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Il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) 31 October 2014 Author: Elena D’Alvano Language: Italian Keywords: TTIP Transatlantic Trade and Investment Partnership USA-UE negotiations ISSN: 2281-8553 © Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie ABSTRACT In an Europe that now feels more than ever the need to change and open to the world not only from the point of view of values and friendship, but also of trade, the Italy’s EU semester duty presidency should represent «the opportunity to take a big step forward in making a Europe more globalized». The Italian prime minister himself, Matteo Renzi, in his ambitious agenda included as a crucial point the Italian commitment to accelerate the negotiations between the US and the EU for the implementation of the Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Proved the enormous relevance of the theme and in occasion of the recent conclusion of the sixth round of negotiations (29 September – 3 October 2014) this report provides a critical analysis of this agreement, which aims to create the largest free trade area in the world. For reasons of completeness and geopolitical overview, it was consider worthwhile to begin with an analysis of the sociopolitical, historical and economic causes, which have motivated the United States and Europe to bring their relationship to a higher level by the lunch of the negotiation for the fulfillment of this Treaty. Preceded by several information about the parties involved in the negotiations, in order to clarify and be as objective as possible about the numbers of the Treaty, main points of view expressed by the major Research Centers and European think-tanks and not are provided, both in favor and against the TTIP. The author then focused on its contents, trying to cover all the subjects negotiate by the Treaty and the potential effects it will have on their respective fields: labor law and social policy, agribusiness and sustainable development, Public Procurement and Intellectual Property, financial services and the Investor-State Dispute Settlement. ELENA D’ALVANO International Science and Diplomacy, University of Siena. Master in Economic Security, Geopolitics and Intelligence (SIOI). [email protected] 1. Un focus sul TTIP A partire dal luglio 2013, a Washington, tra Stati Uniti e Unione Europea si sono ufficialmente aperte le trattative sul Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Il TTIP, conosciuto anche come TAFTA (Transatlantic Free Trade Area), è un accordo economico di libero scambio e degli investimenti, che attraverso la rimozione delle barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici faciliterebbe l’acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti, creerebbe posti di lavoro e procederebbe ad una più profonda interconnessione tra le due economie più importanti1. Progettato come risposta alla crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando, trova le sue radici nel novembre del 2011, quando in occasione della riunione al vertice UE – USA, i leader delle due parti istituirono un gruppo di lavoro di alto livello sulla crescita e l’occupazione (High Level Working Group on Jobs and Growth), guidato dal rappresentante del Commercio statunitense Ron Kirk e il Commissario UE al commercio Karel De Gucht. Al gruppo fu affidata “l’individuazione di nuovi modi per rafforzare le relazioni economiche e sviluppare il suo pieno potenziale”, ivi compresa la valutazione e l’eliminazione delle barriere commerciali bilaterali esistenti2. Terminati i lavori, nel giugno 2012, nel Rapporto finale il gruppo di esperti raccomandava a entrambe le parti che fossero ufficialmente avviati i negoziati per la conclusione di un accordo globale3. 1 http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/aboutttip/index_en.htm (Commissione Europea, 30 maggio 2014). 2 EU-US Summit: Fact sheet on High-Level Working Group on Jobs and Growth, MEMO/11/843, Washington, 28 November 2011; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2011/november/tr adoc_148387.pdf. 3 Già da questo Rapporto finale possiamo ricavare le linee guida al contenuto del TTIP tra i quali: “l’eliminazione, la riduzione o la prevenzione di inutili barriere non tariffarie al commercio in tutte le categorie”, “eliminazione o riduzione delle barriere convenzionali agli scambi di merci, come tariffe”, Il TTIP è attualmente ancora in fase di negoziazione riservata tra un pugno di esperti della Commissione UE e il Ministero del Commercio USA. Entrambi, sostenendo che al fine di garantire l’esito positivo dei negoziati commerciali un certo grado di riservatezza fosse necessario, sono riusciti a mantenere strategicamente in disparte il TTIP dall’attenzione mediatica. La massima discrezione mantenuta sin dal principio ha permesso di conservare una particolare riservatezza non solo sui protagonisti effettivi della sua elaborazione, ma di mantenere segreto il testo sia al Parlamento Europeo che al Congresso statunitense. Tuttavia, grazie all’accelerazione che le trattative hanno subito negli ultimi mesi, qualche informazione relativa ai suoi protagonisti e al suo contenuto è riuscita a trapelare. 1.1 Il contesto geostrategico del TTIP La crisi economico-finanziaria ha avuto un ruolo fondamentale nel modificare il quadro geopolitico internazionale costringendo le vecchie egemonie storiche, come Europa e Stati Uniti, a mettersi in discussione con i nuovi rapporti di forza a livello internazionale. Al fenomeno della crisi, si è poi aggiunto anche quello globalizzazione, che con una nuova ridistribuzione della ricchezza, ha contribuito a provocare l’ascesa di nuovi paesi e a spostare il baricentro economico del mondo: se la Gran Bretagna era l’economia dominante nel XIX secolo e gli Stati Uniti nel XX, già a partire da quest’anno, la Cina sembrerebbe aver sottratto agli USA il primato di maggiore economia al mondo e insieme ai BRICS si prepara a detenere il “l’eliminazione, la riduzione o la prevenzione di ostacoli agli scambi di merci, servizi e investimenti”, e la “maggiore compatibilità delle normative e degli standard”, Interim Report to Leaders from the CoChairs, EU-U.S. High Level Working Group on Jobs and Growth, 19 June 2012, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/june/tradoc_ 149557.pdf. Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 3 trono di potenza globale4. L’andamento delle relazioni economiche internazionali ha aperto la strada alle nuove potenze emergenti del sud del mondo, quali Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa che continuano a crescere e a sviluppare un proprio mercato interno sottratto all’influenza statunitense, come nel caso del MERCOSUR in America Latina5. La costruzione di queste nuove aree commerciali dove la mano d’opera è a basso costo, ha avuto un enorme attrattiva per le maggiori imprese multinazionali. Se inizialmente avevano stabilito i loro impianti di produzione nei BRICS unicamente per soddisfare i mercati occidentali, attualmente sono impegnati ad appagare il fabbisogno crescente della classe media dei mercati asiatici e sudamericani, che nell’arco di un decennio hanno visto ampliare il proprio potere di acquisto. Tra i BRICS, la Cina è il principale sfidante al ruolo di egemone globale, e se pure il passaggio del testimone sembra ormai irreversibile, gli USA non sono certo ancora pronti a cedere in questa competizione. Prima della crisi finanziaria gli Stati Uniti erano il principale partner commerciale di 127 paesi nel mondo, oggi Pechino lo è diventata per 124 Stati, mentre Washington solo di 70 paesi. Entro un periodo di circa dieci anni, Pechino potrebbe fare della sua moneta, lo Yuan, l’altra grande valuta del commercio internazionale. Proprio in virtù di “contenere” la Cina, preservando cosi il ruolo del dollaro quale moneta principale degli scambi internazionali, Washington si è decisa sia a rafforzare il primato commerciale con l’Europa, creando ampissime zone egemonizzate di “libero scambio”, che a consolidare il proprio primato militare e politico. Tramite l’instaurazione in Europa di un capitalismo sul modello americano gli USA si assicurerebbero il primato commerciale, e di conseguenza anche il primato monetario. Una strategia questa, sicuramente in contrapposizione e non certo in collaborazione/cooperazione con il mondo degli emergenti6. Sul Pacifico, mentre l’occidente estende le sanzioni economiche contro la Russia, la partnership strategica tra Mosca e Pechino si va prepotentemente affermando come epicentro degli equilibri mediorientali ed asiatici. Le motivazioni di fondo vanno bel oltre Kiev, visto che la cooperazione economica tra i due paesi vale già 90 miliardi di dollari. Inoltre, dopo l’incontro a Shangai tra Putin e Xi Jinping durante il CICA (Conference on Interaction and Confidence Building Measures in Asia, 20 maggio 2014) le controparti si sono impegnate ad incrementare il commercio bilaterale a 100 miliardi di dollari entro il 2015 e 200 miliardi di dollari entro il 20207. Il riavvicinamento diplomatico è stato quindi favorito dalla crisi ucraina, che ha visto contrapporsi Occidente e Russia, ma è solo l’ultimo atto di un processo cominciato almeno nel 2013 quando, nell’allora ottobre, i due paesi raggiunsero un accordo da 85 miliardi di dollari che prevedeva la fornitura da parte della russa Rosneft di 100 milioni di tonnellate di petrolio alla Cina nei successivi dieci anni. Il tassello fondamentale del riavvicinamento tra i due paesi risale però al 21 maggio 2014, con la firma dell’accordo sul gas tra la russa Gazprom e la cinese CNCP per una fornitura trentennale di 38 miliardi di metri cubi l’anno di gas, a partire dal 2018. Per un valore di 400 miliardi di dollari in trent’anni, questo contratto cambierà gli scenari geopolitici mondiali dell’energia comportando vantaggi per entrambe le parti coinvolte: da una parte Mosca può dimostrare 4 6 N.B., La Cina prima economia al mondo. Il sorpasso sugli USA già nel 2014, “La Stampa”, 30 aprile 2014. 5 Il Mercato Comune del Sud (MERCOSUR) è composto da Argentina, Brasile, Paraguay (sospeso nel 2012), Uruguay e Venezuela. Sono inoltre Stati associati: Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador, http://www.mercosur.int/. www.istituto-geopolitica.eu Bruzzone M. G., TTIP o Ravitie? Un’alternativa di sviluppo per un EU più autonoma dagli USA, “La Stampa”, 2 agosto 2014. 7 Xuequan Mu, China, Russia pledge wide-ranging coperation, “Xinhuanet”, 20 may 2014, http://news.xinhuanet.com/english/china/201405/20/c_126525817.htm. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 4 all’occidente, compresi gli Stati Uniti, che esiste un mercato alternativo all’Europa. Dall’altra Pechino ha complicato ulteriormente il Pivot to Asia di Obama, nonché ridotto la dipendenza della Cina dal carbone statunitense. Questa relazione bilaterale, definita anche come “asse di comodo”8, sta avendo i sui effetti sul mercato finanziario provocando un aumento, di cinque volte a partire dall’inizio dell’anno, del volume delle vendite alla Borsa interbancaria valutaria di Mosca realizzate con pagamenti in Yuan9. Se il volume del commercio russocinese raggiungerà i livelli fissati durante il CICA (200 miliardi di dollari) sarebbe insensato usare il dollaro invece che le valute nazionali negli scambi. Risultano quindi giustificate le preoccupazioni degli Stati Uniti di perdere il signoraggio monetario sul resto del mondo. Agli occhi delle due potenze asiatiche, “la politica arrogante di Washington”10, dall’allargamento della NATO al rafforzamento del sistema di alleanze in Asia, dagli interventi militari in Siria e in Iraq contro le postazioni dell’ISIS, fino ai giudizi su vicende di politica interna di paesi terzi come nel caso dell’annessione della Crimea da parte di Mosca, sono manifestazione di una volontà di contenimento di Cina e Russia. E poiché queste ultime non sono oggi in grado di controbilanciare autonomamente gli atteggiamenti egemonici americani, hanno interesse a mettere a fuoco il proprio comune 8 Bobo L., Axis of Convenience: Moscow, Beijing, and the New Geopolitics, “Hardcover”, October, 2008. 