Amici - Pasqua 2014

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Amici - Pasqua 2014
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Ciò che
separa veramente l’uomo
da Dio è il peccato e
la morte, non solo il
fatto che noi siamo creati e
Dio no. E l’uomo non può in
nessun modo attraversare questo
abisso e arrivare a Dio. Non può
conquistare da solo la benevolenza di Dio, tanto meno può appropriarsi della sua vita. Di fronte
a questo abisso del peccato e della
morte, è impotente qualsiasi religione e qualsiasi via filosofico-etica
che l’uomo possa pensare. L’uomo
può diventare moralmente irreprensibile, ma con ciò non è ancora diventato
figlio di Dio, suo eletto, erede del suo
regno.
Ciò che ci ha portato fino a questa separazione, che ha spalancato questo abisso tra
l’uomo e Dio, è una volontà non vissuta più
nell’amore. Per questo Dio, l’unico in grado di
attraversare questo abisso, ha dovuto venire in
questo mondo, diventare uomo e vivere la volontà
umana alla maniera di Dio, cioè in modo amoroso,
nella donazione di sé. Attraversare la soglia della
morte prevede infatti il sacrificio di sé. E solo Gesù
Cristo, che è venuto dal Padre, sa che aldilà del velo
della morte non c’è il vuoto, ma il Padre. Perciò vive la
sua vita come una donazione pasquale, come sommo
sacerdote che non offre sacrifici, ma dona se stesso con il
sacrificio della propria volontà per amore – nuovo
sommo sacerdote, sacerdote della volontà amorosa e dell’identificazione assoluta con il genere umano.
Cristo si è avvicinato a noi in tutto, per rivelarci la
misericordia e la carità nell’esperienza della nostra fragilità, debolezza e peccaminosità, che Lui ha preso su
di sé. Perciò il suo sacerdozio rappresenta quel sacrificio che fa del suo Corpo uno spazio aperto fino al
santuario dove abita il Padre. Questo spazio rimane
aperto per noi, perché noi battezzati possiamo avere
libero accesso al trono della grazia, all’altare della sua
misericordia, per ricevere dall’altare del suo amore la
misericordia e il perdono.
Chiesa del Corpus domini (Bologna)
• N. 21 • Pasqua 2014 •
Cari amici e benefattori del Centro
Aletti, in questo tempo pasquale preghiamo per voi con una maggiore attenzione, perché possiate avvicinarvi con
slancio pasquale al trono della grazia per vivere nella libertà dei figli di Dio.
e l’equipe del Centro Aletti
In colloquio con il Card. Dziwisz
Il 2 aprile, durante il cantiere nel Santuario di Giovanni Paolo
II a Cracovia, padre Rupnik ha intervistato il cardinale Stanisław Dziwisz.
P. Rupnik: Oggi è proprio l’anniversario della morte di Giovanni
Paolo II. Noi artisti siamo scesi nella cripta a venerare la reliquia.
Quelli tra di noi che lo abbiamo conosciuto più da vicino abbiamo
avuto tanti ricordi, quindi mi posso immaginare lei. Quale è l’immagine più viva che oggi porta con sé? Alla mattina quale è stata la
sua prima immagine che le si è affacciata alla memoria?
Card. Dziwisz: Soprattutto il congedo. Lui era molto tranquillo. E anche attorno a lui aveva creato una grande pace.
Qualche giorno prima aveva detto: tutta la vita dovrebbe essere una preparazione a questo giorno, questo giorno dell’incontro con il Signore, perché la morte non è la fine. è una
tappa della vita terrena per andare alla vita eterna. Questa pace
per lui era importantissima. Lui ha ridato dignità all’uomo che
muore, dignità alla morte. Oggi tutti hanno paura della morte,
dell’uomo che sta morendo. Siccome tutta la sua vita era una
grande proclamazione del vangelo, ha fatto anche della fine
della sua vita una grande proclamazione che esiste Dio e la
vita eterna.
