IL MITO DEL CATASTO BASATO SUI VALORI IMMOBILIARI
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IL MITO DEL CATASTO BASATO SUI VALORI IMMOBILIARI
IL MITO DEL CATASTO BASATO SUI VALORI IMMOBILIARI di Francesco Forte 1. – Vi sono, in Italia, da qualche tempo, idee molto stravaganti sul catasto. Il catasto, come si legge nei testi oramai classici di L UIGI E INAUDI e del MESSEDAGLIA e degli autori precedenti, sino a quelli del settecento che l’EINAUDI ha catalogato come gli economisti della «scienza italiana dell’ottima imposta», stima il «reddito medio ordinario», una nozione stabile, legata alla nozione di prodotto netto della terra e dell’edilizia e al mercato degli affitti liberi. Aggiungo che, dal punto di vista della teoria economica in questione, il catasto dei terreni e quello dei fabbricati obbediscono ai medesimi principi, mirando al reddito medio delle unità immobiliari considerate, con una sola differenza: per i terreni si distinguono i redditi medi dominicali e quelli medi agrari, per i fabbricati invece il reddito medio si distingue secondo il tipo di destinazione d’uso dei fabbricati. Invece, secondo una tesi, che non ha basi né nella teoria economica, nè nel sistema legislativo vigente in Italia, il catasto degli immobili urbani si dovrebbe basare sul valore dei fabbricati. Il quale, per altro, non è in grado di obbedire al principio di base a cui si ispira la determinazione catastale degli imponibili: ossia la stabilità dei valori tassabili, per la semplice ragione che i valori capitali dei beni immobili dipendono non solo dal loro reddito, ma anche dal tasso di interesse. E questo, in regime di moneta convenzionale, quale quello in cui viviamo, è una variabile instabile, che viene manovrata allo scopo di controllare altre variabili, come il tasso di inflazione, il tasso di cambio e il volume delle operazioni finanziarie sui mercati interni e internazionali. Che il catasto mira a determinare il reddito dominicale medio ordinario, ritraibile dai terreni o dai fabbricati, con principi unitari, per le due specie di reddito, secondo la legislazione italiana vigente, lo si può desumere, con estrema chiarezza, dal Testo unico delle imposte sui redditi. Infatti esso all’art. 25 stabilisce che «1. Sono redditi fondiari quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato, che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. 2. I redditi fondiari si distinguono in redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati». Dopo questa formulazione unitaria, segue una formulazione, altrettanto unitaria per i due tipi di catasto, quello fondiario e agrario e quello dei fabbricati. L’articolo 27 dispone che «il reddito dominicale è costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 29. A sua volta l’art. 28 stabilisce che «il reddito dominicale è determinato mediante l’applicazione delle tariffe di estimo stabilite, secondo le norme della legge catastale per ciascuna classe e qualità del terreno». L’art. 32 dispone che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale di esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso». L’art. 34 stabilisce che «il reddito agrario è determinato mediante l’applicazione di tariffe di estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale». L’art. 36 stabilisce che «il reddito dei fabbricati è costituito dal reddito medio ordinario ritraibile da ciascuna unità immobiliare urbana» e l’art. 37 dispone che «il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione delle tariffe di estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria o classe ovvero, per i fabbricati, a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta». Come si nota, è il reddito medio ordinario che sta alla base del catasto dei fabbricati, così come di quelli dei terreni; se così non fosse sarebbe violata la legge che pone il catasto come strumento per l’accertamento del reddito medio ordinario, che è posto come imponibile dei redditi fondiari. 