essai sur l’histoire et sur l’état actuel de l’instruction publique en France, Paris, 1816; J.-B.-G. FABRY, Le génie de la Révolution considéré dans l’éducation ou
Memoires pour servir a l’histoire de l’instruction publique depuis 1789 jusqu’à nos jours,
où l’on voit les efforts réunis de la législation et de la Philosophie du dix-huitième siècle
pour anéantir le Christianisme, Paris, 1817-1818 (t. III, p. 196 ss.: qui – nel quadro
di un radicale rifiuto della cultura illuministica settecentesca e delle sue realizzazioni
nel campo dell’istruzione – si confutano nel dettaglio le tesi di Rendu sulla continuità tra il modello piemontese e quello napoleonico, soprattutto per il maggior ruolo
che nel primo avevano i religiosi e la religione); J. BERRIAT-SAINT-PRIX, Discours sur
l’enseignement du droit en France avant et depuis la création des écoles actuelles, Paris,
er
1838; A. DELFAUT, Naploéon I et l’instruction publique, Paris, 1902.
22
26
Codificazione e cultura giuridica
2. GLI
STUDI GIURIDICI: IL DOGMA DIDATTICO DELLA LEGISLAZIONE DELL’ANNO XII (1804)
Dopo la riforma di Luigi XIV che aveva disposto l’introduzione
della cattedra di droit français (1679-1680), la facoltà giuridica di Parigi non aveva subito altre trasformazioni fino alla Rivoluzione, che ne
segnò un rapido tracollo: dal 1791 smise sostanzialmente di essere
frequentata, fino alla soppressione, con decreto della Convenzione, il
23
15 settembre 1793 . Un’università come quella francese, pensata tradizionalmente – e tanto più dopo il 1679 – come luogo dove preparare i professionisti del foro, aveva perso qualsiasi legittimità, adesso che
si era definitivamente affermato il principio secondo cui in realtà i
giureconsulti si formavano attraverso l’attività pratica, al di fuori di
24
qualsiasi preparazione accademica .
Prossimo ispettore generale delle scuole di diritto, il tribuno Sédillez, nel pieno del dibattito sulla edificazione di queste scuole all’interno del sistema universitario in via di formazione, tracciava un bilancio netto dell’esperienza passata: i professori erano buoni ma parlavano nel deserto; le attribuzioni dei gradi accademici erano pure for25
malità oggetto di commercio .
23
G. PÉRIES, La Faculté de droit de Paris dans l’ancienne Université de Paris (11601793), Paris, 1890; cfr. I. BONNECASE, Qu’est-ce qu’une Faculté de Droit?, Paris,
1929, pp. 40 ss.; A. DE CURZON, L’enseignement du droit français dans les universités
e
e
de France aux XVII et XVIII siècles, in RHD, III série, XLIII, 1919, pp. 209 ss. e 305
ss. (anche sul periodo antecedente al 1679, e con un’analisi approfondita della rifore
ma di quell’anno); M.-A. LEMASNE-DESJOBERT, La Faculté de droit de Paris aux XVII
e
et XVIII siècles, préface di G. LE BRAS, Paris, 1966; R. VILLERS, L’enseignement du
droit en France de Louis XIV à Bonaparte, in L’educazione giuridica, I: modelli di università e progetti di riforma, I seminario internazionale sull’educazione giuridica – Università di Perugia 11-12 ottobre 1973, Perugia, 1975, pp. 101-114; G. ANTONETe
TI, Traditionalistes et novateurs à la Faculté des droits de Paris au XVIII siècle, in
RHFD, 2, 1985, pp. 37-50; ID., Les professeurs de la Faculté des droits de Paris: attitude et destin sous la Révolution et L’Empire, in RHFD, 7, 1988, pp. 69-85; J. PORTEe
MER, La politique royale de l’enseignement du droit en France au XVIII siècle. Ses survivances dans le régime moderne, ibid., pp. 15-43; S. RIALS, Un épisode de l’agonie de la
Faculté des droits de Paris sous la Révolution. Les docteurs agrégés parisiens à la barre de
la Constituante, ibid., pp. 45-67.
24
Divulgativo, ma utile, B. SUR, Histoire des avocats en France des origines à nos
jours, Paris, 1998, pp. 137-158.
