Untitled - Rizzoli Libri

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Untitled - Rizzoli Libri
patrick modiano
villa triste
Traduzione di Anna e Alfredo Cattabiani
ROMANZO
BOMPIANI
Modiano, Patrick, Villa Triste
© Edition Gallimard 1975
Prima edizione italiana Rusconi 1976
Per questa edizione
© 2014 Bompiani / RCS Libri S.p.A.
Via Angelo Rizzoli 8 – 20132 Milano
ISBN 978-88-452-7892-1
Prima edizione Bompiani novembre 2014
Per Rudy
Per Dominique
Per Zina
Chi sei tu, voyeur d’ombre?
Dylan Thomas
I.
Hanno demolito l’Hôtel de Verdun. Era un bizzarro
edificio di fronte alla stazione, circondato da una veranda di
legno che stava marcendo. I commessi viaggiatori andavano
a dormirvi fra due treni. Si diceva che fosse un albergo per
coppiette. Anche il vicino caffè, a forma di rotonda, è scomparso. Come si chiamava? Café des Cadrans o Café de l’Avenir? Fra le stazioni e le aiuole della Place Albert-Ier c’è adesso un gran vuoto.
Rue Royale, quella, non è cambiata; eppure si ha l’impressione, percorrendola, di attraversare una città morta: sarà
forse per l’inverno e l’ora tarda? Vetrine della libreria Chez
Clément Marot, di Horowitz il gioielliere – Deauville,
Genève, Le Touquet – e della pasticceria inglese FidelBerger... Più avanti il salone di bellezza René Pigault. Vetrine
di Henri à la Pensée. Fuori stagione la maggior parte di
questi negozi di lusso sono chiusi. Quando cominciano i
portici, si vede brillare in fondo, sulla sinistra, il neon rosso
e verde del Cintra. Sul marciapiede di fronte, all’angolo di
Rue Royale e di Place du Pâquier, La Taverne che era affollata di giovani durante l’estate. Chissà se la frequentano
ancora?
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Non è rimasto invece più nulla del vecchio caffè, dei
lampadari, degli specchi, dei tavolini con gli ombrelloni che
invadevano la strada. Verso le otto di sera fra quei tavolini
c’era un viavai continuo. Gruppetti di ragazzi. Risate. Capelli
biondi. Tintinnare di bicchieri. Cappelli di paglia. Ogni
tanto un accappatoio da spiaggia che aggiungeva una nota
di colore. Si preparavano per festicciole notturne.
A destra, laggiù in fondo, il Casinò, un edificio bianco e
massiccio, aperto soltanto da giugno a settembre. D’inverno
la borghesia locale gioca a bridge due volte la settimana nella
sala del baccarà mentre il grill-room serve come luogo di
ritrovo per il Rotary Club della zona. Dietro il Casinò il
parco di Albigny scende dolcemente fino al lago con i salici
piangenti, il chiosco per la musica e il pontile dove attracca
il decrepito traghetto che fa servizio fra i paesini in riva al
lago: Veyrier, Chavoire, Saint-Jorioz, Eilan-Roc, PortLusaz... Troppi nomi. Ma certe parole si devono cantilenare
continuamente, come una dolce ninna nanna.
Si segue Avenue d’Albigny fiancheggiata da platani.
Costeggia il lago, e quando curva a destra si può notare un
cancello di legno bianco: l’ingresso dello Sporting. Ai lati di
un vialetto in ghiaia molti campi da tennis. Poi basta chiudere gli occhi per ricordare le lunghe file di cabine e la spiaggia
di sabbia che si allunga per circa trecento metri. Sullo sfondo un giardino all’inglese con il bar e il ristorante ricavati in
un’aranciera riadattata. Lo Sporting si trova su una penisola
che verso il 1900 apparteneva al fabbricante di automobili
Gordon-Gramme.
All’altezza dello Sporting, sull’altro lato di Avenue d’Albigny, comincia Boulevard Carabacel. Sale a tornanti fino
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agli Hôtel Hermitage, Windsor e Alhambra, che si possono
raggiungere anche con la funicolare. D’estate la funicolare
funziona fino a mezzanotte, e la si prende in una stazioncina
che assomiglia a uno chalet. Qui la vegetazione non ha una
fisionomia precisa, è difficile capire se ci troviamo sulle Alpi,
sulle rive del Mediterraneo o ai Tropici. C’è di tutto. Pini a
ombrello. Mimose. Abeti. Palme. Salendo per Boulevard
Carabacel, si scopre a mezza costa il panorama: il lago tutto
intero, la catena degli Aravis e, dall’altra parte del lago, quel
paese sfuggente che si chiama Svizzera.
