Lyla

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Lyla
Epilogo
Se avessi saputo di morire il giorno del mio ventunesimo compleanno, non
sarei mai e poi mai tornata a Fairville. Beh, se non ci fossi tornata, molto
probabilmente, non sarei nemmeno morta. A meno che non fosse destino… ma
adesso sto divagando.
Avrei dovuto capire che le cose sarebbero andate in questo modo, avevo tutti
gli elementi. Ma non ho rimpianti, ho sempre fatto quello che volevo fare, quando
mi andava di farlo e, soprattutto, con chi. Peccato che sia finita così. Certo,
magari se mi fossi comportata in maniera diversa avrei vissuto più a lungo, ma
chi ci pensava alla morte? Si crede sempre che toccherà agli altri… e sto di nuovo
divagando.
Mentre precipito nel vuoto, tutto, nella mia mente, si fa chiaro. Non ho visto
chi mi ha spinto, ma ho capito chi è stato. Non mi ha dato nessuna spiegazione,
forse non credeva che ne avessi bisogno. Si sbagliava. Se solo mi avesse dato il
tempo di replicare… non mi troverei qui ora, sempre più vicino all’asfalto.
Se fossi una persona romantica, come Jessica, spererei nel salvataggio
dell’ultimo minuto da parte di qualche supereroe segretamente innamorato di
me, qualche imbranato per cui mi ero presa una cotta con una doppia identità.
Purtroppo, o per fortuna, sono sempre stata cinica e so che non verrà nessuno a
salvare me. Okay, ammetto di non essere la persona più simpatica di questo
mondo, ma non è colpa mia. Non ho mai dovuto sforzarmi più di tanto. Avevo il
mio sorriso, i miei occhi verdi e i miei capelli biondi.
Chiudo gli occhi. So che l’asfalto è vicino, sempre più vicino, ma non lo tocco,
inaspettatamente non mi sfracello al suolo. Quando riapro gli occhi, sono distesa
su un prato. Ci metto qualche secondo a capire dove mi trovo. Il cortile della mia
vecchia scuola.
Cosa ci faccio qui?
«C’è nessuno?» chiedo senza ricevere risposta. Sono sola e la mia unica
compagnia sembrano essere le stelle. Quand’ero ragazzina, mi divertivo a
elencare i nomi di tutte le costellazioni. Mi ero fatta regalare da mio padre un
enorme telescopio di ultima generazione, passavo le ore a osservare il cielo. Poi è
iniziato il liceo e ho chiuso con quelle cose da sfigata.
Sgrano gli occhi e mi trovo in un vecchio cinema. Sembra il cinema di Fairville,
quello in cui andavo ogni tanto, quando non esistevano ancora i multisala, però so
che non lo è. Quel posto non esiste più, l’hanno demolito per costruire un centro
commerciale. Sullo schermo ci sono io, sospesa in aria, come se fossi prigioniera di
una bolla di sapone.
Quando dicono che appena prima di morire tutta la vita ti scorre davanti, non
pensavo fosse in senso letterale.
Il mio primo pensiero, non mi vergogno di ammetterlo, è che sono bellissima.
La verità è che la morte non mi ha mai spaventato, quello che mi faceva paura –
davvero paura – era la vita: i capelli che diventano grigi, le prime rughe, le
diverse parti del corpo che iniziano a cedere alla forza di gravità. Non sopportavo
il pensiero di invecchiare, la consapevolezza che un giorno non sarei stata più
attraente o desiderabile, che gli uomini – e le donne – non mi avrebbero più
guardato allo stesso modo. Forse avrei dovuto sforzarmi di sembrare simpatica,
gentile e intelligente, di trovare interessanti discorsi noiosi o divertenti battute
penose. Dopotutto il mio ventunesimo compleanno potrebbe essere stato un
giorno perfetto per morire. Se non altro, resterò per sempre giovane è bella.
«Lo pensi davvero?»
Guardo la ragazza seduta accanto a me, quando è arrivata? Cosa ci facciamo
qui? E capisco, forse per la prima volta da quando sono stata spinta dal balcone,
che sono davvero morta.
Decalogo dell’amante imperfetta
Quando, in prima liceo, la professoressa di lettere ci chiese come ci vedevamo
da lì a quattro anni, risposi semplicemente Leah Benett. Non c'era bisogno di
aggiungere altro, tutti sapevano chi fosse. Dopo essere stata eletta reginetta del
ballo ed essere stata ammessa alla Columbia University, credevamo che Leah
avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, sfilare a Parigi, recitare a Broadway o persino
ottenere un ruolo a Hollywood. Tutti eravamo convinti che un brillante futuro
l'attendesse, tutti tranne Leah, perché un giorno prese un flacone di sonniferi e
non si svegliò mai più.
All’inizio credevo si trattasse di un omicidio, qualche amica invidiosa o qualche
ex fidanzato geloso. Per me era assolutamente impossibile che si fosse suicidata,
era così bella.
Ora potrei finalmente chiederle il perché di quel folle gesto, invece le
domando: «Cosa ci fai qui?»
Leah sorride, «Sono qui per te, Lyla.»
«Sai il mio nome?» chiedo con un moto di orgoglio.
Non risponde e si gira verso il maxi-schermo. Ci siamo io e Jessica, nel nostro
appartamento. Jessica ha tutto quello che odio in una donna. È bella, ricca,
intelligente e sexy. Quando ci siamo conosciute, al liceo, dovevamo decidere se
essere rivali o amiche. Abbiamo scelto quest’ultima opzione e siamo diventate
inseparabili. I ragazzi ci desideravano e le ragazze ci invidiavano. Tutte e due ce
ne volevamo andare da Fairville senza farvi più ritorno, così ci siamo trasferite a
New York.
