INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
Questa tesi indaga il paesaggio sonoro, un campo di studio
fatto di suoni e non di oggetti visivi, suoni che vanno al di là
della percezione dell’orecchio. Un campo in cui si può isolare una ricerca acustica, analizzare e sperimentare. Questa tesi indaga due particolari ambienti sonori legati tra loro:
paesaggio sonoro industriale e paesaggio sonoro domestico, con l’obiettivo di restituire alla percezione suoni ovattati dalla frenesia quotidiana. Analisi di due aspetti in un contesto tecnologico, uno di produzione e l’altro di fruizione.
La prima parte introduce la storia del paesaggio sonoro di R.
Murray Schafer: il cambiamento della percezione del suono in
base al diverso contesto sociale; quindi dalle origini all’uomo
moderno in cui l’aumento dei suoni e della loro potenza conseguono nell’inquinamento, altro aspetto interessante di oggi. Per
comprendere il paesaggio sonoro contemporaneo bisogna prima conoscere quello passato e i suoi cambiamenti. Un excursus,
quindi, che parte dai suoni che circondano l’uomo in origine fino
alla rivoluzione industriale e poi elettrica. Nuovi suoni e rumori
entrano nel paesaggio sonoro del XX secolo con esiti negativi
non solo a livello sociale ma anche fisico; difatti gli studi su un
paesaggio sonoro s’intrecciano sempre di più a studi scientifici.
Oltre alla storia e ai cambiamenti del paesaggio sonoro, oltre all’analisi di quest’ultimo inserendo parti relative alla
notazione, classificazione, percezione, morfologia, simboli1
smo, rumore e silenzio, la seconda parte della tesi dà spazio alla sperimentazione. Sperimentazione che si apre con la
documentazione di artisti contemporanei che hanno usato
suoni industriali ed elettronici, per creare musica: Einsturzende Neubauten e Alva Noto, artisti del XXI secolo che descrivono tramite la musica “l’Era industriale ed elettronica”.
Continua con un’introduzione alla mappa sonora, realizzata poi virtualmente. Mappa sonora che accoglie entrambi ambienti acustici e ne restituisce i suoni, non altro che un
viaggio all’interno di due luoghi tridimensionali (3D), in cui i
suoni prodotti fanno parte, ormai, della quotidianità dell’uomo contemporaneo. Lo scopo è di rieducare l’orecchio per
ascoltare maggiormente i suoni che ci circondano, potendo così decidere quali di questi sono fastidiosi o piacevoli.
Questa parte sperimentale comprende anche delle registrazioni audio di macchinari industriali ed elettrodomestici, essenziali per la mappa sonora. Tali registrazioni sono trascritte in
un diario di bordo che ne documenta la tipologia di registrazione, l’acustica, ecc.. La tesi inoltre propone anche un questionario, spartito a persone di diversa età, professione,
sesso e domicilio. Una statistica in grado di quantificare il livello di fastidio o interesse per i suoni industriali e domestici.
Un’indagine che cerca di capire “qual è il rapporto dell’uomo con
i suoni del proprio ambiente e cosa accade quando cambiano”.
2
PAESAGGIO SONORO
1.1 IL PAESAGGIO SONORO
Un paesaggio sonoro è un qualsiasi campo di studio acustico,
può essere un programma radio, una composizione musicale
o un ambiente acustico. Si può studiare o isolare un campo
di ricerca acustica così come un paesaggio. Un paesaggio
sonoro è fatto di eventi uditi e non di oggetti visivi, quindi la
notazione e la fotografia sonora vanno al di là della percezione
dell’orecchio.
L’uomo vive in un paesaggio sonoro che è il mondo,
naturalmente l’uomo moderno vive in un paesaggio sonoro
diverso da ogni altro che l’ha preceduto. Suoni e rumori nuovi
sono di qualità e intensità diversa rispetto a quelli passati.
La diffusione indiscriminata e imperialistica di suoni sempre
maggiori e sempre più potenti termina nell’inquinamento
acustico che oggi rappresenta un problema mondiale. Secondo
molti esperti se questo problema non verrà preso in esame si
arriverà ad una sordità universale.
In molti paesi, infatti, sono state già avviate una serie di ricerche
attinenti allo studio del suono: acustica, psicoacustica, otologia,
limitazione del rumore a livello internazionale, tecniche di
registrazione e comunicazione. Ciascuna di queste ricerche
rappresenta un aspetto del paesaggio sonoro del mondo e tutte
sono legate dall’esigenza di dare una risposta alla domanda:
qual è il rapporto tra l’uomo e i suoni del suo ambiente e cosa
3
accade quando questi cambiano? D’altra parte gli studi del
paesaggio sonoro tentano di unificare queste ricerche.
Si ha un inquinamento sonoro quando l’uomo arriva a non
ascoltare più con attenzione i suoni, imparando così ad ignorare
quei suoni che sono i rumori.
“ Per combattere l’inquinamento sonoro gli si contrappone
oggi la riduzione del rumore. Ma si tratta di uno approccio
meramente negativo” questo è quanto afferma R.Murray
Schafer, “Dobbiamo invece far sì che gli studi sull’acustica
ambientale abbiano un significato, un valore positivo. Quali sono
i suoni che desideriamo conservare, privilegiare, moltiplicare?
Quando lo sapremo, saremo in grado di riconoscere con
sufficiente chiarezza i suoni fastidiosi o nocivi, e sapremmo
anche perché dovremmo eliminarli. Solo una complessiva
rivalutazione dell’ambiente acustico può permettere di
migliorare l’orchestrazione del paesaggio sonoro del mondo.
Per anni ho lottato perché nelle scuole si tenessero dei corsi di
pulizie dell’orecchio e perché nelle fabbriche venissero eliminati
gli autodiometri.[…]”.
Gli studi sul paesaggio sonoro incontrano la ricerca scientifica,
le scienze sociali e la produzione artistica: l’acustica e la
psicoacustica studiano le proprietà fisiche del suono e come
esso viene interpretato dal nostro cervello. Le scienze sociali
analizzano come l’uomo si comporta nei confronti del suono
e come il suono influenza e modifica i suoi comportamenti.
Le arti, in particolar modo la musica include la capacità
4
creativa dell’uomo, di creare dei paesaggi sonori ideali volti
all’immaginazione, al mondo psichico. Tutte queste discipline
gettano le basi per un nuovo campo di ricerca e studi: il design
acustico.
Analizzando un paesaggio sonoro è necessario prima di tutto
scoprirne le caratteristiche significative: i suoni importanti per
la loro individualità, la loro quantità e presenza dominante.
Un paesaggio sonoro può essere suddiviso in tre principali
categorie: toniche, segnali e impronte sonore.
Tonica: termine musicale, è la nota che identifica la chiave o la
tonalità di una particolare composizione. E’ in relazione a questa
nota che ogni altro momento della composizione ha un proprio
significato, anche quando il materiale ruota intorno ad essa,
mascherandone l’importanza. Inoltre le toniche non vengono
percepite in modo cosciente perché esse sono “sovrascoltate”.
Tuttavia non devono essere trascurate perché questi suoni,
sebbene la loro caratteristica, diventano delle abitudini di
ascolto. La tonica di un paesaggio sonoro è costituita dai suoni
naturali, da suoni creati dalla sua geografia e dal suo clima:
acqua, vento, foreste, pianure, uccelli, insetti, animali ecc.
Questi suoni possiedono un valore archetipo, ovvero possono
essersi impressi così profondamente nell’animo dell’uomo, che
una vita senza questi suoni potrebbe essere percepita come un
impoverimento.
Segnali: suoni in primo piano ascoltati coscientemente.
Qualunque suono che può essere ascoltato coscientemente
5
può diventare segnale o figura. I suoni-segnali sono spesso
organizzati in codici molto elaborati che permettono la
trasmissione di messaggi articolati per coloro che sono in grado
di interpretarli.
Impronta sonora: indica un suono comunitario che ha
caratteristiche di unicità o qualità da fargli attribuire da parte
di una comunità un valore e considerazioni particolari. Una
volta individuata l’impronta sonora, deve essere proiettata
perché la sua esistenza dà un carattere di unicità alla vita di una
comunità1.
1.2 IL PAESAGGIO SONORO NATURALE
“Quale suono venne udito per primo? La carezza delle acque.”
I miti greci narrano come l’uomo sia uscito dall’acqua:
“Certuni dicono che tutti gli dèi e tutte le creature viventi
nacquero dal fiume Oceano che scorre attorno al mondo, e che
Teti fu madre di tutti i suoi figli.”2
“L’utero della madre, con il suo liquido amniotico, riproduce
l’Oceano dei nostri antenati, ed è a questo simile dal punto di
vista chimico. L’Oceano e la Madre. Nell’oscuro liquido oceanico
il primo orecchio sonar venne colpito e impressionato dalle
masse d’acqua senza riposo. A questo sciabordio, al mormorio
prodotto dall’andirivieni continuo dell’acqua è accordato
1 R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim, 1985-1998.
2 R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim, 1985-1998.
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l’orecchio del feto, nel suo rigirarsi all’interno del proprio
liquido amniotico. E prima ancora del frangersi delle onde fu
la risonanza delle profondità sottomarine. Ma ben presto poco
alla volta, le acque presero ad agitarsi e il loro movimento
infastidiva i grandi pesci e le creature scoperte di squame, le
onde cominciarono ad arrotolarsi creando doppi frangenti, e
gli esseri che dimoravano nelle acque furono presi da paura e,
mentre tutti insieme i frangenti scorrevano impetuosamente,
il muggito dell’oceano crebbe di intensità, e gli spruzzi
s’infransero con furia, e si alzarono ghirlande di spuma, e il
grande oceano si spalancò rivelando le proprie profondità e le
acque si precipitarono per ogni parte mentre le creste furiose
delle onde cozzavano le une contro le altre in ogni direzione.”
“l’uomo saggio ama l’acqua”, disse Laotse.
Tutte le strade dell’uomo conducono all’acqua, di fatti è un
elemento fondamentale del paesaggio sonoro delle origini; il
suono dell’acqua con le sue innumerevoli trasformazioni dà
all’uomo il godimento più grande che un suono possa dare.
Ogni goccia rimbalza e tintinna con un’altezza diversa, ogni
onda filtra a proprio modo una riserva inesauribile di rumore
bianco; alcuni suoni sono discreti, altri continui, nel mare
tutti vengono fusi in unità primordiale. I ritmi del mare sono
molteplici: infrabiologici - l’acqua cambia altezza e timbro più
rapidamente di quanto la capacità di risoluzione dell’orecchio
riesce a catturarne i mutamenti; biologici: il ritmo delle onde
è quello del cuore e della respirazione e il ritmo delle maree
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è quello del giorno e della notte; iperbiologici: la presenza
infinita e inestinguibile dell’acqua.
