ReportObservaCNS2009 - Centro Nazionale Sangue

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ReportObservaCNS2009 - Centro Nazionale Sangue
GLI ITALIANI E LE PRATICHE DI
DONAZIONE E TRASFUSIONE DI
SANGUE
REPORT DI RICERCA per il CENTRO NAZIONALE SANGUE
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
L’indagine conoscitiva Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
è stata condotta da Observa – Science in Society, sotto la supervisione
scientifica di Massimiano Bucchi e Andrea Lorenzet, con la collaborazione di Mauro
Turrini.
2
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
INDICE
1.
PREFAZIONE
4
2.
INTRODUZIONE: DONAZIONE E TRASUSIONE DI SANGUE TRA
SOLIDARIETA’, POLITICHE PUBBLICHE E RISCHIO
6
2.1 Merce o dono? Le modalità di donazione del sangue e le politiche
pubbliche
7
3.
PERCHE’ LE PERSONE NON DONANO? UNA TIPOLOGIA DEI FRENI
ALLA DONAZIONE DI SANGUE
15
3.1 Donazione e solidarietà
16
3.2 Emotivi, pigri e scettici: il mondo dei non donatori
21
3.2.1 LA PAURA E I FRENI EMOTIVI ALLA DONAZIONE DI SANGUE
3.2.2 LA PIGRIZIA E I FRENI MOTIVAZIONALI ALLA DONAZIONE DI SANGUE
3.2.3 LO SCETTICISMO: LA DIFFIDENZA E LA CRITICA COME FRENI ALLA DONAZIONE
3.3 Un quadro d’insieme
4.
LA COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE E DELLA TRASFUSIONE
IN ITALIA
21
26
30
36
39
4.1 Aspetti generali
39
4.2 Due “cornici interpretative": donazione come momento “positivo”
e “propositivo” e donazione come momento legato alla crisi e
all’emergenza.
41
4.3 La percezione e la comunicazione della trasfusione
45
4.4 La donazione e la trasfusione di sangue nei quotidiani italiani
(1998-2008)
48
5.
56
I PRINCIPALI RISULTATI DELL’INDAGINE
APPENDICE METODOLOGICA
59
3
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
1. PREFAZIONE
Questo rapporto di ricerca presenta i risultati dell’indagine conoscitiva “Gli italiani e
le pratiche di donazione e trasfusione di sangue”, realizzata per il Centro Nazionale
Sangue dal centro ricerche Observa – Science in Society, nel periodo compreso tra
ottobre 2008 e marzo 2009.
La ricerca, basata su un approccio metodologico qualitativo, è stata condotta con
l’intento di esplorare le modalità di percezione del pubblico delle pratiche di
donazione e di trasfusione del sangue e di identificarne le dimensioni più rilevanti,
attraverso la realizzazione di cinque focus group sul territorio nazionale. Allo studio
qualitativo della percezione è stata affiancata l’analisi della copertura mediale del
tema della donazione e della trasfusione del sangue, attraverso un’analisi
quantitativa del contenuto degli articoli pubblicati sui due principali quotidiani
italiani a diffusione nazionale, La Repubblica e Il Corriere della Sera, nel periodo che
va da gennaio 1998 a dicembre 2008.
I risultati ottenuti attraverso l’analisi dei focus group e dei quotidiani costituiranno
la base per una successiva indagine campionaria su scala nazionale che il Centro
Nazionale Sangue ed Observa – Science in Society stanno pianificato di condurre
nel corso dei mesi successivi.
La presentazione dei risultati si articola in tre parti principali che rispondono al
disegno della ricerca.
La prima parte, di carattere introduttivo, fornisce un quadro interpretativo storicosociale della medicina trasfusionale, anche attraverso la discussione dei principali
approcci di politiche pubbliche alla donazione di sangue.
La seconda parte riporta un primo insieme di aspetti rilevanti emersi dall’analisi dei
focus group, discutendo e articolando una tipologia dei principali freni alla
donazione di sangue.
La terza parte descrive alcune caratteristiche della comunicazione della donazione e
della trasfusione di sangue, ed è completata dall’analisi della copertura mediale dei
temi della medicina trasfusionale.
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Una breve sezione conclusiva riassume in forma schematica i principali risultati
della ricerca.
Il metodo d’indagine, il disegno della ricerca e gli strumenti di rilevazione impiegati
sono presentati nell’appendice.
Si ringraziano Giancarlo Liumbruno e Gloria Pravatà del CNS; Diego La Sala,
Mariagrazia Leone, Valentina Moiso, Barbara Saracino, Marco Scarcelli ed Emanuele
Toscano per la collaborazione nella gestione dei focus group e Simone Fogliata per
la collaborazione all’analisi dei media. Un ringraziamento particolare va a Fratres –
Sezione di Scandicci/Firenze, per la disponibilità ad organizzare uno degli incontri e
a tutti i cittadini che hanno preso parte e sono stati coinvolti nell’indagine.
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
2. INTRODUZIONE:
DONAZIONE E TRASUSIONE DI SANGUE TRA SOLIDARIETA’,
POLITICHE PUBBLICHE E RISCHIO
La donazione del sangue è una pratica di relazione entrata ormai a pieno
titolo nei percorsi della socialità contemporanea. Attivando un flusso di
scambio tra i tessuti biologici di diversi corpi, essa crea un canale di
comunicazione che è attivato da una “donazione di sé” e che, pur essendo
percorso da un materiale tangibile e misurabile come il sangue e i diversi
prodotti ematici, trascende una dimensione puramente fisica, investendo
una sfera profondamente simbolica e carica di significati culturali e politici.
Rappresentando il primo e più diffuso metodo di condivisione di un
materiale biologico umano, la donazione di sangue re-inventa e concretizza
le rappresentazioni e le pratiche che costituiscono la vitalità stessa,
trasponendola in un piano dominato dalla condivisione e dalla mediazione
tecnologica e percorso da una profonda rilevanza sociale, culturale e
politica.
Per comprendere la natura profondamente sociale della donazione del
sangue, bisogna rivolgere l’attenzione alla diffusione storica di questa
pratica. La sua diffusione di massa si lega storicamente agli eventi bellici
che sconvolgono il ventesimo secolo; le prime biobanche del sangue, infatti,
sono state costituite durante la Guerra civile di Spagna. Tale tecnologia si è
in seguito perfezionata durante la seconda guerra mondiale, quando si
prevedevano spostamenti di grandi quantità di sangue attraverso l’Oceano
Atlantico o il Mar Mediterraneo. I cittadini degli Stati Uniti si mobilitarono
per donare sangue al loro esercito impegnato in Europa; dalle aree della
Francia non occupate, dalla Corsica e dall’Algeria, arrivava sangue al fronte
militare. La mobilitazione più intensa, però, fu quella del Regno Unito che, di
fronte al duro attacco aereo tedesco, organizzò nelle città maggiori le prime
6
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
reti di raccolta di sangue. Nel secondo conflitto mondiale, scrive lo storico
Douglas Starr, il sangue svolge una funzione fondamentale e viene
associato ai valori della democrazia e dell’antifascismo. Donare sangue era
una maniera di partecipare senza un coinvolgimento diretto allo sforzo
bellico contro il nazifascismo1.
2.1
Merce o dono? Le modalità di donazione del sangue e le
politiche pubbliche
Il sangue può essere scambiato come se fosse una merce qualsiasi? In altre
parole, è giusto dare un contributo a coloro che si prestano a un prelievo di
sangue? La corresponsione di una forma di pagamento per la donazione è
diffusa in numerosi paesi. Riferendoci alla sola America Latina e Centrale,
l’unico paese in cui si dona il sangue interamente su base volontaria è Cuba,
mentre grandi Stati come l’Argentina, il Cile, il Guatemala, il Messico,
Panama, il Paraguay, il Perù e il Venezuela hanno una quota di donatori del
sangue volontari inferiori al 10%. In Brasile, una delle realtà più avanzate
nel contesto continentale, la quota dei donatori raggiunge il 50%2. Le cifre,
insomma, descrivono una realtà in cui è normale versare il sangue dietro un
compenso monetario. La tendenza, inoltre, non riguarda esclusivamente
l’America Latina, ma è diffusa in tutti i Paesi in via di sviluppo e non è
assente nemmeno in qualche paese industrializzato.
Piuttosto che di “donazione di sé” in questo caso dovremmo parlare di vera
e propria “transazione biocommerciale”. Trattandosi di tessuti biologici
rigenerabili, la situazione non è paragonabile alla gravità del commercio
illegale di organi. D’altra parte, il principio della gratuità del sangue
rappresenta un ideale di riferimento condiviso a livello globale e adottato
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che già nella risoluzione 28.72 del
1
D. Starr, Blood: An Epic History of Medicine and Commerce, New York, Alfred A. Knopf,
1998.
7
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
1975 raccomanda di prelevare il sangue da donatori volontari, non
remunerati e provenienti dalle fasce a basso rischio, ribadendo altresì
questo suo impegno con l’istituzione, pochi anni or sono, della giornata
mondiale del donatore di sangue.
Il principio che il sangue vada considerato come un dono si riferisce
storicamente
al
donatore
volontario
che
versa
il
proprio
sangue
gratuitamente e anonimamente (cioè senza conoscere il destinatario), una
pratica che descrive una figura associata all’esperienza storica del Welfare
State britannico e si afferma nel secondo dopoguerra quando questo
modello viene imitato dai maggiori paesi europei del patto atlantico e si
eleva a simbolo stesso dell’ordinamento costituzionale delle democrazie
occidentali europee.
Non a caso uno dei più strenui difensori della donazione volontaria e
gratuita del sangue, l’inglese Richard Titmuss, ha lavorato a stretto contatto
di Thomas Marshall, il celebre teorico dello stato sociale, con cui partecipa in
prima persona nello sforzo teorico e organizzativo del Welfare State
britannico. Titmuss, in particolare, si dedica all’organizzazione del primo
Servizio sanitario nazionale (National Health Service), una delle più
significative riforme del governo laburista Attlee, che costituisce il primo
sistema di assistenza alla salute gratuito e universale, rivolto cioè a tutti i
cittadini senza alcuna distinzione. Convinto assertore del monopolio statale
della sanità, Titmuss pubblica il volume The Gift Relationship: From Human
Body to Social Policy (New Press, 1970). Pur essendo stato scritto quaranta
anni fa, il saggio mantiene una grande importanza ed attualità. Titmuss
parte dal tema del dono per articolare la propria difesa del sistema di
raccolta pubblico del sangue basato su prelievi volontari, gratuiti e anonimi.
Egli avvalora e innesta un’argomentazione di carattere squisitamente etico
con un’analisi economica basata sulla rielaborazione e sulla produzione di
2
Le cifre si riferiscono all’anno 2003 e sono tratte da P. Sullivan, «Developing an
Administrative Plan for Transfusion Medicine: A Global Perspective», in Transfusion, 2005,
45, pp. 224-240.
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
una mole immensa di dati statistici relativi alla donazione del sangue negli
Stati Uniti e nel Regno Unito (più precisamente in Inghilterra e in Galles). La
grandezza di questo saggio risiede proprio nel suo doppio registro. In primo
luogo, attraverso confronto tra il sistema di raccolta e distribuzione del
sangue inglese, nazionalizzato e completamente volontario, e quello
statunitense, per lo più privato e basato sulla vendita di prelievi di persone
della underclass, egli stabilisce, dati alla mano, la superiorità del primo in
termini di maggiore efficienza e sicurezza. Negli Stati Uniti, infatti, la
raccolta e la distribuzione del sangue era suddivisa tra una molteplicità di
enti che comprendevano associazioni di volontariato come la Croce Rossa
americana, banche del sangue private che reclutavano sangue dietro
pagamenti nei quartieri più degradati, e soprattutto attraverso banche del
sangue locali costituite attorno a piccole comunità in cui ogni socio
disponeva di crediti o debiti personali in base ai propri consumi e alle
proprie esigenze. Naturalmente vi era la possibilità di ripagare i propri debiti
di sangue attraverso la donazione del sangue altrui, oppure di stipulare
assicurazioni in modo d’ammortizzare un’eventuale richiesta improvvisa di
sangue dovuta, per esempio, ad un importante intervento chirurgico o ad
un incidente stradale, due tra le maggiori cause che hanno portato
all’innalzamento dell’offerta di sangue. Titmuss dimostra che una tale
frammentazione non porta gli effetti sperati, ma, anzi, determina una
minore efficienza economica e amministrativa che fa lievitare il prezzo del
sangue compromettendone al contempo la qualità e la sicurezza. Quattro
sono i criteri economici per cui il mercato del sangue, secondo Titmuss, è da
scartare. In termini di efficienza economica è ampiamente dispendioso di
sangue; mancanze croniche o acute caratterizzano le posizioni della
domanda e dell’offerta e rendono illusorio il concetto di equilibrio. Da un
punto di vista amministrativo, il sistema è inefficiente e i suoi risultati
portano ad un incremento della burocratizzazione e ad un innalzamento
delle spese generali nell’amministrazione, nella contabilità e nell’informatica.
