ReportObservaCNS2009 - Centro Nazionale Sangue
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ReportObservaCNS2009 - Centro Nazionale Sangue
GLI ITALIANI E LE PRATICHE DI DONAZIONE E TRASFUSIONE DI SANGUE REPORT DI RICERCA per il CENTRO NAZIONALE SANGUE Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue L’indagine conoscitiva Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue è stata condotta da Observa – Science in Society, sotto la supervisione scientifica di Massimiano Bucchi e Andrea Lorenzet, con la collaborazione di Mauro Turrini. 2 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue INDICE 1. PREFAZIONE 4 2. INTRODUZIONE: DONAZIONE E TRASUSIONE DI SANGUE TRA SOLIDARIETA’, POLITICHE PUBBLICHE E RISCHIO 6 2.1 Merce o dono? Le modalità di donazione del sangue e le politiche pubbliche 7 3. PERCHE’ LE PERSONE NON DONANO? UNA TIPOLOGIA DEI FRENI ALLA DONAZIONE DI SANGUE 15 3.1 Donazione e solidarietà 16 3.2 Emotivi, pigri e scettici: il mondo dei non donatori 21 3.2.1 LA PAURA E I FRENI EMOTIVI ALLA DONAZIONE DI SANGUE 3.2.2 LA PIGRIZIA E I FRENI MOTIVAZIONALI ALLA DONAZIONE DI SANGUE 3.2.3 LO SCETTICISMO: LA DIFFIDENZA E LA CRITICA COME FRENI ALLA DONAZIONE 3.3 Un quadro d’insieme 4. LA COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE E DELLA TRASFUSIONE IN ITALIA 21 26 30 36 39 4.1 Aspetti generali 39 4.2 Due “cornici interpretative": donazione come momento “positivo” e “propositivo” e donazione come momento legato alla crisi e all’emergenza. 41 4.3 La percezione e la comunicazione della trasfusione 45 4.4 La donazione e la trasfusione di sangue nei quotidiani italiani (1998-2008) 48 5. 56 I PRINCIPALI RISULTATI DELL’INDAGINE APPENDICE METODOLOGICA 59 3 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 1. PREFAZIONE Questo rapporto di ricerca presenta i risultati dell’indagine conoscitiva “Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue”, realizzata per il Centro Nazionale Sangue dal centro ricerche Observa – Science in Society, nel periodo compreso tra ottobre 2008 e marzo 2009. La ricerca, basata su un approccio metodologico qualitativo, è stata condotta con l’intento di esplorare le modalità di percezione del pubblico delle pratiche di donazione e di trasfusione del sangue e di identificarne le dimensioni più rilevanti, attraverso la realizzazione di cinque focus group sul territorio nazionale. Allo studio qualitativo della percezione è stata affiancata l’analisi della copertura mediale del tema della donazione e della trasfusione del sangue, attraverso un’analisi quantitativa del contenuto degli articoli pubblicati sui due principali quotidiani italiani a diffusione nazionale, La Repubblica e Il Corriere della Sera, nel periodo che va da gennaio 1998 a dicembre 2008. I risultati ottenuti attraverso l’analisi dei focus group e dei quotidiani costituiranno la base per una successiva indagine campionaria su scala nazionale che il Centro Nazionale Sangue ed Observa – Science in Society stanno pianificato di condurre nel corso dei mesi successivi. La presentazione dei risultati si articola in tre parti principali che rispondono al disegno della ricerca. La prima parte, di carattere introduttivo, fornisce un quadro interpretativo storicosociale della medicina trasfusionale, anche attraverso la discussione dei principali approcci di politiche pubbliche alla donazione di sangue. La seconda parte riporta un primo insieme di aspetti rilevanti emersi dall’analisi dei focus group, discutendo e articolando una tipologia dei principali freni alla donazione di sangue. La terza parte descrive alcune caratteristiche della comunicazione della donazione e della trasfusione di sangue, ed è completata dall’analisi della copertura mediale dei temi della medicina trasfusionale. 4 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Una breve sezione conclusiva riassume in forma schematica i principali risultati della ricerca. Il metodo d’indagine, il disegno della ricerca e gli strumenti di rilevazione impiegati sono presentati nell’appendice. Si ringraziano Giancarlo Liumbruno e Gloria Pravatà del CNS; Diego La Sala, Mariagrazia Leone, Valentina Moiso, Barbara Saracino, Marco Scarcelli ed Emanuele Toscano per la collaborazione nella gestione dei focus group e Simone Fogliata per la collaborazione all’analisi dei media. Un ringraziamento particolare va a Fratres – Sezione di Scandicci/Firenze, per la disponibilità ad organizzare uno degli incontri e a tutti i cittadini che hanno preso parte e sono stati coinvolti nell’indagine. 5 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 2. INTRODUZIONE: DONAZIONE E TRASUSIONE DI SANGUE TRA SOLIDARIETA’, POLITICHE PUBBLICHE E RISCHIO La donazione del sangue è una pratica di relazione entrata ormai a pieno titolo nei percorsi della socialità contemporanea. Attivando un flusso di scambio tra i tessuti biologici di diversi corpi, essa crea un canale di comunicazione che è attivato da una “donazione di sé” e che, pur essendo percorso da un materiale tangibile e misurabile come il sangue e i diversi prodotti ematici, trascende una dimensione puramente fisica, investendo una sfera profondamente simbolica e carica di significati culturali e politici. Rappresentando il primo e più diffuso metodo di condivisione di un materiale biologico umano, la donazione di sangue re-inventa e concretizza le rappresentazioni e le pratiche che costituiscono la vitalità stessa, trasponendola in un piano dominato dalla condivisione e dalla mediazione tecnologica e percorso da una profonda rilevanza sociale, culturale e politica. Per comprendere la natura profondamente sociale della donazione del sangue, bisogna rivolgere l’attenzione alla diffusione storica di questa pratica. La sua diffusione di massa si lega storicamente agli eventi bellici che sconvolgono il ventesimo secolo; le prime biobanche del sangue, infatti, sono state costituite durante la Guerra civile di Spagna. Tale tecnologia si è in seguito perfezionata durante la seconda guerra mondiale, quando si prevedevano spostamenti di grandi quantità di sangue attraverso l’Oceano Atlantico o il Mar Mediterraneo. I cittadini degli Stati Uniti si mobilitarono per donare sangue al loro esercito impegnato in Europa; dalle aree della Francia non occupate, dalla Corsica e dall’Algeria, arrivava sangue al fronte militare. La mobilitazione più intensa, però, fu quella del Regno Unito che, di fronte al duro attacco aereo tedesco, organizzò nelle città maggiori le prime 6 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue reti di raccolta di sangue. Nel secondo conflitto mondiale, scrive lo storico Douglas Starr, il sangue svolge una funzione fondamentale e viene associato ai valori della democrazia e dell’antifascismo. Donare sangue era una maniera di partecipare senza un coinvolgimento diretto allo sforzo bellico contro il nazifascismo1. 