l`archeologia del mito nella poesia di aurelio pes
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l`archeologia del mito nella poesia di aurelio pes
L'ARCHEOLOGIA DEL MITO NELLA POESIA DI AURELIO PES* Genealogia del fuoco ebbe un esordio privilegiato. Un esigente critico d'arte come Vittorio Sgarbi decretava "Ecce Liber"; mentre il filosofo Rosario Assunto teorizzava, nelle pagine prefatorie, sulla "verticalità" di una scrittura tutta volta ad attuare "l'unità totale del sentire e dell'argomentare e dell'immaginare." Il titolo della raccolta vuole significare la genealogia ο i primordi della vita; il ripercorrere emblematiche situazioni dell'uomo storico e antropologico. Nei poemi drammatici e nelle prose poetiche di Aurelio Pes, si esalta una filosofia della genesi e dell'organismo che trova sviluppo e unità nel tutto. Ciascun personaggio ha la sua genealogia del fuoco, quel momento epifanico in cui egli sente "il peso della ferita." L'opera assurge a gesto assoluto che riproduce la vita e la morte dell'uomo. Da Psiche a Borromini, da Boscoli a Caravaggio, si notano le tracce visibili di un'esperienza esemplare. Leggere Genealogia è sottoporsi a una condizione estatica, personale e cosmica. 11 mito si trasforma in uno stato ontologico della discesa/ascesa del personaggio e dell'io creativo. Poesia rara, da adepti, la cui iniziazione rivaluta e spiritualizza il passato. Il fuoco alchemico, l'elemento demiurgico che aiuta il poeta a trascrivere dalla molteplicità del mondo mitico quello da creare dove ora egli esiste, è la quintessenza del principio dell'energia; un agente di trasformazione, la cui luce media la strada all'epifania. Il carattere intricato del linguaggio di Pes si esprime nella ricerca costante di una sublimazione della forma. Come la dedica al volume sottende, "La rosa è forma che se stessa celebra," la scrittura trascrive la scrittura. Il fiore figurante, cresciuto nel giardino della letteratura — di cui riassume e universalizza i misteri — è bellezza autocelebrante. Il momento 1 2 3 4 204 mitopoietico può funzionare solo in una sfera di luce; si erge dall'abisso dell'alchimia per ricreare nuovi miti, nuovi mondi. Genealogia del fuoco si compone di quattro parti distinte che, tra racconto, visione, mito e saggio, elaborano analogie rituali di morte e resurrezione. La forma fondamentale di tale processo è il movimento ciclico, l'alternarsi di stasi/fervore, declino/ascesa, morte/vita, che ne è il ritmo stesso. Il libro si apre con Γ omonima collezione di poemetti drammatici; un ritorno ai primordi, alla prima materia. Rappresentati con successo in vari teatri italiani, i poemi adombrano un intimo disegno iniziatico e un dialogo filosofico complesso (Porfirio, Pascal, Lao-tsu). Fanno intravedere le strutture mitiche che sostengono il viaggio del "personaggio astrale" di Pes: Psiche, Animus, Borromini, Eleonora d'Aragona, Attis, Boscoli, Ronsard, Quevedo, e Corneille diventano il "simbolo ο geroglifico rimandante a qualcos'altro di ampio e profondo. Da qui, il coincidere delle loro vite con quelle dei grandi corpi astrali, dei quali con incessante metamorfosi ancora ripet[ono] il periodico sorgere declinare levarsi" (p. 17). La seconda raccolta, "Jeu de cartes," comprende sei prose poetiche, modulate sulla traiettoria luce/agnizione: Caravaggio, Sofonisba Anguissola, Wagner, Serpotta, Lessing configurano la "ferrea volontà di mantenere intatto il ricordo delle origini e restare con esse in un misterioso, tenace rapporto" (p. 207). L'eterno spirito, che induce il personaggio irrequieto a intraprendere il viaggio con gesto eclatante, testimonia il bisogno di