07_Rassegna - Queirolo - Recenti Progressi in Medicina

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07_Rassegna - Queirolo - Recenti Progressi in Medicina
608
Recenti Prog Med 2015; 106: 608-617
L’immunoterapia nella gestione del paziente con melanoma
in fase avanzata: il nivolumab dagli studi di fase I
all’approvazione della European Medicines Agency
Paola Queirolo1, Enrica Teresa Tanda1
Riassunto. La terapia del melanoma in fase avanzata ha
subito una completa rivoluzione negli ultimi 5 anni. Le
terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia hanno
aperto la strada per un nuovo modello di gestione oncologica, lontano dagli schemi convenzionali. La target therapy
prevede l’utilizzo di farmaci rivolti esclusivamente contro
una specifica molecola di cui si desidera modulare l’azione.
L’immunoterapia agisce invece tramite l’uso di farmaci volti
a ripristinare la normale attività antitumorale del sistema
immunitario, patologicamente silenziato grazie a svariati
meccanismi di “escape” immunologico messi in atto dal tumore stesso. Dopo l’approvazione di ipilimumab nel 2011
da parte della Food and Drug Administration (FDA), numerose altre molecole sono state sperimentate. Recentemente, una nuova famiglia di immunoterapici sta permettendo
di ottenere significativi risultati: gli anti-PD-1. In questa
rassegna si vuole ripercorrere la storia di una di queste molecole, il nivolumab, attraverso i principali studi di fase I, II e
III che hanno portato all’approvazione del farmaco da parte
della FDA e della European Medicines Agency per la terapia
del melanoma in fase avanzata.
Immunotherapy in the treatment of advanced or metastatic
melanoma: nivolumab from phase I studies to approvement
by European Medicines Agency.
Parole chiave. Immunoterapia, melanoma, nivolumab.
Key words. Immunotherapy, melanoma, nivolumab.
Introduzione
nea rara, diagnosticata spesso in fasi avanzate e
difficilmente aggredibile da un punto di vista terapeutico, se non con armi “tradizionali” e complessivamente poco efficaci, attualmente questa
visione della malattia è stata completamente rivoluzionata.
Oggi, in parte grazie alle strategie di diagnosi precoce che permettono la rimozione di lesioni
iniziali, e in parte grazie ai notevoli progressi in
ambito terapeutico, il melanoma è una neoplasia
dalla storia clinica completamente nuova, che vanta la gestione più moderna e innovativa sul panorama oncologico globale.
La chemioterapia ha oggi perso il suo ruolo di
colonna portante per la terapia del paziente con
melanoma avanzato o metastatico. Al contrario, le
terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia
hanno completamente occupato lo scenario terapeutico, aprendo nuove porte e possibilità ancora
non del tutto esplorate.
La mutazione di BRAF V600, presente nel 50%
dei melanomi, rende la malattia aggredibile da
parte di agenti farmacologici come i BRAF inibito-
Tra tutte le neoplasie cutanee, il melanoma è il
tumore maligno con la più alta aggressività.
Da solo causa la maggior parte delle morti legate a questo gruppo di patologie, con un tasso di
mortalità relativamente alto a fronte di un tasso di
incidenza basso, ma in continua e inesorabile crescita: globalmente, si stima che vengano diagnosticati circa 232.130 nuovi casi di melanoma ogni
anno, con una mortalità che attorno ai 55.488 casi1.
In Italia i dati reperibili non sono completamente esaustivi in quanto i registri specifici per
questa patologia non sono tutt’ora aggiornati. L’incidenza è stata di circa 10.000 nuovi casi nel 2012,
mentre la mortalità sembra assestarsi sui 1500
decessi l’anno2. Il nostro centro, quest’anno, ha stimato di ricevere in prima visita circa 320 pazienti.
Tuttavia, a fronte di questi dati bisogna aggiungere che negli ultimi 5 anni il panorama mondiale del trattamento del melanoma sta cambiando
completamente. Infatti, nonostante il melanoma
sia sempre stato considerato una neoplasia cuta-
Summary. The treatment of advanced melanoma underwent a complete revolution over the last years. Targeted
therapy and immunotherapy marked the beginning of a
new management model for cancer. Targeted therapies
are drugs directed exclusively against specific molecules
in order to modulate their action. Immunotherapy, on the
other hand, operates through drugs aimed to restoring the
normal anti-tumor activity of the immune system. Indeed,
in pathological conditions the immune system could be
silenced or avoided through several mechanisms of “immunological escape”. Since Food and Drug Administration
(FDA) approval of ipilimumab in 2011, many other molecules have been investigated. Recently, anti-PD-1 (nivolumab and pembrolizumab) achieved promising results. The
aim of this review is to trace the history of nivolumab,
through major Phase I, II and III studies until FDA and European Medicines Agency approval.
