Vespa, le scollature e le battaglie sbagliate del

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Vespa, le scollature e le battaglie sbagliate del
Vespa, le scollature e le battaglie sbagliate del vetero femminismo - Massimo Fini
pubblicato su il Gazzettino
E adesso mi tocca anche difendere Bruno Vespa. Per la verità non è la prima volta. Lo feci nel
lontano aprile del 1992, all’epoca turbinosa di Tangentopoli e di Mani Pulite, negli anni in cui
sembrava che tutto dovesse cambiare (poi qualcosa cambia, ma in peggio), quando Vespa,
allora direttore del TG1 dichiarò, con onestà intellettuale e un certo coraggio, dati di tempi, «il
mio editore di riferimento è la DC, venendo subissato da un coro di scandalizzate proteste fra
cui spiccava quello di Sandro Curzi, direttore del Tg3, che si trovava nella stessa situazione di
Vespa, solo che il suo «editore di riferimento» era il Pds.
Come probabilmente il lettore saprà, Vespa, che ha condotto le serate del Premio Campiello (è
come il prezzemolo, è ovunque, e su questo ci sarebbe semmai da ridere) ha rivolto un
complimento garbato, per nulla volgare, alla giovane e bella Silvia Avallone, vincitrice del
Campiello Opera Prima, decantandone la scollatura. Apriti cielo. La vincitrice del Campiello
senior Michela Murgia ha sentito il bisogno di dichiarare a un’agenzia stampa: «Vespa non mi è
piaciuto. Il suo comportamento verso la Avallone e i suoi apprezzamenti sono stati di cattivo
gusto. Se li avesse fatti a me avrebbe avuto la risposta che meritava».
In seguito, intervistata, ha rincarato la dose: «Quando c’è di mezzo una donna si va sempre a
parare sul corpo. Non importa la sua intelligenza, non importa se viene festeggiata perché ha
scritto un libro importante. Tutto si svilisce, si riduce alla carne. Ho sentito bene le parole di
Vespa, che ha perfino invitato la regia a inquadrare il bel decolleté di Silvia. Inqualificabile, io e
Gad Lerner abbiamo incrociato gli sguardi, sbalorditi».
Queste suorine di sinistra sono davvero insopportabili. Fanno venir simpatico persino
Berlusconi. Ma, santo cielo, possibile che non si possa più fare un complimento a una bella
donna senza essere tacciati dal più truce maschilismo? Dire a una bella donna che è bella non
significa negarne l’intelligenza, le capacità, i meriti, è solo la constatazione, ammirata, di
un’evidenza più facile che misurare l’intelligenza cosa, tra l’altro, per cui nessuno ha l’autorità
("Qui custodiet custodes?") la bellezza fa parte delle qualità di una persona, uomo o donna che
sia, e non è certamente più spregevole delle altre. Di questo vetero femminismo anni Settanta
abbiamo piene le scatole.
Qualche giorno fa sedevo a un tavolino del bar del mio quartiere. Vicino a me alcuni operai
stavano aggiustando un condotto del gas. È passata una donna minigonnata, stivalata, molto
vistosa anche se non particolarmente avvenente. Un giovane operaio ha fatto un fischio, che è
il modo popolano, in Italia, di dichiarare la propria ammirazione. La tipa si è voltata inviperita e
ha preso a male parole il ragazzo che ci è rimasto malissimo. Quando è passata davanti a me
le ho detto: «Rimpiangerà questi fischi, signora, il giorno che non glieli faranno più».
In quanto alla bella Silvia, che, a sentir la Murgia, avrebbe dovuto respingere sdegnosamente il
complimento di Vespa, ha replicato con la sottile perfidia di cui solo le donne sono capaci:
«Rispetto il punto di vista di Michela Murgia. Del resto la considero una sorella maggiore. Una
persona da cui ho molto da imparare. Soprattutto per la scrittura».
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