trascendere il caos della materia indistinta. Si ripristina il percorso interrotto, come nelle fughe visionarie di Caravaggio e di Lessing incontro alla morte, la quale, per l'autore, è iscritta "attimo per attimo, nella vita d'ogni singolo uomo; ed essa è il compimento di un destino" (p. 192). Puntualmente ricostruite, queste storie in prosa ritmata rimandano a inevitabili richiami poetici, tra i quali, come ha già notato il prefatore, gli Imaginary Portraits di Walter Pater. Scritto in "tecnica mista" per la Zattera di Babele, "Macel de' Corvi" drammatizza l'incarnazione di antiche stirpi solari: Medea, Telemaco, Lady Macbeth sono folgoranti depositi di "intatta luce originaria" (p. 217). Si registra una regressiv ai fantasmi della memoria collettiva, alle oscurità del sottosuolo, ed un ricostituirsi delle vicende in circolo armonioso, anche per chi, come Telemaco, adempirà a un destino in cui non crede. La struttura dei poemi è onirica, junghiana. Come scrive Pes nelle note a "Lady Macbeth": 205 Nel sogno, noi parliamo una lingua fatta d'immagini e geroglifici, della quale percepiamo soltanto oscure sillabe che però attraggono la nostra anima verso un'esistenza fatta d'echi di voci infinite, di regni dispersi e futuri [...] I sogni sono fiori ricamati, lievi farfalle trasvolanti sulla veglia degli uomini; il loro benefico genio risuscita l'infanzia del mondo, dispone il nostro sguardo al fugace riflesso del paradiso perduto; oppure, sono gelidi incubi, dove un vento turbinoso frusta e dilania le nubi, lacera il tempo e lo inabissa nelle cripte del passato (pp. 249-52). Il contorno degli oggetti si distanzia dal suo significato; "la curva d'una gamba diviene quella d'una foglia, il cui stelo cangia a sua volta nel piede d'un satiro" (p. 249). Rapide metamorfosi consacrano un rapporto interiore: dal profano disordine del mare in tempesta, da uno stato di caos e dissolutio rinasce l'incanto d'un tempo infinito. Il poeta lavora sugli apparati fonici per riprodurre, nel suono, il primordiale della parola. Il verso acquista una trasparenza assoluta. Epilogo a Genealogia del fuoco è il saggio "Goethe in Sicilia," massima celebrazione del grande viandante. Scrittore molto amato dal Pes, con cui condivide l'interesse per l'alchimia e l'estetica emotiva dei colori, Goethe incorpora la genialità del veggente ed un profondo pathos esistenziale. Nell'addio di Goethe all'isola, si compendia il messaggio del moderno cantore: "Qui abbiamo veduto gli sforzi degli uomini per resistere contro le violenze della natura, contro la perfidia maligna del tempo, contro il furore delle loro stesse discordie e ostilità" (p. 273). 11 mito è la forma primaria dell'esperienza lirica e drammatica di Pes; esemplifica il suo orientamento d'artista e di lettore. Filosofo esoterico e umanista di vastissimi orizzonti, egli accosta al materiale mitico quello rappresentativo della tradizione siciliana. Alieno però da ogni regionalismo, come ha rilevato Vittorio Sgarbi, i suoi riferimenti sono quelli della tradizione classica e della cultura europea del Novecento. Per la sua formazione, risultano fondamentali le letture de Il flauto magico di Goethe, de La tentazione di Sant'Antonio di Flaubert e, della tetralogia di Thomas Mann, specialmente le storie di Giuseppe. Come Mann, egli sembra prendere le distanze dalla realtà attuale e scrive un'opera apparentemente inattuale. Di fatto, come lo scrittore tedesco che scriveva sotto Hitler, egli denuncia tutto quanto appare barbarie pura. Prendere le distanze; ecco la civiltà: "lo scrivere come atto di orgoglio." Di Pes, colpisce uno stile mirabile, tutto suo, dal ritmo