Le origini - Comune di Scanno
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Le origini - Comune di Scanno
Il costume muliebre di Scanno il nostro simbolo......... la nostra storia Le origini Lo studioso di storia locale, Alfonso Colarossi-Mancini, sostiene che la gente di Scanno è di derivazione orientale e della stessa derivazione dovrebbe essere anche il costume delle donne. Questa tesi è sostenuta dalle ricerche di molti altri studiosi e da alcune consuetudini delle donne, come quella di coprire il volto con una fascia di cotone (“ju abbruvudature”), lasciando scoperti solo gli occhi e la fronte, in segno di lutto, la cura e la riverenza (tipicamente orientale) nell’accudire e servire i loro uomini, il seguire il marito per strada rimanendo due o tre passi dietro, proprio come accadeva tra musulmani, l’accovacciarsi sul pavimento, con le gambe incrociate quando sono in chiesa. In netto contrasto con questa tesi sono gli studi di Notarmuzi che sostengono la provenienza longobarda del costume. Ma nel corso dei secoli le contrade dell’Abruzzo sono state invase e influenzate da tanti popoli: Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Longobardi, Svevi, Angioini, Aragonesi, Asburgo, Piemontesi che hanno lasciato tracce più o meno profonde a seconda della durata della loro permanenza. E’ difficile perciò stabilire con certezza l’origine del costume muliebre di Scanno che sta a testimoniare, dopo secoli, un trascorso storico che ancora attende di essere svelato. Il costume muliebre di Scanno nel tempo I più antichi documenti che ci informano sulla foggia dell’abbigliamento delle donne scannesi sono costituiti da alcuni corredi dotali dei secoli XVI e XVIII nei quali è descritto con minuzia ciò che la sposa portava al marito e, nel lungo elenco degli oggetti e dei capi di vestiario, si leggono, coloriti dal pittoresco dialetto dell’epoca, anche le varie parti del costume. - Nel 1618 Santella di Nicolò Campanelli porta in dote: “cinque gonnelle, una adobata da Saija con aste di Saijo addobbate di Velluto, un'altra con giglio adobbata di saija et aste di stametto verde con zulle d’argento n. 31. Un’altra adobata di rascia verde con aste di velluto, un’altra adobata di rascia verde con aste torchine tutte con le fascie da piede. Sei para di calsoli quattro mescoliati, et dui torchini sei mantere dui tenici, et altre schiette undici camiscie sopra Canistro tutte lavorate Una impa di seta, quattro panni da Capo, cinque para di Rizzole dui di seta, et tre mestieri uno cinto Uno violetto Una mantile da capo et dui lappole uno fasciaturo lieve.” - Nel tardo 600 l’abbigliamento femminile è ancora pesante, dominato da tessuti rigidi come i broccati e da busti stretti a forma di giustacuore che rendono la figura eretta, ma solenne. - Il 700 non influenza il vestito femminile scannese se non nel probabile accorciamento della gonna che mette in vista “calzette” e scarpine. Gli atti dotali di questo periodo attestano sostanzialmente la continuità di questo costume. Nel 1792 Michele Torcia ci dà una descrizione significativa della “Foggia di vestire delle donne di Scanno” “La gonnella di panno è di tinta immarcescibile paesana, a segno che neppur l’orina del gatto la stinge: è poi tagliata a guisa di toga o stola sino ai talloni, lavorata colle proprie mani. Viene ornata nel lembo da varie fasce poste una sopra l’altra di scarlatto, o vellutino in seta di color diverso da quello della toga.” 2 Il poemetto “Zu matrimonio a z’uso” di Romualdo Parente, edito nel 1764, costituisce un prezioso documento per gli studiosi del costume femminile scannese. In particolare, nella quarta strofa che descrive la figura di Mariella intenta ad abbigliarsi nel giorno delle nozze, fanno la loro prima apparizione i “lacci” che ancora oggi caratterizzano l’acconciatura dei capelli. Era ntra lume e lustre a zu giardeini, Cumparaiva la stella nauriente; La zieta cu zu lacci maranceini Ci rifecì le trecce risplendente, Ci lavette za faccia a zu cateine E ci faicì chinda d’ariente, Ci mettette la gonna ncu zi viulitti Ci facietti nu biezzi cappillitti. Questa ed altre testimonianze autorevoli dimostrano l’uso dei lacci nel giorno del matrimonio, mentre giornalmente e nel costume domenicale i capelli venivano raccolti in reticelle (rezzole) sopra le quali veniva indossato un panno che fasciava il capo e che costituiva un vero e proprio turbante. Il secolo in cui il costume subì sensibili trasformazioni è l’800, durante il quale i cordoni entrano a far parte dell’abbigliamento quotidiano e il copricapo (cappellitto) si trasforma gradualmente fino ad assumere la forma attuale. Nel 1843 Edward Lear, un viaggiatore inglese, trova che le donne di Scanno vestano in modo alquanto diverso dalla foggia descritta in passato, quando l’abito era di “stoffa scarlatta, riccamente ornata di velluto verde, trine d’oro e altro (……)” C’è il passaggio dal costume pieno di colore (che variava a seconda della casta a cui la donna apparteneva) a quello a tinta nera o scura. ...da così! L'abito rosso antico (ora al Museo delle Genti d'Abruzzo) emblematicamente fronteggia la foggia scura ottocentesca ....a così! La foggia ottocentesca (gonna plissata verde scuro e blusa blu-nera con mantera e cappellitto, nella foto a destra) non è più indossata funzionalmente a Scanno da molto tempo, se non in occasioni di circostanza. Lo storico scannese Giuseppe Tanturri in “Monografia di Scanno” del 1852 fa una descrizione minuziosa del costume muliebre che ancora oggi, con orgoglio immutato, indossano molte donne anziane.