Jess sta cercando di convincermi a organizzare una festa per il mio
compleanno, ma io non ho per niente voglia di festeggiare. Tutti i miei posti
preferiti di New York mi ricordano Vincent.
Non c’è niente di peggio dell’essere mollata a pochi giorni dal proprio
compleanno. Soprattutto se è il ventunesimo. Almeno questo è quello che
pensavo quand’ero ancora viva.
«Non sei stata mollata.» dice Leah, «Tu eri la sua amante.»
«Noi eravamo innamorati.» rispondo io.
«Lo credi davvero?»
Ho mai amato veramente Vincent? E lui ha mai amato me?
«Almeno io non mi sono scolata un intero flacone di sonniferi.»
Non lascerò che una stupida ex-reginetta mi faccia sentire in colpa per le mie
scelte, giudicandomi dietro al suo finto sorriso. E poi a me piace essere l’altra.
Il fatto che un uomo, pur di stare con me, mette a rischio tutta la sua vita: il
suo matrimonio, il rapporto con i figli, in alcuni casi, persino il lavoro.
Il fatto di sapere qualcosa che la moglie non sa. Con me suo marito può essere
se stesso, mostrarmi com’è veramente senza paura di essere giudicato.
Vederlo di nascosto, mandargli sms piccanti quando so che è a cena con la
moglie, chiamarlo quando so che non può rispondere e allora finge che io sia un
suo vecchio amico dei tempi del college.
Io ho la mia vita e lui la sua. La quotidianità non m’interessa. Io sono per gli
alberghi di lusso, l’idromassaggio, lo champagne a letto, la colazione in camera.
Il problema è che dopo un po’ subentrano i sentimenti - è più forte di me, mi
affeziono - e da lì nascono i problemi. La gelosia. La rabbia quando mi dice
all’ultimo che non può venire, che c’è un’emergenza in famiglia. La mancanza di
sicurezze mi fa impazzire. Letteralmente. Infatti, inizio a comportarmi da pazza.
Lo chiamo in piena notte, vado nello stesso ristorante in cui so che è con sua
moglie, vederli insieme mi uccide, così come il fatto di non poter essere io quella
che gli prepara la colazione la mattina.
E tutto ciò porta, inevitabilmente, alla rottura.
«Ho bisogno di cambiare aria, almeno per un po’.» dico a Jess sul
maxi-schermo.
«E dove vorresti andare?»
«A casa.»
«A Fairville? Stai scherzando?»
«Mia madre è in crociera in Europa, quindi avremmo la villa tutta per noi.»
«Per cosa? Un pigiama party?» mi prende in giro lei.
Non posso fare a meno di sorridere, «Come ai vecchi tempi.»
Jessica butta gli occhi al cielo, «D’accordo... Se ci tieni.»
«Chissà se Mr Clark insegna ancora?»
Anche Jess sorride, «Ora si che ti riconosco!»
Scherzi del karma
Mi sono sempre piaciuti gli uomini più grandi. Non so di preciso il perché, forse
per il senso di protezione che mi infondono. Jess crede che sia colpa del rapporto
con mio padre. Un giorno decise che si era stufato di vivere con me e mia madre
e si trasferì dalla sua segretaria, allora poco più che ventenne. Tipico cliché
americano.
Io dico che non c’è niente che non vada nel rapporto con mio padre: vacanze in
Messico subito dopo il divorzio, BMW allo scoccare dei sedici anni, rinoplastica a
diciotto. Cosa avrei potuto volere di più?
Certo, mia madre non si è mai ripresa ed è diventata una vera rompipalle.
L’aspetto positivo è che ha iniziato a viaggiare. Europa, Africa, Asia, Australia. E
io avevo carta bianca per fare tutto ciò che volevo. O quasi.
Perché se c’è qualcosa che avrei voluto davvero fare, era rendere reale la mia
fantasia sul professore di chimica: Mr Clark.
Ed è lui che appare sul maxi-schermo con i suoi occhi castani e il maglioncino
infeltrito.
Mi volto verso Leah, «Non è bellissimo?»
Lei fa una smorfia di disapprovazione. Decido di ignorarla e torno al nostro
incontro al Walmart di Fairville, dove il destino me lo ha fatto ritrovare dopo tre
anni.
L’ho riconosciuto subito, mentre era intendo a quantificare il numero di
conservanti del sugo che stava comprando.
«Mr Clark.» mi avvicino.
Lui mi guarda, finge di non riconoscermi.
«Lyla Horowitz.» balbetta.
Non ci posso fare nulla. Più sono imbranati, più mi sento attratta.
«Anch’io ho faticato a riconoscerla. Non porta più gli occhiali.»
Sorride imbarazzato, «Ora uso le lenti a contatto.»
Al liceo lo chiamavano Clark Kent, per via degli occhiali spessi e fuori moda che
lo contraddistinguevano. Per me è sempre stato Superman.
«Se posso esprimere il mio parere, io la preferivo con gli occhiali, Mr Clark.»
faccio un passo verso di lui.
«Chiamami pure Dwight.»
«Preferisco Mr Clark.» un altro passo.
«Dwight, ecco il trapano che avevi ordinato.» si avvicina il commesso
guastando l’atmosfera che si era creata tra noi.
«Lyla!»
Mi volto e mi trovo a faccia a faccia con Robert Krakowsky, «Ciao Bobby.»
