il calamaro gigante, una leggenda divenuta realtà
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il calamaro gigante, una leggenda divenuta realtà
di Alfonso Lucifredi Note - Imura T., Tomonaga M. e Yagi A. (2008). The effects of linear 1 Barbet e Fagot (2002); Benhar e Samuel (1982). perspective on relative size discrimination in chimpanzees 2 Dominguez (1954); Suganuma e coll. (2007). (Pan troglodytes) and humans (Homo sapiens). Behavioural 3 Bayne e Davis (1983); Dominguez (1954); Tudusciuc e Nieder (2010). 4 Dominguez (1954). 5 Fujita (2012); Imura, Tomonaga e Yagi (2008) 6 Parron e Fagot (2007). 7 Fujita (2012). 8 Per una discussione dell’effetto consecutivo di movimento, o 9 Processes, 77, pagg. 306-312 [http://tinyurl.com/bmq7kur] - Krall K. (1912). Denkende Tiere. Lipsia: Engelmann [http://tinyurl.com/y9zgny2] - Nieder A. (2002). Seeing more than meets the eye: processing of illusory contours in animals. Journal of Comparative Physiology A, 188, pagg. 249-260 [http://tinyurl.com/cz6hcom] - Parron C. e Fagot J. (2007). Comparison of grouping abilities illusione della cascata, si veda Vezzani (2011). in humans (Homo sapiens) and baboons (Papio papio) with the Nieder (2002). Ebbinghaus illusion. Journal of Comparative Psychology, 121, Watanabe, Nakamura e Fujita (2011, 2013). pagg. 405-411 [http://tinyurl.com/btuwua9] 10 Fujita (2012). 11 - Scott T. R. e Powell D. A. (1963). Measurement of a visual Ibidem. motion aftereffect in the rhesus monkey. Science, 140, 12 Clara e colleghi (2006). pagg. 57-59 [http://tinyurl.com/cjaygba] 13 Xiao e Güntürkün (2008). 14 - Siegel R. K. (1971). Apparent movement and real movement Siegel (1971). detection in the pigeon: Stimulus generalization. Journal of Nieder (2002). the Experimental Analysis of Behavior, 16, pagg. 189-192 15 16 Srinivasan e Dvorak (1979). [http://tinyurl.com/dy7ztlm] 17 Horridge, Zhang e O’Carrol (1992). 18 - Sovrano V. A. e Bisazza A. (2009). Perception of subjective Vezzani (2010a, 2010b). contours in fish. Perception, 38, pagg. 579–590 19 Ibidem. [http://tinyurl.com/c8ppzh6] 20 ©????? - Srinivasan M. V., Dvorak D. R. (1979). The waterfall illusion in an insect visual system. Vision Research, 19, pagg. 1435–7 Bibliografia - Barbet I. e Fagot J. (2002). Perception of the corridor illusion by 30 [http://tinyurl.com/c6dxex2] - Suganuma E. e collaboratori (2007). Perception of the baboons (Papio papio). Behavioural Brain Research, 132, pagg. Müller–Lyer illusion in capuchin monkeys (Cebus apella). 111-115 [http://tinyurl.com/cajr4js] Behavioural Brain Research, 182, pagg. 67-72 - Bayne K. A. L. e Davis R. T. (1983). Susceptibility of rhesus monkeys (Macaca mulatta) to the Ponzo illusion. Bulletin of the [http://tinyurl.com/czl8pk7] - Tudusciuc O. e Nieder A. (2010). Comparison of length Psychonomic Society, 21, pagg. 476–478 judgments and the Müller-Lyer illusion in monkeys and humans. - Benhar E. e Samuel D. (1982). 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Tutto questo pochi giorni dopo il ritrovamento, avvenuto sulle stesse spiagge, di un oarfish, in italiano regaleco o re delle aringhe, di 95 piedi di lunghezza (quasi 30 metri, a fronte di lunghezze medie di pochi metri), anch’esso presunta vittima di gigantismo causato dalle radiazioni nocive generate da Fukushima, propagatesi nell’oceano Pacifico. Grazie a reminescenze di stampo “godzilliano” la notizia è ben presto diventata virale ed è apparsa qua e là sulle pagine facebook e tra i tweets di migliaia di persone in giro per la rete. Si tratta di un classico esempio di notizia farlocca tirata su in quattro e quattr’otto: la bufala è nata da un articolo del portale satirico Lightly Braised