25
Considérations sur l’organisation des écoles de droit, suivies d’un tableau de
l’enseignement du droit, présentées au Tribunat par M.-L.-E. Sédilez. Séance du 21 ven-
Codificazione, scienza giuridica e università nella Francia napoleonica
27
Gli avrebbe fatto eco più tardi – secondo quella che era ormai opinione comunissima – un altro ispettore generale delle scuole di diritto, Chabot de l’Allier. Questi sintetizzava in modo altrettanto icastico
i motivi per cui vent’anni prima – dopo un lungo periodo di decaden26
za – l’insegnamento del diritto era definitivamente naufragato .
La rigenerazione degli studi giuridici si inseriva nel complesso dibattito del periodo rivoluzionario in tema di istruzione pubblica, e in
particolare in tema di università, cui parteciparono personalità di pri27
mo piano .
Nel sistema di istruzione delle scuole centrali, fissato normativamente con le due leggi del 7 ventoso III (25 febbraio 1795: Décret
portant établissement d’écoles centrales pour l’enseignement des sciences,
des lettres et des arts) e del 3 brumaio IV (25 ottobre 1795: Décret sur
tôse an XII, Imp. Nationale, ventôse an XII, Paris [1804], pp. 14-15; su questo scritto e sul suo autore cfr. diffusamente infra. Poco sopra si è accennato, per un confronto, al Piano per l’università pavese del 1771: andando al dibattito di quegli anni in
tema di riforma dell’università nella Lombardia austriaca, le espressioni usate coincidono con quelle che utilizzerà Sédillez. Per Kaunitz il sistema di attribuzione del grado dottorale “ridicolo, irreligioso, e apertamente elusorio del fine, a cui tende” portava alla “annosa prostituzione della Laurea, resa in tal modo venale”; BRAMBILLA, Il
“sistema letterario” di Milano, cit., p. 97.
26
«Nos anciennes Ecoles de Droit étaient tombées dans le plus grand discredit,
elles étaient devenues des institutions inutiles et illusoires, parcequ’il suffisait de
prendre une inscription par trimestre, d’assister à quelque leçon, et d’avoir de
l’argent pour obtenir les grades, parcequ’on était reçu après des épreuves si faciles
qu’elles ne méritaient plus le nom d’examens». G.-A. CHABOT DE L’ALLIER, Rapport
17
général sur les facultés de Droit, 1810, pp. 46-47; AN, F. , 2102. Su questo scritto
cfr. infra e R. FERRANTE, Dans l’ordre établi par le code civil, cit. Una tale visione della
situazione universitaria francese era ben chiara già da tempo; cfr. A.-J.-B. BOUCHER
D’ARGIS, Lettres … sur le droit romain del 1782 (p. 34 ss.: circa il modo di far lezione,
di verificare la preparazione degli studenti e di attribuire loro i titoli accademici l’aggettivo che ricorre maggiormente è ridicule; gli esami, in particolare, sono buffons).
27
Cfr. C. HIPPEAU, L’instruction publique en France pendant la Révolution. Discours et rapports de Mirabeau, Talleyrand-Pérogord, Condorcet, Lanthenas, Romme, Le
Peletier Saint-Fargeau, Calés, Lakanal, Daunou et Fourcroy, Paris, 1881; A. DURUY,
L’instruction publique en France pendant la Révolution, Hachette, Paris 1882; F. PONTEIL, Histoire de l’Enseignement en France. Les grandes étapes. 1789-1964, Paris, 1966,
p. 51 ss.; Instruction publique/éducation nationale, in A. SOBOUL, Dictionnaire historique de la Révolution française, Paris, 1989, pp. 575-581; C. PANCERA, La Rivoluzione
francese e l’istruzione per tutti. Dalla convocazione degli Stati Generali alla chiusura
della Costituente, Fasano di Puglia, 1984; M. ALBERTONE, Una scuola per la Rivoluzione. Condorcet e il dibattito sull’istruzione. 1792/1794, Napoli, 1979.
28
Codificazione e cultura giuridica
l’organisation de l’instruction publique) le tracce degli insegnamenti
28
giuridici sarebbero rimaste labilissime .
Trascorso qualche anno, con la fine del 1801 fu prima l’istituzione
dell’Académie de Législation e poi dell’Université de jurisprudence a costituire un passaggio importante verso l’avvio di un rinnovato insegnamento del diritto; d’altronde a queste iniziative private, destinate a
chiudersi per espressa previsione di legge una volta avviata definitivamente l’Université impériale e le sue écoles de droit, parteciparono personaggi che, come vedremo, avranno un ruolo importante nello sviluppo delle facoltà giuridiche dell’Università imperiale e in genere – a
diversi livelli – della cultura giuridica.