1
Dipartimento di Terapie Mediche Integrate, UOC Oncologia Medica 2, IRCCS - Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino
IST - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova.
Pervenuto il 17 aprile 2015. Accettato dopo revisione il 28 ottobre 2015.
P. Queirolo, E.T. Tanda: L’immunoterapia nella gestione del paziente con melanoma in fase avanzata: il nivolumab dagli studi di fase I
2012
2013
Giugno 2012
“Safety, activity, and
immune correlates
of anti PD-1 antibody
in cancer”6
Gennaio 2015
“Nivolumab in previously
untreated melanoma without
BRAF mutation”9
(CheckMate 066)
Luglio 2013
“Nivolumab plus
ipilimumab in
advanced melanoma”7
Dicembre 2013
“Safety, efficacy and
biomarkers of nivolumab
with vaccine in ipilimumabrefractory or naive melanoma”8
2008
2009
2010
6
2011
2015
2014
2012
Aprile 2015
“Nivolumab versus chemotherapy
in patients with advanced melanoma
who progressed after anti CTLA-4
treatment: a randomized, controlled,
open label, phase 3 trial”10
(CheckMate 037)
2013
2014
8
Maggio 2015
“Nivolumab and ipilimumab
versus ipilimumab in untreated
melanoma”11 (CheckMate 069)
7
10
9
11
12
Luglio 2015
“Combined nivolumab and
ipilimumab or monotherapy in
untreated melanoma”12
(CheckMate 067)
Figura 1. Schema dei principali studi di fase I, II, III che hanno avuto come obiettivo vagliare il profilo di sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia del
nivolumab. In basso, è possibile vedere i tempi di arruolamento di ciascuno studio6-12.
ri. BRAF inibitori e MEK inibitori appartengono a
una categoria di farmaci che agisce a diversi livelli
lungo una delle vie di segnalazione intracellulari
responsabili della proliferazione.
Questi agenti in monoterapia stanno confermando gli ottimi risultati ottenuti nel confronto
con la chemioterapia, con una sopravvivenza globale (overall survival - OS) mediana fino a 20 mesi3,4.
Nonostante l’eleganza dei meccanismi d’azione
di queste molecole e nonostante l’elevato tasso di
risposte obiettive (45-53% con la monoterapia; 70%
la combinazione anti-BRAF e anti-MEK), la durata
media delle risposte resta inferiore a 12 mesi.
Nell’ottica di superare questo limite, si stanno
vagliando numerose vie, in particolare la cosiddetta “combinazione”: l’associazione terapeutica di un
anti-BRAF con un anti-MEK allo scopo di inibire
la proliferazione cellulare agendo contemporaneamente su più punti chiave delle vie di segnalazione
intracellulari.
Durante il meeting ASCO 2015 sono stati riportati i dati relativi all’update del CoBRIM, studio
che aveva valutato l’utilizzo della combinazione
tra vemurafenib, un anti-BRAF, e cobimetinib,
un anti-MEK, in pazienti portatori di mutazione su BRAF V600: l’update ha confermato come
la combinazione abbia un impatto superiore sulla sopravvivenza senza progressione di malattia
(progression-free survival - PFS) rispetto alla monoterapia con vemurafenib (12,3 vs 7,2 mesi)5.
Gli inibitori dei checkpoint immunologici, come
ipilimumab – anticorpo monoclonale anti-CTLA-4 –
e i gli anti-PD-1, stanno aprendo la strada a una
nuova epoca delle strategie antineoplastiche.
In questa rassegna ci si propone di discutere le
novità relative all’immunoterapia nel melanoma
in fase avanzata, con particolare riferimento all’esperienza clinica maturata con nivolumab.
Ci si propone inoltre di ripercorrere la storia
di una di queste molecole attraverso i principali
studi di fase I, II e III che hanno portato all’approvazione del farmaco da parte della Food and Drug
Administration (FDA) e della European Medicines
Agency (EMA) per la terapia del melanoma in fase
avanzata (figura 1)6-12.
L’immunoterapia
Il panorama terapeutico antineoplastico è cambiato radicalmente quando accanto alla chemioterapia tradizionale ha cominciato a svilupparsi l’immunoterapia. Oggi l’immunoterapia rappresenta una
vera e propria rivoluzione nel trattamento del cancro.
Le strategie di evasione dalla risposta immune da parte del tumore sono state a lungo oggetto
di discussione scientifica e sono, in parte, ancora
sconosciute.