Turnip (in nota 2 il link all’originale) l’immagine è stata creata con un fotomontaggio, peraltro piuttosto grossolano, di un altro calamaro rinvenuto a La Arena in Cantabria (in nota 3 e 4 il link all’originale), con l’immagine di una balena trovata morta in Cile nel 20115. Allo stesso modo, sono stati inventati di sana pianta anche gli esperti citati nell’articolo originale, il biologo Martin L. Grimm e la presunta manager dei parchi di Santa Monica Cynthia Beard, tutti nomi di persone mai esistite. E, per finire, nella traduzione in altre lingue e nel marasma di condivisioni, evitando qualunque conversione dal sistema anglosassone al metrico decimale, i 160 piedi sono allegramente diventati 160 metri. In questo caso non c’era nemmeno bisogno di fare grandi ricerche per svelare la bufala: era sufficiente un’osservazione più attenta dell’immagine, palesemente manipolata anche all’occhio di un non esperto, per riconoscere lo scherzo e accantonare la notizia con un sorriso. Ciononostante, l’evento in sé ha riportato l’interesse per un animale quasi sconosciuto, di grande fascino e che vale la pena di riscoprire. Tante volte le esplorazioni dedicate alla ricerca di creature misteriose e leggendarie hanno infatti ottenuto risultati deludenti. Tra yeti, bigfoot, chupacabra, mostro di Loch Ness e tanti altri, ai racconti folcloristici e a sporadici avvistamenti non sono corrisposte prove scientifiche tangibili dell’esistenza di animali così affascinanti e introvabili. Ciononostante esistono le eccezioni, soprattutto per quanto riguarda Query - numero 18 - Estate 2014 31 Il circlemaker che non ti aspetti 32 Yoji Ookata1 è un fotografo giapponese, specializzato in immagini subacquee. Scoprì il mondo sottomarino quando frequentava le scuole superiori, trasformando la sua passione in lavoro all’età di 39 anni. Ma in cinquant’anni di immersioni non aveva mai visto una cosa come quella che gli apparve2 al largo dell’isola Amami Oshima, a una profondità di circa 25 metri, nel maggio del 2007: uno strano cerchio perfettamente scavato nella sabbia, formato da più strutture concentriche, della larghezza di quasi due metri. La formazione, per certi versi simile a un cerchio nel grano, era stata subito battezzata “mystery circle”. Ma al posto di gridare “all’Ufo all’Ufo”, Ookata ha provato a risolvere il mistero. Insieme a una troupe televisiva dell’NHK è tornato sul posto, scoprendo altri cerchi sottomarini e filmando il momento della formazione di uno di questi. La soluzione del mistero è andata in onda il 9 settembre 2012 in una puntata speciale del programma di divulgazione scientifica “Darwin has come!”4. Niente UFO o astronavi sottomarine, ma qualcosa di altrettanto sorprendente: il circlemaker era un pesce palla. Nelle riprese di Ookata si vede infatti l’animale stendersi sul fondale e imprimere più e più volte la forma del suo corpo nella sabbia, per poi decorare il cerchio con conchiglie trasportate sul posto, rotte con la coda e infine sparpagliate in tutta la formazione. Un lavoro che ha richiesto quasi sei giorni di lavoro, e fatto con un preciso scopo: trovare una compagna. Gli zoologi che facevano parte della spedizione hanno notato gli ambienti oceanici, dove le scoperte sono quasi all’ordine del giorno: il censimento della vita marina, avvenuto nel decennio tra il 2000 e il 2010 (sul sito ufficiale 6 i risultati ottenuti sono resi pubblici) ha portato all’identificazione di migliaia di nuove specie marine appartenenti a tutti i grandi gruppi tassonomici. Tra le varie leggende riguardanti i mostri marini, un posto di assoluto rilievo è occupato dal calamaro gigante, spesso noto, nella sua forma più gigantesca e