Un torrente di montagna è un accordo di molte note che si
diffonde in stereofonia; ogni torrente, ogni fiume del mondo
comunica con il proprio linguaggio. In Svizzera il risonare
dell’acqua può essere udito a distanza nelle valli silenziose.
Nelle montagne rocciose quando l’acqua precipita in una
cascata di cento metri, vi è una quiete carica di tensione, simile
alla paura. Nelle lande inglesi le modulazioni dell’acqua sono
sottili.
Non esistono due gocce d’acqua con lo stesso suono così come il
suono della neve è differente se in Italia o in Siberia, è differente
il suono dell’inverno rispetto al suono della primavera di uno
stesso luogo. Ogni luogo, ogni centimetro della terra è diverso
dall’altro ed unico e il suono ne rappresenta una peculiarità.
Anche il vento come il mare produce un’infinità di variazioni
vocali ed entrambi generano suoni a banda larga e nella vasta
gamma delle loro frequenze sembra di percepire altri suoni.
Questa capacità del vento di trarre in inganno si ritrova nella
tempestosa descrizione di Victor Hugo.3
In aperta prateria, priva di alberi, quest’ultima è un enorme arpa
eolia, che vibra incessante; invece nelle campagne inglesi, più
riparate, il vento fa vibrare le foglie secondo tonalità differenti.
Ogni tipo di foresta produce una propria tonica caratteristica.
Per esempio le foreste sempreverdi giunte alla fase adulta
3 Thorkell SigurbjÖrnsson, comunicazione personale.
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formano delle oscure navate, in cui i suoni si riverberano e
questo spinse i popoli nordeuropei, ad aumentare questi
effetti di riverberazioni nella costruzione di cattedrali gotiche.
Con l’arrivo dei primi coloni nelle foreste, spinti dal desiderio
di spazio e luce, si aggiunse un’altra tonica: il rumore legato
al commercio del legname. Prima fu l’ascia, il cui rumore non
riusciva a oltrepassare la sempre più estesa area disboscata,
poi ci fu la sega a mano, fino ad oggi che nelle meno estese
foreste si percepisce il ringhiare della sega a catena.
Ciascun paesaggio sonoro ha toni propri, spesso così originali
da trasformarsi in impronte sonore.
“La più impressionante impronta sonora” dice R. Murray Schafer
“l’ho ascoltata a Tkitere, Rotorua, in Nuova Zelanda: vaste
solfatare in ebollizione, che si estendevano su una superficie
di parecchi acri, erano accompagnati da strani brontolii e
gorgoglii sotterranei. Un’ulcerazione pustolosa sulla pelle della
terra, da cui pori traboccano infernali effetti sonori.”4
Anche i vulcani dell’Islanda producono questi stessi effetti, ma
man mano che si ci allontana questi effetti si modificano.
“ Al bordo del cratere, i rumori sono come di tuono o di
esplosione, nelle vicinanze del cratere si può sentire il terreno
scuotersi. I fatali muri di lava, alti 2-3 metri, continuano ad
4 T.HARDY, Tess dei D’Urbeville, Einaudi, Torino 1970.
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avanzare, uccidendo ogni cosa sulla loro strada. Avanzano
quasi in silenzio, ma non del tutto:
“se si ascolta con attenzione, si sentono gli schiocchi delicati e
fragili della costa, suoni secchi, come di vetro che si spezzi, un pò
ovunque attorno, per parecchie miglia. Quando la lava incontra
la terra umida, anche un sibilo per certi versi soffocante. Tolto
questo, tutto è silenzio”. 5
Il rumore più percepito nella terra fu l’esplosione del vulcano
Karakatoa, in Indonesia, il 26 e 27 agosto 1883. I suoni
dell’esplosione furono uditi fino all’isola Rodriguez, distante
circa 4500 km.
L’area in cui vennero percepiti i rumori corrisponde circa 1/13
dell’intera superficie del pianeta.
1.3 LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La rivoluzione industriale iniziata in Inghilterra negli
anni compresi tra il 1760 e 1840 circa, condusse alla
comparsa
del paesaggio sonoro lo-fi. Il paesaggio
sonoro lo-fi nasce dalla congestione dei suoni. Con la
rivoluzione industriale si introdussero moltissimi suoni
nuovi che ebbero effetti disastrosi per alcuni suoni
dell’uomo e della natura, finendo per essere coperti.
5 ZOLA, Germinale, Mondadori, Milano, 1970.
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Questo sviluppo vide una seconda fase con la rivoluzione
elettrica che introdusse a sua volta meccanismi ed effetti
in grado di impacchettare il suono e di trasmetterlo
schizofonicamente attraverso il tempo e lo spazio.
Nel mondo oggi vi è una sovrabbondanza di suoni: vi è eccessiva
informazione acustica, difatti solo una piccola parte di questa
può essere percepita con chiarezza. A livelli più degradanti del
paesaggio sonoro lo-fi il rapporto segnale/rumore è uguale a
uno, quindi non è più possibile, qualunque sia il messaggio,
sapere che cosa si stia ascoltando. La prima industria a
meccanizzarsi fu quella tessile, seguita poi rapidamente da
altre industrie, cambiando il paesaggio sonoro con la comparsa
di nuovi materiali e di nuove fonti energetiche. Tali invenzioni
condussero ad una serie di trasformazioni sociali; i contadini
vennero privati dei loro possedimenti feudali e costretti a
lavorare nelle fabbriche della città; poi con le macchine a
vapore e l’illuminazione a gas, le fabbriche poterono lavorare
anche di notte e quindi la giornata lavorativa raggiunse e
superò le sedici ore con una sola ora di intervallo per il pasto.
“ Un rapido spuntino fu consumato in piedi, senza lasciare i loro
posti e dopo, un altro paio d’ore li avvicinò al pranzo; intanto
le ruote inesorabili continuavano a girare e il penetrante
ronzio della trebbiatrice faceva vibrare fin dentro alle midolla
tutti coloro che si trovavano vicini alla gabbia rotante di rete
metallica.”6
6 R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim, 1985-1998.
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I suoni della tecnologia si diffusero in tutta Europa nell’arco di
molti anni e le testimonianze (scrittori) rivelano anche in che
modo questi suoni finirono per essere considerati inevitabili.
Le città francesi furono le prime ad essere invase dai nuovi
ritmi e dai rumori delle nuove macchine, infatti nel 1864 le
città francesi erano ormai piene di fabbriche.
All’inizio del XX sec. L’orecchio del cittadino accetta con facilità
i suoni della tecnologia, suoni che ormai si sono armonizzati
con i suoni della natura.
Le vibrazioni costanti delle macchine hanno un effetto
tossico, anestetizzante sull’uomo; i rumori della moderna
città industriale avevano preso il sopravvento sui suoni della
natura. Luigi Russolo, fu il primo futurista a sottolineare nel
suo manifesto L’Arte dei rumori, scritto alla vigilia della prima
guerra mondiale, “che la nuova sensibilità dell’uomo si basa
ormai sulla sua fame di rumore e che questa sensibilità
avrebbe potuto trovare il suo più superbo e grandioso mezzo
d’espressione nella guerra meccanizzata.”
Malgrado il notevole incremento di rumori provocato dalle
nuove macchine che costituirono il cambiamento del paesaggio
sonoro nel corso dei secoli XVIII e XIX, difficilmente si trova
opposizione a questi rumori. In Inghilterra vi fu il primo testo
critico sulla condizione degli operai nelle fabbriche, stilato nel
1832 dalla Commissione Sadler. Questo documento è pieno
di descrizione delle spaventose e degradanti condizioni degli
operai, ma il rumore non è indicato come uno dei fattori che
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contribuisce alla degradazione di tali ambienti. Soltanto una
volta si trova un riferimento riguardante il rumore “ossessivo”
dei macchinari; e quando un rumore viene notato e riportato in
questo documento si riferiva alle urla degli operai che vengono
picchiati.
Criticarono il rumore delle macchine, gli scrittori Dickens e
Zola.
Dickens, Tempi difficili 1854:
“Stefano tornò a chinarsi sul suo telaio, quieto, attento e
assiduo: perfetto contrasto, come ognuno degli uomini che era
nella foresta di telai dove lavorava Stefano, con la roboante,
fracassante, turbinante parte del meccanismo a cui era adibito.”
Zola, Germinale 1885.
“… aveva adocchiato i rubinetti di scarico. I getti di vapore
eruppero con la violenza di cannonate; in un fragore di tempesta
le cinque caldaie si vuotarono, fischiando da far sanguinare le
orecchie.”
Passeranno cento anni prima che siano stabiliti dei criteri
di controllo della rumorosità, nell’ambito dei programmi di
prevenzione sanitaria all’interno delle fabbriche. Fin dal 1831
si era a conoscenza che il rumore potesse recar danni all’udito,
dopo lo studio di John Fosbroke sulla sordità dei fabbri. Ma si
trattò di uno studio isolato fino a quando nel 1890 Barr, dopo
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aver esaminato cento opererai di una fabbrica produttrice
di caldaie, scoprì che nessuno di loro possedeva un normale
livello di udito.
Il battere le lastre d’acciaio produceva un rumore intenso,
che provocava danni all’udito, caratterizzati dall’incapacità di
percepire le alte frequenze. Difatti l’espressione “morbo del
calderaio” finì per essere utilizzato per indicare qualsiasi tipo
di diminuzione dell’udito legata alla lavorazione industriale,
e solamente attorno al 1970, ci si cominciò a occupare della
sua prevenzione. Inoltre nelle prime fasi di lavorazione
industriale questa incapacità di riconoscere la presenza del
rumore, rappresenta uno dei fattori che contribuiscono a
moltiplicare gli effetti dannosi nei nuovi ambienti di lavoro.
Questo fattore in parte è dovuto all’impossibilità di poter
misurare quantitativamente il suono. Un suono può essere
percepito come troppo intenso o doloroso, ma fino a quando
Lord Rayleigh non costruì il primo strumento che permettesse
di misurare con precisione l’intensità acustica nel 1882 e l’uso
dei decibel come misurazione; diventerà standard nel 1928.
Fina dall’antichità i rumori intensi ispirano paura e rispetto
e appaiono espressione del potere divino; questo potere è
passato dai suoni naturali: fulmini, eruzioni e tempeste, ai
rumori più industriali. Difatti con la rivoluzione industriale
erano gli industriali a detenere il potere. Qualora sarà garantita
l’immunità a un rumore, là, si troverà un centro di potere.