Questi meccanismi includono la soppressione
locale della risposta immunitaria, l’induzione di
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Recenti Progressi in Medicina, 106 (12), dicembre 2015
una tolleranza verso antigeni non self, l’alterazione dei meccanismi di segnalazione tra le cellule T,
ma anche lo sfruttamento di numerose vie di segnalazione intracellulari per evitare attivamente
la distruzione immunitaria, come l’espressione di
nuovi antigeni che in condizioni fisiologiche inattiverebbero la risposta immunitaria13-16.
Tuttavia, numerosi modelli preclinici e clinici
hanno dimostrato l’esistenza di una risposta immunitaria endogena anti-tumorale, sebbene incostante e inefficace. Lo studio delle strategie di
evasione tumorale e dell’immunità antitumorale
endogena si è tradotto nello sforzo congiunto per
ideare un nuovo approccio terapeutico antineoplastico.
L’intuizione, rivoluzionaria, è stata quella di
utilizzare il sistema immunitario dell’individuo
malato sensibilizzandolo o reindirizzandolo contro
la malattia stessa.
Ipilimumab
La vera svolta nella storia dell’immunoterapia
si fa risalire al 2011 con l’approvazione di ipilimumab da parte della US Food and Drug Administration con indicazione al trattamento del melanoma
avanzato non resecabile o metastatico.
CTLA-4, o CD152, è un recettore appartenente
alla famiglia delle immunoglobuline espresso sulla superficie dei linfociti T CD4+ e CD8+ recentemente attivati. Il legame con uno dei suoi ligandi,
B7-1 (CD80) oppure B7-2 (CD86) espressi sulle
APC, trasmette all’interno del linfocita un segnale
di tipo inibitorio, contribuendo così alla regolazione della risposta immunitaria. In condizioni fisiologiche, l’autoregolazione immunitaria permette
di mantenere in equilibrio un sistema continuamente sottoposto a spinte attivanti, evitando dunque risposte eccessive e potenzialmente dannose
per l’organismo nel suo complesso. Ipilimumab
blocca l’interazione tra il CTLA-4 e i suoi ligandi,
agendo quindi come un antagonista competitivo:
impedisce in questo modo il silenziamento della
risposta immune e ne induce, al contrario, l’iperattivazione. Anticorpo monoclonale interamente
umano anti-cytotoxic T-lymphocyte antigen 4 (CTLA-4), ipilimumab ha dimostrato di raddoppiare
la sopravvivenza a 1 e 2 anni per i pazienti pretrattati affetti da melanoma metastatico (rispetto
al braccio di controllo)17, affermandosi così come
nuova colonna portante della terapia del melanoma. Sulla base di questi dati, ipilimumab è stato
approvato in Italia dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel 2013 per i pazienti pre-trattati
indipendentemente dallo status mutazionale di
BRAF. Nel settembre 2014, l’AIFA ha approvato la
rimborsabilità anche in prima linea. Nei pazienti
naïve il tasso di sopravvivenza a 1 anno è infatti
pari al 59,2%18.
Una delle caratteristiche principali dei farmaci
immunoterapici è quella di offrire a un certo numero di pazienti un beneficio in termini di soprav-
vivenza a lungo-termine. Ipilimumab è l’unico farmaco nella storia del melanoma metastatico con il
20% dei pazienti ancora in vita a 10 anni.
Anti-PD-1 e anti-PD-L1
I farmaci anti-PD-1 agiscono come immunomodulanti bloccando il legame attivante tra il recettore PD-1, situato sulle cellule linfocitarie T, e i suoi
specifici ligandi.
PD-1 è un recettore proteico espresso sulla
superficie delle cellule linfocitarie T attive; il suo
ligando naturale è chiamato Programmed DeathLigand (PD-L) ed esiste in due forme (1 e 2).
Quando il PD-L lega il PD-1, la cellula T viene
inattivata. Questo sistema, quando fisiologicamente attivato, permette una funzionale autoregolazione della risposta immune, evitando che il sistema immunitario iperreagisca. Molte neoplasie e
malattie infettive (per lo più ad andamento cronico) sfruttano questa via come strategia di evasione dalla risposta immune con apoptosi dei linfociti
T, limitazione dell’espansione clonale e inibizione
della produzione di IL-2 e INF-g.
Circa il 40-50% delle cellule di melanoma esprime PD-L1, mentre meno informazioni si hanno riguardo al ruolo di PD-L219.
Finora sono stati sviluppati numerosi anticorpi
anti-PD-1 e anti-PD-L1, attualmente in varie fasi
di sperimentazione, con risultati incoraggianti in
numerose neoplasie.