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
In termini di prezzo per unità di sangue al paziente (o al consumatore), il
sistema comporta un aumento dalle dieci alle quindici volte rispetto al costo
del sistema volontario britannico. E, infine, in termini di qualità, i mercati
commerciali con una probabilità molto maggiore distribuiscono sangue
infetto; i rischi per il paziente di disturbi e di morte sono quindi
sostanzialmente maggiori.3 Titmuss termina il libro con un’invocazione
all’altruismo; la sua non è una riflessione puramente morale, ma radica la
gestione del proprio corpo nella strutturazione stessa delle istituzioni
politiche. Il Servizio sanitario pubblico, basandosi su una raccolta di tipo
volontario, offre a qualsiasi cittadino il «diritto di donare» al di fuori della
cerchia della parentela e dell’amicizia. Se anche negli Stati Uniti ognuno può
donare per un parente, un amico o qualsiasi altra persona, ciò che rende
veramente
unico
il
sistema
pubblico
britannico
è
l’anonimità
della
donazione. Si dona il proprio sangue affidandolo completamente nelle mani
di un sistema centralizzato e con la mera consapevolezza di fare un gesto
indispensabile per la salute di una persona di cui si conosce solamente che è
un proprio concittadino. Tale meccanismo produce, in primo luogo,
un’organizzazione che, essendo centralizzata, è estremamente efficiente
nella riduzione dei costi del sangue e delle perdite di un materiale così
altamente deperibile; in secondo luogo, produce sangue di alta qualità i cui
rischi di infezione sono pressoché nulli; in terzo luogo, realizza un
meccanismo per cui l’aumento dell’offerta di sangue su base puramente
volontaria almeno fino agli anni Settanta sopperisce ampiamente alle
esigenze della crescente domanda di sangue richiesta dalle strutture
sanitarie; infine, riesce a realizzare uno spazio di puro altruismo e a ricavare
tra i legami utilitaristici che caratterizzano le società moderne capitalistiche
uno spazio dominato dal valore etico, sociale ed economico del dono.
L’ultimo punto è particolarmente importante per la nostra argomentazione.
Far prosperare, all’interno dei legami impersonali che caratterizzano le
3
R. Titmuss, op. cit., p. 246 (si fa riferimento all’edizione originale del 1970).
10
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
società moderne incentrate sullo scambio contrattuale del tipo do ut des,
una pratica come quella del dono, che era al centro degli ordini sociali
primitivi è per Titmuss un principio irrinunciabile. Da una parte la
regolazione
della
donazione
attraverso
criteri
puramente
economici
intrappola il donatore in una situazione contraddittoria in cui il suo
vantaggio, la vendita del proprio sangue, è in dissenso con il vantaggio
altrui, la salute e la sicurezza del ricevente; dall’altra la donazione gratuita e
anonima crea “esternalità positive”, vale a dire consolida i rapporti tra
cittadini, aumenta la fiducia sociale, permette ai medici di richiedere il
sangue di cui hanno bisogno senza preoccuparsi della sua provenienza e
senza pensare al conto che dovrà presentare al paziente. Secondo Titmuss,
questo modo specifico di donare crea quello che noi oggi potremmo
chiamare “capitale sociale”, vale a dire una ricchezza radicata nelle relazioni
sociali e nella fiducia reciproca che, benché sfuggente, ha un valore
inestimabile.
Titmuss,
rifacendosi
a
Sorokin,
lo
chiama
“altruismo",
intendendo con esso la possibilità di dare senza condizioni, di donare una
parte del proprio corpo senza poter rivendicare alcunché in cambio, anzi,
sperando
di
non
ricevere
mai
nulla
in
cambio,
anche
perché
ciò
significherebbe un problema di salute.
Perché gli uomini dovrebbero agire senza avere alcun vantaggio immediato?
– si chiede Titmuss – Perché donare agli stranieri? – Una questione che
provoca un tema morale ancora più rilevante: chi è il mio straniero, nelle
società relativamente fluenti, acquisitive e divisive del ventunesimo secolo?
Quali sono le connessioni allora, se le obbligazioni sono estese, tra la
reciprocità del dare e del ricevere e i sistemi moderni di welfare?4
Titmuss affronta il problema di come può funzionare nelle società moderne
lo scambio ablativo, un meccanismo così antiquato da essere parte solo
dell’armamentario degli antropologi, gli studiosi delle cosiddette tribù
primitive. Nel porsi una domanda cruciale per chiunque si occupi di
4
R. Titmuss, The Gift Relationship, op. cit., 1970, p. 11.
11
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
donazione del sangue, Titmuss individua il suo primo ostacolo nella
frammentazione individuale dei rapporti sociali spesso improntati al ritorno
economico. Egli riformula la questione generalizzandola ed estendendone il
significato fino a farne quasi una domanda filosofica altrettanto importante:
“Chi è il mio straniero?”. Proprio in questo quesito risiede la sfida di creare
un sistema sociale regolato dal dono alternativo a quelli che sono i
comportamenti
dominanti
regolati
sostanzialmente
da
contratti
da
compravendita. Tale sistema alternativo basato sull’altruismo non è però
una mera comunione di buoni intenti, ma è qualcosa di molto più complesso
e concreto, ovvero i “moderni sistemi di Welfare” che poggiano sullo Stato,
sulle sue strutture burocratiche e sulla leva finanziaria. Le risposte alle
domande sullo straniero risultano allora chiare. Non vi è alcun reddito
immediato nella donazione del sangue, si dona a chi non si conosce per il
semplice motivo che “nessuno mi è straniero”. Tutti i cittadini fanno parte di
un medesimo Stato. L’estraneo non è straniero, ma un concittadino.
Il principio paternalistico dello Stato che segue i cittadini dalla culla alla
tomba è stato ampiamente messo in discussione negli ultimi decenni dalla
crisi
dello
Stato
sociale,
dalla
riduzione
dei
servizi
pubblici
e
dall’affermazione di modelli culturali sempre più frammentati. Si pensi, ad
esempio, al concetto allargato di salute che ora arriva a investire i cosiddetti
pazienti sani, ovvero quei pazienti che si rivolgono alle strutture sanitarie
per soddisfare alcune esigenze non identificabili con uno specifico stato di
malessere. Oppure si pensi al settore della chirurgia estetica e alle diagnosi
genetiche predittive; è giusto donare sangue che va ad una operazione di
mastoplastica additiva? La questione non è affatto banale in quanto va a
intercettare il problema più generale della definizione di salute pubblica. Se
esiste ancora il diritto sancito dallo Stato di provvedere ad alcune cure
ritenute essenziali, si pone il problema di indicare i trattamenti compresi. La
questione, in altre parole, fa riferimento ad uno degli aspetti culturali di
maggiore debolezza dello Stato sociale, ovvero il suo implicito riferimento
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
ad una omogeneità di valori che è andata assottigliandosi progressivamente
e non solo a causa dei movimenti migratori, ma soprattutto a causa
dell’esplosione di stili di vita e di valori sempre più differenziati.
Accanto alla disintegrazione dei modelli culturali di riferimento, le società
contemporanee si caratterizzano per una maggiore sensibilità nei confronti
del rischio, a tal punto che alcuni autori si sono spinti sino a descrivere una
“società del rischio”5. La donazione del sangue, in particolare, è stata
profondamente scossa dall’epidemia che ha segnato la fine del ventesimo
secolo, ovvero l’HIV/AIDS. Da emblema dell’altruismo, la donazione del
sangue è stata associata al rischio in alcune aree della percezione pubblica.
Nonostante le garanzie siano andate intensificandosi per evitare nuove
contaminazioni di sangue e nuovi scandali, la percezione del pericolo
attorno alla medicina trasfusionale è ancora un tema degno di indagine.
La domanda “chi è il mio straniero?” e il riferimento ad una cittadinanza
unita da solidi legami di fiducia ha lasciato il passo alla diffidenza innescata
dal rischio e ad una differenziazione della popolazione in base, ad esempio,
alle proprie abitudini sessuali, ai propri viaggi o ad altri aspetti della vita
quotidiana delle persone.
Anche se oramai, grazie alle nuove misure di controllo, è plausibile pensare
che gli scandali del sangue siano relegati al ricordo del passato, questi
episodi hanno enfatizzato le linee di discontinuità sociale, rischiando di
intaccare la donazione del sangue gratuita e anonima legata a un modello
statuale e di cittadinanza solidaristico, in cui il legame d’appartenenza è
sancito da stili di vita uniformi retti, in particolare, sul diritto/dovere del
lavoro.6 Per evitare il ripetersi di casi analoghi, la pratica della donazione e
della trasfusione del sangue merita una rinnovata attenzione, che sia in
U. Beck, 1992, Risk Society, Sage Publications, London (trad. it. La società del rischio,
Carocci, Roma, 2000).
5
6
Principio che si ritrova nei più importanti patti costituizionale delle democrazie occidentali
europee del secondo dopoguerra. Nella Costituzione Italiana l’art. 1 parla di una Repubblica
fondata sul lavoro.
13
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
grado
di
mettere
a
punto
nuove
forme
di
coinvolgimento
e
di
partecipazione.
Anche alla luce di questi processi di cambiamento ancora in corso, la ricerca
qui presentata cercherà di approfondire le dinamiche che caratterizzano la
percezione del pubblico e la rappresentazione pubblica delle pratiche della
donazione e della trasfusione di sangue nel contesto attuale.
14
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
3. PERCHE’ LE PERSONE NON DONANO?
UNA TIPOLOGIA DEI FRENI ALLA DONAZIONE DI SANGUE
A partire dal contesto precedentemente descritto, un primo passo per
cercare di interpretare cambiamenti in atto è quello di indagare quali
possano essere le motivazioni che frenano i cittadini nella donazione del
sangue. Fino ad ora, infatti, non sono stati fatti sforzi sistematici per
affrontare questo tema che risulta particolarmente interessante, dato che la
percezione della donazione di sangue da parte dei non donatori, nelle sue
differenti articolazioni, è il terreno sul quale si gioca la possibilità di
reclutare o meno nuovi donatori. In questo senso, il nostro lavoro si è
basato sull’ipotesi che lo studio della percezione della donazione da parte
dei non donatori risulti indispensabile non solo allo scopo di comprendere i
processi attraverso cui si articola il reclutamento di potenziali nuovi
donatori, ma anche in vista della progettazione di adeguate iniziative di
sensibilizzazione e di comunicazione rivolte al pubblico più ampio. Come
vedremo, infatti, questo tipo di indagine permette di esplorare le modalità
attraverso cui i non donatori attribuiscono senso e significato alla pratica
della donazione nella loro esperienza di vita quotidiana e di come essi la
inseriscano all’interno di un più ampio quadro di rappresentazioni, in cui
trovano spazio non solamente gli aspetti legati in senso stretto alla
donazione, ma anche altre tematiche che sono collegate ad essa e all’uso
del sangue in medicina; tra queste troviamo infatti i temi della trasfusione
di sangue, dell’adeguatezza del personale e delle strutture sanitarie, oltre
alla considerazione di tutti gli attori coinvolti nella pratica della donazione, a
partire dalle associazioni di donatori attive nel territorio.
A partire dal prossimo paragrafo descriveremo i risultati dell’analisi dei focus
group, esplorando, attraverso la testimonianza diretta dei partecipanti agli
incontri, la relazione complessa tra tutti i fattori sopra menzionati, arrivando
15
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
infine a descrivere, sulla base dei dati analizzati, una tipologia dei possibili
freni alla donazione di sangue.7
3.1
Donazione e solidarietà
Prima di passare alla discussione dei freni alla donazione di sangue, è
interessante discutere e presentare i risultati delle sessioni di brainstorming
condotte all’inizio di ciascun focus group con non donatori. Si chiedeva ai
partecipanti di scrivere su alcuni foglietti adesivi le parole e i concetti che
loro ritenevano più rilevanti e importanti in relazione alla pratica della
donazione di sangue. I foglietti adesivi, applicati su una lavagna e impiegati
come base per la discussione, sono stati in seguito raccolti e conteggiati,
permettendo di realizzare la word cloud riportata in fig.1. La figura presenta
i concetti espressi dai partecipanti, utilizzando la dimensione del carattere
come spia visuale della frequenza di impiego e indicando tra parentesi il
numero di volte in cui una certa parola è stata riportata nei foglietti
consegnati dai partecipanti. Come si può notare, le parole citate più
frequentemente e indicate prevalentemente nella parte alta della figura, si
riferiscono ai concetti di altruismo, solidarietà, umanità e dono. In
particolare, nel corso delle discussioni sono emerse differenti modalità
attraverso cui si articola tale dimensione legata alla solidarietà. La metafora
del “passaggio ad uno sconosciuto”, ad esempio, è stata impiegata per
sottolineare la gratuità e il disinteresse che caratterizzerebbe la solidarietà
della donazione:
Io
penso
alla
solidarietà…penso
che
sia
un
dono
molto
importante per qualcuno, molto più importante di un passaggio
dato ad uno sconosciuto, ma fatto con lo stesso spirito.