martellante e serrato, dove ogni vocabolo ha la sua esatta 5 6 206 collocazione nel periodo e non potrebbe sussistere altrimenti. È lo stile mitopoietico di un artista che, nell'intima disciplina classica, dona al proprio pensiero un afflato interiore che eleva il tutto a poesia. L'attualità di Pes resta in una cognizione vasta e metafisica del reale. La mitologia assurge a teogonia. Idealizzando il mito e i suoi valori eroici, egli rivaluta, con impeto fantastico e sacrale, le istituzioni della letteratura. Ogni opera moderna è sprazzo sull'universale; è Signum. Solo attraverso la scrittura si può ritornare alle origini. La mitologia è quindi tutt'altro che "un ripescare l'archeologia delle cose." Il mito diviene l'athanor ο crogiuolo che il tutto amalgama; incorpora le aspirazioni di un'epoca (la nostra) e si eleva a simbolo trascendente: viene a rappresentare l'ansia di raggiungere l'originario, di per sé irraggiungibile. Così, se la Sicilia di Pes permane la terra di Tomasi di Lampedusa e della stirpe solare del Gattopardo, è anche il locus della consapevolezza di una crisi di valori. L'esperienza mitica e creativa denuncia l'aridità del deserto/presente; lo scrivere sottintende una tensione, quella tensione eraclitea dei dissimili da cui nasce l'armonia pura. Il dilemma montaliano di una scelta fra mito-menzogna e deserto (che porta il poeta ligure a un crudo risveglio), si risolve, in Pes, in una rivitalizzazione del passato, da cui "il tempo, il nostro tempo, si rivela" (p. 65). A differenza di D'Annunzio, per il quale il fuoco equivale alla dinamica azione/creazione, l'autore palermitano privilegia, nel mito, il solitario artefice alla Proust. L'intensa fiamma dell'ispirazione si consuma nella intrinseca solidità delle strutture classiche e nell'innesto culturale, con un'adesione totale al materiale cantato. In Pes, si può parlare di classicità per analogia coi grandi, per la piena assunzione ch'egli fa delle responsabilità del suo ductus e della sua opera. Come tale, la sua poesia è moderna e crea, al contempo, tradizione. Chiave interpretativa di Genealogia del fuoco è la scienza alchemica; il processo che trasforma il metallo vile in nobile. Le vicende dei personaggi astiali hanno un percorso costante: il passaggio dalla notte al giorno, l'approssimazione totale verso l'oro assoluto. I gradienti e i colori affrescano cicli vitali, naturali e cosmici. Lo studio non filologico dell'alchimia serve a Pes in senso simbolico: vita e morte sono strutturalmente intessute, e questo crea l' opus. La morte è sinfonia funebre che modula la funzione del verso rispetto al testo poetico; ma anche canto di vita: è l'oro alchemico; un gesto esemplare, un atto voluto e dovuto dall'estenuato, consapevole viandante. Il ritmo è 7 8 9 207 elemento connotativo, un impulso primigenio a cadenzare l'ispirazione; potenzia i contenuti espressivi in una specie di linguaggio allo specchio che rende tutti necessari, aguzzino e vittima, per il compimento della morte. In "Animus," il poeta celebra un rito di passaggio (notte/giorno) immortalato dall'epigrafe di Keats: "When the night doth meet the Noon, / in a dark conspiracy, / to banish Even from her sky" (p. 31); scandisce il funerale del sole e la rinascita della luce con un ritorno alla grotta-ventre della Grande Madre, che fagocita il figlio-amante per figurarne il doppio, Γ Anima. Grande lettore di Jung, di Frazer, di Mauss, di Burckhardt, di Nietzsche, Aurelio Pes canta la ferita d e l l ' e r o e solare dalla chioma di fuoco" (p. 33) nel momento Umiliale in cui, "ombra opalescente," scompare nel "Nero più Nero": Tratto l'ormeggio, la notturna