2.1 Merce o dono? Le modalità di donazione del sangue e le politiche pubbliche Il sangue può essere scambiato come se fosse una merce qualsiasi? In altre parole, è giusto dare un contributo a coloro che si prestano a un prelievo di sangue? La corresponsione di una forma di pagamento per la donazione è diffusa in numerosi paesi. Riferendoci alla sola America Latina e Centrale, l’unico paese in cui si dona il sangue interamente su base volontaria è Cuba, mentre grandi Stati come l’Argentina, il Cile, il Guatemala, il Messico, Panama, il Paraguay, il Perù e il Venezuela hanno una quota di donatori del sangue volontari inferiori al 10%. In Brasile, una delle realtà più avanzate nel contesto continentale, la quota dei donatori raggiunge il 50%2. Le cifre, insomma, descrivono una realtà in cui è normale versare il sangue dietro un compenso monetario. La tendenza, inoltre, non riguarda esclusivamente l’America Latina, ma è diffusa in tutti i Paesi in via di sviluppo e non è assente nemmeno in qualche paese industrializzato. Piuttosto che di “donazione di sé” in questo caso dovremmo parlare di vera e propria “transazione biocommerciale”. Trattandosi di tessuti biologici rigenerabili, la situazione non è paragonabile alla gravità del commercio illegale di organi. D’altra parte, il principio della gratuità del sangue rappresenta un ideale di riferimento condiviso a livello globale e adottato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che già nella risoluzione 28.72 del 1 D. Starr, Blood: An Epic History of Medicine and Commerce, New York, Alfred A. Knopf, 1998. 7 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 1975 raccomanda di prelevare il sangue da donatori volontari, non remunerati e provenienti dalle fasce a basso rischio, ribadendo altresì questo suo impegno con l’istituzione, pochi anni or sono, della giornata mondiale del donatore di sangue. Il principio che il sangue vada considerato come un dono si riferisce storicamente al donatore volontario che versa il proprio sangue gratuitamente e anonimamente (cioè senza conoscere il destinatario), una pratica che descrive una figura associata all’esperienza storica del Welfare State britannico e si afferma nel secondo dopoguerra quando questo modello viene imitato dai maggiori paesi europei del patto atlantico e si eleva a simbolo stesso dell’ordinamento costituzionale delle democrazie occidentali europee. Non a caso uno dei più strenui difensori della donazione volontaria e gratuita del sangue, l’inglese Richard Titmuss, ha lavorato a stretto contatto di Thomas Marshall, il celebre teorico dello stato sociale, con cui partecipa in prima persona nello sforzo teorico e organizzativo del Welfare State britannico. Titmuss, in particolare, si dedica all’organizzazione del primo Servizio sanitario nazionale (National Health Service), una delle più significative riforme del governo laburista Attlee, che costituisce il primo sistema di assistenza alla salute gratuito e universale, rivolto cioè a tutti i cittadini senza alcuna distinzione. Convinto assertore del monopolio statale della sanità, Titmuss pubblica il volume The Gift Relationship: From Human Body to Social Policy (New Press, 1970). Pur essendo stato scritto quaranta anni fa, il saggio mantiene una grande importanza ed attualità. Titmuss parte dal tema del dono per articolare la propria difesa del sistema di raccolta pubblico del sangue basato su prelievi volontari, gratuiti e anonimi. Egli avvalora e innesta un’argomentazione di carattere squisitamente etico con un’analisi economica basata sulla rielaborazione e sulla produzione di 2 Le cifre si riferiscono all’anno 2003 e sono tratte da P. Sullivan, «Developing an Administrative Plan for Transfusion Medicine: A Global Perspective», in Transfusion, 2005, 45, pp. 224-240. 8 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue una mole immensa di dati statistici relativi alla donazione del sangue negli Stati Uniti e nel Regno Unito (più precisamente in Inghilterra e in Galles). La grandezza di questo saggio risiede proprio nel suo doppio registro. In primo luogo, attraverso confronto tra il sistema di raccolta e distribuzione del sangue inglese, nazionalizzato e completamente volontario, e quello statunitense, per lo più privato e basato sulla vendita di prelievi di persone della underclass, egli stabilisce, dati alla mano, la superiorità del primo in termini di maggiore efficienza e sicurezza. Negli Stati Uniti, infatti, la raccolta e la distribuzione del sangue era suddivisa tra una molteplicità di enti che comprendevano associazioni di volontariato come la Croce Rossa americana, banche del sangue private che reclutavano sangue dietro pagamenti nei quartieri più degradati, e soprattutto attraverso banche del sangue locali costituite attorno a piccole comunità in cui ogni socio disponeva di crediti o debiti personali in base ai propri consumi e alle proprie esigenze. Naturalmente vi era la possibilità di ripagare i propri debiti di sangue attraverso la donazione del sangue altrui, oppure di stipulare assicurazioni in modo d’ammortizzare un’eventuale richiesta improvvisa di sangue dovuta, per esempio, ad un importante intervento chirurgico o ad un incidente stradale, due tra le maggiori cause che hanno portato all’innalzamento dell’offerta di sangue. Titmuss dimostra che una tale frammentazione non porta gli effetti sperati, ma, anzi, determina una minore efficienza economica e amministrativa che fa lievitare il prezzo del sangue compromettendone al contempo la qualità e la sicurezza. Quattro sono i criteri economici per cui il mercato del sangue, secondo Titmuss, è da scartare. In termini di efficienza economica è ampiamente dispendioso di sangue; mancanze croniche o acute caratterizzano le posizioni della domanda e dell’offerta e rendono illusorio il concetto di equilibrio. Da un punto di vista amministrativo, il sistema è inefficiente e i suoi risultati portano ad un incremento della burocratizzazione e ad un innalzamento delle spese generali nell’amministrazione, nella contabilità e nell’informatica. 