leggendaria, col nome di Kraken (dal norvegese krake, mostruoso, che in tedesco assume, guardacaso, il significato di “piovra”). Questo è dovuto alla sua ricorrente presenza nella cultura popolare: tante sono le leggende marinare che raccontano di lotte all’ultimo sangue con i capodogli o di attacchi a navi anche di grandi dimensioni, trascinate in fondo al mare da giganteschi tentacoli; probabilmente Omero l’aveva descritto nell’Odissea col nome di Scilla. Il calamaro gigante è anche protagonista di tanti romanzi di avventura (si scaglia contro il Nautilus in Ventimila leghe sotto i mari e Melville descrive un suo incontro col Pequod in Moby Dick, mentre Madeira e Tenerife, quando la corvetta francese Alecton avvicinò un animale, moribondo in seguito a un probabile scontro con un capodoglio, e cercò di issarlo a bordo, riuscendo a recuperarne solo la parte posteriore, lunga circa 5 metri. Leggenda vuole che il 10 maggio 1874 il vascello Brick Pearl, al largo del Golfo del Bengala, fosse assalito da un calamaro gigante, i cui tentacoli provarono a inclinare lo scafo e lottarono corpo a corpo con i marinai. Forse anche il mito, nato nel XVI secolo, del “Pesce Monaco” 7 è dovuto all’incontro con uno di questi animali nel Mare del Nord. Secondo altre testimonianze, non confermate, dopo l’affondamento del Britannia nel 1941, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, alcuni superstiti aggrappati ai bordi dello scafo di una zattera, talmente piccola da non riuscire a contenerli tutti, vennero attaccati da un calamaro gigante e uno di loro venne trascinato a fondo, mentre il luogotenente del vascello riuscì a sopravvivere, al prezzo di numerose cicatrici a forma di ventosa su una gamba. La definitiva conferma della sua esistenza si è ottenuta grazie ad una serie di esemplari spiaggiati rinvenuti negli La balena bicefala e altre duplici storie come le femmine di pesce palla fossero attirate dai cerchi: maggiore la complessità delle formazioni, maggiori la probabilità di accoppiamento. Imprimere queste complesse strutture sul fondale potrebbe inoltre costituire una strategia evolutiva: le femmine di pesce palla depongono le uova fecondate al centro dei cerchi, e il sistema di creste e canali creato con la sabbia servirebbe a proteggerle dalle correnti marine. Anche le conchiglie rotte e sparpagliate nella formazione avrebbero una funzione: non semplici decorazioni, ma cibo per i nascituri. Sofia Lincos Note 1 http://tinyurl.com/oco8ybq 2 http://tinyurl.com/n98sz2z 3 http://tinyurl.com/ome383x 4 http://tinyurl.com/na9fagn in tempi più recenti è protagonista del bestseller Tentacoli di Peter Benchley, da cui è stata tratta una miniserie televisiva) ed è apparso tante volte al cinema, non ultimo nella saga dei Pirati dei Caraibi, anche qui sotto il nome di Kraken. Alla fine della fiera però, dopo oltre 2000 anni di miti e leggende, l’osservazione diretta ha confermato quello in cui pochi credevano: l’elusivo calamaro gigante esiste davvero, e si può trovare in tutti i mari del mondo, per lo più a grandi profondità. Le osservazioni sporadiche avvenute nel corso dei secoli erano infatti poco credibili a causa di alcune probabili esagerazioni, ma a lungo andare la conoscenza sull’animale si è approfondita ed è diventato sempre più evidente che il calamaro gigante non appartiene solo al mondo delle leggende. Nella storia non mancano infatti le testimonianze di osservazioni dirette dell’animale o dei suoi resti, a partire dai numerosi spiaggiamenti avvenuti sulle coste dei mari del nord (ad esempio in Islanda nel 1639 e in Olanda nel 1661), per arrivare agli incontri con gli animali vivi: il più celebre è avvenuto il 17 