2. – Nei periodi di alto tasso di interesse, il valore capitale risulta da un tasso di capitalizzazione basso, nei periodi di basso tasso di interesse, il valore capitale risulta da un tasso di capitalizzazione alto e, per conseguenza, il valore degli immobili aumenta a parità di reddito. Il valore di mercato dei beni non ha il requisito di «valore ordinario», che si richiede per le tariffe catastali, in quanto dipende da leggi variabili circa la domanda e offerta di mercato, principalmente in relazione al tasso di interesse, ma anche ad altre variabili. Fra queste agisce in modo molto importante la variazione della convenienza dei beni che compongono il portafoglio degli investimenti di risparmio. Il valore degli immobili tende a salire quando vi è un pericolo o una situazione di alta inflazione, poiché essi non perdono di valore, come altri beni di investimento. Tende a diminuire quando si paventano tributi patrimoniali fra vivi o successori, in quanto gli investimenti in immobili non possono essere spostati all’estero, se non tramite diversa intestazione dei loro titolari, che è, comunque, costosa e risulta da atti registrati. Il valore degli immobili tende a diminuire quando si sviluppano elevate convenienze negli investimenti alternativi in borsa ed ad aumentare quando l’espansione finanziaria è costituita da una unica bolla speculativa determinata dalla esistenza di rilevanti flussi di capitali liquidi. ARCH. LOC. E COND. 05/2006 483 Inoltre non vi è relazione fra reddito degli immobili e loro valore capitale, non solo nel complesso, ma anche in relazione alle classi specifiche di beni. Ciò in quanto gli immobili sono beni durevoli di investimento di lunga durata con un ciclo di produzione non breve ed il loro costo di produzione attuale non determina il prezzo, se non dopo un certo periodo di tempo. E in quanto la domanda di immobili varia per le diverse ubicazioni e, in genere, queste non hanno un rapporto omogeneo fra redditi e valori immobiliari. (Cfr. Tavola 1). TAVOLA 1 CONFRONTO FRE LE VARIAZIONI NELLE LOCAZIONI E LE VARIAZIONI NEI PREZZI DEGLI IMMOBILI ZONA 1998 1998 2002 2002\2002 2002/1998 2002/1998 locazioni prezzi locazioni prezzi locazioni prezzi CARPI Centro 100 100 100 100 31,3 39,9 Semicentro 0,66 0,72 0,72 0,76 45,5 46,2 Periferia 0,49 0,55 0,66 0,64 75,8 60,0 MODENA Centro 100 100 100 100 7,4 26,9 Semicentro 0,71 0,73 0,73 0,78 10,4 36,8 Periferia 0,57 0,65 0,64 0,60 21,0 17,6 SASSUOLO Centro 100 100 100 100 29,0 27,8 Semicentro 0,74 0,78 0,82 0,87 34,5 42,9 Periferia 0,63 0,61 0,67 0,74 38,5 54,5 VIGNOLA Centro 100 100 100 100 42,9 47,1 Semicentro 0,66 0,88 0,82 0,80 78,4 33,3 Periferia 0,62 0,64 0,75 0,68 71,4 54,5 FONTE: Mia elaborazione sui dati dell’Osservatorio economico e sociale della Provincia di Modena. 3. – Ma c’è un problema, che riguarda specificamente il valore dei fabbricati e non i terreni e che fa differire sistematicamente il valore di mercato dal valore di capitalizzazione del reddito medio ordinario da essi ritraibile, anche indipendentemente dalla variazione del tasso di interesse con cui si effettua tale capitalizzazione. I fabbricati sono beni durevoli di investimento, che danno diverse prestazioni, nel tempo, con una tendenza alla riduzione, man mano che essi invecchiano. Inoltre il loro valore di uso è condizionato dai vincoli pubblici, relativi al loro utilizzo e al loro mutamento. Essi sono soggetti pertanto a due variabili peculiari, una endogena di carattere temporale riguardante il diverso valore dell’immobile nel tempo e l’altra, esogena, riguardante i vincoli che l’immobile può avere, di natura urbanistica (fra i quali la destinazione d’uso e i diritti di edificazione) e di natura culturale. In entrambi i casi, la varianza