9 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue In termini di prezzo per unità di sangue al paziente (o al consumatore), il sistema comporta un aumento dalle dieci alle quindici volte rispetto al costo del sistema volontario britannico. E, infine, in termini di qualità, i mercati commerciali con una probabilità molto maggiore distribuiscono sangue infetto; i rischi per il paziente di disturbi e di morte sono quindi sostanzialmente maggiori.3 Titmuss termina il libro con un’invocazione all’altruismo; la sua non è una riflessione puramente morale, ma radica la gestione del proprio corpo nella strutturazione stessa delle istituzioni politiche. Il Servizio sanitario pubblico, basandosi su una raccolta di tipo volontario, offre a qualsiasi cittadino il «diritto di donare» al di fuori della cerchia della parentela e dell’amicizia. Se anche negli Stati Uniti ognuno può donare per un parente, un amico o qualsiasi altra persona, ciò che rende veramente unico il sistema pubblico britannico è l’anonimità della donazione. Si dona il proprio sangue affidandolo completamente nelle mani di un sistema centralizzato e con la mera consapevolezza di fare un gesto indispensabile per la salute di una persona di cui si conosce solamente che è un proprio concittadino. Tale meccanismo produce, in primo luogo, un’organizzazione che, essendo centralizzata, è estremamente efficiente nella riduzione dei costi del sangue e delle perdite di un materiale così altamente deperibile; in secondo luogo, produce sangue di alta qualità i cui rischi di infezione sono pressoché nulli; in terzo luogo, realizza un meccanismo per cui l’aumento dell’offerta di sangue su base puramente volontaria almeno fino agli anni Settanta sopperisce ampiamente alle esigenze della crescente domanda di sangue richiesta dalle strutture sanitarie; infine, riesce a realizzare uno spazio di puro altruismo e a ricavare tra i legami utilitaristici che caratterizzano le società moderne capitalistiche uno spazio dominato dal valore etico, sociale ed economico del dono. L’ultimo punto è particolarmente importante per la nostra argomentazione. Far prosperare, all’interno dei legami impersonali che caratterizzano le 3 R. Titmuss, op. cit., p. 246 (si fa riferimento all’edizione originale del 1970). 10 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue società moderne incentrate sullo scambio contrattuale del tipo do ut des, una pratica come quella del dono, che era al centro degli ordini sociali primitivi è per Titmuss un principio irrinunciabile. Da una parte la regolazione della donazione attraverso criteri puramente economici intrappola il donatore in una situazione contraddittoria in cui il suo vantaggio, la vendita del proprio sangue, è in dissenso con il vantaggio altrui, la salute e la sicurezza del ricevente; dall’altra la donazione gratuita e anonima crea “esternalità positive”, vale a dire consolida i rapporti tra cittadini, aumenta la fiducia sociale, permette ai medici di richiedere il sangue di cui hanno bisogno senza preoccuparsi della sua provenienza e senza pensare al conto che dovrà presentare al paziente. Secondo Titmuss, questo modo specifico di donare crea quello che noi oggi potremmo chiamare “capitale sociale”, vale a dire una ricchezza radicata nelle relazioni sociali e nella fiducia reciproca che, benché sfuggente, ha un valore inestimabile. Titmuss, rifacendosi a Sorokin, lo chiama “altruismo", intendendo con esso la possibilità di dare senza condizioni, di donare una parte del proprio corpo senza poter rivendicare alcunché in cambio, anzi, sperando di non ricevere mai nulla in cambio, anche perché ciò significherebbe un problema di salute. Perché gli uomini dovrebbero agire senza avere alcun vantaggio immediato? – si chiede Titmuss – Perché donare agli stranieri? – Una questione che provoca un tema morale ancora più rilevante: chi è il mio straniero, nelle società relativamente fluenti, acquisitive e divisive del ventunesimo secolo? Quali sono le connessioni allora, se le obbligazioni sono estese, tra la reciprocità del dare e del ricevere e i sistemi moderni di welfare?4 Titmuss affronta il problema di come può funzionare nelle società moderne lo scambio ablativo, un meccanismo così antiquato da essere parte solo dell’armamentario degli antropologi, gli studiosi delle cosiddette tribù primitive. Nel porsi una domanda cruciale per chiunque si occupi di 4 R. Titmuss, The Gift Relationship, op. cit., 1970, p. 11. 11 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue donazione del sangue, Titmuss individua il suo primo ostacolo nella frammentazione individuale dei rapporti sociali spesso improntati al ritorno economico. Egli riformula la questione generalizzandola ed estendendone il significato fino a farne quasi una domanda filosofica altrettanto importante: “Chi è il mio straniero?”. Proprio in questo quesito risiede la sfida di creare un sistema sociale regolato dal dono alternativo a quelli che sono i comportamenti dominanti regolati sostanzialmente da contratti da compravendita. Tale sistema alternativo basato sull’altruismo non è però una mera comunione di buoni intenti, ma è qualcosa di molto più complesso e concreto, ovvero i “moderni sistemi di Welfare” che poggiano sullo Stato, sulle sue strutture burocratiche e sulla leva finanziaria. Le risposte alle domande sullo straniero risultano allora chiare. Non vi è alcun reddito immediato nella donazione del sangue, si dona a chi non si conosce per il semplice motivo che “nessuno mi è straniero”. Tutti i cittadini fanno parte di un medesimo Stato. L’estraneo non è straniero, ma un concittadino. Il principio paternalistico dello Stato che segue i cittadini dalla culla alla tomba è stato ampiamente messo in discussione negli ultimi decenni dalla crisi dello Stato sociale, dalla riduzione dei servizi pubblici e dall’affermazione di modelli culturali sempre più frammentati. Si pensi, ad esempio, al concetto allargato di salute che ora arriva a investire i cosiddetti pazienti sani, ovvero quei pazienti che si rivolgono alle strutture sanitarie per soddisfare alcune esigenze non identificabili con uno specifico stato di malessere. Oppure si pensi al settore della chirurgia estetica e alle diagnosi genetiche predittive; è giusto donare sangue che va ad una operazione di mastoplastica additiva? La questione non è affatto banale in quanto va a intercettare il problema più generale della definizione di salute pubblica. Se esiste ancora il diritto sancito dallo Stato di provvedere ad alcune cure ritenute essenziali, si pone il problema di indicare i trattamenti compresi. La questione, in altre parole, fa riferimento ad uno degli aspetti culturali di maggiore debolezza dello Stato sociale, ovvero il suo implicito riferimento 12 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue ad una omogeneità di valori che è andata assottigliandosi progressivamente e non solo a causa dei movimenti migratori, ma soprattutto a causa dell’esplosione di stili di vita e di valori sempre più differenziati. Accanto alla disintegrazione