Già al liceo trovavo i miei coetanei così noiosi e immaturi. Dato che come
cheerleader ero molto in vista, Jess mi aveva convinto che fosse una buona idea
uscire con qualcuno di altrettanto popolare. Con mio grande rammarico, Mr
Clark non era un possibile candidato e, prima che qualcuno iniziasse a sospettare
che fossi strana o lesbica soltanto perché non mi degnavo di uscire con qualcuno
del liceo, decisi di puntare su un giocatore di football. Così mi misi con Jimmy
Sullivan e poi con Christopher Stevens, ma raggiunsi il mio limite di
sopportazione dopo appena un paio di mesi.
Infine decisi di uscire col mio compagno di laboratorio, Bobby. Era un
autentico imbranato e non capivo la metà delle cose che diceva, eppure c’era
qualcosa che mi attraeva. Era l’allievo prediletto di Mr Clark e uscire con lui
magari mi avrebbe messo in buona luce. Col passare del tempo scoprii che non
era poi così male, ci divertivamo insieme e i miei voti erano notevolmente
migliorati. Ma poi anche Bobby seguì il copione.
Gli uomini sono tutti uguali. I primi tempi si chiedono: come può una come lei
sentirsi attratta da uno come me?, poi tutto diventa routine.
Bobby si era montato la testa, una volta che aveva avuto me credeva di poter
avere tutte le ragazze che voleva. Così mi lasciò durante il ballo di fine anno,
senza una spiegazione plausibile, umiliandomi davanti a tutta la scuola.
Per fortuna che non ho più visto la maggior parte dei miei compagni del liceo.
Osservo la sua divisa da impiegato del mese, «E così... lavori qui?»
Qualche tempo dopo che mi ero trasferta a New York, mi dissero che suo
padre era scappato in Messico e Bobby aveva dovuto rinunciare al college per
occuparsi della sua famiglia e ripagare i debiti del padre.
Mi era dispiaciuto per lui. In fondo, era un bravo ragazzo ed era davvero
portato per lo studio... però mi aveva lasciato la sera del ballo.
Si sa, il karma può giocare brutti scherzi.
4 - Calcoli errati
Quando due persone si lasciano, ce n’è sempre una che soffre di più. E tra me
e Bobby sembra chiaro a chi sia toccato il bastoncino più corto. Per questo,
quando gli chiedo, per gentilezza, come stia, la sua risposta mi coglie di sorpresa.
«Mi sposo.» annuncia trionfante, «Domenica.»
«Wow!» cerco di sembrare entusiasta.
«Con Kimberly Joyce.» aggiunge, come se quel nome dovesse essermi
familiare, «Frequentava il nostro liceo. Era al secondo anno quando ci siamo
diplomati.»
Io e Jess abbiamo sempre snobbato le ragazze più piccole di noi, non
ritenendole degne della nostra attenzione, così non abbiamo mai perso tempo a
imparare i loro nomi.
«Allora come te la cavi nella Grande Mela?»
«Bene.» sorrido. A parte che il mio uomo mi ha appena mollato per restare
con la sua insignificante moglie e i suoi orribili figli. Charlene non ha ancora capito
che la permanente stile anni Ottanta è passata di moda già da un pezzo. Non
particolarmente alta, di corporatura normale, ecco, normale è l’aggettivo che la
descrive meglio. Il mio esatto opposto.
Lei e Vince hanno due figli. Non mi sono mai interessati un gran che e questo
lui non l’ha mai capito. Continuava a propinarmi le loro foto salvate con una
pessima risoluzione sul Blackberry. Dio, quanto erano brutti. Non oso
immaginare l’inferno che passeranno al liceo. Non vorrei essere nei loro panni. O
forse sì, visto che sono morta.
Beh, meglio morta che sfigata.
Questo però è meglio non dirlo al mio ex ragazzo che sta per sposarsi.
«Come mai sei tornata? Sentivi nostalgia di Fairville?»
«Vuoi scherzare?» ho appena fatto una smorfia e non è molto carino, «Voglio
dire… New York è New York. È il centro del mondo. Una volta, volevi trasferirti
lì anche tu.»
«Già.» sospira, «Ma le cose cambiano. Le persone cambiano.»
Forse Bobby è davvero cambiato, ma Mr Clark resta attraente esattamente
come ai tempi del liceo. Mi volto verso di lui e vedo che se n’è andato.
«È stato bello vederti, Bobby. Devo proprio andare ora.» cerco di liquidarlo.
«Che ne dici di venire allo Starlight stasera? Così ti presento Kim.»
«Perché no?» sento me stessa rispondere, non so perché, dato che preferirei
ingoiare un intero flacone di sonniferi come Leah Benett.
Non che Fairville pulluli di locali. In fondo, un salto lo potevo anche fare,
sperando che almeno ci fosse qualcosa di decente da bere.
Uscita dal Walmart, rivedo Mr Clark al parcheggio, «Mr Clark! Dwight!» lo
raggiungo, «Mi dispiace che Bobby ci abbia interrotto. È chiaramente ancora
innamorato di me, ma…»
«Lyla, io dovrei…»
«Che strano rincontrarsi così… dopo tanti anni, ma, già che ci siamo, volevo
parlarti di Chloe. So che ha un’insufficienza in chimica.»
«Sì, ma…»
«Mia sorella sta vivendo una fase delicata della sua vita, con il divorzio di mio
padre e la mia matrigna. Capisci anche tu che non è facile per una
quattordicenne…»
«Sì, ma… Ecco…»
«Vorrei tanto parlarne in maniera più approfondita.»
«Anch’io, però adesso proprio non posso…»
«Non c’è problema. Mi faccio viva io più tardi.»
«Ma…»
Ignoro le sue obiezioni, mi giro e vado verso la macchina, sculettando
leggermente, il che non guasta mai.
«Ottimo lavoro» si complimenta Leah, «Quando vuoi qualcosa, non ti fermi
davanti a niente.»
