La Metodologia RAMSES 4 - Associazione Ambiente e Lavoro

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La Metodologia RAMSES 4 - Associazione Ambiente e Lavoro
La Metodologia RAMSES 4
Risk Assessment Methodology for workers Safety against ExplosionS
per la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori che possono
essere esposti al rischio di atmosfere esplosive
aggiornata al Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81/08)
(versione del 12/03/2014)
Sergio Colombo, Edoardo Galatola, Vera Perugini – Sindar s.r.l.
Sindar s.r.l., Corso Archinti, 35 – 26900 Lodi
Tel. 0371-549200 Fax: 0371-549201 E-mail: [email protected] Internet http://www.sindar.it
Davide Salvagio – Libero Professionista
Studio Tecnico Salvagio, Via Dei Cacciatori, 3 – 20832 Desio (MB)
Tel. 0362-337130 Fax: 02-73960059 E-mail: [email protected] Internet http://www.studiosalvagio.it
INDICE
1.
APPROCCIO METODOLOGICO ....................................................................................................................... 2
1.1.
1.2.
1.3.
1.4.
INTRODUZIONE ................................................................................................................................................. 2
LA CLASSIFICAZIONE IN ZONE E LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO ........................................................................ 2
L'APPROCCIO BASATO SUGLI INDICI LOGARITMICI ............................................................................................. 3
CONCLUSIONE .................................................................................................................................................. 5
2.
INDICI DI PERICOLO ASSOCIATI AGLI AGENTI CHIMICI ..................................................................... 5
3.
INDICI DI RISCHIO PER SORGENTE DI EMISSIONE ................................................................................. 6
3.1.
3.2.
3.3.
4.
VARIAZIONE DEL RISCHIO DOVUTO ALLA CLASSIFICAZIONE DELLA ZONA ......................................................... 7
VARIAZIONE DEL RISCHIO DOVUTO ALLA PROBABILITÀ DI PRESENZA DI SORGENTI DI ACCENSIONE ................. 7
VARIAZIONE DEL RISCHIO DOVUTO ALL'ENTITÀ DEI DANNI ............................................................................... 8
INDICI DI RISCHIO PER MANSIONE .............................................................................................................. 9
4.1.
VARIAZIONE DEL RISCHIO DOVUTO ALLA PROSSIMITÀ DEGLI OPERATORI AL VOLUME POTENZIALMENTE
ESPLOSIVO .................................................................................................................................................................... 10
4.2.
VARIAZIONE DEL RISCHIO DOVUTO ALLA FREQUENZA DI ESPOSIZIONE DEGLI OPERATORI ............................... 10
4.3.
VARIAZIONE DEL RISCHIO DOVUTO AL LIVELLO DI FORMAZIONE DEGLI OPERATORI ........................................ 11
5.
ESITI DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO .............................................................................................. 11
6.
VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ NORMATIVA ............................................................................. 13
ALLEGATO 1 - INDICI DI PERICOLO DEGLI AGENTI....................................................................................... 14
ALLEGATO 2 - STIMA DELLA DISTANZA DI DANNO BASE PROVOCATA DALL’ESPLOSIONE ........... 18
ALLEGATO 3 - FATTORI DI CORREZIONE DELLA DISTANZA DI DANNO ................................................. 22
Valutazione del rischio da Atmosfere Esplosive secondo la metodologia Ramses 4
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1. APPROCCIO METODOLOGICO
1.1. Introduzione
Il presente documento illustra l'approccio Ramses 4 alla valutazione del rischio da atmosfere esplosive ai sensi del Titolo XI
del D.Lgs. 81/08.
L’art. 290 del D.Lgs. 81/08 prevede infatti che il Datore di lavoro debba valutare i rischi per i lavoratori derivanti da
atmosfere esplosive, prendendo in considerazione tutti gli elementi rilevanti, tra cui, almeno:
•
•
•
•
la probabilità e la durata della presenza di atmosfere esplosive;
la probabilità che siano presenti e divengano efficaci fonti di accensione;
le caratteristiche dell’impianto, le sostanze utilizzate, i processi e loro possibili interazioni;
l’entità degli effetti prevedibili.
1.2. La Classificazione in zone e la valutazione del rischio
Come è noto, l’art. 293 del D.Lgs. 81/08 richiede al Datore di lavoro che le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
vengano ripartite in Zone secondo l’allegato XLIX. La classificazione in Zone, effettuata secondo la pertinente normativa
tecnica CENELEC, in particolare CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87) per fluidi infiammabili e CEI EN 60079-10-2 (CEI 3188) per polveri combustibili, è conforme a quanto indicato nell’allegato XLIX del D.Lgs. 81/08.
La ripartizione in Zone , secondo il suddetto allegato, è riportata nella tabella seguente:
Zona 0
Zona 1
Zona 2
Zona 20
Zona 21
Zona 22
Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera
esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas,
vapore o nebbia.
Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di
sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile che avvenga
occasionalmente durante le normali attività.
Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfera
esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas,
vapore o nebbia o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera
esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell’aria.
Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere
combustibile nell’aria, e' probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività.
Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfera
esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia unicamente
di breve durata.
Ciascuna tipologia di Zona, che definisce qualitativamente la probabilità di formazione di atmosfera esplosiva, è generata da
una o più Sorgenti di Emissione (SE) ossia un punto o una parte di impianto/apparecchiatura da cui può essere emesso
nell’atmosfera un agente infiammabile o combustibile con modalità tali da generare un’atmosfera esplosiva.
Il documento di classificazione in zone ATEX dei luoghi di lavoro rappresenta sicuramente una fonte importantissima e
fondamentale di informazioni relative al rischio di esplosione, non di meno, come richiamato dal citato art. 290 del D.Lgs.
81/08, esso è riferito solo ad uno degli aspetti pertinenti per la valutazione del rischio: infatti, se la formazione di una
atmosfera esplosiva è condizione necessaria per avere un’esplosione, non è detto che tale esplosione possa verificarsi, né che
debba avere necessariamente effetti molto gravi, né, infine, che debbano essere necessariamente coinvolti i lavoratori.
In effetti per valutare il rischio per i lavoratori occorre prendere in considerazione l’intera catena di eventi:
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Formazione
atmosfera
esplosiva
+
Esplosione con
area di danno
significativa
Impatto sui
lavoratori
Innesco efficace
Ciascuno dei blocchi presenti nello schema richiede una valutazione, e la valutazione del rischio per i lavoratori
deriva dall’insieme dei risultati delle stime di probabilità e danno.
Occorre quindi tenere sempre ben presente che, ai fini della valutazione del rischio ATEX, non è sufficiente disporre del
documento di classificazione in zone e che, per la redazione del “Documento sulla protezione contro le esplosioni” previsto
dall’art. 294 del D.Lgs. 81/08, è necessario:
1.
2.
3.
4.
valutare la possibilità e probabilità di formazione di atmosfere esplosive (identificazione agenti chimici
infiammabili/combustibili, sorgenti di emissione e classificazione in zone);
valutare la presenza di sorgenti di accensione e la probabilità che diventino efficaci;
valutare l’entità dell’area di danno provocata dall’esplosione;
valutare l’impatto dell’esplosione sui lavoratori.
1.3. L'approccio basato sugli indici logaritmici
L’obiettivo di ogni valutazione dei rischi è quello di consentire al Datore di lavoro di individuare i provvedimenti
che sono effettivamente necessari per la salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori.
A questo scopo, specie nei casi in cui si devono analizzare molte diverse situazioni, risulta assai comodo poter fare
riferimento ad una scala numerica associando a ciascuna delle situazioni oggetto di valutazione un indice di pericolo e/o un
indice di rischio. Attraverso gli indici di rischio è possibile infatti confrontare le diverse situazioni e definire dove
eventualmente è necessario intervenire con nuove misure di prevenzione e protezione.