dei modelli culturali di riferimento, le società contemporanee si caratterizzano per una maggiore sensibilità nei confronti del rischio, a tal punto che alcuni autori si sono spinti sino a descrivere una “società del rischio”5. La donazione del sangue, in particolare, è stata profondamente scossa dall’epidemia che ha segnato la fine del ventesimo secolo, ovvero l’HIV/AIDS. Da emblema dell’altruismo, la donazione del sangue è stata associata al rischio in alcune aree della percezione pubblica. Nonostante le garanzie siano andate intensificandosi per evitare nuove contaminazioni di sangue e nuovi scandali, la percezione del pericolo attorno alla medicina trasfusionale è ancora un tema degno di indagine. La domanda “chi è il mio straniero?” e il riferimento ad una cittadinanza unita da solidi legami di fiducia ha lasciato il passo alla diffidenza innescata dal rischio e ad una differenziazione della popolazione in base, ad esempio, alle proprie abitudini sessuali, ai propri viaggi o ad altri aspetti della vita quotidiana delle persone. Anche se oramai, grazie alle nuove misure di controllo, è plausibile pensare che gli scandali del sangue siano relegati al ricordo del passato, questi episodi hanno enfatizzato le linee di discontinuità sociale, rischiando di intaccare la donazione del sangue gratuita e anonima legata a un modello statuale e di cittadinanza solidaristico, in cui il legame d’appartenenza è sancito da stili di vita uniformi retti, in particolare, sul diritto/dovere del lavoro.6 Per evitare il ripetersi di casi analoghi, la pratica della donazione e della trasfusione del sangue merita una rinnovata attenzione, che sia in U. Beck, 1992, Risk Society, Sage Publications, London (trad. it. La società del rischio, Carocci, Roma, 2000). 5 6 Principio che si ritrova nei più importanti patti costituizionale delle democrazie occidentali europee del secondo dopoguerra. Nella Costituzione Italiana l’art. 1 parla di una Repubblica fondata sul lavoro. 13 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue grado di mettere a punto nuove forme di coinvolgimento e di partecipazione. Anche alla luce di questi processi di cambiamento ancora in corso, la ricerca qui presentata cercherà di approfondire le dinamiche che caratterizzano la percezione del pubblico e la rappresentazione pubblica delle pratiche della donazione e della trasfusione di sangue nel contesto attuale. 14 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 3. PERCHE’ LE PERSONE NON DONANO? UNA TIPOLOGIA DEI FRENI ALLA DONAZIONE DI SANGUE A partire dal contesto precedentemente descritto, un primo passo per cercare di interpretare cambiamenti in atto è quello di indagare quali possano essere le motivazioni che frenano i cittadini nella donazione del sangue. Fino ad ora, infatti, non sono stati fatti sforzi sistematici per affrontare questo tema che risulta particolarmente interessante, dato che la percezione della donazione di sangue da parte dei non donatori, nelle sue differenti articolazioni, è il terreno sul quale si gioca la possibilità di reclutare o meno nuovi donatori. In questo senso, il nostro lavoro si è basato sull’ipotesi che lo studio della percezione della donazione da parte dei non donatori risulti indispensabile non solo allo scopo di comprendere i processi attraverso cui si articola il reclutamento di potenziali nuovi donatori, ma anche in vista della progettazione di adeguate iniziative di sensibilizzazione e di comunicazione rivolte al pubblico più ampio. Come vedremo, infatti, questo tipo di indagine permette di esplorare le modalità attraverso cui i non donatori attribuiscono senso e significato alla pratica della donazione nella loro esperienza di vita quotidiana e di come essi la inseriscano all’interno di un più ampio quadro di rappresentazioni, in cui trovano spazio non solamente gli aspetti legati in senso stretto alla donazione, ma anche altre tematiche che sono collegate ad essa e all’uso del sangue in medicina; tra queste troviamo infatti i temi della trasfusione di sangue, dell’adeguatezza del personale e delle strutture sanitarie, oltre alla considerazione di tutti gli attori coinvolti nella pratica della donazione, a partire dalle associazioni di donatori attive nel territorio. A partire dal prossimo paragrafo descriveremo i risultati dell’analisi dei focus group, esplorando, attraverso la testimonianza diretta dei partecipanti agli incontri, la relazione complessa tra tutti i fattori sopra menzionati, arrivando 15 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue infine a descrivere, sulla base dei dati analizzati, una tipologia dei possibili freni alla donazione di sangue.7 3.1 Donazione e solidarietà Prima di passare alla discussione dei freni alla donazione di sangue, è interessante discutere e presentare i risultati delle sessioni di brainstorming condotte all’inizio di ciascun focus group con non donatori. Si chiedeva ai partecipanti di scrivere su alcuni foglietti adesivi le parole e i concetti che loro ritenevano più rilevanti e importanti in relazione alla pratica della donazione di sangue. I foglietti adesivi, applicati su una lavagna e impiegati come base per la discussione, sono stati in seguito raccolti e conteggiati, permettendo di realizzare la word cloud riportata in fig.1. La figura presenta i concetti espressi dai partecipanti, utilizzando la dimensione del carattere come spia visuale della frequenza di impiego e indicando tra parentesi il numero di volte in cui una certa parola è stata riportata nei foglietti consegnati dai partecipanti. Come si può notare, le parole citate più frequentemente e indicate prevalentemente nella parte alta della figura, si riferiscono ai concetti di altruismo, solidarietà, umanità e dono. In particolare, nel corso delle discussioni sono emerse differenti modalità attraverso cui si articola tale dimensione legata alla solidarietà. La metafora del “passaggio ad uno sconosciuto”, ad esempio, è stata impiegata per sottolineare la gratuità e il disinteresse che caratterizzerebbe la solidarietà della donazione: Io penso alla solidarietà…penso che sia un dono molto importante per qualcuno, molto più importante di un passaggio dato ad uno sconosciuto, ma fatto con lo stesso spirito. Antonio, Padova, tra i 20 e i 34 7 Nei paragrafi successivi, allo scopo di salvaguardare la privacy dei partecipanti, saranno 16 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Altruismo(10) Umanità(1) Sensibilità(1) Speranza(1)Soddisfazione(1) Senso civico(1) Responsabilità(1) Promozione(1) Impegno(1) Salute(1) Guarigione(1) Giusto(1) Gioia(1) Fratellanza(1) Associazionismo(1) Contentezza(1) Soccorso(1) Formazione(1) Solidarietà(8) Vita(8) Fiducia(1) Bontà(1) Partecipazione(1)+ Volontario(1) Costa poco(1) Aiuto(7) Dono(6) Disponibilità(2) Utilità Sociale(2) Benessere(2) Consapevolezza(2) Generosità(6) Necessario(6) Importante(3) Soddisfazione(1) Salute(1) Igiene(1) Cura(1) Espiazione(1) Coraggio(1) Amore(1) Scarsità(1) Insufficienza(1) Emergenza(5) Fondamentale(1) Dovere(1) Aghi(3) Malattia(3) Superstizione(1) Stereotipi(1) Diffidenza(1) Alcolismo(1) Epatite(1) Aids(1) Sofferenza(1) Morte(1)Difficile(1) Controllo(1) Pigrizia(1) Disinteresse(1) Violazione(1) Intrusività(1) Paura(1) Fastidio(1) Dolore(1) Debolezza(1) Burocrazia(1) Privacy(1) Parte di sé(2) Figura 1 – Word Cloud realizzata attraverso il conteggio delle parole chiave emerse dalle sessioni di brainstorming nei focus group con non donatori. impiegati nomi di fantasia per le citazioni dirette. 