Antonio, Padova, tra i 20 e i 34
7
Nei paragrafi successivi, allo scopo di salvaguardare la privacy dei partecipanti, saranno
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Altruismo(10)
Umanità(1) Sensibilità(1) Speranza(1)Soddisfazione(1) Senso civico(1) Responsabilità(1) Promozione(1) Impegno(1) Salute(1)
Guarigione(1) Giusto(1) Gioia(1) Fratellanza(1) Associazionismo(1) Contentezza(1) Soccorso(1) Formazione(1)
Solidarietà(8)
Vita(8)
Fiducia(1) Bontà(1)
Partecipazione(1)+ Volontario(1) Costa poco(1)
Aiuto(7) Dono(6)
Disponibilità(2)
Utilità Sociale(2) Benessere(2) Consapevolezza(2)
Generosità(6)
Necessario(6) Importante(3)
Soddisfazione(1) Salute(1) Igiene(1) Cura(1) Espiazione(1)
Coraggio(1) Amore(1)
Scarsità(1) Insufficienza(1)
Emergenza(5)
Fondamentale(1) Dovere(1)
Aghi(3) Malattia(3)
Superstizione(1) Stereotipi(1) Diffidenza(1) Alcolismo(1)
Epatite(1) Aids(1)
Sofferenza(1) Morte(1)Difficile(1) Controllo(1) Pigrizia(1) Disinteresse(1) Violazione(1) Intrusività(1) Paura(1) Fastidio(1) Dolore(1)
Debolezza(1) Burocrazia(1) Privacy(1)
Parte di sé(2)
Figura 1 – Word Cloud realizzata attraverso il conteggio delle parole chiave
emerse dalle sessioni di brainstorming nei focus group con non donatori.
impiegati nomi di fantasia per le citazioni dirette.
17
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Un altro modo per sottolineare tali aspetti è stato quello di fare riferimento
alla donazione come ad un atto di generosità, inteso come una disposizione
d’animo che predispone in senso generale l’individuo “a dare” nella sua
esperienza quotidiana e, quindi, ad impegnarsi anche per donare il sangue:
Se uno ha un certo spirito può fare molte cose…non sarà l‟unica
che farà [la donazione] se è un persona disposta a dare, potrà
avere i figli in affido, il drogato per strada a cui dare ogni giorno
cento lire, ci sono tanti modi, questo è uno di cui si parla
stasera.
Anna, Moncalieri, tra i 50 e i 60
Da questo punto di vista la donazione assume i tratti di vero e proprio “atto
di umanità”, che richiama, oltre alla possibilità concreta di salvare una vita
umana, anche un sentimento universalistico di fratellanza tra gli esseri
umani:
Generosità, io...si, ho scritto pure umanità, che è la stessa cosa.
Si,
comunque
è
il senso
di
dare
agli
altri
qualcosa
di
particolarmente importante, che è il bisogno di salvare una vita,
ed
è
un
gesto
consapevolezza
che
di
vedo
far
molto,
parte
tutti
cioè
in
della
relazione
stessa
alla
cosa.
Marco, Roma, tra i 35 e i 49
La generosità e la solidarietà, però, non sono stati interpretati solamente in
senso universalistico, ma anche come motivazioni legate dalla possibilità di
“quantificare” gli sforzi necessari a compierli e, soprattutto, di comparare
questa pratica con altri atti di generosità e di altruismo. Nel seguente
commento si coglie la volontà di sottolineare la donazione in particolare
come un atto di altruismo che “costa poco”, soprattutto se paragonato alla
18
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
possibilità
di impegnarsi contribuendo
al lavoro di organizzazioni e
associazioni che operano sul piano della cooperazione e del volontariato
internazionale:
Ci sono atti di altruismo che costano di più e atti di altruismo che
costano meno. Questo [la donazione] è tra gli atti che costano
meno. Non è un grande sforzo, voglio dire, ci sono fenomeni di
altruismo ben maggiori, andare a fare assistenza, andare a
lavorare per Emergency o per altre associazioni in Iraq e in giro
per il mondo. Le puoi fare senza modificare tanto la tua vita, la
tua settimana o la tua giornata...è leggermente di più di dare
l'elemosina al povero.
Gianni, Moncalieri, tra i 50 e i 60
In questo senso, alcuni partecipanti ai focus group hanno inteso porre
l’accento sul fatto che gli sforzi necessari per donare il sangue non sono poi
così elevati e che, anche se considerato un atto dal grande valore umano e
solidaristico, esso si può comunque compiere attraverso un gesto che
rimane all’interno dei confini che segnano la nostra vita quotidiana ed
“ordinaria”.
A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: perché i non donatori
non si avvicinano alla donazione di sangue, nonostante ne abbiano un’idea
così positiva, riconoscendone il valore di atto di generosità e di solidarietà e,
soprattutto, mettendo in luce come la possibilità di donare il sangue sia
comunque circoscrivibile all’interno delle attività a cui sono assegnati dei
tratti di quotidianità?
Una possibile risposta può essere fornita concentrando la nostra attenzione
sul legame complesso e non lineare che caratterizza il legame tra
conoscenza e informazione, da un lato, e cambiamento dei comportamenti
dall’altro. Attraverso le parole di Antonia, un medico che nonostante fosse a
19
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
contatto quotidiano con la necessità di sangue a causa del suo lavoro in
ospedale non si è decisa a donare, comprendiamo come il riconoscimento
della rilevanza di un certo problema collettivo non porti necessariamente gli
individui a modificare in prima persona le proprie azioni:
…sono medico, tra l'altro, quindi il mio lavoro mi ha portato a
contatto con situazioni drammatiche: a quel punto, lei mi dirà,
perché non si è messa a donare? Perché pensavo […] per la
resistenza di dare qualcosa di me stessa […], pensavo che
proprio essendo medico fossi in qualche modo dispensata anche
dal dare qualcosa di me, perché già davo tanto, e corri quando ti
chiamano, corri quando ti telefonano, io credo di essere stata
anche una persona, non per vantarmi, ma anche dal punto di
vista del rapporto umano di essere stata anche...ma anche con
una grande disponibilità a capire. Quindi penso...faccio già tanto
nella mia professione, sono disponibile eccetera… ma "volete
anche il sangue?”
Antonia, Padova, tra i 50 e i 60
Nei prossimi paragrafi vedremo infatti come, se da un lato i non
donatori si dimostrano particolarmente propensi a riconoscere e a
valutare positivamente la donazione, considerandolo un atto gratuito e
solidale, dall’altro lato questo generale entusiasmo risulti smorzato nel
momento in cui gli individui traducono un problema collettivo come
quello della necessità di sangue nell’ambito della propria esperienza
personale, lasciando allo stesso tempo emergere l’insieme complesso
ed eterogeneo dei possibili freni alla donazione di sangue.
20
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
3.2
Emotivi, pigri e scettici: il mondo dei non donatori
I dati emersi dalle discussioni collettive condotte hanno permesso di porre
in evidenza un insieme di freni e ostacoli alla donazione riportati dai
partecipanti e di mettere a punto una tipologia, basata su tre differenti tipi
di freni o ostacoli, che saranno discussi e descritti nel dettaglio nei paragrafi
seguenti:
La paura e i freni emotivi alla donazione di sangue;
La pigrizia e i freni motivazionali alla donazione di sangue;
Lo scetticismo, la critica e la diffidenza come freni alla donazione.
3.2.1
La paura e i freni emotivi alla donazione di sangue
In questo paragrafo esploreremo l’insieme delle paure che attanagliano
alcuni dei non donatori e che rappresentano un primo insieme di freni
particolarmente rilevanti per la donazione di sangue; indagheremo in altre
parole l’insieme dei freni che caratterizzano in particolare i(?) non donatori
emotivi e particolarmente sensibili. A questo proposito, una delle paure più
volte menzionate nel corso dei focus group è la nota “paura dell’ago”:
Il mio problema è la paura degli aghi. E' una tragedia farsi gli
esami del sangue in generale…quindi vince la fobia sul fatto di
affrontare un gesto di solidarietà e aiuto, assolutamente.
Laura, Padova, tra i 20 e i 34
Ma non è solo l’ago ad intimorire alcuni non donatori, che talvolta rifiutano
questa pratica perché si lasciano spaventare dal sangue stesso. In questo
caso il problema non è la donazione ma la più generale “idea del sangue”:
21
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Non è tanto l‟ago…è l‟idea del sangue che a me ogni volta…mi
annienta…ogni volta che devo fare le analisi del sangue per me è
una tragedia”.
Damiano, Moncalieri, tra i 35 e i 49
Altro timore, poi, riguarda invece una paura più generica nei confronti
dell’idea della “violazione” del corpo, che secondo alcuni avverrebbe
attraverso il prelievo per la donazione. La pratica della donazione viene
dunque considerata e valutata nei termini di un’azione invasiva:
Siccome in qualche maniera non è come aprire un rubinetto,
perché in qualche modo si è violati…o si consente di avere un
momento di invasività, diciamo del corpo, quindi superare
questo…
Marzio, Padova, tra i 50 e i 60
Anche il “dopo” spaventa alcuni non donatori. C’è infatti chi ammette di
essere intimorito dalla possibilità di sentirsi male o di riportare disturbi di
varia natura in seguito alla donazione. Questo può essere anche collegato a
malesseri che si sono presentati in occasioni precedenti in cui il soggetto si
era inizialmente avvicinato alla donazione e al prelievo di sangue, finendo
per abbandonare in un secondo momento e sulla base di un’esperienza
vissuta come traumatica l’idea di poter diventare un donatore regolare:
Ho pensato che per motivi di salute era meglio non farlo più.
Dopo la donazione ho avuto un indebolimento fisico…poi
l'indebolimento fisico si trasforma magari in periodi un po' di
ansia, o comunque di alterazione dell'umore o comunque di
malessere psicologico. E questo mi é capitato le volte che ho
22
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
donato il sangue. Quindi quello che mi ha frenato é stato un po'
la paura di trovarmi in questa situazione.
Emilio, Cosenza, tra i 20 e i 35
È poi presente un altro insieme di paure che non si riferiscono all’ago, al
sangue o ad altri aspetti legati alla salute, ma che trovano la propria origine
in un più generale atteggiamento fobico nei confronti delle strutture
burocratiche e quindi anche nei confronti delle strutture mediche ed
ospedaliere. In particolare, quello che spaventa è l’idea di entrare in un
percorso lento e macchinoso, fatto di attese e di moduli da compilare:
…mi terrorizza l‟idea di andare, fare la fila, dover attraversare un
processo burocratico di qualunque tipo. Il pensiero di andare in
una cosa che ha dei passaggi, dei tempi morti, dei moduli, delle
cose… per me è terribile.
Grazia, Roma, tra i 20 e i 35
Infine i focus group hanno evidenziato un ultimo timore, in qualche modo
connesso alla paura della burocrazia, vale dire quello di “sentirsi controllati”.
Una paura legata alla situazione, agli attori (in particolare i medici e il
personale sanitario) e agli scenari che fanno da sfondo alla donazione.
…anche io ho lottato per anni con l‟ago. Quello che mi inibisce è
il controllo…il camice bianco, gli scenari.
Sara, Moncalieri, tra i 20 e i 30
23
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
È possibile vincere l‟emotività?