Negli approcci strutturati basati su indici numerici si definiscono specifiche funzioni matematiche che associano al pericolo e
al rischio valori numerici (in genere crescenti con l’aumentare del livello di pericolo o di rischio).
La funzione di pericolo deve essere correlata alle modalità e all’entità della proprietà intrinseca potenzialmente in grado di
produrre effetti nocivi sui lavoratori.
La funzione di rischio presuppone di definire un modello dell’esposizione dei lavoratori ad un dato pericolo, che consenta
di porre in relazione l’entità del danno atteso con la probabilità del suo verificarsi, e questo per ogni condizione operativa
all’interno di certe ipotesi al contorno.
Per la definizione della funzione di rischio si può procedere sulla base del concetto di rischio introdotto nell’analisi di
affidabilità e sicurezza degli impianti chimici alla fine degli anni '70 ed oggi universalmente riconosciuta come quella più
adatta a tradurre in termini analitici il concetto di rischio.
Secondo questa impostazione, il livello di rischio è esprimibile come il prodotto fra la frequenza attesa (f) di un evento
indesiderabile e la grandezza (magnitudo, m) del danno che esso può causare:
rischio = f x m
Nella maggior parte dei casi si procede associando valori numerici discreti (ad esempio 1, 2, 3, 4) al fattore f e al fattore m,
passando in maniera diretta dal significato fisico del parametro (ad esempio una frequenza attesa dovrebbe essere espressa in
termini di volte/giorno o volte/anno o simili) a valori numerici puramente indicativi (gli indici di frequenza - IF - e gli indici
di danno - ID).
Ancora, generalmente, si mantiene l’operazione matematica di moltiplicazione tra indice di frequenza ed indice di danno al
fine di ottenere l’indice di rischio.
Tipicamente si ottengono quindi tabelle come la seguente:
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Indici di rischio ottenuti come prodotto tra l’indice di frequenza e l’indice di danno
Indice di Frequenza →
Indice di Danno ↓
1
2
3
4
1
2
3
4
1
2
3
4
2
4
6
8
3
6
9
12
4
8
12
16
Tale approccio presenta però una forte incongruenza.
Trattando di rischi e pericoli, si viene messi di fronte a situazioni che necessariamente differiscono di diversi ordini di
grandezza; si pensi, con riferimento alla probabilità di avere un’atmosfera esplosiva, al caso di una zona 0 confrontato con
una zona 2: la Guida CEI 31-35 indica i valori di probabilità che possono essere assunti indicativamente in mancanza di altri
validi riferimenti
Zona
Probabilità di atmosfera
esplosiva in 365 d (un anno)
Zona 0
P > 10-1
Zona 1
10-1 ≥ P > 10-3
Zona 2
10-3 ≥ P > 10-5
Dalla tabella si deduce che la probabilità di formazione di una Zona 0 è dell’ordine di 10000 volte più grande rispetto ad una
Zona 2. Ciò fa comprendere come non sia possibile interpretare gli indici di frequenza e di danno come valori
proporzionali alla grandezza che rappresentano dato che, evidentemente, in questo modo si potrebbe descrivere solo
una variabilità molto limitata (nell’esempio da 1 a 4 volte).
Se non è corretto dire che un indice pari a 2 indica una situazione pari al doppio di una situazione con indice pari a 1, a
maggior ragione non avrà senso eseguire il prodotto tra indici di frequenza ed indici di danno per ottenere l’indice di rischio.
Inoltre in questo modo si ottengono valori numerici che possono portare fuori strada il Datore di lavoro: che indicazioni dà
il fatto che l’indice di rischio 9 (3 per 3) è maggiore di 8 (4 per 2)?
Una possibile soluzione del problema del significato da assegnare agli indici di frequenza e di danno e alle modalità di calcolo
dell’indice di rischio, è data dall’approccio logaritmico agli indici di rischio.
Secondo questa impostazione gli indici si ottengono calcolando il logaritmo in base 10 della frequenza attesa, del
danno e del rischio. Per altro, la scelta del valore 10 come base, dettata da ragioni di semplicità, è arbitraria, ma ininfluente:
dato che i logaritmi in basi diverse delle stesso numero sono direttamente proporzionali, la scelta di un’altra base porterebbe
solo ad una diversa estensione della scala dei valori adottati.
In altri termini si applica membro a membro l’operatore logaritmo alla relazione rischio = f x m, ottenendo:
Log(rischio) = Log(f x m)
ossia, per una nota proprietà dei logaritmi:
Log(rischio) = Log(f) + Log(m)
e quindi, passando agli indici di rischio (IR), di frequenza (IF) e di danno (ID):
IR = IF + ID
Si noti come il corretto modo di aggregare indice di frequenza e indice di danno sia l’addizione e non, come
adottato nella maggior parte dei casi, la moltiplicazione.
In questo modo l’estensione della scala di variabilità del rischio è limitata a numeri piccoli (ad esempio, il logaritmo in base
10 di 10 è 1 e il logaritmo in base 10 di 1.000.000 è 6), ma non si incorre nelle incongruenze descritte al paragrafo
precedente.
Ciò consente una serie di vantaggi:
•
eseguendo il logaritmo, l'intero prodotto dei fattori da considerare viene trasformato in una sommatoria: ciò
consente di considerare i vari parametri rilevanti in modo indipendente, sommando il contributo di ciascuno e
rendendo l’approccio al contempo solido e trasparente. Va fatto rilevare che alcuni dei termini presenti tra i fattori
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possono essere calcolati come somma di diversi contributi (ad esempio se si considera la frequenza attesa della
presenza di un innesco sul luogo di lavoro, è necessario sommare tra loro la frequenza relativa a fiamme libere, a
saldature, a scintille elettriche, a cariche elettrostatiche etc.). E' chiaro che la proprietà di trasformare la produttoria
in sommatoria si applica in questo caso al solo fattore risultante e non ai singoli addendi che lo compongono;
•
è possibile “sommare” tra loro anche pericoli/rischi di tipo diverso: se ad esempio si è definito un indice di
rischio di esplosione e un indice di rischio di intossicazione a causa di prodotti tossici di combustione, ed una data
sorgente di emissione presenta indice di rischio esplosione uguale a 3 ed indice di rischio tossico uguale a 2 si può
facilmente e correttamente sommare i rischi ricordando la loro natura logaritmica:
3 103 = 1000
2 102 = 100
1000 + 100 = 1100
Log(1100)= 3,04
Come si nota, l’indice di rischio complessivo è di poco superiore al valore 3, come è corretto che sia visto che si
stanno “sommando” situazioni diverse di un ordine di grandezza (sarebbe invece errato procedere con una
semplice somma: 2 + 3 = 5)
•
è possibile (con il metodo della “somma logaritmica” descritto al punto precedente) costruire degli indici di
rischio aggregati riferiti, ad esempio, ai rischi di esplosione di un intero reparto;
•
è possibile ottenere facilmente un Indice di rischio mansionale, ossia combinare tra loro tutti gli effetti sui
lavoratori nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione al rischio esplosione a causa di diverse
sorgenti di emissione.
1.4. Conclusione
L'approccio alla valutazione del rischio da atmosfere esplosive del software Ramses 4 prevede quindi:
1.
2.
3.
4.
5.
l'uso di indici di tipo logaritmico;
l'uso dei risultati della Classificazione in zone ATEX ai fini della valutazione della possibilità e della probabilità di
formazione di atmosfere esplosive;
la valutazione della presenza di sorgenti di accensione (SA) e della probabilità che diventino efficaci;
la valutazione dell’entità dell’area di danno provocata dall’esplosione;
la valutazione dell’impatto dell’esplosione sui lavoratori.