di questa variabile si combina con il valore del terreno su cui è costruito l’immobile, dando luogo a una divaricazione del valore patrimoniale desunto dalla capitalizzazione del 484 ARCH. LOC. E COND. 05/2006 reddito, che dipende dal fatto se l’immobile è nuovo o vecchio e dalla misura in cui è vincolato rispetto al valore di mercato, che dipende in larga misura del valore del terreno e dal fatto che su di esso può essere costruito un immobile nuovo e, con accorgimenti, un immobile dotato di maggiori metri quadro e metri cubi fruibili e di maggior/miglior fruibilità dei metri cubi e metri quadro esistenti. Da queste riflessioni discende che non vi può essere una relazione costante fra valori di mercato degli immobili e loro valore patrimoniale, basato sulla capitalizzazione del reddito. Per conseguenza, dal valore di mercato degli immobili medio ordinario, ammesso che esista, non si può ricavare il loro reddito medio ordinario, mediante un tasso ipotetico di rendimento. E gli attuari che lo fanno commettono un grosso errore in quanto: – per gli immobili vecchi di valore capitale di mercato è influenzato dal valore del terreno in misura diversa che per i nuovi, con una sopravalutazione del valore di mercato rispetto a quello di ca- pitalizzazione del reddito, che dipende dalla qualità dell’immobile; – per gli immobili maggiormente vincolati, il valore capitale di mercato è sistematicamente maggiore di quello mediamente derivante dalla capitalizzazione del reddito, in quanto il mercato considera il reddito potenziale riferito al terreno; – per gli immobili vecchi, maggiormente vincolati, le due caratteristiche si combinano, quindi per gli immobili vincolati come beni storici e artistici, il valore di capitalizzazione del reddito è sistematicamente molto inferiore al valore di mercato, con una elevata varianza. TAVOLA 2 CANONI DI LOCAZIONE E PREZZI DEGLI IMMOBILI IN VARIE CITTÀ ITALIANE CITTÀ e zona Affitto al mq Prezzo al mq % sul prezzo del centro Capitalizzazione affitto al mq al 5% sul prezzo del centroo % capitalizzazione su prezzo MILANO Centro 19,5 6.915 100 3.900 100 0,56 Washington Solari 14,23 3.854 0,55 2.846 0,73 0,74 Staz. Centrale Gioia/Monza F. Testi 13,53 2.967 0,43 2.706 0,69 0,91 Fiera San Siro 13,27 3.817 0,54 2.654 0,68 0,69 Città Studi Indipendenza 13,1 3.561 0,51 2.620 0,67 0,72 Isola/Sempione 12,62 3.576 0,52 2.524 0,65 0,70 Romana Lodi 11,94 3.425 0,49 2.388 0,61 0,70 Navigli-Famagosta 11,84 2.944 0,42 2.368 0,60 0,80 ROMA Centro 23,27 5.121 100 4.654 100 0,91 Roma Sud 13,38 3.480 0,68 2.676 0,57 0,77 Villa Ada/Monte Sacro 12,90 3.569 0,70 2.580 0,55 0,72 Monte Verde/Aurelio 12,18 3.569 0,63 2.436 0,52 0,68 Policlinico San Giovanni Roma Est 12,12 3.605 0,71 2.424 0,52 0,67 PADOVA Centro 10,62 2.527 100 2.124 100 0,84 Semicentro 8,71 1.741 0,69 1.742 0,82 100 Periferia 7,45 1.606 0,63 1.490 0,70 0,85 PESCARA Centro 8,7 2.452 100 1.740 100 0,71 Periferia 6,98 1.625 0,63 1.396 0,80 0,86 Semicentro 6,52 1.707 0,69 1.304 0,75 0,76 FONTE: Mia elaborazione sui dati di Focus Città, Il Sole 24 Ore, 2005. N.B.: Il valore di capitalizzazione del reddito, adottando il tasso del 5%, tiene conto del fatto che dal canone di locazione occorre detrarre per le spese un 15% e che sugli immobili, sicché il reddito effettivo è il 4,25. Vi è un gravame di ICI, che, al tasso del 5 per cento, con l’aliquota del 4 per mille è il 9,5% del reddito netto. Ad esso si somma un gravame di imposte sul reddito che è mediamente del 40%. In sostanza si perviene, per i fabbricati affittati, al 49%, che può essere ridotto al 45% assumendo che l’ICI gravi su valori catastali inferiori al vero. Un rendimento, dunque, del 2,37 nella ipotesi più favorevole e del 2,16 in quella meno favorevole. ARCH. LOC. E COND. 05/2006 485 I dati della tavola 2, con il tasso di capitalizzazione del 5%, sono chiarissimi. Con