appunti di chirurgia maxillo-facciale

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appunti di chirurgia maxillo-facciale
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO
CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA
PROGRAMMA ESAME CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
1)Anatomia del distretto Oro-Maxillo-Facciale
2)Anatomia Topografica della Faccia e del Collo
3)Embriologia ed Istologia della Testa e del Collo
4)Semeiotica del Distretto Maxillo-Facciale e del Collo
5)Malformazioni del Distretto Cranio-Maxillo-Facciale e del Collo
(Cranio-Facio-stenosi, Sindromi malformative compesse quali Sindrome
Otomandibolare, Franceschett, Schisi, Cisti e Fistole congenite del Collo, Pier-Robin)
6)Patologia della Mucosa Orale e dei tessuti molli del distretto Maxillo-Facciale
7)Patologia dell’Articolazione Temporo-Mandibolare
8)Patologie a carico dello scheletro Maxillo-Facciale
9)Fratture dei Mascellari e dello scheletro Cranio Facciale
10)Nevralgie Trigeminali
11)Paralisi Facciali
12)Patologia delle Ghiandole Salivari
13)Tumori del Cavo Orale
14)Tumori a carico dello scheletro Maxillo-Facciale
15)Cenni di Chirurgia preprotesica e preimplantare
16)Cenni di Chirurgia Ortognatica (Progenismo, Micrognazie, Asimmetrie, Morsi aperti e
profondi
17)Metodiche innovative quali Osteodistrazione e Chirurgia Rigenerativa
18)Anestesia loco-regionale in Chirurgia Maxillo-Facciale
19)Soccorso d’urgenza nei traumi Maxillo-Facciali
TESTI CONSIGLIATI
- Trattato di Patologia Chirurgica Maxillo-Facciale – Società Italiana di Chirurgia
Maxillo-Facciale. Ed. Minerva Medica, Anno 2007.
- Elementi di Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale – Brusati R. Ed Masson, Anno 1999.
- Chirurgia Odontostomatologica – Di Lauro F., Bucci E. Ed. Florio, Anno 2000
- Malattie Odontostomatologiche – Valletta G. Ed. Piccin, , Anno 2005
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
INTRODUZIONE
La chirurgia maxillo-facciale (da ora c m-f) è una branca che si pone tra:
-
l'otorinolaringoiatria (quando per esempio si interviene sul mascellare superiore, sui
seni paranasali, sul setto, sui turbinati ecc..);
-
l'odontoiatria;
-
l'oculistica (soprattutto per quanto riguarda la traumatologia dell'orbita, che è
appannaggio della c m-f).
PATOLOGIA MALFORMATIVA
Sicuramente avete sentito qualcosa in pediatria, per esempio la palatoschisi o alcune
malformazioni della faccia che sono competenza del chirurgo maxillo facciale e anche del
chirurgo plastico. Le malformazioni si dividono in:
-
Malformazioni della faccia;
-
Malformazioni complesse (sempre della faccia);
-
Craniostenosi (che interessano sempre la faccia);
Le malformazioni sono dei difetti di formazione di uno o più organi che possono essere
congenite o successive (perinatali), perché non è che un dente malformato, per
esempio, sia già presente alla nascita, ma è presente in quell'individuo solo l'alterazione
che porterà ad avere una modifica morfologica in futuro. Quindi sono delle variazioni
strutturali dell'organismo che vanno al di là dei limiti della normalità. Infatti, se noi
consideriamo una gaussiana, la porzione che si trova distribuita in prossimità del picco
rappresenta circa il 70% degli individui, questi sono normali, mentre quelli alle estremità
non lo sono (hanno per esempio la faccia a torchio, faccia lunga o faccia corta,
malformazioni del naso e così via).
Quindi per normalità si intende una media statistica, in realtà la “normalità” non esiste in sé
e per sé, poichè rappresenta la conformazione anatomica che è presente nella
maggioranza degli individui.
Una cosa molto importante è l'ontogenesi, cioè quel percorso che fa il genotipo per
passare a fenotipo. Essa attraversa 4 passaggi:
1) fecondazione;
2) periodo embrionale;
3) periodo fetale;
4)continuazione dopo la nascita.
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
La malformazione non solo una alterazione di tipo strutturale, ma ci può essere anche una
malformazione di tipo funzionale cioè che avviene durante il periodo fetale o
eventualmente dopo, per esempio tra le malformazioni che ci interessano ci sono il
progerismo o la micrognazia che sono problemi legati allo sviluppo, che si manifestano
con la crescita, durante la fase prepuberale.
Per esempio supponiamo di avere un bambino con problemi di respirazione nasale, che
ha le adenoidi e pertanto respira solo con la bocca aperta, ovviamente non avrà questo
problema alla nascita, però man mano checrescerà senza che si faccia caso al problema
funzionale, la mandibola spinta dalle adenoidi si allargherà; quindi la funzione regola
anche la crescita dei processi della faccia.
Il primo periodo è quello dello zigote. Se la noxa patogena colpisce in questo periodo, si
ha più facilmente un aborto (questo avviene più spesso nella prima o nella seconda
settimana).
Il secondo periodo è quello che ci interessa particolarmente perché dalla 3° fino alla 7°
settimana si ha la formazione di quello che è il palato. Sicuramente avete già sentito
parlare di cheilo-gnato-palatoschisi, labbro leporino, ecc… Quindi, quando la noxa
patogena interviene, sia essa di origine genetica o ambientale, si hanno queste alterazioni.
Il terzo periodo è quello fetale (dopo il 3° mese). In questo periodo, quando c'è una noxa
patogena si possono avere delle alterazioni di tipo funzionale o che comunque
interferiscono sul normale sviluppo con delle ripercussioni a livello della faccia.
Il quarto periodo è quello dello sviluppo prepubere che abbiamo accennato prima, cioè
quello in cui questo ragazzo potrebbe avere dei problemi di respirazione e quindi
manifesta progerismo e micrognazia che sono i difetti di alterata crescita.
Per definizione anomalia e sindrome sono differenti a seconda di quella che è poi la noxa
patogena implicata.
Nella sindrome, infatti, esistono alcune aberrazioni cromosomiche che danno
malformazioni di tutto l'organismo, per esempio nella trisomia 21 o sindrome di Down, in
cui si hanno malformazioni anche cardiache e generalizzate. A noi interessa il risvolto
maxillo-facciale, però una volta che si fa una diagnosi precisa di un bambino che nasce
con cheto-meato palatoschisi, non è detto che sia l'unica patologia malformativa e quindi
bisogna chiamare lo specialista ed accertarsi che il bambino non ne abbia altre. In tutti i
casi è necessaria una mappa cromosomica che metta in evidenza delle sindromi. Esistono
alcune sindromi molto conosciute, come la Trisomia del cromosoma 13: il paziente ha la
schisi, ma ha anche gravi malformazioni cardiache e circolatorie. Quindi il chirurgo maxillofacciale o il medico che lo intercetta, deve anche segnalare questo. Mettere il paziente sul
tavolo operatorio senza considerare il resto gli farebbe correre rischi molto gravi.
Deformità è un altro termine ricorrente: si pensa ad una struttura normale che poi si è
deformata. Quindi non parliamo di modifiche nel periodo ontogenetico! Dove per periodo
ontogenetico intendiamo tutto quel periodo fino alla fine della pubertà. Quindi la deformità
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potrebbe essere provocata da un'artrosi deformante, un incidente automobilistico o
un'obesità; quindi una persona che si sviluppa normalmente va incontro a questa
alterazione.
EPIDEMIOLOGIA
L'incidenza in generale nella popolazione delle malformazioni facciali, indipendentemente
dalla c m-f., se si considerano anche i nati morti, è un'incidenza molto alta: circa il 30%.
Quindi è una causa di morte perinatale importantissima. Se si fa un'autopsia infatti si
riescono ad individuare danni a livello di questi organi.
Se si considerano solo i nati vivi invece c'è un'incidenza di 3,5, nel primo anno sale a 7
perchè ci si avvale anche di indagini strumentali e tra i 6 e 12 anni è addirittura del 7,5%.
Per quanto riguarda le malformazioni del distretto maxillo-facciale queste sono del 9%. Se
si considera che la percentuale delle malformazioni degli arti sono circa il 26% (è una delle
più frequenti tra le malformazioni: come la sindattilia o la polidattilia), quelle del SNC sono
del 17%, quelle maxillo-facciali non sono sicuramente le più rappresentate.
Quali sono i fattori che influenzano lo sviluppo di malformazioni?

Fattori genetici (di un solo gene o aberrazioni cromosomiche, alterazioni dei prodotti
della gametogenesi, come un eventuale aneuploidia o comunque alterazioni del
corredo cromosomico;

Infettivi;

Chimici;

Fisici;

Metabolici;

Dietetici;
Più specificamente per la genetica si distingue una patologia cromosomica congenita
generalizzata che è quella di cui abbiamo discusso prima (Trisomia 13, 18, 21 ...) e quelle
dovute a un'alterazione cromosomica atipica.
La patogenesi
Come si arriva alla malformazione? Il fattore eziologico, la noxa patogena può essere
come già detto una causa genetica o non genetica, ma più spesso deriva dal sovrapporsi
di entrambe. Per esempio la talidomide che si usava molto in passato, ma che ancora oggi
si usa (nel mieloma per esempio) ha portato a delle gravissime malformazioni. Però per
esempio in alcune persone non ha dato problemi; quindi c'è una componente genetica e
una metagenetica che determinano lo sviluppo della malformazione.
Dipende inoltre dalla qualità e dal tempo in cui avviene la noxa patogena e soprattutto
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anche dalla quantità (maggiore è la quantità maggiore saranno i danni e la gravità). E'
chiaro che se interferisce nelle prime settimane dello sviluppo sarà più grave di una che
compare dopo qualche mese di vita (4°-5° mese) fetale in quanto il feto è già formato.
Questo fattore eziologico agisce sul prodotto del concepimento e si mettono in moto
meccanismi patogenetici che sono la non disgiunzione cromosomica, la mutazione, deficit
enzimatici, mancanza di precursori che mettono in moto processi patogenetici che sono
uguali per tutti (sia fattori genetici che metagenetici) e che sono la morte cellulare,
alterazione della migrazione e differenziazione cellulare e quindi si ha una malformazione.
In che modo? Si fa riferimento all'embriologia: nelle prime fasi si forma il tubo neurale. In
corrispondenza delle creste neurali c'è una proliferazione di cellule staminali che migrano
e formano gli archi branchiali. Naturalmente ogni settore di questo tubo genererà in modo
particolare per la faccia le diverse formazioni anatomiche: alcune migrano nel processo
fronto-nasale (prosencefaliche), altre nella porzione media che è mesencefalica e infine le
cellule posteriori (che sono poi quelle primitive) migrano nella porzione romboencefalica.
Le cellule vanno nel mesoderma, si differenziano e formano le varie strutture come nervi,
vasi, muscoli ecc….
Quando c' è una patologia della migrazione si possono avere delle alterazioni.
Per cui se la patologia per esempio esiste nella porzione mesencefalica si avranno
alterazioni sul primo e secondo arco brachiale, se invece le cellule sono quelle
prosencefaliche si avranno delle alterazioni della formazione della parte centrale del naso
e della porzione fronto-nasale.
Quindi possono essere delle patologie molto gravi a seconda che ci sia un problema di
migrazione o di differenziazione.
Per esempio abbiamo la teoria di Burley che è un francese che dice che la faccia è un
attributo del cervello, cioè per esempio ci sta qualcuno che ha gli zigomi molto prominenti,
vuol dire che più cellule, a causa della rappresentazione che il cervello ha della faccia,
migrano in una zona piuttosto che un'altra.
Tanto per capirci, nella filogenesi, che è il processo attraverso il quale si è arrivati all'uomo
(se voi vedete durante la gravidanza il feto somiglia a un pesce, poi una scimmia, ecc…) il
cervello primitivo (quello del rettile) era il romboencefalo da cui partono le cellule di
differenziazione. Quindi se per esempio il romboencefalo ha una rappresentazione molto
importante del terzo medio della faccia, questo vorrà dire che avremo una buona
rappresentazione del mesencefalo che è la parte dove risiedono le parti più sensitive, più
affettive dei mammiferi.
Invece nella parte anteriore, dove è il naso, il solco naso-frontale c'è quindi il prosencefalo
(sembrerebbe che questa parte sia quella che ci differenzia dagli animali perchè qui
risiede l'immaginazione e che quindi chi abbia questa porzione più sviluppata sia più
intelligente).
Se ci sono difetti di formazione, c'è una grave lesione delle porzioni cerebrali che non
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arrivano neanche sul tavolo operatorio. Difetti di migrazione e differenziazione invece sono
la maggior parte delle malformazioni. Sono le più frequenti che noi vedremo.
E' molto difficile fare una classificazione delle malformazioni maxillo-facciali perché molte
malformazioni sono di carattere embrionale, ma possono essere date da un problema
molto più complesso e vasto da un punto di vista funzionale; per esempio quella del
bottone fronto-nasale, cisti fronto-nasale, ecc… che sono molto rare e molto difficili da
trattare da un punto di vista neurochirurgico. Per esempio nella malformazione del bottone
mascellare (quindi del primo arco branchiale) abbiamo oltre alle già citate palatoschisi,
labbro leporino ecc.., abbiamo la Franceschetti Berry-Klein e la Sindrome di Crouzon e la
Sindrome di Apert. Sulla Franceschetti ci ritorneremo perchè vedremo la facies tipica, ma
nella S. di Apert e Crouzon vi sono più zone che hanno un grosso deficit del mascellare
che sono una conseguenza del fatto che il cervello non sviluppandosi a causa della
craniostenosi, non ha portato allo sviluppo della regione rinofaringea, quindi non
respirando attraverso il naso essi non sviluppano la regione mascellare; quindi è una
conseguenza piuttosto che una patologia diretta del processo mascellare.
Sindrome di Franceschetti-Klein o Treacher Collins o disostosi mandibolo-facciale
La sindrome
di
Treacher
Collins o sindrome
di
FranceschettiKlein o disostosi mandibolo facciale è
una patologia autosomica dominante (TCOF1
, in 5q32-33.1) con una penetranza del
90% e una espressività variabile. Il 60%
dei casi è associato ad una mutazione e
un fattore di rischio importante è l'età
paterna avanzata. La sua incidenza è
stimata in 1/50000, 1/25000 nuovi nati.
Questa sindrome associa ipoplasia dei
padiglioni auricolari (77%), una atresia dei
condotti uditivi esterni (36%), anomalie
nella catena degli ossicini con conseguente sordità di trasmissione (40%), ipoplasia
degli ossi malari e zigomatici (80%) con una obliquità antimongoloide delle rime
palpebrali, coloboma della palpebra inferiore con assenza delle ciglia sul 1/3 inferiore,
ipoplasia mandibolare (78%) e schisi palatina. Le malformazioni facciali sono
generalmente bilaterali e asimmetriche. L'intelligenza è normale nella maggior parte dei
casi.
Le difficoltà respiratorie si manifestano precocemente a causa del lume ristretto delle vie
aeree superiori. La sordità deve essere corretta il più presto possibile per garantire un
corretto sviluppo della favella.
Il paziente deve essere preso in cura immediatamente alla nascita per via delle difficoltà
respiratorie soprascritte.
La terapia chirurgica e ortognatica-ortopedica deve seguire l'iter di crescita del paziente.
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Sindrome di Apert
In campo medico per Sindrome di Apert o acrocefalosindattilia ereditaria si intende un
disordine congenito raro a carattere ereditario autosomico dominante e penetranza incompleta.
L'incidenza della malattia è 1:160.000/200.000 nati vivi.
La Sindrome di Alpert è legata ad un'alterazione nell'embriogenesi degli archi brachiali ed
è dovuta a un difetto a carico del gene che codifica per il recettore 2 per l'FGF (fattore di
crescita per i fibroblasti) mappato sul cromosoma 10.
È
caratterizzato
clinicamente
da: brachicefalia, esoftalmo asimmetrico
a ptosi palpebrale e sindattilia anche totale (mano a cucchiaio).
associato
Sindrome di CROUZON
Per Sindrome di Crouzon in campo medico si intende un disordine genetico che si
manifesta principalmente sul viso.
La sindrome porta il nome di colui che per primo ha descritto un caso clinico: il medico
francese Octave Crouzon, che osservando i genitori del paziente comprese la sua natura
genetica. La sindrome ha preso nel corso dei tempi vari nomi prima di giungere a quello
definitivo. Ancora oggi non è chiaro se esistono diversi tipi simili di sindorme o si tratta
sempre della stessa.
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Si
mostra ipertelorismo esoftalmo, ipoplasia
facciale, sindattilia.
La causa è una mutazione genetica,
il gene responsabile
è
stato
comprovato
essere
il
FGFR2
(recettore del fattore di crescita del
fibroblasto 2).
Il trattamento è solo di tipo chirurgico,
in
seguito
all'operazione
una
semplice sinusite costituisce fattore di
rischio anche grave per malattie come
la meningite.
Sindrome di Pierre-Robin
Poi vi sono le malformazioni del bottone mandibolare in cui abbiamo la S. di Pierre-Robin
ecc…
La Sindrome di Pierre Robin (sigla inglese: PRS) è una sequela congenita di anormalità
che può avvenire sia come sindrome distinta sia come parte di un'altra patologia latente.
La PRS si caratterizza per una mandibola insolitamente piccola (micrognazia), disposizione
posteriore o retrazione della lingua (glossoptosi), e ostruzione delle vie aeree superiori. La
chiusura incompleta del palato (palatoschisi), è presente nella maggioranza dei pazienti, ed
esso è di solito a forma di U.
Ancora non è noto come questa anormalità possa verificarsi nei neonati; una teoria
sostiene che, ad un certo momento, durante la fase di formazione delle ossa del feto, la
punta della mandibola si attacca nel punto dove le clavicole si uniscono (sterno),
impedendo così la crescita delle ossa mascellari. Si pensa che, a circa 12-14 settimane
di gestazione, quando il feto inizia a muoversi, lo spostarsi della testa fa sì che la mandibola
sporga dalle clavicole. Da quel momento in poi, la mandibola del feto cresce come
normalmente, con il risultato che, alla nascita, la mandibola del bambino è più piccola di
quanto sarebbe stata con uno sviluppo normale, sebbene continui a svilupparsi con un
tasso normale fino a che il bambino termina lo sviluppo.
La PRS è spesso parte di una patologia o sindrome latente. La più comune è la sindrome di
Stickler. Altri disturbi causa di PRS sono: sindrome Velocardiofacciale, la sindrome alcolica
fetale e la sindrome di Treacher Collins.
La patologia generalmente è diagnosticata poco dopo la nascita. Ha un'incidenza variabile
da 1 su 8500 a 1 su 30.000. I problemi medici più importanti sono la difficoltà alla
respirazione e alla nutrizione. I neonati affetti necessitano molto spesso di assistenza per
la nutrizione, ad esempio necessitando di rimanere in posizione laterale, necessitando
ciucciotti o cucchiai speciali, e spesso necessitano di nutrizione con un sondino nasogastrico o di un'integrazione alimentare adeguata dovuta alla lenta alimentazione. Ciò è
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causato dalla difficoltà di formare il vuoto nella cavità orale a causa del palato diviso, oltre
alla respirazione difficoltosa dovuta allo spostamento indietro della lingua. Gli infanti, se
colpiti moderatamente o severamente, possono occasionalmente necessitare di una
cannula naso-faringea o, più raramente, intubazione endotracheale o tracheostomia per
risolvere l'ostruzione delle vie aeree.
Il palato diviso in genere è curato tra l'età di 6 mesi e ½ e 2 anni con un intervento
di chirurgia plastica o maxillofacciale. In molti centri adesso c'è un'equipe per il labbro
leporino e per la palatoschisi che comprende entrambe le specialità, come anche un
coordinatore, un terapista del linguaggio, un ortodontista, talvolta uno psicologo, un
audiologo, un chirurgo otorinolaringoiatra e personale infermieristico. La glossoptosi e
micrognazia generalmente non richiedono la chirurgia; in alcuni casi la dis-trazione della
mandibola è necessaria per aiutare respirazione e
nutrizione.
I bambini affetti da PRS di solito raggiungono pieno
sviluppo e statura. Comunque, è stato riscontrato che
il bambino è spesso leggermente di taglia sotto la
media, a causa di sviluppo incompleto dovuto a
ipossia cronica relativa a ostruzione delle vie aeree
superiori come pure alla scarsa nutrizione dovute a
difficoltà di alimentazione.
Le Schisi
Oggi maggiormente vediamo le schisi: le schisi interessano il primo processo branchiale
e il processo mascellare.
La fusione tra il processo mascellare e il placoide nasale formano lo stomodeo (= apertura
della bocca), quindi non solo il naso ma anche la bocca e i processi mandibolari. Quando
non avviene questo processo di fusione tra mascellare e placoide si ha la schisi.
Naturalmente nella porzione mediale si forma anche la porzione pre-maxillo (che sarebbe
il palato anteriore), quindi quando non si fonde la porzione labiale si chiama cheiloschisi o
labioschisi, mentre quando non si fonde anche la regione palatale si parla di cheilo-gnatopalatoschisi.
Nei casi lievi si può avere solo una specie di cicatrice, mentre
mano mano che consideriamo casi più gravi la cicatrice
diventa sempre più prominente e i lembi cutanei sono più
distanti l'uno dall'altro.
Nella cheilognatopalatoschisi invece la situazione è più
complessa perché viene interessato tutto il palato, sia il
palato duro che il palato molle. Vedete che la parte della
gengiva è completamente libera perché non si è proprio avuta
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la fusione del mascellare ne della premaxilla.
Poi c'è una grave forma che deriva da malformazioni della regione prosencefalica, il
paziente non ha naso, non ha la porzione palatale (ed è quindi incompatibile con la vita) a
causa della mancata chiusura del rotolo anteriore, quindi non c'è la migrazione di cellule e
a volte addirittura abbiamo la fusione delle due cavità orbitali (ciclopia).
Queste non sono compatibili con la vita perché non c'è la porzione cerebrale. Poi ci sono
dei casi in cui è coinvolto solo il palato molle, altri in cui è completo ecc...
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In genere queste patologie devono essere trattate subito, nell'arco di 3 mesi dalla
nascita si deve intervenire e il trattamento deve essere completato nell'arco dei 18 mesi.
Un po' per ignoranza, un po' per paura a volte i pazienti si presentano dal chirurgo in età
avanzata, ma in genere non più in la di 4 o 5 anni. Inoltre vi sono diverse correnti di
pensiero secondo cui se si interviene precocemente, si corregge il difetto ma si hanno dei
problemi relativi alla crescita.
Un caso interessante è quello dei 2 gemelli monozigoti: uno con la schisi e l'altro no. Ci si
potrebbe chiedere il perché. Questa è la dimostrazione che non è solo un problema
genetico. Questo significa che la posizione fetale può provocare un difetto (se per esempio
l'utero non è tanto elastico) in uno dei due gemelli.
Per quanto riguarda la terapia, se si interviene subito, da un punto di vista funzionale
questi bambini riescono a recuperare bene. Quando viene il genitore non è una notizia che
faccia piacere però bisogna rassicurarlo perché oggi si riesce a fare delle cose
straordinarie che riescono a farlo reintrodurre nella società senza che questo subisca dei
traumi che erano molto frequenti in passato. Inoltre spesso questi pazienti avevano anche
difficoltà a farsi capire; avevano la cosiddetta rinolalia in cui il paziente non riesce a
pronunciare le “d” le “t” e le “g” perché mancando la cassa armonica non riescono a
pronunciarle bene.
Un'altra cosa importante è la crescita di queste strutture. E' chiaro che una patologia ne
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crea un'altra se non si interviene rapidamente. Se non chiudo la schisi la lingua si va ad
infilare dentro e quindi la allarga sempre di più e inoltre non c'è lo stimolo alla crescita
mascellare, poi perdono i denti, dunque una serie di problemi. Se si interviene subito,
presto e bene la formazione è perfetta però si potrebbero avere delle cicatrici che
impediscono e frenano la crescita; quindi il paziente deve essere ben seguito da un punto
di vista ortodontico ed ortopedico per stimolare la crescita con degli attivatori. L'importante
è che comunque da un punto di vista estetico si riescano ad introdurre nella società.
Ci sono molti autori che intervengono tardivamente (a 6 anni) perché dicono che non
vogliono bloccare la crescita. Verso i 18 mesi il bambino inizia a parlare e c'è un imprinting
fondamentale, per cui impara a non coordinare bene la parola con il cervello e quindi non
riesce più ad articolare. Questo problema si evita con l'intervento precoce.
Come si interviene chirurgicamente?
Si ricostruisce sia la parte muscolare che quella ossea sia del naso che del cavo orale.
Una volta che è stato chiuso tutto bisogna continuamente seguire questi pazienti. Esiste
una percentuale di pazienti in cui residua una gnato-schisi che interessa la porzione
alveolare perché il canino che doveva scendere nella sua sede non è sceso perché
mancava l'osso, quindi in genere si fa una ricostruzione con altri pezzi di osso presi dalla
regione mentoniera per esempio e si colma la zona vuota e poi si procede con l'impianto
del dente.
La cosa importante è la funzione del muscolo orbicolare della bocca, perché deve essere
ricostruito perfettamente, quindi non va avvicinata solo la cute, ma tutto il muscolo.
In che modo un intervento precoce prima di 18 mesi, in che modo potrebbe influire
negativamente sulla crescita ?
Il problema fondamentale è che non tutte le schisi sono uguali. Ci sono delle schisi in cui
c'è una buona rappresentazione del tessuto, altre invece in cui c'è poco tessuto e casomai
nemmeno molto consistente. In quest'ultimo caso tentare di chiudere eroicamente la schisi
metterebbe l'eventuale cicatrice sotto forte tensione, per cui o la sutura si apre o si forma
una cicatrice durissima che è quasi un mezzo ortopedico che frenando il mascellare, ne
condiziona la crescita. Quindi è chiaro che va valutato quando intervenire e se intervenire
prima ortopedicamente. In un bambino appena nato con schisi molto dilatata, perché
casomai è impegnata la lingua o perché c'è poco tessuto, per esempio si mettono delle
placchette ortopediche che avvicinano, che sono degli otturatori dopo aver preso
l'impronta, in modo che possa anche mangiare dato che molto spesso non può effettuare
la suzione dal capezzolo. La placchetta millimetro per millimetro avvicina i due lembi e
quando arriva alla lunghezza giusta, non essendo più necessaria tutta quella tensione, si
opera. Quindi bisogna valutare caso per caso.
Resta però il fatto che purtroppo non parlano bene anche dopo aver ricostruito il palato.
Nel caso in cui si verifichi un arresto della crescita par via della cicatrice, a questo punto si
interviene anche ortopedicamente con la maschera ortopedica di Delaire; si va ad
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impegnare tutto il mascellare superiore e progressivamente, siccome le ossa sono molto
piccole e non ci sono ancora le fusioni del mascellare con lo pterigoideo, con la trazione
elastica si porta in avanti l'osso.
Le sinostosi
La non morte cellulare e la morte cellulare sono dei processi che avvengono durante
l'ontogenesi, in modo particolare nella craniostenosi, questo fenomeno avviene nelle
suture della volta e della base cranica durante il periodo fetale; esattamente si chiama
sinostosi precoce, cioè praticamente si ha una fusione e non rimane la sutura aperta.
Cosa succede allora? Succede che il cervello si deve espandere e allora ha difficoltà.
Quante più suture sono coinvolte maggiore sarà la gravità della patologia perché si può
avere ipertensione endocranica, compressione del nervo ottico con gravi compromissioni
per la sua funzione oppure può trovare dei cedimenti che naturalmente trasformano il
cranio; per esempio nella sinostosi delle due suture coronarie o della base cranica si ha
turricefalia (cranio alto e allungato). Alcune di queste hanno una grave ripercussione sulla
crescita della faccia perché per es. la fossa cranica anteriore è bloccata e il cervello non si
riesce ad espandere anteriormente e quindi anche la porzione alta del rinofaringe rimane
bloccata e quindi il paziente non può respirare col naso, ma respira a bocca aperta. Poi si
ha anche una ripercussione sulla crescita del tetto dell'orbita, per cui questi hanno un
esoftalmo che non è un esoftalmo vero! Perché l'esoftalmo vero si ha quando questi
pazienti hanno un'orbita normale e magari il grasso periorbitale spinge il bulbo
esternamente; questi pazienti invece hanno in microorbitismo perché non c'è il tetto
dell'orbita dato che non si è sviluppata la fossa cranica anteriore. In questo caso la
patologia si chiama oxicefalia.
Dismorfie cranio-facciali
Le dismorfie cranio facciali complesse sono quelle che interessano particolarmente il
chirurgo maxillo facciale. Esse sono il Chozen, il Crouzon, l'Apert e il cranio a trifoglio . A
seconda del fatto che siano coinvolte le suture possiamo avere diverse dismorfie che poi
hanno anche una ripercussione sulla crescita. Possiamo avere una turricefalia o una
plagiocefalia (cranio alto o basso) possiamo avere simmetria o asimmetria a seconda del
coinvolgimento bilaterale delle suture coronarie o delle ali dello sfenoide o delle
articolazioni temporo-mandibolari.
Nella sindrome di Apert, microorbitismo, naso leggermente a pappagallo, leggera apertura
della bocca a causa delle difficoltà respiratorie e turricefalia (non costante), inoltre
possiamo avere polidattilia (più dita) o sindattilia (fusione di 2 o più dita).
In questi pazienti quando sono ancora piccoli, se naturalmente c'è un'ipertensione
endocranica, si fa una craniotomia. Una volta si faceva semplicemente l'apertura della
volta e quindi la decompressione. Fin quando hanno 3 anni l'osteogenesi avviene a carico
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della dura madre, quindi se operiamo prima dei tre anni, nell'arco di pochi mesi si riforma
tutta la volta cranica e l'intervento diventa inutile, per cui si dovrebbe reintervenire.
Soprattutto i ch. Plastici e maxillo facciali hanno escogitato dei sistemi, non solo estetici
ma anche capaci di dare una spinta alla crescita della porzione anteriore della faccia. Una
di queste tecniche è il bandeau frontale
In pratica si smonta completamente
l'orbita, il tetto dell'orbita e il
processo frontale e si porta avanti
di qualche cm in modo tale da
permettere
l'espansione
del
cervello anteriormente, si ha la
nuova
costituzione
dell'osso
asportato e a distanza di tempo si ricostituirà da sola anche la porzione orbitaria.
La tecnica prevede innanzitutto l'apertura, poi si smonta il volé frontale dell'orbita, si
rimodella e si posiziona anteriormente. Nell'intento di decomprimere il cervello si ha anche
la possibilità di avere dei buoni risultati dal punto di vista estetico.
Questo è un iperteleorbitismo cioè una aumentata distanza tra
le orbite. Cioè vuol dire che esiste un problema fronto-nasale da
aumentata pneumatizzazione dell'etmoide o della crista galli o
altro. Molto spesso questi pazienti sono intelligenti; se si
trovano dei bambini meno intelligenti è colpa dei genitori che
non li fanno andare a scuola o li tengono emarginati dalla
società. Loro non hanno grandi problemi, a meno che non
abbiano avuto dei lunghi periodi di ipertensione endocranica
non trattata, ma è molto difficile perché in genere c'è sempre un
compenso.
L'intervento di correzione dell'iperteleorbitismo può essere
eseguito in base al grado di deformità: mediante un approccio intra ed extra cranico (nei
casi più complessi) quindi con l'intervento del Neurochirurgo e chirurgo craniofacciale o
esclusivamente con un approccio transfacciale con l'intervento del solo chirurgo cranio
maxillo facciale. La correzione è stata eseguita secondo la tecnica classica di Paul Tessier.
Soprattutto è importante nei primi anni. Tutto ciò che si riesce a togliere viene
rimaneggiato dalla dura madre, mentre dopo i 3 anni esiste il periostio.
Difetti del I e II arco branchiale e sindromi otomandibolari
Sempre nell'ambito malformativo, prima dicevamo che esistono delle sindromi che
riguardano difetti di migrazione o differenziazione delle cellule provenienti dal 1 o dal 2
arco branchiale.
Questo naturalmente avviene nel periodo embrionale. Altre malformazioni del periodo
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
embrionale sono le sindromi otomandibolari che in parte sono dovute a questo processo
di migrazione e differenziazione, altre invece sono dovute ad un'emorragia dell'arteria
stapedia che va a danneggiare la crescita del primo o del secondo arco branchiale. Molti
autori hanno studiato queste sindromi, ma le caratteristiche sono molto simili. Esistono
delle varietà ma fondamentalmente il meccanismo è sempre lo stesso. Esse sono:

Disostosi mandibolo-facciale;

Sindrome del primo arco branchiale;

Displasia oculo-auricolo-vertebrale.
Hanno delle differenze ma la patogenesi è sempre la stessa. Possono essere monolaterali
o bilaterali e quando sono bilaterali c'è la sindrome di Franceschetti.
Esse sono caratterizzate innanzitutto da modifiche dello scheletro. Esistono 3 gradi:
-
I grado forma più lieve in cui il condilo non combacia perfettamente;
II grado in cui il condilo può essere addirittura mozzato;
III grado in cui è completamente assente e non si articola proprio nella sua cavità
articolare.
Altre caratteristiche sono le alterazioni del padiglione, degli abbozzi preauricolari o
agenesia completa del condotto uditivo e della catena degli ossicini (non c'è nulla).
Poi si può avere una macrostomia (eccessiva grandezza
della bocca) con schisi laterale. Questi reperti sono
caratteristici
Poi
si possono anche avere delle alterazioni della
colonna vertebrale, agenesia delle cartilagini del meato
acustico interno ecc….
Naturalmente questa patologia una volta che si è
instaurata, anche con la crescita rimane costante. C'è
un danno che peggiora progressivamente. Anche con la
suzione per esempio perché è la funzione che determina l'avanzamento della patologia.
Quindi se c'è un'alterazione scheletrica o dei muscoli masseteri per esempio, essa
condizionerà la crescita del mascellare superiore e delle altre strutture perché è chiaro che
non articolando bene, non occludendo bene, anche per un effetto domino condizionerà la
crescita e lo sviluppo di altri organi. Questi difetti devono essere trattati subito.
Le cose principali (cioè riparare le schisi, l'orecchio) sono cose che si possono fare subito,
mentre la crescita delle ossa deve essere controllata nel tempo da un punto di vista
ortopedico e ortodontico. Alcune volte negli stadi gravissimi di malattia, in cui non esiste
proprio la branca montante della mandibola o la struttura ossea, si arriva all'età di 15-16
anni e si può effettuare un trapianto. In particolare si tratta di un autotrapianto che prevede
innanzitutto l'ossificazione completa (perciò si fa a 15-16 anni) delle ossa tibiali, si prende
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
una parte di osso da questa regione e si ricostruisce la branca montante della mandibola
per esempio.
Sindrome di Franceschetti
Poi abbiamo la sindrome di Franceschetti. La sindrome di Franceschetti-Klein o sindrome
di Treacher-Collins è una malattia genetica autosomica dominante con penetranza del
90% e espressività variabile. La sua incidenza è stimata intorno a 1/50.000 nati. Questa
sindrome associa: ipoplasia dei padiglioni auricolari (77%), atresia dei condotti uditivi
esterni (36%), anomalia della catena degli ossicini, sordità trasmissiva (40%); ipoplasia
delle ossa mandibolari e zigomatiche (80%), con rime palpebrali oblique in basso e verso
l'esterno, coloboma delle palpebre inferiori (69%), assenza delle ciglia sul terzo esterno
della palpebra inferiore, ipoplasia mandibolare (78%), schisi palatina (28%). Le
malformazioni facciali sono bilaterali e asimmetriche. L'intelligenza è generalmente
normale. A causa del restringimento delle vie respiratorie superiori si possono manifestare
precocemente difficoltà respiratorie. La sordità deve essere valutata il più presto possibile.
Il trattamento è sintomatico con un'assistenza respiratoria per correggere i disturbi
respiratori. La protesizzazione deve essere precoce. Il numero di nuove mutazioni è stato
stimato in 60%, ma risulta di
fatto più basso in base agli
studi molecolari più recenti. Il
gene è stato localizzato sul
cromosoma 5q32-q33.1 .
Addirittura l'osso zigomatico è
come se fosse un osso
sesamoide che non si fonde
con il processo frontale e
mascellare; quindi abbiamo
delle caratteristiche come i
colobomi, lo strabismo, la
caduta del canto esterno che
è leggermente obliquo; Poi
abbiamo
deformazione
zigomatica, incompletezza dell'osso zigomatico, con ossa addirittura libere, ipoplasia della
mandibola, il taglio mongoloide della palpebra e ci possono essere delle achisi della
palpebra e a volte ci sono casi in cui c'è anche una schisi palatale. Naturalmente si
associano anche altre malformazioni soprattutto della mano.
Quando c'è un'agenesia di entrambe le orecchie, i pazienti sono sordi, pertanto si cerca di
intervenire precocemente per cercare di mettere in funzione rapidamente le due strutture,
altrimenti diventa sordomuto.
Il trattamento. Per quanto riguarda le funzioni dell'orecchio, della masticazione, ecc… si
deve cercare di intervenire precocemente, mentre per quanto riguarda l'aspetto estetico
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
naturalmente si rimanda la ricostruzione in seguito. Poi per quanto riguarda le alterazioni
disgnatiche ci sono delle osteotomie per riposizionare i mascellari. In alcuni casi si fa una
report con rialzi e innesti vari. Sono degli interventi combinati molto complessi.
Malformazioni del mascellare
Un argomento un po' più vasto che ricorda un po' tutte le altre malformazioni riguarda il
mascellare. Naturalmente c'è il coinvolgimento non solo dell'osso, ma anche dei denti.
Cosa sono le malformazioni ortognatiche? Sono quelle discrepanze dento-dentali,
alveolo-dentali e scheletriche, congenite o acquisite (presenti fin dalla nascita o che si
sviluppano dopo il 4 periodo dell'ontogenesi) che si producono in una mancata
realizzazione tra un contatto avvenuto tra la superficie dentaria superiore o inferiore cioè
quando non c'è una buona intercuspidazione dei denti.
Naturalmente può essere dovuto o a un difetto dei denti (per esempio un affollamento)
oppure alle basi scheletriche (per esempio un'alterazione dell'occlusione scheletrica
dentale o perché la mandibola è troppo grande o il mascellare è troppo piccolo). A volte
succede che c'è un compenso da parte dei denti perché istintivamente si cerca di avere
una buona intercuspidazione, quindi i denti si stringono per cercare un'occlusione. Ma
quando la discrepanza è eccessiva, si ha il morso aperto, il morso inverso e tutta una serie
di patologie.
Ovviamente non da un punto di vista scheletrico, ma dentale le classi di Angle anche se
non le avete fatte bisogna conoscerle.
Classificazione di Angle
Nei primi anni del '900, il dr. Edward H. Angle, propose la classificazione che porta il suo
nome. Lo studio più conosciuto per quanto riguarda lo standard di riferimento delle
posizioni, si basa sul fatto che, in una dentatura decidua perfetta, il primo molare
superiore, erompe a 6 anni in una posizione definita e stabile, stabilendo così la posizione
degli altri denti posteriore, e determinando così la chiave di occlusione posteriore. In base
al rapporto che intercorre quindi tra la cuspide mesio-vestibolare del primo molare
superiore, e il solco mesio-vestibolare del primo molare inferiore, Angle, classificò i tipi di
occulsione in tre classi:
- I CLASSE: detta anche Normocclusione, si ha un rapporto di prima classe
quando la cuspide mesio-vestibolare del
primo molare superiore, ingrana con il solco
mesio-vestibolare del primo molare inferiore;
- II CLASSE:o Disto-occlusione, si ha
quando la cuspide mesio-vestibolare del
primo molare superiore, occlude mesialmente
al solco mesio-vestibolare del primo molare
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
inferiore. Questa classe, a seconda
della posizione degli anteriori, è divisa in
due sottoclassi dette divisioni: I
DIVISIONE: si ha una seconda classe, a
livello posteriore, ed un aumento
dell'overjet negli anteriori; II DIVISIONE:
si ha sempre, a livello posteriore, una
seconda classe, ma si presenta
un'assenza di overjet a livello anteriore,
determinata dalla palatoversione dei
frontali superiori.
- III CLASSE: detta anche mesioocclusione, si ha quando la cuspide
mesio-vestibolare del primo molare
superiore ingrana distalmente al solco
mesio-vestibolare del primo molare
inferiore.)
Questa classificazione è un punto di
riferimento dell'occlusione che ci da
anche una realtà scheletrica. Per
esempio per avere una diagnosi più
precisa noi abbiamo bisogno di avere
delle informazioni radiografiche. Noi
vediamo che i denti non chiudono bene
però
non
ci
rendiamo
conto
immediatamente dell'osso interessato
(a meno che non sia una persona
molto esperta che fa diagnosi
immediatamente). La seconda classe
ha un'incidenza del 10%; vuol dire che
la mandibola è piccola rispetto al
mascellare superiore, quindi il 6 dente
superiore si trova leggermente avanti
rispetto al 6 dente inferiore. Questo da
un punto di vista dentale, da un punto
di vista scheletrico, cioè facendo l'RX, il mascellare superiore è più avanti della mandibola.
La terza classe ha un'incidenza dell'1%, ed è il contrario della seconda classe, cioè la
mandibola è più avanti; sarebbe il classico progerismo con profilo concavo leggermente.
I fattori eziologici sono più o meno sempre gli stessi:

Genetiche (ci sono state in passato gli Asburgo che erano affetti da progerismo;
quindi il padre e la madre affetti da progerismo avranno quasi sicuramente dei figli
con la patologia).
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE

Può subentrare una patologia funzionale (esistono dei bambini che prendono il vizio
di tenere in bocca una cosa e quindi determinano la comparsa della patologia per la
malposizione della mandibola).

Le adenoidi possono influenzare. Ci possono essere delle sovrainfezioni o allergie
che determinano la comparsa di ipertrofia delle adenoidi e quindi ostruzione
respiratoria che obbliga il paziente a respirare con la bocca e di conseguenza ad
avere la mandibola “sciolta”, che cresce senza avere davanti gli incisivi che sono il
naturale freno della sua crescita.

Macroglossia.

Infezioni.
I fattori generali sono quelli in cui la madre ha condizionato, mentre i fattori locali sono:

Il trauma da parto.

Malattie parodontali.

Una lunga serie di patologie che possono essere la causa di alterazioni locali.
I fattori funzionali sono sicuramente i più importanti:

Ipertrofia dei turbinati

Difetti di formazione della lingua.

Difetto della suzione e quindi spingono la lingua verso l'avanti e quindi favorisce il
progerismo.

Le abitudini iniziali che sono quelle che esercitano pressione sui tessuti
endoscheletrici (ciucciotto, dito in bocca e tutta una serie di cose che il bambino
non riesce ad eliminare e che condizioneranno la crescita e lo sviluppo).
Comunque ci sono determinate strutture che sono sotto il diretto controllo genetico, per es.
il setto nasale (breve perentesi sulle rinoplastiche che si consiglia di fare dopo lo sviluppo
perché altrimenti il setto continua a crescere in esuberanza).
Ma anche la base cranica, la cavità oculare, il cervello (scatola cranica) sono influenzati
geneticamente.
Invece lo sviluppo della cavità orale è influenzata anche da fattori epigenetici; molto
dipende anche dal tipo di alimentazione che noi facciamo, ciò che noi mangiamo. E' chiaro
che uno che non è abituato a masticare cose piuttosto dure avrà una crescita diversa della
mandibola. Un esempio è quello della razza nera che ha avuto una certa alimentazione
che ha indotto geneticamente a far si che essi siano dei protrusi (presentano protrusione
della mandibola) mentre i bianchi no. Ciò ha influenzato anche un po' i canoni estetici,
infatti piace molto di più il profilo leggermente biprotruso rispetto al profilo occidentale che
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
è il classico profilo greco. Il confondersi delle razze ha cambiato le cose.
I meccanismi patogenetici:

Ostacolo alla crescita.

Mancato stimolo alla crescita.