17 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Un altro modo per sottolineare tali aspetti è stato quello di fare riferimento alla donazione come ad un atto di generosità, inteso come una disposizione d’animo che predispone in senso generale l’individuo “a dare” nella sua esperienza quotidiana e, quindi, ad impegnarsi anche per donare il sangue: Se uno ha un certo spirito può fare molte cose…non sarà l‟unica che farà [la donazione] se è un persona disposta a dare, potrà avere i figli in affido, il drogato per strada a cui dare ogni giorno cento lire, ci sono tanti modi, questo è uno di cui si parla stasera. Anna, Moncalieri, tra i 50 e i 60 Da questo punto di vista la donazione assume i tratti di vero e proprio “atto di umanità”, che richiama, oltre alla possibilità concreta di salvare una vita umana, anche un sentimento universalistico di fratellanza tra gli esseri umani: Generosità, io...si, ho scritto pure umanità, che è la stessa cosa. Si, comunque è il senso di dare agli altri qualcosa di particolarmente importante, che è il bisogno di salvare una vita, ed è un gesto consapevolezza che di vedo far molto, parte tutti cioè in della relazione stessa alla cosa. Marco, Roma, tra i 35 e i 49 La generosità e la solidarietà, però, non sono stati interpretati solamente in senso universalistico, ma anche come motivazioni legate dalla possibilità di “quantificare” gli sforzi necessari a compierli e, soprattutto, di comparare questa pratica con altri atti di generosità e di altruismo. Nel seguente commento si coglie la volontà di sottolineare la donazione in particolare come un atto di altruismo che “costa poco”, soprattutto se paragonato alla 18 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue possibilità di impegnarsi contribuendo al lavoro di organizzazioni e associazioni che operano sul piano della cooperazione e del volontariato internazionale: Ci sono atti di altruismo che costano di più e atti di altruismo che costano meno. Questo [la donazione] è tra gli atti che costano meno. Non è un grande sforzo, voglio dire, ci sono fenomeni di altruismo ben maggiori, andare a fare assistenza, andare a lavorare per Emergency o per altre associazioni in Iraq e in giro per il mondo. Le puoi fare senza modificare tanto la tua vita, la tua settimana o la tua giornata...è leggermente di più di dare l'elemosina al povero. Gianni, Moncalieri, tra i 50 e i 60 In questo senso, alcuni partecipanti ai focus group hanno inteso porre l’accento sul fatto che gli sforzi necessari per donare il sangue non sono poi così elevati e che, anche se considerato un atto dal grande valore umano e solidaristico, esso si può comunque compiere attraverso un gesto che rimane all’interno dei confini che segnano la nostra vita quotidiana ed “ordinaria”. A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: perché i non donatori non si avvicinano alla donazione di sangue, nonostante ne abbiano un’idea così positiva, riconoscendone il valore di atto di generosità e di solidarietà e, soprattutto, mettendo in luce come la possibilità di donare il sangue sia comunque circoscrivibile all’interno delle attività a cui sono assegnati dei tratti di quotidianità? Una possibile risposta può essere fornita concentrando la nostra attenzione sul legame complesso e non lineare che caratterizza il legame tra conoscenza e informazione, da un lato, e cambiamento dei comportamenti dall’altro. Attraverso le parole di Antonia, un medico che nonostante fosse a 19 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue contatto quotidiano con la necessità di sangue a causa del suo lavoro in ospedale non si è decisa a donare, comprendiamo come il riconoscimento della rilevanza di un certo problema collettivo non porti necessariamente gli individui a modificare in prima persona le proprie azioni: …sono medico, tra l'altro, quindi il mio lavoro mi ha portato a contatto con situazioni drammatiche: a quel punto, lei mi dirà, perché non si è messa a donare? Perché pensavo […] per la resistenza di dare qualcosa di me stessa […], pensavo che proprio essendo medico fossi in qualche modo dispensata anche dal dare qualcosa di me, perché già davo tanto, e corri quando ti chiamano, corri quando ti telefonano, io credo di essere stata anche una persona, non per vantarmi, ma anche dal punto di vista del rapporto umano di essere stata anche...ma anche con una grande disponibilità a capire. Quindi penso...faccio già tanto nella mia professione, sono disponibile eccetera… ma "volete anche il sangue?” Antonia, Padova, tra i 50 e i 60 Nei prossimi paragrafi vedremo infatti come, se da un lato i non donatori si dimostrano particolarmente propensi a riconoscere e a valutare positivamente la donazione, considerandolo un atto gratuito e solidale, dall’altro lato questo generale entusiasmo risulti smorzato nel momento in cui gli individui traducono un problema collettivo come quello della necessità di sangue nell’ambito della propria esperienza personale, lasciando allo stesso tempo emergere l’insieme complesso ed eterogeneo dei possibili freni alla donazione di sangue. 20 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 3.2 Emotivi, pigri e scettici: il mondo dei non donatori I dati emersi dalle discussioni collettive condotte hanno permesso di porre in evidenza un insieme di freni e ostacoli alla donazione riportati dai partecipanti e di mettere a punto una tipologia, basata su tre differenti tipi di freni o ostacoli, che saranno discussi e descritti nel dettaglio nei paragrafi seguenti: La paura e i freni emotivi alla donazione di sangue; La pigrizia e i freni motivazionali alla donazione di sangue; Lo scetticismo, la critica e la diffidenza come freni alla donazione. 