Nivolumab
Nivolumab, farmaco nato sul solco di ipilimumab, è un anticorpo monoclonale IgG4 totalmente umano rivolto contro PD-1. Funzionando come
un agente competitivo e antagonista rispetto al
­PD-L1, permette il corretto funzionamento del sistema immunitario, rendendo così capaci di agire
le cellule specificamente selezionate per le molecole target della neoplasia (figura 2)20. Il fatto che
nivolumab non induca una iperattivazione globale
e non controllata del sistema immunitario permette al farmaco di presentare un profilo di tossicità
decisamente favorevole.
Studi di fase I. Il primo studio di fase I con nivolumab risale al 2012 ed è stato condotto in pazienti con varie neoplasie, allo scopo di indagare
l’azione del farmaco su più di una neoplasia solida.
Di questi, 107 pazienti erano affetti da melanoma
avanzato o metastatico.
I pazienti hanno ricevuto un trattamento con
nivolumab a diversi dosaggi (tra cui la dose approvata di 3 mg/kg) ogni 2 settimane per un massimo
di 12 cicli, fino a risposta completa o progressione
di malattia.
L’ORR nei pazienti con melanoma trattati alla
dose di 3 mg/kg è stata del 41% con risposte durature nella maggior parte dei pazienti. I tassi di
P. Queirolo, E.T. Tanda: L’immunoterapia nella gestione del paziente con melanoma in fase avanzata: il nivolumab dagli studi di fase I
IFNy
IFNyR
MHC TCR
Cellula
tumorale
TCR
P13K
NFkB
Altri
CD28
PD-L1
PD-1
B7.1/2
MHC
PD-L2
Cellula
linfocitaria T
PD-L2
Cellula dendritica
PD-1
PD-L1
Figura 2. Meccanismo d’azione di nivolumab: il farmaco si comporta come un antagonista competitivo per PD-L, legandosi quindi al PD-1 e occupandone il sito di legame20.
sopravvivenza globale (OS) a 1,2, 3 e 4 anni sono
stati rispettivamente del 65%, 47%, 41% e 35%. Effetti collaterali di grado 3-4 farmaco-correlati sono
stati riportati nel 22% dei pazienti e sono stati per
lo più rappresentati da astenia, diarrea, prurito,
nausea e anoressia; gli eventi immunocorrelati di
grado 3-4 si sono manifestati nel 5% dei pazienti.
Un elemento importante da tenere in considerazione è il mantenimento della risposta anche nei
pazienti che hanno interrotto il trattamento per
ragioni diverse dalla progressione. 12 pazienti su
17 hanno avuto infatti una risposta della durata
di 16 settimane o più21.
La combinazione di ipilimumab e nivolumab è
stata valutata per la prima volta in uno studio di
fase I presentato nel 20137. In questo studio sono
stati arruolati 86 pazienti, randomizzati in 2 bracci di trattamento, uno con la somministrazione di
nivolumab e ipilimumab in regime di combinazione e uno con la somministrazione sequenziale degli
stessi due farmaci. Nel braccio di combinazione, i
pazienti sono stati ulteriormente suddivisi in varie
coorti, ciascuna delle quali ha ricevuto un trattamento con dosi scalari di nivolumab, da 0,3 mg/kg
a 3 mg/kg, e di ipilimumab, da 1 a 3 mg/kg. Le dosi
meglio tollerate e compatibili con uno spettro di tossicità accettabile sono state 1 mg/kg per nivolumab
e 3 mg/kg per ipilimumab.
Nel braccio di combinazione il 98% dei pazienti ha sviluppato eventi avversi: i più comuni sono
stati rash cutaneo (55%), prurito (47%), fatigue
(38%) e diarrea (34%). Eventi di grado 3 e 4 correlabili al trattamento farmacologico sono stati
registrati nel 53% dei pazienti, e il 28% ha sviluppato una tossicità limitante il trattamento. Tra gli
eventi avversi seri più comuni sono stati registrati
l’elevazione asintomatica delle lipasi e delle tran-
saminasi. Infine, sono stati osservati casi isolati di
polmonite e uveite.
Tra i pazienti caduti nel braccio con terapia sequenziale, l’88% ha sviluppato eventi avversi: i più
comuni sono stati prurito (18%) e rialzo asintomatico delle lipasi (12%). Eventi avversi di grado 3 e
4 sono stati osservati nel 33% dei pazienti.
Considerando il tasso di risposte radiologiche,
il 40% dei pazienti del braccio di combinazione e
il 20% dei pazienti appartenenti al braccio con terapia sequenziale hanno presentato una risposta
obiettiva.
Alla luce delle importanti risposte al trattamento è stata fatta una seconda analisi dei dati considerando i pazienti con una riduzione del
volume tumorale pari almeno all’80%: il 31% dei
pazienti trattati con la combinazione ha mostrato
una riduzione della massa tumorale pari o superiore all’80% a 12 settimane, inclusi 5 pazienti con
una risposta completa; nel braccio con la terapia
sequenziale, il 13% dei pazienti ha sviluppato una
riduzione della massa tumorale pari o superiore
all’80%.