Non faccio in tempo a rispondere che la scena sul maxi-schermo è cambiata. Ci
sono io in un tubino nero che busso alla porta di casa Clark.
Il mio sexy professore sorride stupito.
«Non avevo il tuo numero, così… eccomi qui.» non gli do il tempo di rispondere
che sono già seduta sul suo divano, «Sono davvero preoccupata per Chloe.» dico
accavallando le gambe.
Mr Clark resta in piedi, in evidente imbarazzo. Io sono il frutto proibito, anche
se non l’ha mai ammesso nemmeno con se stesso. Ora sono qui, so che mi vuole,
così come io voglio lui.
«Quella sera sua moglie aveva il circolo di lettura. Avevi calcolato proprio
tutto, eh?» mi domanda Leah.
Le sorrido, «Come sempre.»
Lei ricambia il sorriso, «Tutto eccetto la tua morte.»
Tempismo (im)perfetto
Leah ha ragione. Avevo calcolato tutto. Alcuni avvenimenti, però, sono al di là
del nostro controllo. Qualcuno lo chiama destino, io la chiamo sfiga.
Non so cosa mi aspettassi esattamente, sognavo quel momento da quando
avevo quattordici anni. Mr Clark che mi passa un bicchiere di vino, le nostre dita
che si sfiorano, io che gli sorrido maliziosa, lui che deglutisce imbarazzato. Sette
anni di attesa e finalmente siamo qui, insieme.
«Quindi tua sorella sta soffrendo per il divorzio dei tuoi genitori.»
Davvero vuole parlare di Chloe? Oppure è solo una scusa per rendere tutto
più eccitante?
«Il divorzio di mio padre e della mia matrigna.» specifico, «I miei genitori
hanno divorziato quand’ero piccola. E adesso la storia si ripete. D’altronde, è così
che funziona. Ci si sposa, poi si divorzia.»
Lancio un’occhiata alla sua fede. Ha le dita lunghe e affusolate.
«Scusami, Dwight, non volevo toccare un tasto dolente. So che tu e tua moglie
siete in crisi.»
«Non siamo in crisi.»
«Non è quello che si dice in giro.»
«Chi lo dice?»
Alzo le spalle, «Da quanto siete sposati?»
«Ventun anni.»
«Che noia.» la mia mano si posa con naturalezza sul suo ginocchio.
«Era tutto così perfetto.» mormoro rivivendo la scena sul maxi-schermo.
«Fino all’arrivo di Michael.» ribatte Leah con un sorrisino malefico.
Non vedevo Michael Clark dai tempi del liceo, quand’era un ragazzino
brufoloso e occhialuto, e non mi aspettavo certo di vederlo proprio quella sera.
Lo stesso Mr Clark è sorpreso, «Non ti aspettavamo prima del
Ringraziamento.»
«Ho lasciato il college.» dice lui con una semplice alzata di spalle, poi mi vede,
sul divano, col bicchiere di vino in mano, «Lyla.»
«Ciao, Michael.»
«Lyla era venuta per parlarmi di sua sorella Chloe.» spiega Mr Clark in
imbarazzo, «Ma stava andando via.»
«Veramente…»
«Adesso devo fare quattro chiacchiere con mio figlio.»
Piantata in asso per un ragazzino viziato che sente la mancanza della mamma?
«Capisco. Non c’è problema.» porgo a Mr Clark il bicchiere, sculetto fino
all’ingresso e lancio un sorriso gelido a Michael che mi fa un cenno di saluto. Non
ha ereditato il fascino del padre, bensì il musetto da topo della madre.
«Chissà come sarebbe andata se non fosse tornato a Fairville proprio quel
giorno.» dice Leah.
Io la guardo, «Sappiamo entrambe che sarebbe andata in maniera totalmente
diversa.»
Non sarei in un cinema con l’ex reginetta della scuola, ma alla mia festa di
compleanno. Ancora viva.
«Allora, la prima cosa da fare per rendere questa serata sopportabile è
ubriacarci.» passo a Jessica il terzo cocktail della serata.
«Mi fa piacere che siate venute. Questi li offre la casa.» dice Bobby prima di
allontanarsi dal bancone per andare ad abbracciare Kim, la sua fidanzata che,
devo ammettere, è molto più attraente e molto meno sfigata di quanto mi
aspettassi. E sperassi.
«Bobby è ancora carino!»
«Scommetto che nasconde la pancetta sotto quella camicia di flanella!»
Mando giù una lunga sorsata. Devo raggiungere quel livello alcolico per cui la
serata diventerà incredibilmente divertente e i ragazzi saranno
improvvisamente più attraenti e meglio vestiti.
«Tu e Bobby stavate così bene insieme. Tutti vi invidiavano.»
«Non è un buon motivo per stare insieme a qualcuno.» le faccio notare.
«Non era l’unico motivo.»
«Mi manca Vince.» ammetto, «E questi cocktail non sono abbastanza alcolici!»
alzo la voce per farmi sentire da Kim.
«Vi preparo subito altri due Vodka Martini.» sorride per poi tornare dopo
qualche istante con i nostri cocktail. Rapida ed efficiente.
«Al liceo eravate degli idoli. Io e le mie amiche volevamo essere come voi!»
Patetica.
Per questo si è presa il mio ex? E sarebbe stato questo il mio destino se io e
Bobby fossimo rimasti insieme? Fare la barista? Per fortuna che sono scappata a
New York. Sarei dovuta restare là. Ora lo so. Sarei alla mia festa di compleanno
in questo momento, circondata da gente elegante e con in mano un vero Vodka
Martini. Ancora viva.
In un’altra vita. Forse.
In un’altra vita, forse, non avrei mai lasciato Fairville.