In particolare quanto all’Académie de Législation – e ai personaggi
ricordati in queste pagine – ricopriranno di volta in volta il ruolo di
presidente Portalis e il direttore dell’istruzione pubblica Fourcroy; tra
i docenti vi saranno Pigeau, Perreau (futuro ispettore generale delle
scuole di diritto), Grenier, Morand, Bernardi, Portiez de l’Oise, Lanjuinais, Dard; in vari ruoli all’interno del bureau d’administration, nel
consiglio di amministrazione, tra i “commissari” o semplicemente come membri residenti e non residenti è possibile individuare almeno il
ministro della giustizia (grand-juge dal 27 fruttidoro X) ClaudeAmbroise Regnier, il presidente del Corpo legislativo e futuro grandmaître (nel 1808) dell’Università imperiale Louis Fontanes e il consigliere di Stato (vicinissimo a Bonaparte) Michel Regnaud; poi Chabot
de l’Allier e Sédillez (futuri ispettori generali delle scuole di diritto), e
29
inoltre Azuni, Maleville, Merlin de Duai, Lassaulx .
28
J. BONNECASE, Qu’est-ce qu’une Faculté de Droit?, cit., pp. 81 ss.; cfr. J. GAUe
Les écoles historiques du droit en France et en Allemagne au XIX siècle, in
RHFD, 19, 1998, pp. 88-90. Quanto all’insegnamento del diritto nelle Ecoles centrales durante il periodo rivoluzionario, cfr. gli articoli di J. IMBERT (L’enseignement du
droit dans les Ecoles centrales sous la Révolution), J.-L. HALPÉRIN (Une enquête du ministère de l’Intérieur sous le Directoire sur les cours de législation dans les Ecoles centrales) e
J. BOUNIEAU (Un cours de législation en l’an IX. Les cahiers de Jean-Jacques Germain
Meaume, professeur à l’Ecole centrale de Saintes), in RHFD, 3, 1986, pp. 37-116, e
inoltre il repertorio bibliografico curato da C. CHÊNE (Les Facultés de droit françaises
e
du XVII siècle à la Révolution; ibid., pp. 199-242).
29
L’interesse per questa fase della cultura e dell’insegnamento giuridico fu avviato
innanzi tutto dall’ampio studio di H. HAYEM, La renaissance des études juridiques en
France sous le Consulat, in RHD, 29, 1905, pp. 96-122, 213-260, 378-412 (cfr. ID.,
Documents relatifs à la renaissance des etudes juridiques en France sous le Consulat, in Le
Code civil 1804-1904. Livre du centenaire, cit., II, pp. 1109-1123). Cfr. inoltre J.
BONNECASE, Qu’est-ce qu’une faculté de droit?, cit., pp. 95-98.; G. THUILLIER, Aux
DEMET,
Codificazione, scienza giuridica e università nella Francia napoleonica
29
L’attenzione per la legislazione positiva e per le esigenze della prassi, si intrecciava con quella per le prospettive di tipo storico-filosofico;
dunque accanto allo studio del diritto criminale, di quello commerciale, del diritto pubblico (e della procedura, e del notariato), erano affrontati anche il diritto romano, il diritto naturale e internazionale (e
l’economia politica, la medicina legale …). Si trattava di una prospettiva di studio ampia, legata alla visione didattica delle écoles centrales,
da dove provenivano alcuni docenti, e alle prospettive culturali illuministiche perpetuate dagli idéologues, alla cui corrente erano legati
alcuni membri dell’Académie presenti al Tribunato.
Da questo punto di vista le scuole di diritto imperiali appaiono ovviamente molto più vincolate alla nuova – e ineludibile – realtà normativa nel frattempo intervenuta, alla centralità della codificazione
civilistica e alla sua portata assolutizzante. Il passaggio dalla fase consolare a quella imperiale costituisce un drastico passaggio da una scuola di diritto libera nei piani di studio (in assenza di un corpo normativo di codici in campo privatistico) e non regolamentata legislativamente nella sua organizzazione, ad una struttura necessariamente condizionata dalla recentissima promulgazione del Code civil e precisamente disciplinata (ma anche istituzionalizzata, garantita ed articolata
amministrativamente) dalla legge.