Inferiore stimolo alla crescita.
Possono
esserci
anche
alterazioni da un punto di
vista spaziale sia sul piano
sagittale o che sul piano
verticale o dei morsi crociati
che possono essere bilaterali.
(esempio di morso crociato
prima e dopo l'intervento).
Una cosa importante è
l'aspetto
della
faccia
(=facies). C'è un aumento delle dimensioni verticali anteriori e vi è un morso aperto.
Vedete questa è una facies adenoidea:
Abbiamo una dimensione sia anteriore che
posteriore, con la bocca leggermente
aperta, la faccia lunga e il labbro che non
riesce a coprire totalmente le arcate
dentali.
Possiamo avere una rotazione eccessiva
della mandibola verso l'alto che crea una
faccia corta con morso coperto (Si parla di
morso coperto quando si verifica
un'eccessiva sovrapposizione verticale dei
denti anteriori).
Importante ricordare che non sempre è la mandibola
che è più grande, ma ci può essere una condizione in
cui la mandibola è normale ma il mascellare è piccolo.
Per capire dove sta il problema si adopera la
teleradiografia, che permette l'esame cefalometrico: si
prendono dei punti sul profilo e si valuta la posizione
degli elementi dentali, il mascellare superiore, la base
cranica, la sella turcica, i loro gradi di inclinazione
ecc… Si fanno una serie di calcoli. Per esempio
l'angolo tra la base cranica e la inclinazione della
mandibola deve avere un valore di 27°. Qualora sia
CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE
maggiore o minore non è nei canoni.
Altro valore importante è l'inclinazione dei denti.
Se c'è una discrepanza notevole tra le basi scheletriche, gli elementi per riuscire a trovare
un'occlusione si spostano quindi raggiungono una migliore posizione autonomamente,
però ovviamente non è ottimale da un punto di vista estetico (si ha la faccia lunga ecc…);
se non si compensa autonomamente questi pazienti hanno vere e proprie difficoltà a
masticare. Per la verità i motivi veri sono prevalentemente di ordine estetico.
A volte succede però che a 13-14 anni l'adolescente va dall'ortodontista che non lo manda
dal chirurgo maxillo-facciale perché spera di curarlo con gli apparecchi dentali ecc...
Quando l'adolescente completa lo sviluppo però non si piace perchè ha comunque la
faccia strana, se la prende con l'ortodontista a causa del fatto che non l'ha mandato dal
chirurgo. Inoltre il chirurgo si trova anche in difficoltà perché deve rifare il lavoro inverso e
ricreare le condizioni di malformazione perchè altrimenti non potrebbe operare (questa
cosa è importantissima! E' necessario creare nuovamente lo spazio tra le arcate di modo
che questo possa essere corretto chirurgicamente).
Altre cose che vengono valutate sono i tessuti molli (si fa una fotometria) che molto
spesso possono essere in eccesso sebbene le parti scheletriche siano armoniche e
normali. Possiamo avere un eccesso di tessuto sottocutaneo, il labbro troppo corto, il
naso troppo aquilino, sul tipo di sorriso (si devono esporre i denti durante il sorriso;
esistono persone che hanno il mascellare troppo corto per cui nel momento in cui
sorridono non si vedono i denti o si vedono eccessivamente). Ci sono studi
approfonditissimi dei chirurghi maxillo-facciali e plastici sull'argomento. E' chiaro che se
uno ha il terzo medio aumentato rispetto alla regione inferiore della mandibola, bisogna
rendere più armonioso il profilo e ridurre la porzione verticale del terzo medio della faccia.
Col confondersi delle razze si resta un po' perplessi sul lavoro da fare. E' come la
progettazione di un palazzo in quanto devo decidere di quanti millimetri fare avanzare o
arretrare la mandibola.
Una faccia può completamente essere trasformata sempre nel rispetto della funzione. Si
può cercare di raggiungere il profilo biprotruso che si preferisce a quello meno protruso
anche perchè distende meglio i tessuti molli. Sulla Rx si fa una simulazione di quanto deve
avanzare e si costruiscono delle immagini.
Altra procedura è l'osteosintesi (se voglio aumentare la massa di un osso): Prima non si
mettevano le placche, ma si metteva il paziente in blocco sul mascellare alimentando con
un sondino, invece adesso con delle viti e placche il paziente viene subito dimesso (si
deve stare solo attenti alle ferite dalla muscosa del cavo orale).
CMF
La chirurgia maxillo-facciale è una specialità medico-chirurgica che si occupa di tutte le
operazioni mirate alla cura di vari tipi di patologie (traumatismo, malformazione, neoplasia,
infezione, degenerazione, ecc…) e di problemi estetico-funzionali dei denti, della bocca e
della faccia. La competenza specifica dello specialista comprende oltre a conoscenze di
medicina e chirurgia, preparazione nel campo dell'odontoiatria, oltre che in quelli di
chirurgia plastica, otorinolaringoiatria e neurochirurgia.
Alcuni interventi di chirurgia maxillo-facciale vengono effettuati in regime di ricovero (day
surgery o ordinario), i più importanti in anestesia generale, eventualmente con intubazione
nasale o tracheostomia, data la complessità degli interventi, altri interventi più semplici
invece possono essere effettuati in regime ambulatoriale. La peculiarità della maxillofacciale è nei nuovi concetti che si affacciano di chirurgia estetica del viso, cioè mentre in
passato le prestazioni sanitarie nazionali tenevano e tengono conto esclusivamente di
aspetti funzionali, la chirurgia maxillo facciale per le sue peculiarità non può non tener
conto degli aspetti estetici (in particolare per il trattamento dei dimorfismi). Il compito della
chirurgia Maxillo facciale è quello di correggere non solo problemi funzionali ma anche
quelli estetici onde evitare una emarginazione dal contesto sociale. Negli ultimi anni nuove
strategie chirurgiche hanno portato ad un miglioramento dei risultati degli interventi
chirurgici per quanto riguarda il distretto maxillo-facciale. La chirurgia maxillo-facciale trae
origine dall’odontoiatria. Nel corso degli anni gli odontoiatri hanno sviluppato delle
conoscenze che hanno fuso le competenze dell’otorino, dell’odontoiatra, del chirurgo
plastico e generale. Se un otorino dal punto di vista chirurgico demolitore può essere
altrettanto qualificato ad effettuare una resezione di mandibola per un tumore del cavo
orale, la ricostruzione necessiterà di competenze specifiche quali quelle del chirurgo
maxillo-facciale. Anche in ambito ortopedico nel momento in cui siano presenti delle
lesioni a livello dell’apparato stomatognatico si deve ricorrere alle conoscenze del chirurgo
maxillo-facciale.
La cefalometria (dal greco "misura della testa") è lo studio delle varie forme dei profili
facciali e delle strutture ossee che costituiscono il cranio, in base alla localizzazione di
specifici punti di rèpere cefalometrici .Un'indagine cefalometrica si esegue in base ad una
teleradiografia del cranio in proiezione laterale; dalla lastra radiografica si individuano dei
precisi punti ossei e, in base alle loro distanze e agli angoli che descrivono i piani passanti
per essi, si studiano l'accrescimento facciale, l'occlusione, ed altri parametri. La
cefalometria permette di inquadrare il tipo scheletrico di malocclusione sia in senso
sagittale che verticale.
Una occlusione corretta (cioè di prima classe) e quella occlusione in cui ci sono tutti i denti
dell’arcata superiore che occludono vestibolarmente rispetto ai denti dell’arcata inferiore e
con una Over jet e Over bite di circa 1 mm. (Overjet è la distanza che c’è tra la parte
incisale dell'incisivo superiore e la parte vestibolare dell'incisivo inferiore, in pratica è lo
spazio orizzontale che c'è tra gli incisivi inf e superiori. L'Over bite invece è quello verticale
e praticamente sarebbe il punto dove arriva la parte incisale dell'incisivo superiore sulla
parte vestibolare dell'incisivo inferiore). A livello canino invece, la cuspide del canino
superiore deve occludere vestibolarmente tra il canino inferiore e il premolare inferiore.
L’elemento più caratterizzante di una corretta occlusione è quello dei rapporti tra i sesti (i
primi molari).Il sesto superiore deve occludere vestibolarmente mezza cuspide distale
rispetto al sesto inferiore. Il dente mesiale è il dente più vicino alla linea mediana (e cioè
alla linea interincisiva e quindi più anteriore), il distale è il più lontano dalla linea
interincisiva.
Se parliamo di fratture dell’arcata mandibolare siamo in ambito ortopedico, per cui il
frammento prossimale sarà quello più vicino all’articolazione temporo-mandibolare quello
distale è il più lontano (quindi l’opposto della descrizione precedente). I molari hanno o 4 o
5 cuspidi e la cuspide mesiale del sesto superiore deve occludere nel solco vestibolare tra
la cuspide mesiale e quella distale del sesto inferiore se chiude in avanti allora si parla di
seconda classe di occlusione dentale, se invece chiude distalmente al solco allora si
parlerà di terza classe dentale. Per i segmenti scheletrici si fa riferimento a specifici angoli
Sna e Snp della cefalometria distale. S sta per il punto centrale della sella turcica ,N e il
punto in cui le ossa nasali si uniscono con l’osso frontale, A è il punto più anteriore del
mascellare anteriore, P è il punto più profondo dell’incisura sinfisaria della mandibola. Il
rapporto SNA/SNP è di due gradi, perché la mascella è di due gradi più avanti della
mandibola. SNA 82°, SNP 80° nella norma. Se la mandibola è troppo in avanti allora si
parla di terza classe, altrimenti si parla di seconda classe.
Il concetto di estetica del viso nel corso del tempo ha subito delle modificazione, mentre in
passato un viso pieno veniva considerato bello a causa delle difficoltà ad accedere a
risorse alimentari, oggi il concetto di estetica si basa sul riscontro di: lineamenti tesi, una
buona evidenziazione del contorno mandibolare, degli zigomi e una buona tensione dei
tessuti molli del viso. Oggi un viso paffuto viene considerato brutto. Se un individuo ha un
assetto ormonale ben rappresentato (barba, massa muscolare, scheletro robusto) viene
considerato bello. Anche la simmetria del volto è importante! Un ottimale patrimonio
genetico è quello che si evidenzia con una grossa rappresentazione delle arcate dentarie
(con un sorriso molto ampio). Il concetto di patrimonio genetico qualitativamente valido è
tipico della popolazione di colore degli USA dove praticamente ci sono delle arcate molto
ampie. Infatti l’attuale popolazione di colore è quella che fu ridotta in schiavitù nei secoli
scorsi e quindi solamente quelli più forti riuscivano a resistere alla deportazione e a grandi
stress (lo stesso vale per gli Australiani). Questo ci serve per capire che nella chirurgia
maxillo-facciale nel momento in cui programmiamo un intervento orto-gnatico dobbiamo
andare nella direzione di incrementare le dimensioni scheletriche del viso e non di
diminuirle, perché altrimenti creeremo un degrado dell’estetica. L’estetica (soprattutto in
orto-gnatica), è stata anche influenzata dal pensiero americano, secondo il quale
differenziarsi dalla razza nera e avvicinarsi ai profili dei nord Europei era una necessità
(soprattutto in passato). Più si mette in tensione la cute più c’è una aspetto di luminosità e
di giovinezza. La S della guancia ( cioè il contorno tra zigomo, guancia e mandibola)
quando è presente (cioè guance incavate) vengono considerate belle. Nei casi di terza
classe in cui c’è una grossa tensione della cute del viso dovuta alla protrusione della
mandibola in genera si arretra del 50% la mandibola al 50% di avanzamento del
mascellare in modo da equilibrare i rapporti. Molto importante è l’altezza del sorriso, in
quanti il labbro superiore scopre l’arcata dentaria superiore del sorriso. La caratteristica
degli individui giovani è quella di avere una grossa scopertura, infatti mentre prima si
diceva che il sorriso doveva scoprire massimo uno o due mm di gengiva, attualmente si
tende ad incrementare sempre di più (perché anche la vita media è aumentata), pertanto
quando si va a programmare questo tipo di chirurgia in una persona giovane si dovrà tener
conto che l’estetica di questo viso avrà una evoluzione nel tempo e siccome nel tempo si
assiste a una caduta dei tessuti molli (perché continuano a crescere e perdono di
elasticità) l’altezza del sorriso tende ad abbassarsi con l’età. Per questi motivi si crea un
sorriso più gengivale. Dove si fanno estrazione dentarie si crea un collasso delle strutture
di sostegno in senso trasversale e verticale con un minore sostegno delle parti molle delle
guance e del labbro, per cui si ha un appiattimento del labbro e in proporzione un
allungamento del naso e un approfondimento dei solchi naso-genieni. Negli USA si tende
a fare interventi ortodontici con estrazione entrando in contrasto con i canoni estetici
moderni.
Per effettuare degli interventi di chirurgia maxillo-facciale in linea con questi concetti
moderni di estetica sono state create nuove metodiche con le quale si è cercato di
espandere lo scheletro facciale in maniera stabile e permanente. L’osteosintesi si basa
sull’utilizzo di viti ma negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria evoluzione
dei materiali di osteosintesi in chirurgia maxillo-facciale, che ha portato all’utilizzo di
materiali riassorbibili ovvero biodegradabili. Le prime ricerche sull’impiego di materiale bioassorbibile in chirurgia maxillo-facciale furono effettuate all’inizio degli anni ’70 da Cutright,
che utilizzò acido polilattico (PLA) nel trattamento delle fratture del pavimento dell’orbita.
La Distrazione Osteogenetica può essere considerata come una forma particolare di
ingegneria tissutale. Infatti il chirurgo, (attraverso l'impiego di condizioni meccaniche
facilmente controllabili come la lenta e graduale distrazione dei frammenti ossei
osteotomizzati) è in grado di guidare la formazione di osso nuovo ed orientarlo nello
spazio.
In sintesi, viene indotta chirurgicamente una frattura nel segmento osseo che si vuole
allungare, dopo di che si applica il distrattore (che può essere esterno od interno) fissato
all'osso. A questo punto si distinguono il Tempo di Latenza (5-6 giorni), cioè il tempo che
intercorre da quando viene prodotta l'osteotomia a quando si inizia il movimento, a cui
segue il Tempo della Distrazione (15-25 giorni) che corrisponde al tempo necessario a
produrre l’allungamento osseo. Il Tempo di Consolidamento (circa 2 mesi) è quello che
consente la trasformazione in osso maturo prima di rimuovere il distrattore.
Caratteristica di questa metodica è che gli effetti non riguardano solo i segmenti
scheletrici, che vengono stimolati gradualmente ad allungarsi, ma anche tutti i tessuti molli
circostanti: muscoli, cute, vasi, nervi. Un esempio è il distrattore alveolare che viene
utilizzato quando vengono persi dei denti e quindi si ha atrofia dell’osso alveolare, in
questo caso viene promosso un avanzamento sinfisario. Esistono diversi distrattori e uno
dei più importanti è quello mandibolare che può creare una avanzamento sia in senso
sagittale sia in senso trasversale e angolare per la correzione di varie malformazioni
mandibolari.
Disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare
Con il termine di disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare si intende una
patologia a carico dell'articolazione temporo-mandibolare caratterizzata da una serie di
disturbi clinici quali: cefalea, mal di schiena, vertigini, nausea, acufeni, rumori articolari
(click), limitazione dei movimenti mandibolari, algie facciali, disturbi alla cervicale.
Questa patologia è determinata dalla perdita dei naturali rapporti anatomici esistenti tra i
capi articolari, quello della mandibola (condilo), quello dell'osso temporale (fossa glenoide)
e il menisco articolare tra loro interposto allo scopo di rendere congrue le superfici
articolari.
Quando apriamo e chiudiamo la bocca il condilo (della mandibola) scivola in avanti e il
menisco scorre sulla sua superficie impedendendo che questo urti contro l'osso temporale.
Perchè questo meccanismo funzioni perfettamente è necessario che il condilo abbia una
precisa posizione all'interno della fossa glenoide tale da rendere possibile lo scivolamento
del menisco.
Possono tuttavia verificarsi condizioni in seguito alle quali la coordinazione tra il condilo e il
menisco si altera e così i capi articolari cominciano a soffrire, usurandosi.
Quali sono le cause dell’alterazione della coordinazione tra capi ossei e menisco?
Le cause di incoordinazione possono essere svariate:
-
Equilibrio occlusale;
Malocclusioni dentali;
Mancanza elementi dentali posteriori con riduzione dell’altezza verticale posteriore;
Malformazioni dento-scheletriche;
Malattie sistemiche;
Disfunzione dei muscoli masticatori;
Stress con disturbi psicofisiologici.
Va tuttavia sottolineato che generalmente sono diversi fattori insieme a determinare tali
incoordinazioni e quindi l’insorgere della disfunzione dell’articolazione temporomandibolare.
La terapia dell’incordinazione condilo-discale e dei disordini muscolari deve mirare sia al
recupero delle restrizioni biomeccaniche articolari e occlusali, sia alla riabilitazione
neuromuscolare. Il raggiungimento di tale obiettivo porterà al ripristino morfo-funzionale
dell’apparato stomatognatico e al benessere globale di tutte le componenti di compenso
correlate a tali quadri patologici. Le principali terapie utilizzate volte al recupero di un
benessere stomatognatico stabile attraverso il ripristino delle restrizioni biomeccaniche e il
riequilibrio neuromuscolare, comprendono le terapie occlusale (mediante posizionamento
di splint intraorali, bite-plane, distrattori funzionali) e le terapie chirurgiche intrarticolari
(artrocentesi, artroplastica).
Patologia non neoplastica delle ghiandole salivari
Cenni di embriologia, anatomia e fisiologia
Le ghiandole salivari originano da una invaginazione dell'ectoderma in tempi differenti: la
parotide e la sottomandibolare verso la VI settimana, la sottolinguale verso l'VIII settimana
e le ghiandole salivari minori verso il III mese. La capsula che le riveste è invece di origine
mesenchimale. Inoltre la poiché la capsula che riveste la parotide (al contrario di quelle
delle altre due maggiori) si forma dopo lo sviluppo del sistema linfatico, la ghiandola
parotide contiene vasi linfatici e linfonodi, mentre le altre due no.
Le ghiandole salivari si dividono in maggiori (parotide, sottolinguale e sottomandibolare) e
minori (ghiandole del palato, della lingua, delle labbra, della guancia, del pavimento orale).
La parotide è situata nella loggia parotidea, tra il processo mastoideo e il ramo montante
della mandibola (e anche medialmente e lateralmente a questo), rivestita dalla fascia
parotidea (dipendenza della fascia cervicale superficiale). Drena nel vestibolo orale tramite
il dotto di Stenone il quale decorre lateralmente al muscolo massetere e inferiormente
all'arteria trasversa della faccia (ramo della carotide esterna) e giunto al margine anteriore
di questo perfora il buccinatore e si apre nella mucosa orale.
La parotide contrae rapporti con:
•
il nervo faciale che l'attraversa e la divide in un lobo superficiale e un lobo profondo;
•
l'arteria carotide esterna che penetra e decorre nella ghiandola profondamente e
posteriormente;
•
la vena giugulare esterna che decorre lateralmente alla carotide esterna;
•
i linfonodi parotidei (gruppo superficiale, gruppo extraghiandolare sottofasciale,
gruppo intraghiandolare profondo).
L'innervazione secretrice e vasomotoria della ghiandola avviene tramite il nervo auricolotemporale, ramo del mandibolare, ma le fibre effettrici in esso contenute provengono dal
nervo glossofaringeo per anastomosi.
La ghiandola sottomandibolare è situata nello spazio sovraioideo nella loggia
sottomandibolare (sdoppiamento della fascia cervicale superficiale). Drena nel pavimento
della bocca tramite il dotto di Wharton che si apre ai lati del frenulo linguale a livello della
caruncola sottolinguale.
La ghiandola sottolinguale è un agglomerato di ghiandole situato nella loggia sottolinguale.
I dotti escretori di queste ghiandole in parte si aprono direttamente nel pavimento orale e
in parte nel dotto di Wharton.
Il secreto delle ghiandole salivari è sieroso per la parotide, siero-mucoso per la
sottolinguale e sottomandibolare e mucoso per le ghiandole salivari minori (eccetto le
ghiandole linguali il cui secreto è siero-mucoso).
La saliva ha funzioni protettive e alimentari oltre a partecipare alla vocalizzazione (acqua),
all'escrezione dello iodio e a fungere da strumento comportamentale (lo sputo come indice
di disapprovazione). Le funzioni protettive della saliva avvengono grazie alla lubrificazione
epiteliale (acqua e mucina) e all'azione antimicrobica (IgA, lisozima, difensine). Inoltre
deterge, tampona e mineralizza i denti. Le funzioni alimentari sono quelle di facilitare la
percezione del gusto dei cibi, di facilitare la masticazione, la digestione e la deglutizione.
Classificazione delle scialoadeniti
•
Scialoadeniti ostruttive
◦ Scialolitiasi
◦ Cisti da ritenzione
◦ Stravaso di muco
◦ Adenosi sclerosante policistica
•
Scialometaplasia necrotizzante
•
Scialoadeniti infettive
◦ Parotite epidemica
◦ Parotite da citomegalovirus
◦ Scialoadeniti batteriche
◦ Tubercolosi
•
Scialoadenite cistica HIV-associata
•
Sarcoidosi
•
Fibrosi cistica
•
Scialoadeniti autoimmuni
•
Amiloidosi
•
Scialoadenosi
Scialoadeniti ostruttive
Mucocele
L'eziologia del mucocele è un trauma meccanico al dotto
escretore della ghiandola salivare minore. Ciò comporta
uno stravaso di muco nel tessuto circostante con
conseguente reazione da corpo estraneo. Questo trauma è
causato più frequentemente da una morsicatura, da un
apparecchio odontostomatologico, da un tappo di una
penna. La sede più frequentemente colpita è il labbro
inferiore. Si manifesta con una tumefazione (da pochi mm
a diversi cm di diametro) asintomatica teso-elastica con
superficie liscia, bluastra se è più superficiale o rosea se è
più profonda, circondata da processo infiammatorio
periferico. L'età più colpita è prima dei 20 anni.
All'esame istologico si possono evidenziare pseudocisti,
ovvero cavità contenenti muco rivestite da una pseudo
capsula formata da tessuto di granulazione.
La diagnosi differenziale va posta con
neoplasie delle ghiandole salivari (ca.
mucoepidermoide),
malformazioni
vascolari, varici venose, neoplasie dei
tessuti molli (neurofibroma o lipoma ) e
cisti da eruzione o gengivale. Il
trattamento del mucocele è chirurgico
con escissione della lesione includendo
anche le ghiandole salivari adiacenti per
evitare recidive.
Cisti da ritenzione
Sono dovute ad un'ostruzione del dotto
escretore con conseguente accumulo di muco
a monte dell'ostruzione. Le sedi più colpite
sono il lobo superficiale della parotide e le
ghiandole salivari palatine e la maggiore
insorgenza è oltre i 30-40 anni.
Si manifesta con una tumefazione tesoelastica di 0,5-1 cm di diametro, asintomatica
e priva di infiammazione periferica. All'esame
istologico si evidenziano cisti con cavità
contenenti muco delimitate da una capsula formata da epitelio duttale.
La diagnosi differenziale va posta con mucocele, ca. mucoepidermoide, ca.
adenoideocistico e adenoma pleomorfo. Anche per le cisti da ritenzione il trattamento è
l'escissione chirurgica.
Ranula
È una cisti da stravaso (mucocele) o da ritenzione mucosa con localizzazione nel
pavimento orale, pertanto il danno riguarda o il dotto della sottolinguale o della
sottomandibolare. Si manifesta come una tumefazione unilaterale di varie dimensioni
situata nel pavimento orale. Può localizzarsi in profondità (Ranula immersa) ed erniare
lungo il muscolo miloioideo e le fasce cervicali, a
livello del collo; può raggiungere anche il
mediastino . Dal punto di vista dell’istopatologia
abbiamo una situazione simile alla cisti da
ritenzione mucosa ed al mucocele,a seconda del
meccanismo patogenico.
La diagnosi differenziale va posta con cisti
dermoidi, neoplasie ghiandole salivari , neoplasie
mesenchimali (lipoma) , cisti branchiali (nella ranula immersa). Il trattamento è l’escissione
chirurgica o la mastodilatazione.
Scialolitiasi
Presenza di concrezioni calcaree nel dotto escretore e/o nel parenchima ghiandolare. È la
patologia più frequente delle ghiandole salivari (50%) con un'incidenza del 1-2% e un
rapporto maschio/femmina >1. Il picco massimo è tra la 3a e la 5a decade. La ghiandola
più colpita è la sottomandibolare (80-94% ), seguita dalla parotide (6-19% ) e infine dalla
sottolinguale e dalle salivari minori (1-2% ). La sottomandibolare risulta più colpita per
motivi anatomici (posizione declive del dotto di Wharton con direzione del flusso
antigravitaria, dal basso verso l’alto) e per motivi chimici (saliva più alcalina con alto
contenuto di muco e ioni calcio e fosforo ).
Vi sono diverse teorie per spiegare la patogenesi della scialolitiasi:
•
Teoria meccanica: un ostacolo intrinseco o estrinseco rallenta il flusso secretorio
con conseguente precipitazione di sali di calcio e calcolosi.
•
Teoria chimica: prevede la diminuzione di alcuni colloidi organici e un aumento della
concentrazione dei sali minerali salivari.
•
Teoria flogistica: in seguito ad una scialodochite (processo infiammatorio a carico
dei dotti escretori delle ghiandole salivari) vi sarebbero alterazioni qualitative della
saliva, aumentata produzione di mucina, aumento di cellule epiteliali desquamate e
aumento del pH salivare per l'azione di germi e/o cellule infiammatorie. Per cui la
mucine e le cellule desquamate formerebbero il nucleo su cui, a causa dell'aumento
del pH, precipiterebbero i sali di calcio e fosfato.
I calcoli sono composti per il 90% di fosfati, per l'8% di ossalati e per il 2% da carbonati.
La scialolitiasi può dare due quadri clinici in base alla sede della calcolosi:
•
una calcolosi intraduttale extraghiandolare darà la colica salivare. I sintomi della
colica salivare sono dolore (acuto, trafittivo, pavimento orale o regione parotidea ) e
tumefazione ghiandolare (per ritenzione salivare acuta). I sintomi compaiono
durante i pasti o alla solo vista del cibo e durano per 2-3 ore perché la salivazione
aumenta.
•
una calcolosi di un dotto intraghiandolare darà un tumore salivare intermittente. Il
sintomo di questa condizione clinica è una tumefazione indolore da ritenzione acuta
di saliva, periodica, durante la funzione masticatoria, che regredisce
spontaneamente dopo i pasti .
La complicanza della scialolitiasi è l'ascessualizzazione che può essere cutanea o
mucosa.
Per porre diagnosi, oltre alla palpazione bimanuale, si possono eseguire i seguenti esami
strumentali:
•
Ecografia: 80% sensibilità se comparata con altre tecniche e ci permette di
visionare i dotti e la presenza di calcoli;
•
RX standard. Tuttavia calcoli di piccole dimensioni o intraghiandolari possono non
essere visti e inoltre il 20% dei calcoli è radiotrasparente.
•
TC. Solo per calcoli medio – grandi; Mancanza di precisa localizzazione del calcolo;
Non evidenza del dotto e delle anomalie .
•
Scialografia. Evidenzia calcoli radiotrasparenti, aggiunge l'azione antisettica dello
iodio e consente di ottenere un'immagine della morfologia duttale . È controindicata
in caso di scialoadenite acuta suppurativa. Le principali conseguenze di tale
metodica sono legate alla dose d’irradiazione, Dolore, Perforazione, Infezione,
Shock anafilattico, Spinta retrograda del calcolo.
•
Scintigrafia dinamica delle ghiandole salivari: Di scarso significato clinicoterapeutico.
•
RMN. Pro: consente di evidenziare il sistema duttale, non è invasiva, non
radioattiva, indolore, senza uso di mezzo di contrasto. Contro: lunghi tempi di
ricostruzione, costi, claustrofobia, artefatti.
Trattamento della fase acuta prevede: Terapia antibiotica a largo spettro, Spremitura della
ghiandola, Incisione del dotto.
La prima cosa da visualizzare è la localizzazione del calcolo. Uno dei metodi per
l’estrazione del calcolo è l’incisione: viene posizionato un filo di sutura per fare le manovre
per l’estrazione della formazione calcolosa, affinché essa non venga portata
posteriormente, poiché ciò porterebbe più rischi. In seguito si fa l’incisione, si toglie il
calcolo e si cicatrizza. Un secondo metodo viene praticato con una sonda, quando il
calcolo non è ben visibile: con una guida, si fa l’incisione, si asporta il calcolo e si fa una
cicatrizzazione; invece, per un calcolo che è sottocutaneo l’estrazione è più facile, infatti
si pratica solo un incisione. Se le ghiandole sono state infiammate per molto tempo
troveremo sempre delle aderenze, per cui ci sono dei rischi. Un altro metodo usato dopo
gli anni 90, è praticato attraverso l’utilizzo di una sonda posta al livello del dotto in
anestesia generale, così, il calcolo, se è posteriore viene tolto attraverso il dotto, senza
toccare la ghiandola. Esso comporta però molti rischi poiché il calcolo non è ben visibile.
I rischi in generale dell'incisione diretta sono: Impossibilità di ritrovare il calcolo,
Frammentazione ed incuneamento nei tessuti molli, Reazioni da corpo estraneo ed
infezioni, Lacerazioni del dotto e stenosi postoperatorie .
Le indicazioni dell'incisione diretta sono: calcolo all’orifizio duttale e grosso calcolo
proiettato od esposto in cavo orale.
Scialoadenectomia
Procedure mininvasive