il tasso di capitalizzazione del 5%, che corrisponde a un reddito netto del 2,2%, i valori capitalizzati degli affitti sono sistematicamente più bassi dei valori di mercato. Ma il divario oscilla fortemente secondo le città e le zone. Se si adottasse il tasso di capitalizzazione del 4 per cento, considerando i benefici fiscali di chi abita nel proprio immobile, in relazione alla tassazione catastale del reddito, tutti i valori di capitalizzazione del reddito dovrebbero essere aumentati del 25%. Ne conseguirebbe per Milano, nelle varie zone la seguente distribuzione delle percentuali dei valori patrimoniali ottenuti capitalizzando gli affitti rispetto ai valori di mercato, nelle varie zone: 0,70 : 0,92; 104 : 0,86; 0,90 : 0,875 : 0,865; 100. Per Roma avremmo la seguente nuova serie: 113,59; 0,96; 0,90; 0,85; 0,84. Per Padova invece tutti i valori sarebbero superiori al 100%: 105,125 e 106 mentre per Pescara avremmo 0,89 : 107 e 0,80. Le sperequazioni sono evidenti. 4. – Si sostiene che il riferimento al valore di mercato ha vari pregi, perché il valore di mercato degli immobili è facilmente rilevabile, mentre sfugge il mercato degli affitti. C’è in effetti un osservatorio ministeriale dei valori immobiliari. Però l’Istat dovrebbe avere un osservatorio dei canoni di locazione, ai fini del calcolo del tasso di inflazione e del reddito dei fabbricati. Inoltre va osservato che: – i valori di mercato, in quanto influenzati dal tasso di interesse fluttuano nel tempo, quindi mal si prestano a dare luogo a una stima catastale che, per definizione deve essere stabile nel tempo; – gli affitti sono maggiormente stabili, non solo perché non subiscono l’influenza del tasso di interesse, ma anche perché i contratti di locazione hanno durata poliennale e sono rinnovabili; – esistono banche dati sugli affitti, come ne esistono per i valori immobiliari, in quanto gli intermediari dell’edilizia operano non solo per le vendite ma anche per le locazioni e i contratti di locazione vanno registrati; è vero che vi sono evasioni, ma esse non possono esservi, nel caso di affitti delle società e di dati delle agenzie immobiliari sono reali. Si argomenta poi che il catasto dei fabbricati attualmente deve servire per l’ICI e non solo per le imposte sul reddito. E pertanto occorre avere i dati dei valori patrimoniali. Ma si replica che se si vuole un solo catasto che serva sia per l’ICI che per le imposte del reddito, la soluzione sta nel riferimento al reddito ordinario, non al valore di mercato ordinario. Ciò in quanto il reddito può essere capitalizzato, a un tasso di interesse convenzionale, che dà luogo a un valore ordinario stabile. Invece se si prende il valore di mercato e si pretende di ricavarne il reddito, mediante l’applicazione ad esso di un tasso di 486 ARCH. LOC. E COND. 05/2006 rendimento, non si ottiene un valore di reddito attendibile perché: a) come appena detto non vi è una relazione costante fra reddito e valore capitale degli immobili, in quanto su questo secondo gioca variamente il valore del terreno e l’effetto dei vincoli; b) dato il variare dei valori capitali, in conseguenza della diversa dinamica del mercato immobiliare la stima che viene fatta, risente dell’epoca in cui viene effettuata e quindi si dà luogo a una sperequazione, derivante dal fatto se le valutazioni sono fatte in una epoca, di valori alti o in una di valori bassi. Mentre è ragionevole sostenere che una imposta sul patrimonio si paga sulla base del valore capitalizzato del reddito patrimoniale, non è ragionevole sostenere che una imposta sul reddito si debba pagare sul valore di mercato di un bene, moltiplicato per il tasso di interesse, quando questo non corrisponda al reddito: infatti mentre il valore capitalizzato del reddito è un criterio di stima dei cespiti patrimoniali, in base al criterio dell’utilità che se ne trae, il tasso di interesse sui valori patrimoniali non è necessariamente un metodo di stima dei redditi, che se ne traggono. 