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Mediare i conflitti… e i media
A cura di Marialaura Marnini
“Crescere imparando a mediare i conflitti” è la finalità (e anche il titolo) del progetto educativo
promosso dal Comune di Milano e gestito da Università degli Studi di Milano Bicocca, CREMIT e
Dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nell’anno
scolastico 2008/2009.
Il percorso formativo, gestito da un’èquipe multidisciplinare composta da psicologi, pedagogisti
ed esperti di comunicazione dei due atenei, ha coinvolto preadolescenti e adolescenti di nove
scuole secondarie del comune di Milano su temi quali il conflitto tra pari e la mediazione dei
conflitti, in modo interattivo e nuovo.
Diverse, infatti, sono state sia le soluzioni didattiche proposte (uno spettacolo teatrale, una
mostra, laboratori in aula, un evento finale con gli studenti coinvolti e, a conclusione dell’iter
formativo delle scuole secondarie di secondo grado, l’apertura e il lancio di uno sportello
scolastico per la mediazione dei conflitti tra ragazzi, gestito da studenti volontari
adeguatamente formati), sia le aree tematiche affrontate: significati e tipologie del conflitto,
riconoscimento e
gestione delle emozioni, conflitto e nuove tecnologie (sullo sfondo il
fenomeno del cyberbullismo ma, soprattutto, la media education), le strategie di risoluzione
del conflitto e le tecniche di mediazione.
CREMIT ha gestito il modulo “conflitto e nuove tecnologie”, proponendo alle scuole interventi
finalizzati a stimolare nei ragazzi la riflessione sulle peculiarità della comunicazione in ambienti
Web 2.0 (social network, blog, forum, chat, YouTube …) e con il telefono cellulare (sms,
riprese video, fotografie, upload e download di file prodotti con il videofonino …) e a
promuovere l’uso responsabile dei media digitali.
Attraverso i laboratori, differenziati per grado di scuola, gli studenti della secondaria di primo e
secondo grado hanno ragionato, per una volta, non soltanto sui temi della sicurezza in rete e
dei rischi del Web ma, soprattutto, su caratteristiche, potenzialità e limiti dei linguaggi digitali
e della loro fruizione, guardando alle nuove tecnologie sia come occasioni di possibile conflitto
tra pari sia come ambienti per la comunicazione nel peer group, con l’obiettivo non di inibirne
l’utilizzo ma di educare a un uso consapevole, efficace e corretto (eticamente e legalmente)
delle tecnologie in esame.
Il 70% degli studenti coinvolti nel progetto ha dichiarato di aver subito almeno una volta azioni
di “attacco virtuale” ad opera di un coetaneo, azioni che non possono essere considerate
manifestazioni di “cyberbullismo”, dato il loro carattere episodico, ma che ci sembra comunque
non debbano essere sottovalutate.
I ragazzi interessati dal fenomeno sono quelli che fanno un uso maggiore del Web, oltre che
del telefono cellulare; hanno nominato tra le aggressioni “sms cattivi”, commenti sgradevoli su
Facebook, blog o forum, pettegolezzi online, diffusione di fotografie imbarazzanti e/o di
comunicazioni private, sottrazione di identità virtuale, modificazione di pagine Web,
pubblicazione in rete di materiale personale senza permesso etc. e, dato che ci sembra
particolarmente interessante, hanno citato episodi nei quali “gli aggressori virtuali” erano amici
e conoscenti e soltanto raramente estranei, a conferma del fatto, già rilevato in precedenti
ricerche, che preadolescenti e adolescenti usano le nuove tecnologie non per contattare
persone nuove ma per comunicare con la stessa cerchia di amici con la quale condividono
esperienze “in presenza”, in un prosieguo virtuale di una relazione reale che scongiura ogni
rischio di isolamento.
Cosa accade quando comunico un’emozione o un contenuto importante tramite un sms, una
mail o un messaggio in chat? Quale ambiente scelgo? Cosa cambia tra la comunicazione faccia
a faccia e quella mediata? Quali sono le conseguenze della comunicazione sincrona e di quella
asincrona? Quali codici presentano i media digitali? Che valore assume la parola scritta ai ritmi
velocissimi della digitazione e “transcodificata” in abbreviazioni, simboli numerici, acronimi …?
Cosa comunico tramite i new media e cosa no? Con chi comunico?
E poi: con chi condivido i miei messaggi? Come lascio i commenti su forum e blog? Cosa
significa rispetto dell’altro in un ambiente virtuale? Cosa racconto di me e dei miei amici nel
social network?
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E ancora: chi e che cosa posso fotografare e filmare? Cosa pubblico in rete? Dove? Qual è il
confine tra il pubblico e il privato? Cos’è l’intimità?
Sono soltanto alcune delle riflessioni stimolate nei ragazzi a partire da input audiovisivi sul
tema delle nuove tecnologie, discussioni, analisi di script di sms e chat e lavori di gruppo.
Myspace, Facebook, Badoo, Netlog, YouTube, Msn ma anche gli infiniti SMS inviati e ricevuti
ogni giorno da preadolescenti e adolescenti permettono a milioni di ragazzi, compagni di classe
o amici, di comunicare, confrontarsi, condividere con il gruppo il racconto di sé (foto, video,
canzoni, pensieri, emozioni e sentimenti, storie …), esprimersi da autori e protagonisti… Si
tratta non solo di strumenti, ma di veri e propri linguaggi e ambienti dove i “nativi digitali”
vivono la relazione tra pari, indiscussa protagonista dei processi di identificazione e
individuazione e del percorso adolescenziale di costruzione dell’identità, pratiche, dunque, non
certo da arginare ma da promuovere e guidare pedagogicamente.
Per chiudere la parola a due studenti:
“(…) in un sms “ciao” è “ciao” e basta, cioè, può essere interpretato in mille modi, anche a
seconda di come ti senti tu che leggi, se pensi che l’altro ce l’abbia con te (…) Ovvio, ci sono gli
emoticons ma non sono la stessa cosa. Possono voler dire qualsiasi cosa anche quelli, anche la
faccina che sorride può essere sarcastica ...”
“ (…) prima parlavo di cose serie sulla chat, anche con persone che avrei potuto vedere il
pomeriggio … adesso preferisco dire “ne parliamo domani a voce”, invece che rimanere tutta la
sera sulla chat a scrivere come una pazza e, comunque, non essere capita”.
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