Una procedura è l’utilizzo di un cestello e man mano vengono fatti radiogrammi; il cestello
oltrepassa il calcolo si apre, lo preleva e si richiude. La stessa pratica viene utilizzata a
livello delle coronarie. Nessuna correlazione tra grado di alterazione ghiandolare e numero
di episodi infettivi. Nessuna correlazione tra grado di alterazione ghiandolare e durata
dell’evoluzione. Circa il 50% delle ghiandole rimosse sono normali o pressochè normali.
Rigenerazione degli acini residui e formazione di nuovi acini dopo atrofia
sperimentalmente indotta mediante legatura duttale .
Asportazione per via intraorale di calcolo all'ilo
Indicata per calcoli palpabili nel pavimento orale. I limiti della procedura sono correlabili
alle dimensioni del calcolo o alla presenza di aderenze fibrotiche alla parete duttale
dimostrate in scialografia.
Radiologia interventistica-Duttoplastica di avanzamento
Indicazioni:
-
Calcoli mobili;
Sottomandibolare – calcoli localizzati nel dotto principale distale alla curva sul
miloioideo;
Parotide - calcoli localizzati nel dotto principale distalmente all’ilo;
Dotto principale che consenta il passaggio di un calcolo trazionato. In caso
contrario preventiva dilatazione ed uso di palloncino per angioplastica .
Limiti della procedura
Dimensioni del calcolo >20% al diametro della parete duttale; Aderenze fibrotiche alla
parete duttale dimostrate in scialografia; Calcolo situato nei dotti primari .
Complicanze
Perforazione o lacerazione della parete duttale; Fistola salivare; Cestello non retraibile
(calcolo adeso alla parete duttale) .
Radiologia interventistica - Dilatazione duttale
Indicazioni: Restringimenti localizzati nel dotto principale; Dotto principale pervio
distalmente ed attraverso il restringimento evidenziato alla scialografia.
Scialodocoplastica: limiti della procedura
Stenosi serrate invalicabili dal catetere da angioplastica; Basse pressioni di gonfiaggio, per
vincere le stenosi fibrotiche, dei palloni da angioplastica disponibili (max 10 atm).
Litotrissia extracorporea con onde d'urto
Strumentario
Litotritore elettromagnetico ad emissione di onde d’urto. Le onde d’urto vengono
focalizzate in un’area limitata e circoscritta in modo tale da limitare la dispersione di
energia. Le onde elettromagnetiche vengono riflesse nel corpo grazie ad un riflettore
parabolico e di un trasduttore rappresentato da un cuscinetto di accoppiamento riempito
d’acqua.
Tecnica di esecuzione
1. Paziente supino con testa iperestesa ;
2. Individuazione del calcolo tramite sonda ecografica annessa al litotritore ;
3. “Bombardamento” :
◦ 1000 Impulsi a bassa intensità (0,012-0,070 mJ/mm2) ;
◦ Durata media di 20-30 minuti ;
◦ Intervallo di almeno 7 giorni tra una seduta e la successiva .
Controindicazioni
LOCALI: Infiammazione acuta , Calcoli nel terzo medio del dotto di Wharton , Calcoli nella
porzione distale del dotto , Dotto < 1mm di diametro .
GENERALI: Portatori di pace-maker non schermati , Diatesi emorragica .
RISULTATI : Successo > 75% parotide , 40% sottomandibolare.
EFFETTI COLLATERALI : Sensazione di bruciore cutaneo (che scompare non appena si
riduce la potenza delle onde d’urto) , Vibrazione a restauri dentari in amalgama , Danni a
carico dell’udito (uso di tappi auricolari) , Danno ghiandolare .
SIALOENDOSCOPIA
Si può fare sempre tranne nelle fasi acute, ascesso, infiammazioni acute; anche se di
solito si fanno in pazienti critici con trapianti, problemi epatici e IRC. È una tecnica meno
invasiva.
Indicazioni per intervenire
Tumefazione ricorrente o persistente.
Dolore , Modificazione del colore della mucosa , Esame radiografico e/o ecografico che
rileva un calcolo o un’ostruzione , Fuoriuscita dal dotto di saliva anomala +/- pus/
mucopus.
Trattamento mirato
Identificazione delle cause ed alleviare i sintomi , Eradicazione del calcolo o
dell’ostruzione , Restituzione della funzione , Preservazione delle strutture anatomiche ,
Preservazione di strutture vitali , Prevenzione delle recidive .
Indicatori di risultati favorevoli
Riduzione della sintomatologia , Paziente libero da calcolo e/o ostruzione , Restituzione
dell’anatomia , Restituzione della funzione , Assenza di cronica infezione , Mancata
lesione di strutture adiacenti , Funzione nervosa integra .
Indicatori di risultati sfavorevoli
Sintomatologia persistente , Impossibilità a rimuovere o reintervenire sul calcolo e/o
ostruzione , Deficit funzionale , Accidentale perdita o danneggiamento di strutture
anatomiche adiacenti , Presenza di infezione cronica, Deficit funzione nervosa ,
Complicazioni pre-durante post intervento .
Scialoadeniti autoimmuni
Sindrome di Sjögren
È una patologia sistemica, cronica, autoimmune. Può essere definita poliesocrinopatia
autoimmune la cui principale caratteristica clinica è la progressiva inattivazione della
secrezione ghiandolare esocrina.
Dal punto di vista istopatologico si caratterizza per la triade di infiltrazione linfocitaria
parenchimatosa ed interstiziale ed isole mioepiteliali.
Si distinguono una sindrome di S. primaria (90% dei casi) in cui sono interessate solo le
ghiandole esocrine e una sindrome di S. secondaria (10% dei casi) in cui l'esocrinopatia si
associa a disordini del connettivo (es. Artrite reumatoide , LES , Cirrosi biliare primitiva ,
Sclerodermia , Polimiosite , Connettiviti miste e/o indifferenziate , Epatite cronica attiva ,
Tiroidite di Hashimoto ). Colpisce 9 volte più le femmine dei maschi.
L'eziologia è sconosciuta (sebbene, al solito, sono stati implicati alcuni HLA, come LA-B8,DR3; HLA-DRw52, e virus, Retrovirus HTLV-1; Herpesvirus EBV,CMV,HHV).
La patogenesi è autoimmunitaria con la produzione di auto-ab policlonali e infiltrazione di
T-helper. Tutto ciò determina un'alterazione del controllo della funzione secretoria con
alterata distribuzione canali dell'acqua (acquaporine AQP5) .
Sintomatologia
•
Sintomi Oculari: sensazione di corpo estraneo, prurito, bruciore, rossore, accumulo
di secrezione di muco, impossibilità a produrre lacrime (cheratocongiuntivite sicca) ;
•
Sintomi Orali: xerostomia, fissurazioni secche della mucosa, >incidenza di carie
multiple, malattia parodontale e candidosi orale .
Diagnosi
Strumenti diagnostici sono l'ecografia parotidea, la scintigrafia, la scialografia, l'RMN, test
clinici di laboratorio, il test di Schirmer, il test di Saxon, il test al rosa bengala, e l'esame
istologico. Si può attuare anche un test basato sul somministrare una goccia di limone al
paziente per vedere quando le ghiandole salivari riescono a caricare.
Per l'esame istologico si esegue una biopsia delle ghiandole salivari minori labiali (Almeno
5 ghiandole salivari accessorie isolate per via smussa dopo incisione superficiale di 1,5
mm, lontana dalla zona mediana ). L’esame bioptico risulta positivo quando “focus score”
≥ 1 per 4 mm2 (“Focus”= ≥ 50 cellule mononucleate per 4 mm2 ).
Si ricercano il Fattore Reumatoide , gli ANA e gli Anticorpi anti-antigene nucleare: SS-A
(Ro) e SS-B (La) . Oltre il 40% degli anti La/SSB sono negativi all’immunodiffusione e
positivi solo all’immunoblotting o all’ELISA (autoanticorpi non precipitanti) .
Con il test di Schirmer si fa diagnosi di cheratocongiuntivite sicca. Il test valuta la
secrezione lacrimale. Si posiziona una striscia di carta assorbente all’interno della
palpebra inferiore per 5 min ad occhio chiuso. Se la carta non si bagna di almeno 5 mm
(pz adulti) il test è positivo .
Anche il test al rosa bengala fa fare diagnosi di cheratocongiuntivite. Il rosa bengala è un
colorante vitale disponibile sotto forma di collirio all’1%. Si instillano nell’occhio 1 o 2 gocce
e si osservano, mediante lampada a fessura, eventuali alterazioni dell’epitelio corneale .
Con il test di Saxon si fa diagnosi di xerostomia. Consiste nel far masticare per 2 min una
spugnetta che verrà poi pesata. La specificità è del 90% .
Per fare diagnosi di SS devono essere presenti almeno quattro dei seguenti sei criteri di
inclusione:
1. Secchezza quotidiana degli occhi per almeno 3 mesi o necessità di collirio per più
di tre volte al dì ;
2. Secchezza quotidiana della bocca per almeno 3 mesi con necessità di bere
frequentemente. Episodi di tumefazione ghiandolare parotidea ricorrenti ;
3. Positività al test di Shirmer o al rosa-Bengala ;
4. Istologia delle gh. Salivari labiali positiva per almeno due foci di infiltrazione
periduttale per 4 mm2 di tessuto ghiandolare ;
5. Scialografia positiva ;
6. Presenza di Ab anti SSA, SSB, FR, ANA ad alto titolo .
La distinzione tra la forma di Sjögren primaria da quella secondaria è importante dato che
la primaria si associa ad alto rischio di sviluppare un linfoma maligno rispetto alla
popolazione normale (44/1) .
Terapia
Locale: lacrime artificiali , saliva artificiale (polimeri cellulosa, lattoferrina, xilitolo, ecc...).
Sistemica:
•
Immunosoppressori: Prednisone ( Deltacortene®): 30mg giorni alterni;
•
Scialogoghi: Pilocarpina (Salagen®): 5-10 mg un’ora prima dei pasti , Cemivelina
(Evoxac®): 30 mg un’ora prima dei pasti .
Prognosi
Il rischio di trasformazione in un linfoma è intorno al 6-7% dei casi . La trasformazione è
più frequente nei casi di SS con manifestazione della sola componente secca. La
predisposizione a tale trasformazione sarebbe da collegare al lungo periodo di iperattività
del sistema immunitario . Meno frequentemente si osserva la trasformazione della
componente epiteliale verso un carcinoma indifferenziato .
Data questa correlazione ogni 12 mesi si esegue un follow up della SS per NHL:
Ecocolordoppler delle logge parotidee , Protenuria di Bence-Jones , ß-2 microglobulina su
siero , Eventuale FNAC o biopsia .
Lesioni simil-tumorali
Sialosi (scialoadenosi)
Rara affezione caratterizzata da tumefazioni asintomatiche bilaterali o monolaterali delle
ghiandole salivari maggiori . All'eziopatogenesi partecipano diversi fattori come diabete,
alcool, anoressia/bulimia.
Il trattamento, volto al controllo della malattia di base, è con pilocarpina. Si può giungere a
parotidectomia.
Scialometaplasia necrotizzante
L'eziopatogenesi può essere traumatica, da ischemia dei vasi palatali o da infarto dei
tessuti molli e delle ghiandole salivari annesse. Si localizza in genere al confine tra palato
duro e palato molle e si manifesta clinicamente con tumefazione dolente e ulcera
crateriforme dell’epiteliosovrastante di 1-3 cm di diametro .
All'esame istologico si evidenzia ulcerazione epiteliale e necrosi degli acini salivari ,
metaplasia squamosa degli elementi duttali (dubbio con il ca. squamoso) e iperplasia
pseudoepiteliomatosa dell’epitelio sovrastante (dubbio con il ca. mucoepidermoide) . La
diagnosi è istopatologica e la guarigione è spontanea entro 6-10 settimane.
Scialoadenite Cronica Sclerosante o Tumore di Kuttner
Interessa la ghiandola sottomandibolare che si presenta indurita ed ingrossata (DD con
neoplasia ). Nel 50% dei casi è associata a calcolosi . Nella patogenesi figurano disordini
secretivi, microlitiasi, infezione intercorrente, processi autoimmuni .
Il processo infiammatorio cronico determina:
1. Infiltrazione linfocitaria periduttale focale ;
2. Aumento dell’infiltrazione, formazione di follicoli linfatici, metaplasia focale epitelio
duttale,fibrosi interstiziale, atrofia iniziale ;
3. Diffusa infiltrazione linfocitaria, formazione di follicoli linfatici, ialinizzazione e
sclerosi, aumento dell’atrofia parenchimale ;
4. Distruzione fibrocitica dell’architettura lobulare, perdita di parenchima e sclerosi.
Scialoadenite cistica HIV- associata
Infiltrazione linfocitaria (piccola -media taglia); Cisti interposte ; Isole mioepiteliali .
Lesione Linfoepiteliale Salivare (SLEL)
Sostituzione del tessuto salivare con densi infiltrati focali o diffusi di linfociti con isole di
epitelio duttale proliferante.
Scialoadeniti infettive
Parotite virale epidemica
L'agente eziologico è il paramixovirus, si diffonde con la saliva. Colpisce prevalentemente
le parotidi, in genere bilateralmente. L'incubazione è 20 giorni. Clinicamente si manifesta
con parotidi ingrossate, dolenti, tumefatte, di consistenza molliccia (per l'edema stromale).
Si associano febbre, anoressia, astenia. Di solito la tumefazione dell'altra parotide
comincia quando quella della prima recede. Negli adulti di sesso maschile è necessario un
lungo periodo di riposo per le complicanze orchi-epididimitiche che possono comparire
dopo 8-10 giorni e possono causare sterilità. Altra complicanza è una neurite del nervo
acustico (in genere monolaterale) che esita in ipoacusia neurosensoriale irreversibile.
Parotite batterica
In genere è un'infezione ascendente per fenomeni orali acuti, o in seguito a cachessia o
da traumi. Gli agenti eziologici più coinvolti sono streptococchi e pneumococchi. La flogosi
interessa il parenchima ghiandolare e l'essudato purulento viene eliminato tramite le
secrezioni salivari. La ghiandola si manifesta dolente e tumefatta, con cute tesa, lucida e
arrossata. Spesso accompagnata da febbre. Alla compressione della ghiandola si
determina fuoriuscita di pus o saliva torbida dal dotto di stenone.
Parotite cronica recidivante
Flogosi dovuta al ristagno di essudato in scialectasie congenite. Col tempo le scialectasie
aumentano di volume e la flogosi diventa recidivante. Il parenchima subisce danni
strutturali, la ghiandola si ingrossa e si indurisce. Alla scialografia sono presenti ectasie
degli acini ghiandolari (immagine ad albero con frutti dell'albero duttale). Negli stadi iniziali
è sufficiente una terapia antibiotica, in un secondo momento la denervazione e infine, nei
casi più avanzati, la parotidectomia.
Scialoadenite cronica
Probabilmente dovuta ad ectasie duttali ed iposcialia. Si manifesta con tumefazione
dolente (eventualmente con trisma) della parotide senza alterazione delle condizioni
generali. L'andamento è cronico-recidivante e l'interessamento può essere mono o
bilaterale o alternante. La scialografia evidenzia il quadro ad albero spoglio con dilatazione
dei dotti a collana di perle. Il trattamento è in genere conservativo (antibiotici,
antinfiammatori, massaggi della ghiandola) ma nei casi di frequenti recidive si può
eseguire la parotidectomia.
LE PRECANCEROSI ORALI
Le PRECANCEROSI sono definibili come alterazioni tissutali che pur non presentando le
caratteristiche biologiche e istologiche delle neoplasie, possono sviluppare malignità.
La trasformazione interessa nel tessuto coinvolto generalmente l’epitelio.
Sono associate a mutazioni cromosomiche ben definite. Le cellule diventano indipendenti dai
segnali di crescita, evadono l’apoptosi , sviluppano un potenziale replicativo illimitato, c’è
neoangiogenesi.
ISTOLOGIA DEGLI EPITELI
1
L’epitelio del cavo orale viene definito come pavimentoso plustrtificato non cheratinizzato. In realtà
in alcuni punti dell’epitelio orale c’è tessuto cheratinizzato: la gengiva aderente ai denti, palato
duro, dorso lingua, vermiglio (zone esposte a traumi).
Lo sviluppo della cheratina in zone normalmente non cheratinizzate ha un significato
completamente diverso.
L’ipercheratosi rappresenta l’aumento di spessore dello strato corneo. Viene indicata in due forme
morfologiche diverse: la ortocheratosica, dove le cellule appaiono totalmente corneificate e la
paracheratosica, con la presenza di corneociti nucleati immaturi.
Le ipocheratosi sono patologie di raro riscontro per le quali è stato ipotizzato un processo
esfoliativo particolarmente rapido. Istologicamente si caratterizzano per la presenza di uno strato
corneo di spessore estremamente ridotto.
Le discheratosi rappresentano un aspetto patologico dell’epidermopoiesi caratterizzato da
fenomeni di cheratinizzazione precoci ed anomali di singoli elementi cheratinocitari.
Si può avere una DISPLASIA:
lieve
moderata
severa (carcinoma in situ)
Quale comportamento attuare di fronte a una precancerosi e con quale criterio?
Wait and see
Trattamenti locali (retinoidi)
Terapia molecolare
Dipende dal tipo di precancerosi!
In base alla probabilità statistica di degenerazione vengono diversificate dall’OMS in 3 categorie:
Facoltative o potenziali in cui
la percentuale di degenerazione
è modesta;
Vere con notevole possibilità di
trasformazione
Obbligate, in cui l’evoluzione
verso la neoplasia è inevitabile,
seppur con tempi e modi diversi.
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PRECANCEROSI FACOLTATIVE
LEUCOPLACHIA
Clinicamente la leucoplachia viene distinta in forma omogenee e non omogenee (verrucosa,
erosiva) (definiz. sopra)
La leucoplachia omogenea si presenta coma una placca bianca non rilevata, localizzata o diffusa,
col caratteristico aspetto ad acciottolato. A volte la superficie presenta rugosità o creste lineari.
Generalmente è indolente alla palpazione, non provoca variazioni della mobilità e consistenza
tissutale. In essa forme di displasia sono assai rare.
La leucoplachia verrucosa ha una superficie interamente cheratinizzata che si solleva in proiezioni
papillari. Detta anche iperplasia verruciforme del cavo orale, nelle forme molto estese si definisce
papillomatosi orale florida (precancerosi vera).
La luecoplachia erosiva o nodulare è caratterizzata dall’alternanza di arre bianche con piccoli
noduli cheratosici e aree rosse dove l’epitelio è atrofico, con aspetti erosivi, spesso associata ad
eritema. A volte rilevata sul piano della mucosa, può essere sintomatica. La displasia è presente in
oltre la metà dei casi.
La leucoplachia può essere localizzata in qualsiasi settore del cavo orale (soprattutto fornici,
mucosa geniena, lingua, pavimento).
Oggi è considerata una cheratosi sine causa. I fattori eziologici chiamati in causa sono il tabacco,
l’alcool, la candidosi, l’herpes simplex, le correnti elettrogalvaniche e tutti i fattori irritanti chimici
o fisici protratti nel tempo. Le cheratosi indotte da traumi meccanici ripetuti non rientrano tra le
leucocheratosi, ma tra le cheratosi frizionali o traumatiche e hanno un indice di trasformazione
maligna molto basso.
L’associazione con l’infezione da candida può favorire l’evoluzione della lesione precancerosa. Il
trattamento con antimicotici migliora la sintomatologia e riduce le dimensioni e il grado di
cheratinizzazione della lesione in modo da rendere più semplice l’intervento.
Dal punto di vista istologico la leucoplachia è caratterizzata da un ispessimento degli strati
epiteliali con acantosi e ipergranulosi e comparsa di intensa cheratinizzazione superficiale associata
a flogosi cronica del corion.
La displasia si evidenzia con una stratificazione irregolare e iperplasia dello strato basale, presenza
di processi reticolari conformati a goccia, aumento di mitosi, perdita di polarità delle cellule basali,
aumento del rapporto nucleo/citoplasma, marcato polimorfismo con ipercromasia cellulare,
aumento del numero di nucleoli e comparsa di elementi cheratinizzati nello strato spinoso
(discheratosi).
La lesione cheratosica (e soprattutto quella del pavimento e ventre linguale) va sempre rimossa o
almeno sottoposta a biopsie.
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La leucoplachia (che in genere è una lesione isolata) va in diagnosi differenziale con la candidosi
cronica pseudomembranosa ed iperplastica (la placca candidosica in genere è mulpila, asportabile e
il tessuto sottostante appare rosso e sanguinante) ed il lichen orale a placca( quest’ultimo tende ad
essere bilaterale e simmetrico). Dal punto di visto istologico l’ortocheratosi lichenoide e quella
leucoplasica sono indistinguibili.
La terapia è esclusivamente chirurgica ed è preceduta dalla rimozione dei fattori irritanti ed
eventuale terapia antimicotica.
Il rischio di trasformazione aumenta passando dalle forme omogenee a quelle non omogenee.
Le cellule dello strato basale sono danneggiate da un processo che vede coinvolti i linfociti T, i
macrofagi e le cellule di Langerhans. Vengono considerate lesioni potenzialmente cancerose la
variante atrofica e quella erosiva di lichen orale (% di trasformazione=2,5%). Si ritiene che il lichen
predisponga la mucosa orale all’azione dei carcinogeni ambientali, a ciò si aggiunga che il pz tipo è
spesso epatopatico cronico con fenomeni carenziali più o meno evidenti.
I pz affetti da lichen atrofico/erosivo vengono inseriti in protocolli che prevedono biopsie di
controllo sulle aree clinicamente sospette. A volte però risulta difficile inquadrare la mucosa affetta,
che , spesso, dopo anni di infiammazione cronica, si presenta ispessita, anelastica con imponenti
fenomeni di fibrosi. In tali casi si può utilizzare il blu di toluidina, colorante vitale che evidenzia le
aree a + alta attività proliferativa.
È in genere a sedi multiple, bilaterale e simmetrico.
La terapia è il cortisone, ma in alcuni casi si arriva ad usare citostatici.
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È una lesione cronica caratterizzata da perdita di sostanza oltre la membrana basale. L’insorgenza è
legata a traumatismi cronici. Le replicazioni sono caratterizzate da tentativi riparativi. Su tale
popolazione espansa è più facile che intervenga l’azione di carcinogeni ambientali con conseguente
danno genetico e trasformazione cellulare.
Clinicamente la lesione si manifesta con margini netti, poco rilevati, di consistenza aumentata,
spesso dolente alla palpazione. Il fondo appare ricoperto de essudato fibrinosoche raramente
sanguina al contatto con gli strumenti. La rimozione dell’agente traumatico determina guarigione in
10-15 giorni. La mancata guarigione induce verso la diagnosi di lesione di diverso tipo
(infiammatoria o, più di frequente,neoplastica).
CHEILITI
Le cheiliti, con diversa frequenza, predispongono all’insorgenza del carcinoma del labbro. Queste
cheiliti sono la ghiandolare, con la sua variante apostematosa, e la attinica.
Puente e Acevedo nell’ambito delle chiediti distinsero una forma cronica non purulenta, cheilite
ghiandolare semplice che oggi porta il loro nome.
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In condizioni normali a livello del prolabio, detto zona di Klein, non vi sono ghiandole salivari, le
quali si ritrovano invece nella sottomucosa labiale che delimita all’esterno il vestibolo anteriore.
In alcune persone le ghiandole salivari accessorie sono presenti anche a livello del prolabio,
soprattutto quello inferiore, sulla cui superficie si aprono i dotti escretoti (disposizione cosituzionale
considerata displasia di base).
Data la topografia le gh. sono esposte a svariate noxae patogene che possono determinare flogosi
cronica (cheilite ghiandolare). Lo stesso accade se si ha tumefazione del labbro con eversione della
mucosa labiale (il mantello mucoso e le ghiandole salivari vanno incontro a modificazioni se
esposte all’ambiente esterno).
Interessano in ordine di frequenza:
o labbro inferiore
o labbro inferiore + labbro superiore
o labbro superiore
sulla parte mediana del prolabio insorgono macchie rosse (della grandezza variabile da una testa di
spillo a una lenticchia, in numero variabile, simili a piccoli angiomi) dapprima pianeggianti, poi
prominenti, circondate da un alone leucoplasico periferico e caratterizzata al centro da un’apertura
(canale escretore della ghiandola).
All’EO il labbro si presenta non deformato, solo ingrossato, col prolabio ricoperto da secreto
mucoso. Alla palpazione il labbro risulta di consistenza granulomatosa per la presenza di noduli
ghiandolari ipertrofici. Non è presente alcuna sintomatologia funzionale o dolorosa, ad eccezione di
un senso di appiccicosità dovuto alla presenza sul prolabio del secreto mucoso.
Spesso la cheilite ghiandolare si accompagna al riscontro di pelle rugosa e anelastica.
Il quadro istologico è caratterizzato dalla presenza nel prolabio di ghiandole salivari eterotopiche,
ipertrofiche, nel derma infiltrato linfoplasmacellulare periacinoso, con desquamazione delle cellule
ghiandolari, il canale escretore appare dilatato e rivestito di ep. Pluristratificato.
La mucosa del prolabio appare ispessita con caratteri leucoplasici in alcuni punti (ipercheratosi,
paracheratosi, acantosi).
La degenerazione maligna (verso la forma spinocellulare) è legata o alle alterazioni dell’epitelio del
dotto escretore dilatato, o all’alone leucoplasico. La cheilite gh. È considerata stato precanceroso
nel 20-50% dei casi con tempi di trasformazione che vanno da pochi mesi a 4-5 anni.
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La variante apostematosa è una conseguenza di infezione secondaria del parenchima gh. Da arte di
comuni piogeni che vi pervengono tramite i dotti dilatati.
Il labbro è tumefatto, ricoperto da croste nerastre aderenti alla mucosa sottostante. Allontanando le
croste, la mucosa appare erosa, sanguinante e dolente con prominenze da cui fuoriesce essudato
muco-purulento. Tale chieilite tende ad estendersi alla commessura, si accompagna a tensione,
dolore, ipomotilità del labbro, difficoltà funzionale nella fonazione e masticazione.
Il quadro istologico mostra nel derma infiltrato linfoplasmacellulare e leucocitario che determina
dissoluzione dell’architettura acinosa ghiandolare.
Nella sua evoluzione è caratterizzata da retrazioni cicatriziali delle vecchie lesioni e formazione di
nuovi focolai purulenti.
La terapia consiste in elettrocoagulazione o courettage ghiandolare.
CHEILITE ATTINICA
La cheilite attinica è determinata dall’azione istolesiva che deriva di una lunga esposione ai raggi
UV (naturali o artificiali). I raggi UV vengono in parte assorbiti dalle cellule pigmentate dello strato
basale, in parte penetrano nel derma, determinado alterazioni trofiche e bioumorali che inducono
nel mantello epiteliale sovrastante una reazione di difesa (ispessimento dello strato corneo, aumento
del pigmento basale, quest’ultimo + efficace).
Nell’eziopatogenesi rientrano anche altri fattori (vento, stato igrometrico).
Il prolabio è sede frequente in quanto particolarmente esposto e caratterizzato da epitelio sottile,
privo di pigmento e ghiandole sebacee.
Le cheiliti attiniche mostrano incidenza familiare (legata alla quantità di pigmento nello strato
basale) e stagionale (legata all’esposizione agli UV->estate, inverno sulla neve o fonti UV artificiali
come gli studi cinematografici).
Si manifesta in forma acuta e raramente cronica.
La forma acuta è legata ad una brusca e intensa esposizioneai raggi del sole. In alcuni casi possono
essere presenti ulcerazioni che guariscono con formazione di cicatrici. Tale lesione guarisce in 1015 giorni con fine desquamazione.
Se l’esposizione al sole continua si passa alla forma subacuta e poi quella cronica.
La c. a. cronica (tipica del marinaio, contadino..) interessa prevalentemente la porzione centrale del
labbro inferiore (la + esposta), rispetto a quelle laterali o superiori.
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Nella mucosa possono essere presente anche erosioni superficiali, il cui fondo rosa è ricoperto da un
sottile strato di essudato, o ulcerazioni, il cui fondo presenta un essudato pseudomenranoso
grigiastro. Tali erosioni e ulcerazioni guarendo danno luogo a una mucosa sottile e pallida, poco
resistente, che va facilmente incontro a nuove lesioni.
Perifericamente l’epitelio si presenta ipercheratosico, con formazione di squame grigie che si
staccano facilmente.
La c.a.cronica scompare nei mesi invernali.
Le alterazioni istologiche e dermiche (vedi sù) giustificano la lesione atrofica e displastica del
mantello epiteliale sovrastante, che assume l’aspetto di una vera e propria precancerosi.
Il periodo di trasformazione maligna può essere molto lungo (20-30 anni).
Gli anglosassoni identificano come c.a. anche la forma abrasiva precancerosa di Manganotti, che ha
caratteri clinici (lesione erosiva, non infiltrata, recidivante del labbro inferiore) e istologici (iperdischeratosi, anomalie di forma e volume di cellule basali, degenerazione basofila del connettivo)
molto simili alle lesioni attiniche.
La terapia è di tipo profilattico (evitare l’esposizioninelle ore centrali agli UVA, usare cappelli a
falda larga, creme protettiv ea base di acido paraaminobenzoico). Quando le alterazioni displastiche
sono irreversibili è opportuno ricorrere alla terapia chirurgica con exeresi delle lesioni.
È una formazione firboepiteliale, sessile (la base d’impianto ha diametro pari o maggiore rispetto al
diametro massimo del corpo del papilloma) o peduncolata (base d’impianto sempre minore del
diametro massimo del corpo del papilloma) che si presenta rivestita da mucosa liscia o ruvida, di
colorito roseo, di consistenza molle-elastica, di volume variabile da un grano di miglio a una
nocciola. Possono presentarsi singoli o multipli, distanziati o ravvicinati a formare una placca
pappillomatosa, ed essere localizzati ai fornici gengivali, alle guance, alla lingua, ai pilastri e
all’ugola. Vengono considerate neoformazioni a carattere infiammatorio cronico, reattive a stimoli
irritativi chimici, fisici o meccanici. Ciò è avvalorato dalla presenza di elementi infiammatori nello
stroma del papilloma e dalla sua frequente insorgenza nelle zone di mucosa cronicamente irritate da
una protesi o da un dente in posizione anomala. In alcuni casi l’agente eziologico può essere il virus
del pappilloma umano HPV, in tali casi all’esame microscopico può essere messa in evidenza la
presenza del menoma virale utilizzando le tecniche del DNA ricombinante (ibridizzazione in situ).