novembre 1861 al largo delle Canarie, tra Ha fatto il giro del mondo la notizia1 di un insolito ritrovamento in Messico nel gennaio di quest'anno: due balene siamesi appena nate, con due teste e due code perfettamente formate ma unite all’altezza del torso. Secondo quanto riferito dagli esperti del museo di storia naturale di Los Angeles a National Geographic le due balene siamesi erano più piccole di un balenottero normale appena nato (2-3 metri contro 4 di media), ma questo può voler dire che si tratta o di un aborto o di feti nati sottopeso per via dello sforzo nella gravidanza gemellare. Al ritrovamento la balena bicefala era ancora viva ma è sopravvissuta solo poche ore: le balene siamesi non sopravvivono a lungo dopo la nascita perché hanno difficoltà a nuotare e respirare. Considerando che i cetacei nascono con la coda in avanti, e che qui di code ce n’erano ben due, non è chiaro come la madre abbia potuto partorire, né se sia sopravvissuta al parto. Non è comunque stata ritrovata. Per quanto raro, gli esperti riferiscono che non si tratta di un evento unico e che gemelli siamesi erano già stati riportati per altre specie di balena. Smentiscono anche la voce che sia colpa delle radiazioni di Fukushima. Questo non è l’unico esempio di animale bicefalo nato a cavallo del 2014: il 30 dicembre 2013 era nato un vitellino bicefalo2 in Marocco. Basta guardare sul web per vedere che l’evento di un vitellino bicefalo, al contrario di quanto accade per le balene, per quanto infrequente e per quanto bizzarro, non è poi così raro. Idem dicasi per i serpenti, le tartarughe, i gattini, i polli, gli squali, le salamandre e così via. C’è persino il caso famoso di Abigail e Brittany Hensel, le teen-ager americane gemelle siamesi con due teste e un unico corpo, con ciascuna testa che muove il braccio e la gamba della metà corrispondente del corpo. Nessun vertebrato, insomma, è immune al fenomeno. Serpenti e tartarughe sembrano sopportare abbastanza meglio degli altri lo stress dovuto alla mutazione e riescono in alcuni casi ad arrivare sino all’età adulta, mentre la mortalità neonatale degli individui bicefali tra i mammiferi sprovvisti di cure mediche sfiora il 100%. Frank e Louie tuttavia sono le due teste di un gatto siamese (di razza e di fatto) arrivato all’incredibile età di 12 anni. In realtà si tratta di due facce collegate a un cervello solo, quindi si muovono all’unisono. Frank però non ha un esofago, quindi Louie mangia per due. L’origine della bicefalia (o, più propriamente, policefalia) è la stessa dei gemelli siamesi ed è dovuta alla mancata disgiunzione di due gemelli monozigoti nelle prime fasi della vita embrionale, avviene da sempre, e non è particolarmente collegata alle radiazioni. È stato addirittura rinvenuto il fossile di un rettile del cretacico inferiore bicefalo. Il fenomeno ha però da sempre contribuito ad alimentare l’immaginario e fantasioso mondo interiore di Homo sapiens. Cerbero, il cane a tre teste, ad esempio, o l’idra di Lerna erano mostri policefali della mitologia greca. Scilla fu per gelosia trasformata dalla maga Circe in un mostro a sei teste e quattro occhi. E poi c’è naturalmente Giano Bifronte dei romani, forse ispirato a un caso di disopropia, ovvero due facce ma una testa sola, come il gatto Frank e Louie. Gli dei della mitologia indiana hanno un numero di teste nettamente superiore alla media degli altri dei: Brahma ne ha quattro, Ravana ne ha dieci, Airavata è un elefante a sette teste e così via. Poi ci sono anche i draghi a due o più teste delle mitologie nordiche e, pur non essendo una creatura leggendaria o divina, una piccola menzione la merita anche Zaphod Beeblebrox della Guida