Negli ultimi anni, era evidente che aveva una visione escatologica
della sofferenza…
Sì, lui è stato segnato per tutta la vita dalla sofferenza, in diversi modi. Da una parte era un uomo dotato di grandi talenti
– artista, attore, scrittore, predicatore… Piano piano tutto serviva al suo apostolato, ha usato tutto per il Signore, ma ha maturato tutto. E alla fine anche la sofferenza ha avuto un senso,
un suo valore. Su questo ha anche scritto la lettera apostolica
Salvifici doloris. Non nascondeva le sue sofferenze, le sue debolezze, e a Roma ho sentito che la gente diceva che quando
lui era giovane lo ammiravano, ma quando era vecchio, malato, quando lo hanno visto soffrire, lo amavano di più.
è vero… Ma perché è emerso veramente Cristo. Dentro di lui si è
visto sempre più chiaramente Cristo...
Perché tutta la sua vita era una vita per il Signore. Non divideva la vita, il tempo, il lavoro, e le altre cose… no. Tutto
quello che faceva lo faceva nella preghiera, lo condivideva
sempre con il Signore.
Anche nella lettera apostolica Novo millennio ineunte, quando
parla della contemplazione del volto di Cristo, si vede dove è concentrato.
Lui pensava che l’apostolato del nuovo millennio debba essere una contemplazione del volto di Gesù. Tramite la contemplazione del volto di Gesù, lui sperava di attivare un
rinnovamento spirituale per l’oggi.
Che cosa diceva che deve accadere perché l’Europa possa ancora compiere la sua missione?
Per Giovanni Paolo II la missione dell’Europa dipende dalla
sua unità, anzi, comincia con la sua unità. Lui era convinto
che l’Europa deve essere unita. Io qualche volta penso che si
potrebbe aggiungerlo a questi patroni dell’Europa comune,
perché lui sempre diceva che l’Europa ha bisogno dei due polmoni, l’occidentale e l’orientale, ma fondata sulle radici da cui
è stata creata, le radici cristiane. L’Europa dovrebbe essere fondata sui valori cristiani. Senza questi valori l’Europa non ha il
suo futuro. Perché, quando si abbandonano le radici di questa
Europa cristiana, si perde il fondamento – si muore. Ogni
tanto viviamo una di queste crisi, crisi che provengono anche
dalla crisi morale, come ha detto pure Benedetto XVI. Giovanni Paolo II era assolutamente per l’Europa unita, ma sulla
base delle radici della fede cristiana.
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Penso che l’unità venga da questa contemplazione di Cristo che lui alla
fine ci lascia come grande eredità. Questo dà senso a tutto ciò che è
l’Europa. Se non c’è questo volto, si rischia sempre qualche ideologia.
E il compito di noi cristiani è di introdurre questo pensiero
e questa visione del volto di Cristo in Europa. L’Europa è
cristiana.
A proposito di questi sei patroni d’Europa, lei sa che a Belgrado, nell’episcopio, abbiamo fatto un mosaico che li raffigura, ma abbiamo aggiunto anche Giovanni Paolo II. Non si può pensare l’Europa senza
di lui!
Ma certo! è lui che ha unito l’Europa distruggendo il muro
di Berlino.
E poi anche nell’ecumenismo, quanto ha fatto per aprire a questo
senso orientale più poetico, più artistico…
Sì, peccato che i russi non lo abbiano capito. Lui conosceva
l’anima russa – la letteratura, la teologia… per questo chiamava i vostri membri del Centro Aletti, perché anche voi
avete questa apertura verso l’unità, verso il cristianesimo molto
ricco dell’oriente. Voi avete avuto la fortuna di avere un
grande padre, uno starec, padre Špidlík. Grande personalità,
grande scienziato, ma anche una persona di grande simpatia.
Mi ricordo che, quando ha predicato gli esercizi spirituali, trovava sempre qualche battuta, e gli esercizi non erano pesanti.
Alla fine pure il papa ha detto: “Ci ha fatto anche divertire!”.
Per noi e per me personalmente è stata una grande grazia aver potuto
conoscere personalmente Giovanni Paolo II...
Non so come si è fatto questo rapporto così stretto. All’inizio
certamente per la cappella Redemptoris Mater che lo ha avvicinato allo spirito di quest’arte tramite padre Špidlík. E
penso anche che eravate sulla stessa scia, sensibilità e apertura
all’ecumenismo, all’unità e anche a questi valori che presentano le chiese orientali. Preghiamo perché l’occidente e
l’oriente capiscano che la vera evangelizzazione non si può
fare se non insieme.