L’aspetto isologico è caratterizzato da un asse fibrovascolare, semplice o ramificato, rivestito da
epitelio pavimentoso pluristratificato; lo stroma presenta numerosi vasi a parete sottile che si
spingono fin sotto lo strato basale dell’epitelio.
A livello delle labbra alcuni papillomi possono presentarsi corneificati, di colorito grigiastro o
biancastro, con superficie ruvida. Istologicamente caratterizzati da ispessimento della linea
epiteliale e presenza nello stroma di numerosi elementi infiammatori in relazione ad ulcerazioni
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superficiali della neoformazione. Tale papilloma , detto papillon corneificante, rientra nelle
precancerosi potenziali o facoltative.
Il papilloma clinicamente presenta un accrescimento lentissimo e non dà sintomatologia fino
all’insorgenza di turbe funzionali e estetiche. Tra le forma macroscopiche, la peduncolata è quella a
> rischio di trasformazione maligna, in quanto mobile e traumatizzabile.
La terapia è esclusivamente chirurgica.
I nevi sono manifestazioni disembrioblastiche cutanee o mucose caretterizzate dalla presenza nella
compagine epiteliale o sottoepiteliale di nidi di cellule di derivazione ectodermica, i melanociti.
A livello del cavo orale interessano frequentemente il palato e la mucosa geniena. Si presentano
coma macule di colore bruno, rotondeggianti, piane o leggermente rilevate con aspetto vegetante o
moriforme. Clinicamente e istologicamente si presentano sotto varie forme: nevo pigmentato
comune, nevo blu acellulare, melanoma giovanile benigno o nevo di Spitz.
Possono essere distinti in base alla sede in intraepiteliali, giunzionali, composti o intramucosi. La
forma che degenera con > frequenza è la forma giunzionale, che si presenta piccolo e piatto,
istologicamente è caratterizzato da gruppi di cellule proliferanti localizzate presso la linea di
giunzione tra epitelio e sottomucosa. Tale nevo può risultare nelle fasi iniziali simile all’iperplasia
melanocitica atipica, caratteristica delle fasi precoci di sviluppo del melanoma.
Il nevo blu acellulare è relativamente frequente nel cavo orale ed è localizzato per lo più al palato
duro in soggetti di sesso femminile. Microscopicamente è caratterizzato dalla presenza di cellule
neviche pigmentate, fusiformi, disposte in fascicoli negli strati profondi del corion.
Il melanoma benigno o nevo di Splitz, molto raro, interessa soggetti giovani (< 20 anni)o bambini a
livello delle labbra o lingua. Simile al melanoma istologicamente (aspetto epiteliodie e/o fusiforme),
per le grandi dimensioni e la presenza di un infiltrato infiammatorio (tuttavia il melanoma compare
in genere dopo i 40anni).
I segni clinici della degenerazione maligna di un nevo sono: un aumento delle dimensioni sia in
senso orizzontale che in altezza, cambiamento di colore dal bruno al nero o improvvisa
decolorazione, presenza di un alone periferico eritematoso, insorgenza di dolenza spontanea o
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provocata. (n.b. esistono anche nevi e melanomi pigmentati che vengono riconosciuti in base alle
caratteristiche istologiche e citologiche).
La melanosi è un’altra lesione pigmentata potenzialmente cancerosa. Dal punto di vista clinico si
intende una lesione estesa (2-8cm), di colore bruno, istologicamente formata da un accumulo
lineare di melanociti a livello dello strato basale senza formazione di nidi cellulari. Tali lesioni
possono avere atteggiamento espansivo con tendenza ad accrescersi a macchia d’olio.
È ancora discusso il rapporto tra tali nevi e l’isorgenza del melanoma. Secondo alcuni il melanoma
deriverebbe da un nevo in seguito a traumatismo cronico, secondo altri l’insorgenza di un
melamona su un nevo avviene solo perchè in tali sedi l’accumulo di cellule melonocitiche rende
statisticamente più probabile la degenerazione maligna.
È cmq consigliabile asportare chirurgicamente i nevi intraorali e le piccole melanosi.
PRECANCEROSI VERE
È una lesione caratterizzata da invasione da parte del micete degli strati profondi della mucosa e
sottomucosa e da una risposta tissutale che è espressa da paracheratosi, acantosi, iperplasia
pseudoepitelialiomatosa, formazione di microascessi a intensa flogosi cronica del corion. Spesso è
presente displasia per cui è considerata a > rischio di degenerazione maligna rispetto alla
leucoplachia. Le nitrosamine derivanti dal metabolismo della candida sembrano stimlare la
degenerazione maligna.
Si ritiene che la lesione origine da un’infezione secondaria di lesioni cheratosiche preesistenti, che a
causa del micete vanno incontro a fenomeni pseudomembranosi e iperplastici. Sede preferenziale
sono le labbra, la lingua e soprattutto le regione commissurale e retrocommissurale.
La terapia è dapprima medica, con l’utilizzo di antimicotici per ridurre l’estensione del focolaio e
successivamente chirurgica con l’asportazione completa della lesione e l’esame istologico di
conferma.
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Tali lesioni insorgono preferenzialmente nella mucosa alveolare e geniena, spesso associata a
leucoplachie omogenee in altre sedi del cavo orale.
Puo’ anche essere definita iperplasia verruciforma del cavo orale ed è praticamente una forma
avanzata di leucoplachia verrucosa; in tale lesione i fenomeni displastici risultano molto frequenti
con possibilità di trasformazione in carcinoma verrucoso, neoplasia a basso grado di malignità, a
crescita lenta e che raramente dà metastasi.
PRECANCEROSI OBBLIGATE
Morbo di Bowen
È un carcinoma squamoso intraepiteliale (k in situ) che nell’arco di anni può evolvere in k invasivo.
Si localizza prevalentemente sulla cute fotoesposta, ma può interessare anche la mucosa orale e/o
genitale dove può essere confuso con una lesione eritroplastica. L’aspetto clinico e istologico è
simile a quello di un’eritroplasia.
Col termine eritrolasia si intende qualsiasi area eritematosa a superficie vellutata a sede intraorale
che non può essere classificata come secondaria ad un processo patologico noto. Clinicamente
appare coma una chiazza rossa, vellutata, omogenea, anche se si possono riscontrare forme non
omogenee, punteggiate, granulate, variegate con zone cheratosiche centrali o periferiche.
L’eritroplasia è generalmente asintomatica, di piccole dimensioni. Può localizzarsi nelle sedi più
disparate, che vano esaminate con massima attenzione.
Istologicamente è caratterizzata da displasia o franca anaplasia. La % di degenerazione maligna è di
circa il 90%, per cui tali lesioni sono ritenute il + probabile precursore di k orale.
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Le lesioni rosse della mucosa apparentemente “sine causa” vanno rimosse chirurgicamente in modo
esteso e esaminate istolocigamente.
Oltre alle lesioni precancerose esistono le condizioni precancerose.
Le condizioni generali associate ad un significativo aumento del rischio di ammalare di cancro
sono:
o fibrosi sottomucosa,
o disfagia sideropenica (associata a cheilite, glossite, atrofia mucosa) {detta anche Sindrome
di Patterson-Brown-Kelly o sindrome di Plummer-Vinson: è la comparsa di disfagia, anemia
ipocromica microcitica, coilonichia e cheilite angolare. La disfagia è dovuta a membrana sul
pilastro esofageo anteriore, che è premaligna. La coilonichia e la cheilite sono secondarie
all'anemia, ma possono anche essere i primi sintomi della malattia. I gruppi di popolazioni
più colpiti sono le donne di mezza età in menopausa e la correzione dell'anemia può sia
alleviare i sintomi che far regredire la lesione}
o lupus eritematoso discoide
o epidermolisi bollosa
SIGNIFICATO DELLE PRECANCEROSI
Leucoplachia -> 3-30 % carcinoma
Eritroplasia -> 90% carcinoma
Sono ad alto rischio:
o lesioni rosse
o lesini bianche
o lesioni presenti da + di 3 settimane
sono lesioni SENZA significato precanceroso:
o palato del fumatore (leucocheratosi nicotinica), si riconosce in quanto a livello dell’orletto
gengivale la mucosa è rossa, perchè il fumo nn ci arriva per la presenza del dente
o lesioni galvaniche
o morsicatio
o lesioni da frizione
o hairy leucoplachia (leucoplachia capelluta sul bordo della lingua nei soggetti HIV +)
o nevo bianco spongioso
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o leucoedema
sono pz ad ALTO rischio:
o maschi
o > 50 anni
o Tabacco
o Alcool
COLORE: più la lesione è rossa, > è il potenziale maligno
ASPETTO:
o verrucoso= 32% trasformazione
o Nodulare= 33% trasformazione
CANDIDA: 38% ha elevato potenziale nitrosazione
Alcuni ceppi di c. Albicans forma acetaldeide dall’etanolo (in vitro)
SEDE: pavimento orale= 20 % trasformazione maligna
PROGNOSI
DISPLASIA: alterazione di maturazione dell’epitelio. È un disordine citologico e architetturale in
cui c’è:
o ispessimento membrana basale
o aumento numero di mitosi
o mitosi anormale
o ipercromia cellulare
o disposizione cellulare irregolare
o aumentato rapporto N/C
Le displasie vengono classificate in vari gradi di OIN (oral intraepithelial neoplasia)
o media: 1% trasformazione
o moderata: 5 % trasformazione
o severa: 12,5% trasformazione
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Poiché il grado di displasia non è universalmente definibile, si può tener conto della aneuploidia.
Le cellule anormali possono essere tetraploidi, aneuploidi. Studi hanno dimostrato che le lesioni
caratterizzate da una prevalenza di cellule aneuploidi sono caratterizzate da un % di sopravvivenza
del pz inferiore rispetto alle altre.
TERAPIA
L’escissione chirurgica è definitiva.
Sulla Criochirurgia non tutti sono d’accordo ( secondo alcuni la rigenerazione su una superficie
cruenta potrebbe aumentare il potenziale di trasformazione).
L’escissione laser equivale a quella chirurgica, anche se dipende dal tipo di laser usato (il laser a
CO2 dà un minimo di danno termico ai tessuti circostanti).
La vaporizzazione laser è usata per lesioni di grosse dimensioni.
N.B. nel caso della criochirurgia e della vaporizzazione laser fare biopsie prima, perchè con queste
metodiche si perde il tessuto.
Altre terapie sono la radioterapia, terapia citotossica locale, la 5-alanina che è un
fotosensibilizzante, e i retinoidi (cis-retinoico o retinale, che funziona bene ma è tossico a
concentrazione elevate).
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Carcinomi del cavo orale
Le capacità chirurgiche ci permettono di raggiungere ottimi risultati ma la battaglia del
cancro si vince con la prevenzione.
La prevenzione, genericamente di grande importanza in tutte le neoplasie, può assumere
ancor maggior rilievo a livello del cavo orale nella sua forma secondaria, attraverso il
trattamento e la sorveglianza delle precancerosi (un terzo dei carcinomi origina così) e la
precocizzazione della diagnosi.
Il cavo orale è facilmente accessibile all'esame ispettivo e palpatorio (bisogna ricordarsi di
guardare tutto il cavo orale perché talvolta il cancro può svilupparsi in aree meno
frequentemente colpite, essere presente in concomitanza con altre lesioni maggiormente
vistose e per le quali il paziente si reca dal medico, essere multifocale) ed è difficile capire
perchè ancora oggi si debbano osservare, al momento della diagnosi, tumori così avanzati
quando una diagnosi precoce, oltre a migliorare notevolmente la prognosi, consentirebbe
sicuramente anche trattamenti assai meno aggressivi e menomanti.
Da uno studio accurato la responsabilità del ritardo appare condivisa tra il paziente, il
medico di prima consultazione e lo specialista di primo riferimento, che spesso non è
quello di maggior competenza, cioè quello in grado di provvedere direttamente al
trattamento ottimale. Nel complesso, l'intervallo medio di tempo tra primo sintomo e
diagnosi è di 3 mesi, quello fra 1° sintomo e terapia di 4 mesi. È doveroso realizzare un
programma volto a tre obiettivi principali:
•
sensibilizzazione al problema della popolazione
•
accelerazione delle procedure diagnostiche
•
identificazione di Centri di Riferimento
Per quanto riguarda la terapia, nei centri mondiali più qualificati è stato raggiunto un livello
molto elevato, difficilmente superabile senza nuove acquisizioni.
Quanto è diffuso
Su scala mondiale i tumori del cavo orale, insieme a quelli della laringe e della faringe,
rappresentano il 10% circa di tutte le neoplasie maligne negli uomini e il 4% nelle donne.
La frequenza di localizzazione dei carcinomi nelle diverse sottosedi varia notevolmente da
Paese a Paese. In India, dove l'incidenza è molto elevata per l'abitudine a masticare
tabacco e betel in varie forme, la localizzazione più frequente è quella alla mucosa
geniena, alle gengive e ai fornici. In Europa e specificatamente in Italia le sottosedi più
colpite, dopo il labbro inferiore, sono la lingua (30%) e il pavimento orale (16%).
In Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 4.500 casi di tumori alla bocca e si
registrano circa 3.000 decessi. Ciò accade perché questo tipo di cancro viene di solito
diagnosticato in fase già avanzata, quando la massa tumorale si è già ingrandita al punto
da richiedere interventi mutilanti e spesso con scarsi risultati. Il meridione è a minor rischio
rispetto al nord-est per il minor uso di alcolici.
Il tumore del labbro è più comune negli uomini e si sviluppa soprattutto in persone dalla
pelle chiara che trascorrono molto tempo al sole (per esempio i muratori, gli agricoltori o i
pescatori). I tumori del labbro rappresentano l’11% circa dei nuovi casi, ma sono
responsabili solo dell’1% dei decessi totali. La lingua (bordo e faccia inferiore, raramente il
dorso) è la sede più frequente coinvolta nelle neoplasie del cavo orale: infatti i carcinomi
linguali sono il 30% circa di tutti i carcinomi orali. Il tumore del cavo orale è più frequente in
persone che fumano tabacco e consumano alcolici; la coesistenza di queste due abitudini
moltiplica il rischio di sviluppare neoplasie orali. Negli ultimi anni si è osservata una
progressiva riduzione di incidenza delle neoplasie orali alcol e tabacco correlate,
soprattutto nel sesso maschile, mentre nel sesso femminile, si è invece registrato un
aumento. Infatti rispetto al passato ci sono molte più donne che iniziano a fumare e più
uomini che smettono.
Chi è a rischio
Per tutti i tumori del cavo orale i principali fattori di rischio sono il fumo di sigaretta, il
consumo di alcol e qualunque condizione di infiammazione cronica. Altre cause possono
essere: scarsa igiene orale, masticazione di tabacco, errato posizionamento di protesi
dentarie.
Per quanto riguarda il tumore del labbro, un possibile fattore favorente è l’esposizione al
sole.
In generale, circa il 90% dei casi di carcinoma orale è attribuibile al consumo di alcol e
tabacco (contenente nitrosamine). Il rischio di ammalarsi di cancro è proporzionale alla
quantità di tabacco assunto e si riduce dopo dieci anni dal momento in cui si smette di
fumare. Il fumo di sigaretta contiene iniziatori (3,4 benzopirene) e promuoventi del
processo neoplastico. Per ciò che concerne l’alcool il rischio non pare associato al tipo di
bevanda quanto alla dose di etanolo ingerita. L’associazione tra fumo ed alcool è
sinergica. Probabilmente la superficie inferiore della lingua ed il pavimento buccale sono
maggiormente colpiti proprio per un maggior tempo di contatto con cancerogeni che
ristagnano in tale regione. Altri fattori di rischio comprendono deficit vitaminici
(antiossidanti), particolarmente la avitaminosi A, e di oligoelementi e di ciò è un
paradigma la disfagia sideropenica che viene chiamata anche sindrome di PlummerVinson o di Paterson-Kelly. Tale patologia è caratterizzata da una anemia sideropenica,
disfagia, cute pallida e sottile, alterazioni delle unghie che appaiono fragili e a forma di
cucchiaio, alterazioni della mucosa orale di tipo atrofico e da una aumentata incidenza di
cancro esofageo ed orofaringeo.
E’ stato inoltre dimostrato che condizioni infiammatorie croniche predispongono al cancro.
I tumori della bocca e del cavo orale colpiscono di solito dai 40 anni in su. Negli ultimi anni
si è osservato in tutto il mondo un aumento di tumori orali ed orofaringei (tonsilla)
soprattutto nei giovani non fumatori e non bevitori. Molte di queste neoplasie sembrano
essere di origine infettiva e più precisamente micotica (alcuni ceppi di candida) e virale
(HPV 16 e 18), correlate con abitudini sessuali e consumo di droghe, in particolare
marjuana. Al momento manca una correlazione diretta tra HIV e cancro orale ma pazienti
con AIDS presentano una maggiore frequenza di carcinomi orale probabilmente per le
infezioni croniche da candida o per attivazioni di HPV. Negli ultimi anni è stato messo in
luce dunque il ruolo che alcuni virus svolgono nella genesi delle precancerosi orali come il
virus di Epstein-Barr, l’HIV (responsabile dell’hairy leukoplakia o leucoplachia capelluta),
l’Herpes simplex ed il Papova virus, l’HPV (Human Papilloma Virus). Quest’ultimo virus è
considerato il più pericoloso perché è agente causale di: papilloma malpighiano o corneo
(squamoso) e papillomatosi florida (HPV 6, 11); condilomi (HPV 6, 11); verruca volgare
(HPV 2); iperplasia epiteliale focale o malattia di Heck (HPV 13, 32); leucoplachia non
omogenea (HPV 6, 11, 16). Tra i diversi ceppi di HPV il più sospetto è il tipo 16 e 18 sia
perché cancerogeno sperimentalmente sia perché è stato trovato nel carcinoma in situ, nel
carcinoma verrucoso (HPV 2, 6, 16) e nel carcinoma squamocellulare del cavo orale (HPV
16, 18, 21).
Prevenzione
In base ai dati disponibili, non è possibile formulare raccomandazioni a favore o contro lo
screening di routine per i tumori del cavo orale per gli individui che non presentano
sintomi.
Per tutti è valido il consiglio di adottare uno stile di vita sano, non fumare, non consumare
tabacco in alcuna forma e limitare l’alcool. In particolare è importante non sottovalutare
eventuali lesioni della bocca solo perché piccole o indolori: noduli o indurimenti della
mucosa, piccole ulcere, placche bianche o rosse o bianco-rossastre specie se
sanguinanti, escrescenze. Un altro segnale di allarme può essere dato in caso si
verifichino impedimenti a una corretta masticazione. I medici dovrebbero prestare
particolare attenzione alle lesioni precancerose e a qualsiasi segno o sintomo di tumore
del cavo orale, in tutti gli individui che consumano tabacco (sigarette, pipa, sigaro) o che
assumono regolarmente alcool. Si consiglia l’esame del cavo orale eseguito da un medico
o da un dentista per tutti i soggetti di età superiore a 60 anni che abbiano fattori di rischio
per il carcinoma orale.
Tipologie
Il cavo orale è tappezzato da mucosa rivestita da epitelio stratificato, che è la sede di
origine del 90% dei tumori maligni di questa regione. I rapporti della mucosa con le
strutture sottostanti (muscoli, periostio e osso) sono estremamente importanti nel
condizionare la progressione locale delle neoplasie, la possibilità tecnica di applicazione
delle varie terapie, i risultati oncologici, le conseguenze dei trattamenti sia chirurgici sia
radioterapici, le possibilità di ripristino dei danni. Il massimo rilievo è assunto in questo
senso dalle formazioni ossee: bordi alveolari, mandibola e palato duro, la cui asportazione
può comportare importanti deficit funzionali ed estetici e condizionare alcune scelte
terapeutiche o, in alternativa, la prognosi.
Oltre il 90% dei tumori della bocca origina dalle cellule epiteliali squamose (carcinoma
squamoso). Forme tumorali possono anche colpire le ghiandole salivari (adenocarcinomi).
Altri tumori quali ad esempio i sarcomi sono abbastanza rari. Buona parte dei carcinomi
del cavo orale insorge su manifestazioni già note come stati precancerosi (leucoplachie,
eritroplachia, lichen, fibrosi sottomucosa). Approssimativamente tale quota può essere
stimata fra il 15 ed il 40%. Generalmente l’evoluzione prevede vari stadi che sono:
precancerosi (alterazione morfologica  displasia) carcinoma in situ  carcinoma
invasivo.
Lesioni precancerose
Classificazione clinica
•
Leucoplachia
•
Eritroplachia
•
Cheratosi palatale associata a
fumo di tabacco
Classificazione istologica
•
Displasia
squamoso
•
Carcinoma in situ
•
Cheratosi attinica (labbro)
dell'epitelio
La degenerazione può avvenire anche dopo molti anni (15-30) ed è tanto più probabile
quanto minore è l'età di comparsa. Oltre ad alcolismo e tabagismo e alle precancerosi, altri
fattori etiopatogenetici sono stati identificati: microtraumi da malformazioni dentarie (rari in
assoluto, predominanti in soggetti più giovani) o da dentature malconce e da protesi
alterate o non ribasate (frequenti in soggetti anziani). In buona parte dei casi un
meccanismo patogenetico specifico non può essere identificato. Nella cavità orale il tipo
istologico prevalente è dunque il carcinoma squamocellulare che insorge nelle mucose di
rivestimento e costituisce il 90% dei tumori maligni. Il carcinoma squamoso si presenta
con vari gradi di differenziazione anche se in questa sede prevalgono aspetti di buona
differenziazione. Viene riportata la classificazione WHO dei tumori del cavo orale che
comprende anche gli istotipi meno comuni.
Classificazione istologica dei tumori epiteliali maligni della mucosa orale
secondo WHO (Pindborg, 1997)
•
Carcinoma squamocellulare
•
Carcinoma verrucoso
•
Carcinoma basosquamoso
•
Carcinoma squamoso adenoide
•
Carcinoma a cellule fusate
•
Carcinoma adenosquamoso
•
Carcinoma indifferenziato
•
Carcinomi di ghiandole salivari minori
Sintomi
L’età media alla diagnosi di un tumore del cavo orale è di 64 anni e il 95% insorge dopo i
40 anni. È opportuno consultare il medico se si nota una tumefazione persistente nel
labbro, in bocca o nelle gengive, una ferita che non si rimargina o un dolore in bocca.
Un altro segnale da tener presente è quando si ha dolore e difficoltà nel mettere la
dentiera. La presenza di una neoplasia del cavo orale è in genere avvertita dal paziente in
fase relativamente precoce, per algie, bruciori, senso di corpo estraneo, sanguinamento. I
disturbi soggettivi sono troppo spesso sottovalutati dal paziente e spesso misconosciuti
dal medico di prima consultazione. Questi sovente è indotto ad indirizzare il paziente,
dopo terapie infruttuose (tantum), a specialisti non adeguati (dermatologo,
odontostomatologo), la cui competenza in campo oncologico cervico-facciale è molto
spesso generica. Per l'esperto, la diagnosi è possibile (palpazione) nel 90% dei casi e
l'esame istologico su biopsia è risolutivo nel 98% dei casi. Assai meno affidabile è l'esame
citologico su striscio, che per di più non consente precisazioni istologiche (istotipo,
grading).
Il carcinoma del cavo orale esordisce frequentemente come lesione superficiale
micropapulare, ma tende rapidamente ad ulcerarsi e ad infiltrare le strutture sottostanti
(muscolatura, periostio, osso). L'aspetto clinico più comune è quello di una ulcerazione a
bordi rilevati e duri, con fondo carnoso irregolare. Non sono rare le forme erosive
superficiali, finemente granulose, specialmente comuni come degenerazioni di
precancerosi.
L'invasione della rete linfatica è piuttosto precoce e prelude alla diffusione ai linfonodi del
collo. Questa si verifica con frequenza variabile secondo la localizzazione, anche in caso
di tumori primitivi relativamente limitati. Oltre che dalle dimensioni del tumore primitivo, la
frequenza delle metastasi linfonodali dipende anche da alcune sue caratteristiche
istologiche (spessore, grado di malignità, invasione perineurale). La diffusione per via
linfatica avviene generalmente in modo progressivo, a partire dai linfonodi più prossimi al
tumore primitivo per continuarsi in quelli giugulari medi ed inferiori. Non sono rare però le
localizzazioni primarie in questi ultimi linfonodi.
Nei più rari carcinomi ad origine da ghiandole salivari, l'esordio è in genere nodulare, lo
sviluppo è per lo più accrescitivo, a decorso relativamente lento. Queste neoplasie
possono apparire clinicamente ben delimitate, anche se l'esame istologico ne dimostra
costantemente la natura infiltrativa.
Segni e sintomi da ricercare sono quindi:
•
Macchie colorate che aumentano improvvisamente di dimensione (qualora sia nera
deve far sospettare un melanoma, qualora sia bianca non deve far calare la guardia
perché la candidosi cronica ipercheratosica è una precancerosi);
•
Ulcera che tende a non guarire (un’afta dura in genere sette giorni);
•
Sanguinamento gengivale diffuso (accompagnato da iperplasia gengivale va in
diagnosi differenziale con la leucemia);
•
Estrazione che non guarisce;
•
Dentiera che non regge;
•
Asimmetria facciale;
•
Massa del collo;
•
Anestesia del labbro (maggiormente frequente del dolore il quale, dato che è legato
all’infiammazione, si determina durante una fase avanzata. L’anestesia può essere
generata dall’infiltrazione del nervo da parte del tumore, ostruzione ed
osteonecrosi.);
•
Dolore mandibolare per infiltrazione del muscolo pterigoideo interno.
In uno studio condotto su circa 1400 pazienti, l’80% è risultata priva di dolore.
Diagnosi
Il cancro della bocca se riconosciuto in fase precoce può essere curato con successo con
elevate percentuali di guarigione. I principali esami per individuare i tumori del cavo orale,
in assenza di sintomi, sono l’ispezione e la palpazione del pavimento della bocca e della
lingua. La diagnosi è quindi basata sull'esame clinico ispettivo e palpatorio, con
misurazione accurata delle dimensioni (diametro maggiore) e valutazione dell'infiltrazione.
L'esame clinico è sufficiente per lesioni di dimensioni inferiori a 3 cm e senza rapporti con
strutture ossee. In caso contrario sono indicati esami strumentali come:
•
ortopantomografia
•
TAC o RM
Ogni lesione sospetta della mucosa deve essere sottoposta a biopsia col prelievo di una
piccola porzione di tessuto. La citologia esfoliativa è utile nello screening delle lesioni
sospette e viene utilizzata per la facilità di esecuzione ed il costo contenuto ma non ha
un’elevata sensibilità (può dare falsi negativi) ed è più utile per le forme ulcerate.
Una volta definita la natura neoplastica maligna, la stadiazione deve essere completata
con:
•
esame radiografico del torace (il carcinoma diffonde per via linfatica e quello orale
metastatizza al polmone ma tale evenienza, riscontrabile in fase avanzata, è
relativamente rara ed infatti tali pazienti, nella maggior parte dei casi, muoiono per
emorragie da rottura dei vasi, insufficienza respiratoria e rottura extracapsulare.);
•
panendoscopia (raccomandata ma non obbligatoria).
La diagnosi di natura va formulata con biopsia diagnostica, che non deve alterare la
configurazione della lesione. Il campione inviato all’anatomopatologo deve essere
adeguato (deve includere la membrana basale) e non deve essere iniettato anestetico
all’interno della lesione. La biopsia incisionale è indicata unicamente nei casi di lesioni
quasi certamente benigne e per lesioni talmente grandi da non poter permettere la
completa asportazione con margini sani. È da proscrivere la biopsia escissionale nel
momento in cui la lesione sospetta è piccola (1.5 cm) ed è preferibile un'ampia exeresi
(almeno 5 cm), tale da risultare sicuramente radicale qualunque sia la diagnosi definitiva. Il
campione va fissato in formalina al 10% o alcool. Può essere utile utilizzare il blu di
toluidina per evidenziare la lesione. E’ un colorante vitale ampiamente impiegato dai
ginecologi che legandosi al DNA permette di localizzare meglio l’area sulla quale fare la
biopsia. Dopo aver fatto sciacquare la bocca al paziente con acqua, si ripete lì operazione
con l’acido acetico. Si procede asciugando la lingua con una garza per poi applicare il blu
di toluidina. Dopo risciacquo con acido acetico prima ed acqua poi, il colorante risulterà
legato all’area di interesse.
Per lo studio dei linfonodi, oltre alla palpazione (localizzazione, grandezza, dolorabilità e
spostabilità) può essere indicata un’ecografia (sede, dimensioni, ecogenicità, centro
germinativo, presenza dell’ilo, indice di rotondità e vascolarizzazione) che è molto utile
anche nel follow-up dei pazienti trattati, TAC (area ipodensa indica colliquazione), RMN, la
PET deve essere eseguita in circa il cinquanta per cento dei carcinomi, SPECT (tecnica
combinata di TAC e PET), è buona norma effettuare l’ago aspirato in tutte le masse solide
del collo e delle salivari (maggior cautela per il paziente e per il chirurgo che evita di
operare un tumore maligno credendolo benigno). All’ago aspirato può essere associata
l’immunoistochimica che permette la diagnosi differenziale tra linfoma e metastasi di
carcinoma. Il drenaggio linfatico prevede alcune stazioni anatomiche che ci permettono di
considerare:
Livello Ia  linfonodo sottomentoniero;
Livello Ib  linfonodi sottomandibolari;
Livello II a e b  terzo craniale della catena giugulare (a e b divisi dal nervo spinale);
Livello III  terzo medio della carena giugulare;
Livello IV  sovraclaveari;
Livello V  dietro lo sternocleidomastoideo ed avanti al trapezio.
Questa non è la regola e ciò induce a praticare la tecnica del linfonodo sentinella.
La Stadiazione del tumore primitivo é fondata sulla classificazione TNM.
Tx Tumore primitivo non definibile;
T0 Tumore primitivo non evidenziabile;
TisCarcinoma in situ;