galattica per autostoppisti. La policefalia ci inquieta perché si tratta di due creature che condividono un unico corpo e, se da un lato ci desta orrore per la deformità, dall’altro siamo coscienti che si tratta di una creatura con ben due cervelli, ovvero il 100% in più della nostra materia grigia, e ci si aspetta che ci batta in scaltrezza. Considerata l’intelligenza delle balene, se la balena bicefala fosse sopravvissuta avrebbe probabilmente potuto spiegarci qualcosa, soprattutto sul perché non è una buona idea dare la caccia alle balene. Lisa Signorile Note 1 http://tinyurl.com/q3fwalv 2 http://tinyurl.com/o49orb7 Query - numero 18 - Estate 2014 33 di Marco Ferrari Nel 2012 un team composto dall’americana Edith Widder, dal neozelandese Steve O’Shea e dallo stesso Kubodera è riuscito, grazie all’utilizzo di esche luminose, a registrare un filmato dell’animale nel suo ambiente naturale (all’ indirizzo indicato in nota11 si può vedere la divertente conferenza su TED di Edith Widder in cui racconta di come siano riusciti nel loro intento). Certo, il vero calamaro gigante è molto più piccolo di quanto raccontino le leggende marinare, dove le esagerazioni sono all’ordine del giorno, e sicuramente mai uno di questi animali si sognerebbe di attaccare lo scafo di una nave, soprattutto se di grandi dimensioni. In realtà le otto specie stimate che compongono il genere Architeuthis raggiungono al massimo i 13 metri compresi i tentacoli più lunghi utilizzati per la predazione, mentre il calamaro colossale (Mesonychoteuthis hamiltoni), il più grande invertebrato conosciuto, diffuso esclusivamente nei mari del sud, può raggiungere al massimo i 14 metri totali. Un esemplare di calamaro colossale è esposto nel museo Te Papa Tongarewa, in Nuova Zelanda, mentre alcune sue immagini si possono vedere sul sito ufficiale del museo12. Perché il mistero sul calamaro gigante sia durato così a lungo è presto detto: la sua elusività è dovuta alle grandi profondità a cui vive, ed è un significativo segnale di come sia importante cercare di esplorare e conoscere al meglio la biodiversità che popola i nostri oceani. Pochi esempi possono rappresentare al meglio la nostra ignoranza in fatto di vita marina quanto un gigante rimasto nascosto per oltre due millenni. 34 ultimi decenni del Novecento (in particolare in Nuova Zelanda), dal rinvenimento di resti nello stomaco dei capodogli (che sono effettivamente loro predatori) e da tanti anni di ricerche. La massima autorità nel campo è stato, per oltre tre decenni, Clyde Roper8, zoologo americano della Smithsonian Institution esperto di cefalopodi, che ha organizzato svariate spedizioni nei mari della Nuova Zelanda alla ricerca del gigante marino, rinnovando l’interesse del grande pubblico per questo animale negli anni ’90. Le prime fotografie9 dell’animale vivo nel suo ambiente naturale sono state scattate pochi anni dopo, il 30 settembre 2004, dai ricercatori giapponesi Tsunemi Kubodera e Kyoichi Mori, a oltre 900 metri di profondità e grazie all’ausilio di esche composte da piccoli calamari e gamberetti. Nel 2005 l’acquario di Melbourne ha acquistato per 100.000 dollari australiani un esemplare intatto, conservato all’interno di un blocco di ghiaccio trovato da alcuni pescatori nelle acque neozelandesi. Nel 2006, al largo delle isole Malvinas-Falkland, un altro esemplare congelato della lunghezza di quasi 9 metri e ribattezzato Archie, è stato raccolto da un peschereccio. Inviato al Museo di Storia Naturale di Londra, dopo un meticoloso processo di scongelamento e conservazione è stato messo in mostra nel 2006 al Centro Darwin10. Note 1 http://tinyurl.com/lmvwar5 2 http://tinyurl.com/okscov9 3 