Intensità in decibel di alcuni rumori prodotti da macchine
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moderne:
Macchina a vapore
Macchina da stampa
Generatore elettrico Diesel
Macchina ribaditrice
Tranciatrice per segherie
Rettificatrice
Piallatrice
Sega a metallo
Complesso rock
Fabbriche di caldaie - martello pneumatico
Aereo a reazione, al decollo
Lancio missilistico
85 dBA
87 dBA
96 dBA
101 dBA
105 dBA
106 dBA
108 dBA
110 dBA
115 dBA
118 dBA
120 dBA
160 dBA
La rivoluzione industriale portò a un’altra conseguenza: la
comparsa della linea retta nel paesaggio sonoro. Quando si
visualizzano i suoni attraverso un sistema grafico collegato a
un apparecchio di registrazione, diventa possibile analizzarli
attraverso il loro “profilo”. Le principali caratteristiche di questo
profilo sonoro sono: attacco, corpo, transienti (mutamenti
interni), caduta. Quando il corpo di un suono si prolunga nel
tempo ed è privo di modificazioni, la sua riproduzione grafica
corrisponde a una linea retta orizzontale.
In acustica la linea retta continua è artificiale; infatti è raro
trovarla in natura.
Oggi la maggior parte dei suoni sono continui e questo fenomeno
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acustico, creato dalla rivoluzione industriale é ulteriormente
incrementato dalla rivoluzione elettrica, che ci costringe oggi
a dei rumori di fondo permanenti, ci avvolge in fasce di rumore
a larga banda, privi di personalità e di dinamica.
Così come la prospettiva è assente nel paesaggio sonoro lofi (tutto è simultaneamente presente), in una linea retta in
acustica è assente la durata; si tratta di un fenomeno sovra
biologico. I suoni naturali, invece vivono di una propria esistenza
biologica. Nascono, si sviluppano, muoiono; al contrario un
generatore elettrico o un condizionatore d’aria non muoiono
mai, vivono di trapianti e vivono in eterno.
1.4 LA RIVOLUZIONE ELETTRICA
La rivoluzione elettrica accentua per molti aspetti temi già
presenti nella rivoluzione industriale, aggiungendovi alcuni
effetti inediti.
L’avvento dell’elettricità favorì l’uniformazione globale della
velocità di trasmissione della stessa su frequenze cardine di 25
e 40 cicli al secondo, e in seguito di 50 e 60 cicli. In oltre apportò
la moltiplicazione delle fonti sonore e aumentò le potenzialità
della loro diffusione grazie all’amplificazione.
Vennero introdotti due nuovi concetti: la conservazione e
l’accumulazione del suono e la dissociazione dei suoni dal loro
contesto originale, che R. Murray Schafer definisce schizofonia.
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La trasmissione elettroacustica e la riproduzione del suono
rappresentano senza ombra di dubbio una grande fonte di
benefici per l’umanità, senza che questo possa mascherare
il fatto che la progettazione del primo impianto hi-fi coincise
esattamente con il momento in cui il paesaggio sonoro
mondiale scivolava in una condizione di bassa fedeltà.
Le tre tecniche acustiche più sconvolgenti della rivoluzione
elettrica furono il telefono, il fonografo e la radio. Con il
telefono e la radio il suono non era più legato alla sua origine
nello spazio, e con il fonografo perdeva la sua origine nel
tempo. La stupefacente eliminazione di queste restrizioni ha
dato all’uomo moderno un potere nuovo ed eccitante, che la
tecnologia ha cercato sempre di rafforzare.
Nello studio del paesaggio sonoro è importante soffermarsi in
analisi sui mutamenti e della percezione e di comportamento,
come è avvenuto con il primo di questi strumenti ad essere
stato introdotto in modo invasivo nella vita quotidiana: il
telefono.
Ad attestare il grande passo compiuto dall’uomo con le
tecnologie della rivoluzione elettrica sono i numerosi
riferimenti a miti e leggende di ere in cui l’uomo era ben
lungi dal materializzare questi prodigi, per esempio presso i
babilonesi si parla dell’esistenza presso uno degli zigurrat di
una stanza costruita in modo tale che un sussurro vi rimanesse
per sempre. Una stanza simile esiste tutt’oggi presso il palazzo
di Ali Quapu, ad Isfhahan, anche se le condizioni precarie del
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sito impediscono di carpirne il funzionamento. Probabilmente
pavimento e pareti opportunamente levigate conferivano
ai suoni un riverbero di lunghezza stranamente prolungata.
Ancora un’antica leggenda cinese narra di un re che possedeva
una scatola nera segreta dentro la quale dettava i suoi ordini,
inviati ai suoi subordinati per tutto il regno.
Il desiderio di dislocare i suoni nello spazio e nel tempo non
rappresenta quindi un fatto nuovo nella storia, per cui le
recenti tecnologie non fanno altro che realizzare aspirazioni
maturate nel corso della storia trascorsa. Da un punto di vista
pratico questo desiderio ha portato alla ricerca e proposizione
di un paesaggio sonoro virtuale, più ampio e diverso da quello
naturale.
Con la possibilità della conservazione e riproduzione del
suono, esso stesso diventa un mezzo portatile e individuale e
di conseguenza uno strumento di potere. Il suono diventa così
anche uno strumento imperialista delle nazioni post industriali,
con il supporto dei gadget hi-fi come gli altoparlanti.
A proposito di quest’ultimi scriveva Adolf Hitler: “non avremmo
mai conquistato la Germania senza altoparlanti”.
Il risultato dei diversi gadget hi-fi è l’introduzione di un
paesaggio sonoro sintetico, in cui i suoni naturali tendono
a snaturarsi, mentre i segnali operativi che dirigono la vita
moderna finiscono con l’essere il suono sostitutivo prodotto
dalle macchine. Con la diffusione delle stazioni radiofoniche
e l’entrata in commercio a prezzi popolari di “kit hi-fi”, il
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paesaggio sonoro urbano ha drasticamente mutato la sua
forma: se prima la città fondava i suoi ritmi sul suonare delle
campane della parrocchia , con l’affermazione del palinsesto
radiofonico, li basa sulla sua emittente locale.7 Il nuovo
paesaggio sonoro costituitosi si rivelò un elemento disgregante
per la vita pubblica, manifestandosi come un muro sonoro,
che rinchiudeva l’individuo entro il proprio nucleo familiare al
sicuro dai pericoli del mondo esterno, ormai solcato da mezzi
a motore e stabilimenti produttivi.
La radio quindi fa si che la musica perda la qualità riflessiva della
sua fruizione e acquisti significanza in termini di analgesico.
Si parla in fatti di audio analgesia quando la musica viene
utilizzata ai fini di alleviare l’attesa, distogliere il pensiero,
deconcentrarsi o scaricare lo stress della frenesia quotidiana.
Questi scopi sono l’obbiettivo della cosiddetta musica
di sottofondo, che trova applicazioni in industrie, dove
statisticamente l’ascolto di un audio durante il turno lavorativo,
dà una sensazione di maggiore progressione temporale (effetto
analgesico), oppure nei supermercati per rendere più sereno e
rilassante il momento di scelta e acquisto del prodotto, e così
via..
Dunque di conseguenza alla diffusione della radio in certi casi
il suono assume la funzione di maschera, oltre che di muro,
perché cela il paesaggio sonoro reale altrimenti di ostacolo al
perseguimento di determinati obiettivi. Un altro caso in cui si
7 R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim, 1985-1998.
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parla di mascheramento è quello che riguarda alcuni ingegneri
acustici, i quali sfruttano il sibilo del condizionatore d’aria o il
ronfare della caldaia per coprire altri suoni fastidiosi e, quando
quelli, da soli, non sono sufficientemente intensi, li rafforzano
ricorrendo all’istallazione di generatori di rumore bianco. Il
progetto che una delle più importanti società americane di
ingegneria acustica ha indirizzato al direttore di un dipartimento
musicale, ci rivela come, se da un lato la musica può essere
usata per mascherare il rumore, dall’altro anche il rumore può
essere usato per mascherare la musica. Nel progetto troviamo
infatti questo consiglio: “Biblioteca Musicale: occorrerà
introdurre una quantità di rumore meccanizzato sufficiente a
coprire quello prodotto dal voltare le pagine e dal movimento
dei piedi.”
La maschera nasconde il volto. Le mura sonore (tramite
diffusione elettrica) nascondono sotto la finzione il paesaggio
sonoro autentico.8
8 R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim, 1985-1998.
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ANALISI
DEL PAESAGGIO SONORO
2.1 NOTAZIONE
La notazione è una metodologia utilizzata per trascrivere
gli eventi acustici tramite segni grafici, ed ha una rilevante
importanza per quanto riguarda la conservazione e l’analisi del
suono.
Esistono tre sistemi grafici di notazione:
- il sistema acustico, in cui le proprietà meccaniche dei suoni
possono venire trascritte con precisione su carta o su uno
schermo;
- il sistema fonetico, che proietta e analizza il linguaggio umano;
- la notazione musicale, che permette la trascrizione di quei
determinati suoni che possiedano un carattere “musicale”.
Il sistema acustico e il sistema fonetico sono di natura
descrittiva, in quanto rappresentano suoni già esistenti,
mentre la notazione musicale fornisce informazioni su suoni
generalmente ancora da produrre.
La rappresentazione grafica del suono affonda le sue radici
già negli ideogrammi o nei geroglifici i quali a differenza del
linguaggio fonetico, che rappresenta i suoni delle parole,
rappresentavano delle cose o degli avvenimenti.
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La notazione in musica, rappresenta quindi il primo tentativo
di fissare dei suoni diversi da quelli della parola, sistema
perfezionato a partire dal Medioevo fino al XIX secolo.
Dalla scrittura la notazione ha ereditato la convenzione di
indicare il tempo con un movimento da sinistra verso destra,
introducendovi la dimensione verticale per indicare la
frequenza e l’altezza.
“Gli sviluppi della notazione di carattere descrittivo in acustica
e fonetica sono molto più recenti e li si può considerare nati nel
XX secolo. Per poter avere un’esatta descrizione fisica dei suoni
nello spazio occorreva avere una tecnologia capace di definire,
e di misurare, con scale quantitative precise, i parametri di
base. E questi erano: tempo, frequenza, ampiezza (o intensità).
Si tratta inoltre di una condizione artificiale che implica,
come per la notazione musicale, un’atteggiamento mentale
tridimensionale. Dato un qualsiasi evento sonoro, i tre
parametri prescelti non devono mai essere considerati
come parametri isolati o indipendenti tra loro. Almeno fino
a quando abbiano a che fare con la percezione del tempo
(una nota suonata forte sembrerà più lunga rispetto ad una
suonata piano), la frequenza condiziona la nostra percezione
dell’intensità (una nota acuta suonerà più forte di una nota
grave della medesima forza) e il tempo condiziona l’intensità
(una nota di forza costante sembrerà indebolirsi nel tempo).”
Nell’analisi di un dato suono occorre apportare una distinzione
tra: oggetti sonori, eventi sonori e paesaggi sonori.
22
Un oggetto sonoro è la più piccola particella autonoma d’un
paesaggio sonoro. Ha un inizio, un corpo centrale e una fine e
può quindi essere analizzato secondo questo profilo.