A tal fine risulta utile definire indici di livelli diversi:
•
•
•
Indici di Pericolo associati agli Agenti Chimici in grado di generare Sorgenti di Emissione che possono portare
alla formazione di atmosfere infiammabili
Indici di Rischio per Sorgente di Emissione, ossia indici di rischio associati al rischio di esplosione, che tiene
conto di probabilità di formazione dell'atmosfera esplosiva, della probabilità della presenza di un innesco e
dell'estensione dei danni, ma prescindendo dall'impatto sui lavoratori
Indici di Rischio per Mansione, indicativi dell'effettivo rischio per le persone a causa della potenziale presenza di
atmosfere esplosive
Nei paragrafi seguenti si descrive nel dettaglio l'approccio adottato.
2. INDICI DI PERICOLO ASSOCIATI AGLI AGENTI CHIMICI
Si definisce “«atmosfera esplosiva” una miscela di aria, in condizioni atmosferiche, e sostanze infiammabili allo stato di gas,
vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga all'insieme della miscela incombusta.
Ovviamente gli effetti dannosi derivanti da atmosfere esplosive si presentano solo nel momento in cui effettivamente si
verifica un'esplosione; nell'ambito della valutazione dei rischi dovuti alla presenza sul luogo di lavoro di atmosfere esplosive,
occorre distinguere tra1:
•
danni dovuti alle conseguenze meccaniche dell'esplosione;
1 Si veda il punto (8) dei "considerando" nella Direttiva CEE/CEEA/CE n° 92 del 16/12/1999, recepita nell'ordinamento italiano dal
D.Lgs 233/03 successivamente inserito nel D.Lgs. 81/08.
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•
effetti indiretti per possibile inalazione dei prodotti di combustione nocivi e/o possibile asfissia da consumo di
ossigeno.
Conseguentemente risulta opportuno definire due indici di rischio:
IRE
IRT
= Indice di rischio per irraggiamento/onda di pressione e proiezione di frammenti (esplosione)
= Indice di rischio per inalazione a seguito di esplosione
Trattando il rischio da atmosfere esplosive è chiaro che buona parte dell'indice IR debba essere ascritta alle caratteristiche
intrinseche di esplosività della sostanza infiammabile/combustibile2; per questo motivo si è associato a ciascun agente
chimico una coppia di indici di pericolo:
IPE
IPT
= Indice di pericolo per irraggiamento/onda di pressione (esplosione)
= Indice di pericolo per inalazione a seguito di esplosione
Il valore assegnato agli IP dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche della sostanza combustibile e può essere ricavato
come illustrato in ALLEGATO 1 - INDICI DI PERICOLO DEGLI
AGENTI.
Ne risulta che il campo di variabilità degli indici di pericolo è il seguente:
Indice di
pericolo
IPE
IPT
In base alle caratteristiche
chimico-fisiche
3,5 ÷ 6,5
5
In base alla qualità delle
fonti informative
0 ÷ +1
0 ÷ +1
Totale
3,5 ÷ 7,5
5÷6
3. INDICI DI RISCHIO PER SORGENTE DI EMISSIONE
Per la determinazione degli Indici di Rischio per Sorgente di Emissione, che dipendono dalla probabilità di formazione
dell'atmosfera esplosiva, dalla probabilità della presenza di un innesco e dall'estensione dei danni, ma prescindono
dall'impatto sui lavoratori, si utilizzano le seguenti formule:
IRE-SE = IPE + ∆zona + ∆inneschi + ∆danni esplosione + KSE-E
IRT-SE = IPT + ∆zona + ∆inneschi + ∆danni tossicità + KSE-T
dove:
Parametro
IRE-SE
IRT-SE
IPE
Descrizione
Indice di Rischio da Esplosione per Sorgente di Emissione
Indice di Rischio da Tossicità per Sorgente di Emissione
Indice di Pericolo da Esplosione riferito all'agente chimico
che genera la Sorgente di Emissione
Valore assunto
Risultato del calcolo
Risultato del calcolo
Si veda in ALLEGATO 1 - INDICI
DI PERICOLO DEGLI
IPT
Indice di Pericolo da Tossicità riferito all'agente chimico che
genera la Sorgente di Emissione
Si veda in ALLEGATO 1 - INDICI
DI PERICOLO DEGLI
∆zona
Variazione del rischio dovuto alla classificazione della Zona
generata dalla Sorgente di Emissione
Variazione del rischio dovuto alla probabilità di presenza di
Sorgenti di Accensione
Variazione del rischio dovuto all'entità dei danni diretti da
esplosione
AGENTI
AGENTI
∆inneschi
∆danni esplosione
Si veda al paragrafo 3.1
Si veda al paragrafo 3.2
Si veda al paragrafo 3.3
2 Tutte le sostanze infiammabili e combustibili sono da considerare come sostanze che possono formare un'atmosfera esplosiva a meno che l'esame
delle loro caratteristiche non abbia evidenziato che esse, in miscela con l'aria, non sono in grado di propagare autonomamente un'esplosione.
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Parametro
∆danni tossicità
KSE-E
KSE-T
Descrizione
Variazione del rischio dovuto all'entità dei danni indiretti da
tossicità dei prodotti di combustione
Costante per Sorgente di Emissione rischio esplosione
Costante per Sorgente di Emissione rischio tossico
Valore assunto
3
3
Di seguito sono analizzati nel dettaglio gli algoritmi di calcolo delle variazioni da prendere in considerazione.
3.1. Variazione del rischio dovuto alla classificazione della Zona
Come detto sopra, ciascuna Sorgente di Emissione è assegnata ad una Zona Classificata in base alla frequenza e alla durata
della presenza di atmosfere esplosive.
Tenuto conto dell'approccio logaritmico adottato e di quanto stabilito dalle norme tecniche (si veda la tabella seguente), il
termine ∆zona è stato definito come:
∆zona = Log (Pesozona)
Probabilità di atmosfera
esplosiva in 365 d (un anno)
Zona
20
21
22
0
1
2
Durata D compl. in ore
Atm. Esplosiva in un anno
Da
A
Da
A
1 10-1
1 10-3
1 10-5
1 10-1
1 10-3
876,00
8,76
0,09
876,00
8,76
Peso
assegnato
1 10-1
1 10-3
1 10-5
In pratica:
Zona
20
21
22
0
1
2
∆zona
-1
-3
-5
3.2. Variazione del rischio dovuto alla probabilità di presenza di Sorgenti di Accensione
La valutazione della probabilità che le sorgenti d’accensione divengano efficaci può essere effettuata applicando la Norma
generale UNI EN 1127-1, che identifica le seguenti tipologie generali di innesco:
• Superfici calde;
• Scintille di saldatura, fiamme e gas caldi di altra origine;
• Superfici calde di origine meccanica;
• Scintille di origine meccanica;
• Materiale elettrico;
• Correnti vaganti;
• Cariche elettrostatiche;
• Onde elettromagnetiche a radiofrequenza (RF) da 104 Hz a 3⋅1012 Hz.;
• Onde elettromagnetiche da 3⋅1011 Hz a 3⋅1015 Hz;
• Radiazioni ionizzanti;
• Ultrasuoni;
• Compressione adiabatica e onde d’urto;
• Aumenti di temperatura dovuti a reazioni chimiche o a materiali instabili;
• Combustione di uno strato di polveri o di altro materiale combustibile;
• Fulmini.
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Tenuto conto dell'approccio logaritmico adottato e di quanto stabilito dalle norme tecniche per quanto riguarda le classi di
probabilità di presenza delle sorgenti di emissione (si veda la tabella seguente), il termine ∆inneschi è stato definito come:
∆inneschi = Log
(Σ
ΣProbinneschi)
Σ
dove con Probinneschi si intende la somma delle probabilità di innesco di tutte le sorgenti di emissioni presenti all'interno del
volume in condizioni di esplosività generato dalla Sorgente di Emissione.