http://tinyurl.com/oq3twqu 4 http://tinyurl.com/nsykwpn 5 http://tinyurl.com/nrvjpnm 6 http://www.coml.org/ 7 http://tinyurl.com/ped5pxo 8 http://tinyurl.com/p2dv3q6 9 http://tinyurl.com/pn8ro6p http://tinyurl.com/nw9eswx 10 http://tinyurl.com/q62vem5 ©????? UOMINI E TOPI (GIGANTI) L' articolo di Repubblica uscito il 10 febbraio 2014, dal titolo “Prepariamoci all’era dei supertopi. Dai roditori lo strano scherzo dell’evoluzione”1 è un po’ una raccolta di molti degli errori che i mass-media fanno quando parlano di animali o piante in evoluzione. È interessante ripercorrere i passi del pezzo, perché permettono di capire come si intrecciano conoscenze corrette (magari da fonti autorevoli) con credenze di senso comune. Non tutte le colpe, ovviamente, sono da ascrivere all’articolista, Simone Cosimi, ma in varia misura ai responsabili delle pagine e al titolista. 11 http://squid.tepapa.govt.nz/ 12 ALFONSO LUCIFREDI: Alfonso Lucifredi è un naturalista, divulgatore scientifico, scrittore e musicista genovese di origine argentina. È autore dal 2006 di mostre, laboratori e conferenze scientifiche per il Festival della Scienza di Genova e altri eventi di divulgazione. Nel 2011 ha pubblicato Pensieri. Parole. Opere. Omissioni., opera teatrale dedicata a temi quali l'ambiente, la società contemporanea e il dramma dei desaparecidos argentini. Per 5 mesi è stato responsabile itinerante della mostra del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) Agorà nel suo tour in varie località della Cina. Che specie è? Il primo problema è la (solita) confusione tra topi ‒ nel titolo e nel testo‒ e ratti ‒ nel testo. Sono due specie del tutto diverse, come ben sa chiunque abbia visto un topolino delle case (Mus musculus) e un ratto (Rattus norvegicus). Le dimensioni sono decisamente diverse (7,5-10 cm contro 25 cm) e l’aspetto anche. Il topolino domestico è più snello e il colore marrone un po’ più chiaro, orecchie e occhi sono più grandi rispetto al corpo. Ma soprattutto i topolini abitano le case, i ratti preferiscono fogne e sotterranei. Sono animali così diversi che visti l’uno accanto all’altro sono difficili da confondere: ma i media usano l’uno o l’altro termine quando e come fa comodo per il ritmo dell’articolo. 35 Alla ricerca della curiosità Il secondo punto è: “qual è la notizia”? Probabilmente è l’aumento di resistenza agli anticoagulanti, i veleni che vengono usati per combattere i roditori. Gli animali, secondo l’articolo, «sono infatti in grado di resistere ai veleni più diffusi Oltremanica». Come se fosse un fenomeno improvviso e appena avvenuto. In realtà, cercando di rintracciare la fonte, ho trovato un articolo2 del Daily Mail – che quanto ad autorevolezza è lì lì con Novella 3000 – pubblicato all’inizio dell’anno. Si dice che è in atto un’invasione di “super ratti mutanti” in occasione delle alluvioni che hanno colpito la Gran Bretagna; gli animali sono super perché resistono ai rodenticidi. Un minimo di ricerca, e di ricordi universitari (nel secolo scorso...), mi dice che la resistenza ai rodenticidi è un fenomeno studiato da decenni, il primo caso fu in Scozia nel 1958. Nessuna novità quindi, se non che un paio d’anni fa alcuni ricercatori del Rodenticide Resistance Action Group dell’università di Reading hanno fatto un’analisi dello stato delle cose3. Affermando che sarebbero necessarie altre politiche per affrontare il problema. Niente emergenza, niente invasione, niente malattie trasmesse. No, queste ci sono, ma anche in questo caso i pericoli erano ben noti. Il tutto, quindi, è ben lontano da una “scherzo dell’evoluzione” – altra frase del titolo. ? Non si tratta infatti di qualQuery - numero 18 - Estate 2014