3.2.1 La paura e i freni emotivi alla donazione di sangue In questo paragrafo esploreremo l’insieme delle paure che attanagliano alcuni dei non donatori e che rappresentano un primo insieme di freni particolarmente rilevanti per la donazione di sangue; indagheremo in altre parole l’insieme dei freni che caratterizzano in particolare i(?) non donatori emotivi e particolarmente sensibili. A questo proposito, una delle paure più volte menzionate nel corso dei focus group è la nota “paura dell’ago”: Il mio problema è la paura degli aghi. E' una tragedia farsi gli esami del sangue in generale…quindi vince la fobia sul fatto di affrontare un gesto di solidarietà e aiuto, assolutamente. Laura, Padova, tra i 20 e i 34 Ma non è solo l’ago ad intimorire alcuni non donatori, che talvolta rifiutano questa pratica perché si lasciano spaventare dal sangue stesso. In questo caso il problema non è la donazione ma la più generale “idea del sangue”: 21 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Non è tanto l‟ago…è l‟idea del sangue che a me ogni volta…mi annienta…ogni volta che devo fare le analisi del sangue per me è una tragedia”. Damiano, Moncalieri, tra i 35 e i 49 Altro timore, poi, riguarda invece una paura più generica nei confronti dell’idea della “violazione” del corpo, che secondo alcuni avverrebbe attraverso il prelievo per la donazione. La pratica della donazione viene dunque considerata e valutata nei termini di un’azione invasiva: Siccome in qualche maniera non è come aprire un rubinetto, perché in qualche modo si è violati…o si consente di avere un momento di invasività, diciamo del corpo, quindi superare questo… Marzio, Padova, tra i 50 e i 60 Anche il “dopo” spaventa alcuni non donatori. C’è infatti chi ammette di essere intimorito dalla possibilità di sentirsi male o di riportare disturbi di varia natura in seguito alla donazione. Questo può essere anche collegato a malesseri che si sono presentati in occasioni precedenti in cui il soggetto si era inizialmente avvicinato alla donazione e al prelievo di sangue, finendo per abbandonare in un secondo momento e sulla base di un’esperienza vissuta come traumatica l’idea di poter diventare un donatore regolare: Ho pensato che per motivi di salute era meglio non farlo più. Dopo la donazione ho avuto un indebolimento fisico…poi l'indebolimento fisico si trasforma magari in periodi un po' di ansia, o comunque di alterazione dell'umore o comunque di malessere psicologico. E questo mi é capitato le volte che ho 22 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue donato il sangue. Quindi quello che mi ha frenato é stato un po' la paura di trovarmi in questa situazione. Emilio, Cosenza, tra i 20 e i 35 È poi presente un altro insieme di paure che non si riferiscono all’ago, al sangue o ad altri aspetti legati alla salute, ma che trovano la propria origine in un più generale atteggiamento fobico nei confronti delle strutture burocratiche e quindi anche nei confronti delle strutture mediche ed ospedaliere. In particolare, quello che spaventa è l’idea di entrare in un percorso lento e macchinoso, fatto di attese e di moduli da compilare: …mi terrorizza l‟idea di andare, fare la fila, dover attraversare un processo burocratico di qualunque tipo. Il pensiero di andare in una cosa che ha dei passaggi, dei tempi morti, dei moduli, delle cose… per me è terribile. Grazia, Roma, tra i 20 e i 35 Infine i focus group hanno evidenziato un ultimo timore, in qualche modo connesso alla paura della burocrazia, vale dire quello di “sentirsi controllati”. Una paura legata alla situazione, agli attori (in particolare i medici e il personale sanitario) e agli scenari che fanno da sfondo alla donazione. …anche io ho lottato per anni con l‟ago. Quello che mi inibisce è il controllo…il camice bianco, gli scenari. Sara, Moncalieri, tra i 20 e i 30 23 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue È possibile vincere l‟emotività? I focus group hanno messo in luce, oltre all’insieme di timori appena menzionati, un insieme di possibili condizioni in grado di mettere i(?) non donatori emotivi nella condizione di vincere le proprie paure. Il primo di questi presupposti è la predisposizione di un ambiente “familiare”, capace di far sentire il potenziale donatore a proprio agio, come emerge dalle parole di Maria, una partecipante al focus di Moncalieri (l’incontro in cui i freni emotivi alla donazione hanno costituito in modo prevalente un argomento di discussione): …l‟ambientazione è molto importante, mi ricordo che la mia prima esperienza è stata particolarmente positiva, perché ero andata nel mio paese piccolo, c‟erano tutte persone che comunque conoscevo ed è stata un‟esperienza positiva…in effetti vista l‟esperienza negativa che ho avuto all‟ospedale, sono partita con l‟ansia di trovarmi in un luogo non caldo no, freddo…così…probabilmente se avessi continuato ad abitare in quel paesino, magari avrei continuato a donare. Maria, Moncalieri, tra i 35 e i 49 Secondo alcuni partecipanti, fondamentale sarebbe poi la presenza di un certo “spirito di comunità” associato alla pratica della donazione. In questo senso, è nel contesto dei piccoli centri che l’azione delle associazioni di donatori si fa più efficace allo scopo di reclutare nuovi donatori. Nello specifico, per questo partecipante al focus group di Cosenza, la diffusione della disponibilità a donare il sangue è descritta attraverso l’impiego della metafora del “contagio”: 24 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Diciamo che se non c‟è una sezione dell‟Avis in un paese piccolino può essere un problema, perché avendola vicino uno si incoraggia anche di più, è una specie di contagio… inizio a farlo io, poi ne parlo con gli altri, incoraggi gli altri, porto qualcuno che dona, diventa più facile il meccanismo di trasmissione, di incoraggiamento a donare. Emilio, tra i 20 e i 35, Cosenza In ogni caso, è possibile sostenere che le paure e i freni emotivi alla donazione costituiscano l’insieme di ostacoli più difficili da abbattere allo scopo di reclutare nuovi donatori. Questo perché la paura non appare come qualcosa che è possibile affrontare e vincere attraverso l’impiego di argomentazioni razionali mirate a “convincere” i non donatori emotivi… Secondo me non si può convincere una persona a donare. Se si è disposti a farlo per qualsiasi motivo lo si è in partenza. A me nessuno potrà mai convincere a farlo dicendo mai nessuna cosa, insomma, perché ho troppa paura, un limite mentale mio. […] Per me è proprio troppa paura. Federica, Moncalieri, tra i 35 e i 49 …o attraverso la promessa di un incentivo economico alla donazione : Visto quelli che hanno paura dell‟ago, non credo che sarebbero tanto convincibili con 20 euro….bisogna convincere tutti gli