Probabilità di presenza
in 365 d (un anno)
Da
A
Singola sorgente di innesco
Durante il normale funzionamento
Durante guasti prevedibili
Durante guasti rari
Non considerata
1 10-1
1 10-3
1 10-5
1 10-7
Persistenza
in ore in un anno
Da
A
1
1 10-1
1 10-3
1 10-5
876
8,76
0,09
0,0009
8760
876
8,76
0,09
Probabilità
assegnata
1 10-1
1 10-3
1 10-5
1 10-7
In pratica, a titolo di esempio3, :
Presenza di 1 solo innesco
Durante il normale funzionamento
Durante guasti prevedibili
Durante guasti rari
Non considerata
Copresenza di più inneschi
Durante il normale funzionamento
Durante guasti prevedibili
Durante guasti rari
Non considerata
Complessivo
N. di
inneschi
0
2
8
15
25
∆inneschi
-1
-3
-5
-7
Probabilità di presenza in
365 d (un anno)
0
2 10-3
8 10-5
15 10-7
2,08 10-3
∆inneschi
-2,68
3.3. Variazione del rischio dovuto all'entità dei danni
L’interfaccia tra l’attività di classificazione in zone e la valutazione del rischio d’esplosione per i lavoratori è la stima
dell’entità del danno.
La procedura di classificazione in zone, come proposta dalle pertinenti norme CEI EN, termina con la stima della forma e
dimensioni del volume esplosivo nonchè la relativa probabilità di presenza.
È noto che il danno a persone e cose, a seguito di un’esplosione, è provocato dagli effetti della sovrappressione.
Se gli effetti della sovrappressione d’esplosione non sono significativi (magnitudo del danno trascurabile), la zona si identifica
come NE (Negligible Extent) di fatto non pericolosa (es. Zona 1NE). Di conseguenza la valutazione del rischio
d’esplosione, in queste circostanze, termina qui poichè non avrebbe più senso procedere con l’analisi degli inneschi. Questo
aspetto decisionale, di competenza del tecnico classificatore, è tuttavia di difficile valutazione.
Nel caso invece di effetti di sovrapressione significativi, la conoscenza dell’area geometrica entro la quale essi si presentano è
di grande interesse al fine di valutare il possibile impatto dell’esplosione sui lavoratori.
Si comprende dunque come poter disporre di un algoritmo per la stima quantitativa della “distanza di danno” possa essere di
grande interesse al fine di rispondere ad entrambe le esigenze descritte sopra.
L'algoritmo adottato è il seguente:
∆danni esplosione = Log (Dcorretta E)
Nella tabella seguente si riportano due esempi di calcolo. Nel primo viene illustrato il valore di ∆inneschi per ciascuna classe di probabilità nel caso
in cui sia presente una sola sorgente di accensione. Nel secondo esempio si è in presenza di più sorgenti di accensione.
3
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∆danni tossicità = Log (Dcorretta T)
dove
Dcorretta E = Dbase E . Π Fattori di correzioneE
Dcorretta T = Dbase T . Π Fattori di correzioneT
Dbase T = 5 . Dbase E
dove Dbase
E
viene calcolata come descritto in ALLEGATO 2 - STIMA DELLA DISTANZA DI DANNO BASE
PROVOCATA DALL’ESPLOSIONE e con il simbolo Π si è indicata la produttoria dei fattori elencati in ALLEGATO 3
- FATTORI DI CORREZIONE DELLA DISTANZA DI DANNO.
Nota: dato che l'innesco del volume in condizioni esplosive si può verificare in diversi punti della volume classificato come
Zona, e - al limite - nei pressi del suo confine esterno, la distanza di danno determinata come descritto sopra va
cautelativamente applicata non in corrispondenza della Sorgente di emissione, ma a partire dal confine del
volume classificato.
4. INDICI DI RISCHIO PER MANSIONE
Per la determinazione degli Indici di Rischio per Mansione, che, come definito al paragrafo 1.4, sono indicativi dell'effettivo
rischio per le persone a causa della potenziale presenza di atmosfere esplosive, si utilizzano le seguenti formule:
IRE-M = IPE-SE + ∆prossimità-E + ∆frequenza + ∆formazione + KM-E
IRT-M = IPT-SE + ∆prossimità-T + ∆ frequenza + ∆ formazione + KM-T
dove:
Parametro
IRE-M
IRE-T
IPE-SE
IPT-SE
∆prossimità-E
Descrizione
Indice di Rischio da Esplosione per Mansione
Indice di Rischio da Tossicità per Mansione
Indice di Rischio da Esplosione per Sorgente di Emissione
Indice di Rischio da Tossicità per Sorgente di Emissione
Variazione del rischio dovuto alla posizione della mansione all'interno
dell'area dei danni diretti da esplosione
Valutazione del rischio da Atmosfere Esplosive secondo la metodologia Ramses 4
pag. 9 di 22
Valore assunto
Risultato del calcolo
Risultato del calcolo
Si veda al paragrafo 3
Si veda al paragrafo 3
Si veda al paragrafo 4.1
Parametro
∆prossimità-T
∆frequenza
∆formazione
KM-E
KM-T
Descrizione
Variazione del rischio dovuto alla posizione della mansione all'interno
dell'area dei danni indiretti da tossicità dei prodotti di combustione
Variazione del rischio dovuto frequenza della presenza della mansione
Variazione del rischio dovuto al livello di formazione della mansione
Costante per Mansione rischio esplosione
Costante per Mansione rischio tossico
Valore assunto
Si veda al paragrafo 4.2
Si veda al paragrafo 4.3
2
2
Di seguito sono analizzati nel dettaglio gli algoritmi di calcolo delle variazioni da prendere in considerazione.
4.1. Variazione del rischio dovuto alla prossimità degli operatori al volume potenzialmente
esplosivo
Dato che gli effetti dell'esplosione variano con la distanza, al fine di valutare il rischio per l'operatore è necessario tenere
conto della sua posizione relativa al volume in condizioni di esplosività.
Più precisamente, tenuto conto di quanto detto nella nota finale al paragrafo 3.3 e adottando un approccio conservativo, si
deve fare riferimento al rapporto tra la distanza minima dell'operatore dal confine del volume classificato come
potenzialmente esplosivo e la distanza di danno precedentemente calcolata (per i danni diretti da esplosione oppure per
danni indiretti da tossicità dei prodotti di combustione).
La tabella seguente riporta i valori di ∆prossimità in corrispondenza delle fasce di rapporto Distanza minima
operatore/Distanza di danno.
Posizione all’interno dell’area di
danno
Oltre la distanza di danno
In prossimità della distanza di danno
In posizione mediana tra il confine del
volume esplosivo e la distanza di danno
In prossimità del confine del volume
esplosivo
Rapporto
Distanza minima
∆prossimità-E
operatore/Distanza
∆prossimità-T
di danno
Da
A
10
-6,00
5
10
-4,00
1,2
5
-2,00
0,8
1,2
0,00
0,4
0,8
+0,48
0,0
0,4
+1,00
4.2. Variazione del rischio dovuto alla frequenza di esposizione degli operatori
Ai fini della valutazione di rischio per gli operatori, è necessario tenere conto anche della frequenza con la quale essi si
possono trovare nella zona di possibile impatto dell'eventuale esplosione.
Al solito si è adottato un approccio di tipo logaritmico:
∆frequenza = Log (N. ore presenza a settimana/(40*50))
A titolo di esempio si riportano nella tabella seguente i valori di ∆frequenza corrispondenti ad alcune frequenze di esposizione.
Valutazione del rischio da Atmosfere Esplosive secondo la metodologia Ramses 4
pag. 10 di 22
Frequenza esposizione
Costante, per lunghi periodi o
frequente
Occasionale o periodica
Rara o poco frequente e per
breve periodo
Tempo medio di
permanenza in
ore/settimana
40
20
10
8
4
1
0,5
0,2
0,01
Probabilità di
presenza in 365 d
(un anno)
2 10-2
1 10-2
5 10-3
4 10-3
2 10-3
5 10-4
2,5 10-4
1 10-4
5 10-6
∆frequenza
-1,70
-2,00
-2,30
-2,40
-2,70
-3,30
-3,60
-4,00
-5,30
4.3. Variazione del rischio dovuto al livello di formazione degli operatori
Ovviamente anche il livello di formazione degli operatori ha un impatto sulla stima del rischio, in quanto condiziona da una
parte il controllo delle sorgenti di accensione e dall'altro la capacità dell'operatore di adottare adeguate misure di protezione.