L’attacco corrisponde alla parte iniziale dell’oggetto sonoro
ed è determinato da una stimolazione di un sistema acustico,
pertanto, ogni attacco è accompagnato da un rumore, con le
dovute differenze a seconda che si parli di di uno strumento
acustico o elettroacustico, per quest’ultimo sono da tenere in
considerazione i brevissimi tempi di accensione.
Il corpo centrale o parte stazionaria, si riferisce alla parte
centrale di un oggetto sonoro in cui sembra sia possibile
individuare un punto di stasi apparente dei parametri
costitutivi del suono. Alcuni suoni, come percussioni, campane
e gong sembrano non avere un corpo, ma solo attacco e
fine o caduta. Altri suoni invece sembrano non cadere mai e
prolungare all’infinito questo stato stazionario, quale quello dei
condizionatori d’aria, condizione artificiale, che ha avuto inizio
con l’industrializzazione del XIX secolo e con la rivoluzione
elettrica si è estesa ad ogni aspetto della vita moderna.
2.2 CLASSIFICAZIONE
In quanto strumento di analisi, la classificazione è un sistema
generato per contribuire a migliorare la nostra percezione,
la capacità di analisi, e la nostra creatività. Esistono diversi
modi per classificare i suoni: in base alle caratteristiche fisiche
23
(acustica), alla sua percezione (psicoacustica), a seconda della
loro funzione e del loro significato (semiotica o semantica)
oppure secondo le caratteristiche emozionali o affettive
(estetica).
La classificazione secondo le caratteristiche fisiche si dimostra
utile per analizzare in dettaglio singoli oggetti sonori; pertanto
in primo luogo bisogna fornire informazioni relative alla
distanza del suono dall’osservatore; l’intensità di quest’ultimo;
se emerge chiaramente dal contesto o se risulta poco
percepibile; se l’ambiente circostante causa effetti di riverbero,
eco o altro ancora come effetto di deriva o disorientamento
nell’individuare la sorgente del suono. Una classificazione
secondo aspetti referenziali, ci permette invece di analizzare
il suono in base a funzioni e significati dei suoni. A causa delle
sue numerose suddivisioni, questo sistema risulta arbitrario,
in quanto nessun suono ha un significato oggettivo e ogni
osservatore delibera in base al proprio vissuto culturale,
per cui viene stabilita una catalogazione di suoni evinti dalle
descrizioni in documenti storici, letterari e antropologici.
Le indicazioni relative alla data e al luogo di ciascun suono
catalogato permettono di misurare tanto i cambiamenti storici
intervenuti nel paesaggio sonoro mondiale, quanto le reazioni
sociali a questi cambiamenti.
Così facendo è possibile individuare alcuni importanti
mutamenti nel rapporto, ad esempio, tra il numero delle
citazioni relative a suoni di origine naturale e di quelle relative
24
a suoni di carattere tecnologico.
Raggruppare i suoni secondo le loro qualità estetiche è
sicuramente il metodo più arduo, in quanto i suoni colpiscono
in maniera differente ogni singolo individuo e ad ogni suono
corrisponde una vasta gamma di reazioni.
A questo scopo può essere utile conoscere quali siano in
ciascuna cultura i suoni considerati più o meno gradevoli,
fornendoci utili indicazioni per la formulazione di un design del
paesaggio sonoro futuro.
Tra gli aspetti da analizzare per una classificazione di tipo
estetico sono le condizioni climatiche e geografiche, in quanto
realtà che influenzano il gradimento. Ad esempio i paesi
che si affacciano sul mare l’infrangersi delle onde del mare
risulta sempre gradito, mentre nei paesi continentali questo
gradimento si indirizza verso ruscelli e cascate. Allo stesso
modo le reazioni sono subordinate al grado di vicinanza agli
elementi naturali. Quanto più ci si allontana dalla vita all’aria
aperta tanto più i suoni della natura sono graditi. D’altro canto
però per quanto riguarda i suoni della tecnologia, è dimostrato
che questi ultimi sono più apprezzati da paesi in cui la loro
presenza è recente rispetto ai paesi tecnologicamente avanzati.
2.3 PERCEZIONE
Molte delle ricerche condotte in questo campo riguardano
la localizzazione del suono e quindi la sua dimensione
25
spaziale, rivolgendosi a particolari aspetti di questo come il
mascheramento sonoro ( il ricoprire un suono mediante un
altro suono ) e la fatica uditiva ( gli effetti di una esposizione
prolungata allo stesso suono ); senza però trattare l’obiettivo
principale, secondo schaeffer, che è la determinazione del come
e del perché esistano differenti modalità di ascolto in individui
e in società appartenenti a diverse epoche storiche. Compito
dunque dello storico del paesaggio sonoro è di avanzare delle
teorie sulle cause che hanno prodotto dei mutamenti percettivi
nelle abitudini di ascolto.
Alcuni dei termini coniati per la percezione di tipo visiva
possono ugualmente applicarsi alla percezione acustica, come
per esempio il termine irradiazione, principio secondo il quale
un’area fortemente illuminata da l’impressione di dilatarsi, così
come un suono intenso sembra essere più lungo di un suono
meno intenso di uguale durata. Il termine ricostruzione, ovvero
la facoltà percettiva di completare i vuoti di uno schema
conosciuto, ha molti riscontri in ambito fonetico.
Un altro concetto che schaeffer prende in prestito dalla
percezione visiva è quello del rapporto figura-sfondo, cioè
il rapporto che individua in un evento un punto focale
d’interesse e un contesto in cui è inserito, concetto introdotto
dalla psicologia della gestalt, al quale successivamente si
aggiunse il concetto di campo in cui si svolge l’azione. Quindi
la figura corrisponde all’impronta sonora, lo sfondo ai suoni
dell’ambiente che la circondano, il campo è il paesaggio sonoro.
26
L’appartenenza di un suono alle categorie di figura o sfondo
dipendono da diversi fattori: culturali, differenti abitudini di
ascolto, differenti interessi, e dal rapporto che intercorre tra
l’ascoltatore e il campo (se è autoctono, casuale o estraneo).
Oltretutto le differenze culturali appena accennate rendono
questo stesso sistema di organizzazione figura/sfondo/campo
un’altra abitudine culturale non condivisa in molte altre parti
del mondo.
Per affrontare delle indagini in tal senso, bisogna dunque
utilizzare i giusti mezzi, ovvero, per rendere conto di
un’impressione sonora, è necessario utilizzare il suono; ogni
altro metodo che si avvale di immagini, o della forma del
racconto sarà infedele.
L’unico modo per verificare la percezione consiste nell’escogitare
un metodo che consente all’ascoltatore di riprodurre con
esattezza ciò che ha udito.
2.4 MORFOLOGIA
La morfologia studia le forme e le strutture. Termine coniato nel
XIX secolo , usato inizialmente dagli evoluzionisti per indicare lo
sviluppo delle forme biologiche e utilizzato anche da R. Murray
Schafer per segnare il cambiamento delle forme del suono
nel tempo e nello spazio. La morfologia permette di poter
raggruppare insieme suoni che abbiano forme e funzioni simili,
facendone notare gli sviluppi e le linee evolutive. Studiando la
trasformazione di un suono come per esempio il passaggio dai
27
fischi alle sirene nelle fabbriche, è possibile dimostrare i criteri
evolutivi di questo suono nel corso del tempo o rapportarlo ad
altri suoni con finalità simili, ma in contesti sociali diversi.
Un aspetto interessante è l’evoluzione dei materiali primari
di una società o di una cultura; naturalmente ogni area
geografica possiede dei materiali principali per la costruzione
di case, utensili e oggetti: legno, pietra, metalli ecc.. Materiali
che quando sono scheggiati, tagliati, martellati producono dei
suoni caratteristici. Per esempio in Europa il primo materiale da
costruzione usato è stato il legno, rimpiazzato poi dalla pietra,
oggi dal cemento grezzo. Nel Nord America si è passati invece
dal legno al cemento, senza prima aver conosciuto l’era della
pietra; quindi i martelli dei tagliapietra hanno ceduto il posto al
suono continuo della betoniera.
E’ importante, inoltre, la storia dell’uso dei metalli per capire
la morfologia dei diversi materiali: rame e stagno furono fusi
insieme producendo un nuovo suono, quello del bronzo, usato
per cannoni e campane. Il bronzo fu il primo metallo conosciuto
in Europa, nel Medio Oriente e in Cina. Intorno all’anno mille
venne fuso il ferro e di conseguenza si introdussero suoni nuovi:
quelli prodotti dal ferro stesso e quelli legati alla sua lavorazione.
Il vetro, il corrispettivo femminile del ferro, fornisce altre sonorità
caratteristiche introdotte nel XII secolo in Europa, contribuendo
anch’esso a sostituire il legno, soppiantato poi dalla celluloide
e dalla plastica (materiale moderno multiuso) dalla voce simile
ad un sordo rumore. Questo studio morfologico è interessante
28
anche per il passaggio dei suoni legati ai mezzi di trasporto e
questo dimostrerebbe quanto tali toniche occupano la nostra
vita. Per esempio il diverso rumore prodotto dal camminare,
dovuto alle diverse fogge delle scarpe, è stato poi sostituito
dal rumore pesante della ruota sul terreno aspro, alleggerita
in seguito dai raggi in metallo per poi divenire pneumatici che
a sua volta producono delle variazione: dal sibilo delle ruote
più leggere al ronzio delle gomme da neve, fino al fracasso
delle gomme chiodate. Perfino i mezzi di comunicazione hanno
subito una notevole metamorfosi acustica. Il primo strumento
che aumentò l’estensione della voce fu il corno con il suo
impressionante e spaventoso suono, seguito dalla piattezza del
telegrafo fino alla nascita della radio e del telefono.
2.5 SIMBOLISMO SONORO
I suoni dell’ambiente hanno un significato referenziale e per
lo studio del paesaggio sonoro questi non sono soltanto degli
eventi sonori astratti, ma anche dei segni e dei simboli acustici.
C.G Jung scrive: “Una parola o un’immagine è simbolica,
quando sottintende qualcosa di più del suo significato ovvio
e immediato. Essa ha un aspetto inconscio più ampio, che
non è mai definito esattamente o completamente chiarito.” 9
E’ simbolico, un fatto sonoro, quando suscita un’emozione o
pensieri che vanno oltre la meccanicità delle sensazioni
o la funzione di segnale che può esercitare, quando
9 C.G JUNG, L’uomo e i suoi simboli, Mondadori, Milano 1984.
29
possiede un qualcosa di soprannaturale e di riverberante
che risuona attraverso i luoghi nascosti della psiche.
Nell’opera Tipi psicologici, Jung parla di miti e simboli : “ che
possono nascere autoctoni in tutti gli angoli della terra e che
nondimeno sono identici, perché vengono appunto generati da
quell’inconscio umano che è sempre il medesimo, che è ovunque
diffuso e i cui contenuti differiscono fra loro infinitamente meno
che non le razze e gli individui.” A queste immagini Jung impose
il nome di “archetipi”. Sono gli schemi primordiali ed ereditari
dell’esperienza. Non possiedono alcuna estensione sensibile,
ma possono trovare espressione nel sogno, nelle opere d’arte
e nell’immaginazione.