9 In cifre assolute in agosto le vendite con pagamenti in yuan-rubli alla Borsa di Mosca sono ammontate ad oltre 800 milioni di dollari, il che supera di nove volte la cifra del periodo analogo dell’anno scorso. Mamičev A., Il rublo e lo yuan emarginano il dollaro, “La voce della Russia”, 29 settembre 2014, http://italian.ruvr.ru/2014_09_29/Il-rublo-e-lo-yuanemarginano-il-dollaro-7156/. 10 «Washington ha apertamente dichiarato il suo diritto di usare la forza unilateralmente ovunque nel mondo per difendere i suoi interessi». Parole pronunciate dal Ministro degli Esteri Russo Sergei Lavrov, parlando all’Assemblea generale dell’ONU. Attacchi all’Isis, Russia contro Usa «Attacchi unilaterali per interessi», “Corriere della Sera”, 27 settembre 2014. www.istituto-geopolitica.eu sentire strategico, rispetto alle pur non infrequenti diversità di vedute. Nello scacchiere globale l’Unione Europea è la più grande economia del mondo, e i suoi cinquecento milioni di abitanti dispongono di un reddito medio annuo pro capite di circa 25.000 euro. Ciò significa che l’UE è il più grande mercato del mondo e il più importante importatore di manufatti e servizi. Nonostante ciò, man mano che la crisi ha dispiegato i suoi effetti si sono evidenziati i limiti della costruzione europea, causati non solo dall’assenza di crescita economica ma anche di una solida governance a livello europeo. Di fronte all’assalto finanziario contro l’euro si è ridotta la solidarietà tra i vari Stati, e ciascun paese, concentrato sulle politiche di austerity, ha puntato alla propria salvezza. Queste spinte divergenti hanno provocato una profonda polarizzazione sociale in Europa e hanno indotto un processo di ristrutturazione industriale in cui si è rafforzata la posizione della Germania e degli altri paesi del nord, mentre si è indebolita la posizione produttiva dell’Europa meridionale. Anche sotto il profilo intergovernativo l’Unione Europea attuale è stata portatrice di visioni geopolitiche diverse e – a volte – contrapposte, ne è stato un esempio il non intervento in Siria e il recente test ucraino. Non stupisce quindi l’osservazione che “l’Europa non è mai stata considerata una realtà geopolitica ben definita”11, non solo per quanto riguarda la difficile delimitazione dei suoi confini a est e a sud, ma anche per la definizione di una sua visione del futuro e del suo ruolo come blocco unito e compatto nel mondo. Stretto nella morsa dai nuovi candidati alla leadership globale, con il partner europeo intrappolato nelle politiche basate sull’austerità e le pesanti difficoltà incontrate nella sfera militare, l’impero statunitense ha dovuto quindi elaborare una nuova ambiziosa strategia per la riconquista di una nuova egemonia globale diffusa. In questo tentativo di ricomposizione regionale il 11 Jean C., Geopolitica del ventunesimo secolo, Laterza, Bari, 2004, p. 77. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 5 TTIP, e il suo gemello asiatico il TransPacific Partnership (TPP), rientrano perfettamente nella strategia USA di blindare ampie aree di libero scambio ai prodotti e alla moneta di Pechino tramite nuovi e più profondi accordi bilaterali e regionali con l’Europa e il Pacifico; e ridare slancio ai propri interessi nei grandi mercati oceanici smantellando le residue barriere commerciali, giuridiche, politiche in vigore in Europa. Sia per Washington che per Bruxelles la firma rappresenterebbe un decisivo passo avanti per controbilanciare l’irresistibile ascesa della Cina, e portarla ad allinearsi agli standard occidentali. Il fatto che gli Stati Uniti stiano negoziando un vasto accordo di libero scambio con un gran numero di paesi delle Americhe e dell’Asia-Pacifico (TPP), da cui la Cina è però esclusa, sembra confermare che uno degli obiettivi del TTIP sia quello di contrastare la capacita produttiva di Pechino. Il blocco economico transatlantico, che rappresenta da solo quasi il 50% del PIL mondiale, secondo le aspettative atlantiche costituirebbe un polo d’attrazione irresistibile anche per le altre economie del pianeta, che sarebbero incentivate ad adeguarsi alle regole fissate dal TTIP. Al di là delle necessità geopolitiche il significato profondo del TTIP (e del TPP) è che al fine di consolidare la leadership globale USA – UE, si consegneranno le sorti del pianeta alle grandi multinazionali, non più relegate ad un ruolo di influenza e pressione esterna sulle istituzioni politiche, bensì sedute a pieno titolo e in posizione privilegiata nei tavoli di negoziazione12. 1.2 Chi porta avanti i negoziati? Per quanto riguarda le consultazioni ufficiali, la conduzione del negoziato si è svolta in maniera diversa su ciascuna delle due sponde dell’Atlantico. La delegazione USA ha schierato più di 600 consulenti delegati dalle multinazionali, i quali dispongono dell’accesso ai documenti 12 Bersani M., TTIP: l’utopia delle multinazionali, “Il granello di sabbia”, Attac Italia, n. 10, febbraio 2014. www.istituto-geopolitica.eu preparatori e ne possono così condizionare la stesura finale. Per l’UE invece il negoziato sarebbe condotto da un ristretto gruppo di lavoro (Advisory Group) composto da 14 persone, tra cui nessun italiano, e presieduto da Ignacio Garcia Bercero, capo negoziatore per conto della CE. I suoi membri sono esperti nei settori degli interessi del consumatore, del diritto del lavoro, di quello ambientale, dell’imprenditoria, manifattura, agricoltura e di quello dei servizi. Il compito del gruppo è di tipo consultativo e ha lo scopo di fornire consulenze di alto livello nelle aree di competenza e di esaminare le specifiche che potranno presentarsi nel corso dei negoziati13. L’ultimo round negoziale, il quinto tenutosi ad Arlington in Virginia (19 – 23 maggio), si è svolto sotto la guida di Ignacio Garcia Bercero per l’UE, e del Capo negoziatore statunitense Dan Mullaney. In base a quanto riportato dal Memorandum della Commissione Europea, al fine di consolidare il loro “continuo impegno a sentire la più vasta gamma di interessi possibili, durante i colloqui si sono svolti incontri con organizzazioni non governative, associazioni di consumatori, sindacati, organizzazioni professionali, imprese e altre organizzazioni della società civile per aggiornarli sullo stato dei negoziati e ascoltare le loro opinioni sulle trattative”14. Passando alle negoziazioni ufficiose invece, alcune ricostruzioni del Corporate Europe Observatory (CEO) affermano che fino ad aprile 2013 si sono tenuti 130 incontri nella direzione del Commercio UE sul tema, di cui almeno 119 erano con imprese o lobbisti, e solo il restante con i sindacati e i 13 Transatlantic Trade and Investment Partnership Stakeholder Advisory Group (E02988), http://ec.europa.eu/transparency/regexpert/index.cfm?d o=groupDetail.groupDetailPDF&groupID=2988. 14 Memorandum, EU-US trade talks – 5th round to start in the US on 19 May, http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=10 61. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 6 gruppi di consumatori15. Scorrendo la lista non è difficile individuare tra i promotori di questa iniziativa le grandi multinazionali, che da decenni esercitano una fortissima influenza sugli organismi regolatori del mercato europeo16. Tra i principali ospiti troviamo la Business Coalition for Transatlantic Trade (BCTT)17, il principale gruppo finanziario statunitense che opera per indirizzare le trattative del TTIP, la European Automobile Manufacturers’ Association (ACEA, ogni 9 incontri), la Business Europe e la Digital Europe. Si aggiungono poi la European Services Forum, la Transatlantic Business Council (precedentemente conosciuta come Transatlantic Business Dialogue, TABD) e la Fertilizer Europe che riunisce le più grandi industrie di fertilizzanti chimici in Europa. La Commissione ha incontrato anche esponenti di case automobilistiche come la Ford, Nigel Wicks, British Banker Associations, European Aeronautic Defence and Space Company. Nella Commissione le lobby hanno condizionato ogni settore, compresi l’industria delle armi, delle banche, della tecnologia medica, alimentare, farmaceutica e chimica. Anche per le questioni sul cambiamento climatico e sulle emissioni di CO2 i gruppi con cui pianificare le strategie sono stati la Industry Association for 15 Corporate Europe Observatory (CEO), European Commission preparing for EU-US trade talks: 119 meetings with industry lobbyists, 4 September 2013, http://corporateeurope.org/trade/2013/09/europeancommission-preparing-eu-us-trade-talks-119-meetingsindustry-lobbyists. 16 List of meeting stakeholders (1 January 2012 – 19 April 2013), http://www.asktheeu.org/en/request/473/response/2049 /attach/4/List%20of%20meetings%20with%20stakehol ders.pdf. 17 Nel consiglio direttivo dell’associazione sono direttamente presenti aziende come Amway, Chrysler, Citi, Dow Chemical, FedEx, Ford, General Electrics, IBM, Intel, Johnson & Johnson, JP Morgan Chase, Lilly, MetLife e UPS, alla quale si affiancano numerose associazioni che coprono ogni ambito di ciascuno dei tre settori economici. È sufficiente una rapida occhiata alla sezione “resources” del sito web per capire il pieno sostegno della BCTT al TTIP. http://www.transatlantictrade.org/faqs/. www.istituto-geopolitica.eu Chemical (VCI) o quella del ferro Eurofer, o del cemento Cembureau. Ciò significa che, non solo oltre il 93% delle riunioni della Commissione durante i preparativi dei negoziati si sono svolte con i grandi portatori di interessi, ma è anche evidente che, oltre alle riunioni di dialogo con la società civile riportati sul sito web della DG Trade, esiste un mondo parallelo composto da un gran numero di incontri intimi con i grandi lobbisti aziendali, che si è svolto a porte chiuse e che non sono stati comunicati online. Queste considerazioni aprono la strada ad un’altra: tali incontri si sono svolti prima dell’apertura ufficiale dei negoziati e ciò potrebbe implicare che in parte le consultazioni con la società civile siano state delle mere sessioni informative. 1.3 Il trattato dei “grandi” numeri: gli studi dei think tank Da molti definito come “la NATO del commercio” il TTIP mirerebbe a creare la più consistente area di libero scambio mai tentata sul pianeta che raccoglierebbe in un’unica via il 40% del commercio globale e circa il 60% del prodotto interno lordo mondiale. Secondo le rosee previsioni di Karel De Grucht «[…] per l’Europa gli effetti positivi dell’accordo potrebbero aggirarsi tra lo 0,5 e l’1% del PIL, il che significa centinaia di migliaia di posti di lavoro […]»18. Si parlerebbe di raggiungere per il 2027, 119 miliardi di euro l’anno di PIL per l’Europa, 130 miliardi di dollari per gli Stati Uniti e di due milioni di posti di lavoro, cioè 545 euro in più l’anno per ogni famiglia di quattro persone in Europa, e 901 dollari negli Stati Uniti19. A detta dei sostenitori del TTIP, si 18 De Gucht, K. A European Perspective on Transatlantic Free Trade, intervento 13/178, European Conference – Harvard Kennedy School, 2 Marzo 2013. http://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-13178_en.htm. 19 La fonte è una “ricerca indipendente” citata più volte e commissionata dalla stessa Commissione Europea: Francois F., Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment - An Economic Assessment, “Centre for Economic Policy Research” (Cepr), London, March 2013, p. 7. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 7 tratterebbe di una svolta che consentirebbe non solo all’Europa e agli USA di lasciarsi la crisi alle spalle attraverso un aumento della crescita, dell’occupazione e delle esportazioni, ma creerebbe a livello globale una nuova apertura economica derivante dall’ “armonizzazione” della burocrazia e dei controlli. Giungono alle stesse conclusioni della Commissione Europea anche i quattro maggiori studi “ufficiali” che hanno finora predisposto i toni del dibattito pubblico in Europa: quello del Cepr, quello dell’Ecorys20, quello del Cepii21 e quello di Bertelsmann Stiftung22, i quali suggeriscono che l’accordo porterebbe numerosi benefici all’UE. A giudicare positivamente il trattato vi è anche uno studio commissionato a Prometeia dal Ministero dello Sviluppo Economico italiano, il quale se pur a favore dell’accordo, sottolinea che i benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero dopo tre anni dall’entrata in vigore dello stesso, in una misura compresa tra lo zero e lo 0,5% di PIL nello scenario più ottimistico. Queste stime, proiettate al 2027, vengono tuttavia ridimensionate dalla stessa Commissione Europea, che parla invece per l’Europa di un tasso di crescita più realistico del PIL dello 0,1%23, e dato che si otterrebbe, nella migliore delle ipotesi in un arco di dieci anni, molti economisti lo hanno già liquidato come “insignificante”24. 20 Plaisier N., Mulder A., Vermeulen J., Berden K., Study on “EU-US High Level Working Group”, “Ecorys”, Rotterdam, 22 october 2012; Fontagné L., Gourdon J. & Jean S., Transatlantic Trade: Whither Partnership, Which Economic Consequences? 21 CEPII (Centre d’Etudes Prospectives et Informations Internationales), Paris, September, n.1, 2013. 22 Felbermayr G., Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Who benefits from a free trade deal?, “Bertelsmann Stiftung”, Gütersloh, 2013. 23 European Commision, Commission Staff Working Document – Impact Assessment Report on the future of EU-US Trade Realtions, Strasbourg, 12 march 2013, p. 32, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/trado c_150759.pdf. 24 Clive G., What’s really driving the EU-US trade deal?, 8 July 2013, www.istituto-geopolitica.eu Eppure, l’impatto socio-economico e ambientale connesso a tali vantaggi economici insignificanti potrebbe essere catastrofico. Sulla base di tali risultati, a sollevare un’obbiezione metodologica vi è l’Unità di Valutazione d’impatto del Parlamento Europeo, il quale ha criticato la metodologia degli studi della Commissione sostenendo che: «l’Impact Assessment contiene una notevole quantità di dati, specialmente – se non esclusivamente – sui benefici dell’area di libero scambio, ma questi non sono accompagnati da un’informazione qualitativamente sufficiente, che consente al lettore di capire come tali risultati sono stati ottenuti, e non contiene neppure un’adeguata valutazione dei rischi o degli inconvenienti»25. Dello stesso parere è l’analisi recente sul TTIP realizzata nel marzo 2014 dall’Öfse, uno dei più autorevoli centri di ricerca austriaci. Secondo il paper viennese tutti gli studi pro-TTIP presentano gravi omissioni ed errori metodologici che enfatizzano i presunti benefici dell’accordo, ignorandone invece i rischi: ne è un esempio la possibilità che, durante il periodo di transizione a causa della riorganizzazione dei mercati del lavoro nazionali, potrebbe esserci un aumento significativo della disoccupazione anche a lungo termine26. Quindi, al di là di quanto riportato sulle pagine informative del sito della Commissione Europea e dagli studi per lo più da essa commissionati, che si limitano a http://www.opendemocracy.net/ourkingdom/clivegeorge/whats-really-driving-eu-us-trade-deal. 25 European Parliament Impact Assessment Unit (2013). Initial appraisal of a European commission Impact Assessment. European Commission proposal to authorise the opening of negotiations on a Transatlantic Trade and Investment Partnership between the European Union and United States of America, April 2013, p. 8 http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/note/joi n/2013/507504/IPOL-JOIN_NT(2013)507504_EN.pdf. 26 Raza W., Assess: TTIP: Assessing the Claimed Benefits of the Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), “OFSE –Austrian Fondation for Development Reserch”, Vienna, 31 march 2014, p. 4. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 8 quantificare gli effetti diretti e nessuno degli effetti collaterali, il vero volto del TTIP sembrerebbe essere molto più di un semplice trattato commerciale di libero scambio. Dietro le promesse di maggiori scambi commerciali e di posti di lavoro esso tenderà a concentrare un sempre maggiore potere economico nelle mani di una ristretta élite atlantica composta dalle più potenti multinazionali economiche e finanziarie, sovvertirà le normative di tutela sociale e ambientale e trasferirà i diritti legali dai cittadini alle imprese. Ad essere sacrificati, in nome del cambiamento, saranno quindi quelle conquiste legislative frutto di battaglie in difesa dei diritti sociali, lavorativi, sanitari ed ambientali nonché lo stesso concetto di democrazia. La posta in gioco va ben al di là delle tariffe e dei dazi doganali tra USA e UE, che tra l’altro sono già abbastanza basse (tra il 3% e il 4%), ma il TTIP andrebbe ad eliminare quelle normative sociali e ambientali vigenti in Europa che tutelano i consumatori, i lavoratori e l’ambiente, e che oggi costituiscono un ostacolo ai grandi gruppi. Nel mirino del TTIP rientrerebbero quindi, anche le “barriere non tariffarie” (BNT) che consentono di mantenere standard di sicurezza e di qualità in grado di garantire la tutela del cittadino europeo27. Rimuoverle, significherebbe eliminare quei divieti di importazione e quelle tasse specifiche che rendono difficili gli scambi economici, ma aprire le porte a prodotti non sicuri come la “carne agli ormoni”, gli OGM, la presenza di sostanze tossiche nei giocattoli e ai residui di pesticidi nel cibo. 2. Il mega trattato “strutturale” 2.1 Le riforme del lavoro e le politiche sociali fanno spazio agli investimenti Nella lista delle “barriere non tariffarie” identificate come ostacolo ai flussi degli scambi commerciali transatlantici, rientra 27 Di Sisto M., In arrivo il TTIP, la NATO del commercio, “Sbilanciamo l’Europa”, n.1, 24 maggio 2014, www.sbilanciamoci.info. www.istituto-geopolitica.eu anche la legislazione europea sul lavoro28. Lo stesso diritto del lavoro può subire un peggioramento dall’armonizzazione di norme e regolamenti tra Europa e USA. Gli Stati Uniti, hanno ratificato soltanto 14 delle 190 Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), registrando un livello di promozione di questi diritti tra i più bassi del mondo e hanno ratificato soltanto due delle otto convenzioni fondamentali che si occupano di lavoro forzato, lavoro minorile, libertà di associazione e discriminazione. Non hanno ratificato, per di più, la convenzione 87 fondamentale per assicurare la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, e la 98 sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva. Questo rende il loro costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini economici, anche se più irresponsabile. Potrebbe non essere remota la possibilità che il TTIP può servire allo scopo di riformare il diritto del lavoro europeo in linea con quello USA, e per avere un’idea di quanto questa prospettiva sia concreta è sufficiente citare le dichiarazioni ufficiali della Commissione Europea che afferma: «[…] la legislazione del lavoro in Europa deve evolversi per scongiurare il rischio di una diminuzione degli investimenti americani sul suolo europeo e che questi vengano deviati verso altre parti del mondo[…]»29. Alla luce di queste tendenze potrebbero affacciarsi sulle sponde europee dell’Atlantico normative analoghe al Rights to Works, che ribattezzato dalle organizzazioni sindacali statunitensi come l’Anti-Unions Act, ha sistematicamente ridotto la libertà 28 Ecorys (2012). ANNEXES – Non-tariff measures in EU-US trade and investment – An economic analysis. Final Report, The Netherlands, 11 December 2009, p. 45. 29 European Commission (2013). Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations. SWD (2013), Strasbourg, 12 March 2013, p. 52, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/trado c_150759.pdf. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 9 d’associazione per i lavoratori30. Una normativa di questo tipo verrebbe ad alimentare una concorrenza sempre più acuta ed al ribasso fra i lavoratori dei loro diritti e delle loro retribuzioni. In questo contesto poi, non si può non tener conto dei costi di adeguamento. La stessa Commissione Europea nel suo Impact Assessment Report prevede che vi saranno «rilevanti e prolungati costi di adeguamento» e che, come risultato degli scambi commerciali con gli USA, vi sarà «uno shock iniziale che porterà alla ristrutturazione dei settori interessati»31. In altri termini, anche se la mano d’opera fosse libera di spostarsi dove la domanda è in crescita, ci saranno altri settori che espelleranno lavoratori il cui reimpiego nei settori in espansione non è automatico, soprattutto a causa di possibili incompatibilità tra le qualifiche e le necessità di riqualificazione32. Intere regioni dell’UE potrebbero correre il rischio di assumersi l’onere dei costi sociali del progetto transatlantico, con il risultato di aggravare il divario tra i paesi ricchi e quelli poveri dell’Europa. Un previsione del possibile impatto del TTIP sulla ricchezza e l’occupazione può essere ricavata dall’esperienza del NAFTA (North-American Free Trade Agreement). Il NAFTA è la versione nordamericana del TTIP, infatti esso ha creato nel 1994 un’area di libero scambio tra Canada, Stati Uniti e Messico. Al momento del suo lancio il Presidente Clinton promise come risultato dell’incremento del commercio tra Canada e Messico la creazione di un milione di posti di lavoro, ma a vent’anni dalla sua entrata in vigore se pur da un lato l’interscambio commerciale soprattutto – nella fase iniziale – è cresciuto, dall’altro rimangono molte perplessità nei confronti della dimensione sociale. Il NAFTA infatti, mancando la tutela della libertà di associazione e di contrattazione collettiva, ha generato un’attrazione dei flussi di investimenti nelle zone a basso costo del lavoro come il Messico. La presenza di un paese privo di livelli minimi di protezione sociale ha creato quindi una competizione al ribasso che ha provocato un trasferimento di impeghi e di produzione dalle zone avanzate Stati Uniti – Canada, a zone meno protette e caratterizzate da costi minori come il Messico. Tale fenomeno di concorrenza sleale, se da un lato ha avvantaggiato economicamente il Messico, dall’altro ha visto la scomparsa delle attività economiche tradizionali. Non solo, per non scoraggiare i flussi degli investimenti stranieri, il Messico ha peggiorato i sui standard di tutela del lavoro con condizioni prossime alla schiavitù. Stati Uniti e Canada invece, non potendo abbassare i propri standard di lavoro per poter arrestare l’occupazione, hanno visto le proprie fabbriche chiudere e delocalizzarsi in Messico con i conseguenti tagli salariali, incremento della disoccupazione e stagnazione dei redditi. In particolar modo per il Canada, la concorrenza con gli Stati Uniti ha eroso gli investimenti sociali nella spesa pubblica per l’istruzione, l’assistenza sanitaria, indennità di disoccupazione e una vasta gamma di altri servizi pubblici33. Secondo l’Economic Policy Institut, tra il 1993 e il 2002 il NAFTA ha comportato un aumento delle esportazioni che hanno creato 794.194 posti di lavoro, ma ha spostato la produzione che ne avrebbe sostenuto 1.673.454. Pertanto, a causa del NAFTA l’effetto combinato delle variazioni delle importazioni e delle esportazioni ha provocato negli Stati Uniti una perdita netta di circa 1 milione di unità (979.280 posti). In seguito alla diminuzione delle tariffe tra USA e UE, non solo si perderanno posti di lavoro per la ristrutturazione di interi settori produttivi, ma riformando la legislazione sul lavoro il TTIP potrebbe abrogare i diritti dei 30 33 Greenhouse S., Strained States turning to laws to curb labor unions, “The New York Times”, 3 January 2011. 31 European Commission, SWD (2013), op. cit., p. 37. 32 Ibid., p. 57. www.istituto-geopolitica.eu Scott R. E., The high price of “free” trade. NAFTA’s failure has cost the United States jobs across the nation, “Economic Policy Institute” (EPI), 17 November 2003, http://www.epi.org/publication/briefingpapers_bp147/. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 10 lavoratori ad un salario dignitoso e al diritto all’auto-organizzazione34. 2.2 L’agroalimentare e lo sviluppo “sostenibile” Sul piano dell’agroalimentare, il TTIP metterà in discussione il “Principio di Precauzione”, cardine europeo della politica ambientale e della politica a tutela del consumatore, su cui è stato costruito il REACH, il sistema normativo europeo per la chimica e le sue rigide norme per la sicurezza alimentare e sulle etichettature35. Il “Principio di Precauzione”, introdotto in Europa nel periodo successivo agli effetti devastanti della “mucca pazza” negli anni ‘90, stabilisce che al fine di ridurre o eliminare i rischi, attraverso un’attività decisionale preventiva, ogni prodotto potenzialmente pericoloso sul mercato debba superare una serie di controlli che ne garantiscano la sicurezza e che, in ogni caso, il prodotto debba sempre riportare nell’etichettatura la provenienza36. In altri termini, se nell’Europa vige “l’onere della prova” che il prodotto sia sicuro e sano, negli Stati Uniti invece si applica il “principio basato sul rischio”, il quale applica la normativa solo su ciò che è stato già definito come nocivo sulla base di successive prove scientifiche. Partendo dagli OGM, il principale interesse delle imprese agricole statunitensi è quello di accelerare il procedimento di verifica e di approvazione dei prodotti biotech. Secondo il Rappresentante per il Commercio USA, aspettano di essere sottoposti alla procedura di verifica europea 34 Scott R. E., NAFTA-related job losses have piled up since 1993, “EPI”, 16 December 2003. http://www.epi.org/publication/webfeatures_snapshots _archive_12102003/. 35 Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), 18 dicembre 2006; 36 http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/cons umer_safety/l32042_it.htm. www.istituto-geopolitica.eu più di 70 OGM37 statunitensi «il che effettivamente blocca significativi volumi di esportazione verso l’Europa»38. Stando così le cose, è inevitabile che le associazioni industriali spingano affinché siano inclusi nei negoziati commerciali la garanzia che le approvazioni europee siano soggette a scadenza, e basate solo su criteri scientifici e non sul principio di precauzione. Negli USA, il TTIP permetterebbe ai giganti biotech come Monsanto, e Dow Chemical di arginare le crescenti proteste dei consumatori americani che ostacolano l’approvazione di nuovi OGM in USA. Nel 2012 la Biotechnology Industry Organization (BIO), che comprende le tre industrie sopracitate, ha speso 40 milioni di dollari per sconfiggere una normativa sull’etichettatura proposta solo in California, ma iniziative simili sono in corso oggi in più di 20 Stati. Il TTIP offre quindi all’industria biotech la possibilità di entrare non solo in Europa ma anche di contrastare la diffusione delle iniziative promosse dai consumatori39. Anche in tema di regolamenti ambientali, attraverso la “armonizzazione di” e il “reciproco riconoscimento tra” le norme ambientali USA e UE, molti requisiti di sostenibilità diverrebbero inefficaci. La conseguenza immediata di un Trattato così amico delle imprese sarebbe l’ineffettività di gran parte delle normative europee sulla 37 Un piccolo e non certo esaustivo catalogo dei cibi vietati nell’Unione Europea, ma permessi negli USA comprende: carne di animali cui è stata somministrata la ractopamina (steroide che accelera l’incremento di peso), bibite contenenti oli vegetali brominati, polli nutriti con mangime addizionato all’arsenico, pane contenente bromato di potassio, cancerogeno, per sbiancare la farina, latte di animali cui è stato somministrato l’ormone artificiale della crescita bovina chiamato rBGH. http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2013/0 7/10/banned-foods.aspx. 38 US Trade, US to press on GMO approvals, renewable fuel access in EU FTA talks, 22 March 2013. 39 Gillam C., U.S. GMO food labeling drive has biotech industry biting back, “Reuters”, 25 April 2013, http://uk.reuters.com/article/2013/04/25/us-USA-gmolabeling-idUSBRE93O18S20130425. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 11 sostenibilità ambientale fra le quali, ad esempio, quelle relative alla produzione di energia. La direttiva europea sulle energie rinnovabili (RED), ad esempio, impone che le materie prime organiche attraverso cui si alimentano le centrali a biomassa del Vecchio Continente rispettino alcuni requisiti ambientali minimi di emissione di gas a effetto serra e altri criteri di base di sostenibilità. Sebbene non particolarmente restrittivi, suddetti requisiti negano la possibilità che il bio-etanolo prodotto negli Stati Uniti tramite sementi geneticamente modificate (mais e soia) entri nei cicli produttivi delle centrali a biomassa europee40. Per questo motivo l’etanolo si è dimostrato fino ad ora meno concorrenziale sul mercato europeo. Il TTIP, che considererebbe l’etanolo non distillato con emissioni prossime allo zero, consentirebbe invece un rapido aggiramento del problema garantendo campo libero alle multinazionali USA dell’agribusinness. Non sorprendono quindi le dichiarazioni di Richard Wilkins, VicePresidente dell’American Soybean Association (ASA), il quale afferma che «il settore americano della soia ha lavorato con l’ufficio del Rappresentante per il commercio degli Stati Uniti d’America e con il Dipartimento dell’agricoltura per avviare negoziati con la UE per un accordo bilaterale che preveda che un produttore che può documentare la conformità con le leggi per la conservazione vigenti negli Stati Uniti verrebbe automaticamente certificato come conforme ai requisiti di sostenibilità richiesti dalla direttiva RED»41. L’apertura del mercato agroalimentare europeo agli Stati Uniti non è solo una questione di sicurezza alimentare, ma anche occupazionale, soprattutto per le piccole e medie imprese europee. Le imprese agricole USA si sono progressivamente concentrate in grandi complessi agroalimentari, mentre quella europee sono prevalentemente piccole o medie, e non esportano, di conseguenza non beneficerebbero di eventuali nuovi spazi commerciali in USA. Oltre ad essere più piccole, le imprese europee sono gravate anche da norme più stringenti riguardanti sia l’impatto sull’ambiente, che in riferimento di alle condizioni igienico-sanitarie allevamento del bestiame. La preoccupazione degli agricoltori europei è che, nonostante i consumatori europei richiedano alti standard alimentari (prodotti senza pesticidi o a chilometri zero ed/o allevamenti ecologici), scelgano poi di comprare i prodotti americani a basso costo42. Pertanto, la concorrenza con gli agricoltori americani e le loro grandi multinazionali potrebbe portare ad un’accelerazione nella concentrazione dell’agricoltura nella mani dei grandi gruppi agroalimentari e una diminuzione dei lavoratori agricoli attivi e, di conseguenza, l’aumento della disoccupazione. Senza contare che se il TTIP andasse in porto verrebbero inoltre vanificati i progetti di riformare l’agricoltura europea su basi più sostenibili sul piano economico, sociale e ambientale basati sull’eco-sostenibilità e sugli aiuti ai nuovi agricoltori43. Fra i rischi ambientali riconducibili al TTIP vi è la questione relativa all’estrazione e lo sfruttamento del gas di scisto o “fracking”44. Il fracking, sebbene abbia bassi 42 40 Sui dazi UE anti-dumping sull’etanolo USA e una visione di insieme dei criteri di sostenibilità introdotti dal RED si veda la posizione dei membri del Partito Verde al Parlamento Europeo http://www.greensefa.eu/biofuels-2088.html. 41 Dichiarazione di Richard Wilkins, Vice-Presidente della American Soybean Association davanti alla High Level Forum EU-USA sulla regolamentazione della cooperazione, 10 aprile 2013, per il testo integrale si veda: http://soygrowers.com/wpcontent/uploads/2013/05/tst-041013-wilkins-ttip.pdf. www.istituto-geopolitica.eu Politi J., Chaffin J., US-EU talks: Cuts both way. Agriculture is a big hurdle in the world’s largest freetrade agreement, “Financial Times”, 17 April 2013. 43 Le politiche dell’Unione Europea - Agricoltura. Un partenariato tra l’Europa e gli agricoltori, Commissione europea, Direzione generale della Comunicazione, Bruxelles, febbraio 2013. http://europa.eu/pol/pdf/flipbook/it/agriculture_it.pdf. 44 Questo tipo di shale gas, gas naturale – in prevalenza metano – è contenuto in rocce scistose, argille, rocce porose e viene estratto con la fratturazione idraulica. L’operazione prevede l’iniezione in giacimento di un www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 12 costi di estrazione, è sotto accusa in molti Stati per rischi di danni ambientali e inquinamento delle falde acquifere. Tra le conseguenze sanitarie e ambientali vi è la fuoriuscita di gas metano nell’ambiente (con possibilità di pericolose esplosioni) e il ritorno in superficie dell’acqua, usata per l’estrazione del gas, contenente elementi radioattivi e alte concentrazioni saline. Un recente resoconto intitolato No al Fracking: come l’accordo commerciale UE-USA rischia di espandere il fracking, evidenzia come lo shale gas è praticamente il solo settore in crescita nella produzione energetica in USA, passando dal 2% nel 2000 al 40% al 2012. L’estrazione del gas di scisto è ormai una realtà diffusa: sono ben 31 gli Stati americani che impiegano o stanno per impiegare il fracking per un totale di 500.000 pozzi attivi in tutto il paese. In pochi anni lo sviluppo di queste risorse non convenzionali ha spinto gli Stati Uniti verso l’agognato obiettivo d’indipendenza energetica e ha fatto scendere i prezzi del gas ai minimi storici. Data la differenza di prezzo tra USA (3 dollari per 28 metri cubi) e Europa (tra gli 11 e i 13 dollari per 28 metri cubi) è chiaro che i produttori americani non vedono l’ora di poter esportare le abbondanti riserve di gas scisto in Europa. Washington sa che trasportare shale gas non è un miraggio, e l’alternativa suggerita all’Europa è quella di emanciparsi dal gas russo cominciando ad acquistare gli idrocarburi fratturati in America. Stati come il Giappone, la Corea del Sud e la Gran Bretagna ne sono grandi acquirenti, con milioni di tonnellate importate ogni anno45. Grazie al processo di liquefazione è possibile infatti stoccare grandi quantità di metano (ridotto di circa 600 volte del volume standard) via nave a costi e in spazi molto ridotti, ancora più convenienti di quelli del fluido ad alta pressione il quale crea una via di fuga per il gas verso il pozzo. 45 No Fracking way: how the EU-US trade agreement risk expanding fracking, published by ATTAC, The Blue Planet Project, Corporate Europe Observatory, Friends of the Earth Europe, Powershift, Sierra Club and the Transnational Institute, March 2014. www.istituto-geopolitica.eu gas compresso. Per contro, in Europa, sparare enormi getti d’acqua mista a sabbia e sostanze chimiche, a oltre 1.600 metri di profondità, sugli Appennini o nell’arco alpino per estrarre metano e petrolio o, come in Germania e Polonia, carbone, significherebbe compromettere l’equilibrio idrogeologico del pianeta, con il rischio di inquinare le falde acquifere e provocare frane e terremoti. Ed è per questo motivo che i siti di prospezione sperimentale non sono più di dodici. Il mercato europeo, insomma, è sostanzioso, ma non a portata di mano. Le attuali normative europee impongono limiti che sino ad oggi hanno salvaguardato il sottosuolo d’Europa dalle tonnellate di agenti chimici che verrebbero immessi durante le operazioni di estrazione e che implicherebbero una alto costo ambientale. Una repentina approvazione del TTIP porterebbe invece ad un’eliminazione dei divieti e delle moratorie che precedono la verifica dei rischi connessi alla tecnologia estrattiva. Nell’attesa che la politica europea spiani il terreno, Polonia, Francia e Danimarca, identificate come le regioni con le più ricche riserve di shale gas, sarebbero state già oggetto di sopralluoghi da parte delle big company americane del settore energetico come Exxon e Halliburton, le quali potrebbero efficacemente sfruttare i vantaggi competitivi di una tecnologia che ormai perfezionano in patria da più di dieci anni46. 