I valori di ∆formazione adottati sono i seguenti
Livello di formazione
Insufficiente informazione sui rischi da
atmosfere esplosive
Adeguata informazione sugli specifici rischi
da atmosfere esplosive
Adeguata formazione sulle corrette
modalità operative da adottare
Adeguata formazione e addestramento
Procedure di lavoro scritte che contengono
anche chiare indicazioni di sicurezza
∆formazione
+1,00
0,00
-0,30
-1,00
-1,30
5. ESITI DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Il metodo sin qui esposto consente di calcolare:
•
•
•
un Indice di pericolo associato a ciascun agente in grado di generare un'atmosfera potenzialmente esplosiva
un Indice di rischio per ogni Sorgente di emissione presente in una Zona classificata a rischio di esplosione
un Indice di rischio per ogni Mansione potenzialmente esposta agli effetti di un'esplosione
L'approccio adottato è basato sull'utilizzo di indici di tipo logaritmico parametrati sulla stessa scala di valori già definita per il
software Moses 44, appartenente allo stesso pacchetto software di Ramses.
Questa scelta consente di avere indici di rischio direttamente paragonabili a quelli ottenuti per altri pericoli presenti negli
ambienti di lavoro per gli stessi operatori e quindi rende possibile con semplicità sia la comparazione sia la “somma” dei
rischi a livello mansionale.
4
MOSES 4 -Multi-factor Occupational riSk Evaluation. Software per la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori
Valutazione del rischio da Atmosfere Esplosive secondo la metodologia Ramses 4
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La scala adottata, e la conseguente definizione del programma degli eventuali interventi di miglioramento, è la seguente:
Indice di rischio
Livello di rischio
4÷6: alto
3÷4: medio
2÷3: basso
1÷2: accettabile
0÷1: trascurabile
Programma interventi
Dettaglio sulle modalità di attuazione
Effettuare azioni
• Intervento tecnico/manutentivo immediato
correttive indilazionabili • Attività addestrative effettuate e ripetute periodicamente sul personale
• Sorveglianza continuativa da parte dei preposti sulla attività a rischio
• Manutenzione preventiva dispositivi critici per la sicurezza
• Verifica SPP aziendale sulla necessità di sospendere l’attività sino al
ripristino delle condizioni di sicurezza
Programmare interventi • Intervento tecnico/manutentivo nel breve o brevissimo periodo
di miglioramento urgenti • Attività addestrative prioritarie sul personale
• Sorveglianza continuativa da parte dei preposti
• Manutenzione preventiva dispositivi critici per la sicurezza
• Controlli sanitari e di esposizione dei lavoratori
• Verifica SPP aziendale sulla necessità di istituire specifiche restrizioni /
forme di controllo
Programmare interventi • Intervento tecnico/manutentivo nel medio periodo
di miglioramento nel
• Attività addestrative sul personale
medio termine
• Sorveglianza continuativa da parte dei preposti sulle attività in oggetto
• Controlli sanitari e di esposizione dei lavoratori
• Manutenzione (preventiva/su chiamata) apparecchiature ed impianti
critici per la sicurezza
Non è strettamente
• Intervento da programmarsi secondo fattibilità tecnico-economica
necessario programmare • Mantenimento delle condizioni di sicurezza e del rispetto degli
interventi di
adempimenti generali in ottemperanza al D.Lgs. 81/08 e succ. int. e
mod.
miglioramento
Non è necessario
• Mantenimento delle condizioni di sicurezza e del rispetto degli
adempimenti generali in ottemperanza al D.Lgs. 81/08 e succ. int. e
programmare interventi
mod.
di miglioramento
Valutazione del rischio da Atmosfere Esplosive secondo la metodologia Ramses 4
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6. VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ NORMATIVA
Per conformità normativa si intende il soddisfacimento dei requisiti di protezione di impianti e apparecchiature a specifiche
norme tecniche, in accordo alla Direttiva 94/9/CE.
Ramses 4 consente di valutare, in modo qualitativo e parallelamente al calcolo degli indici di rischio, il livello equivalente di
sicurezza di ogni singola sorgente d’accensione correlandola alla tipologia di zona pericolosa, restituendo come risultato
l’equivalente categoria ATEX della coppia Sorgente-Zona. L’approccio, tipicamente utilizzato per la certificazione di
componenti e macchinari, può essere facilmente esteso anche agli ambienti di lavoro.
La Norma UNI EN 13463-1, in luogo del calcolo delle probabilità di accadimento di un evento sfavorevole, richiede
l’individuazione del numero di guasti dopo i quali si ha l’evento d’esplosione indesiderato. Se si associa ad ogni
guasto/disfunzione una barriera di sicurezza, si potranno identificare il numero di barriere complessive da non superare
affinché il sistema in esame sia conforme.
Poiché nella tecnica della sicurezza contro le esplosioni le barriere contro un evento sfavorevole sono tipicamente tre,
l’analisi dei rischi di accensione verterà nel verificare il sistema affinché la sommatoria delle barriere associate alla formazione
di atmosfera esplosiva e all’efficacia delle sorgenti d’innesco sia uguale o superiore a tre, secondo le seguenti corrispondenze:
0
1
2
3
Presenza di Atmosfera Esplosiva
Continua o frequente
(Zona 0 o 20)
Dopo una alterazione del sistema di
contenimento o per emissioni non
continue, ma previste nel normale
funzionamento
(Zona 1 o 21)
Dopo due alterazioni del sistema di
contenimento o in condizioni rare
(Zona 2 o 22)
Dopo tre o più alterazioni del sistema
di contenimento o in casi rarissimi
(Zona non classificata)
Innesco Efficace ammesso
Possibile evento d’esplosione
(sommatoria barriere <3)
Numero
di Barriere
Dopo tre o più disfunzioni/guasti
Dopo due disfunzioni/guasti
In condizioni ordinarie
(apparecchio scintillante)
0
Categoria ATEX (EPL)
2G (Gb)
2D (Db) 3G (Gc) 3D (Dc)
0
20
1
21
2
22
Verde=Conforme
Rosso=Non conforme
Valutazione del rischio da Atmosfere Esplosive secondo la metodologia Ramses 4
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2
1
Tabella di conformità normativa
1D
1G (Ga) (Da)
3
Dopo una disfunzione/guasto
Il “doppio guasto” (due disfunzioni) nella terminologia delle norme europee corrisponde a “rara disfunzione”.
Naturalmente l’indagine dovrà essere svolta per ogni potenziale sorgente d’accensione individuata.
Zona
Numero di
Barriere
ALLEGATO 1 - INDICI DI PERICOLO DEGLI AGENTI
Nel presente Allegato viene definita la modalità adottata per determinare l’indice di pericolo IPEX associato agli agenti in
grado di formare atmosfere potenzialmente esplosive:
Il pericolo di esplosione
Al fine di giungere ad una definizione di un indice di pericolo da esplosione per un dato agente chimico è utile ricordare che
per esplosione si intende, in generale, un rilascio di energia in un tempo relativamente breve e in uno spazio relativamente
ristretto, capace di generare un'onda di pressione che si propaga nello spazio circostante.
Affinché ci sia un’esplosione è necessario che siano presenti una miscela infiammabile (costituita da una sostanza
combustibile e dall’ossigeno dell’aria in quantità sufficienti), una sorgente di ignizione efficace (ossia capace di trasferire una
sufficiente quantità di energia ad un volume, anche molto piccolo, di miscela infiammabile) e un sistema che limiti in qualche
modo il volume disponibile per la miscela stessa5.