Certo, non avrei mai ingoiato un intero flacone di sonniferi come Leah Benett,
ma esistevano comunque valide alternative. Avrei potuto scegliere un college
non troppo distante, aiutare Bobby a superare la dipartita del padre.
In un’altra vita, forse, saremmo tornati insieme, avremmo una villetta tutta
nostra, col prato curato e lo steccato celeste.
In un’altra vita, forse, domenica sposerebbe me e non Kimberly Joyce.
Sono questi i pensieri che mi assillano quando apro la porta di casa e mi trovo
davanti la mia nemesi con i suoi capelli biondi che avrebbero bisogno di una
piega, i vestiti comprati ai grandi magazzini e una borsa di marca trovata a metà
prezzo su Internet.
«Kim, che piacere.» l’accolgo col mio migliore finto sorriso di circostanza,
«Cosa ci fai qui?»
Lei ricambia con un altrettanto finto sorriso, «Sono venuta per invitare te e
Jessica al matrimonio. Ne ho parlato con Bobby e anche lui crede che sia un’idea
carina.»
Carina non è esattamente il primo aggettivo che mi è venuto in mente, ma
decido di non essere troppo puntigliosa e la invito a entrare.
«Proprio non possiamo, Kim. Abbiamo l’aereo sabato.» spiego mentre preparo
un caffè per lei e una doppia aspirina per me, «Mi dispiace perdermi il
matrimonio. Scommetto che sarà l’evento dell’anno a Fairville.»
«Perché non vi fermate qualche altro giorno?»
«Abbiamo delle cose da fare a New York. Dobbiamo preparare gli esami.»
In realtà, quello che devo preparare è una strategia per riprendermi Vincent.
Quando ho controllato la segreteria, appena sveglia, non c’era nemmeno un
suo messaggio. Come osa ignorarmi così? Charlene gli avrà fatto il lavaggio del
cervello. Che ingrata. In fondo, le ho fatto un favore. Grazie a me, suo marito ha
acquisito fiducia in se stesso.
Succede sempre così. Dapprima diventano più sicuri di loro stessi, infine il loro
ego si gonfia a dismisura. Le altre donne se ne accorgono, iniziano a guardarli in
maniera diversa, si chiedono quali qualità possano nascondere dietro
quell’apparenza da sfigati per stare con una del mio livello.
Vincent ha seguito il copione alla lettera. Credeva di essere diventato fico e di
poter avere tutte le ventenni sexy del mondo. All’improvviso non ero più la
studentessa irraggiungibile, ma solo l’amante da scaricare perché si era stancato.
Ero diventata come sua moglie, più giovane e sexy, ma sempre noiosa.
Lo stesso valeva per Bobby. Non avrebbe mai avuto una come Kim se non
avesse frequentato me al liceo. Sarebbe rimasto uno sfigato qualunque,
probabilmente single a vita. Certo, non potendo avere l’originale, si è dovuto
accontentare della brutta copia. Anche se, devo ammetterlo, Kim non è affatto
male.
«Sono contenta che Bobby abbia trovato una brava ragazza. State bene
insieme.»
«Lo credi davvero?»
Sorrido, «Certo.»
«Perché vi siete lasciati?»
La sua domanda mi coglie di sorpresa, «Bobby non te l’ha mai detto?»
Kim scuote la testa.
«Sai com’è Bobby. Si appassiona a qualcosa con tutto se stesso, per lui diventa
la cosa più importante del mondo, poi, all’improvviso, si stanca e passa a
qualcos’altro.»
Questa cattiveria me la sarei anche potuta risparmiare, lo so. Non è colpa mia,
mi sono svegliata con un terribile mal di testa e senza nessun segno di
pentimento da parte del mio ex amante e dovevo pur sfogarmi in qualche modo.
Accumulare lo stress è nocivo. Lo sanno tutti.
«È stato in quel momento che l’hai capito?» mi domanda Leah.
Siamo di nuovo al cinema, con un primo piano degli occhi azzurri di Kim sul
maxi-schermo.
«Capito cosa?»
«Che rivolevi Bobby.» risponde Leah sgranocchiando pop corn.
In un’altra vita, forse, starei per sposare Bobby Krakowsky.
In un’altra vita, forse, sarei ancora viva.
In un’altra vita, forse, sarei stata felice.
Panta rei
Cosa c’è che non va in te, Lyla?
È una domanda che mi sono sentita fare spesso, ogni volta da una voce
diversa. Mia madre, mio padre, i miei ragazzi. Io ero fermamente convinta che
non ci fosse niente che non andasse in me. Io ero io, prendere o lasciare. Erano gli
altri a essere sbagliati, non si sforzavano di capirmi perché troppo stupidi o
troppo orgogliosi.
Quando è Leah a farmi la stessa domanda, non posso più mentire a me stessa.
«Ero attratta da un’altra storia senza futuro.»
«Lo rivolevi perché stava per sposarsi con un’altra. Perché sapevi che
avrebbe scelto lei, come Vincent ha scelto sua moglie.»
«Credevo… di poterlo salvare dalla vita mediocre che avrebbe avuto con
Kim.»
«Sei una narcisista e un’insicura.»
Osservo Leah, ogni dettaglio del suo viso, proprio come quando la incrociavo
per i corridoi della scuola. Se qualcuno ci vedesse qui, adesso, ci scambierebbe
per sorelle. Qualche ora fa, mi avrebbe lusingato. Ora non più. Ora che la sto
conoscendo meglio, non mi piace più.
«Sai cosa ti dico? Vaffanculo!»
Il maxi-schermo passa dal primo piano di Kim all’immagine di me in tuta da
yoga mentre aspetto Bobby nel parcheggio dal Walmart.