I focus group hanno messo in luce, oltre all’insieme di timori appena
menzionati, un insieme di possibili condizioni in grado di mettere i(?) non
donatori emotivi nella condizione di vincere le proprie paure. Il primo di
questi presupposti è la predisposizione di un ambiente “familiare”, capace di
far sentire il potenziale donatore a proprio agio, come emerge dalle parole
di Maria, una partecipante al focus di Moncalieri (l’incontro in cui i freni
emotivi alla donazione hanno costituito in modo prevalente un argomento di
discussione):
…l‟ambientazione è molto importante, mi ricordo che la mia
prima esperienza è stata particolarmente positiva, perché ero
andata nel mio paese piccolo, c‟erano tutte persone che
comunque conoscevo ed è stata un‟esperienza positiva…in effetti
vista l‟esperienza negativa che ho avuto all‟ospedale, sono
partita con l‟ansia di trovarmi in un luogo non caldo no,
freddo…così…probabilmente se avessi continuato ad abitare in
quel paesino, magari avrei continuato a donare.
Maria, Moncalieri, tra i 35 e i 49
Secondo alcuni partecipanti, fondamentale sarebbe poi la presenza di un
certo “spirito di comunità” associato alla pratica della donazione. In questo
senso, è nel contesto dei piccoli centri che l’azione delle associazioni di
donatori si fa più efficace allo scopo di reclutare nuovi donatori. Nello
specifico, per questo partecipante al focus group di Cosenza, la diffusione
della disponibilità a donare il sangue è descritta attraverso l’impiego della
metafora del “contagio”:
24
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Diciamo che se non c‟è una sezione dell‟Avis in un paese
piccolino può essere un problema, perché avendola vicino uno si
incoraggia anche di più, è una specie di contagio… inizio a farlo
io, poi ne parlo con gli altri, incoraggi gli altri, porto qualcuno
che dona, diventa più facile il meccanismo di trasmissione, di
incoraggiamento a donare.
Emilio, tra i 20 e i 35, Cosenza
In ogni caso, è possibile sostenere che le paure e i freni emotivi alla
donazione costituiscano l’insieme di ostacoli più difficili da abbattere allo
scopo di reclutare nuovi donatori. Questo perché la paura non appare come
qualcosa che è possibile affrontare e vincere attraverso l’impiego di
argomentazioni razionali mirate a “convincere” i non donatori emotivi…
Secondo me non si può convincere una persona a donare. Se si
è disposti a farlo per qualsiasi motivo lo si è in partenza. A me
nessuno potrà mai convincere a farlo dicendo mai nessuna cosa,
insomma, perché ho troppa paura, un limite mentale mio. […]
Per me è proprio troppa paura.
Federica, Moncalieri, tra i 35 e i 49
…o attraverso la promessa di un incentivo economico alla donazione :
Visto quelli che hanno paura dell‟ago, non credo che sarebbero
tanto convincibili con 20 euro….bisogna convincere tutti gli altri
che lo farebbero pure, ma non lo fanno.
Cinzia, Roma, tra i 35 e i 49
25
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
3.2.2
La pigrizia e i freni motivazionali alla donazione di sangue
Non sono solo le paure che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti a
frenare i soggetti dal donare il sangue. L’analisi dei focus group ha infatti
permesso di mettere in luce come un secondo tipo di freni alla donazione
del sangue sia associabile ad elementi di tipo motivazionale e spesso alla
manifesta pigrizia di alcuni non donatori.
In questo senso, per usare le parole di un partecipante all’incontro di
Padova, il primo passo da fare per motivare le persone pigre è quello di
trovare le condizioni per “superare la barriera”:
Io non dono il sangue per pigrizia, ma anche perché non ci sono
occasioni per far donare il sangue, per superare la barriera,
perché spesso credo che non sia una questione di principio, ma
[…] un superamento della barriera.
Antonio, Padova, tra i 35 e i 49
Da questo punto di vista, “superare la barriera” non significa semplicemente
la possibilità di diventare donatori occasionali, ma anche l’opportunità di
rendersi conto attivamente dell’importanza della donazione e del fatto che,
a partire dalla propria condizione di “pigrizia”, essa non costituisce una
pratica eccessivamente impegnativa o costosa in termini di tempo e di
risorse, così come già del resto sottolineato da alcuni partecipanti in merito
al tema della solidarietà e della generosità (cfr. § 3.1).
C’è poi chi invece, anche di fronte al riconoscimento che l’atto di donare il
sangue non è particolarmente impegnativo, mette in luce come alcune
persone possano basarsi sulla mera considerazione del tempo necessario
per la donazione per decidere di impiegare il loro tempo diversamente. In
questa citazione, l’esempio dello shopping è impiegato per evidenziare come
anche un’attività apparentemente futile e superficiale sia in grado di far leva
26
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
su
persone
particolarmente
pigre,
distraendole
dalla
possibilità
di
impegnarsi in un azione con valore civico ben più alto quale è la donazione
del sangue:
Secondo me vince la pigrizia nel momento in cui penso che il
mio tempo sia qualcosa che io possa e debba e voglia spendere
interamente per me, piuttosto che dedicarla agli altri. Io ho
un‟ora di tempo libera? Preferisco andare a fare shopping
piuttosto che…
Grazia, Roma, tra i 20 e i 35
Tra chi cita la pigrizia, non manca anche chi fa riferimento all’esistenza di
una specifica “pigrizia del Sud” dell’Italia, mettendo in luce la possibilità che
variabilità geografiche intervengano nell’influenzare questo insieme di freni
alla donazione:
- Sul sangue per me è più semplicemente…sicuramente a sud
siamo più pigri, c‟abbiamo il sole, non vogliamo uscire di casa.
- Per me la pigrizia è il numero uno.
- Per me se qualcuno venisse a lavoro e mi dicesse, guarda
facciamo una raccolta, però se venissero al posto di lavoro, se
venissero
avrebbero
sicuramente
un
sacco
di
sangue.
- Io su questo, ti ripeto, non c‟ho problemi proprio a dirlo,
andando verso sud si è più pigri, poi non so se è un‟indole
generica, sicuramente… andare incontro alla gente
è più
fruttuoso.
Discussione, incontro di Roma
27
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Vincere la pigrizia: gli incentivi alla donazione
Ci sono comunque dei modi attraverso cui, secondo i partecipanti, è
possibile convincere i non donatori a donare il sangue, vincendo una diffusa
pigrizia. Il primo tra questi è la proposta di piccoli incentivi concreti o il
riferimento alla possibilità, peraltro già prevista, di ottenere gratuitamente
gli esami del sangue:
- qualche forma di incentivo…se mi dessero un biglietto per il
teatro Regio…
- ma anche gli esami del sangue, se no uno spende 50-60 euro!
- si, ma al di là degli esami del sangue, magari uno passa una
serata piacevole… che può essere qualsiasi altra cosa.
Discussione, incontro di Moncalieri
Per alcuni gli stessi donatori regolari possono essere talvolta animati dalla
possibilità di ottenere incentivi concreti, come per esempio la possibilità di
avere un giorno libero da lavoro:
“Io un paio di donatori li conosco…uno è un parà della folgore…e
lo fa soprattutto perché gli danno i giorni liberi da lavoro”
Gina, Cosenza,tra i 35 e i 49
A controbilanciare questa visione, che tende a discutere di donazione
impiegando logiche che rimandano – seppur indirettamente - a quelle dello
scambio, è emersa in ogni caso nel corso dei focus group l’esigenza di
evitare l’applicazione di logiche di mercato al sistema della donazione, e
cioè di mantenere l’atto della donazione come un gesto gratuito à la
Titmuss. Se per qualcuno, ad esempio, si può prefigurare la possibilità di un
28
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
pagamento per la donazione, ma solamente in caso di crisi per mancanza di
sangue, nel corso degli incontri i partecipanti si sono trovati sostanzialmente
d’accordo sul fatto che un sistema di donazione che non prevede forme di
pagamento in denaro come incentivo per la donazione è anche un sistema
sicuro in grado di garantire la qualità del sangue donato. A partire da queste
considerazioni, la possibilità che il sangue resti un dono gratuito costituisce
per alcuni partecipanti la garanzia del mantenimento
dei valori di
cittadinanza e di solidarietà sociale:
È importante però il discorso della donazione, nel momento in
cui uno viene pagato non è più una donazione. Testimonia che
c‟è una società, voglio dire, dietro…che non c‟è sempre soltanto
un valore di scambio dietro, secondo me
è significativo
Gina, Cosenza,tra i 35 e i 49
Un’ultima considerazione sulla pigrizia riguarda la vicinanza e la comodità
del luogo in cui donare il sangue. I partecipanti ai focus group hanno
espresso la necessità di potersi recare in un posto vicino e legato alla
propria
esperienza
quotidiana,
senza
la
necessità
di
impegnarsi
eccessivamente per “cercare” il luogo in cui donare il sangue:
Per donare comunque devi andare in ospedale, in una città come
Roma probabilmente ci metti solo un‟ora ad arrivare. Se tu
invece sai che c‟è questa possibilità nei quartieri in cui stai,
secondo me le possibilità aumentano, cioè bisogna essere più
capillari.
Elena, Roma, tra i 35 e i 49
29
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Nelle camionette, davanti a scuola, mi sembra una cosa più
normale, della vita quotidiana…il passo ho provato a farlo, ma se
devo andarmelo a cercare…
Sara, Moncalieri, tra i 20 e i 34
3.2.3
Lo scetticismo: la diffidenza e la critica come freni alla
donazione
Alle paure e alla pigrizia si affianca un ultimo tipo di freni alla donazione del
sangue individuato attraverso l’analisi dei focus group: lo scetticismo. In
questo caso, alcuni non donatori manifestano un generale atteggiamento di
diffidenza e di critica nei confronti di alcuni aspetti connessi alla donazione
del sangue. Questo genere di sfiducia non è tanto indirizzato nei confronti
della donazione in sé, della sua necessità o degli ideali solidaristici ad essa
sottesi, ma quanto verso altri aspetti legati all’organizzazione, ad alcuni
elementi della “cultura della donazione”, oltre che al legame fiduciario con le
istituzioni che se ne occupano. I non donatori critici fanno pertanto
riferimento all’inadeguatezza delle strutture sanitarie, in alcuni casi lontane
dal soddisfare i requisiti di igiene e di decoro propri di una pratica medica:
… il centro trasfusionale… uno dice, io qua prendo più malattie
che altro, nel senso che, come te lo faccio a spiegare […] il
centro trasfusionale dell‟ospedale era proprio fatiscente, OK?
Adesso, siccome è stato spostato è molto più bello, mentre lì
dov‟era prima era… anche la sediolina stessa, dove ti devi
sedere, io non dico che deve essere nuova, però… certo non con
l‟ovatta che poi si vede…
Maria, Cosenza, tra i 20 e i 35
30
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
La necessaria sensazione di protezione e di rassicurazione viene a mancare
nel momento in cui i soggetti hanno la sensazione di interagire con
personale considerato non adeguatamente preparato o di trovarsi in luoghi
ritenuti non sufficientemente protetti dal punto di vista sanitario. Per alcuni,
quindi, è preferibile donare il sangue in un luogo come l’ospedale, e non
nelle roulotte e nei camper che, anche se comodi, possono non ispirare
sufficiente fiducia sul piano dell’igiene e della professionalità del personale:
Poi magari la fiducia si basa su pregiudizi, positivi o negativi.
Secondo me la difficoltà è conciliare l‟aspetto che è uscito prima
della quotidianità con la garanzia di fare il proprio mestiere… io
preferirei andare a donare il sangue in ospedale, bianco ed
asettico, purché abbia la prova che sono in un ambiente
protetto.
Giovanni, Moncalieri, tra i 35 e i 49
Talvolta può essere anche lo stesso aspetto e decoro degli operatori a far
crescere la critica nei confronti della donazione stessa:
Io avevo soprannominato l‟esattore delle tasse, come l‟avevo
chiamato io, „il vampiro‟, perché lo vedevi e ti veniva proprio
l‟idea del vampiro. Bianco, cadaverico, con tutte le vene fuori…
Maria, Cosenza, tra i 20 e i 35
Alcuni non donatori, inoltre, sentono che attraverso la donazione potrebbe
essere violata la loro privacy. In questo caso è il questionario che viene
fatto compilare prima della donazione a costituire un “disincentivo” alla
donazione:
31
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
La violazione di sé e il questionario, per quella che io ho
chiamato intrusività nella privacy…ci sono anche questi due
disincentivi...è assolutamente giusto, razionale, questa cosa del
farti le domande, però ad esempio è una cosa che a me, quando
ho compilato è una cosa che mi ha messo a disagio […]. E
l‟intrusività è questa cosa della violazione di sé...la privacy deve
essere assolutamente garantita.