barca per l'etra fende fiaccole fulgenti, satura dell'ansare gorgogliante del fianco, che nel latice si inarca. Il suono dei sonagli aurei del sole la incalza, poi fra i Calibi la inclina; l'araldica lucertola, nel suolo ignito, la divora e la calcina. Non più il filo conduce ore infinite, non più bracchieri inducono alle piste dei cigni, volti a languida deriva. S'arma di rosa lontanante riva; l'eroe vestito d'oro le ferite impiaga delle sue purpuree liste. (p. 40) Il mito del'eroe solare, puer aeternus reminiscente di Narciso, che ruota intorno alla terra in eterno, ritorna in altre storie, quali quelle di Francesco Borromini ("Il cimento del sole e della luna") e di Pietro Paolo Boscoli, Γ umanista decapitato per avere congiurato contro Giuliano dei Medici. Anime erranti in corpi lucenti, questi personaggi sono emblemi prefiguranti le forze contradditorie del secolo del dissenso; si rispecchiano nelle acque del pozzo, mentre soccombono ai pensieri notturni. I fuochi lunari della loro avventura hanno la sequenza cruciale del ciclo vecchio/nuovo, con analogia al ritmico susseguirsi di morte, dissoluzione, e resurrezione. Per l'architetto suicida, "lo spazio 208 è fabbro [...] dei sogni" (p. 45) e la forma implica un movimento che converge "al liminale / del cielo" (p. 60). La labirintina caverna interlunare, in cui s'addentra Borromini dischiude il progetto di un percorso creativo in sé. Alla fine del poema, il contrappasso esorcizza l' immagine della fanciulla del primo quadro, che "lenta si sgretola" come "carta che ondeggia" (p. 46). L'architettura deve salvarsi ad ogni costo. 10 Matrix iniziatica di Genealogia del fuoco è la storia di Amore e Psiche. Nel riproporre il mito classico, Aurelio Pes ha il preciso disegno di trarre da esso materia nuova: "Chi la [tradizione] osservi con occhio meduseo, e pretenda marmorizzarla ο ne esibisca romantici revivals, colui è propriamente un profanatore di tombe. Non come fatto collettivo ο preesistente ο ricattatorio, ma attraverso un paziente e artigianale e soggettivo lavoro essa riprende lentamente corpo, torna con volto antico 11 a nascimento." Tale è l'ottica che informa anche le trascrizioni poetiche di biografie rivissute e riscritte: il "poema del viaggio sub rosa" di Eleonora d'Aragona, la cui vicenda sembra confondersi con l'antica investitura di Empedocle d'Agrigento; la storia della pittrice cremonese Sofonisba Anguissola, andata sposa a Fabrizio Moncarda di Paternò; la musica visibile di Giacomo Serpotta, il quale, "assorto nella creazione, si ritempra attingendo energia da Dioniso" (p. 202). La sovrapponibilità delle linee vita/arte sigilla un discorso poetico il cui territorio scandaglia una illimitata archeologia del mito. Il diario apocrifo di Eleonora d'Aragona solleva l'ardua impresa semantica di tutta la produzione di Pes: "Si può tradurre l'intraducibile?" Ma, dalla traduzione, obietta il poeta adducendo illustri precedenti (San Tommaso e Aristotele), "germina e si consolida la tradizione, che a sua volta è figlia dell'intuizione, del caso, dell'incomprensione feconda. Forse per questo essa ha il volto liliale dell'infanzia. Tutt'altro che in gramaglie dinanzi al cadavere del verbo, ne finge l'immortalità e per provarne la salute, falsifica le carte" (p. 64). Tradurre, dunque, come finzione rituale, in cui la metamorfosi dischiude tutte le potenzialità dell'opera. Mito e storia ricostituiscono, nell'ideale estetico, un'armoniosa totalità. La poesia di Pes apre "le porte segrete attraverso le quali l'universo tenta d'invadere e turbare il nostro piccolo mondo" (p. 252); un macrocosmo, dal quale emergono i colori