Visto che l’obiettivo è la costruzione di un indice relativo al solo agente chimico, risulta necessario escludere tutti i parametri
che si riferiscono ad altro ossia: la presenza dell’ossigeno dell’aria, la presenza di un innesco e la limitazione del volume
disponibile.
Un’esplosione è in realtà un fenomeno di grande complessità che difficilmente po’ essere descritto dettagliatamente in
termini teorici e sperimentali. Infatti, se da una parte la natura del fenomeno è chiara (reazione chimica veloce), dall’altra una
serie di condizioni particolari, come la pressione e la temperatura di partenza, l’omogeneità o meno della nube, la posizione e
l’energia di innesco, la forma della nube in condizioni esplosive e la presenza di eventuale turbolenza, sono in grado di
modificare il risultato dell’esplosione. E’ dunque del tutto normale un certo grado di variabilità nelle misure di grandezze
relative alle esplosioni, variabilità che solitamente viene limitata adottando condizioni di misura specificate e standardizzate.
Risulta comunque possibile fare riferimento ad alcuni parametri, scelti all’interno del gran numero di variabili disponibili,
ritenuti maggiormente indicativi e descritti di seguito.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Energia minima di accensione: è la minima quantità di energia che rilasciata in un punto, è sufficiente per
provocare l’accensione dell’atmosfera più infiammabile in condizioni di prova specificate
Temperatura di autoignizione (per liquidi e gas): minima temperatura alla quale si verifica l’accensione
spontanea della sostanza a contatto con l’atmosfera.
Temperatura di accensione dello strato (per polveri): temperatura più bassa di una superficie calda alla quale si
verifica l’accensione in uno strato di polveri in condizioni di prova specificate
Punto di infiammabilità (per liquidi e gas): temperatura minima alla quale, in condizioni di prova specificate, un
liquido emette una quantità sufficiente di gas o vapore combustibile in grado di accendersi all’applicazione di una
sorgente di accensione efficace vicino alla superficie liquida. Facilità all’accensione descritta dalle Frasi R secondo
la classificazione delle sostanze e dei preparati:
Temperatura di accensione della nube (per polveri): temperatura più bassa di una superficie calda su cui la
miscela più infiammabile delle polveri con l’aria si accende in condizioni di prova specificate.
Ampiezza del campo esplosività (per liquidi e gas): il campo di esplosività è l’intervallo di concentrazioni di una
sostanza infiammabile nell’aria, all’interno del quale può verificarsi un’esplosione. L’intervallo è compreso tra il
LEL, limite inferiore, ossia concentrazione in aria di una sostanza infiammabile al di sotto della quale l'atmosfera
non è esplosiva e l’UEL, limite superiore, ossia concentrazione in aria di una sostanza infiammabile al di sopra
della quale l'atmosfera non è esplosiva.
Minima concentrazione esplosiva (per polveri): concentrazione in aria della polvere infiammabile finemente
suddivisa al di sotto della quale non si verifica esplosione in presenza di innesco
Energia di combustione della miscela combustibile-aria: massima quantità di energia sviluppata dalla
combustione di un volume prefissato di miscela infiammabile dell’agente considerato.
Massima pressione di esplosione: pressione massima sviluppata in un recipiente chiuso durante l’esplosione di
un’atmosfera esplosiva determinata in condizioni di prova specificate.
Velocità di fiamma: velocità di propagazione della fiamma relativamente ad un punto fisso definito
1
 dP 
KG (per liquidi e gas): indice di deflagrazione di una nube gassosa. E’ dato da:   V 3 

 dt  max 
 dP   13 
KST (per polveri): Indice di deflagrazione di nube di polvere. E’ dato da 
 V  .Classe di esplosività (St)

 dt  max 
5
Miscele infiammabili che non siano confinate non danno luogo ad esplosioni, ma a combustioni veloci che non generano significative onde di
pressione, ma solo radiazione termica istantanea, e che vengono chiamate flash fire
Allegati
Il valore assegnato all’indice di pericolo IPT6, ove pertinente, è stato assegnato pari a 5.
Il valore assegnato all’indice di pericolo IPE7 dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche dell'agente.
Le proprietà pertinenti8 sono state suddivise in gruppi, ciascuno dei quali dà un contributo all’indice di pericolo9:
Energia di innesco
Concentrazione del
Facilità di ingresso nel campo di esplosività in base alla temperatura
combustibile
Ampiezza del campo di esplosività
Caratteristiche dell'esplosione Intensità dell’esplosione
Velocità massima di aumento della pressione nel tempo
IPI
IPC1
IPC2
IPE1
IPE2
Si ha dunque:
IPE = 2,5 + IPI + IPC1 + IPC2 + IPE1 + IPE2
dove il termine 2,5 è un valore costante adottato per la normalizzazione del campo di variabilità di IPEX entro un intervallo
prefissato.
Le tabelle seguenti illustrano la parametrizzazione dell’indice per le proprietà prese in considerazione, separatamente per i
gas/vapori/nebbie di liquidi e per le polveri.
6
Indice di pericolo per inalazione a seguito di esplosione
Indice di pericolo per irraggiamento/onda di pressione (esplosione)
8 Si sono selezionati i parametri ritenuti maggiormente indicativi, all’interno del gran numero di variabili disponibili
9 Per maggiori dettagli sulla definizione dei parametri citati si rimanda alla letteratura specializzata ed alle norme tecniche vigenti
7
Allegati
Per gas o vapori e nebbie di liquidi10
Energia di innesco
Energia minima di accensione (mJ)
IPI
<1
1
<100
0,9
Temperatura di autoignizione (°C)
1-10
0,8
100-135
0,8
10-50
0,6
135-200
0,6
50-100
0,5
200-300
0,4
100-500
0,3
300-450
0,2
>500
0,1
>450
0,1
Concentrazione del combustibile
Frasi R
Frasi H
Solo combustib.
0,2
Solo combustib.
R10
0,4
H226
0,4
≥21 - ≤55
0,4
5-10
0,6
5-20
0,4
R11
0,6
H221, 223,
225
0,6
>0 - <21
0,6
10-20
0,4
20-50
0,6
R12
0,8
H220, 222,
224
0,8
≤0
0,8
>20
0,2
>50
0,8
0,2
>55
0,2
<5
0,8
<5
0,2
0,1-3
0,4
5-7
0,4
0,2-1
0,4
100-500
0,4
3-10
0,6
7-10
0,6
1-2,5
0,6
500-1000
0,6
>10
0,8
>10
0,8
2,5
0,8
>1000
0,8
IPC1
Punto di infiammabilità (°C)
Limite inferiore di esplosività – LEL (%)
IPC2
Ampiezza campo esplosività = UEL – LEL
(%)
Caratteristiche dell'esplosione
IPE1
Energia di combustione della miscela
combustibile -aria (MJ/m3)
Massima pressione di esplosione (bar)
<0,1
0,2
<5
0,2
<0,2
0,2
<100
0,2
Velocità di fiamma (m/s)
IPE2
KG (bar m /s)
Per le polveri11,12
Energia di innesco
Energia minima di accensione (mJ)
IPI
Temperatura di accensione della nube (°C)
Temperatura di accensione dello strato (°C)
<1
1
<100
0,9
1-10
0,8
100-135
0,8
<150
0,8
10-50
50-100
100-500
0,6
0,5
0,3
135-200 200-300 300-450
0,6
0,4
0,2
150-200
200-300
0,6
0,4
>500
0,1
>450
0,1
>300
0,2
Concentrazione del combustibile
Frasi R
IPC1
IPC2
Frasi H
Minima concentrazione esplosiva (g/m3)
solo combustib.
0,2
Solo combustib.