Emanuela, Moncalieri, tra i 35 e i 49
Sempre in merito al questionario, per alcuni le domande in esso contenute
risultano inutili e banali, non adatte allo scopo di controllo che troppo
chiaramente si prefiggono:
…ho avuto modo di guardare il famoso questionario che danno a
chi
si
presenta…per
esempio
la
domanda
rispetto
all‟orientamento sessuale non c‟è più, è stata tolta, però ce n‟è
un‟altra rispetto al fatto se si hanno o meno rapporti promiscui…
e comunque a me leggere questo questionario mi ha dato un po‟
l‟impressione dello stesso test che si faceva al servizio militare
tanti anni fa, cioè mi sembra un grande cavolata…
Aldo, Cosenza, tra i 35 e i 49
Anche la presenza di possibili discriminazioni fa in qualche modo crescere la
diffidenza di alcuni individui nei confronti della donazione di sangue. In
particolare, sono stati riferiti da alcuni partecipanti al focus group di
Cosenza episodi di resistenza da parte del personale sanitario nei confronti
di omosessuali intenzionati a donare il sangue. In questo caso, è maturata
tra alcuni non donatori una visione negativa degli operatori e del personale
sanitario, che in questo resoconto si caratterizzerebbe, soprattutto nel
32
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
contesto del meridione d’Italia, per la diffusa presenza di ignoranza e
pregiudizi nei confronti di alcuni gruppi:
Io mi ricordo che proprio un anno fa era successo un episodio di
discriminazione, proprio qui a Cosenza, perché mi ricordo che
era andato a donare il sangue un omosessuale e praticamente
avevano fatto delle resistenze, questo mi ha fatto oltremodo
incazzare, perché individuare delle categorie a rischio vuol dire
anche affermare in qualche modo un retaggio… infatti io ho
scritto superstizione proprio per evidenziare l‟ignoranza che c‟è
proprio legata ad una visione, soprattutto da noi qui al sud,
negativa rispetto a determinati valori, quindi questa va estesa
anche rispetto ad azioni positive che una persona può fare. In
seguito a questo ho deciso di evitare di interfacciarmi con
strutture in cui c‟è gente ignorante.
Carlo, Cosenza, tra i 35 e i 49
Oltre
a
ciò,
alcuni
partecipanti
ritengono
che
talvolta
il
manifesto
atteggiamento “salutista” di alcuni donatori non trovi corrispondenza nella
realtà dei fatti, aggiungendo ulteriori elementi di scetticismo che tendono ad
allontanare alcuni non donatori:
- Il discorso di alcuni donatori, che conducono una vita sana, mi
è
sembrato
francamente
megalomane…sinceramente
mi
è
venuto da dire: io non voglio essere così sano! Io ho scoperto
che uno dei miei migliori amici è donatore. Ogni domenica
praticamente va in sauna e fa sesso frequentemente…per cui
questa è vita sana!
- Anche io ho esperienza di persone che conducono stili di vita
non perfettamente sobri; in particolare ce n‟è uno che se non è
33
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
alcolizzato ci manca poco…infatti quando ho saputo che è
donatore ho detto…ma tu che vai a donare il sangue o l‟alcol?
Discussione, incontro di Cosenza
Io ho un'esperienza terribile, perché c‟é il padre di una mia
fidanzata che era un terribile alcolista, che beveva vino, terribile,
in Friuli, e andava sempre in questo paesino al circolo dei
donatori, ma in realtà era una scusa per bere. Poi in realtà un
giorno non bevevano, quando dovevano donare il sangue, però
quel sangue io non l'avrei mai voluto. Mi sono sempre chiesto se
poi effettivamente donavano e quel sangue era poi in qualche
modo utilizzato.
Gianni, Moncalieri, tra i 50 e i 60
Superare lo scetticismo
Chi ha dimostrato di avere un atteggiamento tendenzialmente scettico nei
confronti di alcuni elementi legati alla pratica della donazione di sangue ha
anche posto l’accento sulla necessità di un’adeguata informazione, in grado
di creare la necessaria consapevolezza non solo nel pubblico dei non
donatori, ma anche da parte del personale sanitario e dei membri delle
associazioni di donatori volontari, in modo da prevenire il formarsi di
pregiudizi o di possibili ipocrisie nei valori e nelle azioni associate alla
donazione di sangue. Da questa prospettiva, per alcuni partecipanti è utile
quindi fare chiarezza sugli stereotipi e sulle “leggende metropolitane” che si
diffondono a proposito della donazione e che finiscono per allontanare molte
persone dal diventare donatori:
34
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
- Consapevolezza del gesto, cosa significa donare, quindi sempre
la formazione, la promozione, l'abbattimento degli stereotipi
delle leggende, la consapevolezza del gesto.
- la consapevolezza è un po‟ figlia dell‟informazione, purtroppo
molte volte si è un po‟ vittima delle leggende metropolitane […]
quindi si è consapevoli quando si è anche informati.
Discussione, incontro di Cosenza
In questo senso, alcuni partecipanti hanno sostenuto la necessità di
supportare e di promuovere la donazione di sangue evitando di impiegare
argomentazioni di tipo “morale”, come quelle che si rifanno esclusivamente
ai valori di solidarietà ed altruismo, per privilegiare invece la comunicazione
di informazioni e dati rilevanti a proposito, anche per evitare di offrire un
quadro interpretativo della donazione che alcuni considerano negativamente
paternalistico:
[…] nel dare queste informazioni [evitare] un lancio che poi
magari va nel religioso …cioè non dire solo l‟altruismo…
Cinzia, Roma, tra i 35 e i 49
35
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
3.3
Un quadro d’insieme
Nel corso dei paragrafi precedenti abbiamo descritto nel dettaglio le
caratteristiche di tre principali tipi di freni alla donazione di sangue, sulla
base dei dati emersi nel corso dei focus group. La tabella 1 riassume le
principali caratteristiche dei tre tipi di freni, così come delle condizioni e
delle possibilità che gli stessi non donatori hanno indicato come possibili
strade per ovviare ai differenti problemi sollevati.
Sulla base di questi dati è stato possibile mettere a punto tre profili di non
donatori, ciascuno caratterizzato da specifici freni alla donazione e riassunti
nella Tabella 1 (ho sistemato gli elenchi puntati):
1. Il non donatore emotivo ha paura dell’ago o del sangue, può sentirsi
violato dal prelievo di sangue ed essere intimorito dagli aspetti
burocratici legati all’esperienza della donazione. Questo tipo di non
donatore
risulta
difficilmente
convincibile
ad
un
cambio
di
36
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Non donatori:
Principali freni:
Possibili soluzioni:
EMOTIVI
-paura dell’ago /del
-familiarità e accoglienza;
- spirito “di comunità”:
sangue;
- sensazione di violazione coinvolgimento e solidarietà.
e di controllo;
- burocrazia.
PIGRI
SCETTICI
-mancanza di occasioni o -incentivi alla donazione;
incentivi per donare il
-vicinanza e comodità di
sangue.
accesso alle strutture.
-inadeguatezza delle
-campagne informative e di
strutture o del personale;
-possibili discriminazioni e
violazione della privacy;
- “salutismo” (talvolta
considerato incoerente)
dei donatori.
formazione;
-maggiore consapevolezza
da parte sia dei donatori sia
del personale;
-eliminare pregiudizi e
“leggende metropolitane”.
Tabella 1 - Tipologia di freni alla donazione di sangue emersa
dall’analisi dei dati dei focus group.
comportamenti
verso
la
donazione
attraverso
l’impiego
di
argomentazioni razionali e cerca piuttosto un ambiente “familiare” e
confortevole in cui sentirsi al sicuro e a proprio agio.
2. Il non donatore pigro soffre invece la mancanza di occasioni e
incentivi adeguati a donare il sangue, ha un’idea positiva della
donazione, ma tende a privilegiare il tempo che può dedicare a sé
stesso. Questo tipo di non donatore cerca sostanzialmente lo stimolo
adeguato che lo porti a donare il sangue, ed è disponibile a farsi
convincere da incentivi di varia natura.
3. Il non donatore scettico è frenato soprattutto da una percepita
inadeguatezza delle strutture o del personale sanitario, da problemi
legati alla privacy e al questionario per la donazione. È critico nei
confronti dell’atteggiamento “salutista” (talvolta giudicato incoerente)
37
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
di alcuni donatori e pone l’accento sulla necessità di un’informazione
adeguata che sia in grado di eliminare “leggende metropolitane” e
pregiudizi diffusi non solo tra il pubblico dei non donatori, ma anche
tra il personale sanitario e tra i donatori volontari che si impegnano
nelle associazioni.
I tipi di non donatori individuati sono da considerarsi come strumenti
interpretativi, i cui tratti risultano inseparabilmente mescolati nella realtà
empirica. L’obiettivo è quello di identificare i principali fattori coinvolti nella
percezione dei non donatori della pratica della donazione, anche allo scopo
di individuare i profili socio-anagrafici dei tre tipi attraverso la realizzazione
di una successiva indagine campionaria.
38
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
4. LA COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE E DELLA
TRASFUSIONE IN ITALIA
Un secondo insieme di dati emerso dall’analisi dei focus group e degli
articoli dai quotidiani riguarda il tema della comunicazione della donazione e
della
trasfusione
considerazioni
che
del sangue
sono
in Italia.
direttamente
Si tratta
connesse
di un
non
insieme
solamente
di
alla
percezione del pubblico, ma anche alla rappresentazione della donazione e
della trasfusione nell’arena di discussione rappresentata dai media.
4.1
Aspetti generali
In primo luogo, sul tema della comunicazione, sono emersi nel corso degli
incontri una serie di aspetti generali legati alla comunicazione della
donazione:
La richiesta, chiara e generalizzata, di una maggiore informazione
riguardante il tema della donazione di sangue, così come il
riconoscimento della necessità di maggiori investimenti in campagne
di comunicazione e di sensibilizzazione incentrate sulla promozione
della donazione di sangue.
Se il medico di base è riconosciuto come possibile mediatore
rilevante, tuttavia nel corso di tutti gli incontri è emersa la
convinzione che questa categoria non parli a sufficienza di donazione
con i suoi pazienti e che non sia impegnata nella promozione della
donazione:
39
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
- Al massimo il medico ha delle cose tristi appese nel
corridoio, gli incontri dell'AVIS…
- Il medico potrebbe essere importante, perché conosce i
suoi pazienti. Se il medico pensa che potenzialmente
potresti essere una persona...anche perché in qualche
modo è consapevole dello stato di salute del suo paziente.
- anche perché al medico si dice tutto, infatti questa cosa
qua la pensavo. Però anche ai medici di medicina generale
mi sembra non sia mai partita un'iniziativa di questo
genere…
Discussione, incontro Padova.
È riconosciuta anche la necessità di intraprendere iniziative di
comunicazione
e
sensibilizzazione
nelle
scuole,
o
comunque
indirizzate ai più giovani:
Si potrebbero organizzare nelle scuole delle giornate
informative, con associazioni supportate da medici e fare
delle giornate, magari una volta all'anno per i bambini.
Letizia, Padova, tra i 50 e i 60
Da ultimo, nel corso del focus group di Firenze con i donatori, è
emersa anche la possibilità di utilizzare nuove tecnologie ed i social
network nel Web (come ad esempio Facebook) per reclutare nuovi
donatori.
40
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
4.2
Due “cornici interpretative": donazione come momento
“positivo” e “propositivo” e donazione come momento legato
alla crisi e all’emergenza.
Le discussioni condotte nel corso dei focus group hanno permesso di
evidenziare e distinguere due principali “cornici interpretative” attraverso
cui, secondo i partecipanti, è possibile comunicare (e promuovere) la
donazione di sangue.
Il concetto di “cornice interpretativa” (frame), impiegato nell’ambito della
seguente analisi, è stato messo a punto dal sociologo Erving Goffman8,
come sinonimo per "principio che organizza l'esperienza". Attraverso
l’impiego di tali “cornici”, secondo Goffman, ognuno di noi, a partire dalla
continuità dell’esperienza, riesce a trasformare gli oggetti e le azioni che
compiamo quotidianamente in qualcosa di significativo non solo per sé
stesso, ma anche per gli altri. Nei paragrafi seguenti cercheremo quindi di
indagare le modalità attraverso cui la comunicazione della donazione e della
trasfusione
di sangue sono
“incorniciate” e
quindi interpretate non
solamente da parte dei partecipanti ai focus group, ma anche nel contesto
dei mezzi di comunicazione di massa. Questo tipo di dati ci informeranno
non solo sulle possibili modalità attraverso cui il pubblico può interpretare i
messaggi di comunicazione e la loro potenziale efficacia, ma anche sulle
differenti strategie di comunicazione impiegate per rappresentare questi
temi.