2.3 I servizi pubblici aperti alla concorrenza internazionale L’apertura al mercato riguarderebbe anche gli appalti pubblici, compresi la difesa e i pubblici servizi come acqua, energia, trasporti e sanità. Al fine di ottenere il più alto livello di liberalizzazione e protezione degli investimenti, una delle principali richieste delle grandi imprese è stata quella di inserire nel TTIP l’apertura dei contratti governativi alla concorrenza estera. Tale apertura implica l’eliminazione di ogni eventuale condizione 46 Ciolli B., Gas USA: l’illusione del fracking antiRussia, “Lettera 43 –quotidiano online indipendente2, 24 marzo 2014. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 13 discriminatoria, che a livello nazionale favorisce il contraente locale, ma che per le imprese che investono a livello transatlantico rappresentano una forma di protezionismo discriminatoria. In tal senso, verrebbero considerati come illegittimi quei programmi nazionali come i finanziamenti pubblici, miranti a favorire i contraenti locali invece che stranieri, adottati allo scopo di sostenere la ripresa delle economie locali colpite dall’attuale crisi finanziaria. Indubbiamente i mercati degli appalti pubblici contengono notevoli opportunità commerciali, e sia quelli federali e sub-federali degli Stati Uniti che dell’Unione Europea sono di grandi dimensioni, pari a migliaia di miliardi di dollari ogni anno47. Si tratta infatti di un settore in costante espansione che nonostante la crisi economica ha visto un aumento delle commesse pubbliche del PIL pari al 20% in Europa. In controparte però, data la crescente globalizzazione delle catene di valore e la pressione concorrenziale esercitata dalle economie emergenti, questo settore ha visto crescere le misure protezionistiche adottate in molti paesi, inclusi in particolare gli Stati Uniti. Mentre l’UE riconosce pienamente il valore del commercio bilaterale senza restrizioni, negli USA solo il 32% del mercato appare aperto alla concorrenza delle imprese straniere. Inoltre, le probabilità di concessioni in settori chiave come quello della difesa, dell’aeronautica e delle infrastrutture sono assai modeste. Per fini di politica industriale, gli Stati Uniti applicano ad esempio la clausola che impone l’acquisto di acciaio americano, e recentemente hanno avviato un’incisiva campagna denominata Buy American, tesa ad incentivare l’utilizzo di prodotti e materie prime nazionali48. Per tale 47 Prucurement, Business Coalition for Transatlantic Trade, BCTT, http://www.transatlantictrade.org/issues/procurement/. 48 Rasmussen H. F., Pedersen J.P., Perspectives: “Buy America” and the Future of TTIP, “The European Institute”, Washington DC, July 2013, http://www.europeaninstitute.org/EA-July2013/perspectives-buy-america-and-the-future-ofttip.html. www.istituto-geopolitica.eu motivo è soprattutto l’Unione Europea a spingere affinché la questione degli appalti pubblici siano una priorità all’interno dei negoziati del TTIP. Secondo un position paper della Business Europe49 l’apertura alla concorrenza straniera nel settore pubblico, se correttamente gestita, migliorerebbe la qualità dei servizi, garantirebbe una maggiore scelta per i cittadini, e potenzierebbe il controllo della spesa pubblica, con un aumento delle esportazioni del 18%. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Qualora il TTIP includesse gli appalti pubblici, un’autorità che volesse adottare modelli economici alternativi a quelli del libero mercato internazionale rischierebbe di incorrere in vertenze giudiziarie costosissime, senza la possibilità di ottenere risultati positivi dalle sue politiche per le comunità locali e per l’ambiente50. Ad esempio, si vedrà ridotta la capacità delle pubbliche autorità locali di controllare il 49 Public Procurement in the Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), “Business Europe”, 11 december 2013, http://www.businesseurope.eu/content/default.asp?Pag eID=568&DocID=32446. 50 Nel 2009 la provincia canadese dell’Ontario adottò il provvedimento “feed in tariff”. Al fine di compensare i maggiori costi di produzione e aumentare la quota di energia pulita nel mercato locale il provvedimento prevedeva il pagamento, a prezzi al di sopra dei tassi di mercato, dell’elettricità ricavata da fonti rinnovabili locali. Per ottenere gli incentivi statali previsti i generatori eolici e di energia elettrica solare dovevano utilizzare una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di materiale di origine in Ontario. Sia l’UE che il Giappone, ritenendo tale programma lesivo della libera e leale concorrenza, lo hanno impugnato di fronte all’Organizzazione mondiale del Commercio (OMC) al fine di assicurare il rispetto delle leggi dell’OMC. Nel dicembre del 2012 il Panel di Conciliazione dell’OMC ha concluso che il programma canadese fosse discriminatorio contro le importazioni e incompatibile con le norme dell’OMC stesso. Dopo un successivo appello alla sentenza da parte del Canada, l’OMC il 6 maggio 2013, ha respinto il ricorso confermando che le disposizioni del trade in tariff fossero discriminatorie e erano in violazione del libero commercio internazionale. European Commission, Ontario’s Energy programme: EU welcomes WTO ruling in support of clean energy, Brussels, 6 May 2013 http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=89 5. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 14 numero e la dimensione dei fornitori di servizi stranieri all’interno dei sistemi sanitari nazionali ed europei. Le grandi multinazionali, che sicuramente avranno un vantaggio competitivo durante le gare di appalto rispetto alle concorrenti di dimensioni inferiori (istituzioni pubbliche di beneficienza e imprese sociali), spingerebbero fuori quest’ultime sia dalla concorrenza e dal mercato del lavoro. Con il TTIP le autorità pubbliche, nel rispetto delle nuove norme commerciali internazionali dovranno garantire l’accesso ai finanziamenti pubblici nazionali anche alle imprese internazionali, con il risultato che i contribuenti finanzierebbero l’acquisto da parte delle stesse del loro sistema sanitario nazionale51. Quindi, se pur il TTIP in questo campo si propone di snellire gli appalti internazionali bisogna però considerare che entrambe le economie avrebbero parecchio da perdere da questi accordi: noi europei potremmo veder danneggiati l’agricoltura, le manifatture, i servizi pubblici e il lavoro, mentre gli americani potrebbero percepire effetti negativi nei settori agroalimentari, metalmeccanico ed energetico; gli unici che avranno vantaggi assicurati sono le stesse grandi imprese che lo hanno ideato e promosso. 2.4 La proprietà intellettuale: food, ecommerce e settore farmaceutico Altro tema particolarmente spinoso che si è inserito nei negoziati del TTIP è quello relativo alla proprietà intellettuale. Sia l’UE e che gli USA sono membri dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO) e sono firmatari dell’Accordo Multilaterale sulla Proprietà 51 In Canada dopo l’entrata in vigore del NAFTA le Autorità Pubbliche che avevano tentato di proteggere il loro servizio sanitario nazionale hanno dovuto far fronte ad una causa legale multimilionaria intentata da un’impresa sanitaria privata statunitense per essere risarcita del mancato profitto. Kaucher L., The upcoming EU-US and EU-Canada trade deals have serious implications for the NHS, 15 may 2013, http://www.opendemocracy.net/ournhs/lindakaucher/upcoming-eu-us-and-eu-canada-trade-dealshave-serious-implications-for-nhs. www.istituto-geopolitica.eu Intellettuale in ambito OMC (TRIPs). L’accordo, dovrebbe permettere di estendere l’armonizzazione al trattamento dei dati, dei segreti e delle informazioni confidenziali industriali, fondamentali per alcuni settori. Altresì prioritari gli aspetti legati al riconoscimento delle “Indicazioni Geografiche” e le problematiche connesse al fenomeno dell’Italian sounding52, particolarmente grave per il settore agroalimentare. Quanto questo aspetto sia ritenuto cruciale nei negoziati emerge dalle dichiarazioni della Business Europe, il quale afferma che «i diritti di proprietà intellettuale sono una parte fondamentale sia del commercio globale che nel campo degli investimenti. Tuttavia, si è assistito ad una crescente tendenza in varie sedi multinazionali e nei mercati emergenti ad indebolire il quadro generale della proprietà intellettuale. In questo contesto diventa urgente una più stretta cooperazione transatlantica e una leadership nel campo dei diritti di proprietà intellettuale, e qualsiasi futuro accordo tra Stati Uniti e Unione Europea dovrebbe contribuire a rafforzare la salvaguardia al sistema dei diritti di proprietà intellettuale a livello mondiale e promuoverne l’effettiva applicazione anche ai paesi terzi»53. Se pur si conosce molto poco del testo del TTIP, dopo la settimana negoziale di marzo 52 Ovvero l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti affatto riconducibili al nostro Paese. A livello mondiale, il giro d’affari annuo dell’Italian Sounding è stimato in circa 54 miliardi di euro l’anno (147 milioni di euro al giorno), comunque oltre il doppio dell’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari (23 miliardi di euro). Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale lotta alla contraffazione; http://www.uibm.gov.it/index.php/laproprieta-industriale/utilita-pi/servizi-propind/contrasto-all-italian-sounding. 53 Business Europe and US chamber of Commerce joint submission to the European Commission’s public consultation on TTIP, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/july/tradoc_ 149720.pdf. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 15 2014, sono state sottratte alla regola della segretezza due paginette molto interessanti che parlano proprio di proprietà intellettuale, comprese le indicazioni geografiche. Il documento affronta otto tipi di proprietà intellettuale: brevetti, diritti d’autore, design, i dati farmaceutici nei test regolamentari, le varietà vegetali, i marchi, il segreto commerciale, le indicazioni geografiche (IG), nonché i negoziati in materia di implementazione di migliori pratiche volontarie di cooperazione in paesi terzi, e i negoziati multilaterali sui diritti di proprietà intellettuale. Tra gli elementi più interessanti vi è la resistenza degli Stati Uniti sui dati dei test farmaceutici, che riguarda probabilmente le proposte dell’UE per una maggiore trasparenza di tali dati, e che invece è assente negli USA54. I fautori dell’inserimento di normative più rigide nel campo della proprietà intellettuale all’interno del TTIP, sostengono che esse siano necessarie per proteggere le imprese dalla “pirateria” e la loro protezione è fondamentale per promuovere la ricerca e lo sviluppo, l’innovazione, il lavoro, la prosperità e la crescita delle economie negli Stati Uniti e nell’UE. Vi è però ragione di credere che l’inserimento di un settore IP (Intellectual Property) nel TTIP ha ben poco a che fare con il bene dell’economia e di un interesse pubblico più avanzato. Il TTIP potrebbe concretamente rappresentare il tentativo di reintrodurre l’Anti Counterfeiting Trade Agreement (ACTA), il precedente accordo in materia di proprietà intellettuale tra Europa e Stati Uniti, che fu nettamente respinto dal Parlamento Europeo nel 2012 anche grazie ad una massiccia opposizione popolare55. Alle 54 Ress M., Leaked EU analysis of TTIP – IPR negotiations, “Knowledge Ecology International”, 28 March 2014, http://keionline.org/node/1984. 