5. – Il riferimento al reddito o al valore di mercato del patrimonio, per il catasto degli immobili non è una questione puramente tecnica, relativa alla scelta del metodo di valutazione dotato di maggior pregio. Né è una questione puramente obiettiva. La scelta è fortemente influenzata da giudizi di valore di carattere politico e distributivo, che occorre rendere espliciti. Benché la legge italiana, per quanto riguarda il catasto, anche per gli immobili, faccia riferimento primario al reddito e usi il criterio del valore patrimoniale di mercato come elemento sussidiario, tuttavia esiste un’ampia schiera di economisti, politici e tributaristi «giustizialisti», che per ragioni ideologiche cercano di forzare questa formulazione, sostenendo che occorre colpire la ricchezza patrimoniale, non solo i redditi. Questi giustizialisti sostengono che l’Ici in quanto imposta sul patrimonio deve fare riferimento al valore patrimoniale, anche se e quando esso non corrisponde il reddito. Ideologicamente, ciò vuol dire incidere sul processo di accumulazione, prescindendo dal reddito. Il principio base di una economia che rispetta la proprietà privata e il risparmio è invece quello che anche le imposte sul patrimonio si pagano con il reddito, che da tale patrimonio si ricava, quindi vanno commisurate al reddito. Ne consegue che la valutazione catastale riferita al valore patrimoniale, anziché al reddito non è una scelta tecnica, ma una scelta politica, con conseguenze che contrastano con la tutela di diritto di proprietà e del risparmio. Una corretta interpretazione dei principi costituzionali italiani non può prescindere dal principio di capacità contributiva inteso come capacità di pagare le imposte, in regime di eguaglianza, con gli altri contribuenti. Il principio in questione comporta di considerare che due soggetti con eguale reddito e zero patrimonio hanno eguale capacità di pagare, a parità di gravami familiari e altri fattori che possono incidervi, dotati di rilevanza per il nostro ordinamento e la nostra società. E un soggetto che a parità di reddito con un altro ha un proprio patrimonio, ha una maggior capacità di pagare, in relazione al reddito di quel patrimonio, in quanto il reddito di patrimonio genera una capacità contributiva maggiore del reddito di lavoro. Ma è sempre il reddito, che conta, anche per la tassazione patrimoniale, in quanto solo la sua disponibilità consente di versare somme al fisco, senza intaccare i risparmi, che la costituzione tutela. Essa tutela anche la proprietà dell’abitazione. E nel caso del patrimonio immobiliare si può aggiungere che il riferimento al reddito, anziché al patrimonio, è tanto più giustificato in quanto un valore patrimoniale non reddituale è sfornito del requisito di liquidità, cioè spen- dibilità, che è proprio del concetto di capacità contributiva come capacità di versare somme al fisco. La nozione di capacità contributiva nel nostro ordinamento e in una corretta concezione del ruolo dell’imposta nel sistema democratico di mercato fa esplicito riferimento al beneficio delle spese pubbliche. Per l’Ici come tributo comunale questo principio è in particolare evidenza, in quanto essa è assegnata alla finanza locale, in relazione ai benefici che essa arreca, mediante le spese locali, al patrimonio immobiliare. Ma, come si è visto, spesso il valore di capitalizzazione del reddito è inferiore al valore di mercato dell’immobile, in quanto esistono vincoli urbanistici e culturali che ne limitano una trasformazione con esso contrastante. Dunque il riferimento al principio del beneficio locale, comporta di fare riferimento al valore capitalizzato del reddito, che si commisura all’utilizzo consentito dell’immobile. ARCH. LOC. E COND. 05/2006 487