«Lyla, cosa ci fai qui?»
«Aspettavo te. Ti va di fare due passi?»
Lui annuisce, disorientato, mentre ci incamminiamo lungo il viale dei ricordi.
«La lavanderia era chiusa?» mi prende in giro.
Avrei potuto indossare uno dei tubini che ho portato da New York per sedurre
Mr Clark, ma a Bobby queste cose non sono mai interessate.
«Stamattina è venuta a trovarmi Kim.» gli racconto, «Per invitarmi al
matrimonio.»
Lui mi guarda preoccupato.
«Ho rifiutato.» lo tranquillizzo, «Neanche a me farebbe impazzire l’idea della
mia ex presente al mio matrimonio. E poi non vorrei rubare la scena alla sposa.»
È una battuta - con un fondo di verità - ma Bobby sorride a malapena.
«Kim voleva sapere perché ci siamo lasciati.» colgo la palla al balzo, «È passato
tanto tempo, lo so... Ma stavamo bene insieme, ci siamo divertiti.»
«Sì, ci siamo divertiti.»
«Allora... perché mi hai lasciato?»
«Ti ricordi la sera del ballo? Siamo stati eletti re e regina. A me non importava
un granché, ma era importante per te. Eri così felice. Poi ti ho visto... mentre
parlavi con Mr Clark, che era uno dei responsabili del ballo. Non avevi sorriso
così nemmeno quando ti avevano messo in testa la corona.»
Non so cosa rispondere. Potrei raccontare una bugia, ma non mi viene in
mente niente.
«Era solo questione di tempo e te ne saresti andata da Fairville insieme a
Jessica... e mi avresti lasciato.»
«Saresti potuto venire con noi a New York. Tu sei molto meglio della gente di
qui.»
«Sono felice a Fairville. Ho un buon lavoro, posso girare in bicicletta, sto per
sposarmi. Io e Kim vogliamo crescere qui i nostri figli. Sono felice a Fairville.»
«L’hai già detto.» gli faccio notare.
«Mi avresti lasciato, Lyla.»
«Okay, è vero, ti avrei lasciato per qualche professore universitario, ma…»
«Ho solo anticipato l’andamento naturale delle cose. Ti ho liberata. Ed è stata
la scelta migliore, per tutti e due.»
Non ho bisogno di guardare le immagini che scorrono sul maxi-schermo,
ricordo ogni singolo istante di quello che è successo dopo.
Ci sono scelte con cui dobbiamo convivere per il resto della nostra vita.
Non ho mai pensato molto alle conseguenze delle mie azioni. E credevo che un
bacio, in fondo, non avrebbe ucciso nessuno.
Mi sbagliavo.
Se incontri Cupido per la strada, uccidilo
Quando avevo sedici anni, non vedevo l’ora di crescere. Prendere la patente,
finire il liceo, andarmene da Fairville.
Dicono che sia l’età migliore e la peggiore. Quando bacio Bobby, nel cortile
della mia vecchia scuola, capisco che è vero. Sento le stesse farfalle allo stomaco
di quando ci siamo baciati la prima volta dopo un esperimento di chimica. E,
quando mi respinge, il cuore mi va in frantumi come quando Jimmy Sullivan ha
detto a tutta la scuola che mi aveva lasciato perché ero piatta come una tavola da
surf e a letto ero una frana. Ovviamente mi sono vendicata mettendomi con
Christopher Stevens, suo compagno di squadra e amico fidato, ma questo non ha
cancellato il dolore che ho provato allora. Lo stesso che provo in questo
momento.
«Lyla, io mi sposo domenica.»
«E non potrei essere il tuo addio al celibato?» gli sorrido, ma lui è serio.
Tremendamente serio.
«Ho sentito dei pettegolezzi oggi in negozio.»
«Quali pettegolezzi?»
«Su di te e Mr Clark. La signora Brighton ti ha visto a casa sua, con un abito
succinto.»
«Non credevo fossi il tipo da dare credito alle chiacchiere di una vecchia
impicciona.»
«Stai dicendo che non eri tu?»
«Sono andata da Mr Clark per parlare di Chloe, ma non sono stata a letto con
lui, se è a questo che alludi.»
«Però sei andata a casa sua. Avevi una cotta per lui al liceo e non ti è mai
passata.»
Altra pugnalata al cuore.
«In te c’è molto di più di quello che vuoi far credere, Lyla. Non sei solo una
stronzetta superficiale che corre dietro a uomini sposati… o che stanno per
sposarsi.»
«Le persone sono quello che sono, Bobby. Fanno del loro meglio… ma non si
può cambiare la natura di un essere umano.»
«Lyla, tu sei una persona straordinaria.»
«Tu non sai niente di me, Bobby!»
«So che ami le stelle. So che conosci il nome di tutte le costellazioni, anche se
fai finta di no. Non ho mai capito perché. So che vai matta per le patatine fritte
subito dopo il gelato. E per i maccheroni al formaggio.»
«Non sono più la ragazzina che conoscevi. Ti auguro di essere felice con Kim.»
«Lo pensavi sul serio?»
Di nuovo al cinema, di nuovo Leah.
«No.» ammetto, «Non volevo che fosse felice con quella stupida provinciale, io
ero il meglio che gli fosse mai capitato, volevo che fosse felice con me.»
«Tu volevi essere felice, non ti importava di Bobby, né di nessun altro, solo di
te stessa. Era il gusto della sfida, della caccia.»
«Pensavo sarebbe stato più facile. Ho sempre ottenuto tutto quello che
volevo.»
«Ne sei sicura?»
«Hai visto Bobby.» capisce Jess quando torno a casa.
Non so come faccia, non posso nasconderle niente.