Una prima modalità riguarda la possibilità di inserire la donazione in un
quadro significante dai tratti positivi e “propositivi”, che enfatizza la
possibilità di aiutare gli altri con un gesto semplice, ma estremamente
solidale e altruistico. Una seconda cornice interpretativa può essere invece
impiegata per discutere e promuovere la donazione mettendo in evidenza la
necessità concreta di sangue e le possibili conseguenze legate alla
mancanza o alla scarsità di sangue.
8
Erving Goffman, 1974, Frame Analysis, Harvard University Press, Cambridge
41
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
La “cornice” positiva e propositiva della donazione di sangue…
Un primo modo riportato dai partecipanti ai focus group per attribuire
significato alla donazione di sangue in un’ottica di comunicazione è quello di
evitare attribuzioni di colpa nei confronti dei non donatori:
Io non saprei se mettere in risalto o no il fatto dell‟emergenza.
Secondo me può essere messo in risalto, però l‟importante è che
non si trasformi in colpevolizzazione di chi non dona.
Emilio, Cosenza, tra i 20 e i 35
Da questa prospettiva, la comunicazione deve piuttosto fare leva su
motivazioni “positive” che possono spingere una persona a donare il
sangue. Non si deve quindi far nascere il gesto da un’esperienza negativa o
traumatica, quanto piuttosto da informazioni capaci attraverso registri
linguistici adeguati di invitare i diversi soggetti alla donazione:
Innanzi tutto cercare una motivazione che sia una motivazione
positiva; io immagino che ci sia una percentuale di donatori che,
per esempio, ha perso un familiare in un momento in cui aveva
necessità di avere sangue, quindi nasce una motivazione a
donare che deriva da un‟esperienza negativa…per cui invece di
aspettare che nasca una motivazione da esperienza negativa,
fare delle campagne che invece giocano su delle motivazioni
positive.
Sergio, Cosenza, tra i 20 e i 35
Chi promuove questa interpretazione della comunicazione, pone l’accento
sulla necessità di sottolineare i valori di solidarietà e di altruismo già più
42
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
volte messi in evidenza, soprattutto sulla base della considerazione che il
gesto di donare il sangue è interpretato nei termini di qualcosa che nasce da
dentro ed è rivolto ad un generico “tu” verso cui esprimere solidarietà in
modo totalmente gratuito e alieno da qualsiasi logica di scambio:
Un po‟ di tempo fa c‟era uno spot che mi ha abbastanza colpito,
c‟era questo signore, anche abbastanza anziano che aveva
donato il sangue e un signore all‟uscita gli dice: „Ma perché, lo
conosceva?‟ E lui dice „No, non lo conoscevo‟. È un po‟ quello che
dicevi prima, c‟è un‟assoluta gratuità del gesto […], questo mi
sembrava abbastanza buono.
Adriano, Torino, tra i 35 e i 49
…e la cornice dell‟ “emergenza” e della crisi
Una seconda cornice interpretativa emersa nel corso dei focus group
riguarda invece la possibilità di comunicare e di promuovere la donazione di
sangue ponendo il pubblico di fronte a testimonianze dirette relative alla
necessità di sangue, o fornendo, ad esempio, dati sul concreto uso del
sangue e sulle possibili conseguenze legate alla mancanza o alla scarsità di
sangue negli ospedali. Per chi propone questo punto di vista, la donazione
dovrebbe essere rappresentata nei termini di un vero e proprio problema
sociale allo scopo di renderlo maggiormente percepibile e rilevante agli
occhi del pubblico:
Secondo me non si sente come problema. Non lo so, come se
fosse una cosa che non esiste, cioè tutti sappiamo che bisogna
donare il sangue, però poi alla fine è come se… cioè non è un
problema, nel senso che non serve. Nessuno ha sentito di
persone che sono morte per mancanza di sangue.
43
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Sara, Roma, tra i 50 e i 60
Sullo stesso piano, sono così preferiti messaggi “di impatto”, in grado di
colpire il pubblico anche attraverso immagini e espressioni forti:
Tempo fa fecero le prime pubblicità progresso, alla fine degli
anni Settanta, dicevano „In Italia ogni giorno muoiono tot
persone perché manca il sangue e questo perché nessuno perde
cinque minuti‟…. questi sono messaggi che, per me, fruttano...
Dario, Roma, tra i 20 e i 34
Nell’ambito di questo quadro interpretativo, c’è anche chi mette in luce però
i limiti di una riflessione basata solamente su una “cultura dell’emergenza”
che caratterizzerebbe il contesto italiano e che porterebbe i soggetti a
preoccuparsi
di
problemi
simili
a
quello
delle
scorte
di
sangue
esclusivamente nei casi in cui queste scarseggiano o vengono meno:
Nella nostra cultura…a livello di salute in generale, c‟è insita
proprio la cultura dell‟emergenza, quindi io vado in ospedale
quando sono in fin di vita e quindi questo si traduce anche a
livello di donazioni, perché le donazioni diventano di emergenza
anche quelle.
Claudio, Cosenza, tra i 35 e i 49
44
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
4.3
La percezione e la comunicazione della trasfusione
Per quel che riguarda la trasfusione, l’analisi dei focus group vede
quest’ultima collocarsi in modo decisamente chiaro nell’ambito di una
cornice interpretativa legata all’emergenza e alla necessità, attraverso il
richiamo al tema del rischio e delle paure:
Io
ho
pensato
più
che
altro
alla
trasfusione,
mi
sono
immedesimato in una persona che si sveglia da un incidente, e
dicono che gli hanno fatto la trasfusione, secondo me c‟è un
atteggiamento ancora restio nei confronti di questa cosa qua.
Nel senso che c‟è un lato abbastanza di paura, secondo me.
Daniele, Moncalieri, tra i 20 e i 34
Anche secondo me...la trasfusione la vedo come una cosa molto
rischiosa.
Antonia, Padova, tra i 50 e i 60
Nelle testimonianze di alcuni partecipanti ai focus ritroviamo quindi una
rappresentazione della trasfusione dai toni negativi, soprattutto per quanto
riguarda il riferimento ad incidenti nel passato, con però il riconoscimento
che la sicurezza è attualmente maggiore:
Io ho avuto sia mio padre sia mia madre che hanno contratto
l‟epatite con i vecchi sistemi di tanti anni fa, perché comunque
non c‟era quel controllo, quella sicurezza, io comunque parto dal
presupposto che ora questi controlli ci siano.
Sara, Roma, tra i 50 e i 60
45
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
È ancora presente, in ogni caso, la memoria delle controversie che nel corso
degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta hanno investito il sistema
sanitario italiano, per i casi di trasmissione di epatite e HIV dovuti a
trasfusioni di plasma e all’uso di emoderivati infetti:
- c'è stato quel periodo a metà degli anni Ottanta, che
veramente...
- ma manco dal dentista andavi più quasi quasi…
- eh si […] c'è stato questo periodo, almeno a livello di
percezione, io non so se questa cosa è fondata oppure no...c'è
stata questa ricaduta...
Discussione, incontro di Roma
Per quanto riguarda la connessione tra momento della donazione e
momento della trasfusione emerge piuttosto chiaramente il generale
riconoscimento del fatto che un momento di emergenza e necessità di
sangue di un familiare o per una persona cara può far superare le paure
legate alla donazione. In altre parole, timori come quelli che caratterizzano i
non donatori emotivi possono essere superate, anche rapidamente, nel
momento in cui si riconosce l’ineluttabile necessità della trasfusione in
situazioni di emergenza in cui è a rischio la vita di una persona cara:
Poi nella vita che cosa succede, che invece vieni coinvolto
personalmente e secondo me è estremamente importante, per
fare questo passo, viverlo in prima persona, cioè avere qualcuno
in casa tua che ha bisogno di una trasfusione e a quel punto
dici: „Beh, e se adesso non c‟era qualcuno che andava a donare
il sangue, mia madre non se la cavava.‟
Antonia, Padova, tra i 50 e i 60
46
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Proprio in relazione a questo aspetto emerge ancora il riconoscimento della
presenza di una “cultura dell’emergenza” che caratterizzerebbe le pratiche
della donazione e della trasfusione nel contesto italiano:
Allora per l'emergenza siamo tutti pronti, per la necessità invece
nessuno di noi è disponibile, perché non ci pensiamo nemmeno.
Gina, donna, 35-49, Cosenza
47
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
4.4
La donazione e la trasfusione di sangue nei quotidiani italiani
(1998-2008)
All’indagine attraverso i focus group si è affiancato lo studio della copertura
mediale dei temi della donazione e della trasfusione di sangue sulle due
principali testate giornalistiche a diffusione nazionale - La Repubblica e Il
Corriere della Sera.
Testata:
Il Corriere della Sera
La Repubblica
Totale
Frequenza
%
102
64,6%
56
35,4%
158
100%
Tabella 2 – Distribuzione degli articoli sulla donazione e la
trasfusione di sangue ne “Il Corriere della Sera” e ne “La
Repubblica”
Lo studio si è concentrato sull’analisi del contenuto di 158 articoli ricavati
mediante ricerca nei database dei quotidiani attraverso una serie di parole
chiave9, per un periodo di 10 anni, dal 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 2008.
Come si vede in tabella 2, le pagine nazionali de Il Corriere della Sera
hanno dedicato un’attenzione maggiore a queste tematiche rispetto a La
Repubblica.
9
Per i dettagli della tecnica di ricerca applicata ai database on-line dei quotidiani si veda
l’appendice metodologica.
48
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
30
27
25
21
20
20
17
15
10
11
15
14
11
11
7
5
4
0
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Figura 2 – Numero di articoli per anno riguardanti i temi della
donazione e della trasfusione di sangue (“Il Corriere della Sera”
e “La Repubblica”).
Sul piano della distribuzione degli articoli nel corso del tempo (Figura 2), è
interessante notare come l’attenzione dei media nei confronti del tema della
medicina trasfusionale si sia caratterizzata per una copertura piuttosto
consistente nel periodo che va dal 1998 al 2001, per una flessione negli
anni che vanno dal 2002 al 2006 (con non più di 11 articoli per anno
pubblicati in questo intervallo di tempo), e infine per una crescita di
attenzione nel corso degli ultimi due anni, con 17 articoli pubblicati nel 2007
e 21 nel 2008.
Ma quali sono, più nel dettaglio, i temi toccati dagli articoli raccolti? Come si
può vedere nella tabella 3, l’analisi ha permesso di chiarire come il 16%
degli articoli abbia avuto come oggetto eventi di promozione della
donazione o di iniziative di raccolta di sangue. Il 13% degli articoli si è
invece concentrato su episodi di crisi o di mancanza di sangue, e sempre il
13% ha avuto come oggetto episodi di discriminazione o episodi relativi
49
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
all’affermazione dell’identità di gruppi (quali ad esempio il gruppo religioso
dei Testimoni di Geova) in relazione alla donazione di sangue.
TEMA dell’articolo
%
Frequenza
- Iniziativa di promozione della donazione
- Episodi legati a crisi/mancanza di sangue
- Discriminazioni o fatti legati al tema dell’
identità di gruppo (Testimoni di Geova,
ecc…)
- Incidenti legati alla medicina trasfusionale
16%
13%
13%
26
20
19
41%
65
- Ricerca scientifica o scoperta nel campo
della medicina trasfusionale
- Altro
- Totale
12%
19
5%
100%
9
158
Tabella 3 – Temi specifici degli articoli dai quotidiani
È particolarmente rilevante apprendere come circa 4 articoli su 10 abbiano
avuto come oggetto incidenti legati alla medicina trasfusionale. Rientrano in
questa categoria tutti quegli articoli dedicati ad incidenti dovuti ad errori
umani (scambio di sacche nella trasfusione), a controversie legate all’uso di
sangue infetto, così come alle vicende giudiziarie connesse all’impiego di
sangue, plasma ed emoderivati infetti. Infine, il 12% degli articoli raccolti si
occupa di nuove scoperte scientifiche o di innovazioni tecnologiche nel
campo della medicina trasfusionale.
Particolarmente interessanti appaiono i risultati dell’analisi dei cambiamenti
della copertura dei differenti temi nel corso del periodo considerato.
A questo proposito, la figura 3 mostra come le variazioni più significative
abbiano riguardato il tema degli incidenti legati alla medicina trasfusionale.
50
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Quest’ultimo, dopo un primo periodo di alta copertura tra il 1998 e il 2001,
ha perso rilevanza a partire dal 2002, per guadagnarne nuovamente nel
corso degli ultimi due anni considerati (con 7 articoli pubblicati nel 2007 e 5
nel 2008). Gli altri temi rilevati non fanno notare variazioni significative,
eccezion fatta per la rilevanza assunta nel corso del 2008 dalle questioni,
per molti versi “simmetriche”, della promozione della donazione (6 articoli)
e della crisi per mancanza di sangue (5 articoli).