La durata della risposta è stata valutata tra le
6,1 e le 72,1 settimane.
Relativamente al dato sulla sopravvivenza globale della combinazione ipilimumab e nivolumab,
al congresso SMR 201522 è stato presentato il follow-up a 3 anni dello studio di fase I. I dati mostrano una OS a 1, 2 e 3 anni pari rispettivamente
all’85%, al 79% e al 68%.
Questi dati iniziali hanno suggerito che la combinazione di nivolumab e ipilimumab possa permettere grandi risultati terapeutici, con risposte
obiettive rapide, intense e di lunga durata. Tali
risposte sono state osservabili anche in pazienti
con fattori prognostici sfavorevoli (livelli elevati
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Recenti Progressi in Medicina, 106 (12), dicembre 2015
di LDH, metastasi viscerali, malattia bulky). Inoltre, le risposte al nivolumab da parte dei pazienti che avevano precedentemente ricevuto terapia
con ipilimumab, fa pensare che la precedente linea terapeutica non pregiudichi l’efficacia di una
successiva linea di terapia con un diverso farmaco
immunoterapico.
Studi di fase II. Lo studio CheckMate 06911 è
uno studio randomizzato, in doppio cieco, destinato a pazienti con diagnosi di melanoma avanzato
non resecabile o metastatico, non precedentemente
trattati. Il disegno dello studio prevedeva 2 bracci
di trattamento, nei quali i 142 pazienti arruolati
sono stati suddivisi con randomizzazione 2:1; un
braccio di combinazione con ipilimumab (3 mg/kg)
e nivolumab (1 mg/kg) e un braccio di monoterapia
con solo ipilimumab. I pazienti hanno proseguito
la terapia fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile; per i pazienti in progressione,
ma con un beneficio clinico attestato dallo sperimentatore, era possibile proseguire il trattamento
in studio.
L’obiettivo primario dello studio è stato la
valutazione della risposta obiettiva nei pazienti
BRAF wild type; tuttavia, anche nei pazienti portatori di mutazione su BRAF si è potuta apprezzare l’efficacia della combinazione, in accordo con
i risultati di un precedente studio di fase I che
aveva suggerito come la presenza di mutazioni in
BRAF V600 non influenzasse la risposta alla terapia immunologica7.
Obiettivi secondari dello studio sono stati la
valutazione della PFS nei pazienti BRAF wild
type, la ORR nei pazienti portatori di mutazione
su BRAF V600 e il profilo di sicurezza della schedula usata.
Il tasso di risposte obiettive è stato del 61% nel
braccio della combinazione, con il 22% di risposte
complete, e dell’11% nel braccio della monoterapia
con ipilimumab.
La mediana di durata della risposta non è stata
raggiunta in nessuno dei due bracci.
La PFS mediana è stata di 8,9 mesi nel braccio della combinazione, mentre nel braccio della
monoterapia si è assestata attorno a 4,7 mesi23. Il
54% dei pazienti nel braccio della combinazione ha
sviluppato eventi avversi di grado 3 e 4, contro un
24% dei pazienti in monoterapia, con uno spettro
qualitativo sovrapponibile a quello riportato nei
diversi studi di fase 1. È importante osservare che
il 68% dei pazienti che hanno interrotto la terapia
per tossicità, hanno comunque manifestato una risposta al trattamento (completa o parziale).
Studi di fase III. Lo studio CheckMate 0669 è
uno studio di fase 3, randomizzato, in doppio cieco,
mirato alla comparazione tra nivolumab e dacarbazina, rivolto a pazienti con diagnosi di melanoma metastatico BRAF wild type.
Il disegno dello studio prevedeva la distribuzione
di 418 pazienti con randomizzazione 1:1 in 2 bracci
di trattamento, uno con nivolumab 3 ­mg/kg e uno
con dacarbazina. Entrambe le terapie potevano
essere proseguite fino a progressione di malattia
o tossicità inaccettabile.
L’obiettivo primario era la OS, mentre gli obiettivi secondari erano la PFS e la ORR.
Durante lo svolgimento dello studio, il 10
giugno 2014 la commissione di monitoraggio ha
stilato un documento in cui segnalava l’evidenza
di dati significativi circa il differente andamento
dei due gruppi di pazienti in trattamento: nella fattispecie, una differenza significativa della
OS a favore del nivolumab: quale conseguenza, è
stato permesso lo sblindamento dello studio con
l’ammissione immediata nel braccio del nivolumab di tutti i pazienti caduti nel braccio della
dacarbazina.