«Lyla?» mi guarda con la solita aria di rimprovero.
«Che c’è?»
«Puoi avere qualunque uomo.»
Ma io voglio Bobby.
«Perché continui a perdere il tuo tempo dietro a uomini impegnati?»
Uomini che prima o poi ti lasceranno. Proprio come tuo padre.
Non lo dice, ma so che lo pensa.
«Jess? Sinceramente… credi che io sia una puttana?»
«È una domanda trabocchetto?»
«Lascia perdere.»
Mi chiudo in bagno, con una bottiglia di champagne per la festa di domani.
Mentre la vasca si riempie, mi guardo allo specchio. Ventun anni. Come passa in
fretta il tempo. Troppo in fretta. Quando è stata l’ultima volta che sono stata
felice?
Faccio la cosa peggiore che potrei fare in questo momento. Compongo il
numero di Vincent. Non mi risponde. Come se non fossi già stata umiliata
abbastanza per oggi.
Bevo un altro bicchiere di champagne, noncurante dell’acidità di stomaco.
Dopo qualche istante il cellulare inizia a suonare.
«Pronto?»
Sospiri. Qualcuno che non ha il coraggio di parlare.
«Vince, sei tu?»
Sapevo che mi avrebbe chiamato. Non poteva scordarsi il mio compleanno.
«Sta’ lontana da mio marito, stronza!» gracchia Charlene prima di riattaccare.
Spengo il telefono e mi immergo nella vasca. Sento il mascara che cola per le
lacrime. Bevo un altro sorso direttamente dalla bottiglia, poi vado sott’acqua. I
rumori spariscono isolandomi dal mondo esterno.
Sono al sicuro.
Al caldo.
Sola.
R.S.V.P.
Mi sveglio in una stanza che non conosco. Sembra la mia vecchia camera da
letto, ma dalle fotografie appese sulle pareti color pastello capisco che non è così.
La ragazza bionda che dorme accanto a me apre gli occhi senza dire nulla.
Osservo la me stessa più giovane e le sorrido. Lei ricambia. Grandi occhi verdi
e capelli biondi. Non sono io, è mia sorella.
«Chloe, perché sono qui?»
«Ti sei presentata ubriaca nel cuore della notte. Delirando di Bobby e Mr
Clark e del fatto che me ne devo andare da Fairville il più presto possibile.»
Non ricordo niente di tutto questo. Mi tiro su. Ho la nausea e mal di testa. Oggi
è il grande giorno e non potrei sentirmi peggio di così.
«Io ti ho raccontato di papà, che l’ho visto con la sua amante.» mi dice Chloe
con gli occhi lucidi, «Ha solo qualche anno più di te. È disgustoso.»
Ci siamo, la storia si ripete.
«Diventeremo così anche noi? Come le nostre madri?»
«Dio, no!» esclamo. O almeno lo spero.
«Non si può tornare indietro?»
«Non è un dvd.» mi risponde Leah in tono saccente, «Siamo al cinema.»
«Beh, ma non è un <i>vero</i> cinema. Quindi potremmo anche vedere come
sono arrivata dalla vasca da bagno a casa della mia sorellastra.»
«Sono qui per questo, Lyla, per aiutarti a ricordare cos’è successo prima.»
«Mi sono ubriacata.» rispondo alzando le spalle, «È una cosa che non faccio di
solito. Non facevo.» mi correggo, «Non mi piace perdere il controllo.»
«Credevi che con Bobby sarebbe stato più facile. Cosa ti aspettavi? Si sarebbe
sposato dopo qualche giorno e, di certo, non avrebbe compromesso tutto per un
tuo capriccio.»
«Ho sempre ottenuto ciò che volevo.»
«Ne sei sicura? Hai avuto la BMW, ma quello che volevi era l’attenzione di tuo
padre. Hai avuto Bobby, ma volevi Mr Clark. Tutti gli altri uomini sono la sua
copia carbone. Appena ottenevi quello che volevi, non t’interessava più, volevi
qualcos’altro, volevi qualcun altro. Più le persone si avvicinavano, più tu ti
allontanavi. Non ti lasciavi amare. E dove ti ha portato alla fine tutto questo? Sei
morta da sola.»
«Non sono morta da sola. Sono venute tantissime persone alla mia festa.
Qualcuno non era nemmeno stato invitato, ma erano tutti lì per me.» faccio un
respiro profondo, «Anche la persona che mi ha ucciso.»
Cambio di scena. Ripresa dall’alto. Ci sono io su un materassino in piscina con
un bicchiere di Martini in mano.
Mi ero ripromessa di non bere troppo, ma sono troppo depressa per non farlo.
Quasi nessuno si è ricordato di farmi gli auguri. Né Bobby, né Mr Clark e
nemmeno Vince. Okay chiudere con una persona, ma gli auguri per il
compleanno sono d’obbligo.
Jess mi sorride da una sdraio. Nessuna delle due voleva che una stupita lite
rovinasse la mia festa. Si compie ventun anni una volta sola.
«Eri in mezzo alla gente, eppure così sola.» le inaspettate parole di Leah fanno
male, forse perché sono vere, «Eri circondata da gente che non vedevi da anni,
semi-sconosciuta, a cui non importava niente di te, di come ti sentivi. Sai bene di
cosa sto parlando, perché non importa che tu sia a Fairville o a New York…»
«Dopo un po’ ci si fa l’abitudine.» non so se l’ho solo pensato o se l’ho detto ad
alta voce, ma forse, qui e ora, non importa.
Leah mi sente. Mi capisce.
«Anche tu ti sentivi così?»
«Siamo molto più simili di quello che credevi.»
«Per questo hai preso quelle pillole?»