14
Numero di articoli
12
10
Promozione donazione
Emergenza sangue
Discriminazioni/gruppi
Incidenti trasfusione
Ricerca scientifica /innovazione
8
6
4
2
0
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Figura 3 – Andamento della copertura dei temi nel corso del
tempo (numero di articoli per tema).
Alla luce di questi dati, è possibile sostenere che il tema degli incidenti
legati alla trasfusione, sia per il numero di articoli, sia per il suo specifico
andamento nel corso del tempo, costituisca in qualche modo un indicatore e
una sorta di “termometro” della più generale attenzione dei media nei
confronti della medicina trasfusionale in generale e quindi anche della
donazione, influenzando in modo significativo anche la percezione del
pubblico delle altre questioni legate alla medicina trasfusionale.
51
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Seguendo il noto principio “una cattiva notizia è una buona notizia”, il tema
degli incidenti finisce per influenzare in modo piuttosto rilevante l’agenda
dei media e, come abbiamo visto nel precedente paragrafo dedicato alla
trasfusione, suggerisce un quadro interpretativo negativo e “d’emergenza”
della trasfusione stessa.
Recenti studi sui media e la percezione del pubblico10 hanno sottolineato
come i media siano in grado di strutturare la percezione del pubblico di una
determinata tematica soprattutto nel lungo periodo e non tanto attraverso
singoli messaggi di impatto. Una metafora efficace per comprendere questa
azione lenta ma costante è rappresenta dal continuo cadere di gocce, che
riescono lentamente a scavare la roccia. È possibile sostenere che nel caso
della trasfusione l’azione dei media nel corso del tempo – con una
rappresentazione quasi esclusivamente negativa della trasfusione - continui
ad influenzare la percezione del pubblico anche oggi. Come é emerso
dall’analisi dei focus group, infatti, i cittadini associano il tema della
trasfusione quasi esclusivamente a situazioni di emergenza o al verificarsi di
possibili incidenti.
Un ulteriore dato interessante merita di essere sottolineato. Dei 65 articoli
dedicati agli incidenti, l’86% (n=56) ha riguardato episodi o scandali relativi
alla diffusione di patologie o vicende relative all’impiego di sangue o
emoderivati infetti, mentre solamente il 14% (n=9) notizie relative ad
incidenti causati da errori umani, un problema che risulta invece essere più
rilevante e frequente nella pratica medica quotidiana.
Per quanto riguarda la rilevazione di alcune dimensioni emerse attraverso
l’analisi dei focus group, è possibile soffermarci su alcuni specifici sotto-temi
e sulla loro presenza all’interno degli articoli. La figura 4 mostra la presenza
di alcune di queste dimensioni interpretative negli articoli raccolti. Questa
analisi mostra come trovino prevalentemente spazio nei media i riferimenti
10
Marin Bauer, 2006, “Come i media hanno alimentato la distinzione tra biotecnologie rosse
e verdi”, in M. Bucchi e F. Neresini (a cura di), Cellule e Cittadini – Biotecnologie nello spazio
pubblico, Milano, Sironi.
52
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
dimensioni collegate ai freni “scettici” nei confronti della donazione di
sangue. Infatti, mentre solamente il 5% degli articoli contiene riferimenti al
tema della paura dell’ago e solamente il 7% al tema della pigrizia dei non
donatori, il tema dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie è stato
affrontato in circa il doppio degli articoli (il 15%). E’ inoltre interessante
rilevare come il riferimento all’attribuzione di valore economico al sangue
sia comparso nel 16% degli articoli.
15%
16%
16%
14%
12%
10%
8%
7%
5%
6%
4%
2%
0%
Paura dell'ago
Pigrizia donatori Inadeg. strutture
Val.economico
al sangue
Figura 4 – Indicatori della presenza nei media di alcune
dimensioni emerse nel corso dei focus group (Valori % sul
totale degli articoli analizzati)
53
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Frequenza
%
21
23
5
12
20
65
5
7
158
13,3%
14,6%
3,2%
7,6%
12,7%
41,1%
3,2%
4,4%
100%
solidarietà/umanità
cittadinanza
incentivi
emergenza
discriminazione/identità
problemi strutture/organi di controllo
scoperta
altro
Totale
Tabella 4 – Principali quadri interpretativi
attraverso cui il tema del sangue è presentato
negli articoli.
66%
63%
70%
60%
50%
28%
40%
30%
15%
8%
20%
5%
3%
10%
0%
Medici e/o Politici o Ist.
Org.
Politiche
Sanitarie
Ass.
Ass. pazienti Agenzie
donatori
formazione
CNS
Societˆ
scientifiche
Figura 5 – Principali attori presenti nei media sui temi della
donazione e della trasfusione di sangue (% di articoli in cui
sono citati gli attori sul totale degli articoli)
54
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Il quadro, già emerso, della rappresentazione “critica” ed emergenziale della
trasfusione è ulteriormente precisato dalla tabella 4, che mostra come circa
il 41% degli articoli abbia discusso di sangue in merito a problemi delle
strutture sanitarie o a deficit e mancanze degli organi di controllo deputati,
mentre solamente il 13% degli articoli ha discusso di sangue impiegando un
quadro interpretativo legato alla solidarietà e circa il 15% ha richiamato ai
valori di cittadinanza legati alla donazione.
Un’ultima serie di dati emersi dall’analisi degli articoli si riferisce ai diversi
gruppi di attori che trovano spazio nelle notizie riguardanti la donazione e la
trasfusione di sangue nei media. Come si può vedere in figura 5 gli attori
principali sono il personale e le organizzazioni sanitarie (citati nel 66% degli
articoli) e i politici e le istituzioni politiche (presenti nel 63% degli articoli).
Seguono le Associazioni di donatori (presenti nel 28% degli articoli) e
associazioni di Pazienti, come quelle di emofiliaci, presenti nel 15% degli
articoli. Il Centro Nazionale Sangue è stato citato solamente nel 5% degli
articoli, ma si tratta di un dato di rilevanza comunque importante, alla luce
del fatto che il Centro è stato istituito solamente nel 2007.
55
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
5. I PRINCIPALI RISULTATI DELL’INDAGINE
L’indagine conoscitiva “Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di
sangue” si è posta l’obiettivo di esplorare in modo preliminare, attraverso
l’impiego della tecnica di ricerca dei focus group e un’analisi quantitativa
della copertura mediale, la percezione del pubblico dei cittadini italiani delle
pratiche di donazione e trasfusione di sangue.
In particolare, la ricerca ha indagato la percezione dei non donatori della
pratica della donazione, allo scopo di esplorare e costruire una mappa dei
possibili freni alla donazione di sangue. I dati raccolti hanno consentito
di mettere a punto una tipologia dei freni alla donazione di sangue,
composta di tre tipi:
Un primo tipo è costituito dalle paure e dagli ostacoli emotivi alla
donazione di sangue. I non donatori emotivi hanno paura dell’ago
e del sangue stesso, della sensazione di “essere violati” o della
possibilità di avere effetti negativi sulla propria salute in seguito alla
donazione. I non donatori emotivi sono particolarmente difficili da
convincere
attraverso
l’impiego
di
argomentazioni
razionali
a
cambiare i propri comportamenti verso la donazione e manifestano il
bisogno
di
un
ambiente
“familiare”
e
confortevole
in
cui
eventualmente donare.
Un secondo tipo di freni si riferisce agli ostacoli motivazionali alla
donazione
di
sangue,
e
più
precisamente
alla
pigrizia
e
all’impossibilità di trovare opportunità facili e convenienti per donare.
Per questi non donatori “pigri”, è cruciale riuscire a provvedere i
giusti incentivi e le appropriate opportunità per la donazione.
Un terzo e ultimo tipo di freni alla donazione si riferisce al manifesto
scetticismo di alcuni non donatori nei confronti di specifici aspetti
56
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
legati alla pratica della donazione. Qui, tra gli altri aspetti, è presente
la sfiducia nei confronti delle strutture e del personale medico. In
questo caso il cambio di atteggiamento nei confronti della donazione
è prefigurato attraverso la realizzazione di campagne di formazione e
informazione indirizzate non solo al pubblico, ma anche al personale
medico e alle stesse associazioni di donatori.
La ricerca ha permesso allo stesso tempo di individuare due principali
“cornici
interpretative”
attraverso
cui
viene
rappresentata
la
comunicazione della donazione da parte del pubblico:
Una prima cornice positiva e “propositiva”, che enfatizza la
solidarietà e la gratuità dell’atto della donazione di sangue, anche
con l’obiettivo di evitare la colpevolizzazione dei non donatori.
Una seconda cornice interpretativa pone invece l’accento sulla
comunicazione dell’emergenza, descrivendo la donazione come
una pratica necessaria per la presenza di crisi e mancanza di
sangue.
Per quanto riguarda la trasfusione, i dati che emergono dai focus group
mostrano come questo tema sia rappresentato attraverso l’impiego di una
cornice interpretativa legata a situazioni di emergenza. In particolare molti
interpretano la trasfusione facendo ancora riferimento alla possibilità di
incidenti, per l’uso e la trasmissione di sangue, plasma o emoderivati infetti.
L’analisi dei media – basata su 158 articoli raccolti nei database on-line dei
due principali quotidiani nazionali (La Repubblica e Il Corriere della Sera) –
ha mostrato come il 41% degli articoli riguardasse episodi connessi
ad incidenti nell’ambito della medicina trasfusionale, il 13% crisi di
mancanza di sangue, il 13% episodi di discriminazione o tematiche legate
57
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
all’identità di gruppo, mentre il 16% ha riguardato iniziative di promozione
della donazione e il 12% nuove scoperte o avanzamenti tecnologici nella
medicina trasfusionale. In generale i risultati della ricerca confermano
l’ipotesi degli effetti a lungo termine dei media e cioè che la percezione della
trasfusione da parte del pubblico sia stata strutturata sulla base di una
rappresentazione negativa e legata agli incidenti da parte dei media,
soprattutto
nel
rappresentazioni
passato,
del
che
pubblico,
continua
ad
nonostante
essere
questo
presente
problema
nelle
si
sia
fortemente ridotto.
Infine,
lo
studio
ha
messo
in
luce
una
richiesta
di
maggiore
informazione riguardante la donazione e, più in generale, la medicina
trasfusionale;
questa
richiesta
è
accompagnata
da
un’attenzione
crescente dei media verso i temi della donazione e della trasfusione nel
corso degli ultimi due anni (2007 e 2008).
Observa – Science in Society e il Centro Nazionale Sangue stanno
progettando la realizzazione di un’inchiesta campionaria telefonica su un
campione rappresentativo per approfondire e interpretare da un punto di
vista quantitativo i fenomeni e i dati emersi nel corso di questa indagine
preliminare.
58
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
APPENDICE METODOLOGICA
Metodologia
Sul piano metodologico, l’indagine conoscitiva “Gli italiani e le pratiche di donazione
e trasfusione di sangue” è stata condotta attraverso la realizzazione di una serie di
focus group e attraverso l’analisi della copertura mediale ne “Il Corriere della Sera”
e ne “La Repubblica”.
Il focus group è una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale di tipo qualitativo,
basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone. Essa consiste nel
coinvolgere un numero limitato di persone in una discussione su un argomento
prescelto da esaminare in profondità.
Tale discussione, guidata da uno o più moderatori, ha lo scopo di far emergere
opinioni, atteggiamenti, esperienze e comportamenti delle persone nei confronti di
una determinata tematica, nonché di approfondire e spiegare le motivazioni che li
sottendono. Diversamente dal colloquio individuale e ancor più dalla semplice
intervista con questionario, il focus group permette di innescare delle dinamiche di
gruppo, quindi delle interazioni, che consentono una maggior spontaneità, una
caduta delle resistenze dei partecipanti, un maggior confronto e di conseguenza
una migliore comprensione di problematiche, aspettative e reali opinioni
relativamente all’oggetto di discussione.
Gli articoli dai quotidiani sono stati analizzati attraverso la tecnica dell’analisi del
contenuto, una rilevazione quantitativa basata sulla creazione e l’analisi di una
matrice casiXvariabili.
Composizione e dettagli dei focus group
La ricerca è stata realizzata attraverso cinque focus group, di cui quattro con nondonatori e uno con partecipanti donatori. Gli incontri hanno coinvolto un totale di 53
partecipanti, di cui 27 femmine e 26 maschi, 41 non donatori e 12 donatori.