I suoni dell’acqua, elemento da cui ha avuto origine la vita,
possiedono un’avvincente simbologia. La pioggia, un corso
d’acqua, un fiume, una sorgente, ognuno ha un proprio suono,
ma tutti hanno in comune un immenso significato simbolico:
pulizia, purificazione, riposo e rinnovamento. Difatti l’acqua
è presente in qualsiasi Rito antico e contemporaneo. Nella
letteratura, nei miti e nell’arte, per esempio il mare è stato
sempre uno dei simboli originari dell’uomo. Per la sua presenza
incessante è simbolo di eternità; per le maree, per il flusso e il
riflusso delle onde, è il simbolo del cambiamento.
Rappresenta anche la legge della conservazione dell’energia:
l’acqua evapora dal mare, si trasforma in pioggia, poi in ruscelli,
in fiumi e alla fine ritorna nuovamente al mare. E’ anche
il simbolo della reincarnazione, infatti, l’acqua non muore
30
mai. Quando il mare è in collera la sua energia, si espande in
egual modo, è un rumore bianco, è tutte le frequenze: in un
momento predominano le vibrazioni gravi, in un altro acuti
effetti sibilanti, però nessun suono è mai assente e l’unico
cambiamento consiste nel variare della loro intensità relativa.
Il mare simboleggia la forza bruta, la terra, la sicurezza e il
benessere. L’opposizione di questi due elementi s’intende nello
scroscio dei frangenti. Nessun altro suono come quello del
mare riunisce in sé continuità e discontinuità. L’uomo moderno
si sta allontanando dal mare, dai viaggi via mare; l’uomo
moderno sta per perdere il contatto con i ritmi soprabiologici
che nell’arte e nei rituali antichi davano al mare una presenza
carica di vibrazione.
2.6 RUMORE
La crescita dei suoni del mondo moderno ha portato a
una modifica nel significato del termine rumore. Partendo
dall’etimologia della parola, rumore può derivare dal termine
inglese noise( rumore), che a sua volta può essere fatto risalire
al termine francese noyse, nosa o nausa, ma comunque la sua
origine rimane incerta.
Il termine possiede vari significati e sfumature e i più importanti
sono:
Suono non desiderato: L’Oxford English Dictionary, contiene il
termine noise inteso come “suono non desiderato”, risalente
almeno fino al 1225.
31
Suono non musicale: Nel XIX secolo il fisico Hermann Helmoltz,
utilizzò il termine noise, per descrivere i suoni composti di
vibrazioni aperiodiche (lo stormire delle foglie), in opposizione
ai suoni composti di vibrazioni periodiche (suoni musicali). In
tal senso il termine è usato ancora oggi in espressioni: “rumore
bianco” o “rumore gaussiano”.
Tutti i suoni di forte intensità: Oggi, nel linguaggio quotidiano, il
termine è spesso utilizzato per indicare i suoni particolarmente
forti.
Disturbo all’interno di un qualsiasi sistema di comunicazione:
Il termine noise, in elettronica e meccanica indica qualsiasi
disturbo che non faccia parte del segnale, come il suono
prodotto dall’elettricità in un telefono o dall’effetto-neve su
uno schermo televisivo.
Il termine noise venne inizialmente utilizzato nella lingua inglese
per indicare un “suono non desiderato”, ma venne qualche volta
usato per indicare un “suono piacevole e melodioso”; quindi
la faccenda diventa più complessa. Queste caratteristiche più
ampie sono oggi scomparse nella lingua inglese, ma la si ritrova
ancora nella lingua francese: bruit; difatti i francesi ancora oggi
parlano del bruit degli uccelli o del bruit del traffico stradale.
Di queste quattro definizioni principali, la più soddisfacente
rimane tutt’oggi quella di “suono non desiderato”. Secondo
questa definizione, rumore (noise) è un termine soggettivo.
32
Quindi ciò che per una persona può essere musica, per un’altra
può essere rumore. La legislazione tradizionale si occupa del
problema del rumore in funzione di un certo consenso della
società: “disturbare la quiete pubblica”, vuol dire disturbare una
porzione significativa di individui, ed è proprio in questo modo
che la legislazione opera sul problema “rumore”. Pertanto essa
considera l’opinione pubblica e potrebbe essere considerata
legislazione di tipo qualitativa. Esiste anche la legislazione di
carattere quantitativo, in cui vengono fissati dei limiti in decibel
per i suoni considerati indesiderati. Una misurazione del suono
in termini quantitativi tende al rumore un significato di “suono
di forte intensità”; ad esempio: se una regolamentazione
stabilisce che il livello massimo permesso di intensità sonora
per un’automobile è di 85 decibel, un’automobile che produce
86 decibel è rumorosa, mentre una che ne produce 84 non lo
é. Questa è una definizione poco esauriente perché non tutti
i rumori fastidiosi sono di forte intensità o sufficientemente
potenti da poterlo dimostrare attraverso un apparecchio di
misurazione.
La scienza medica ha dimostrato che i suoni superiori agli 85
decibel, se ascoltati in continuazione sono dannosi per l’udito.
Le prime vittime accertate furono i lavoratori di fabbriche in
cui erano messe insieme caldaie di metallo e da qui deriva
l’espressione “morbo del calderaio”. In un primo momento
l’esposizione prolungata di un suono che supera questo livello
può causare un temporaneo spostamento di soglia. Vi è un
33
temporaneo innalzamento della soglia di udibilità perché dopo
aver udito dei suoni molto forti, tutti quelli ascoltati dopo
sembrano più regolari. Dopo alcune ore o giorni le condizioni
tornano normali. Invece un’esposizione prolungata di suoni
superiori agli 85 decibel può portare alla definitiva lesione della
chiocciola e quindi a uno spostamento definitivo della soglia.
Tale lesione nella parte interna dell’orecchio non è curabile.
Oggi la minaccia di una sordità industriale è combattuta tramite
apparecchiature di protezione che proteggono l’operaio dai
suoni di forte intensità che superano il limite.
Il suono essendo vibrazioni può colpire anche altre parti del
corpo e un rumore intenso può causare: emicranie, nausee,
impotenza sessuale, riduzione della vista, indebolimento delle
funzioni cardiovascolari, gastrointestinali e respiratorie.10
2.7 IL SILENZIO
Da sempre, la vita dell’uomo è scandita dall’incessante
presenza dei suoni e della loro alternanza con ciò che
genericamente chiamiamo silenzio. Ma, mentre il suono è una
precisa manifestazione sensoriale associata ad uno stimolo
fisico, misurabile, viceversa il silenzio è piuttosto la condizione
di quiete del mezzo che lo trasferisce.
Il mondo dei suoni e quello della musica in particolare
pongono ineluttabilmente il silenzio come sfondo necessario
alla loro diretta manifestazione; e la relazione tra suono e
10 R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim, 1985-1998.
34
musica è fondamentale per tentare di mettere a fuoco una così
complessa relazione.
Non v’è dubbio che l’umanità si sia sviluppata nel corso dei
secoli in uno scenario sempre più sovraccaricato di suoni.
Luigi Russolo già nel 1913 scriveva nell’ “Arte dei Rumori”:
La vita nell’antichità era tutto silenzi. Nel diciannovesimo
secolo, con l’invenzione della macchina, nacque il rumore.
Oggi esso trionfa e regna supremo sulle sensazioni dell’uomo.
Questa condizione di crescente condizione del suono e della
conseguente esposizione a esso, se da un lato appare come
necessaria conseguenza del crescente uso delle macchine
e della tecnologia in genere, essa rivela anche un rifiuto
ancestrale del silenzio in quanto tale. Questo atteggiamento
deriva principalmente dall’associazione del silenzio totale
con la morte. E il tema della morte nella società moderna e
industrializzata è continuamente esorcizzato mentre il mondo
viene inondato indiscriminatamente di energia acustica.
35
In musica molti artisti si sono avvicinati alla sperimentazione
di suoni ambientali, industrial ed elettronici. Intrecci di rumori,
silenzi e simbolismo. Melodie tradizionali che si fondono a una
sperimentazione, giocando su dissonanze e fraseggi sincopati
di fiati. Suoni naturali, industriali ed elettronici che si tessono
in una trama particolare.
Suoni esclusivi, un’acustica insolita e la documentazione quasi
scientifica di suoni elettronici plasmano un paesaggio sonoro
moderno in cui irrompono suoni frammentati, suoni irregolari,
che procedono quasi in silenzio.
IL CASO EINSTURZENDE NEUBAUTEN
Einstürzende Neubauten: “nuovi edifici che crollano”, è il
progetto varato nel 1980 a Berlino dal cantante e chitarrista
Blixa Bargeld (alias Christian Emmerich) e dai percussionisti
Mufti F.M.Einheit (Franz Strauss) e N.U.Unruh (Andrew Chudy,
originario di New York). Il nucleo della band risale almeno a
un paio di anni prima, al collettivo “Geniale Dilettanten”, che
comprendeva anche le musiciste Beate Bartel e Gudrun Gut (che
diventerà una delle maggiori artiste d’avanguardia tedesche).
Ma è stato con il progetto Neubauten che l’underground
berlinese, tutta la costellazione dei punk, degli anarchici e
degli irregolari che frequentavano l’area dell’Üntergang, un
ex-mattatoio che era diventato il centro dell’avanguardia
giovanile della città, trovò la sua espressione più completa.
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L’arte degli Einstürzende Neubauten più vicina al teatro che
alla musica è forse la rappresentazione più verosimile, e più
sconvolgente, della società post-industriale. Musicalmente, il
nesso più evidente è con l’industrial dei “Throbbing Gristle”,
genere di cui rappresentano una delle massime espressioni
di sempre insieme a formazioni quali “Killing Joke, Nine inch
Nails e Ministry”. Ma forte è anche il legame con la no-wave
newyorkese, in particolare con i deliri psicotici di “Lydia Lunch”
e con gli incubi thriller dei primissimi “Sonic Youth”- .