multiformi di un mondo interiore in espansione. Immaginazione e gnosi illuminano il senso primitivo della simbolica ferita; denotano l'esperienza sognata della notte, con tutte le sue allusioni erotiche. Il mito della fanciullezza del 209 cosmo e della sospensione del tempo è cantato con voce profonda. Poemi e biografie hanno un disegno lirico, tra luce e ombra; intessono l'eco di voci abissali. Il mito rinasce nella complessità del linguaggio. Il suono della parola subisce una trasformazione autonoma; dà spessore particolare ai significati. Chimere letterarie affiorano: il verso fisiologico di Pound, T. S. Eliot, Mallarmé; le musiche di Debussy e Stravinsky. Dare musica al verso è procedimento primario in Pes; la struttura dell'universo nasce dal suono. Ed il suono è luce (l'oro alchemico). L'uomo è il viandante in tempi precari, come Goethe, Caravaggio e Sofonisba; un ossimoro vivente. Il racconto della paziente conquista dell'isola di Eleonora d'Aragona è cesellato sulla statua del Laurana a Palazzo Abatellis, che il poeta ebbe ad ammirare da bambino. Immagine trasmutativa e centrale della discesa, la statua, come i ritratti di Sofonisba e lo specchio di Psiche, racchiude in sé l'effige della perenne trasfigurazione dell'ouroborus; suggerisce lo scambio dell'identità originale per la sua ombra. Vertiginose metamorfosi causano nei personaggi una persistente condizione di delirio, dovuta alla fatuità del loro corpo-crisalide; il quale, mentre soccombe all'estasi divina, viene straziato come in una tragica ordalia. Dice Amore: "Psiche, le pietre echeggiano i loro funesti richiami. Tempera le tue veglie, e il tuo corpo svuotato sarà pelle che traspare" (p. 26). I personaggi astrali di Pes non celebrano se stessi, ma il memoriale d'un antico gesto che domanda lo smembramento dell'essere nella multiforme veste della natura. Come nella massima di Lao-tsu ricordata in "Attis," il dio la cui morte e resurrezione richiama i riti orgiastici di Cibele/Demetra, "essere lacerato vuol dire essere liberato" (p. 99). Il mito come sfera dove tutti i significati si esaltano trova particolare applicazione in "Amore e Psiche," ispirato alle Metamorfosi di Lucio Apuleio. Il romanzo iniziatico classico ha in Pes il movimento narrativo del processo alchemico: dalla fixatio alla dissolutio si implica uno spaziare del soggetto tra lo specchio del desiderio e l'abisso invisibile. Ciò che interessa al poeta è il telum passionis, la ferita inflitta da Amore, e il momento della discesa. Psiche resta agli inferi perché non comprende la forza di luce/Eros. La sua ferita è, tuttavia, al positivo; è punto di partenza per risalire. Simulacro di uno svolgimento cosmico, elaborato sull'immagine paradigmatica dei tre cerchi concentrici (emblemi di eternità), il corpo di Psiche racchiude l'esperienza della lacerazione primordiale. La raffigurazione delle origini scaturisce dall'innesto semantico e concettuale di luce/specchio, da cui 12 13 14 210 sboccia il sogno coi colori magici dell'avventura solitaria. Geroglifico di un microcosmo in cui metamorfosi evenienti formano nuovi cicli vitali, Psiche subisce, nel passaggio notte/giorno, l'approssimazione massima verso la luce. Della storia di Apuleio, Pes privilegia la fase del descensus ad inferos, quando "la perdita di identità immette la protagonista nella dilacerazione infinita d'un mondo ostile e dissenziente" (p. 18). Il mito è definito nel suo carattere ctonio. L'apertura verso l'abisso, dimora dell'oscurità, simboleggia la notte per Psiche, che avendo disobbedito al comando di Amore, cade in un sonno/ morte. Fissato nella sua essenza solare, Amore "corpo luce