Noi ci sentiamo veramente mandati da Giovanni Paolo II, sentiamo
proprio questa missione.
Io sono contento e grato che proprio voi lavoriate nel santuario di Giovanni Paolo II qui a Cracovia, perché qui c’è il
timbro di questa relazione unica tra il papa e il Centro Aletti,
e vorrei invitare tutti a vedere questo timbro.
Vorrei che lei sapesse che, se qui lavoriamo e fatichiamo, sentiamo
tutto come una grazia. A Roma pregano per noi e tutti questi mesi
che abbiamo preparato a casa i mosaici del santuario abbiamo sentito
che è una grazia il fatto che lei ci abbia chiamati a lavorare qui.
Come ho detto prima agli artisti, voi non fate semplicemente
arte, ma con questa arte fate un apostolato prezioso. Ai fedeli
piace quest’arte. Quante persone pregheranno qui, chiederanno la grazia, cercheranno Dio, troveranno il rapporto con
Dio attraverso gli anni futuri… Quanti pellegrini verranno in
questa Chiesa e saranno toccati da questa arte! E anche la
gente di qui, quando vede il vostro lavoro, la vostra presenza…
siete esemplari per come lo fate, con quale amore e con quale
impegno e sacrificio. Padre professore, grazie infinite, non so
quante volte.
Eh, Eminenza, siamo noi a dire grazie!
In occasione dell’anniversario della morte del
card. Tomáš Špidlík
il Centro Aletti invita alla celebrazione eucaristica
mercoledì 16 aprile alle ore 17.00
nella basilica di San Marco a Piazza Venezia a Roma
Dopo la liturgia seguirà un concerto del
Trio Rupnik per piano, violino e violoncello.
sabato 3 maggio alle ore 11.00
nella basilica dei Santi Cirillo e Metodio a Velehrad
J.-C. Guy,
STORIA DELLA
VITA RELIGIOSA
In una manciata di pagine,
p. Guy ci dà una lettura della storia plurisecolare della vita religiosa facendoci cogliere anzitutto
che esiste una unità della vita religiosa, prima della molteplicità
delle sue forme, e che pertanto
tutte le forme precedenti hanno
qualcosa da dire sul modo in cui
oggi cerchiamo di viverla. Un
libro prezioso, dunque, che ci
può aiutare a cercare un futuro
per la vita religiosa.
Lipa Edizioni, via Paolina 25, 00184 Roma
tel. 06/4747770 – fax : 06/485876 – [email protected]
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Al lavoro con gli angeli
custodi
Siamo partiti che in Polonia facevano 20
gradi, ora siamo a 0. Siamo partiti che
eravamo in 28 e ora siamo già in 26...
Siamo partiti con così tanta buona volontà che neanche gli 800 mq che ci
siamo trovati davanti tutti “impalcaturati” ci hanno spaventato.
A Natale avevo detto che vi avrei raccontato del lavoro dei nostri angeli custodi,
ma non immaginavo quante cose ci sarebbero state da dire: oltre all’incognita se
c’è l’avrebbero fatta a venire – vista la situazione in Ucraina –, prima della partenza Ivan, uno dei nostri quattro ucraini
“di sostegno”, si è rotto un piede scivolando dal primo gradino della scala. E ora
che gli altri tre sono venuti, resta l’incognita se potranno restare. Ad Andrea la
punta del trapano da modellismo impazzito si è conficcata con una piroetta esattamente nella caviglia ledendogli un
tendine e mettendolo fuori uso per un
mese, proprio nel clou della preparazione
per la Polonia. E a questo punto Marco –
non padre Marko! – ha pensato di farsi
una bella partitella a calcetto, ma non avendo più l’età si è stirato qualche legamento della gamba, così che è venuto
con noi più per fede che per salute...