Nel 1980 gli Einstürzende Neubauten si esibirono per la prima
volta, suscitando scalpore per la loro scelta di affiancare agli
strumenti tradizionali, un assortimento di apparecchi di ogni
tipo (seghe circolari, bidoni pieni d’acqua, plastica, vetro, tubi e
travi di metallo, ecc.): live show distruttivi, terroristici e sfrenati,
che imposero subito il gruppo come una delle esperienze più
estreme e più innovative, a livello non solo europeo della
musica d’avanguardia. Gli Einstürzende Neubauten esordirono
su disco nel 1980 con i singoli “Für den Üntergang” e “Dürstiges
Tiger”, e con “l’EP Kalte Sterne”. Nelle registrazioni in studio,
gran parte della dirompente e traumatica violenza dei loro
live andava inevitabilmente perduta, ma si cominciano anche
ad intravedere segni di un reale talento musicale. Nel 1981,
fu pubblicato il primo album “Kollaps” che sintetizza alla
perfezione il loro progetto: quella degli EN è musica ridotta al
grado zero, spogliata di ogni tipo di armonia e arrangiamento:
apice dell’opera sono le frenetiche danze industriali “Tanz
37
Debil” e “Steh Auf Berlin” (introdotta da un martello
pneumatico!), dove gli Einstürzende Neubauten portano la
musica tedesca, rock e non, al suo limite estremo. Il resto del
disco si divide tra vignette surreali e infernali orge di rumore,
ma spiccano gli otto minuti della title-track, una litania narrata
da un Bageld in pieno delirio estatico. Ancora acerbo, il disco
mostra comunque già la personalità unica e originalissima
dell’ensemble (ai tre fondatori si erano aggiunti il bassista
Marc Chung e il chitarrista Alexander Hacke). La stessa prassi
della non-musicalità, ovviamente con maggiore maturità,
irrompe anche il secondo album “Zeichnungen das Patienten
O.T.” (1983). Più che alla musica industriale, gli Einstürzende
Neubauten si avvicinano sempre più ai collage sonori dei
maestri dell’avanguardia elettronica tedesca (Stockhausen) e
americana, ma con maggiore profondità morale e visionaria.
I loro battiti metallici, le agonie demoniache del cantante,
le dissonanze e le tempeste ritmiche esprimono scenari
apocalittici senza possibilità di uscita e di salvezza: ogni brano è
avvolto in un senso quasi tangibile di vuoto, angoscia, terrore.
“Armenia”, a metà tra un incubo freudiano e un trip lisergico,
riassume tutta la “poetica” di Blixa e compagni.
Blixa Bargeld entra a far parte l’anno dopo del gruppo
di Nick Cave: l’esperienza con i Bad Seeds si ripercuote
immediatamente sul sound degli EN, che comincia per la
prima volta a introdurre strutture musicali ben ordinate, se
non vere e proprie “canzoni”, in “Halber Mensch” (1985). È
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senza dubbio l’album più eterogeneo della loro carriera, quello
che inaugura il loro periodo maggiore. Nelle loro mani tutto
viene trasformato e deformato per essere messo al servizio
delle nevrosi lancinanti di Blixa e dei deliri rumoristici dei due
fenomenali percussionisti Einheit e Unruh: tanto la musica
corale d’avanguardia (la title-track, che rimanda a Ligeti),
quanto le “canzoni” (come le bellissime “Letztes Biest” e
“Sand”), tanto le danze indemoniate che li impongono alla
testa del movimento industriale “Yu-gung” e “ZNS” quanto i
melodrammi decadenti come “Seele Brennt”. A completare
l’ampissimo spettro musicale dall’opera arrivano poi due
infernali tour de force rumoristici, forse i più radicali ed estremi
del loro intero repertorio: il lied maligno “Der Tod Ist Ein
Dandy” e l’estenuante sinfonia “siderurgica” di “Das Schaben”.
Una nuova importantissima esperienza segna però quel
periodo: gli Einstürzende Neubauten suonano insieme proprio
ai Sonic Youth in varie date del loro tour (si parla dei Sonic
Youth del periodo di “Bad Moon Rising” e “Evol”, e proprio gli
echi di quei due capolavori del gruppo newyorkese avvolgono
profondamente le atmosfere e le sonorità del quarto album dei
Neubauten, “Fünf Auf Der Nach Oben Offenen Richterskala”
(1987), il più tetro, insondabile e inquietante della loro
carriera, nonché indubbiamente il più suggestivo. Più che un
album, uno psicodramma disperato, che ruota intorno alla
straordinaria “Zerstorte Zelle”, brano che porta a definitivo
compimento la loro prassi del collasso nervoso, con il suo
39
andamento sinistro e l’apoteosi finale tra aperture sinfoniche
e grida disperate. La frenesia di “Ich Bin’s”, la snervante
suspence di “Zwolf Stadte” e “Keine Schönheit” (uno dei loro
capolavori), le partiture impazzite di “Mo Di Mi Do Fr Sa So”
sono tutti accompagnamenti ideali per il delirante flusso di
coscienza, intonato da Blixa Bargeld.
“Fünf” non è più soltanto un album di musica, ma è prima di
tutto un album di immagini da un mondo ridotto in macerie,
un “viaggio allucinante” tra le rovine della civiltà. Con questo
album si concluse idealmente il periodo più “espressionista”
degli Einstürzende Neubauten, che da qui in poi intraprendono
un processo di maturazione e normalizzazione del loro sound in
direzione di armonie più regolari e, relativamente, accessibili.
Ormai all’apice dei loro mezzi tecnici e artistici, con “Haus der
Lüge” (1989) il gruppo firma un altro capolavoro della musica
industriale: incalzanti cavalcate techno (“Feurio”), minacciose
danze tribali (“Schwindel”) o melodrammi fiammeggianti (la
title-track), continuamente rielaborati secondo la loro estetica
rumorista. Il capolavoro è però un brano per loro atipico, la
suite “Fiat Lux”, divisa in tre movimenti, una sorta di requiem
scandito da vortici sonori in stile shoegazer, passaggi “cosmici”
alla Popol Vhu e inserti concreti, carico di una spiritualità
solenne e di una malinconia senza fondo, per poi aprirsi in una
terrificante marcia industriale. Per la prima volta nella loro
carriera, gli Einstürzende Neubauten fanno i conti con la realtà
della loro Germania e soprattutto della loro Berlino, in quanto
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era appena caduto il Muro. Difatti i testi sono per la prima volta
diretti, espliciti e politicamente impegnati, rinunciando quasi
del tutto alle loro tipiche allegorie espressioniste: questo toglie
forse molto del fascino della loro musica, ma svela anche tutta
la reale grandezza intellettuale, ancor prima che musicale, del
gruppo e del suo leader. Sulla scia dell’esplosione su larga scala
del movimento industrial anche per la band tedesca si aprono
improvvisamente le porte del grande pubblico: Nick Cave in
persona sponsorizza il loro passaggio alla Mute.
Il gruppo, nel 1991 registrò una soundtrack per il teatro,
“Die Hamletmaschine” per poi dedicarsi a una trilogia
comprendente gli “Ep Interim” e “Malediction” e l’album
“Tabula Rasa” (1993). Sulla falsariga del precedente, i cinque
dividono l’opera tra splendide suite industriali (“12305 Nacht”
“Headcleaner”) e canzoni più regolari (come “Blume” cantata
da Anita Lane). L’abilità del gruppo berlinese nel narrare gli
scenari più fantasiosi, rimanendo fedeli alla sua poetica, resta
straordinaria (valga per tutte “Wuste”, a metà tra ambient e
musica da camera); anche se si sente la mancanza della follia
anarchica e visionaria dei dischi precedenti, che fa capolino
soltanto nella devastante e già citata “Headcleaner”. Nei due
anni successivi, tra progetti solisti, colonne sonore (tra cui
l’interessante Faustmusik) e raccolte (la serie delle Strategies
Against Architecture) si intravedono anche i primi germi
della crisi che di lì a poco colpirà il gruppo, che si ritroverà
privato del bassista Marc Chung ma soprattutto del geniale
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F.M. Einheit, sostituiti rispettivamente da Jochen Arbeit e
da Rudi Moser, entrambi bravi ma non certo all’altezza dei
loro predecessori. Il primo album della nuova formazione si
intitola non a caso “Ende Neu” (1996), evidenziando la voglia
di lasciarsi alle spalle il passato, ma proprio quel passato pesa
come un macigno sul disco, che non è altro che una “pallida
ombra” dei loro capolavori. Non che manchino gli spunti
interessanti, soprattutto l’incalzante “Was Ist Ist”, la romantica
“Stella Maris” e la lunghissima “Nnnaaammm”, ma l’album è
comunque il meno compiuto e convincente della loro carriera.
Dopo una lunga pausa, gli Einstürzende Neubauten rinascono
dalle proprie ceneri con “Silence Is Sexy”, 2000, che dà inizio
a una nuova carriera. Il gruppo porta avanti un’estetica basata
sul silenzio, l’attesa e la rarefazione come armi per spiazzare il
pubblico.
Il manifesto del nuovo corso è la title track, che Blixa stesso
racconta dicendo:“Si trattava di trovare qualcosa che non
avevamo mai fatto prima. E questo naturalmente ci ha portato
a fare delle cose sempre più fragili, perché le cose rumorose le
abbiamo già provate negli anni 80. Adesso lavoriamo invece
con il silenzio e con i suoni molto piani, il sovrapporre, lo sparire
e riapparire dei pezzi, che sono molto diversi l’uno dall’altro,
era questo quello che ci interessava in questo disco”. Il risultato
finale in realtà non si discosta molto dalle sonorità scarnificate
di “Fünf”, anzi quello che è cambiato totalmente è l’approccio:
dove prima c’erano il terrore e l’angoscia ora ci sono ironia e
42
raffinatezza. Ma a confondere nuovamente le acque arriva
il singolo “Pelikanol”, (abbinato anche come bonus-track
all’album), ovvero 18 minuti di recitazione su un sottofondo di
rumori estenuanti. Se pure vitalità e convinzione sono ancora
intatti, è difficile riuscire dopo tanti anni a realizzare un’opera
capace di aggiungere novità sostanziali a quanto fatto in
precedenza. È questo, comprensibilmente, il limite principale
di “Perpetuum Mobile”, nono album ufficiale dei Neubauten
(senza contare raccolte, soundtrack, live e progetti paralleli).
Un disco che prosegue con coerenza lungo la strada intrapresa
negli ultimi anni, tra strutture basate su dilatazioni, rarefazione,
pause e silenzi. E’ l’iniziale “Ich Gehe Jetz” a stabilire la perfetta
continuità con le atmosfere del precedente album. Sottile
e sommesso, il sound dei Neubauten esplora ormai territori
che si fanno spesso e volentieri quasi “ambientali”. È il caso
dell’affascinante incubo elettronico “Boreas”: il capolavoro
del disco e dell’ancora più angosciosa “Ozean und Brandung”,
rumore indefinito e senza forma, lasciato vegetare a basso
volume, spazzato da soffi e tuoni minacciosi. E situandosi
all’esatto opposto “emozionale” rispetto a questi due brani,
Blixa Bargeld riesce inaspettatamente anche a essere romantico
e malinconico, come quando sussurra la soffice melodia di “Ein
Leichtes Leises Säuseln”, distesa sopra un “tenuissimo tappeto
di tastiere”. “Ein Seltener Vogel”, “Selbstportrait mit Kater” e la
title track sono però i brani-cardine, tre lunghe incursioni nel
loro tipico sound “metallurgico”, decisamente “ingentilitosi”
43
con gli anni. Quando invece rinunciano alla propria unicità
e si adagiano su ritmiche industrial convenzionali e poco
incisive, come accade in “Der Weg Ins Freie”, allora gli anni
si fanno davvero sentire e i Neubauten iniziano ad arrancare
paurosamente. Ma è solo un episodio, a cui si contrappongono
divertenti e stranianti siparietti come “Paradiesseits” e la
tribaleggiante “Youme & Meyou”, o ancora “Dead Friends
Around The Corner”. Coerenza, classe, onestà e unicità sono
gli ingredienti di questo disco, manca però il coraggio; il gruppo
non osa nulla di particolarmente “strano”, e questo è per loro il
segno forse più evidente di una certa stanchezza.