Focus group con NON DONATORI:
1. VENETO/PADOVA
4-12-2008
Istituto di Cultura Italo-Tedesca Goethe, Via dei Borromeo
2. LAZIO/ROMA
15-12-2008
Università di Roma “La Sapienza”, Via Salaria
3. CALABRIA/RENDE (Cosenza)
18-12-08
Università della Calabria, Via Bucci
59
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
4. PIEMONTE/ MONCALIERI (Torino)
22-01-09
Sede Consiglio Superiore per le Scienze Sociali, Via Real Collegio
Focus group di controllo con DONATORI:
5. TOSCANA/FIRENZE
14-02-2008
Consociazione Nazionale dei Gruppi
Misericordie d'Italia, Via dello Steccuto
Donatori
di
Sangue
Fratres
delle
Traccia Focus Group (Non-Donatori)
Focus group – discussione
Presentazione del moderatore e dell‟assistente; quest‟ultimo avrà il compito di
raccogliere la sintesi dei contenuti presentati e di proporli ai partecipanti.
Obiettivo principale: capire le dimensioni lungo cui si articola la percezione e la
valutazione delle pratiche di donazione e di trasfusione del sangue da parte dei
non-donatori. Arrivare alla definizione di una “mappa” dei freni inibitori alla
donazione.
Obiettivi secondari: comprendere le principali paure e i rischi percepiti in
riferimento alle pratiche di donazione e trasfusione del sangue, la percezione della
qualità del servizio offerto, delle dinamiche della fiducia e dei meccanismi
comunicativi.
1. INTRODUZIONE - la percezione del non donatore della donazione
TECNICA DEL BRAINSTORMING: A ciascun partecipante viene chiesto di scrivere su
post-it notes parole che vengono loro in mente a proposito della donazione di
sangue. I Post-it sono raccolti e attaccati su un’apposita lavagna e aggregati in
gruppi. Le parole sono poi impiegate per avviare la discussione. Vi ho chiesto di
fare questo breve esercizio perché questa sera discuteremo di donazione di sangue.
A scanso di equivoci, devo precisare che lo scopo di questo incontro non è affatto
quello di spingervi o convincervi a diventare donatori, ma piuttosto quello di
discutere con voi a proposito della pratica della donazione e della trasfusione del
sangue, sentitevi quindi liberi di esprimere tutti i vostri pensieri su questo tema. Per
cominciare, quindi, vorrei chiedervi se avete mai sentito parlare di donazione del
sangue e che idea ne avete, la vostra opinione generale. Qualcuno di voi, ad
esempio, ha mai pensato di diventare donatore o lo è stato? (Per animare la
discussione e aiutare a “rompere il ghiaccio”, sarà possibile fare riferimento ad
alcuni concetti riportati sulle mappe concettuali appena consegnate e selezionati ad
hoc allo scopo di introdurre la discussione – ciò sarà possibile anche per tutte le
domande successive).
Approfondimenti: percezione dei non donatori della donazione /percezione
dell‟utilità della pratica / opinioni sull‟uso del sangue in medicina /eventuale
60
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
percezione del valore “morale” e “solidale” dell‟atto di donare il sangue e suo
legame con la necessità e lo scopo concreto per cui si ricorre alla donazione
/percezione da parte dei non donatori della figura del donatore – che cosa li motiva
e “perché lo fanno”.
2. FRENI ALLA DONAZIONE DI SANGUE – perché i donatori non donano il
sangue
Rispetto alla possibilità di diventare dei donatori, c’è qualcosa in particolare che
vi frena o vi ha frenato nel passato?
Approfondimenti: ragioni che frenano la pratica di donazione rispetto
all‟organizzazione concreta del servizio /”paura dell‟ago” /percezione negativa del
servizio sanitario /rischi connessi alla donazione del sangue /percezione su come è
regolamentata la pratica della donazione e il reclutamento dei donatori (volontaria
vs. con incentivo) – se la donazione prevedesse un compenso donereste il sangue?
/ ci sono e chi sono persone a rischio? / chi può donare il sangue e chi non può
farlo, secondo voi? /Possibili esperienze passate negative /percezione del proprio
stile di vita rispetto all‟opportunità di divenire donatori.
3. LA TRASFUSIONE
Vi è mai capitato, a voi o ai vostri familiari o conoscenti, di ricevere una trasfusione
di sangue? Che cosa pensate, in generale, della trasfusione?
Approfondimenti: opinioni e pareri nei confronti della pratica della trasfusione;
utilità della trasfusione, idee rispetto al contesto della trasfusione/ opinioni su
controversie legate alla trasfusione di sangue (trasmissione di HIV e epatite) / La
trasfusione è pericolosa, secondo voi? /C‟è qualche dettaglio che vi spaventa in
particolare?
Lettura di notizie d’attualità controverse legate alla trasfusione e richiesta di
commento da parte dei partecipanti: c’è qualcosa che vi colpisce in modo
particolare rispetto a queste notizie? Pensate che siano affidabili e corrispondano
allo stato reale delle cose? C’è qualcosa che non vi convince?
4. COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE
Avete parenti o amici donatori che hanno provato a convincervi a donare il sangue?
Il vostro medico vi ha mai parlato della possibilità di donare il sangue?
Approfondimenti: da chi avete sentito parlare di donazione? - canali di informazione
sulla donazione di sangue /fonti ritenute affidabili e fonti che non sono ritenute
affidabili /qualcuno vi ha parlato in termini negativi della donazione o della
trasfusione? /avete mai notato messaggi di campagne di promozione della
trasfusione, che idea ve ne siete fatti?/Avete commenti o suggerimenti specifici.
5. RICAPITOLIAMO: La “mappa” dei freni alla donazione del sangue
Sintesi generale dei contenuti emersi (con la collaborazione dell‟assistente)
61
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Alla luce di quanto abbiamo discusso, potremmo provare a immaginare una
mappa delle principali ragioni che pongono un freno alla possibilità di divenire
donatori e su cui siamo, più o meno, tutti d’accordo? Quali sono i principali
disincentivi a diventare donatore in cui vi sembra di riconoscervi?
Avete delle idee su come sarebbe possibile risolvere questi problemi?
Traccia Focus Group (Donatori Di Sangue)
Focus group – discussione
Presentazione del moderatore e dell‟assistente; quest‟ultimo avrà il compito di
raccogliere la sintesi dei contenuti presentati e di proporli ai partecipanti.
Obiettivo principale: capire le dimensioni lungo cui si articola la percezione, la
valutazione e la messa in atto delle pratiche di donazione e di trasfusione del
sangue. Ottenere un “identikit” della figura del donatore.
Obiettivi secondari: comprendere le caratteristiche delle pratiche legate alla
donazione a partire dall’esperienza diretta dei partecipanti, la percezione delle
paure e dei freni che possono inibire le pratiche di donazione e trasfusione del
sangue, la percezione della qualità del servizio offerto, delle dinamiche della fiducia
e dei meccanismi comunicativi.
INTRODUZIONE – la percezione generale della donazione Com’è iniziata la vostra
esperienza di donatori? Ragionando anche sulla base della vostra esperienza
personale, secondo voi che cosa spinge una persona a decidere di diventare
donatore? E in particolare che cosa ha motivato voi a compiere questa scelta?
Approfondimenti: Da quanto tempo siete donatori/Chi vi ha parlato inizialmente
della donazione (come è perché vi ha convinto)/La “prima volta”/Cosa vi ha
convinto a continuare/Avete modificato il vostro stile di vita da quando siete
diventati donatori?
QUALITÀ DEL SERVIZIO, SUA ORGANIZZAZIONE E UTILITÀ DELLA DONAZIONE
(qual è l’accoglienza che generalmente ricevete – valorizzazione, soddisfazione, le
pratiche legate alla donazione)
Dove vi recate quando andate a donare il sangue? Come vi pare sia organizzato il
servizio di donazione? Approfondimenti: Qual è la “giornata tipo del donatore”:
quali sono le pratiche, come ci si prepara, chi sono le figure professionali che si
incontrano, le difficoltà percepite/ci sono stati episodi di disservizio?/ funziona
sempre tutto?/frequenza della donazione
Qual è la cosa che vi entusiasma di più rispetto all’idea di essere donatori?
Approfondimenti: Basi e valori della solidarietà /utilità della donazione/idee rispetto
agli usi del sangue in medicina
62
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
PAURE: Percezione delle paure rispetto alla pratica di donazione.
Qualcuno di voi, prima di diventare donatore, aveva paura della donazione? E’
vero che chi non dona è spaventato per qualche ragione?
Approfondimenti: ragioni che frenano la pratica di donazione e strategie per
eventualmente superarle; opinioni su come è regolamentata la pratica della
donazione e il reclutamento dei donatori (volontaria vs. con incentivo); ci sono
persone a rischio, chi può donare il sangue e chi non può farlo?
LA TRASFUSIONE DI SANGUE
Qualcuno di voi ha mai ricevuto una trasfusione di sangue? Che cosa ne pensate?
Approfondimenti: opinioni e pareri nei confronti della pratica della trasfusione;
utilità della trasfusione, idee rispetto al contesto della trasfusione/ opinioni su
controversie legate alla trasfusione di sangue (trasmissione di HIV e epatite) / La
trasfusione è pericolosa?
LA COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE
Vi sentite adeguatamente informati rispetto alla donazione? Quali sono le fonti di
informazioni più affidabili, secondo voi?
Approfondimenti: Quali sono le fonti di informazioni utilizzate e qual è la loro
affidabilità/opinioni su come sono organizzate le campagne di comunicazione /che
cosa fareste per migliorare l‟informazione e le strategie di reclutamento dei
donatori? /Vi impegnate personalmente nella promozione della donazione? Se si,
che cosa fate? /Partecipate o avete partecipato a iniziative pubbliche di associazioni
di donatori? Potete raccontare brevemente la vostra esperienza?
CONCLUSIONE
Avete qualche ulteriori considerazione da fare? Vi ritrovate nelle sintesi e negli
appunti presentati? Esistono delle differenze significative? Volete chiarire meglio la
vostra posizione?
Grazie per la vostra disponibilità e partecipazione. Abbiamo apprezzato il vostro
contributo e i vostri commenti. Se desiderate conoscere i risultati della ricerca, una
volta conclusa, vi preghiamo di lasciarci i vostri riferimenti.
Vi invitiamo a prendere alcuni dolci e bibite che abbiamo preparato per concludere
l‟incontro.
63
Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Piano di campionamento per la composizione dei focus group
Protocollo per la raccolta degli articoli attraverso parole chiave,
logica booleana e modulo di ricerca Web dei quotidiani
PERIODO 10 ANNI: 1 gennaio 1998 - 31 dicembre 2008
- ricerca attraverso: tutte le parole
[tutti i passi prevedono la selezione manuale degli articoli allo scopo di controllare la loro
effettiva rilevanza]
1. dona* sangue
2. autosufficienza sangue - dona*
3. emoderivati sangue - autosufficienza - dona*
4. "Centro Nazionale Sangue"
5. Avis sangue -dona*
6. Civis sangue -dona*
7. "Croce Rossa" sangue -dona*
8. Fidas sangue -dona*
9. Fratres sangue -dona*
10. dona* plasma -sangue*
11. sacche dona* -sangue
12. trasfusion* sangue -dona*
13. Chikungunya
14. "West Nile Virus"
15. Emovigilanza
16. "Sangue infetto"
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Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue
Observa – Science in Society, un’associazione culturale senza fini di lucro, che
intende promuovere la riflessione e il dibattito sui rapporti tra scienza e società,
favorendo il dialogo tra ricercatori, policymakers e cittadini. Observa realizza studi
sulla percezione pubblica di temi e istituzioni dell’area tecno-scientifica e sulla loro
rappresentazione nei media; svolge attività di supervisione, pianificazione e
valutazione di iniziative per il coinvolgimento dei cittadini in ambito scientifico;
promuove attività di sensibilizzazione e formazione sulle tematiche del rapporto tra
scienza, cittadini e mass media.
Attraverso strumenti quali l’Osservatorio Scienza e Società e l’Annuario Scienza e
Società – realizzati grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo - e operando in
stretto contatto con istituzioni internazionali tra cui Commissione Europea, CERN,
London University College, Università Pompeu Fabra di Barcellona, Accademia
Austriaca
delle
Scienze,
Observa
contribuisce
alla
comprensione
delle
trasformazioni della ricerca e dell’innovazione nella società contemporanea.
Informazioni, pubblicazioni, news e materiali di ricerca sono disponibili sul sito web
www.observa.it
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