T1 Tumore la cui dimensione massima. non supera i 2 cm;
T2 Tumore la cui dimensione massima è fra 2- 4 cm;
T3  Tumore la cui dimensione massima supera i 4 cm;
T4a  Tumore che invade il muscolo;
T4b  Distruzione della mandibola.
La stadiazione pTNM è quella data dall’anatomopatologo (p=patologo).
Comunicazione della diagnosi
E’ bene comunicare la diagnosi in un luogo opportuno ove vi sia privacy e la possibilità di
sedersi per parlare con calma. Qualora possibile sarebbe opportuno comunicare la
diagnosi al paziente in presenza di un familiare che gli garantisca supporto psicologico ed
affettivo e in presenza di un proprio assistente (garanzia per il medico dal punto di vista
legale). Bisogna capire quanto il paziente conosce circa la propria malattia e quanto ha
capito di ciò che gli abbiamo comunicato. E’ inoltre buona norma non abbandonarlo
durante l’iter diagnostico-terapeutico pur se necessita di altri colleghi (meglio contattarli di
persona in presenza del paziente che in tal modo si sente più seguito).
Evoluzione
Come per la maggior parte dei tumori, la guarigione dipende dalle condizioni generali di
salute, dalla sede e dalla diffusione ai linfonodi regionali o ad altre parti dell’organismo.
Dai dati disponibili si è potuto stabilire che, al momento della diagnosi, oltre la metà dei
tumori del cavo orale sono già diffusi nelle sedi vicine o a distanza. Complessivamente, la
sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è del 52% e oscilla tra il 79% dei pazienti con
tumori confinati alla sede di insorgenza e il 19% dei pazienti con tumori metastatici.
Come si cura
I tumori del cavo orale, della faringe e della laringe possono essere curati con
l’asportazione chirurgica del tumore e/o dei linfonodi circostanti. Qualora l’asportazione sia
molto ampia oggi si procede a ricostruzioni sofisticate anche con autotrapianti di muscolo
o di osso. In ogni caso è utile una rieducazione alla fonazione e alla deglutizione
coordinata da specialisti logopedisti. Radioterapia e chemioterapia sono in genere usate
come adiuvanti nel post operatorio e meno frequentemente in alternativa alla chirurgia.
Globalmente, utilizzando al meglio le strategie e le tecniche a disposizione, la guarigione
locale dei carcinomi della cavità orale può essere ottenuta oggi con una frequenza
piuttosto elevata (60- 65%). Ovviamente le percentuali variano a seconda della sede e
della estensione della malattia, con estremi che vanno dal 95% per i carcinomi T1- T2 del
labbro al 30% per i T4 della lingua e del trigono retromolare. La guarigione loco-regionale
varia in funzione della presenza o meno di metastasi linfonodali e della loro estensione.
Complessivamente la presenza di metastasi riduce a metà la probabilità di guarigione
globale rispetto agli stessi casi senza metastasi. Accanto a casi a lenta evoluzione
esistono anche casi in cui la malattia può evolvere in modo molto aggressivo e fatale
malgrado la presentazione iniziale fosse limitata e apparentemente favorevole.
Le probabilità di sopravvivenza libera da malattia dipendono anche da altri fattori. Le
metastasi a distanza dei carcinomi del cavo orale sono decisamente rare (10%), salvo
dopo ripetute recidive a vari livelli. Per contro, è elevata la frequenza di manifestazione di
secondi tumori primitivi (dal 15 al 30% dei casi guariti nella sede del primo tumore). Questi
hanno localizzazioni varie, tra le quali prevalgono ancora quelle nel distretto cervicofacciale. Se diagnosticati per tempo, possono ancora essere curati e guariti, con
probabilità non lontane da quelle che avrebbero se fossero insorti per primi. Infine la
sopravvivenza globale viene ridotta, oltre che dall'età mediamente avanzata, anche da
fattori di terreno (alcoolismo, tabagismo, epatopatie) che si associano assai spesso ai
tumori della cavità orale.
Programmazione dei controlli dopo il trattamento
Considerate le possibilità reali di recupero delle recidive locali e regionali (circa il 30%) è
indispensabile programmare un calendario di controlli ravvicinati con intervalli che
possono oscillare fra 1 e 6 mesi durante i primi 5 anni. Le visite di controllo dovrebbero
comprendere:
•
esame clinico (visita ORL +/- endoscopia)
•
ecografia del collo ogni 2-4 mesi per 2 anni
•
Rx torace ogni 6-12 mesi
Il controllo dei markers tumorali sierologici (SCC, Ca, CEA, FP) non ha alcuna utilità
pratica. Esami particolari (TC, RM, scintigrafia) sono da richiedere solo in seconda battuta,
in casi dubbi o di manifesta ricaduta.
Neoplasie maligne delle ghiandole salivari
Colpiscono frequentemente le ghiandole salivari minori
Le neoplasie delle ghiandole salivari minori (intraorali) sono maligne nel 46% dei casi.
Classificazione:
• Carcinoma mucoepidermoide
• Carcinoma acinico
• Carcinoma adenodocistico
• Carcinoma epi-mioepiteliale
• Carcinoma duttale delle ghiandole salivari
• Carcinoma ex adenoma pleomorfo
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neoplasie benigne delle ghiandole salivari.
Neoplasie maligne delle ghiandole salivari: forme rare:
• Adenocarcinoma n.a.s
• Adenocarcinoma mucinoso
• Adenocarcinoma a cellule basali
• Adenocarcinoma polimorfo a basso grado
• Carcinoma oncocitario
• Carcinoma mioepiteliale
• Carcinosarcoma
• Carcinoma sebaceo
• Linfadenocarcinoma sebaceo
• Carcinosarcoma
• Carcinoma a piccole cellule
• Carcinoma a grandi cellule
• Carcinoma linfoepiteliale
• Sialoblastoma
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Carcinoma Mucoepidermoide
Neoplasia maligna delle ghiandole salivari caratterizzata da cellule mucoidi, intermedie, ed
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(WHO, 2005)
• Neoplasia maligna molto frequente
• Colpisce sia le ghiandole maggiori che le minori intraorali
• Forme a basso ed ad alto grado
Carcinoma Mucoepidermoide a Basso Grado
• Colpisce pazienti Giovani
• Compare anche età pediatrica
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• Da ricordare che è la forma di cisti parotidea più frequente in bambini sotto i 10 anni.
• Crescita lenta (va posto in diagnosi differenziale clinica con neoplasie benigne)
• Intervento chirurgico radicale comporta una Buona prognosi
Carcinoma Mucoepidermoide ad Alto grado
• Colpisce pazienti Anziani
• In genere è solido e NON cistico
• Frequentemente determina paralisi del facciale
• Crescita rapida
• Intervento chirurgico importante ma
• La Prognosi è infausta nonostante la terapia
Aspetto istologico:
Il carcinoma mucoepidermoide è composto da vari tipi di cellule:
• Cellule Basaloidi,
• Cellule Intermedie,
• Cellule Epidermoidi,
• Cellule Colonnari,
• Cellule Mucoidi,
• PROGNOSI
IMPORTANTE LO STAGING = STADIO ALLA PRESENTAZIONE SIA PER FORME
AD ALTO CHE A BASSO GRADO
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che infiltra il tessuto osseo, per ricordare che anche le forme di basso grado hanno capacità
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• Importanza prognostica del grading istologico = suddivisione in forme ad alto e basso
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• Sono stati proposti vari sistemi, tra questi il più usato è il sistemate di Grading di
Auclair and Goode che si basa sui seguenti parametri:
• Componente cistica,
• atipie cellulari
• Mitosi atipiche
• Necrosi.
CARCINOMA
ACINICO.
Neoplasia maligna delle ghiandole salivari nella quale si dimostra differenziazione in senso
sieroso-acinare, caratterizzata da granuli di secrezione citoplasmatici contenenti zimogeno.
Può essere presente anche differenziazione in senso duttale.
(WHO, 2005).
•
•
•
•
Prevalentemente localizzato alla parotide
Femmine: Maschi = 2:1
Picco in VII decade
Ampio range di età
Carcinoma che presenta aspetti di differenziazione verso le cellule luminali degli acini a
secrezione sierosa.
• Compare quasi esclusivamente nella parotide.
• Rari casi sono descritti nella mammella.
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• Può avere una pseudocapsula
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morfologici diversi. Ad esempio ci sono forme sclerosanti, casi con
infiltrato
infiammatorio intenso, casi con architettura simil-follicolare, ecc.
Un aspetto diagnostico importante è dato dal fatto che il carcinoma acinico presenta le
cellule a secrezione sierosa, simili alle cellule luminali degli acini parotidei (come si può
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Data la variabilità degli aspetti morfologici talvolta la diagnosi può essere difficile. In questi
casi è utile completare lo studio della neoplasie con indagini immunoistochimiche. In
particolare il carcinoma acinico è:
Positivo per:
• Citocheratina (Ck) a basso peso molecolare (ck7 ck8)
• Apocrino (focale)
• Lisozima
• Amilasi salivare
Negativo per: Marcatori di differenziazione mioepiteliali.
PROGNOSI:
La Prognosi del carcinoma acinico è, nel complesso, buona.
• Sopravvivenza a 5 anni = 82%
• Sopravvivenza a 10 anni = 67%
Tuttavia è importante ricordare la possibilità di metastasi tardive (anche dopo 20 –30
anni. Pertanto sono importanti:
• Diagnosi precoce
• Intervento chirurgico radicale
4
CARCINOMA ADENOIDOCISTICO.
Tumore basaloide caratterizzato da cellule epiteliali e mioepiteliali, organizzate in
configurazioni morfologiche variabili, che comprendono pattern di crescita tubulare,
cribriforme e solido. Ha una crescita lenta, ma progressiva, che può essere fatale
(WHO, 2005).
Il carcinoma adenoidocistico veniva chiamato, in passato: Cilindroma. Questo termine
non è corretto, pertanto non va usato nelle neoplasie delle ghiandole salivari. Il termine è
rimasto ma solo ad indicare una neoplasia benigna degli annessi cutanei che non ha nulla a
che fare con il carcinoma adenoidocistico.
Il Carcinoma adenoidocistico è una neoplasia frequente
• Colpisce prevalentemente pazienti adulti
• Maschi e Femmine in eguale misura.
• Colpisce ghiandole salivari maggiori e minori
• Il 70% insorge nelle ghiandole salivari minori e nella ghiandola sotto-linguale.
• Pertanto è Frequente nel cavo orale
Presentazione
• Nodulo di dimensioni variabili
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ALMENTENONE’ULCERATO.
• Cresce lentamente, e TARDIVAMENTE diventa ULCERATO.
Infiltra i nervi
Talvolta, soprattutto se insorge nel lobo parotideo profondo, può infiltrare il nervo facciale,
prima che sia evidente una neoformazione clinicamente rilevabile.
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oil carcinoma adenoidocistico è costituito da
1. cellule epiteliali,
2. cellule mioepiteliali,
3. cellule basali
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formulare un grading:
• Architettura Tubulare: grado I
• Architettura Cribriforme: grado II
• Architettura Solida: grado III
5
Talvolta è difficile porre la diagnosi differenziale tra carcinoma adenoidocistico e
Adenocarcinoma polimorfo di basso grado (PLGA), soprattutto se stiamo esaminando biopsie
incisionali, pre-operatorie.
La diffusa Positività per c-kit (CD117) caratteristica del carcinoma adenoidocistico è utile per
dirimere tale diagnosi differenziale.
Prognosi
• Cresce lentamente
• Possibilità di metastasi tardive
• Sopravvivenza a 5 anni = 76%
• Sopravvivenza a 12 anni = 33%
• Importanza della diagnosi precoce
In conclusione il carcinoma adenoidocistico è una Neoplasia maligna a lenta crescita, che
comporta una PROGOSI INFAUSTA A LUNGO TERMINE.
Descritta recentemente una nuova variante del carcinoma adenoidocistico:
Carcinoma adenoidocistico dedifferenziato
Questo ultimo va riconosciuto in quanto presenta Prognosi infausta a breve termine.
Il Carcinoma adenoidocistico dedifferenziato è caratterizzato dai seguenti aspetti: Crescita
solida di cellule con atipie e necrosi. Inoltre si osservano:
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• Si perde la positività per marcatori di mioepitelio
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il marcatore di proliferazione Ki67. Le cellule con nucleo marrone sono le cellule in attiva
replicazione.
6
CARCINOMA EPI - MIOEPITELIALE
Neoplasia maligna composta da da due tipi di cellule variamente aggregate tra loro. La
morfologia bifasica consiste in strutture ghiandolari rivestite da uno strato interno di cellule
epiteliali e da uno strato esterno di cellule mioepiteliali.
(WHO, 2005).
• Raro: costituisce circa 1% dei tumori delle ghiandole salivari.
• F:M = 2:1
• Età: 6-7ma decade
• Neoplasia a lenta crescita
• Interessa sia la parotide che le ghiandole salivari minori.
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epiteliali e cellule mioepiteliali. Inoltre sono descritte forme a cellule chiare, forme solide, ecc.
Per la diagnosi è importante la dimostrazione immunoistochimica delle due componenti.
• Prognosi
• Non dati certi, ci sono frequenti discordanze tra i vari lavori.
Comunque si verificano recidive locali frequenti e multiple.
Se compaiono aree dediffere
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CARCINOMA DUTTALE DELLE GHIANDOLE SALIVARI
Adenocarcinoma aggressivo che assomiglia al carcinoma duttale mammario ad alto grado
(WHO, 2005).
• Raro.
• Identificato recentemente (ultimi 15 anni).
• Colpisce prevalentemente la parotide.
• Pazienti anziani, in genere 6 –7ma decade.
• Più frequente nei maschi.
Aspetto morfologico sovrapponibile al carcinoma duttale mammario. Pertanto si riconoscono:
• Ca duttale in situ
• Ca duttale invasivo
Sia la forma in situ che invasiva va sottoposta a grading e suddivisa in Gradi: 1 –3.
•
Prevalgono le forme ad altro grado, pertanto si osservano più frequente le forme di grado 3.
Inoltre sono descritti casi:
• Micropapillari
• Mucoidi
• Endocrini
7
• Con componente sarcomatoide
In generale prevalgono le forme aggressive
Profilo immunoistochimico:
Carcinoma duttale delle Ghiandole Salivari
• Estrogeni +/• Progesterone +
• Androgeno ++
• PSA (antigene specifico prostatico) +
Carcinoma duttale della Mammella:
• Estrogeni ++
• Progesterone ++
• Androgeno +
• PSA –
Per la dagnosi differenziale con metastasi da ca. mammario:
• Vedere la componente in situ
• Laminina, coll IV, CK14
Importante per prognosi:
1. Dimensione della neoplasia alla presentazione
2. Componente in situ
3. Grado istologico
Frequente positività per c-Erb-B2, Sia in immunoistochimica che in FISH.
Attualmente la positività per c-Erb-B2 è un indicatore morfologico di aggressività, ancora non
è noto se indica una possibilità terapeutica.
Il carcinoma duttale delle ghiandole salivari: presenta recettori per Androgeni, che
potrebbero indicare una risposta a terapia anti androgeno. Un caso descritto con regressione
della malattia.
8
Chirurgia maxillo-facciale
Prof. Colella e Prof. Vicedomini.
Seconda lezione
26-04-10
Seconda parte
Questo carattere per sbobina e slide.(calibri)
Questo carattere(book antiqua) per integrazione da testo(il valletta per ascessi e flemmoni da p.54
a 61)
Neoplasie delle ghiandole salivari.
Hanno incidenza di 2,5-3 casi per 100000 all’anno. Quindi rappresentano una patologia non molto diffusa e
sono per lo più benigni.
Le neoplasie delle gh.salivari in genere si localizzano secondo una regola per cui in 10 occasioni si
localizzano alla parotide,in 1 occasione si localizza alla gh.sottomandibolare e in 1 occasione si localizza
all’interno della gh.sottolinguale.
Nell’immagine si osserva come la parotide sia stata ribaltata per rimuovere un adenoma pleomorfo e
bisognerà spostare il nervo facciale per asportare il tumore.
La parotide contiene il grosso delle neoplasie di cui l’85% è benigno.le altre percentuali sono nell’immag.
Le classificazioni sono state numerose e queste neoplasie sono divenute delle entità patologiche differenti.
Abbiamo una distinzione generica in tumori benigni e maligni connettivali e in tumori benigni e maligni
epiteliali.Inoltre ci sono anche lesioni simil tumorali. Inoltre nelle gh.salivari può esserci la localizzazione di
tumori emolinfoidi e in particolare di linfoma Hodgkin e non Hodgkin. Bisogna tener presente che nella
parotide ci sono dei linfonodi che sono intraparotidei che sono del vero parenchima ghiandolare e alle volte
è difficile distinguere se un linfoma parotideo è un linfoma primitivo, extra cutaneo o locale all’interno della
della ghiandola.
In genere questi sono i sintomi con cui si manifesta:
Il dolore non è indicatore di malignità,infatti c’è un tumore benigno che si chiama tumore di Wartin (leggesi
Wortin!)che dà dolore.
La consistenza è varia. Infatti l’adenoma pleomorfo ha una consistenza duro-ossea perché c’ è una
metaplasia ossea mentre il tumore di Wartin ,che è uno dei più comuni,è molle.
(si parla di degenerazione cistica nell’ambito di una massa benigna.)
Il prof non specifica il termine coda della ghiandola,io supponga possa trattarsi di una indicazione dulla
sede con i corrispettivi segni e sintomi. ATTENZIONE: sec il prof sul Valletta c’è indicato che l’adenoma
pleomorfo dà paralisi del nervo facciale per compressione,MA NON è ASSOLUTAMENTE VERO!!!!In quanto
la paralisi si ha per infiltrazione del nervo ,caratteristica del processo tumorale, salvo processi infiammatori
importanti che possono dare paralisi. La paralisi facciale è un segno molto molto brutto in soggetto con
massa parotidea.
Bisogna considerare nella parotide una porzione superficiale e una profonda,ma la gh. è comunque
unica,ma c’è il nervo facciale che li attraversa in mezzo per cui si distingue una porzione esofacciale,esterna
e una profonda. Ovviamente nel caso di interessamento del “lobo”(la definizione di lobi è impropria è solo
indicativa) profondo la clinica cambia ,in quanto se è interessato il “lobo”esterno non si vede niente,
mentre nel caso del lobo profondo osserviamo una dislocazione del velo pendulo,nell’imm. alla destra della
pz(some se fosse posta dinnanzi a noi).
Segni e sintomi in caso di interessamento della sottomandibolare:
Non c’è paralisi del facciale,non ci sono segni neurologici. Segni e sintomi in caso di interessamento della
gh.sottolinguale:
Le neoplasie possono essere anche a carico delle gh.salivari minori e i segni e sintomi variano in relazione
alla sede con massa mobile se localizzata a livello della guancia e massa fissa se localizzata a livello palatino.
Tumori benigni delle gh.salivari.
Adenoma Pleomorfo(un tempo definito tumore misto).
E’ la neoplasia più comune a tal punto che l’ecografista se osserva dei segnali chiari subito pone nel referto
il sospetto di adenoma pleomorfo.
Il fatto che tende a manifestarsi per lo più nella IV-VI decade non vuol dire che non possa non interessare i
bambini.
Nell’immagine si osserva un adenoma pleomorfo del palato.
(L’intervento di asportazione inizia sempre con la ricerca del nervo facciale e poi si inizia.Questa
nell’immagine è la superficie esofacciale .)
L’adenoma può presentarsi come un singolo nodulo a superficie irregolare e gozzuta e la consistenza è
dura ossea e potrebbe persino sembrare una calcolosi.
Al palato generalmente si localizza lateralmente alla linea mediana.Possiamo avere l’adenompleomorfo del
palato,del trigono retromolare,della guancia. L’adenoma del lobo profondo il prof riferisce di averlo
operato mediante accesso trans facciale,cioè intervienendo sul collo e aprendo la mandibola. L’unico
elemetno che gli ha consentito di operare è stato lo spazio prestilieno cioè ci sono i vasi nello spazio
retrostilieno,per cui i sanguinamenti sarebbero stati minimi.
Viene chiesto se è possibile distinguere alla palpazione un tumore epiteliale da un condroma o da un
fibroma.Sec il prof.il condroma è rarissimo,in tutta la sua carriera ne ha operato uno solo,il fibroma,che
coinvolge per lo più il rivestimento, risulta più superficiale mentre i tumori epiteliali vengono dalla
profondità della ghiandola. Inoltre il fibroma risulta di consistenza diversa ,può essere peduncolato e
quelli,eventualmente,del palato non sono spostabili .
Il problema dell’adenoma pleomorfo è che la capsula è sottile,incompleta e la rottura vuol dire recidiva.
Quindi il discorso della capsula si ripercuote sulla terapia. Nella trasformazione è interessata sia la
componente ghiandolare che la componente connettivale. Infatti possiamo rinvenire la cartilagine in un
tumore epiteliale.
All’istochimica si evidenzia:
Positività alla citocheratina,all’actina della cellula muscolare liscia,alla vimentina e alla proteina S-100 ,alla
GFAP(protiena acida gliofibrillare).Questa positività è legata al fatto che deriva dalle cellule staminali.
L’idea iniziale era che la componente connettivale, che si rinveniva in seno al tumore, fosse una metaplasia
delle cellule epiteliale .Ora si sa che deriva dalle cellule di riserva dei dotti che altro non sono che cellule
staminali.
Terapia:
Asportazione di tutta la neoplasia compresa la mucosa. Possono esserci degli esiti.
Il reale problema di questo tipo di neoplasia è rappresentato delle recidive. Il prof asserisce che quando si è
laureato il gold standard terapeutico era la parotidectomia totale perché si riteneva che l’adenoma
pleomorfo fosse un tumore multicentrico. In realtà non ci crede più nessuno a questa cosa.
Infatti ora si effettuano interventi di parotidectomia preneurale per i tumori superficiali ,alla sola
asportazione extracapsulare cioè si apre la capsula e si asporta il tumore da solo. Quest’ultima procedura
,se realizzata da mani esperte, mostra una frequenza di recidive bassa.
In caso di recidive il problema è la multicentricità ,se il tumore si rompe,e l’altro problema è rappresentato
dal nervo facciale con un rischio di paralisi che da 0 ,in caso di intervento del tumore primitivo,arriva al 20%
nel caso in cui si va di nuovo ad operare per asportare la recidiva a causa del tessuto cicatriziale.
Tecniche chirurgiche:in sintesi
•
Enucleazione( Tasso di recidiva 20-45%;Maggior rischio di danno al nervo facciale rispetto alla
parotidectomia Preneurale ;No radicalità oncologica )
•
Dissezione extracapsulare
•
Parotidectomia Preneurale Parziale
•
Parotidectomia Preneurale
•
Parotidectomia Totale
La rottura capsulare,quando si realizza è come se si rompesse un palloncino con della semola,con il tessuto
che si diffonde in seno alla ghiandola. Una delle cose che si potrebbe fare,data la multicentricità è la
radioterapia, ma sono numerosi i punti interrogativi che lascia. Il problema è che questo tumore non è
particolarmente radiosensibile.
TUMORE DI WARTHIN
•
•
•
•
•
•
15% dei tumori della parotide
12% bilaterale
23% multifocale
5°-6° decade di vita
1-12% recidive
Generalmente localizzato nella coda della parotide
Leverstein 1997
Nell’ambito dei tumori benigni,secondo per frequenza è il tumore di Warthin. Si tratta di un tumore che
nasce dai linfonodi con inclusioni epiteliali e non c’entra nulla con il dotto. Viene anche chiamato
cistoadenoma linfomatoso o cistoadenolinfoma(meglio non usare l’ultimo termine con i pz che potrebbero
essere spaventati dal termine linfoma!) somiglia ad un linfoma per la proliferazione dei linfociti e alle volte
il tumore si presenta bilateralmente.
TUMORE DI WARTHIN
•Typical
•Stroma poor (<30%)
•Stroma rich (>70%)
•Metaplastic
Seifert 1980
Neoplasie salivari maligne:
Il Carcinoma muco epidermoide è il primo per frequenza seguito dall’adenoide-cistico.Terze per frequenza
le metastasi(da carcinomi cutanei,tumori testa-collo,linfomi,melanoma,ma anche da sedi a distanza).
Linfoma Non Hodgkin:
Sono di basso grado e in genere si tratta di Maltomi.Possono essere a carico della parotide ma anche a
carico delle salivari minori o a partenza sistemica.
I linfomi possono essere l’evoluzione della sindrome di Sjogren(colpisce il 5% dei soggetti affetti da tale
sindrome).
La parotide è principalmente interessata nelle patologie benigne mentre le salivari minori sono interessate
per lo più da neoplasie maligne.
Le tumefazioni se sono localizzate o all’ostio mandibolare ,o alle salivari minori o a livello sublinguale
devono creare qualche perplessità.
Ci sono tumori come il muco epidermoide che in seno allo stesso tumore può essere sia di alto che di basso
grado. Di certo risulta molto più preoccupante il carcinoma muco epidermoide di alto grado in quanto ha
un alto rischio di recidiva a distanza anche di più di 10 anni,anche 15 anni. Inoltre è molto più facile che
possa attraverso la componente nervosa(in pratica infiltrando i nervi) dare metastasi a livello cerebrale e
poi anche a livello polmonare. Quindi è un tipo di tumore che va tenuto sotto controllo.
Le salivari minori,come detto prima sono
sede per lo più di neoplasie maligne e i
seguenti indicatori clinici ci guidano nella
diagnosi. Questi tipi di tumore danno
sempre tumefazione ,che si evidenzia
sempre essendo il cavo orale facilmente
accessibile per cui l’esame del cavo orale
va sempre realizzato in maniera
approfondita investigando la lingua,il
pavimento orale,i pilastri tonsillari e
abbassando la lingua si possono
osservare le tonsille e la parete posteriore del faringe in modo da osservare in maniera particolareggiata
aiutandosi anche con uno specchietto da otorino o con una fibra. Laddove c’è un ingombro dato da queste
tumefazioni,abbiamo una limitazione al flusso respiratorio con conseguente dispnea. In più abbiamo la
possibilità di avere una piccola ulcera o sanguinamento nasale.
Quindi se al di là dell’aumento di volume abbiamo anche le caratteristiche d’invasione,per cui la massa
passa dal cavo orale alle cavità nasali fino al seno mascellare e di qui verso l’orbita è opportuno cominciare
la stadi azione ed è opportuno farlo prima che arrivi l’esame istologico, procedendo con la TAC e valutiamo
le condizioni generali del paziente,in quanto non rappresenta una perdita di tempo in questo modo
valutiamo l’indice N e M della stadi azione secondo il TNM.
L’esame istologico non necessariamente si fa a seguito dell’intervento chirurgico sul pezzo
operatorio,perché in alcuni casi è opportuno fare prima una neoadiuvante ,come nel caso di un
interessamento dell’orbita e quindi l’intervento va accuratamente valutato perché potrebbe essere
necessaria anche l’asportazione dell’orbita. Spesso con radio e chemio non si ottengono buoni risultati e si
attua una chirurgia riduttiva su cui poi operare con il trattamento chemioterapico e radioterapico in
maniera inversa.
In seguito a irradiazioni date per un tumore precedente c’è il rischio che si sviluppi un nuovo tumore. E’
possibile il riscontro di vari gradi:Basso grado a crescita lenta e facilmente aggredibile e alto grado.
Carcinoma adenoido cistico:
Il fatto che le cellule neoplastiche derivino sia dai dotti che dalle cellule mio epiteliali ci ha consentito di
capire perché in seguito ad asportazione completa potesse recidivare. Quindi oltre alla chirurgia è
opportuno verificare se ha già infiltrato le strutte nervose dando già inizio all’invasione e questo è un indice
per intervenire anche con la radioterapia.
E’ un tumore che interessa per lo più le salivari minori e meno le salivari maggiori. Infatti a livello del palato
è opportuno andare cauti perché sappiamo che può trattarsi di una malignità. Bisogna prestare attenzione
in quanto anche il citologico può dare anche falsi negativi perché comunque vi è un certo margine d’errore.
E’ possibile attuare in campo operatorio un’intraoperatoria se ci troviamo di fronte ad un’incognita circa il
comportamento del tumore(se benigno o maligno).
E’ un indice per cui successivamente abbiamo delle metastasi e facilmente aggredisce anche a livello della
fossa cranica media. Un volta arrivato a livello cerebrale non è più facilmente aggredibile.
Adenocarcinoma polimorfo di basso grado:
Si decide sul come intervenire in funzione del TNM,in relazione alla stadiazione .Mai aggredire in maniera
diretta al massimos e di grosse dimensioni ma anche in quel caso è preferibile operare la stadiazione
perché le prime metastasi sono sempre a livello linfonodale.Quindi opero un esame obiettivo del collo con
palpazione delle stazioni linfonodali,faccio un’ecografia ,e anche se piccolo devo andare a verificare i settori
posteriori ad es. vado ad osservare la lingua in quanto sono possibili casi di tumore T1 con metastasi a
livello linguale(racconto del prof.Vicedomini).
Ogni qualvolta che asportiamo è opportuno l’esame istologico è indicata sin dall’inizio, per sapere da che
punto si inizia fotografare la lesione per verificare l’evoluzione,è opportuno definire la sede da cui
l’abbiamo asportato la massa e verificare le dimensioni.
In caso di grossi interventi si dispone di protesi temporanee o otturatori,senza necessità immediata di un
lembo,che può essere realizzato in seconda battuta. Ciò che preme è togliere la neoplasia e poi si fa il resto.
(Consiglio Approfondimento sul file relativo alle neoplasie maligne che ho allegato)
Ascessi e Flemmoni (Orali e periorali)
Ascessi e Flemmoni
Ascesso
Processo infettivo acuto
caratterizzato da una
raccolta di materiale
purulento in una cavità
neoformata.
Empiema
Raccolta purulenta in una cavità preesistente
Il 90% degli ascessi si localizza al cavo orale.
Ascessi e Flemmoni
Flemmone
Diffusione di flogosi
settica al tessuto
cellulare lasso di
sostegno, senza alcuna
limitazione.
L’ascesso ad un certo punto smette di essere limitato a quella regione e la seguente flogosi settica del
tessuto cellulare lasso di sostegno aggiunto al fatto che il pus corrode e che c’è una certa pressione fa sì
che il materia inizi a muoversi seguendo varie direzioni configurandosi come un flemmone.