55 A spingere i parlamentari europei ad esprimersi negativamente contro l’ACTA furono sia il pericolo di limitare in modo rilevante il libero accesso alla conoscenza diffusa sulla rete, ma soprattutto la prospettiva di dare un potere enorme nella gestione dei dati personali alle multinazionali di Internet. Come è poi risultato palese attraverso le rivelazioni del caso Datagate, un tale livello di libertà d’azione per le www.istituto-geopolitica.eu accuse presentate da varie organizzazione (come la La Quadrature du Net una delle più attive nella mobilitazione che portò alla bocciatura dell’ACTA) la Commissione Europea risponde sostenendo che le questioni relative alla proprietà intellettuale saranno solo una piccola parte all’interno del TTIP e non le stesse dell’ACTA, affermando inoltre che la Commissione stessa non ha nessuna intenzione di intraprendere azioni che possano andare in contrasto con la posizione del Parlamento Europeo56. In caso di una normalizzazione delle norme sulla proprietà intellettuale tra le due sponde dell’Atlantico sarebbe sicuramente l’Europa a cedere il passo agli USA. Infatti mentre le imprese americane possono usare i dati personali dei loro clienti senza particolari restrizioni, gli Europei sono protetti da un minimo di diritti digitali contro le violazioni della riservatezza. Come spiega l’European Service Forum, la principale lobby europea dell’industria dei servizi: «più della metà del commercio dei servizi nell’UE, e una buona porzione dei beni in commercio dipende dalla trasformazione transfrontaliera di dati via internet», comprese le informazioni sui compratori e le loro preferenze57. Andando incontro agli interessi delle multinazionali agli Europei toccherebbe vedere le loro informazioni personali liberamente scambiate con le industrie americane a scapito del loro diritto alla riservatezza. Il rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale potrebbe anche erodere il diritto dei pazienti europei a cure sanitarie economicamente sostenibili e, a tal proposito, il settore farmaceutico è un’altra di quelle grandi imprese del web, consente alle stesse di trasformarsi in gendarmi internazionali privi di qualunque tipo di controllo democratico. 56 How much does the TTIP have in common with ACTA?, European Commission, July 2013 file:///C:/Users/Elena/Desktop/Master%20SEGI/tesina/ TTIP%20e%20ACTA.pdf. 57 ESF Contribution to Public Consultation on EU-US High Level Working Group on Jobs and Growth, “European Service Forum”, 23 April 2012, p. 5, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/july/tradoc_ 149673.pdf. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 16 lobby interessate a portare avanti i negoziati del TTIP. Nella sua ambiziosa lista dei desideri rientrano punti come l’estensione dei termini di validità dei brevetti, l’imposizione dei limiti sui prezzi e sulle politiche di rimborso, la limitazione della trasparenza sugli studi e i risultati clinici e un maggiore coinvolgimento delle imprese nei processi di policy making grazie all’introduzione di un meccanismo di risoluzione delle controversie. Partendo dalla proprietà intellettuale, benché i sistemi previsti in USA e in Europa già concedano ai produttori di farmaci una rigida protezione, il TTIP potrebbe estendere ulteriormente l’ambito e la durata dei brevetti anche oltre i vent’anni. Un provvedimento del genere influirebbe direttamente sulla possibilità dei pazienti di accedere ai farmaci, in quanto, limitando sensibilmente l’ingresso sul mercato dei medicinali equivalenti, si ridurrebbe la concorrenza per prodotti meno cari e più efficaci che offrono un maggiore beneficio alla società58. Nel 2000 per esempio trattamenti anti-retrovirali di base per l’AIDS costavano fino a 15.000 dollari a persona all’anno, mentre grazie alla disponibilità dei farmaci equivalenti il costo è sceso a 150 dollari. Secondo Public Citizen per continuare la “rivoluzione delle cure” si ha bisogno della concorrenza e dell’accesso non solo ai brevetti scaduti ma anche alle medicine coperte da brevetti e sulle quali le multinazionali applicano prezzi da monopolio59. Nel caso in cui il TTIP comprendesse un capitolo sulla proprietà intellettuale, le compagnie farmaceutiche si troverebbero in una situazione tale da condizionare legalmente le politiche sanitarie dei governi, come è accaduto in Canada dopo 58 Berlin Forum on Global Politics Internet & Society Collaboratory Future Challenges.org, The Transatlantic Colossum – Global contributions to the broaden the debate on the EU-US trade agreement, Berlin, December 2013, p. 74. 59 Indonesia Licenses Patents for Seven HIV & Hepatitis B Medicines, “Public Citizen”, 18 June 2014, http://www.citizen.org/PC-statement-on-compulsorylicensing-in-Indonesia. www.istituto-geopolitica.eu l’applicazione del NAFTA60. Anche sul tema delle politiche dei prezzi e di rimborso dei farmaci si andrebbe ad incidere su quegli strumenti che consentono agli USA e all’UE la flessibilità e gli strumenti necessari per limitare la spesa nella sanità pubblica, e proteggere allo stesso tempo la salute pubblica. Se adottato, questo provvedimento consentirebbe alle aziende farmaceutiche di aumentare i loro profitti sui farmaci commercializzati in un dato paese, ma potrebbe ad esempio danneggiare le recenti politiche statunitensi, le quali hanno previsto un calo dei prezzi dei medicinali di fronte alla necessità di tagliare la spesa pubblica in tempi di austerità61. Altro punto particolarmente delicato riguarda la pubblicazione degli studi clinici. Più della metà spesso non sono mai completamente pubblicati con la conseguenza che le conoscenze scientifiche sulla loro non sicurezza ed efficacia risultano disponibili. Attualmente sia la regolamentazione europea sulle sperimentazioni cliniche che l’EMA (European Medicines Agency) hanno chiesto una maggiore trasparenza relativamente all’approvazione, alla condotta e alla pubblicazione dei risultati scientifici, e in 60 Ely Lilly, una multinazionale farmaceutica americana nel novembre 2012 ai sensi del NAFTA ha avviato un procedimento formale contro le direttive canadesi sulla concessione dei brevetti. L’accusa riguarda la violazione della clausola di tutela degli investitori stranieri in base al quale mediante la perdita dei brevetti, l’azienda correrebbe il rischio di veder danneggiati i propri profitti futuri attesi e, in base a quanto previsto dagli accordi del NAFTA, è legittimata a chiedere il risarcimento ai contribuenti. Con una richiesta di risarcimento di 500 milioni di dollari, la causa di Ely Lilly rappresenta il primo tentativo di una multinazionale di spingere verso una maggiore copertura brevettuale monopolistica che aumenterà il costo delle medicine a carico dei consumatori e dei contribuenti. Stastna K., Eli Lilly files $500M NAFTA suit against Canada over drug patents, “CBC News”, 13 September 2013. 61 Obama Administration Takes Aim at TPP Countries' Public Interest Policies in New Report, “Public Citizen”, 5 April 2013, http://citizen.typepad.com/eyesontrade/2013/04/obama -administration-takes-aim-at-public-interest-policiesof-tpp-countries-in-new-report.html. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 17 particolar modo l’EMA (dopo lo scandalo Tamiflu) ha annunciato che cambierà la sua politica pubblicando studi clinici dettagliati all’atto della domanda di approvazione alla Tuttavia sia commercializzazione62. l’European federation of pharmaceutical industries and associations (EFPIA), che la Pharmaceutical Research and Manufacturers of America (PhARMA) non sono d’accordo, e stanno combattendo la politica dell’EMA cercando di far rientrare sotto la definizione di “commercial confidentiality” i dati relativi agli studi clinici63. Tale approccio, perfettamente in linea con le disposizioni del TTIP, ostacolerebbe tutti gli sforzi compiuti dall’EMA e dal Parlamento Europeo in merito alla richiesta di una maggiore trasparenza. In pratica, ciò che accadrà sarà che ogni informazione che viene considerata come “sfavorevole” alla vendita di un farmaco (mancanza di efficacia, eventuali danni) potrebbe essere considerata confidenziale in quanto la pubblicazione potrebbe comportare uno svantaggio commerciale. 2.5 I servizi finanziari escono dal TTIP Un settore nel quale l’accordo potrebbe subire un radicale ridimensionamento è quello dei mercati finanziari. La difficile convergenza dipende anche dalle diverse strutture del settore dei servizi finanziari. L’UE sembra orientarsi sempre di più verso una separazione netta tra banche commerciali e banche d’investimento, mentre gli Stati Uniti sembrano limitarsi a rimedi più tradizionali come il rafforzamento dei requisiti di liquidità e capitale delle banche al fine di evitare un eccessivo sbilanciamento tra capitale di rischio e di debito. Un accordo manca proprio sui tre punti presentati 62 Daina C., Farmaci e studi clinici: lo scandalo Tamiflu e il silenzio della Roche, “Il Fatto Quotidiano”, 12 aprile 2014. 63 PhARMA Wants EU Put On US’s Priority Watch List’ For Plans To Disclose Basic Safety Info About Drugs, “Tech Dirt”, 12 February 2014; https://www.techdirt.com/articles/20140210/06230626 164/phrma-wants-european-union-put-priority-watchlist-2014-special-301-report.shtml. www.istituto-geopolitica.eu inizialmente dall’European Service Forum e dalla Coalition of Service Industries. Nel primo punto, al fine di impedire normative finanziarie rigide le due imprese di servizi finanziarie hanno richiesto una “disciplina regolamentare” che in termini concreti comporterebbe una limitazione al numero, alla pervasività ed allo spettro della regolamentazione finanziaria nei due blocchi atlantici, favorendo così il flusso di operazioni finanziarie verso l’Atlantico. Nel secondo punto rientra la clausola relativa alla “trasparenza normativa” che consisterebbe nel far circolare tra le varie imprese finanziarie le bozze dei regolamenti in modo tale che possano esprimere i loro “pareri” ed esercitare in questo modo in maniera legale il lobbying. In terzo luogo, hanno richiesto l’inclusione nel TTIP di una “lista negativa” contenente una serie di servizi e prodotti a cui la disciplina di liberalizzazione prevista dall’accordo transatlantico non si applicherebbe. Tale lista, tuttavia, lascerebbe intendere che qualunque nuovo prodotto o strumento finanziario diverso rispetto a quelli presenti nella suddetta lista, e nato dopo l’approvazione del trattato, rientrerebbe nell’ambito di applicazione del TTIP e potrebbe quindi beneficiare della “disciplina” che il Trattato vorrebbe imporre agli Stati ed alle autorità di regolamentazione e vigilanza64. In quest’ambito dopo il round negoziale di maggio 2014, è sorta una forte divergenza tra le due sponde dell’Atlantico tanto che, con ogni probabilità, il settore finanziario potrebbe essere escluso dai successivi tavoli negoziali. Con grande irritazione della UE, così come gran parte del settore finanziario negli Stati Uniti e in Europa, l'amministrazione del Presidente Barack Obama vuole asportare la regolamentazione dei servizi finanziari dal trattato. Washington sostiene che una disposizione sui servizi finanziari potrebbe 64 Regulatory Cooperation Component in the services sectors. To an EU-US Economic Agreement. European Service Forum & Coalition of Service Industries, 12 November 2012. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 18 minare le normative statunitensi introdotte dopo la crisi del 2008 e che qualsiasi cooperazione transatlantica in materia finanziaria dovrebbe essere trattata in un forum separato65. La proposta di Washington è uno spazio finanziario comune transatlantico, ma allo stesso tempo si rifiutano di adottare una regolamentazione comune della finanza, così come di abolire le sistematiche discriminazioni fatte dalle piazze finanziarie americane contro i servizi finanziari europei. In altri termini, sì ad uno “spazio comune” ma no alle regole comuni, lasciando così in piedi le discriminazioni commerciali. Dall’altro lato, una fonte UE vicina ai negoziati sul TTIP, riportata dall’ANSA, sostiene che il nodo è l’aspetto della regolamentazione finanziaria europea, che “preoccupa” gli americani. «In ogni negoziato commerciale ci sono aspetti che, a causa di particolari sensibilità politiche, sono molto difficili da risolvere», e questa “al momento” è una di quelle. La fonte, non mostrandosi particolarmente ottimista su eventuali passi in avanti nel corso del round di negoziati ha poi ammesso che «se la questione non si potrà risolvere, la terremo fuori dal TTIP»66. Dopo i negoziati di maggio, nel tentativo di aumentare la pressione sugli Stati Uniti, la Commissione Europea ha stabilito che, fino a quando essi non si impegneranno nella cooperazione normativa in materia finanziaria, l’UE non negozierà sui servizi finanziari nell’accordo di libero scambio. Tale posizione rigida è emersa anche da una “bozza di offerta” trapelata grazie alla European Federation of Pubblic Services, secondo la quale tra le proposte dell’UE rientrano settori che vanno dall’architettura all’agricoltura, dai servizi sanitari al turismo ma «non rientrano espressamente nessuna disposizione relativa ai servizi finanziari fino a che gli Stati Uniti non cambieranno idea sulla regolamentazione finanziaria»67. Ad oggi, non sembra possibile un accordo a breve termine sui servizi finanziari. Il Congresso federale è ancora diviso, con una parte di entrambi i rami a favore di un’inclusione dei servizi finanziari all’interno del capitolo negoziale del TTIP e un’altra, invece, convinta che la materia non debba essere trattata nel TTIP, ma in sede di G20. 2.6 L’utopia delle multinazionali e i tribunali speciali Ultimo punto da affrontare, ma sicuramente il più importante è l’inclusione nel TTIP del Investor-State Dispute Settlement (ISDS) ossia la risoluzione delle dispute tra investitore e Stato. Le ISDS trovano le loro origini nel diritto internazionale consuetudinario, quando uno Stato rivendicava la protezione diplomatica contro un pregiudizio causato dallo Stato ospitante. La motivazione per l’inclusione delle clausole di risoluzione delle dispute investitore-Stato è di offrire una certa protezione contro l’espropriazione degli investimenti esteri (capitali, aziende…) da parte di governi poco democratici. Nel TTIP, tale sistema prevede l’introduzione di un meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e governi, sulla base di quelli che vengono definiti come alti livelli di liberalizzazione e più elevati standard di protezione68. Ma il diavolo si nasconde nei 67 65 Donnan S., EU threatens to cut financial services from trade deal, “Financial Times”, 13 june 2014, http://www.ft.com/intl/cms/s/0/924b9f80-f31a-11e3a3f800144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz34iz0vjao. 66 N.B., UE – USA: fonti, servizi finanziari difficile siano in accordo, “ANSA.it”, 14 maggio 2014; https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2 014/05/14/ue-USA-fonti-servizi-finanziari-difficilesiano-in-accordo_851949f6-3071-4df8-85c0394b9e345b23.html. www.istituto-geopolitica.eu For the attention of the trade policy committee, European Commission, 26 may 2014, p. 2, https://data.awp.is/filtrala/2014/06/13/4.html. 68 Art. 15 «The aim of negotiations on investment will be to negotiate investment liberalization and protection provisions, including investor to State dispute settlement, on the basis of the highest levels of liberalization and highest standards of protection that both Parties have negotiated to date». European Commission, Recommendation for a Council decision authorizing the opening of negotiations on a comprehensive trade and investment agreement, called www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 19 dettagli, perché questo sistema consentirebbe alle multinazionali statunitensi che investono in Europa di aggirare ogni corte nazionale o europea, e citare direttamente in giudizio i governi europei difronte a questi nuovi tribunali privati internazionali ogniqualvolta ritengano che le leggi nazionali costituiscano una minaccia ai “profitti futuri attesi” (expected future profits). Le imprese europee che investono negli USA avrebbero lo stesso privilegio. Questo Tribunale Speciale, extraterritoriale, si dice con sede presso la Banca Mondiale, dovrebbe assumere il modello di un collegio arbitrale privato, composto da tre arbitri scelti generalmente tra “principi del foro”, le cui sentenze non saranno appellabili essendo sovraordinate alle stesse Costituzioni nazionali. Un’istituzione dello stesso tipo è presente nel NAFTA69, i suoi arbitri possono avvalersi di ogni tipo di strumenti e risorse, comprese lucrosissime consulenze, test, perizie e le loro decisioni sono definitive e non possono essere impugnate. Una gestione della giustizia che non emette sentenze ma multe, sanzioni e risarcimenti. Quindi, se inizialmente le ISDS nacquero con l’intento di limitare il protezionismo degli Stati nazionali, nel corso degli anni le multinazionali hanno compreso che avrebbero potuto sfruttare questo meccanismo per saltare le procedure giudiziarie di un paese, ed hanno così iniziato azioni contro i governi in una vasta gamma di materie. Questo the Transatlantic Trade and Investment Partnership, between the European Union and the United States of America, COM (2013) 136 final, Strasbourg, 12 march 2013, p. 8. 69 Il NAFTA prevede, al capitolo 11, un sistema di composizione delle controversie relative agli investimenti che assicura la parità di trattamento tra gli investitori delle parti dell’accordo in base al principio di reciprocità nazionale e un giusto processo dinanzi ad un tribunale imparziale. Se un investitore NAFTA ritiene che un governo ha violato i suoi obblighi di investimento ai sensi del capitolo 11, tale investitore può ricorre ad un arbitro internazionale, secondo le regole delle Nazioni Unite, senza nemmeno essere costretti ad esaurire prima i ricorsi interni. North American Free Trade Agreement, p. 265. www.istituto-geopolitica.eu fenomeno ha comportato un aumento esponenziale delle cause, dalle 50 intentate tra il 1950 e il 2000 si è passati a 514 clausole legali note entro la fine del 2012. Il 24%, ossia 123 sono state depositate dagli USA, subito dopo si collocano i Paesi Bassi con 50 cause, il Regno Unito (30) e la Germania (27). Nel complesso, i Paesi dell’Unione Europea ne hanno depositate il 40% di tutti i casi noti70. Secondo un rapporto dell’UNCTAD con gli accordi per regolamentare le dispute tra Stati e aziende, ovvero gli accordi come quelli previsti dal NAFTA o nel TTIP, gli investitori stranieri hanno intentato cause contro un largo ventaglio di misure governative, chiedendo la modifica di regolamenti interni riguardanti il gas, il nucleare, la commercializzazione dell’oro e i cambi, le revoca di licenze ed autorizzazioni (nel settore minerario, delle telecomunicazioni e del turismo), il ritiro di sovvenzioni (per esempio nel settore dell’energia solare) e per espropri71. Volendo citare un paio di esempi, nel 2010 la Philip Morris ha avviato un contenzioso internazionale contro l’Uruguay, e nel 2012 anche contro l’Australia per le leggi antifumo. La contestazione riguardava le scritte di avvertimento sui pacchetti di sigarette che impedivano di visualizzare in modo efficace i propri marchi provocando una consistente perdita di quote di mercato e una lesione della loro “proprietà intellettuale” costituita dal design dei pacchetti di sigarette72. La Lone Pine, impresa californiana dell’energia ha chiesto al Tribunale speciale del NAFTA di 70 A transatlantic Corporate bill of rights – investor privileges in EU-US trade deal threaten public interest and democracy, “Corporate Europe Observatory” (CEO), June 2013, p. 2. 71 Recent developments in investor-state dispute settlement, UNCTAD United Nations conference on trade and development, n. 1, May 2013(ISDS), p. 3. 72 Porterfield M. & Byrnes C., Philip Morris v. Uruguay: will investor-State arbitration send restrictions on tobacco marketing up in smoke?, “Investment Treaty News”, 2 July 2011, http://www.iisd.org/itn/2011/07/12/philip-morris-vuruguay-will-investor-state-arbitration-sendrestrictions-on-tobacco-marketing-up-in-smoke/. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 20 condannare lo Stato del Canada ad un risarcimento di 191 milioni di dollari per aver imposto una moratoria sul fracking. Addirittura 3,7 miliardi di euro per mancati profitti sono stati chiesti dalla svedese Vattenfall alla Germania che ha abbandonato la produzione di energia nucleare dopo il disastro di Fukushima73. L’Argentina, durante la sua crisi finanziaria, per aver congelato le bollette di acqua ed elettricità e aver privatizzato i settori (così come raccomando dal FMI), è stata portata in giudizio dalle multinazionali che gestivano in precedenza tali servizi. Avendo ridotto i loro profitti impedendogli di rincarare le tariffe, nel 2008 è stata condannata a pagare risarcimenti per un ammontare pari ad 1,5 miliardi di dollari. Anche la Chevron, il gigante USA dell’energia, nel 2011 si trovò impegnata in una controversa legale contro l’Ecuador per evitare il pagamento di 18 miliardi di dollari per ripulire la foresta pluviale dall’inquinamento provocato dalle perforazioni petrolifere, ma grazie alle clausole sulla protezione degli investimenti la multa è stata ridotta a 10 miliardi di dollari74. Al di là degli obblighi di risarcimento per gli Stati si configura un altro grosso problema. Nonostante le ISDS siano pressoché sconosciute all’opinione pubblica, la ricaduta sulle legislazioni nazionali è notevole. Con l’espansione del sistema investitore – Stato le aziende si elevano al livello di un’intera nazione e possono dialogare alla pari con governi, possono ottenere la revisione di legittime decisioni di un tribunale nazionale per mezzo di arbitrati privati; invocando l’aspettativa di un legittimo profitto le multinazionali possono impedire l’attuazione di normative per la protezione della salute pubblica o dell’ambiente 73 Rosolen M., TTIP: segreto, ovvero il contrario di pubblico, “Il granello di sabbia”, Attac Italia, n. 10, febbraio 2014. 74 N.B., Chevron Texaco, ridotta a 10 miliardi di dollari la multa per inquinamento dell’Amazzonia in “La Repubblica”, 15 novembre 2013, http://www.repubblica.it/ambiente/2013/11/15/news/te xaco-71076591/. www.istituto-geopolitica.eu semplicemente perché ridurrebbero i profitti aziendali attesi. La sola minaccia di cause legali per milioni di euro, intentate da studi legali con centinaia di avvocati per conto delle multinazionali, può mettere sul chi va là i governi e indurli ad attenuare o addirittura a rinunciare a emanare leggi a tutela del lavoro, salute e ambiente. Se le decisioni politiche a livello locale, regionale e nazionale corrono questi rischi di strangolamento economico, ben più disarticolanti di una sentenza civile o penale, è a rischio la stessa democrazia75. Conclusioni Dopo aver fornito le informazioni basilari sui soggetti coinvolti nella stesura del trattato, il contesto geostrategico che ha portato all’elaborazione e, pur non essendo disponibile una bozza di testo, aver cercato di chiarire i suoi principali contenuti, possiamo trarre alcune conclusioni. Il TTIP viene definito la “NATO del commercio” in quanto non vi è dubbio che storicamente lo sviluppo dell’Unione Europea e dell’egemonia del capitalismo USA siano strettamente connesse. Non si può negare che il processo di unificazione europea è stato originariamente dipendente dai legami economici che gli USA avevano stabilito nel corso della Seconda Guerra Mondiale, prima, e consolidato poi con il Piano Marshall e la NATO, e che hanno rappresentato un fondamentale strumento d’integrazione delle economie del Nord Atlantico. Il TTIP è in perfetta continuità con questa storia; la recente politica USA di ribilanciamento nell’Atlantico e nel Pacifico e il tanto nominato “pivot to Asia” sono in linea con la storia post Guerra Fredda dell’UE e degli USA che cercavano mercati comuni per rafforzare le alleanze, arricchire il partenariato transatlantico e contribuire al loro coordinamento geostrategico. Sotto il TTIP, il coordinamento economico USA-UE non solo fornirà opportunità di crescita, ma tenterà di tenere a bada quei paesi (Cina, Brasile, India e Russia), che fino a qualche anno fa erano 75 Roselen M., op. cit.. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 21 rimasti ai margini della struttura trilaterale post-bellica impregnata su USA, Europa occidentale e Giappone, ma che invece oggi minacciano l’asse Nord-Atlantico. Il TTIP è quindi prima di tutto concepito nel quadro di una politica di potenza economica che ben poco ha a che vedere con la liberalizzazione dei flussi commerciali e degli investimenti a livello mondiale, e ancor meno con quella crescita del lavoro e dell’occupazione che pure viene indicata dai fautori del TTIP come benefico effetto della sua introduzione. Ma sarà determinante per l’UE e gli Stati Uniti a stabilizzare le loro posizioni dominanti nei flussi commerciali internazionali e a guadagnare una più forte moneta di scambio quando si troveranno a trattare con le economie emergenti. Gli Stati Uniti approfittando di un momento di debolezza oggettiva del Vecchio Continente, da un lato mirano a saldarsi definitivamente all’Europa, dall’altro sono decisi a concentrarsi sul Pacifico dove è in cantiere un altro trattato di libero scambio (il TPP) con le principali potenze economiche filo-americane e sino-scettiche. Per gli USA quindi, il TTIP rientra in una strategia di ampio respiro, rappresentata dalla necessità di legare alla propria economia il massimo numero di aree geopolitiche e commerciali possibili, tenendo così fermo il blocco eurooccidentale in un momento in cui ci sono forti frizioni con la Russia. Per l’Unione Europea il TTIP va visto non come un accordo bilaterale tra Stati ma come un accordo negoziato tra uno Stato forte, gli USA, e le deboli istituzioni europee, in quanto debole è sia la loro legittimazione democratica che il consenso di cui godono. Il TTIP, per il suo contenuto, può essere quindi interpretato come una sorta di dichiarazione di resa di un continente che attraverso la sua politica monetarista di austerità, ha deciso già da tempo di rinunciare al suo carattere di stato sociale frutto del compromesso tra capitale e lavoro, per consegnarsi alle leggi dell’impresa. Ma agli Europei va bene così. L’unica cosa che possono fare per frenare il loro declino, è legarsi il più strettamente www.istituto-geopolitica.eu possibile agli USA. Per quel che riguarda il volume di scambi commerciali per l’Europa, come sostenuto in precedenza dall’Öfse si riconosce che è prevedibile un aumento delle esportazioni dell’UE nel suo complesso, ma non bisogna dimenticare che a beneficiare di questo incremento saranno soprattutto i grandi gruppi industriali, a scapito delle PMI che invece costituisco la maggior parte delle realtà aziendali, non solo europee ma soprattutto italiane. Soltanto attraverso un mega trattato strutturale le élite europee intravedono la possibilità di riuscire a superare l’attuale difficolta nell’imporre, Stato per Stato, le politiche di austerity e di smantellamento dello stato sociale, che sono state indotte dalla crisi del debito pubblico. Per quanto riguarda l’effetto che avrebbe questo accordo sul commercio tra paesi UE, se, soprattutto nello scenario della liberalizzazione complessiva, aumenterebbero i flussi commerciali tra singoli paesi dell’UE e Stati Uniti, al tempo stesso diminuirebbe in modo sostanziale il commercio intra-UE, dal momento che molte imprese dei singoli paesi membri troverebbero molto conveniente fare affari negli USA e con imprese d’oltreoceano, una volta venuti meno quegli ostacoli attualmente in essere. Dato che l’Unione Europea e gli USA contano circa la metà del PIL globale, e per un terzo gli scambi commerciali del mondo, è chiaro che la più vasta area di libero scambio del pianeta avrà conseguenze importanti ben oltre l’Atlantico. L’UE e gli USA stanno cercando di utilizzare questi accordi sia per imporre lo stesso livello di liberalizzazione degli scambi transatlantici al resto del mondo, che per cercare di superare lo stallo politico in seno all’OMC. Infatti, mentre i paesi industrializzati spingono per una radicale liberalizzazione, i “Paesi in via di sviluppo”, ad esempio i BRICS, chiedono riforme e risarcimenti per i passati accordi considerati sleali. Questi interessi divergenti si sono dimostrati inconciliabili in un sistema multilaterale e hanno spinto le vecchie egemonie a cercare vie traverse per bloccare www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 22 l’ascesa delle economie emergenti. Ne consegue che, non è difficile capire che anche se il TTIP promette effetti economici positivi per tutti, racchiude al suo interno un potenziale esplosivo in grado di aumentare il divario tra l’Occidente e le potenze emergenti. Sul piano economico il TTIP potrebbe influenzare negativamente i vecchi partner commerciali degli Stati Uniti e dell’Unione Europa, sia per quanto riguarda i membri del NAFTA (Canada e Messico) o i paesi candidati all’ingresso nell’Unione, che per quanto concerne Paesi come Cile e Australia, i quali, secondo uno studio della Fondazione Bertelsmann potrebbero subire un calo della crescita tra lo 0,5 e il 2,5 per cento. Sul piano politico anziché spianare la strada a successivi accordi multilaterali potrebbe ulteriormente frammentare e stratificare il sistema internazionale. Secondo uno studio di Kupchan Charles della Transatlantic accademy76, il TTIP ha il potenziale per poter stimolare una reazione dei paesi emergenti. Il mantenimento di un nuovo ordine internazionale basato su nuove regole nei prossimi anni dipenderà dalla capacità delle democrazie atlantiche di lavorare con le potenze emergenti, ma il TTIP creerà integrazione esclusivamente all’interno della comunità atlantica. Più alti sono gli standard fissati dagli occidentali e meno probabilità ci saranno che gli Stati emergenti decidano di giocare secondo le nuove regole del commercio globale. La recente crisi economica ha dimostrato che la cooperazione economica internazionale e l’integrazione sono diventate un imperativo per affrontare le sfide globali e l’esclusione dei BRICS non può certo giovare al nuovo ordine internazionale. Coinvolgendo sia Stati Uniti e UE, il TTIP avrà forti ripercussioni sia sulla Cina che sulla Russia. Secondo alcuni analisti il TTIP (insieme alla Trans Pacific Partnership), è visto come un tentativo per isolarle. La possibilità di un consolidamento del blocco occidentale tramite il TTIP e la riforma della NATO preoccupano infatti sia la Cina che la Russia. Entrambe cercano d’impedirlo, alternando lusinghe, promesse d’investimenti e minacce. Ma la logica della Realpolitik, utilizzata dalle grandi e vecchie potenze non s’incontra con le potenze emergenti, che non hanno concordato le regole di un nuovo ordine. Dato che le istituzioni multilaterali hanno perso la loro efficacia, un accordo fra loro è impossibile. Tale asse di comodo sinorusso quindi, se pur piuttosto durevole, non è in grado di lanciare una sfida diretta contro gli USA, poiché appare troppo pericolosa. Tanto la Russia quanto, soprattutto, la Cina restano fortemente dipendenti dalla cooperazione con Washington. Non soltanto le relazioni sino-americane superano di gran lunga quelle russo-americane in termini di interscambio commerciale, ma solamente mantenendo relazioni costruttive con gli Stati Uniti la Cina può sperare di incidere sulle questioni dell’agenda globale – dai cambiamenti climatici al terrorismo internazionale – che toccano da vicino i suoi interessi. Pechino è infatti vitalmente interessata a un contesto internazionale stabile nel quale possa continuare a perseguire la propria agenda di sviluppo77. Ne consegue che il TTIP in realtà, potrebbe essere l’inizio per un maggiore coinvolgimento di Pechino e di Mosca in negoziati quantomeno trilaterali: i dialoghi, informali ma già avviati da diversi anni, dalla Cina rispettivamente con l’UE e gli USA costituiscono un punto di partenza importante su cui costruire accordi di portata più ampia in un’ottica di medio periodo. Nel complesso si può sostenere che il TTIP ha un’agenda decisamente ambiziosa e vasta e se dovesse essere realizzata al massimo del suo potenziale ci sarebbero sia benefici che svantaggi economici per entrambe le parti. Data la sua vastità, al di là delle stime riportate dai vari studi è molto difficile 76 77 Kupchan C., The geopolitical implication of the transatlantic trade and investment Partnership, “Tranatlantic Academy”, June 2014, p. 6. www.istituto-geopolitica.eu Istituto Affari internazionali (IAI), Orizzonte Cina, Renzi in Cina, dilemmi strategici di Pechino, giugno 2014, p. 4. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 23 calcolare ex ante l’impatto di tale accordo ed effettuare una sua valutazione completa. Da un lato è possibile intravedere grandi opportunità sia per i produttori in termini di sbocchi sul mercato, che per i consumatori che accederanno a beni meno costosi. In contropartita il TTIP, potrebbe liberare le imprese da ogni vincolo, sia esso una norma tariffaria o socio-ambientale, o attribuire loro il potere da un lato di citare in giudizio qualsiasi autorità governativa che interferisca con i loro affari, dall’altro lato di chiedere risarcimenti ai contribuenti per eventuali profitti mancati in conseguenza delle normative di cui sopra. Lunedì 29 settembre presso la sede di Assolombarda a Milano si è tenuto un convegno sullo stato di avanzamento della partnership transatlantica e sull’importanza del TTIP. Sono in pochi a credere che si possa raggiungere una prima intesa nel 2015. Il timore e che, con le elezioni statunitensi di medio termine alle porte, a novembre Obama possa perdere la maggioranza al Senato, incrinando una volontà d’accordo molto chiara a parole ma non sempre convincente nei fatti. Secondo le parole del vice-ministro per lo Sviluppo economico italiano, Carlo Calenda il rischio è quello di arrivare senza punti fermi al 2016, e se alle prossime elezioni presidenziali Washington cambiasse indirizzo tutto potrebbe sfumare. A rendere ancora più torbide le acque in cui naviga il TTIP vi è la vicenda di Cecilia Malmström, candidata svedese alla carica di Commissario Europeo al commercio. Nello stesso giorno in cui si sono aperti i negoziati sul TTIP a Chevy Chase, nel Parlamento Europeo si svolgevano le audizioni sulle nomine per i posti di Commissario Europeo. Secondo quanto riportato dal giornale tedesco “Neues Deutschland”, durante le audizioni sulle nomine, alla domanda sul problema dell’accordo TTIP, presentata anticipatamente per iscritto, la Malmström avrebbe espresso con forza la propria contrarietà alla proposta di “tutela degli investitori”. Seguendo la linea del Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker aveva annunciato www.istituto-geopolitica.eu l’«inammissibilità di qualsiasi tipo di accordo che limiti i poteri dei giudici degli Stati membri dell'Unione Europea», nonché la soppressione della disposizione nell’imminente accordo. Tuttavia, prima dell’udienza al Parlamento Europeo tale passaggio è stato eliminato e sostituito con una posizione molto più morbida e fiduciosa sulla «possibilità di trovare un sistema» che tenga conto di «tutte le posizioni» attraverso un eventuale consiglio pubblico per monitorarne la trasparenza. In conclusione, all’indomani della fine del settimo round negoziale, terminato il 3 ottobre, il corrispondente di “Euronews” da Washington, Stefan Grobe ha affermato che: «I due negoziatori hanno anche affrontato il tema controverso della trasparenza, ma non hanno convinto. I negoziati si sono svolti in segreto, solo una minima quantità di informazioni è stata fornita ai media e nessuno ha precisato quanti round negoziali dovremo attenderci prima della firma dell’accordo». Bibliografia A Brave New Transatlantic Partnership. The proposed EU-US Transatlantic Trade and Investment Partners hip (TTIP/TAFTA), and its socio-economic & environmental consequences, “Seattle to Bruxelles Netwok”, October 2013. A transatlantic Corporate bill of rights – investor privileges in EU-US trade deal threaten public interest and democracy, “Corporate Europe Observatory” (CEO), June 2013. 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