“Alles Wieder Offen”, ovvero Autonomia Operaia
2007: Indipendenti a tutti i livelli, dal finanziamento (con
contributi dai fan) alla distribuzione tramite la loro etichetta
personale, i Neubauten si ripresentano muovendosi con più
efficacia e concisione. Album pacato e surreale, in costante
equilibrio tra rumorismo e forma-canzone, nutrito con
discrezione delle consuete dosi di angoscia e unheimlichkeit,
“Alles Wieder Offen” è l’atto di ennesima rinascita del
leggendario collettivo berlinese. I Neubauten tornano
a occupare fabbriche in disuso, tornano a sporcarsi di
cemento e metallo, basti ascoltare l’inno industriale di “Weil
Weil Weil”: ma anche così restano pur sempre elitari, raffinati,
unici.
“Die Wellen”, nuovo capolavoro della loro poetica del suonosilenzio: voce e piano si insinuano velenosamente in un
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crescendo di suspence e nevrosi che richiama le opere della loro
infuocata gioventù. Nel finale tutto diventa percussivo, il piano,
la voce, tutto è avvolto nel terrore. A far da controcanto a un
tale incubo ecco la classe di sorridenti gioielli quali “Nagorny
Karabach”, “Susej” e l’altro capolavoro dell’album, “Ich Hatte
Ein Wort”, geniale Neubauten-pop; classe che è ordinaria
amministrazione per loro, irraggiungibile per chiunque altro.
Sorrette dal recitato di Blixa e dal basso di Hacke, inavvertibili, le
dieci nuove composizioni si muovono con sicurezza lungo tutto
il consueto spettro espressivo della band. Il teatro prende
forma nelle pantomime allucinate di “Von Wegen”, dove un
Blixa sempre più istrionico diverte e si diverte, mentre Moser
e Unruh ci danno dentro con le solite percussioni metalliche
e gli archi volteggiano deliziosamente. C’è tempo pure per
una nuova lezione di industrial-rock sporco e sbilenco, “Let’s
Do It A Dada”. La title track è un brano non certo originale,
eppure la band riesce sempre a rivestire di nuova vita il proprio
cliché. L’eterna giovinezza si sposa all’ormai rodata maturità di
un ensemble che ha sempre e comunque da insegnare, capace
di sorprendere e catturare come nessun altro.
“Unvollstaendigkeit” è il pozzo senza fondo in cui cade tutto ciò
di gentile e di crudele che alimentava i brani precedenti. “Ich
Warte”, invece è il martellante congedo, notturno, lisergico e
splendidamente evocativo. Chiusura di un album impeccabile,
che pur non portando sostanziali innovazioni, consolida forme
ormai standardizzate.
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“Silence is sexy” è, nelle parole del loro leader Blixa Bargeld,
il disco “più lento e più accessibile” che gli Einsturzende
Neubauten, gruppo berlinese di punta del panorama della
musica industriale, abbiano mai fatto nei loro ormai vent’anni di
attività. Un titolo bizzarro per un gruppo che ha sempre amato
il rumore e che Bargeld, intervistato dal quotidiano francese
“Libération”, spiega così: “E’ una frase che mi è sempre sembrata
assurda. D’altro canto, il silenzio resta una componente della
musica, anche di quella degli Einsturzende Neubauten. Il
rumore non ha significato senza il silenzio, che crea la dinamica.
Abbiamo iniziato a lavorare a questa idea senza sapere davvero
come utilizzarla. All’inizio ci siamo registrati, seduti con i nostri
strumenti, in silenzio, con dei microfoni molto sensibili capaci
di captare anche la respirazione o lo sfregamento dei vestiti
sulla pelle. Qualcuno ha acceso una sigaretta e il risultato sul
nastro ha risposto alle nostre domande. Fumare una sigaretta,
aspirare il fumo, rinvia metaforicamente all’idea del vuoto. E’
quello che rende il silenzio e la tensione percepibili. Si sente
qualcosa, si intuisce che c’è qualcosa. Per noi il silenzio è più la
registrazione della tensione che non un silenzio zen alla John
Cage”11.
11 www.ondarock.it
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EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
Analisi della traccia “Armenia” dell’album “ Zeichnungen des
patienten O.T”
ZEICHNUNGEN DES PATIENTEN O.T (1983)
“Armenia”
Unione tra melodia popolare caucasica, tremendamente
malinconica e dolorosa, con i soffocati contorcimenti vocali di
Blixa Bargeld (cantante) e gli angoscianti paesaggi espressionisti
dell’industrial: testimonianza del genocidio (in Armenia) o
la descrizione di un mondo che rovina se stesso e implode.
“Armenia” resta comunque un quadro dai colori crudelmente
vividi e intensi in cui l’espressioni deformate delle vittime, della
decadenza della città appaiono terribili […].
“Società colpevole della propria autodistruzione” raccontata
dagli EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN, con sfondi apocalittici.
- ACUSTICA: L’acustica è particolare perché gli EINSTÜRZENDE
NEUBAUTEN suonano in un ex-capannone industriale; difatti
i suoni sono amplificati: riverbero. La struttura industriale in
cemento, di grandi dimensioni, presenta sulle pareti ampi
finestre, non tutte integre. Si tratta di un capannone in cattive
condizioni forse semidistrutto dai “bombardamenti della
seconda guerra mondiale”, infatti scelto, non a caso, come
sfondo scenografico ad “Armenia”.
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I suoni sono metallici per l’uso di oggetti industriali, seghe
elettriche, tubi metallici, lamiera, trapano ecc.
- RITMICA: la ritmica è caotica tipica del primo periodo del
gruppo, i così detti “show distruttivi”, litanie accompagnate da
orge di rumori. Dissonanze e tempeste ritmiche si intrecciano
dando vita ad un pezzo apparentemente caotico, ma congiunto
da un unico input (ritmo monotematico del basso) che fa da
filo conduttore.
- LIBERTA’ DI COMPOSIZIONE: la struttura musicale è
disordinata, le percussioni emergono sopra gli oggetti rumorosi,
inoltre mostra impulsi monotematici del basso e urla isteriche.
La musica viene ridotta al minimo, viene portata all’estremo
capace così di raccontare gli scenari espressionisti su cui ruota
la filosofia del gruppo.
- STRUMENTI UTILIZZATI:
A- Carrello della spesa suonato con bacchette metalliche
(Fig.1).
B- Tubi metallici legati a una bomba suonati con bacchette
metalliche e martelli.
C- Molla.
D- Trapano usato su una lastra di pietra.
E- Levigatrice su lamiera.
F- Catene.
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G- Sega elettrica.
H- Contenitori di plastica.
Fig.1 EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
Fig.2 EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
49
IL CASO ALVA NOTO
Fig.3 ALVA NOTO
IL CASO ALVA NOTO
Il contributo che Alva Noto è riuscito a dare in merito al
paesaggio sonoro moderno è quello di avere documentato in
maniera quasi scientifica l’affermarsi della realtà elettronica.
Le apparecchiature elettroniche hanno portato con se tutto un
solstrato di nuove sonorità legate alla loro specifica natura, ben
lontane dal mondo meccanico, le apparecchiature elettroniche
basano il loro funzionamento sull’attraversamento, la resistenza
e la trasformazione di tensioni elettriche, rigidi rapporti e
infallibili geometrie reggono i loro principi.
Non più ritmo dato dalla ciclicità, non più riverbero dato
dall’attrito di solide leghe metalliche, l’elettronica irrompe nel
paesaggio sonoro con suoni frammentati, irregolari con un
procedere silenzioso e quasi impercettibile.
Alva Noto apre uno spiraglio attraverso cui ascoltare un mondo
50
che è stato progettato per non essere ascoltato e lo restituisce
con tutte le sue caratteristiche addolcendolo solo talvolta con
fittissimi beat in favore di una portata musicale più fruibile
al pubblico. Carsten Nicolai, alias Alva Noto, è sicuramente
una delle figure artistiche mondiali che, spaziando in diversi
ambiti di espressione, ha saputo codificare la modernità in una
maniera del tutto particolare e autonoma.
Carsten Nicolai nasce nel 1965 a Berlino. Sin da giovane, pur
guadagnandosi da vivere lavora come giardiniere, sviluppa
una profonda passione per l’arte d’avanguardia, decidendo
di frequentare, tra il 1985 e il 1990, un corso sul design
a Dresda. Nel 1992 fonda il centro culturale Voxxx.kultur
Und Kommunicationszentrum, mentre nel 1999 dà vita alla
Raster-Noton, etichetta al vertice della produzione elettronica
mondiale.
All’inizio degli anni Ottanta, quando Nicolai è un adolescente,
la rivoluzione informatica sta prendendo piede: il personal
computer non è più appannaggio di pochi ma uno strumento
a portata di mano. Ed è proprio col pc, paradigma del mondo
moderno, che l’artista inizia sempre più a confrontarsi. Carsten
Nicolai esplora il suono con un approccio totalmente attuale.
Nella sue eterodossia, mostra al mondo l’arte sviluppatasi nel
terzo millennio: la scomposizione.
Giocando di rimbalzo su strutture fredde, le impalcature
di Carsten Nicolai sono glitch, sfondi ambientali, cortine
algebriche. La musica di Alva Noto si genera e si autoriproduce,
51
è matrice. I loop, intrecciati secondo precise tecniche
compositive, si stagliano su sfondi elettronici minimali.
Tale è la freddezza e l’assoluta mancanza di melodia, che
potremmo quasi obiettare circa la provenienza umana delle
tracce. Tuttavia è necessario leggere l’opera non nell’ottica di
un puro ascolto, quanto del suo valore artistico complessivo.
Se da un punto di vista musicale risulterà quindi spiazzante, da
un punto di vista legato alla ricerca di nuove sonorità apparirà
senz’altro innovativa.
52
Manifestazioni tecnologiche autonome
tra produzione e fruizione
Una mappa sonora del paesaggio tecnologico in ambiente domestico e industriale, per analizzare due aspetti di un contesto
tecnologico, uno di produzione l’altro di fruizione, come una
rappresentazione antropomorfa del paesaggio sonoro nella
metafora di un sistema nervoso involontario (tecnologia domestica) e uno volontario (macchinari per la produzione industriale).