L’OS mediana non è stata raggiunta nel braccio
con nivolumab, mentre nel braccio della dacarbazina è stata di 10,8 mesi. La OS a 1 anno è stata
del 72,9% per nivolumab e 42,1% per dacarbazina.
È importante sottolineare che il 38% dei pazienti
del braccio dacarbazina, a progressione, ha effettuato una terapia di seconda linea con ipilimumab.
All’ultimo congresso SMR 201522 è stato presentato l’aggiornamento del follow-up dello studio. A 2
anni il 57,7% dei pazienti trattati con nivolumab è
in vita, rispetto al 26,7% del braccio dacarbazina.
La PFS medianaè stata 5,1 mesi nel braccio con
nivolumab e 2,2 mesi nel braccio con dacarbazina
(figura 3)9.
La ORR è stata del 40% nel braccio con nivolumab, dato significativamente più alto rispetto a
quello ottenuto con la dacarbazina.
La durata mediana delle risposte ottenute non
è stata raggiunta nel braccio con nivolumab, mentre è stata di 6 mesi nel braccio con dacarbazina.
Relativamente al profilo di tossicità di nivolumab, l’incidenza di eventi avversi di grado 3-4
correlati al trattamento è stata del 12%. Non ci
sono state morti correlate alla terapia e gli eventi
avversi sono risultati gestibili avvalendosi delle
specifiche linee-guida.
Questo studio ha dimostrato inequivocabilmente un beneficio in termini di sopravvivenza con nivolumab nel confronto diretto con dacarbazina.
È stato inoltre dimostrato come nivolumab sia
associato a un elevato tasso di risposte obiettive,
rapide (2,1 mesi) e durature.
Un secondo studio di fase III è stato il
CheckMate 03710. Si è trattato di uno studio randomizzato 2:1, controllato, in doppio cieco, destinato a pazienti con melanoma avanzato o metastatico in progressione dopo trattamento con ipilimumab o, se portatori della mutazione in BRAF,
a progressione dopo anti-BRAF e ipilimumab. Il
disegno dello studio prevedeva 2 bracci: uno con
nivolumab alla dose di 3 mg/kg e uno con dacarbazina o paclitaxel + carboplatino. Il trattamento
veniva continuato fino a tossicità inaccettabile o
progressione di malattia. Gli obiettivi primari sono stati la ORR e OS.
In questo studio, il tasso di risposta è stato
nettamente più alto nel braccio con nivolumab ri-
P. Queirolo, E.T. Tanda: L’immunoterapia nella gestione del paziente con melanoma in fase avanzata: il nivolumab dagli studi di fase I
A Sopravvivenza globale - OS
Hazard ratio per decesso: 0,42 (99,79% Cl, 0,25-0,73)
P<0,001
100
90
Pazienti in vita (%)
80
Nivolumab
70
60
Decarbazina
50
40
30
20
Pazienti deceduti
n./totale
S. Mediana
mesi (CI95%)
108/210
163/208
5,1 (3,5-10,8)
2,2 (2,1-2,4)
Nivolumab
Decarbazina
10
0
0
3
6
9
12
15
18
45
22
8
3
0
0
Tempo (mesi)
N. a rischio
210
208
Nivolumab
Decarbazina
185
177
150
123
105
82
B Progressione libera da malattia - PFS
Pazienti deceduti o
con progressione
di malattia
n./totale
108/210
Nivolumab
163/208
Decarbazina
Pazienti senza progressione di malattia (%)
100
90
PFS
Mediana
mesi (CI95%)
5,1 (3,5-10,8)
2,2 (2,1-2,4)
80
70
60
Nivolumab
50
40
30
Hazard ratio per
decesso o progressione
di malattia: 0,43 (95% Cl, 0,34-0,56); P<0,001
Decarbazina
20
10
0
0
3
6
N. a rischio
Nivolumab
Decarbazina
9
12
15
18
12
0
1
0
0
0
Tempo (mesi)
210
208
116
74
82
28
57
12
spetto al braccio con chemioterapia (32% vs 10%).
L’87% di queste risposte era in corso al momento
dellìultima analisi dei dati. È importante sottolineare che il tasso di ORR è stato nettamente a
favore di nivolumab rispetto alla chemioterapia
indipendentemente dallo status mutazionale di
BRAF (figura 4)10.
L’analisi ultima di questo studio, che permetterà di valutare l’OS, dovrebbe essere disponibile
alla fine del 2015.
Figura 3. Curve di Kaplan-Meier elaborate sulla sopravvivenza globale (OS)
per il braccio con nivolumab e per
quello con dacarbazina (A) e sulla sopravvivenza libera da progressione (B)9.
In entrambe le immagini è chiaro come il braccio con nivolumab abbia
dato risultati nettamente più positivi
rispetto al braccio con dacarbazina.