accecante" dissipa le ombre riflesse delle sorelle e dei quattro esseri fantastici. La tematica del doppio, che riempie di significato l'intero testo, è implicita nella immagine dello specchio; di cui il sonno è la guaina ieratica. Perché possa costituirsi la condizione della dissolutio — "è il suo morire come lo sciogliersi delle membra nel cosmo" (p. 18) — la materia deve trasfigurarsi in mito e disdegnare la refrattaria confusione. Psiche si specchia nel pozzo di Narciso, nel riflesso elusivo di una bellezza eterna; un gioco di seduzione teso a irretire il potere d'Amore. Inizialmente ritratta nell'attimo del risveglio, nello stato in cui il ritorno al sonno connota la rottura della coscienza, la gestualità di Psiche ritma gli atti di un tempo cosmico; nel trionfo luminoso del gesto, cade il regno della tenebra e della morte. Il tentativo di ricreare il legame, è però finzione rituale. Da qui, l'impossibilità del ricongiungimento con Amore, "tramite il quale soltanto, il sopra della ratio e il sotto dell'animalità potrebbero in lei armoniosamente ricostituirsi" (p. 18). Il cerimoniale del sacrificio deve officiarsi affinché lo splendore intellegibile di Amore/oro spenga i fuochi di Lucifero. Amore non è un demone; non averlo capito è per Psiche la dannazione. L'evocazione del mito è suggestiva del mondo originario; della nascita delle insidie tra uomini e animali, e ogni cosa creata. Il poema diventa il luogo della memoria in cui si evocano le vicende di tutta quanta l'umanità; in esso "ogni cosa va e ritorna, nata rinasce, visione di sogno presaga dell'avvenire" (p. 20). L'annullamento dell'esistenza è fissato dall'immagine portante sonno/morte. Attraverso il sonno, la discesa all'abisso si verifica, lo specchio è distrutto e la tenebra torna a regnare. Dal pozzo non si sfugge, ma il ritorno non è irreversibile. In Genealogia del fuoco, il tema della discesa agli inferi è una prova iniziatica per eccellenza, che drammatizza i misteri dello sparagmos e del caos, tratti caratteristici della iniziazione sciamana; una 211 discesa orfica all'abisso attraverso cui si reintegra una personalità più forte e creativa. Il fuoco è la forza demiurgica generatrice che distrugge e purifica; simboleggia la materia incorruttibile e divina degli astri; prepara la strada a un'esperienza teofanica. C'è in Pes un'idea della poesia come rivolta contro la negazione ο trasgressione. Poesia è architettura che si concretizza nella parola-musica; l'artista deve avere canone e forma. È in tal modo che il rito, divenuto scienza — l'algebra è poesia — come Γ animale talmudico saprà, per virtù trasmutativa, racchiudere in sé membra capaci di muoversi da un luogo a un altro; essere dunque, in uno, simultaneamente visivo olfattivo acustico; o, come un'immensa calamita, occupare uno spazio capace d'attrarre, senza perdere status, infinite altre esperienze: musicali ideologiche figurative; e questo mediante un canone unitario che non penetri soltanto il tutto ο ciascuna delle sue parti, ma che pervada ogni singolo elemento del lavoro di composizione (p. 80). Nei rituali di una Sicilia atavica, fioriscono citazioni che sviluppano una linea ideale di continuità (Dante, Porfirio, Tucidide, Poliziano, Leonardo, Keats, ecc.). Genealogia è il "libro epocale di un'epoca che non potrà più esistere"; ma bisogna pur ricordare che l'universo mitico esprime una visione della realtà in termini di desiderio ο ansietà, e che, nella società che lo ha prodotto, la sua autorità valida un messaggio esistenziale di massima importanza per la comunità stessa. Nell'opera di Pes si discerne il bisogno di ripercorrere il cammino della