Queste sono le varie cause di ascessi e flemmoni:
Ascessi e Flemmoni
Distretto faccia - collo
• Infezioni degli apici dentali
• Infezioni parodontali
• Riacutizzazione di processi
cronici periapicali
• Pericoronariti
• Ferite post- estrattive
• Fratture
• Implantologia
• Neoplasie
Da aggiungere anche l’osteonecrosi da bifosfonati, con mancata guarigione,apertura verso il cavo
orale,seguente infezione e ascesso.
In genere il dente e le infezioni ad esso connesso sono i principali responsabili.
ASCESSO PERIAPICALE
Sintomi : dolore, tumefazione,
febbre, malessere,
linfoadenopatia
Dati ob. : essudato (attraverso una fistola o il dente
aperto), tumefazione, sensibilità/dolore alla
percussione/palpazione
Radiologia : la stessa della parodontite apicale
cronica, inoltre, il tragitto fistoloso può essere
evidenziato fino all'apice dentario.
Sintomi:la tumefazione è interna e visibile nel cavo orale,di qui l’importanza di un adeguato esame del
cavo orale. Il dolore è legato all’interessamento delle strutture nervose. Linfoadenopatie e malessere
possono essere presenti sin dall’inizio oppure in seconda battuta.
Dati ob: essudato, rossore dolore soprattutto alla palpazione .Inizialmente può essere duro e poi diviene
fluttuante.
Inoltre a livello del cavo orale è possibile non vedere nessun dente che magari è compromesso e con la
radiografia è possibile invece verificare un eventuale interessamento al di sotto di una protesi ad es.
Ascessi e Flemmoni
Vie di diffusione
• linfatica
• venosa
• continuità
Tumefazione linfoghiandolare
Trombosi
Tumefazione - Fistola
Per continuità può esserci un interessamento di una o più logge e in quest’ultimo caso si passa da un
ascesso ad un flemmone.
In caso di tumefazione se non si opera in maniera opportuna con il passare dei giorni si ha la fistolizzazione
con fuoriuscita del materiale purulento.
Infiammazione periapicale
ACUTA
ASCESSO
PERIAPICALE
CRONICA
GRANULOMA
PERIAPICALE
DIFFUSIONE
- ematica (batteriemia,
trombosi seno cavernoso)
-ai tessuti molli
(ascesso, cellulite)
-all'osso
(osteomielite, periostite)
PENETRAZIONE
CISTI
RADICOLARE
CRONICIZZAZIONE
(ascesso cronico,
osteomielite cronica)
(fistole mucose e/o cutanee)
Fin tanto che il processo è apicale il dente oppone una barriera ma quando è superata la camera pulpare
ha poi via libera fino all’osso. Qui si organizzerà dando un ascesso con le sue diffusioni locali,poi
locoregioniali ed eventualmente se di una certa entità anche a distanza. La diffusione può essere ematica se
siamo vicini a dei vasi con trombosi,oppure all’osso con osteomieliti e periostiti.
Le parodontiti apicali di tipo purulento sono la principale causa di ascessi e flemmoni. In pratica
fino a quando il dente,anche se cariato , conserva la vitalità della polpa anche se in uno stato di
flogosi,costituisce una barriera biologica alla penetrazione dei germi in profondità grazie ai poteri
di difesa vitale. Se non si interviene in maniera opportuna il tessuto pulpare va in necrosi
settica,cessando così di esercitare la sua azione di difesa biologica e divenendo esso stesso
pabulum per i batteri che iniziano a diffondere lungo il canale radicolare e danno luogo ad una
parodontite prima sierosa e poi purulenta.La raccolta purulenta inizialmente circoscritta all’osso
spongioso periapicale,diffonde poi fino al periostio,che privato della sua vascolarizzazione per
microemboli settici provenienti dal processo infiammatorio,va in necrosi parcellare con
progressione della raccolta nei tessuti molli. La progressione avviene secondo varie direzioni(la
descrizione è di seguito).
Ascessi e Flemmoni
Localizzazione (parodontiti)
•
•
•
•
•
•
•
Sottomucosa
Sottocutanea
Loggia sottolinguale
Loggia sottomascellare
Loggia sottomentale
Spazio laterofaringeo
Fossa pterigo mandibolare
Nel momento in cui interessa le logge specie nel settore posteriore e lo spazio laterofaringeo possiamo
avere un ostruzione delle vie respiratorie importante e nello spazio laterofaringeo vi sono anche i grossi
vasi con corrosione di una facciale che di per sé già crea problemi ma mai come la corrosione di una
carotide che è una condizione di emergenza. Se si porta verso l’alto abbiamo l’interessamento dei seni
venosi con ascessi che rappresentano un’emergenza. Se va verso l’alto può riempire una cavità
neoformato oppure si può organizzare in sede sottoperiostea ma anche qui la situazione è precaria in
quanto il periostio tenderà a fistolizzare con sollevamento del periostio a seconda della direzione. Oppure
può andare verso il dente ,oppure verso il vestibolo o verso l’esterno. Per cui da sottomucosa diviene
sottocutaneo mediante la fistolizzazione.
(nb: no sottomascellare ma sottomandibolare!)
VIE DI DIFFUSIONE
Via Sottomucosa
Tumefazione iperemica e dolente della
gengiva- fornice gengivale- fluttuazione –
drenaggio in cavo orale.
Sintomatologia: tumefazione e dolenzia della
regione
Terapia:antibioticoterapia, drenaggio
chirurgico della raccolta, eliminazione della
causa.
Durante l’evoluzione del processo compare a carico della fibromucosa gengivale una tumefazione
iperemica e dolente,anche se il dolore è molto meno intenso di quando la raccolta è
sottoperiostea,di grandezza variabile,accentuata in corrispondenza del dente necrotico,che
rapidamente si estende alla mucosa lassa del fornice vestibolare,divenendo fluttuante alla
palpazione e drenandosi successivamente nel cavo orale.
Il pz comincerà ad eliminare una notevole quantità di materiale purulento ed è una cosa positiva perché
aprendosi consente il drenaggio della raccolta evitando di interessare altre regioni più importanti.
L’antibiotico terapia in genere consente di risolvere l’ascesso e ci si avvale di amoxicillina con acido
clavulanico eventualmente si passa ad un cefalosporina ma qualora fossero interessate le logge prima si fa
un antibiotica terapia ad ampio spettro poi di ottenere una raccolta di pus,in maniera sterile,si manda ad
analizzare in modo da isolare il germe responsabile ed operare una terapia mirata.
Domanda di Roberta: Se gli ascessi il più delle volte sono dovuti a batteri anaerobi perché non si
somministra il metronidazolo?Anche se vero,quando si fa il prelievo va detto al microbiologo di fare l a
ricerca degli anaerobi perché in tal caso si fanno due prelievi. Per la crescita di questi germi si usano dei
sistemi a cappa per mantenerli in anaerobiosi. Quindi è opportuno che la ricerca sia mirata in modo da
consentirne l’identificazione e il successivo antibiogramma.
Esistono anche ascessi micotici ma in genere dipendono dalle difese del paziente ma nella maggior parte
dei casi sono dovuti alla popolazione microbica predominante.In soggetti immunodepressi con ascessi di
questi tipo è necessario l’ospedalizzazione,si pensi ai pz con diabete,perchè le infezioni favoriscono
l’innalzamento della glicemia che a sua volta favorisce le infezioni creando un circolo vizioso su cui è
opportuno intervenire.
ASCESSO SOTTOMUCOSO
Ascesso localizzato a livello del palato.E’ opportuno operare sulla causa perché se viene drenato l’ascesso e
si rimanda c’è il rischio che il pz si ripresenti con lo stesso problema.
Ascesso palatino: è dovuto ad una parodontite apicale della radice palatina dei molari e premolari
superiori ed è caratterizzato da una tumefazione circoscritta ,dolente e fluttuante a carico della
mucosa palatina.
Via Sottocutanea
Direzione cutanea dell’ascesso
• Superficie mandibolare
• Regione masseterina
Sintomatologia:tumefazione cutanea iperemica –
dolente – dura – infiltrazione regioni limitrofe –
trisma
Terapia:antibioticoterapia, drenaggio chirurgico
della raccolta, eliminazione della causa.
L’ascesso evolve in direzione della cute determinando l’insorgenza nella regione interessata di una
tumefazione cutanea arrossata,dolente,inizialmente dura,infiltrata e successivamente fluttuante
alla palpazione,che può diffondere alle regioni limitrofe(geniena e cervicale).La raccolta si può
estendere verso la cute della guancia o della palpebra inferiore con vasta tumefazione geniena e
palpebrale. Il processo può diffondere anche alla regione temporale.
Il trisma( o trismo) è imputabile alla reazione antalgica , è una contrattura spastica dei muscoli della
mandibola che provoca difficoltà o impossibilità ad aprire la bocca. Tutto ciò comporta una riduzione
dell’alimentazione specie se c’è interessamento delle logge e spesso per la risoluzione è opportuno correre
in sala operatoria.Rappresenta un segno di una certa entità.
ACESSO SOTTOCUTANEO
ASCESSO PROFONDO
In caso di interessamento delle logge,pterigoidea,sottomandibolare,sottolinguale e quando sono
interessate lo logge siamo già nel flemmone perché il processo non è più localizzato. La sintomatologia è la
stessa e quanto più posteriore è l’ascesso è più facile che ci siano problemi di tipo costruttivo.
Loggia sottomandibolare
• Parete supero-mediale (m.miloioideo ed ioglosso)
• Parete laterale (branca mandibola)
• Parete infero-laterale (aponeurosi cervicale
superficiale – sottocute)
Sintomatologia:tumefazione cutanea iperemica –
dolente – dura – infiltrazione regioni limitrofe –
trisma – febbre –difficoltà deglutizione- respirazione
Terapia:antibioticoterapia, drenaggio chirurgico della
raccolta, eliminazione della causa.
La loggia è limitata(vedi slide) lateralmente dalla fossetta sottomandibolare scavata nella branca
orizzontale della mandibola mentre la parete infero-laterale è ricoperta dal muscolo platisma e
dalla cute.
La loggia sottomandibolare contiene la ghiandola sottomandibolare,i linfonodi pre e retro
ghiandolari e il ramo temporo-cervicale del VII, che va rispettato negli interventi sulla loggia e
sulla ghiandola(nonché vena facciale,linguale e nervo miloioideo,ipoglosso e linguale con ganglio
sottomandibolare).
Il pus può invadere la loggia direttamente dall’osso mandibolare a seguito di una parodontite
apicale di un molare le cui radici siano particolarmente lunghe o dalla loggia sottolinguale per
diffusione della raccolta ascessuale. All’ispezione si riscontra una tumefazione progressiva della
regione sopraioidea in sede laterale che si estende progressivamente in basso verso la regione
cervicale ed in alto verso la faccia laterale della mandibola di cui può non essere palpabile il
margine inferiore per notevole tumefazione infiammatoria dei tessuti. In corso di ascessi e
flemmoni della regione sottomandibolare è molto frequente il serramento della mandibola(trisma).
ASCESSO
SOTTOMANDIBOLARE
Questo paziente è diabetico e ha comportato grosse difficoltà di gestione legate all’infezione che causava
un aumento della glicemia,con necessità di ospedalizzazione e inizio di un’antibioticoterapia ad ampio
spettro e normalizzazione terapeutica della glicemia.
Loggia sottolinguale
•
•
•
•
Parete antero-laterale (corpo mandibola)
Parete postero-mediale (m.genioglosso ed ioglosso)
Parete superiore (pavimento orale)
Parete inferiore (m. miloioideo e genioglosso)
Sintomatologia:tumefazione iperemica sottolinguale –
sollevamento pavimento cavo orale – protusione
lingua - dolente – dura – infiltrazione regioni
limitrofe – febbre – difficoltà deglutizione.
Terapia:antibioticoterapia, drenaggio chirurgico della
raccolta, eliminazione della causa.
La loggia sottolinguale è situata tra la base della lingua posteriormente e la faccia interna della
mandibola sia anteriormente che posteriormente con quattro pareti(vedi slide).Contiene la
gh.sottolinguale,il prolungamento anteriore della gh.sottomandibolare,dotto di Warthon,nervo
linguale,vasi sublinguali e nervo ipoglosso con le sue ultime terminazioni.
Un ascesso o un flemmone originano da una parodontite apicale dei molari inferiori in quanto lo
spessore della corticale esterna della mandibola impedisce a questo livello la diffusione del pus
verso l’esterno.
A processo conclamato abbiamo all’ispezione una tumefazione arrossata e dolente a carico del
paviemento della bocca con spianamento del fornice gengivo-linguale,protrusione della lingua e
viva sintomatologia dolorosa alla masticazione e deglutizione.
Ce ne accorgiamo perché abbiamo una protrusione della lingua a cui si associa il sollevamento del
pavimento del cavo orale. Se è anteriore ,abbiamo difficoltà di deglutizione mentre se è posteriore si
associa anche il problema respiratorio da ostruzione. In alcuni casi si può usare l’ossigenoterapia iperbarica
che è un ausilio importante specie in alcuni pz che non rispondono al meglio alla terapia, si fa
antibioticoterapia e simultaneamente sedute di camera iperbarica con ossigeno puro(che costituisce una
terapia sistemica) ,in questo modo si aiuta l’antibiotico a pervenire laddove non riesce a penetrare da solo.
Angina di Ludwig
Diffusione del processo infettivo (infiltrazione flemmonosa)
facilitato da rapporti di continuità tra le logge con
tumefazione imponente della regione sopraioidea,
sollevamento del pavimento orale e della lingua che
protude tra le due arcate dentarie, intensa sintomatologia
dolorosa alla deglutizione e masticazione, difficoltà alla
respirazione (tracheotomia), febbre torpore psichico.
• Particolare virulenza del processo
(germi anaerobi)
• Ridotte difese dell’organismo
(es.:diabete)
La raccolta purulenta può invadere la regione sottomentale direttamente dall’osso per processi di
parodontite apicale di incisivi e canini o per diffusione in senso postero-anteriore di un flemmone
della loggia sottomascellare. Le logge anche se considerate separate ,in realtà mostrano rapporti di
contiguità e sono scarsamente delimitate, per cui in condizioni di particolare virulenza del
processo infettivo o di scarse difese dell’organismo,abbiamo la diffusione del processo infettivo a
tutto il pavimento orale,con un quadro clinico grave nella sintomatologia locale e
sistemica,definito ANGINA DI LUDWIG(per la definizione vedi slide).
E’ una conseguenza dell’ascesso sottolinguale(sottomentale per il testo-Valletta-). La lingua viene spinta
posteriormente con difficoltà respiratoria e il paziente va portato subito in rianimazione per fare una
tracheotomia essendo una situazione di emergenza.Sono imputabile da un lato la virulenza del processo
dall’altro le ridotte difese dell’organismo.
La sintomatologia generale mostra febbre,polso frequente e torpore psichico ma la complicanza
più temibile è l’estensione del processo posteriormente verso la laringe con insorgenza di edema
della glottide che impone una tracheotomia d’urgenza.Alcuni riconoscono a questa malattia
un’eziologia a carattere ipersettico da germi anaerobi come perfrigens,oedematicus e septicus.
Angina di Ludwig
Soggetto diabetico in cui si sono posti gli opportuni drenaggi per rimuovere il materiale purulento e in cui
vengono lasciati per evitare che si possano riformare nuovamente queste raccolte e si controllano le
raccolte.
Regione latero-faringea
•
•
•
anteriormente e medialmente (aponeurosi bucco-faringea)
lateralmente (ramo mandibola e ghiandola parotide)
posteriormente (processi trasversi vertebre cervicali e m.
prevertebrali)
Sintomatologia:tumefazione cutanea cervicale iperemica –
dura - dolore irradiato all’orecchio – infiltrazione regioni
limitrofe – trisma – febbre –difficoltà deglutizionemasticazione – torcicollo di natura antalgica.
La raccolta fluidificata può estrinsecarsi:
• all’esterno verso il margine m. sternocleidomastoideo
• lungo il fascio vascolo-nervoso del collo ad interessare il
mediastino, tromboflebite della giugulare interna e
possibile estensione al seno cavernoso, usura della carotide
ed emorragia fulminante.
Terapia:antibioticoterapia, drenaggio chirurgico della
raccolta, eliminazione della causa.
Un flemmone sottomascellare molto invasivo può interessare la regione latero-faringea [Limiti
anatomici vedi slide].La regione viene divisa dal processo stiloideo in spazio pre e retrostiloideo,
contenenti rispettivamente,muscoli pterigoidei,mascellare anteriore,nervi alveolare inferiore e
linguale e alcuni linfonodi,mentre nell’altro abbiamo la carotide interna,la v.giugulare interna,il
IX,X,XI,XII paio dei nervi cranici,la catena del simpatico e numerosi linfonodi.Per cui la raccolta
purulenta può interessare sia l’uno che l’altro spazio,con sintomatologia analoga anche se lo spazio
retrostiloideo per le importanti strutture anatomiche in esso contenute e per la sua
profondità,presenta un quadro più grave con febbre elevata,rapido decadimento delle condizioni
generali,intenso dolore irradiato all’orecchio e accentuato da masticazione e deglutizione. All’e.o.
si osserva un torcicollo di natura antalgica con rotazione e flessione dal lato ammalato e una
tumefazione cervicale di consistenza dura che solleva lo sternocleidomastoideo. All’ispezione del
cavo orale osserviamo edema del velo pendulo,tumefazione della parete laterale della faringe e
ristringimento dei pilastri palatini con tonsilla normale. In caso di fluidificazione della raccolta,che
può essere difficile da vedere,dato l’edema dei tessuti sovrastanti, le conseguenze sono o che si
estrinsechi verso l’esterno o che diffonda in profondità lungo il fascio vascolo nervoso del collo con
gravi conseguenze.(vedi slide).
(divagazione del prof:Le logge sono dei luoghi chiusi ma,essendo vicine, se si opera sulla ghiandola salivare
in esse contenuta,possono in qualche modo riuscire a comunicare perché divise da un sepimento)
Fossa pterigomandibolare
Situata tra m. pterigoideo interno e faccia interna branca
ascendente della mandibola.
Sintomatologia:tumefazione cutanea geniena
iperemica – dura - dolore irradiato all’orecchio –
infiltrazione regioni limitrofe –difficoltà
deglutizione - masticazione
Eventuale interessamento fossa temporale
Terapia:antibioticoterapia, drenaggio chirurgico
della raccolta, eliminazione della causa.
In questo caso dalla regione sottomandibolare la raccolta purulenta si muove per via ascendente
invadendo lo spazio pterigomandibolare.Prova oltre ad una lieve tumefazione geniena un
restringimento della parete laterale della faringe con difficoltà nella deglutizione. Il processo può
diffondere nella fossa infratemporale localizzandosi tra osso e muscolo e configurando, secondo
alcuni autori, uno stato di miosite purulenta del muscolo temporale. Si ha una tumefazione della
regione temporale fino al cuoio capelluto con percezione di un senso di fluttuazione in fase
avanzata.
Ascessi e Flemmoni
Localizzazione (pericoronariti)
• Disto linguo-versione
• Disto vestibolo-versione
• Mesio linguo-versione
• Mesio vestibolo-versione
Un ‘ulteriore causa di ascesso è rappresentata dalla pericoronarite che caratterizza la disodontiasi
del terzo molare,seguendo vie diverse di diffusione nelle parti molli a seconda della posizione in
cui si presenta il molare stesso. In alcuni casi è possibile la presenza di un altro dente incluso a livello del
palato come un canino ad es.
1)Disto-linguoversione:se il molare è molto distalizzato la raccolta purulenta può diffondere nello
spazio laterofaringeo e nella loggia tonsillare oppure superiormente nello spazio pterigomandibolare e di qui nella regione infratemporale con sintomatologia annessa a questi casi;
2)Disto-vestiboloversione:la raccolta si insinua nello spazio tra massetere e branca ascendente della
mandibola(ascesso sotto- e retro- masseterino).Compare precoce serramento dei mascellari;
3)Mesio-linguoversione:il versamento diffonde nel pavimento della bocca e di qui,più
raramente,nella loggia sottomascellare;
4)Mesio-vestiboloversione:il pus diffonde lungo la branca orizzontale della mandibola fra la faccia
esterna di questa e il muscolo buccinatore fino all’inserzione del quadrato del mento,a livello del
primo o secondo premolare, che gli impedisce di andare oltre. La raccolta sottocutanea(ascesso
migrante di Chompret-L’Hirondel) che si forma impone la diagnosi differenziale con la
parodontite apicale purulenta del primo e secondo premolare che si attua esercitando una
pressione sulla raccolta che in caso di pericoronarite mostra reflusso del pus fino al cappuccio
mucoso che ricopre il terzo molare e inoltre è necessario che primo e secondo premolare
presentino necrosi pulpare per dare una patologia infiammatoria acuta o cronica a carico del
parodonto apicale.
3°molare in:mesio-vestibolo versione;
in disio-vestibolo-versione
in mesio-linguo-versione; in disto-linguo-versione
In realtà non è l’ottavo di per sé che crea problemi ma si formano delle tasche in cui si raccoglie il materiale
e danno vita agli ascessi.
Terapia: (slides)
• Antibiogramma
• Antibiotici sistemici
• Antinfiammatori
• Drenaggio chirurgico
L’intera operazione si realizza in anestesia locale. Nel momento in cui si drena si opera con
strumenti affilati e appuntiti all’esterno mentre quando si penetra all’interno ci si avvale di
strumenti smussi specie laddove ci sono strutture importanti. Si può anche operare sotto guida
ecografica per realizzare l’incisione. Se la ricerca si opera nelle logge ,si fa un’incisione e con un
klemmer ci si indirizza verso quella che sembra una tasca e una volta punta il materiale comincia ad
uscire e si chiede al paziente di deglutire in modo da eliminare gran parte di ciò che viene liberato
da questa raccolta e spesso si tratta di cospicue quantità. L’esame radiografico ci consente di
valutare ciò che è possibile fare. E’ importante valutare anche l’entità delle cicatrici che vengono
lasciate in modo da poter successivamente intervenire per ridurle.
Complicanze:
I fattori che determinano complicanze nel caso di flemmoni perimascellari sono:
-particolare virulenza dei germi;
-carenza delle difese dell’organismo;
-scarsa sensibilità dei germi agli antibiotici;
Oltre ad una estesa diffusione del processo complicanze meno frequenti sono:
-Trombloflebite della vena facciale anteriore: la raccolta purulenta in regione geniena può
provocare per contiguità la tromboflebite della vena facciale anteriore con estensione alla vena
oftalmica inferiore e di qui al seno cavernoso. I segni clinici in corso di e.o. di tromboflebite della
vena facciale sono la tumefazione progressiva della guancia che si accompagna a senso di tensione
e si estende rapidamente alla palpebra inferiore. Con l’invasione della vena oftalmica inferiore e
l’insorgenza di un flemmone retrobulbare dovuto a fenomeni di periflebite,l’edema palpebrale e la
chemosi congiuntivale(o edema :Sporgenza della congiuntiva del bulbo oculare dai tessuti sottostanti,
per la presenza di una raccolta di liquido). si accentuano,con comparsa di esoftalmo e disturbi visivi da
imputare alla trombosi della vena centrale.Diventa imminente il pericolo di processo flebitico al
seno cavernoso con insorgenza di oftalmoplegia per interessamento del III,IV E VI paio dei nervi
cranici che decorrono contigui;
-Flebite del plesso pterigoideo:evenienza grave e meno appariscente dell’altra,dovuta a flemmone
retromascellare per rapporti di contiguità. Al e.o. s riscontra lieve tumefazione geniena,con sintomi
e segni propri del flemmone retromascellare. Tale flebite si complica se tramite le vene del foro
lacero anteriore,del foro spinoso e del foro ovale,si estende al seno cavernoso con disturbi oculari
connessi(edema palpebrale,esoftalmo,disturbi visivi da stasi venosa ed oftalmoplegia);
-Flebite del tronco tireo-linguo-facciale: secondaria a flebite del plesso pterigoideo e si può
estendere alla giugulare interna;
-Setticemia:per passaggio dei germi nel torrente ematico con febbre alta,tachicardia e torpore
psichico;
-Setticopiemia:con la setticemia si possono formare localizzazioni secondarie che divengono a loro
volta focolai di immissione di germi in circolo.
Infezioni facciali pediatriche
• Microbiologia
– Gram+ Aerobi/Facoltativi
• S. Aureus
• S. Epidermidis
• S. Pneumoniae
• S. Piogenes
– Gram – Aerobi/Facoltativi
• Pseudomonas Aeruginosa
• Escherichia Coli
– Gram+ Anaerobi/Facoltativi
• Peptostreptococco
• Actinomyces
• Clostridia
– Gram- Anaerobi/Facoltativi
• Haemophilus influenzae
I bambini vanno tenuti sotto controllo perché vanno valutate le difese dell’ospite e poi è opportuno
valutare tutto ciò che deve essere fatto per ridurre l’ascesso perché avere a che fare con un bambino
implica elementi diversi. E’ opportuno richiedere l’esame batteriologico,con esame colturale e
antibiogramma e tali indagini sono condotte sia in maniera generale che in modo dettagliato e specifico
laddove richiesto. Tra germi che ci possono dare complicanze ci sono Pseudomonas che può essere
rinvenuto con una certa frequenza specie a livello osseo , E.Coli, e gli anaerobi.
Linfadeniti
Forme acute
• Batteriche
Stafilococco aureo
Streptococco Beta emolitico
Infezioni facciali pediatriche
Indicazioni
all’ospedalizzazione
– Temperatura > 38.3°C
– Disidratazione
– Rischio per strutture vitali o
vie aeree
– Infezione in spazi anatomici a
gravità moderata o severa
– Necessità di anestesia
generale
– Necessità di un controllo
sistemico della malattia
Inoltre nel trattamento dei bambini bisogna tener conto dell’estrema facilità con cui vanno incontro a
disidratazione,alle difese immunitarie ridotte non solo per un ridotto sviluppo legato all’età, ma anche alle
massive cure antibiotiche a cui sono spesso sottoposti in caso di ascesso. Tutto ciò che risulta necessario
per un opportuno trattamento va realizzato nel minor tempo possibile e quanto prima.
Preferibilmente bisogna valutare la pervietà delle vie respiratorie,cosa che può essere sottovalutata dal
bambino che all’improvviso va in dispnea soprattutto la notte. Necessità talvolta di portare il bambino
direttamente in sala operatoria perché si è arrivati al limite.
Ascessi odontogeni
In caso di ascesso è opportuno comunque rimuovere la causa, che sia un dente distrutto o qualsiasi focolaio
infettivo presente nel cavo orale perché altrimenti l’ascesso si ripresenterà nuovamente.
Per il drenaggio è possibile l’utilizzo anche di un dito di guanto sterile che va posto a livello della fistola da
noi creata e va suturato in modo da creare un tramite che impedisca la chiusura dell’apertura da noi
creata,laddove non abbiamo altro da usare.
Ascesso in neutropenico
E’ un pz in cui anche una banalità,che in un altro pz della medesima età ,ma non neutropenico ,non avrebbe
dato problemi,in esso ha creato il substrato per un ascesso. Questo stato di neutropenia si può realizzare
nei cicli di chemioterapia e anche in caso di radioterapia,per cui prima di iniziare questi trattamenti è
opportuno fare la cosiddetta bonifica delle infezioni eventualmente presenti nel cavo orale(curando le carie
laddove possibile e rimuovendo gli elementi dentari su cui non si può fare nulla) perché prima il
trattamento è possibile mentre dopo no,in quanto si può rischiare anche un osteoradionecrosi. In questo
modo una volta realizzati gli interventi c’è sufficiente tempo per la guarigione e poi si inizia il ciclo di chemio
e radioterapia.
Trisma
Il trisma è un blocco muscolare,in cui è il muscolo massetere a reagire allo stress contraendosi e non si
riesce ad aprire la mandibola,impedendo la masticazione e tutte le azioni ad essa annesse come la
deglutizione.
Il bambino con trisma non riesce a mangiare,a deglutire, talvolta a bere , e bisogna forzarlo .In tal modo va
incontro a disidratazione.
Se il trisma dura al lungo si rischia di rimanere bloccati e si usano o delle stecchette poste in numero via via
maggiore in modo da forzare l’apertura del cavo orale oppure si usano degli apparecchi che usano delle
levette che una volta spinte consentono il progressivo allargamento dell’apertura buccale(il nome è
telabait,ma ho dubbi in quanto non l’ho rinvenuto su internet).S i possono usare anche i miorilassanti al
contempo.
Complicanze
• Sepsi
• Disidratazione
Terzo medio
trombosi del seno cavernoso
meningite
infezioni periorbitarie
Terzo inferiore
trisma
tumefazione
innalzamento delle lingua
ostruzione respiratoria
E’ una scala relativa alla gravità. Ci sono delle aree maggiormente a rischio,come la regione tracheale e
faringea,per ostruzioni respiratorie, oppure il mediastino o a livello cerebrale.
Infezioni facciali pediatriche
• Quando andare in sala operatoria
–
–
–
–
–
necessità di ristabilire la via aerea
gravità anatomica moderata-severa
interessamento multiplo di spazi
rapida progressione dell’infezione
necessità di anestesia generale
Le osteomieliti non sono state trattate ma il prof ha detto di vederle dalle slides!Ho trovato altre slides su
internet che credo siano più esaustive e ve le mando in allegato!
Osteomieliti
Processo infettivo dell’osso provocato da germi piogeni
• Forme acute
• Forme subacute
• Forme croniche
Osteomielite acuta
etiologia
•Stafilococco aureo
•Bacteroidi (anaerobi)
•Infezione mista
Patogenesi
Infezioni periapicali
Tasca parodontale
Pericoronarite
Fonti esterne
(Fratture esposte e balistiche)
Complicanze da radioterapia
Diffusione dell’infezione e necrosi dell’osso
•
•
•
•
Vasodilatazione ed essudato
Leucociti polimorfonucleati
Diffusione agli spazi midollari
Trombosi e tossine batteriche
Necrosi ossea
Riassorbimento dell’osso e sequestro
Pus
Riassorbimento osseo
Perforazione periostale
Fistole cutanee e mucose ( cloache)
Attivitaà osteoclastica periferica
all’osso necrotico
Sequestro osseo
Formazione di osso neoformato e riparazione
Attività osteoblastica periferica e periostale
Rivestimento completo ( cassa da morto)
Espulsione osso necrotico
Tessuto di granulazione
guarigione
CLINICA