I dati fanno riferimento allo studio
CheckMate 066.
Il profilo di tossicità di nivolumab si è confermato buono, con una tossicità gestibile e meno
frequente rispetto a quella riscontrata con l’uso di
chemioterapici.
Lo studio CheckMate 067 è uno studio di fase
3, randomizzato, in doppio cieco, con 3 bracci di
trattamento: monoterapia con nivolumab, terapia
di combinazione con nivolumab e ipilimumab e
monoterapia con ipilimumab24. I pazienti eleggibili
dovevano avere una diagnosi di melanoma in fase
613
Pazienti responsivi al nivolumab
Recenti Progressi in Medicina, 106 (12), dicembre 2015
In trattamento
Non più in trattamento
Prima risposta
In risposta
# Deceduti
#
ICC
614
#
0
8
16
24
32
40
48
56
64
Tempo (settimane)
Figura 4. Andamento delle risposte al nivolumab e alla chemioterapia (ICC: inverstigator’schoice of chemotherapy)10. I dati sono relativi allo studio
CheckMate 037.
avanzata e non avere ricevuto precedentemente
alcuna terapia (prima linea).
Gli obiettivi comprimari dello studio sono stati
la valutazione della PFS e della OS. I dati di OS
non sono ancora maturi.
La mediana della PFS è stata 11,5 mesi con la
combinazione rispetto ai 2,9 mesi registrati con
la monoterapia con ipilimumab e i 6,9 mesi con la
monoterapia con nivolumab. Nei pazienti positivi
per PD-L1, la PFS ha raggiunto valori di 14 mesi
nel braccio con la combinazione e nel braccio di
monoterapia con nivolumab; tra i pazienti negativi per PD-L1, la PFS si è mostrata maggiore nei
pazienti trattati con la combinazione piuttosto
che in quelli appartenenti al braccio di monoterapia con nivolumab (11,2 vs 5,3 mesi) (figura 5)24.
Il tasso di risposte obiettive è stato del 43,7% nei
pazienti nel braccio di monoterapia con nivolumab
(di cui 8,9% di risposte complete), del 57,6% nel
braccio con la combinazione (11,5% di risposte complete) e del 19% nel braccio di monoterapia con ipili-
mumab (2,2% di risposte complete). Eventi avversi
di tutti i gradi sono stati registrati nell’82,1% dei
pazienti nel braccio con solo nivolumab, nel 95,5%
nel braccio di combinazione e nel 86,2% dei pazienti
nel braccio di monoterapia con solo ipilimumab. Il
profilo di tossicità registrato è stato simile a quello
riportato negli studi antecedenti. Eventi avversi di
grado 3 e 4 sono stati registrati nel 55,5% dei pazienti nel braccio di combinazione e in percentuali
minori negli altri due bracci di trattamento.
Al follow-up di 9 mesi è stato dimostrato che la
combinazione o la monoterapia con solo nivolumab
ha incrementato la PFS e la ORR rispetto alla terapia con ipilimumab25.
In conclusione, la monoterapia con nivolumab
o la terapia di combinazione si traducono in un’attività clinica superiore rispetto alla monoterapia
con ipilimumab. I risultati finora ottenuti relativi
al confronto dei bracci con la monoterapia o la terapia di combinazione suggeriscono, inoltre, l’attività complementare dei due agenti.
P. Queirolo, E.T. Tanda: L’immunoterapia nella gestione del paziente con melanoma in fase avanzata: il nivolumab dagli studi di fase I
Sopravvivenza libera
da progressione (%)
A
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
N. pazienti a rischio
Nivolumab
Nivolumab + ipilimumab
Ipilimumab
Sopravvivenza libera
da progressione (%)
B
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Nivolumab
Nivolumab + ipilimumab
Ipilimumab
Sopravvivenza libera
da progressione (%)
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
N. pazienti a rischio
Nivolumab
Nivolumab + ipilimumab
Ipilimumab
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21
Tempo (mesi)
316 292 271 177 170 160 147 136 132 124 106 86
314 293 275 219 208 191 173 164 164 151 137 116
315 285 265 137 118 95 77 68 68 54 47 42
N. pazienti a rischio
C
Nivolumab
Nivolumab + ipilimumab
Ipilimumab
50
65
24
38
54
17
14
18
7
9
11
4
6
7
3
2
2
0
1
1
0
1
0
0
1
0
0
0
0
0
Nivolumab
Nivolumab + ipilimumab
Ipilimumab
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17
Tempo (mesi)
80
68
35
76
63
69
71
61
66
57
53
40
56
52
33
54
47
24
51
44
22
49
42
21
49
42
21
43
39
17
38
34
16
32
24
15
16
16
9
13
12
6
5
3
3
4
1
2
2
1
1
0
0
0
Nivolumab
Nivolumab + ipilimumab
Ipilimumab
0
1
2
3
4
5
6
7
8
208 192 178 108 105 98 88 80 76
210 195 181 142 134 123 112 106 105
202 183 166 82 72 59 44 39 35
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21
Tempo (mesi)
74
96
31
63
88
26
50
79
22
31
42
12
Alla luce di questi risultati, nivolumab è stato
approvato dalla FDA e dalla EMA per il trattamento dei pazienti con melanoma avanzato non
resecabile o metastatico refrattario ad altre terapie a prescindere dallo stato mutazionale26; dal 1°
ottobre 2015 è stata approvata la combinazione nivolumab e ipilimumab nei pazienti con melanoma
avanzato da parte di FDA.