pura luce infinita che porti a ricostituire la circolarità dell'essere; si compendia una dinamica della realtà che fonde tempo sacro e storie veridiche. Il viaggio è una sequenza liturgica, dove "ogni cosa vive non in sé, ma in funzione d'una cerimonia d'avvento, d'una epifania ultima da propiziare" (p. 269). Poeta-sciamano, Aurelio Pes canta l'esperienza creativa illuminata dallo sguardo degli dèi. L'esplorazione del mito così intrapresa porta a un risveglio dell'energia psichica e alla resurrezione nella parola scritta. Risuscitando lo scenario iniziatico del personaggio astrale, il poeta rivive situazioni primordiali. Il suo desiderio di una renovatio è totale e definitivo. L'opera diventa il gesto unico che accoglie la creatività dell'artista, la vita e la morte dell'uomo. Nel filone della poesia 15 16 212 contemporanea, Aurelio Pes si colloca nell'unicità. GAETANA MARRONE Princeton University, Princeton, New Jersey NOTE * Aurelio Pes, Genealogia del fuoco (Palermo: Novecento, 1991, ed. riveduta e ampliata). Pp. 275. Vedi V. Sgarbi, "Passaggio in Sicilia," L'Europeo, 15 aprile 1988, p. 14, ristampato in Davanti all'immagine (Milano: Rizzoli, 1989), p. 297, e R. Assunto, "Prefazione," A. Pes, Genealogia del fuoco (Palermo: Novecento, 1991), p. 9. Intervista con Aurelio Pes, Palermo, 30 giugno 1988. Bettina L. Knapp, A Jungian Approach to Literature (CarbondaleEdwardsville: Southern Illinois University Press, 1984), pp. 60; 175. Il fuoco è una necessità se il processo di trasformazione deve officiarsi. Salvatore Nigro, "Se la scrittura profuma di rosa," La Sicilia, 17 febbraio 1988, p. 3. "Interamente sottratto al suo tempo, Pes vive in una eterna condizione mitica, neppure lambita dalla quotidianità e tanto meno dal colore locale ο dall'impegno civile tanto forte nella più frequentata letteratura siciliana contemporanea," Sgarbi, in L'Europeo, p. 14. Posizione, questa, condivisa anche da Guglielmo Lo Curzio, "Aurelio Pes, tra mito e poesia," Scrittori siciliani (Palermo: Novecento, 1989), p. 291. Lo stesso Pes afferma di "non credere nelle culture regionali." Intervista, 1 dicembre 1989. 1 2 3 4 5 6 7 Intervista, 1 dicembre 1989. Intervista, 30 giugno 1988. Si veda Franco Ferrucci, "Il mito," AA. VV., Letteratura italiana (Torino: Einaudi, 1986). Vol. V, pp. 113 e sg. "Contatti sono le totalità e le non totalità [...]; e fuori da tutte le cose ne sorge una sola, e fuori da una sola cosa sorgono tutte." "Lessing incontra la morte," pp. 187-8. Numerosi, in tutto testo, i riferimenti ad Eraclito. "Ciascun nostro processo creativo è labirintico. La verità che ne consegue è l'enigma, il quale sempre impone una risposta mai conclusa, ma schiudentesi al fascio dei possibili. "Labirinto non significa dispersione, ché non a caso la sua mappa ripete gli arabeschi delle bighe stellari, e nel contempo il giro vorticoso delle viscere. 8 9 10 213 "Esso è lo specchio dove l'io è diverso." "Secretum di Eleonora d'Aragona," p. 75. Cfr. Angiola Maria Bonisconti, Amore e Psiche, note al programma di sala, Piccola Scala di Milano, 1972. È la parola che "svela tutti gli enigmi, i misteri, i segreti, le meraviglie, la trama infine della stoffa di cui si compone l'universo, e il modo con il quale si preserva la grandezza dell'ago del cielo e della terra, cui tutti gli angoli dell'universo sono legati cuciti uniti appesi." "Secretum di Eleonora d'Aragona," p. 79. Cfr. Northrop Frye, Secular Scripture. A Study of the Structure of Romance (Cambridge: Harvard University Press, 1982), 5 rist., p. 155. Cfr. "Lady Macbeth," p. 252. Sgarbi, op. cit., p. 15. Cfr. Frye, op. cit., p. 17. 11 12 13 a 14 15 16 214