Dolore
Gonfiore ( cute e gengiva)
Vacillamento dentario
Fistole
Serramento
Linfoadenopatia
Sintomi generali
( febbre, leucocitosi)
Diagnostica per
immagini






Alterazioni radiografiche dopo 7-10 gg
Radiotrasparenze irregolari
Margini mal definiti
Erosioni ( osso infettato da vermi)
Osso “denso” necrotico in aree radiotrasparenti
Addensamenti ossei periferici e subperiostali
Scintigrafia con leucociti marcati
Terapia
 Diagnosi batteriologica
 Antibiotici
 Drenaggio
 Asportazione sequestro
COMPLICANZE




Ipoestesia -anestesia nervo alveolare inf.
Frattura patologica
Flemmone
Setticemia
OSTEOMIELITE CRONICA
ETIOLOGIA
• Sequela di osteomielite
acuta
• Ab-inizio
FATTORI PREDISPONENTI
• Danni per radiazioni
• M. Di Paget
• Indebolimento delle difersae immunitarie (leucemie,
immunosoppressione, diabete, alcolismo)
PATOLOGIA
• Proliferazione batterica nell’osso necrotico
• Essudato purulento intermittente
• Sequestri ossei
TERAPIA
• Antibiotici
• Chirurgia
• Terapia iperbarica ( 100% O2 a 2 ATM)
OSTEOMIELITE DI GARRE
(osteomielite cronica con periostite proliferante)
Sottotipo di osteomielite cronica con una
predominante reazione Infiammatoria periostale
Osteomielite diffusa sclerotizzante
• Risposta infiammatoria delle ossa mascellari a
microrganismi a bassa virulenza
• Modificazioni istologiche compatibili con ipersensibilità
• Colpisce donne nere di media età
• Processo diffuso con sostituzione fibrosa del midollo
• dd con displasia fibrosa
OSTEOMIELITE FOCALE SCLEROTIZZANTE
•Comune
•Reazione focale dell’osso ad uno stimolo
focale di bassa entità
•In genere in corrispondenza dell’apice di un dente
affetto da pulpite da lungo tempo
Osteite condensante, osso sclerotico
osteopetrosi focale periapicale
TRAUMATOLOGIA-DENTO-MAXILLO-FACCIALE
I traumi sono la prima causa di morte nei soggetti di età inferiore a 40 anni e si stima che
oltre il 33% dei decessi da eventi traumatici potrebbero essere evitati se ci fosse una
organizzazione sistematica nella gestione di tali eventi; le sedi maggiormente interessate
dagli eventi traumatici sono gli arti inferiori (39%), il capo (23%), gli arti superiori(19%). Gli
obiettivi primari nel trattamento iniziale di un individuo traumatizzato devono essere una
valutazione accurata e rapida delle condizioni generali del soggetto e la pronta messa in
atto delle procedure di rianimazione e di stabilizzazione, in base ad un rigoroso ordine di
priorità.
•
Durante il primo trattamento del paziente traumatizzato critico si assicura la pervietà
delle vie aeree e la protezione del rachide,
•
subito dopo si valutano la volemia e lo stato cardiaco,
•
poi si fa un veloce esame neurologico valutando il livello di coscienza del soggetto,
lo stato e le reazioni pupillari.
•
A questo punto, se necessario, viene impostata una terapia anti shock, tramite un
accesso venoso periferico, e viene somministrato ossigeno, sempre tenendo sotto
osservazione le lesioni potenzialmente fatali.
•
Una volta completate queste procedure si passa ad eseguire un esame sistematico
di tutto il corpo, in maniera approfondita, valutando le condizioni della testa, del
collo, del torace, dell’addome e delle estremità, e si esegue un esame neurologico
approfondito; in questa fase si raccolgono le informazioni pertinenti il meccanismo
traumatico, si interroga il personale sanitario che ha prestato il primo soccorso e, se
possibile, si raccoglie da familiari o amici l’anamnesi sulla storia medica e
farmacologica del soggetto.
Il chirurgo maxillofacciale non partecipa alla fase del primo soccorso sul luogo del trauma,
ma interviene immediatamente dopo, non appena le condizioni del paziente siano state
stabilizzate. All’esame obiettivo della testa, del massiccio facciale e del collo devono
essere ricercati segni di contusione (edema, ematoma, ferite lacere) o di ferite penetranti
sull’intera testa, compresi la regione occipitale ed il cuoio capelluto, sulla faccia e sul collo.
Ematomi intorno all’area mastoidea (segno di Battle) possono suggerire la frattura del
temporale; mentre la presenza di ematomi palpebrali bilaterali senza edema può essere il
segno di fratture della fossa cranica anteriore.
La presenza di rinoliquorrea o di otoliquorrea indicano una comunicazione tra lo spazio
sub aracnoideo e l’esterno.
Bisogna osservare eventuali sanguinamenti o presenza di coaguli nel condotto uditivo
esterno, compatibili con fratture del basi cranio o lacerazioni associate al condilo della
mandibola.
Bisogna osservare il cavo orale alla ricerca di emorragie,
corrispondenza delle linee di frattura.
coaguli o ematomi in
Devono poi essere osservati gli occhi, valutando il diametro pupillare, devono essere
ricercate ferite penetranti, emorragie sottocongiuntivali, emorragie della camera anteriore,
emovitreo o emorragie retiniche; se il paziente è cosciente va valutata rapidamente l’acuità
visiva e l’oculomozione; nel caso di paziente non cosciente l’esame sarà limitato
all’osservazione del diametro pupillare ed al rilievo dei riflessi foto motori, la presenza di
una pupilla dilatata e non responsiva può essere dovuta ad un trauma oculare diretto o ad
una frattura dell’orbita.
Tutte le strutture scheletriche accessibili (volta cranica, fronte, cornice orbitaria, naso,
corpo ed arco zigomatico, mascellare, ramo e corpo mandibolare) devono essere palpate
alla ricerca di mobilità preternaturale o discontinuità della superficie, possibile segno di
frattura. Tutti i pazienti che hanno riportato un trauma al di sopra della clavicola sono
sospetti per la presenza di frattura cervicale.
L’esame del collo include l’esame ispettivo e la palpazione; l’assenza di deficit neurologici
non esclude lesioni del rachide, che devono sempre essere indagate radio graficamente,
tramite radiografia diretta in 2 proiezioni; qualora non si riesca a visualizzare tutte le
vertebre cervicali è necessario ricorrere ad un esame TC.
Nel caso siano presenti nel collo ferite penetranti oltre il livello del platisma queste devono
essere esplorate e valutate. In caso sospetto di lesioni profonde, tale esame deve essere
integrato da un’arteriografia e da un’endoscopia delle vie aeree e digestive superiori.
Anche le ferite del volto devono essere accuratamente esplorate, alla ricerca di corpi
estranei e per valutare eventuali lesioni di strutture sottostanti (vie lacrimali, nervo facciale,
dotti salivari, etc…).
Frattura: soluzione di continuo di un segmento osseo o interruzione del segmento osseo.
Si dividono in dirette, in cui il focolaio di frattura si trova nella sede d’azione dell’agente
traumatico, ed indirette, quando il focolaio di frattura si trova distante dal punto di
applicazione della forza traumatizzante.
Se le fratture vengono considerate in rapporto all’entità del danno scheletrico, le fratture
possono anche essere suddivise in:
•
incomplete (?parziali?) in cui il segmento osseo non è interessato a tutto spessore,
e
•
complete (?totali?), se il segmento osseo è interessato a tutto spessore; le fratture
complete possono essere distinte in
◦ semplici, se i frammenti sono 2, o
◦ comminute, se i frammenti sono numerosi; inoltre possono essere divise in
▪ composte, se i frammenti restano a mutuo contatto, e in
▪ scomposte, se si è verificata una dislocazione dei frammenti sia in senso
assiale che laterale;
Infine le fratture possono essere singole o doppie. Le fratture traumatiche si verificano
quando la forza dell’agente traumatizzante supera la normale resistenza dell’osso ed in
genere seguono le linee di debolezza dell’osso; le fratture patologiche, invece, si
verificano a carico di un osso già indebolito da processi patologici (tumori,cisti); infine le
fratture balistiche si verificano quando la forza vulnerante supera l’energia delle linee di
forza dello scheletro ed in genere sono comminute.
Fratture del mascellare
Le fratture del mascellare possono essere suddivise in parziali e totali;
•
tra le fratture parziali che non interrompono la funzione (frattura del grosso
incisivo) si classificano:
◦ la frattura del margine alveolare (associate o meno a lesioni dentarie o ad
avulsioni dell’elemento dentario),
◦ fratture della tuberosità e della volta palatina;
•
mentre le fratture totali si classificano
◦ la disgiunzione intermascellari cioè le fratture verticali e le
◦ fratture orizzontali,lungo le linee di Le Fort (I, II e III) e queste fratture possono
combinarsi tra loro.
La disgiunzione intermascellare ha sede sulla linea mediana ed è una frattura sagittale
causata da un trauma che colpisce la regione mediana della faccia; questo trauma può
essere così violento da separare in 2 parti simmetriche e divaricare le ossa mascellari, con
la lesione che va dal labbro superiore fino alla fronte; condizione spesso mortale.
Il mascellare superiore presenta delle linee di debolezza studiate da Le Fort, le fratture
traumatiche generalmente si sviluppano lungo queste linee:
•
linea I di Le Fort: decorre dal margine laterale dell’apertura piriforme, passa
lateralmente sopra la fossa canina, quindi sopra i contrafforti zigomatici, le pareti
laterali del seno mascellare, arriva fino al tuber maxillae attraverso la fessura
pterigo-mascellare fino al terzo inferiore dei processi pterigoidei; la frattura lungo
questa linea prende il nome di frattura secondo la linea I di Le Fort ed è causata da
un agente traumatico che colpisce il mascellare a livello del labbro superiore, in
corrispondenza della linea nasale, e spesso comporta anche un interessamento del
setto nasale.
•
La linea II di Le Fort decorre dal terzo medio delle ossa nasali in basso da ciascun
lato attraverso i processi frontali del mascellare superiore, le ossa lacrimali, il
margine orbitario inferiore (nella regione della sutura zigomatico-mascellare), il
forame infraorbitario, la parete del seno mascellare, il tuber maxillae, i processi
pterigoidei nel terzo medio; la frattura lungo questa linea è causata da un violento
trauma che colpisce lo scheletro facciale in corrispondenza del dorso del naso.
•
La linea III di Le Fort decorre dalla sutura fronto-nasale alle ossa nasali e lacrimali,
lungo le sottili pareti orbitali dell’etmoide, intorno al forame ottico, e il lato mediale
del margine posteriore della fessura orbitale inferiore da dove segue
contemporaneamente 2 vie: una in basso attraverso la parte superiore della faccia
posteriore del mascellare fino al terzo superiore dei processi pterigoidei, l’altra si
porta in alto attraverso la parete laterale dell’orbita, la sutura fronto-zigomatica e la
sutura temporo-zigomatica; la frattura lungo questa linea è causata da un trauma
violento in corrispondenza della glabella o della regione laterale della faccia,
provocando il cosiddetto distacco cranio-facciale, essendo interessate tutte le
suture che uniscono lo scheletro facciale alla base del cranio.
Fratture della mandibola
Nella mandibola, così come in tutte la altre ossa, vi sono dei punti di debolezza che in
caso di trauma rendono più fragile la mandibola, fornendo una certa protezione delle
strutture nobili poste più cranialmente e che pertanto, in caso trauma, vengono
maggiormente protette mediante la frattura delle strutture sottostanti (es. la frattura del
processo articolare fa si che il trauma non comporti una lesione delle strutture della fossa
cranica media). Questo tipo di fratture si classificano in parziali e totali. Le totali si
distinguono in funzione dei muscoli poiché la loro posizione condiziona lo spostamento.
Per le fratture retro dentali bisogna operare poiché se mancano i denti, i frammenti
potrebbero ritrovarsi per tutto l’arco mandibolare. Una delle diagnosi per la frattura
infrageniene consiste nel far stringere una matita tra i denti del paziente, e in tal caso la
parte fratturata risale mentre la parte intatta rimane nella sua posizione. Le fratture della
mandibola possono essere dirette ed indirette e vengono classificate in: fratture del
processo coronoide: frattura passante attraverso il processo coronoide della mandibola,
che si presenta con apertura dolorosa della bocca, limitazione dei movimenti mandibolari,
deviazione della mandibola verso il lato della frattura durante l’apertura della bocca,
trisma. Fratture del ramo della mandibola: sono poste tra l’angolo e la base del
processo coronoide, che si presentano con asimmetria facciale, limitazione dei movimenti
con apertura dolorosa della bocca, spesso associati a trisma, con possibile parestesia del
labbro e del mento per lesione del nervo alveolare inferiore. Fratture dell’angolo della
mandibola: interessano la superficie superiore del corpo della mandibola fino all’angolo
mandibolare e si presentano con asimmetria facciale,crepitazione, grave limitazione dei
movimenti di escursione mandibolare con apertura dolorosa, spesso trisma, possibile
mobilità dei denti contigui alla frattura e possibile parestesia del labbro e del mento.
Fratture del corpo della mandibola: interessano la parte della mandibola compresa tra
l’incisura antigoniale e l’area corrispondente al canino, si caratterizzano con asimmetria,
crepitazione, ecchimosi della regione vestibolare, limitazione dei movimenti mandibolari
con elevata sintomatologia algica, spesso associata a trisma, che impedisce di fatto
l’apertura mandibolare, in caso di frattura scomposta si ha slivellamento del piano
occlusale e spesso si ha lacerazione della gengiva, spesso parestesie del labbro e del
mento. Fratture della sinfisi mandibolare: sono situate tra la regione dei due canini e si
presentano con crepitazione, ecchimosi del pavimento buccale, limitazione dei movimenti
e sintomatologia algica nei tentativi di apertura della bocca, a cui spesso si associa trisma,
inoltre vi è slivellamento del piano occlusale e mobilità dei denti contigui al focolaio di
frattura. Fratture alveolari della mandibola: le fratture dento-alveolari sono fratture
parziali dell’osso alveolare che possono coinvolgere un numero variabile di denti, che
possono essere stati avulsi o sublussati. Fratture da schiacciamento della mandibola
(flail fracture): con questa definizione si intendono tutte le fratture complete o comminute
della sinfisi del ramo o dell’angolo mandibolare; data la gravità del quadro clinico possono
presentarsi con ostruzione delle vie aeree, crepitazione, ecchimosi della regione
vestibolare, grave limitazione dei movimenti mandibolari, trisma, frequentemente marcato
slivellamento del piano occlusale, inoltre si ha deviazione della mandibola (omolaterale
alla sede del focolaio di frattura), mobilità degli elementi dentari contigui al sito di frattura.
Fratture bilaterali del corpo mandibolare edentulo: interessano entrambi i lati del
corpo mandibolare in pz edentuli che molto frequentemente presentano un quadro di
grave atrofia diffusa a tutta l’arcata mandibolare, specialmente in corrispondenza del
corpo, che si presenta notevolmente assottigliato; si presentano con ostruzione delle vie
aeree, crepitazione, ecchimosi del pavimento buccale e della regione vestibolare
corrispondente, limitazione dei movimenti di apertura della bocca, trisma, spesso associati
a parestesie del labbro e del mento per lesione del fascio vascolo-nervoso alveolare
inferiore. Fratture del condilo mandibolare: costituiscono circa il 25-36% delle fratture
mandibolari; la loro frequenza è dovuta alla peculiare costituzione morfologica del collo
condilare che rende questa regione la meno resistente di tutta la mandibola.
Schematicamente possono essere classificate in base al lato in monocondilare e
bicondilare; in base alla sede in testa, collo (alte, basse), subcondilari (quando la linea di
frattura coinvolge l’incisura sigmoide); in base alle caratteristiche in monoframmentata,
pluriframmentata, composta, scomposta senza dislocazione, scomposta con dislocazione
del condilo fuori dall’alloggiamento glenoideo. Per la valutazione dell’evento traumatico e
del grado della eventuale dislocazione ossea risultano determinanti la direzione, l’energia
traumatica, la zona di impatto, l’occlusione dentale, il grado di apertura della bocca e lo
stato di tensione muscolare al momento del trauma. Per la frattura del condilo bisogna
operare partendo dallo zigomo e procedendo verso il basso. I sintomi sono: edema,
lacerazione del mento, croste ematiche del condotto uditivo, deformazione
regionale,deviazione della linea mediana verso il lato fratturato e beanza tra incisivi
superiori e inferiori. I bambini invece sono a rischio di ipoplasia mandibolare. Infatti nei
bambini uno dei rischi della frattura intracapsulare del condilo della mandibola è la
ecchimosi mandibolare , quindi il bambino non apre la bocca. Per intervenire nei bambini
si ricorre alla terapia funzionale precoce,che consiste nell’attivare la funzione del condilo
con degli attivatori,invece non è consigliabile intervenire istallando delle placche poiché ci
sarà la crescita. Se abbiamo una lacerazione della cartilagine,uno spostamento o un
blocco del condilo mandibolare si può intervenire anche chirurgicamente. L’innesto osseo
si utilizza solo in caso di neoplasie. Se il paziente è lucido e non ha deglutito corpi
estranei,si immobilizza la mandibola usando della garza e del ghiaccio in loco. La terapia
di riduzione può essere immediata quindi manuale, o tardiva ricorrendo ad una trazione
ortopedica con ferule ed elastici. Invece per la terapia di contenzione se non cruenta si
utilizzano le ferule e i fili metallici ed entro 40 giorni la mandibola ritorna funzionale e
l’unica complicanza è il dimagrimento del paziente. Mentre se è cruenta si utilizzano
placche e viti,perciò è di tipo chirurgico. Nei bambini con malformazioni cranio-facciali si
utilizzano le placche di materiale riassorbibile,spostando tutta la volta cranica;queste
scompaiono e non c’è bisogno di rioperare per rimuoverle, mentre non possono essere
usate le placche rigide in quanto non ci sarebbe l’espansione del cranio data dalla
crescita. Nelle fratture della mandibola questo tipo di placche non è molto usato. Nei
bambini poiché i denti hanno una forma diversa,non si può far passare il filo,né fare
osteosintesi con chiodi perché si va a ledere la gemma dentaria preformata che darà vita
ai denti permanenti. Nel trattamento odontoiatrico per frattura bilaterale,se c’è perdita dei
denti si utilizzano protesi e poi impianti. Gli obiettivi da raggiungere dopo una terapia
sono:un occlusione stabile,un restauro dell’apertura e dei movimenti e delle funzioni della
mandibola,evitare disordini interni dell’ ATM contro laterale e i disturbi della
crescita,ottenere il ripristino dell’estetica. La frattura del condilo mandibolare monolaterale
si può verificare per un trauma diretto sull’articolazione temporo-mandibolare (ATM) o, più
frequentemente, per un trauma indiretto sul corpo mandibolare controlaterale o sul ramo
mandibolare omolaterale; le fratture bicondilari si verificano per un trauma esercitato sulla
sinfisi mentoniera. La presenza degli elementi dentari in entrambe le arcate costituisce un
elemento di difesa dagli insulti traumatici della mandibola, specialmente se i denti, al
momento del trauma, si trovano in posizione di massima intercuspidazione; se invece al
momento del trauma la bocca è dischiusa o se mancano alcuni elementi dentali
(specialmente i denti posteriori), la forza di impatto viene trasmessa direttamente ai
condili, con maggiore possibilità di frattura e vario grado di depiazzamento condilare.
Devono inoltre essere considerate le intersezioni dei muscoli masticatori sulla mandibola
per le trazioni che esercitano sui frammenti fratturati; per es. il muscolo pterigoideo
esterno produce una trazione in avanti, medialmente ed in basso e, dato che le inserzioni
muscolari in queste fratture si trovano sulla testa del condilo , frequentemente si determina
uno spostamento o dislocazione del piccolo frammento in avanti, con sovrapposizione dei
segmenti per la trazione verso l’alto esercitata dal massetere, dal temporale e dallo
pterigoideo interno sul frammento maggiore della mandibola.
Fratture dell’osso zigomatico
Lo zigomo, per la posizione anatomica che occupa, è frequentemente esposto agli insulti
traumatici e rappresenta, dopo le ossa nasali, la parte del massiccio facciale che
maggiormente si frattura; tali lesioni oltre a poter determinare alterazioni estetiche
possono avere ripercussioni sulla funzione sia oculare che mandibolare, per cui è
indispensabile che vengano diagnosticate e trattate adeguatamente. Tra le fratture
zigomatiche distinguiamo i traumi diretti spesso associati alle fratture dell’orbita e le
fratture isolate, tipo quelle dell’arco o del corpo,che può ruotare a seconda della frattura.
La sintomatologia varia a seconda del quadro morfologico in atto e, i segni clinici a cui
bisogna fare riferimento, sono spesso mascherati dalla reazione dei tessuti molli all’insulto
traumatico, che peraltro varia in funzione del tempo trascorso dal trauma. La diagnosi di
tali fratture si basa sull’esame clinico e radiologico. Subito dopo il trauma il quadro clinico
è caratterizzato dalla prevalenza dell’edema dei tessuti molli e dalle ecchimosi che
impediscono, all’ispezione, la visione degli effetti della frattura, come l’asimmetria. Con il
miglioramento del quadro clinico e la risoluzione dell’edema si riscontra una asimmetria
della regione orbito-malare per l’infossamento o lo spostamento del pomello zigomatico
e/o dell’arco zigomatico. Nei pazienti con frattura orbito-zigomatica si può verificare
un’emorragia retro bulbare,che provoca un’ischemia dell’arteria centrale e porta alla
cecità. Quando la frattura dell’orbita lacera anche l’apice provoca un ecchimosi retro
bulbare e nel giro di 20 minuti il paziente è cieco. A distanza di 3-4 giorni dal trauma si
rileva la caratteristica emorragia sottosclerale e l’eventuale enoftalmo (per depiazzamento
del contenuto oculare nel seno mascellare), si può inoltre osservare un non corretto
allineamento della linea bipupillare; la diplopia è una complicanza abbastanza frequente
(10-40%), evidenziabile solo dopo la risoluzione dell’edema e più spesso nella visione
verso l’alto e l’esterno per la limitata funzione dei muscoli retto inferiore e piccolo obliquo,
che decorrono al di sopra del pavimento dell’orbita. Talvolta è osservabile una limitazione
dell’apertura della bocca, tale condizione è secondaria alla contusione dei capi muscolari
del massetere che si inseriscono sullo zigomo e tende a risolversi senza reliquati; talvola
l’ostacolata apertura della bocca può essere secondaria ad una interferenza che si viene a
determinare tra l’apofisi coronoide della mandibola ed il corpo del malare ruotato
medialmente, o per infossamento dell’arco zigomatico. Di fondamentale importanza nella
diagnosi clinica è la palpazione, che deve essere eseguita in modo accurato e sistematico
e sempre comparata al lato contro laterale alla lesione; si inizia dalla sutura fronto-malare
e si prosegue verso il basso, lungo la rima orbitale laterale, fino al margine interiore della
sutura maxillo-malare; nel caso vi sia spostamento dei capi ossei si può apprezzare una
discontinuità degli stessi e una intensa dolenzia al livello del focolaio di frattura. La rima
orbitaria inferiore viene palpata con l’indice e muovendosi lungo la stessa si può
evidenziare, qualcosa vi sia sovrapposizione dei monconi di frattura, il cosiddetto “segno
dello scalino”. Si prosegue quindi con la palpazione del corpo del malare e dell’arco
zigomatico e per ultimo viene palpato il pilastro maxillo-malare; un ausilio diagnostico di
fondamentale valore è dato dall’esame radiografico, che ci fornisce informazioni importanti
sia per la diagnostica, che per la strategia terapeutica. Le fratture orbito-zigomatiche, in
base all’energia della forza traumatica che le ha determinate, si possono presentare con
vari gradi di severità; tali fratture possono essere classificate in: fratture segmentali della
rima orbitaria inferiore: avvengono di norma per trauma diretto sulla cornice orbitaria,
dando luogo ad una palpabile deformità a gradino sul margine infraorbitario. Fratture
senza significativo o con minimo spostamento: tali fratture si verificano in genere in
seguito ad una forza traumatica a bassa energia. Fratture con spostamento del corpo
zigomatico: questo tipo di frattura di solito avvengono per trauma diretto sulla prominenza
del corpo dello zigomo avente una bassa energia traumatica; viene definita frattura a
tripode, in quanto interessa contemporaneamente le suture fronto-malare, maxillo-malare
e temporo-zigomatica e il malare è completamente dislocato; questa dislocazione può
avvenire senza rotazione, con rotazione laterale o con rotazione mediale. Fratture
pluriframmentarie o complesse: la forza che le causa è intensa e il vettore di
applicazione è perpendicolare sul corpo del malare, frequentemente si associano a lesioni
delle pareti orbitarie. Fratture dell’arco zigomatico associate o isolate: di norma si
verificano per trauma diretto sull’arco zigomatico, che risulta deformato verso l’interno
senza coinvolgere le pareti del seno mascellare e dell’orbita, la maggior parte dei pazienti
presenta trisma, ma non diplopia. Le fratture del pavimento dell’orbita causano il distacco
del solo pavimento e i sintomi sono:ecchimosi,edema palpabile inferiore,dolore retro
bulbare,diplopia verticale e emoseno. Per le fratture allo zigomo si può intervenire
attraverso un’incisione intra congiuntivale(più esterna) o nervo-orbitaria.
Fratture delle ossa e delle cartilagini nasali
La piramide nasale è una struttura ossea e cartilaginea di importante valore estetico e
funzionale; la sua localizzazione, in posizione centrale e sporgente, rende il naso
facilmente esposto a lesioni traumatiche, anche a causa della minima forza richiesta per
produrne la frattura. Pertanto i traumi nasali rappresentano le più comuni lesioni del
distretto maxillo-facciale ed occupano il terzo posto tra tutte le fratture del corpo umano;
sono causati principalmente da incidenti stradali, colluttazioni e traumi sportivi, e sono più
frequenti nei maschi di età compresa tra 15 e 25 anni, mentre tra le femmine l’incidenza è
maggiore dopo i 60 anni. Le fratture nasali dipendono sia dalla direzione ed intensità della
forza traumatizzante, che dalla forma e dalla natura dell’agente lesivo. Un trauma agisce
preferenzialmente in senso frontale o laterale, molto meno comunemente in senso
verticale; e dall’intensità del trauma possono derivare fratture composte, fratture
scomposte o comminute, circoscritte alla sola piramide nasale o associate ad altre ossa
del massiccio facciale o del basicranio; a seconda, poi, della forma e natura dell’agente
traumatizzante le fratture nasali possono essere chiuse o aperte. Gli eventi traumatici
possono interessare le ossa o le cartilagini nasali; in caso di un trauma laterale si avrà
spostamento dei frammenti al lato opposto del trauma, mentre in caso di traumi frontali si
potranno avere delle fratture da schiacciamento con un infossamento della piramide
nasale. Tra le fratture cartilaginee, la più frequente è la frattura della cartilagine del setto;
questa avviene di norma in senso verticale, ma la frattura può essere anche orizzontale,
su un piano parallelo alla cresta del vomere; oltre alla frattura la cartilagine del setto si può
dislocare dal solco del vomere, con spostamento della via aerea adiacente; in questo caso
determinano l’angolazione della porzione anteriore del setto con deviazione della punta
nasale . La diagnosi di frattura nasale si fa principalmente sulla valutazione del paziente
traumatizzato; un’anamnesi dettagliatamente corretta, insieme ad un esame esterno ed
interno della piramide nasale, permette di ottenere informazioni sulla modalità precisa
dell’evento traumatico, che ci consente fare una diagnosi corretta ed impostare un
trattamento adeguato. Epistassi, asimmetria, edema, ecchimosi periorbitali ed emorragia
sottocongiuntivale sono segni clinici che suggeriscono una possibile frattura. Alla
palpazione della piramide nasale è possibile apprezzare margini spigolosi, depressioni o
altre irregolarità che dovrebbero evocare un sospetto di frattura nasale, mentre mobilità o
crepitio dei segmenti ossei sono indicativi di frattura. Per una diagnosi più precisa si
richiede una radiografia latero laterale. Per le fratture alle ossa del naso la cosa più
importante è intervenire velocemente,in questo modo basta praticare solo alcune
manovre,invece con il trascorrere di alcuni giorni si deve intervenire chirurgicamente.
L’esame intranasale spesso può risultare problematico a causa dell’edema delle mucose,
ma quando possibile va eseguito per via endoscopica, in anestesia locale associata ad un
vasocostrittore, prestando particolare attenzione alle strutture settali, specie nella regione
posteriore. Gli esami ecografici eseguiti di routine non sono affidabili per fare diagnosi di
frattura nasale. Per il tamponamento nasale posteriore si utilizza un sondino naso gastrico
e i fili con la garza arrivano posteriormente alle fosse nasali,infine si tirano i fili,e questo è
associato al tamponamento nasale anteriore con compressione alle narici.