Un luogo ipotetico che accolga entrambe le configurazioni, con
la duplice relazionabilità .
53
Mappa sonora
Una mappa sonora è una forma di media locativo che mette
in relazione un luogo e le sue rappresentazioni sonore. Una
mappa sonora trasmette il paesaggio sonoro di un luogo, che è
unico, utilizzando solitamente un’interfaccia interattiva.
La mappa sonora veicola contemporaneamente informazioni
sull’aspetto visuale e spaziale da un lato, e dati sull’aspetto
acustico e temporale dall’altro. La definizione di media locativo
sta a indicare una comunicazione funzionalmente legata ad un
percorso, con l’obiettivo di rappresentare un luogo servendosi
dell’unione del tradizionale codice iconico e codice verbale
o sonoro. Per luogo si intende il “tutto” che caratterizza una
determinata porzione di spazio presa in considerazione: il
paesaggio sonoro.
La nascita di questa nuova forma di comunicazione visiva,
che delinea il primo approccio al design acustico, si deve al
musicologo canadese Raymond Murray Schafer, negli anni
sessanta. Fu proprio in quegli anni, con la progressiva e
quasi totale industrializzazione delle città, che il problema
dell’inquinamento acustico prese corpo. Egli realizza il World
Soundscape Project, una campagna di raccolta e catalogazione
di paesaggi sonori significativi. Questo tipo di registrazioni
possono essere finalizzate a vari scopi: da un lato la necessità
della conoscenza e dell’analisi a fini etnografici, dall’altro
la possibilità di intervenire sull’ambiente acustico ai fini di
54
migliorarlo (sound design).
È fondamentale “costruire” una mappa sonora con centinaia di
registrazioni che, una volta messe insieme, sappiano restituire
quella vasta composizione musicale che è il mondo intorno
a noi. A differenza della mappa sonora, la caratteristica più
evidente della mappa, nella sua forma comune e tradizionale, è
che essa tende a rappresentare in forma bidimensionale ciò che
nella realtà è tridimensionale. Con il termine mappa, dunque,
si intende genericamente una rappresentazione semplificata
dello spazio, con il fine particolare di mostrare la relazione tra
gli oggetti che lo compongono.
La mappa sonora, invece, si pone come strumento sensomotorio, capace di conferire un apprendimento analitico,
simbolico, ricostruttivo e un eventuale approfondimento per
la riflessione territoriale. Essa è realizzazione ed esplorazione
ambientale-sonora continuativa, dove l’azione di chi ascolta
e di chi si muove innesca contaminazioni multiple. Il suono
diviene mappa spaziale sensibile agli spostamenti, il percorso
diventa un cronotopo.
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REGISTRAZIONI
REGISTRATORE PORTATILE ZOOM H4N
Il registratore utilizzato nelle registrazioni possiede un’interfaccia tra registrazione d’ambiente e registrazione multi-traccia. H4n è provvisto di modalità operative di registrazione:
<STEREO mode> in grado di registrare in stereo ad alta qualità, <4CH mode> che può registrare 2 diverse sorgenti sonore
e <MTR mode> in grado di registrare e riprodurre 4 tracce/2
tracce contemporaneamente. Potete registrare una melodia così come nasce o le esecuzioni di un’intera band. Potete registrare effetti sonori ambientali e persino creare la vostra musica, registrare voci e strumenti su tracce multiple.
H4n presenta la mobilità dei microfoni incorporati, per adattarsi a una più vasta gamma di situazioni. Per una più ampia area di suono, bisogna impostare i microfoni su 120
gradi. Oppure su 90 gradi, per avere un suono più pulito
attorno al centro della sorgente sonora. Ad ogni modo, i
microfoni sono provvisti dello stesso asse XY, per cui potete registrare il suono stereo senza differenza di fase.
56
Fig.4 REGISTRATORE PORTATILE ZOOM H4N
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59
PAESAGGIO SONORO INDUSTRIALE
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Fig.5 SCHIZZO DELLA PIANTA DEL CAPANNONE INDUSTRIALE S.G.M - MARMI E
GRANITI
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S.G.M SPATA - MARMI E GRANITI
VISIONE IN 3D
Fig.6 VISIONE IN 3D DEL CAPANNONE INDUSTRIALE S.G.M - MARMI E GRANITI
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PAESAGGIO SONORO DOMESTICO
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Fig.7 SCHIZZO DELLA PIANTA DI UN’ABITAZIONE
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77
78
79
80
81
INDAGINE STATISTICA
La seguente indagine, è stata svolta per mezzo un questionario
composto da 10 quesiti a risposta multipla su un campione di
cento individui assortiti: operai, casalinghe, studenti, impiegati, imprenditori di età compresa tra i 15 e i 60 anni, residenti
in parte in periferia, in parte in centro città nella provincia di
Ragusa (Ragusa, Chiaramonte, Modica, Giarratana). (Fig.8)
82
Fig.8 QUESTIONARIO
83
84
85
La funzione del questionario non si esaurisce nella mera compilazione, quanto nella sua elaborazione, operazione che permette di mettere in risalto corrispondenze spesso imprevedibili
. Per tanto il risultato dell’indagine ha portato a potere affermare che in media l’individuo più a contatto con determinati suoni
per motivi di lavoro o altro, ne risulta il meno disturbato; infatti
le casalinghe sono poco o per niente disturbate dagli elettrodomestici quali aspirapolvere, lavatrice(Fig.9), lavastoviglie,
cappa da cucina, mentre nelle categorie di operai, impiegati e
studenti c’è un’alta frequenza di disturbo derivato dai suddetti apparecchi; di contro gli uomini in generale, con maggiore
frequenza tra gli operai, risultano poco infastiditi dai suoni derivati da macchinari o attrezzature industriali (Fig.10) , e nelle
donne e casalinghe risulta una bassa tolleranza di quei suoni.
86
Fig.9 ELABORAZIONE DATI
87
Fig.10 ELABORAZIONE DATI
In oltre risulta che i giovani (tra i 15 e i 39 anni) sono la categoria in assoluto meno infastidita da qualsiasi sorgente sonora,
mentre gli operai sono i più suscettibili in termini di disturbo,
inoltre sono la categoria che maggiormente riserva nostalgia
riguardo ai suoni dei vecchi macchinari. Emerge in oltre che
la maggior percentuale delle donne è indecisa sull’esprimere
un parere riguardo l’isolamento acustico e la sua pertinenza
in ambito di consumi e inquinamento (Fig.11), di contro risulta
anche la categoria più attenzionata riguardo allo stress che può
causare un eccessivo inquinamento acustico e alla sensazione
di routine che genera la convivenza prolungata con particolari
suoni.
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Fig.11 ELABORAZIONE DATI
Gli individui residenti nel centro città risultano più intolleranti
sia ai suoni industriali che domestici rispetto ai residenti in periferia.
In conclusione emerge che la categoria degli studenti ha una
percentuale maggiore rispetto alle altre di individui in controtendenza; per esempio, gli studenti, risultano in disaccordo
riguardo all’affermazione che definisce l’isolamento acustico
89
delle apparecchiature un sinonimo di innovazione e qualità
(Fig.12).
Fig.12 ELABORAZIONE DATI
90
CONCLUSIONI
Quando abbiamo intrapreso la stesura di questa tesi, non era
ben chiaro il suo preciso scopo dimostrativo, il rapporto tra
i due ambienti, uno di produzione e l’altro di consumo, dava
sufficiente terreno per un’indagine a 360 gradi. Indecisi quindi
sull’aspetto in particolare da analizzare, ci siamo trovati di fronte al vero dilemma della questione: quanto risulti effettivamente interessante direzionare l’analisi verso un nostro personale
punto di vista, che può rivelarsi la conseguenza di una abitudine percettiva?, in un ambito, quello sonoro, a cui non tutti
sono educati ad attingere. Trattandosi di percezione, è chiaro
il carattere relativo delle argomentazioni che avremmo potuto
sostenere, strettamente individuali e facilmente opinabili.
Giunti quindi alle conclusioni possiamo affermare che la scelta
di fornire una fedele restituzione di queste realtà sonore, in
rapporto alle nostre attuali competenze, si è dimostrata formativa, potendo acquisire dimestichezza con le metodologie di
ripresa e di restituzione di un paesaggio sonoro, e avendo compreso l’importanza di un’indagine statistica nell’attestare valore scientifico alla ricerca, in oltre si è rivelata una scelta efficace
da un punto di vista etico. Infatti i due esempi da noi riportati:
il capannone industriale e l’abitazione domestica, corredati da
un’indagine statistica che ha sondato l’opinione comune, rappresentano il materiale da cui i lettori possono trarre le loro
personali riflessioni; un punto di partenza sicuramente attendibile su cui impostare ricerche più ampie.
91
RINGRAZIAMENTI
I nostri ringraziamenti vanno innanzitutto alla nostra
instancabile relatrice: prof.ssa Nelida Mendoza, per la sua
disponibilità incondizionata, e le diverse fonti e personalità
con cui ci ha relazionato per la stesura della tesi;
il prof. Stefano Zorzanello, per la sua scrupolosa e autorevole
consulenza. Ringraziamo anche Danilo Maltese e Veronica
Caruso per la formulazione del questionario e l’elaborazione
dei dati raccolti; Salvatore Depetro per la realizzazione delle
animazioni 3D. In fine l’azienda SPATA MARMI S.R.L. e
Gianpaolo Cassarino per la disponibilità concessa ai fini delle
registrazioni negli ambienti di lavoro.
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REFERENZE FOTOGRAFICHE
49
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57
63
64
72
81
85
86
87
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Fig.1 EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
Fig.2 EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN
Fig.3 ALVA NOTO
Fig.4 REGISTRATORE PORTATILE ZOOM H4N
Fig.5 SCHIZZO DELLA PIANTA DEL CAPANNONE
INDUSTRIALE S.G.M - MARMI E GRANITI
Fig.6 VISIONE IN 3D DEL CAPANNONE INDUSTRIALE
S.G.M - MARMI E GRANITI
Fig.7 SCHIZZO DELLA PIANTA DI UN’ABITAZIONE
Fig.8 QUESTIONARIO
Fig.9 ELABORAZIONE DATI
Fig.10 ELABORAZIONE DATI
Fig.11 ELABORAZIONE DATI
Fig.12 ELABORAZIONI DATI
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BIBLIOGRAFIA
T.HARDY, Tess dei D’Urbeville, Einaudi, Torino 1970.
C.G JUNG, L’uomo e i suoi simboli, Mondadori, Milano 1984.
Thorkell SigurbjÖrnsson, comunicazione personale.
R. Murray Schafer , Il paesaggio sonoro, Ricordi Lim,
1985-1998
ZOLA, Germinale, Mondadori, Milano, 1970.
SITOGRAFIA
www.ondarock.it
www.wikipidia.it
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