Individuato il diavoletto delle gambe,
abbiamo cercato di fare attenzione a
dove mettevamo i piedi, ma non sapevamo che il meglio doveva ancora venire. Finita l’incubazione, a Svetozar è
scoppiata la varicella che una settimana
prima aveva avuto Elija, il figlio. Molti
di quelli con cui stava in macchina non
sanno se l’hanno avuta o no, perciò
aspettiamo. Nel frattempo però Artur
non è riuscito ad alzarsi dal letto, bloccato con la schiena... Svetozar stanza 14,
Artur stanza 15, alla 16 c’è Stella che ha
cominciato a fare i debiti scongiuri...
Quel che è certo è che stavolta i nostri
angeli custodi stanno combattendo una
bella battaglia. Cosa può ancora succedere non lo sappiamo, ma certo da qualcosa di peggio ci hanno già salvato.
Non poco sono occupati anche per custodire i nostri fegati, perché il fritto è
la base di ogni pasto, e per abituarsi un
po’ ci vuole. E questo a riprova che l’inculturazione nasce sempre in cucina...
Ma, considerando che, quando padre
Špidlík è venuto per la prima volta in
Italia, il suo medico lo ha compatito
molto dicendo che la cucina italiana è
molto povera perché non si usano i fritti
e si sarebbe trovato male, tutto è relativo.
Siamo qui da una settimana, domenica
abbiamo lavorato, ma siccome la mattina
non si poteva perché si susseguono le
messe e si sente tutto, per il pomeriggio
p. Marko ha convinto il rettore che
avremmo fatto lavori che non richiedevano il taglio con la pinza, cigolio continuo e fastidioso, e soprattutto che
saremmo stati in silenzio. E così è stato.
Lavorare in silenzio è tra l’altro molto
più produttivo e Rupnik se n’è accorto
subito, così che per la domenica prossima lavoreremo anche al mattino...
Quando gli abbiamo detto che c’era una
bella idea per una gita, ha risposto che
ce l’aveva anche lui, una bella gita su una
nuova impalcatura. Della salina, patrimonio dell’Unesco, non gli può interessare di meno... Abbiamo ripiegato su
una bella pizza serale polacca, già sperimentata e promossa lo scorso anno,
anche perché domenica è sempre domenica e la storia che iconografi e sacerdoti possono lavorare in questo
giorno non ci convince del tutto. Ma il
buonumore non manca e questa è la
grazia più grande, certe risate rilassanti
alla cena danno la certezza che tutto è
sotto controllo, non da parte nostra, ma
di Colui che ci dice in ogni modo e
sempre che tutto è nelle sue mani e che,
anche se qualcosa sembra andare storto e
complicare i nostri piani, in realtà ci dimostra e conferma che tutto ciò che
vuole il Signore lo compie, e in questa
sicurezza andiamo avanti. Sotto di noi la
cripta con le reliquie di Giovanni Paolo
II frequentatissima tutto il giorno, sul
campanile il cronometro che segna il
conto alla rovescia per la canonizzazione,
a casa tutti voi che pregate per noi...
Come non sentire di essere arrivati al
compimento di una storia iniziata tanti
anni fa alla Redemptoris Mater e che,
passando per luoghi e persone legate a
Giovanni Paolo II, Fatima, Lourdes, San
Giovanni Rotondo, è arrivata in questa
terra, dicendoci che alle volte si parte
senza sapere bene dove si andrà, ma c’è
un filo che non si spezza, il filo della comunione tra cielo e terra che sempre più
si rivela e custodisce i significati che,
anche se nell’immediato alle volte sfuggono, alla fine ti riportano sempre a
casa, dove pian piano riesci a leggere i
nessi di tutto. Questo sta diventando
pian piano sempre più chiaro per tutti
noi, e la visita del Cardinal Dziwisz già
il primo giorno di lavoro ha fatto un
gran piacere a tutti. Anche perché, vedendo lui, inevitabilmente si vede anche
Giovanni Paolo II. Abbiamo ricevuto
quella ulteriore iniezione di coraggio ad
affrontare i diversi fronti del cantiere,
perché trovarsi davanti di colpo sei diverse pareti tutte enormi è una bella impresa. A suo modo pasquale.
Fondazione agaPe • via Paolina 25 • 00184 R oma • T el . 06/4824588 • Fax 06/485876 • [email protected] • www.centroaletti.com
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