altri che lo farebbero pure, ma non lo fanno. Cinzia, Roma, tra i 35 e i 49 25 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 3.2.2 La pigrizia e i freni motivazionali alla donazione di sangue Non sono solo le paure che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti a frenare i soggetti dal donare il sangue. L’analisi dei focus group ha infatti permesso di mettere in luce come un secondo tipo di freni alla donazione del sangue sia associabile ad elementi di tipo motivazionale e spesso alla manifesta pigrizia di alcuni non donatori. In questo senso, per usare le parole di un partecipante all’incontro di Padova, il primo passo da fare per motivare le persone pigre è quello di trovare le condizioni per “superare la barriera”: Io non dono il sangue per pigrizia, ma anche perché non ci sono occasioni per far donare il sangue, per superare la barriera, perché spesso credo che non sia una questione di principio, ma […] un superamento della barriera. Antonio, Padova, tra i 35 e i 49 Da questo punto di vista, “superare la barriera” non significa semplicemente la possibilità di diventare donatori occasionali, ma anche l’opportunità di rendersi conto attivamente dell’importanza della donazione e del fatto che, a partire dalla propria condizione di “pigrizia”, essa non costituisce una pratica eccessivamente impegnativa o costosa in termini di tempo e di risorse, così come già del resto sottolineato da alcuni partecipanti in merito al tema della solidarietà e della generosità (cfr. § 3.1). C’è poi chi invece, anche di fronte al riconoscimento che l’atto di donare il sangue non è particolarmente impegnativo, mette in luce come alcune persone possano basarsi sulla mera considerazione del tempo necessario per la donazione per decidere di impiegare il loro tempo diversamente. In questa citazione, l’esempio dello shopping è impiegato per evidenziare come anche un’attività apparentemente futile e superficiale sia in grado di far leva 26 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue su persone particolarmente pigre, distraendole dalla possibilità di impegnarsi in un azione con valore civico ben più alto quale è la donazione del sangue: Secondo me vince la pigrizia nel momento in cui penso che il mio tempo sia qualcosa che io possa e debba e voglia spendere interamente per me, piuttosto che dedicarla agli altri. Io ho un‟ora di tempo libera? Preferisco andare a fare shopping piuttosto che… Grazia, Roma, tra i 20 e i 35 Tra chi cita la pigrizia, non manca anche chi fa riferimento all’esistenza di una specifica “pigrizia del Sud” dell’Italia, mettendo in luce la possibilità che variabilità geografiche intervengano nell’influenzare questo insieme di freni alla donazione: - Sul sangue per me è più semplicemente…sicuramente a sud siamo più pigri, c‟abbiamo il sole, non vogliamo uscire di casa. - Per me la pigrizia è il numero uno. - Per me se qualcuno venisse a lavoro e mi dicesse, guarda facciamo una raccolta, però se venissero al posto di lavoro, se venissero avrebbero sicuramente un sacco di sangue. - Io su questo, ti ripeto, non c‟ho problemi proprio a dirlo, andando verso sud si è più pigri, poi non so se è un‟indole generica, sicuramente… andare incontro alla gente è più fruttuoso. Discussione, incontro di Roma 27 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Vincere la pigrizia: gli incentivi alla donazione Ci sono comunque dei modi attraverso cui, secondo i partecipanti, è possibile convincere i non donatori a donare il sangue, vincendo una diffusa pigrizia. Il primo tra questi è la proposta di piccoli incentivi concreti o il riferimento alla possibilità, peraltro già prevista, di ottenere gratuitamente gli esami del sangue: - qualche forma di incentivo…se mi dessero un biglietto per il teatro Regio… - ma anche gli esami del sangue, se no uno spende 50-60 euro! - si, ma al di là degli esami del sangue, magari uno passa una serata piacevole… che può essere qualsiasi altra cosa. Discussione, incontro di Moncalieri Per alcuni gli stessi donatori regolari possono essere talvolta animati dalla possibilità di ottenere incentivi concreti, come per esempio la possibilità di avere un giorno libero da lavoro: “Io un paio di donatori li conosco…uno è un parà della folgore…e lo fa soprattutto perché gli danno i giorni liberi da lavoro” Gina, Cosenza,tra i 35 e i 49 A controbilanciare questa visione, che tende a discutere di donazione impiegando logiche che rimandano – seppur indirettamente - a quelle dello scambio, è emersa in ogni caso nel corso dei focus group l’esigenza di evitare l’applicazione di logiche di mercato al sistema della donazione, e cioè di mantenere l’atto della donazione come un gesto gratuito à la Titmuss. Se per qualcuno, ad esempio, si può prefigurare la possibilità di un 28 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue pagamento per la donazione, ma solamente in caso di crisi per mancanza di sangue, nel corso degli incontri i partecipanti si sono trovati sostanzialmente d’accordo sul fatto che un sistema di donazione che non prevede forme di pagamento in denaro come incentivo per la donazione è anche un sistema sicuro in grado di garantire la qualità del sangue donato. A partire da queste considerazioni, la possibilità che il sangue resti un dono gratuito costituisce per alcuni partecipanti la garanzia del mantenimento dei valori di cittadinanza e di solidarietà sociale: È importante però il discorso della donazione, nel momento in cui uno viene pagato non è più una donazione. Testimonia che c‟è una società, voglio dire, dietro…che non c‟è sempre soltanto un valore di scambio dietro, secondo me è significativo Gina, Cosenza,tra i 35 e i 49 Un’ultima considerazione sulla pigrizia riguarda la vicinanza e la comodità del luogo in cui donare il sangue. I partecipanti ai focus group hanno espresso la necessità di potersi recare in un posto vicino e legato alla propria esperienza quotidiana, senza la necessità di impegnarsi eccessivamente per “cercare” il luogo in cui donare il sangue: Per donare comunque devi andare in ospedale, in una città come Roma probabilmente ci metti solo un‟ora ad arrivare. Se tu invece sai che c‟è questa possibilità nei quartieri in cui stai, secondo me le possibilità aumentano, cioè bisogna essere più capillari. Elena, Roma, tra i 35 e i 49 29 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Nelle camionette, davanti a scuola, mi sembra una cosa più normale, della vita quotidiana…il passo ho provato a farlo, ma se devo andarmelo a cercare… Sara, Moncalieri, tra i 20 e i 34 3.2.3 Lo scetticismo: la diffidenza e la critica come freni alla donazione Alle paure e alla pigrizia si affianca