L’Hermitage e il Windsor sono stati trasformati in appartamenti ammobiliati. Tuttavia, non si sa bene perché, sono
rimaste al loro posto la porta girevole del Windsor e la
veranda a vetri che prolungava la hall dell’Hermitage. Vi
ricordate? Era invasa dalle buganvillee. Il Windsor era stato
costruito negli anni dieci e la sua facciata bianca aveva lo
stesso aspetto di meringa del Ruhl o del Negresco a Nizza.
L’Hermitage, color ocra, era più sobrio e maestoso.
Assomigliava all’Hôtel Royal di Deauville. Come un fratello
gemello. Ma è poi vero che questi alberghi sono stati trasformati in appartamenti? Non una luce alle finestre.
Bisognerebbe avere il coraggio di attraversare i saloni bui e
salire le scale. Allora, forse, ci accorgeremmo che non vi
abita nessuno.
L’Alhambra è stato demolito. Scomparsi anche i giardini
che lo circondavano. Al suo posto costruiranno certamente
un albergo moderno. Un piccolo sforzo di memoria: d’estate i giardini dell’Hermitage, del Windsor e dell’Alhambra
erano quasi simili al Paradiso Perduto e alla Terra Promessa,
come possiamo immaginarceli noi. In quale albergo c’era
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l’immensa aiuola di dalie e la balaustra alla quale ci affacciavamo per contemplare il lago, laggiù? Ormai tutto ciò non
ha più alcuna importanza. Siamo stati gli ultimi testimoni di
un certo mondo.
È molto tardi, è inverno. Sull’altra riva del lago si distinguono a malapena le umide luci della Svizzera. Della vegetazione lussureggiante che si notava ai lati di Boulevard
Carabacel restano soltanto alcuni alberi morti e macchie di
arbusti intisichiti. Le facciate del Windsor e dell’Hermitage
sono sporche e come calcinate. La cittadina ha perduto la
patina di villeggiatura elegante e cosmopolita. Si è ridotta
alle dimensioni di capoluogo di provincia. Una piccola città
rannicchiata in fondo alla provincia francese. Il notaio e il
viceprefetto giocano a bridge nel Casinò chiuso durante i
mesi invernali. E vi gioca pure la signora Pigault, la direttrice del salone di bellezza, quarantenne bionda profumata alla
Shocking. Accanto a lei Fournier figlio, la cui famiglia è
proprietaria di tre tessiture a Faverges, e Servoz, dei laboratori farmaceutici di Chambéry, eccellente giocatore di golf.
Si mormora che la signora Servoz, bruna come bionda è la
signora Pigault, circoli sempre al volante di una bmw fra
Ginevra e la sua villa di Chavoire, e le piacciano molto i
giovani. La vedono spesso con Pimpin Lavorel. E potremmo
raccontare mille altre notiziole insipide e costernanti sulla
vita quotidiana di questa stazione termale, perché le cose e
le persone non sono certo cambiate negli ultimi dodici anni.
I caffè sono chiusi. Una luce rosata filtra dalla porta del
Cintra. Volete che entriamo per controllare se le boiserie di
mogano sono state cambiate, se la lampada con il paralume
scozzese è sempre al suo posto, sulla sinistra del banco? No,
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non hanno levato le fotografie di Emile Allais scattate a
Elgenberg quando vinse il campionato del mondo. Né quelle di James Couttet. E neppure la fotografia di Daniel
Hendrickx. Sono sempre allineate sopra la fila degli aperitivi. Ingiallite, evidentemente. E nella penombra c’è un solo
cliente, un uomo congestionato con giacca a quadretti che
palpeggia distrattamente la barista. Agli inizi degli anni
sessanta lei era di una bellezza acerba, poi si è appesantita.
In Rue Sommeiller deserta si sente il rumore dei propri
passi. Sulla sinistra il cinema Le Régent non è cambiato:
sempre quell’intonaco color arancio e le lettere “Le Régent”
in carattere inglese color granata. Avranno certamente rimodernato la sala, sostituito le poltroncine di legno e i ritratti
Harcourt* delle dive che decoravano l’entrata. La piazza
della stazione è il solo posto in cui brilli qualche luce e vi sia
un po’ d’animazione. Il rapido per Parigi passa a mezzanotte e sei minuti. I militari in licenza della caserma Berthollet
arrivano a piccoli gruppi chiassosi, con le valigie di metallo
o di cartone. Qualcuno canta Mon Beau Sapin: Natale è vicino. Sul marciapiede n. 2 si accalcano gli uni contro gli altri,
si danno pacche sulla schiena. Si direbbe che stiano partendo per il fronte. Fra tutti quei cappotti militari un abito
borghese beige. L’uomo che lo indossa non pare soffrire il
freddo: intorno al collo ha una sciarpa di seta verde che
stringe con mano nervosa. Va di gruppo in gruppo, muove
il capo da sinistra a destra con aria stralunata, come se stesse
cercando un volto in tutta quella calca. Ha persino doman* Ritratti di uno studio fotografco specializzato in “pose uffciali” di
dive cinematografche. (N.d.T.)
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