0,2
< 10
0,8
R10
0,4
10-50
0,6
R11
0,6
H228
0,6
50-100
0,4
R12
0,8
>100
0,2
0,1-3
0,4
5-7
0,4
>0-≤200
0,4
1
0,4
3-10
0,6
7-10
0,6
200≤300
0,6
2
0,6
>10
0,8
>10
0,8
>300
0,8
3
0,8
Caratteristiche dell'esplosione
IPE1
Energia di combustione della miscela
combustibile – aria (MJ/m3)
Massima pressione di esplosione (bar)
KST (bar m /s)
IPE2
Classe di esplosività (St)
<0,1
0,2
<5
0,2
0
0,2
0
0
10 Per ciascun contributo all’indice si prende in considerazione il dato a cui corrisponde il valore massimo tra quelli riportati; in caso di assenza di
dati si assume il valore massimo del contributo all’indice di pericolo
11 Per ciascun contributo all’indice si prende in considerazione il dato a cui corrisponde il valore massimo tra quelli riportati; in caso di assenza di
dati si assume il valore massimo del contributo all’indice di pericolo
12 Si vedano anche più sotto gli aspetti "Condizioni particolari dell’agente" e "Granulometria" che vengono presi in considerazione al momento
della valutazione del rischio
Allegati
Per le polveri un'ulteriore correzione viene effettuata a livello di valutazione dei rischi13 per tenere conto di:
condizioni particolari dell’agente (diverse da quelle definite nella scheda di assegnazione dell'indice di
pericolo) come da tabella seguente:
•
•
•
•
•
si sottrae 3 agli IP
si sottrae 3 agli IP
si aggiunge 1 agli IP
si aggiunge 1 agli IP
il valore degli IP resta invariato
Polvere ad umidità molto aumentata rispetto al normale (min 30%)
Polvere con aggiunta di un solido inerte (minimo 50%)
Polvere molto secca rispetto al normale
Miscela ibrida (polvere + gas/vapori infiammabili)
Nessuna condizione particolare
granulometria:
•
•
•
•
•
•
granulometria >1000 µm
granulometria 500-1000 µm
granulometria 200-500 µm
granulometria 100-200 µm
granulometria 20-100 µm
granulometria <20 µm
si sottrae 3 agli IP
si sottrae 2 agli IP
si sottrae 1 agli IP
si sottrae 0,5 agli IP
si sottrae 0,25 agli IP
il valore degli IP resta invariato
Per tutti gli indici di pericolo si è infine considerata la qualità delle fonti informative utilizzate, modificando il valore degli
indici secondo il seguente schema14:
Per l’aggiornamento delle fonti utilizzate:
• Non è stato verificato l'aggiornamento delle fonti informative
• I dati utilizzati derivano da fonti non aggiornate (oltre 5 anni)
• Almeno alcuni dei dati utilizzati derivano da fonti aggiornate (ultimi 5 anni)
• Quasi tutti i dati utilizzati derivano da fonti aggiornate (ultimi 5 anni)
Per l’estensione delle fonti di dati utilizzate:
• Dati ricavati da fonti diverse, senza possibilità di confronto dei singoli dati
• Dati ricavati da un'unica fonte
• Dati ricavati dal confronto di diverse fonti disponibili (dati discordi)
• Dati ricavati dal confronto di diverse fonti disponibili (dati discordi, scelte
sempre conservative)
• Dati ricavati dal confronto di diverse fonti disponibili (dati sostanzialmente
concordi)
Per il ricorso a misure sperimentali:
• Dati ricavati solamente dalla letteratura
• Almeno alcuni dei dati utilizzati derivano da misure sperimentali sull'agente
considerato
• Quasi tutti i dati utilizzati derivano da misure sperimentali sull'agente
considerato
si aggiunge 0,25
si aggiunge 0,25
si aggiunge 0,125
il valore resta invariato
si aggiunge 0,5
si aggiunge 0,25
si aggiunge 0,25
il valore resta invariato
il valore resta invariato
si aggiunge 0,25
si aggiunge 0,125
il valore resta invariato
Il campo di variabilità degli indici di pericolo risulta quindi essere il seguente15:
Indice di pericolo
IPE
IPT
Caratteristiche
chimico-fisiche
3,5 ÷ 6,5
5
Qualità delle fonti
informative
0 ÷ +1
0 ÷ +1
Totale
3,5 ÷ 7,5
5÷6
13 Tale scelta dipende dal fatto che gli aspetti considerati non si riferiscono alle caratteristiche specifiche della polvere considerata, ma alle effettive
condizioni d'uso, che possono essere diverse nei diversi contesti in cui la povere viene utilizzata all'interno dell'azienda
14 Si tenga presente inoltre che la mancanza di dati può provocare un aumento degli indici determinati in base alle caratteristiche chimico fisiche
15 Per le polveri si vedano anche, più sopra, gli aspetti "Condizioni particolari dell’agente" e "Granulometria" che a loro volta possono comportare
una variazione degli indici di pericolo
Allegati
ALLEGATO 2 - STIMA DELLA DISTANZA DI DANNO BASE PROVOCATA
DALL’ESPLOSIONE
Introduzione
Quando si verifica un'esplosione, si possono presentare diverse tipologie di effetti negativi sulle persone eventualmente
presenti:
- fiamme;
- radiazione termica;
- onde di pressione;
- proiezioni di frammenti;
- formazione di prodotti nocivi di combustione;
- formazione di atmosfere con scarsità di ossigeno.
Per ciascuna tipologia di effetti, l'entità delle conseguenze è correlata ad un elevato numero di parametri relativi alle
condizioni nelle quali si sviluppa l'esplosione. Tra questi parametri vi sono:
- le proprietà chimiche e fisiche delle sostanze infiammabili;
- la quantità di atmosfera esplosiva coinvolta;
- il grado di confinamento dell’atmosfera esplosiva;
- la geometria dell’ambiente circostante;
- la resistenza dell’eventuale involucro e delle relative strutture di supporto;
- le proprietà fisiche degli oggetti esposti al pericolo;
- la tipologia dei dispositivi di protezione indossati dal personale esposto al pericolo.
Nota Bene: una valutazione accurata delle possibili lesioni a cose e/o persone in funzione della distanza dal baricentro
dell'esplosione può essere effettuata solo caso per caso e mediante l'uso di metodologie di calcolo specifiche.
Ai fini dell'analisi preliminare del rischio dovuto a formazione di atmosfere esplosive può essere sufficiente disporre di una
stima di massima del livello degli effetti conseguenti ad un'esplosione ed è altamente raccomandabile disporre di uno
strumento di calcolo unitario e sufficientemente semplice. Infatti, un indicatore del rischio complessivo definito come al
Cap. 1 è per sua natura affetto da grosse incertezze legate principalmente alla disponibilità di informazioni di base
(classificazione delle aree, probabilità di innesco, numero di persone esposte, etc.) così che, più che una valutazione accurata
e specificamente rivolta ad una data tipologia di effetti negativi, risulta utile un'indicazione di massima onnicomprensiva.
Inoltre l'utilizzo di un unico metodo di calcolo consente ripetibilità e confrontabilità dei risultati ottenuti e quindi assicura
l'aspetto di maggior importanza: l'ordinamento relativo degli eventi in termini di gravità delle conseguenze16.
La metodologia che è stata adottata e che è descritta di seguito è stata sviluppata a partire da uno studio di alcuni tra i metodi
di calcolo più diffusi e riconosciuti:
-
TNT equivalente
Baker ed altri
UVCE - TNO (modello a pistone)
Multi-Energy
Formule empiriche per la valutazione della sovrapressione sviluppata in esplosioni semiconfinate
16
In caso di Indice di rischio elevato, a valle della presente valutazione del rischio, si raccomanda comunque di approfondire la stima delle
conseguenze con metodiche specifiche mutuate dalla valutazione ex D.Lgs. 334/99
Allegati
Il criterio di fondo sul quale si basa il metodo è quello di assumere come distanza rappresentativa di danno per le
persone quella che corrisponde ad una sovrapressione di picco di 0,07 bar17.