«A Fairville ero <i>Leah Benett</i>, il mito. La ragazza <i>perfetta</i> dalla
vita <i>perfetta</i>. Io volevo solo andare via, da qualche parte… dove nessuno
sapesse chi ero.»
«Ma non puoi fuggire da te stessa.»
«Non puoi.»
Mi rendo conto che è la prima volta che siamo d’accordo su qualcosa. Forse ci
somigliamo davvero, peccato averlo scoperto quando siamo ormai alla fine del
film.
Raggiungo a nuoto il bordo piscina, mi gira la testa e inciampo, poi mi rialzo in
piedi. Come sempre.
E mi ritrovo davanti l’ultima persona che pensavo sarebbe venuta alla mia
festa.
Titoli di coda
Quelli come me, che se ne fregano di tutto e di tutti, sanno che, prima o poi,
arriverà qualcuno a presentare il conto. E sarà sempre troppo presto.
Nel mio caso si tratta di Michael Clark che appare, non invitato, alla festa del
mio ventunesimo compleanno.
«Michael, che sorpresa.» gli sorrido.
«Possiamo parlare cinque minuti?»
So cosa vuole da me, crede che abbia avuto una sorta di storia con sua padre e,
per quanto mi dispiaccia deluderlo, si sbaglia. Mr Clark, il caro dolce Mr Clark, è
destinato a rimanere una fantasia adolescenziale.
«Vieni.» sculetto verso casa, lontano da orecchie indiscrete, evitando lo
sguardo sorpreso di Jess.
Ripresa dall’altro. Ci sono io in piscina, sdraiata su un materassino arancione.
Di nuovo.
«Abbiamo già visto questa scena.» faccio notare a Leah, «Avevi detto che non
si poteva tornare indietro.»
Leah non risponde. Io osservo me stessa, mi alzo e mi trovo di fronte a Kim.
«Non è andata così.» dico a Leah, «Kim non era alla festa. C’era Michael, è lui
che… mi ha spinto dal balcone. Credeva che io e suo padre… Era tutto un
malinteso, ma non mi ha dato modo di spiegare.»
«Anche Kim ce l’aveva con te. Tu hai baciato Bobby. Volevi portarglielo via a
pochi giorni dalle nozze.»
«Volevo salvarlo. Bobby si stava accontentando di ciò che la vita gli offriva.
Fairville, il lavoro al Walmart, Kim. Lui meritava di più.»
«Meritava te?»
«Non parlo solo di me, ma di New York, di realizzazione personale. Al liceo era
un genio, il primo della classe… Mentre ora... Resterà intrappolato a Fairville, con
Kim e i figli che avranno. Se solo potessi tornare indietro…»
«Cosa faresti? Lo salveresti da Kim e dalla vita infelice che lo attende?» Leah
sbuffa, «Per te Bobby era solo una distrazione, ti serviva per appagare il tuo
continuo bisogno di attenzioni maschili.»
«Che senso ha farmi rivivere gli ultimi giorni, se poi non posso cambiare quello
che è successo?»
«E cosa vorresti cambiare?»
Potrei dire a Michael che ha frainteso, che non c’è stato niente tra me e suo
padre, che Mr Clark è un marito fedele, ma mi crederebbe?
Potrei dire a Bobby che non voglio che si sposi con Kim, che sta commettendo
il più grosso errore della sua vita, ma mi ascolterebbe?
Dovrei tornare ancora più indietro e non presentarmi da Mr Clark. Così
Michael non avrebbe frainteso e Bobby non avrebbe dato credito a degli stupidi
pettegolezzi.
Però mi conosco, faccio sempre quello che voglio, senza curarmi delle
conseguenze. E, in quel momento, volevo Mr Clark allo stesso modo in cui ora
vorrei Bobby e, pochi giorni fa, volevo Vincent.
Volevo provare a me stessa che potevo amare davvero qualcuno.
Volevo che qualcuno mi amasse.
«Non sei la prima. Anch’io ci sono passata. Prima non capivo, poi ho capito.»
Un cielo stellato si trasforma nel cielo rosa di quando ho baciato Bobby.
«Da quanto tempo siamo qui?» chiedo a Leah, «Non è la prima volta che
guardiamo il film della mia vita, non è vero?»
Rivedo Bobby che mi viene a prendere in smoking, mentre io non vedevo l’ora
di farmi ammirare da Mr Clark col vestito che avevo scelto per il ballo. Un
momento a cui non ho prestato la giusta attenzione. Tutta la mia vita è stata così.
Fissavo il mondo dall’interno della mia gabbia dorata. Al sicuro. Sola. Proprio
come Leah.
«Tu eri il mio idolo. Volevo essere come te.»
«Io mi sono uccisa.»
«No.»
La vasca da bagno.
La schiuma che profuma di lavanda.
L’armadietto dei medicinali.
Io sono Leah e Leah sono io.
Acqua. Acqua ovunque. Acqua nei miei polmoni.
Avevo sonno. Tanto sonno.
Volevo solo che quel dolore, quel senso di vuoto svanissero. Non volevo sentire
niente, solo il profumo della lavanda e lo scoppiettio della schiuma. Volevo che a
qualcuno importasse, che a qualcuno importasse qualcosa di me.
Michael, Kim, Vince. Nessuno di loro è venuto alla mia festa.
Non c’è mai stata nessuna festa.
Scorrono i titoli di coda.
Mi piace il font scelto per il mio nome.
Lyla Horowitz nel ruolo di se stessa.
Un’insegna al neon indica una porta alla mia destra.
Io e Leah ci fissiamo. Sappiamo entrambe che non uscirò da questo cinema,
non ancora almeno. I dettagli si apprezzano meglio la seconda volta, lo sanno
tutti.