Altri anti-PD-1 e anti-PD-L1
Pembrolizumab è un altro farmaco anti-PD-1
con azione sovrapponibile, che presenta un profilo
di efficacia e tollerabilità simile al nivolumab. Anche pembrolizumab ha recentemente ricevuto l’approvazione da parte della US FDA e della EMA.
24
36
8
9
13
3
5
9
1
4
6
0
2
2
1
1
1
0
1
0
Figura 5. Risultati ottenuti in riferimento alla sopravvivenza libera da
progressione nelle varie popolazioni
analizzate23. I dati sono relativi allo
studio CheckMate 067.
MPDL3280A è un anticorpo monoclonale antiPD-L1. Questo agente è stato finora testato in numerose forme tumorali e si è rivelato clinicamente
attivo nel melanoma.
Un problema aperto resta quale tra questi
agenti farmacologici possa essere più efficace nel
trattamento del melanoma avanzato.
Negli studi di fase I, la ORR di pembrolizumab
era del 45% a tutte le dosi mentre la OS a 1 anno
era del 73%6.
Conclusioni
Nivolumab rappresenta un grande passo avanti nella terapia del melanoma metastatico. Alla
luce di tutti i dati presentati, possiamo affermare
615
616
Recenti Progressi in Medicina, 106 (12), dicembre 2015
che i farmaci anti-PD-1 diventeranno quasi certamente la prima linea standard di trattamento del
melanoma metastatico.
L’espressione di PD-L1 si sta rivelando un
elemento importante, ma non determinante, per
definire la risposta agli anti-PD-1. Nei vari studi
che si sono succeduti nel tempo è stato possibile
osservare variazioni nella risposta al farmaco in
rapporto con l’espressione di PD-L1: l’espressione
della molecola permette di ottenere risultati superiori con nivolumab o pembrolizumab. Tuttavia,
la mancata espressione della stessa non è risultata associata alla mancata risposta terapeutica.
Sulla spinta dei successi ottenuti con la combinazione tra nivolumab e ipilimumab, altri farmaci immunomodulanti sono in corso di valutazione
nell’ambito di studi clinici, in associazione al nivolumab. Tra questi, illirilumab (anti-KIR) [ClinicalTrials.gov identifier: NCT01714739], BMS986016 (anti-LAG-3) [ClinicalTrials.gov identifier:
NCT01968109] e BMS-982470 (IL-21) [ClinicalTrials.govidentifier: NCT01629758]27.
Questi agenti, agendo in sinergia con nivolumab, dovrebbero annullare l’evasione immunitaria da parte del tumore attraverso l’attivazione
delle cellule NK (anti-KIR), il doppio blocco dell’inattivazione delle T (anti-LAG3), ecc.
Ancora, la combinazione tra nivolumab e farmaci a bersaglio molecolare (anti-BRAF e antiMEK) sta generando un certo interesse. Nei modelli preclinici questi agenti (e in particolare gli
anti-BRAF) hanno dimostrato di influenzare il microambiente, l’espressione tumorale e la funzione
delle cellule T, con un possibile aumento dell’immunogenicità della neoplasia28.
Conflitto di interessi: questa ricerca è stata possibile grazie a
un grant educazionale di Bristol-Myers Squibb. Gli autori hanno mantenuto il controllo pieno e indipendente di metodi e analisi nella stesura finale dell’articolo. P. Queirolo ha ricoperto il
ruolo di advisor per Bristol-Myers Squibb, Roche-Genentech,
MSD, GlaxoSmithKline e Novartis.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Paola Queirolo
Dipartimento di Terapie Mediche Integrate
UOC Oncologia Medica 2
IRCCS - Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino
IST - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro
Largo R. Benzi 10
16132 Genova
E-mail: [email protected]
24. Food and Drug Administration. FDA approves Opdivo for advanced melanoma. December 22, 2014.
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