Descrizione del metodo
Scopo del metodo è quello di stabilire, con un sufficiente grado di accuratezza, se un'esplosione che avvenga in condizioni
definite in un determinato ambiente di lavoro possa provocare effetti negativi (per convenzione assunti come il superamento
della soglia di sovrapressione di 0,07 bar)
L'analisi delle formule di calcolo proposte in letteratura e degli intervalli di variabilità dei parametri ha portato a individuare
la seguente relazione generale per la stima della distanza di danno diretto da esplosione:
d = f * V1/3
dove:
•
d è la distanza di danno stimata (m);
•
f è un coefficiente che dipende dalle condizioni ambientali al contorno (si veda sotto);
•
V è il volume in condizioni di esplosività (bar)
Il valore di V è generalmente noto per ciascuna sorgente di emissione individuata mediante le procedure stabilite dalla
normativa tecnica relativa alla classificazione in zone degli ambienti a rischio di esplosione; negli altri casi può essere stimato
mediante un'analisi delle condizioni di lavoro e dei termini di rilascio che portano alla formazione di un'atmosfera esplosiva.
Il valore del fattore f dipende dai seguenti parametri:
1.
2.
Il valore della pressione massima di esplosione (Pmax) raggiungibile a seguito dell'innesco della miscela
infiammabile (si tratta di un parametro legato all’agente che provoca la formazione dell’atmosfera esplosiva)
il livello di ostruzione/confinamento della nube, codificato in:
- Nube completamente confinata: nube in apparecchiatura o ambiente chiuso oppure presenza nella
nube di ostacoli ravvicinati, ossia con una frazione di ingombro (intesa come rapporto tra il volume
occupato dagli ostacoli e il volume totale dell'area in condizioni di esplosività) superiore al 30% e una
distanza tra gli ostacoli inferiore ai 3 m
- Nube parzialmente confinata: nube a contatto con 2 o più pareti/barriere oppure presenza di ostacoli
all'interno della nube, ma con una frazione di ingombro inferiore al 30% e/o una distanza tra gli ostacoli
superiore ai 3 m
- Nube non confinata: assenza di pareti (tranne il terreno) e di ostacoli
Più in particolare le relazioni che definiscono i valori di f sono:
Nube completamente confinata
Nube parzialmente confinata
Nube non confinata
(nelle relazioni Pmax va espresso in bar)
f = 10(Log (Pmax)/1,19 + 0,33)
f = 10(Log (Pmax)/1,09 - 0,33)
f = 10(Log (Pmax)/0,98 –1,48)
Per la determinazione della fascia di distanza di danno stimata si procede dunque come illustrato negli esempi seguenti.
Pmax dell’agente = 8 bar
Volume della miscela esplosiva = 3 m3
Nube completamente confinata
f = 10(Log 8/1,19 + 0,33) = 12,3
d = f * V1/3 = 12,3 * 31/3 = 17,7 m
fascia della distanza di danno = 10-50 m
17
Questa soglia corrisponde al valore di danni gravi alla popolazione sana (lesioni irreversibili) come definito dalle Linee
Guida Nazionali per la pianificazione dell’emergenza esterna (Presidenza Consiglio Ministri, Dipartimento della Protezione
Civile – Gennaio 1994), dal D.M. 15 maggio 1996 e dal D.M. 9 maggio 2001.
Allegati
Pmax dell’agente = 8 bar
Volume della miscela esplosiva = 3 m3
Nube parzialmente confinata
f = 10(Log 8/1,09 - 0,33) = 3,1
d = f * V1/3 = 3,1 * 31/3 = 4,5 m
fascia della distanza di danno = 2-10 m
Pmax dell’agente = 8 bar
Volume della miscela esplosiva = 3 m3
Nube non confinata
f = 10(Log 8/0,98 –1,48) = 0,27
d = f * V1/3 = 0,27 * 31/3 = 0,4 m
fascia della distanza di danno = 0-2 m
Alla pagina seguente si riportano i grafici delle distanze di danno calcolate con le relazioni sopra descritte per nubi del
volume di 1 – 10 - 100 m3.
Allegati
Distanze di danno stimate contro Pmax - Nube di volume 1 m3
18,00
16,00
14,00
12,00
d (m)
Confinata
10,00
Parz. Confin./ostruz.
Non confinata
8,00
6,00
4,00
2,00
0,00
0
2
4
6
Pmax (bar)
8
10
12
Distanze di danno stimate contro Pmax - Nube di volume 10 m3
40,00
35,00
30,00
d (m)
25,00
Confinata
Parz. Confin./ostruz.
20,00
Non confinata
15,00
10,00
5,00
0,00
0
2
4
6
Pmax (bar)
8
10
12
Distanze di danno stimate contro Pmax - Nube di volume 100 m3
80,00
70,00
60,00
d (m)
50,00
Confinata
Parz. Confin./ostruz.
40,00
Non confinata
30,00
20,00
10,00
0,00
0
2
4
6
Pmax (bar)
8
Allegati
10
12
ALLEGATO 3 - FATTORI DI CORREZIONE DELLA DISTANZA DI
DANNO
Descrizione
Specifiche
Condizioni di danno aumentato
Possibilità di ignizione ad alta intensità Selezionare questa voce se è possibile che l'esplosione sia innescata da una fonte
ad alta intensità, come accade per esempio nel caso di un'esplosione in ambiente
aperto causata da una precedente esplosione avvenuta in uno spazio confinato
Possibilità di transizione da deflagrazione In apparecchiature allungate o raccordate tra loro, soprattutto in presenza di
a detonazione ostacoli che aumentano la turbolenza, è possibile che un’esplosione si propaghi
con un’accelerazione del fronte di fiamma con passaggio da deflagrazione a
detonazione
Possibile effetto domino Si consideri la possibilità che l'esplosione iniziale generi esplosioni successive o
causi altri eventi negativi (ad esempio incendi estesi) che aumentano il livello di
danno
Mitigazione del danno diretto da esplosione
L'esplosione è contenuta da pareti Le pareti devono resistere all'esplosione senza subire deformazioni permanenti
resistenti alla pressione di esplosione
L'esplosione è contenuta da pareti Le pareti devono resistere all'esplosione, ma possono subire deformazioni
resistenti all'urto di esplosione permanenti. In seguito ad un'esplosione deve essere previsto il controllo
strutturale per la verifica della sicurezza del sistema
Sono presenti sistemi di sfogo Devono essere considerati solo sistemi (quali dischi di sicurezza, pannelli,
dell'esplosione sportelli di esplosione) adeguatamente dimensionati e installati in modo da non
poter causare danni a persone in caso di intervento. Le valvole di sicurezza non
vanno considerate
Sono presenti sistemi di soppressione I sistemi devono essere correttamente dimensionati e mantenuti attivi
dell'esplosione
Sono adottate misure contro la Si considerino per esempio l'iniezione di agenti estinguenti, e la presenza di filtri
propagazione dell'esplosione tagliafiamma, sifoni, deviatori di esplosione, valvole e cerniere ad azione rapida,
valvole doppie, sistemi di strozzatura, ecc.
Sono presenti sistemi antincendio ad
intervento automatico
Gestione dell'emergenza
Presenza dello specifico scenario nel Devono essere definite disposizioni specifiche per l'intervento in emergenza quali:
Piano di emergenza aziendale arresto dell'impianto, interruzione di flussi, svuotamento di apparecchiature,
allagamento di parti di impianto (con acqua, estinguenti, ecc.)
Lo scenario relativo all'esplosione con
possibile rischio inalatorio è presente nel
Piano di emergenza aziendale
Il personale è adeguatamente informato
sul comportamento da tenere in
emergenza
Possibilità di danno inalatorio post esplosione
Il personale è adeguatamente informato
sul comportamento da tenere in
emergenza
Sono forniti e mantenuti in servizio
dispositivi di protezione delle vie
respiratorie da utilizzare in caso di
emergenza
Allegati
Fattore
adottato
2
2
5
0,01
0,05
0,1
0,05
0,5
0,9
0,9
0,9
0,9
0,5
0,1