L’università imperiale dispone infatti, per quanto riguarda gli studi
di diritto, di un supporto normativo fondamentale, ed è proprio quello che marcherà in modo deciso gli indirizzi della scienza giuridica. Si
tratta della Loi relative aux écoles de droit del 22 ventoso XII (13 marzo
1804) con la quale si è già provveduto a dare un’articolazione precisa
30
agli insegnamenti giuridici .
origines des l’Ecole libre des sciences politiques: l’Académie de législation en 1801-1805,
in La revue administrative, 223 (jan.-fev. 1985), pp. 23-31; ID., Académie de législation, in DN, pp. 28-29; ID., Un rapport du ministre de la Justice sur les Ecoles de droit
en 1801, in RHFD, 7, 1988, pp. 163-166; C. CHÊNE, La place des professionnels dans
e
e
la formation des juristes aux XVII et XVIII siècles, in RHFD, 2, 1985, pp. 60-62; J.J.
BIENVENUE, Quelques aspects de la doctrine juridique à l’Académie de législation, in
RHFD, 9, 1989, pp. 45-68; S. SOLIMANO, Verso il Code Napoléon, cit., p. 138 ss.
Quanto ai giuristi citati, rinvio alle indicazioni che ne dò in queste pagine e in Dans
l’ordre établi par le code civil, cit.
30
Cfr. Bulletin, X, p. 201. Le scuole di diritto sono previste in numero di dodici,
tra cui quella di Torino. In precedenza la Loi sur l’instruction publique del 11 floreale
X (1 maggio 1802, che stabiliva un’articolazione in scuole primarie, scuole secondarie, licei e scuole speciali, tra queste ultime sottolineava il particolare ruolo delle
scuole di diritto, prevedendone dieci di nuova istituzione con al massimo quattro
30
Codificazione e cultura giuridica
Il piano di studi è diviso in tre filoni di insegnamento. Il primo riguarda il diritto civile francese “nell’ordine stabilito dal Codice civile”,
che comprende anche lo studio di elementi di diritto naturale e delle
genti, e del diritto romano, ma considerato nei suoi rapporti col diritto
francese. Il secondo filone riguarda il diritto pubblico francese, e il diritto civile laddove abbia una ricaduta sulla organizzazione della pubblica
amministrazione. Il terzo riguarda diritto e procedura penale e proce31
dura civile .
Il corso di studi deve concludersi in tre anni, ma il grado di dottore si ottiene solo dopo un ulteriore anno di studio (art. 3). Per raggiungere questi obbiettivi – e sotto il controllo costante degli ispettori
delle scuole di diritto – lo studente deve sostenere un esame rispettivamente dopo il primo e dopo il secondo anno, e ritenuto sufficientemente preparato acquisirà il baccelierato; dopo il terzo anno gli esami da sostenere sono due, e in più è necessaria una discussione pubblica che riguardi tutte le materie di studio, e che comporterà il conseguimento della licenza; ottenuto questo titolo, e frequentato anche
il quarto anno, chi sosterrà altri due esami e un’altra discussione pubblica conseguirà infine il dottorato (artt. 9-11). Con il superamento
dell’esame relativo al corso annuale di legislazione criminale e procedura civile e criminale è invece possibile ottenere il «certificat de capa32
cité» (art. 12) .
I diplomi di licenza o dottorato conseguiti nella antiche università, tanto francesi quanto dei paesi riuniti alla Francia, avranno pieno
valore, salvo essere “vistati” dagli ispettori delle scuole di diritto,
come d’altra parte avviene ordinariamente anche per i diplomi e certificati rilasciati dalle nuove università; avranno ugualmente valore i
professori ognuna (artt. 24-25); Bulletin IX, p. 306. La precedente legge del 3 brumaio IV (25 ottobre 1795; Décret sur l’organisation de l’instruction publique, basata
sul sistema delle écoles centrales) non aveva invece previsto, tra le dieci écoles spéciales,
er
un corso di studi dedicati al diritto (Titolo III, art. 1). Cfr. A. AULARD, Napoléon I
et le monopole universitaire, cit., pp. 119-122; J. BONNECASE, Qu’est-ce qu’une Faculté
de droit?, cit., pp. 99-128; cfr. anche supra.
31
«1° le droit civil français, dans l’ordre établi par le Code civil, les élémens du droit
naturel et du droit des gens, et le droit romain dans ses rapports avec le droit français;
2° le droit public français, et le droit civil dans ses rapports avec l’administration publique; 3° la législation criminelle et la procedure civile et criminelle».
32
Analoga sarà la previsione del decreto del 4° complemantario XII (21 settembre 1804), che però specificherà meglio le modalità secondo cui va dimostrata la frequenza e sostenuti gli esami (artt. 28, e 33 ss.); cfr. infra.