un ultimo tipo di freni alla donazione del sangue individuato attraverso l’analisi dei focus group: lo scetticismo. In questo caso, alcuni non donatori manifestano un generale atteggiamento di diffidenza e di critica nei confronti di alcuni aspetti connessi alla donazione del sangue. Questo genere di sfiducia non è tanto indirizzato nei confronti della donazione in sé, della sua necessità o degli ideali solidaristici ad essa sottesi, ma quanto verso altri aspetti legati all’organizzazione, ad alcuni elementi della “cultura della donazione”, oltre che al legame fiduciario con le istituzioni che se ne occupano. I non donatori critici fanno pertanto riferimento all’inadeguatezza delle strutture sanitarie, in alcuni casi lontane dal soddisfare i requisiti di igiene e di decoro propri di una pratica medica: … il centro trasfusionale… uno dice, io qua prendo più malattie che altro, nel senso che, come te lo faccio a spiegare […] il centro trasfusionale dell‟ospedale era proprio fatiscente, OK? Adesso, siccome è stato spostato è molto più bello, mentre lì dov‟era prima era… anche la sediolina stessa, dove ti devi sedere, io non dico che deve essere nuova, però… certo non con l‟ovatta che poi si vede… Maria, Cosenza, tra i 20 e i 35 30 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue La necessaria sensazione di protezione e di rassicurazione viene a mancare nel momento in cui i soggetti hanno la sensazione di interagire con personale considerato non adeguatamente preparato o di trovarsi in luoghi ritenuti non sufficientemente protetti dal punto di vista sanitario. Per alcuni, quindi, è preferibile donare il sangue in un luogo come l’ospedale, e non nelle roulotte e nei camper che, anche se comodi, possono non ispirare sufficiente fiducia sul piano dell’igiene e della professionalità del personale: Poi magari la fiducia si basa su pregiudizi, positivi o negativi. Secondo me la difficoltà è conciliare l‟aspetto che è uscito prima della quotidianità con la garanzia di fare il proprio mestiere… io preferirei andare a donare il sangue in ospedale, bianco ed asettico, purché abbia la prova che sono in un ambiente protetto. Giovanni, Moncalieri, tra i 35 e i 49 Talvolta può essere anche lo stesso aspetto e decoro degli operatori a far crescere la critica nei confronti della donazione stessa: Io avevo soprannominato l‟esattore delle tasse, come l‟avevo chiamato io, „il vampiro‟, perché lo vedevi e ti veniva proprio l‟idea del vampiro. Bianco, cadaverico, con tutte le vene fuori… Maria, Cosenza, tra i 20 e i 35 Alcuni non donatori, inoltre, sentono che attraverso la donazione potrebbe essere violata la loro privacy. In questo caso è il questionario che viene fatto compilare prima della donazione a costituire un “disincentivo” alla donazione: 31 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue La violazione di sé e il questionario, per quella che io ho chiamato intrusività nella privacy…ci sono anche questi due disincentivi...è assolutamente giusto, razionale, questa cosa del farti le domande, però ad esempio è una cosa che a me, quando ho compilato è una cosa che mi ha messo a disagio […]. E l‟intrusività è questa cosa della violazione di sé...la privacy deve essere assolutamente garantita. Emanuela, Moncalieri, tra i 35 e i 49 Sempre in merito al questionario, per alcuni le domande in esso contenute risultano inutili e banali, non adatte allo scopo di controllo che troppo chiaramente si prefiggono: …ho avuto modo di guardare il famoso questionario che danno a chi si presenta…per esempio la domanda rispetto all‟orientamento sessuale non c‟è più, è stata tolta, però ce n‟è un‟altra rispetto al fatto se si hanno o meno rapporti promiscui… e comunque a me leggere questo questionario mi ha dato un po‟ l‟impressione dello stesso test che si faceva al servizio militare tanti anni fa, cioè mi sembra un grande cavolata… Aldo, Cosenza, tra i 35 e i 49 Anche la presenza di possibili discriminazioni fa in qualche modo crescere la diffidenza di alcuni individui nei confronti della donazione di sangue. In particolare, sono stati riferiti da alcuni partecipanti al focus group di Cosenza episodi di resistenza da parte del personale sanitario nei confronti di omosessuali intenzionati a donare il sangue. In questo caso, è maturata tra alcuni non donatori una visione negativa degli operatori e del personale sanitario, che in questo resoconto si caratterizzerebbe, soprattutto nel 32 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue contesto del meridione d’Italia, per la diffusa presenza di ignoranza e pregiudizi nei confronti di alcuni gruppi: Io mi ricordo che proprio un anno fa era successo un episodio di discriminazione, proprio qui a Cosenza, perché mi ricordo che era andato a donare il sangue un omosessuale e praticamente avevano fatto delle resistenze, questo mi ha fatto oltremodo incazzare, perché individuare delle categorie a rischio vuol dire anche affermare in qualche modo un retaggio… infatti io ho scritto superstizione proprio per evidenziare l‟ignoranza che c‟è proprio legata ad una visione, soprattutto da noi qui al sud, negativa rispetto a determinati valori, quindi questa va estesa anche rispetto ad azioni positive che una persona può fare. In seguito a questo ho deciso di evitare di interfacciarmi con strutture in cui c‟è gente ignorante. Carlo, Cosenza, tra i 35 e i 49 Oltre a ciò, alcuni partecipanti ritengono che talvolta il manifesto atteggiamento “salutista” di alcuni donatori non trovi corrispondenza nella realtà dei fatti, aggiungendo ulteriori elementi di scetticismo che tendono ad allontanare alcuni non donatori: - Il discorso di alcuni donatori, che conducono una vita sana, mi è sembrato francamente megalomane…sinceramente mi è venuto da dire: io non voglio essere così sano! Io ho scoperto che uno dei miei migliori amici è donatore. Ogni domenica praticamente va in sauna e fa sesso frequentemente…per cui questa è vita sana! - Anche io ho esperienza di persone che conducono stili di vita non perfettamente sobri; in particolare ce n‟è uno che se non è 33 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue alcolizzato ci manca poco…infatti quando ho saputo che è donatore ho detto…ma tu che vai a donare il sangue o l‟alcol? Discussione, incontro di Cosenza Io ho un'esperienza terribile, perché c‟é il padre di una mia fidanzata che era un terribile alcolista, che beveva vino, terribile, in Friuli, e andava sempre in questo paesino al circolo dei donatori, ma in realtà era una scusa per bere. Poi in realtà un giorno non bevevano, quando dovevano donare il sangue, però quel sangue io non l'avrei mai voluto. Mi sono sempre chiesto se poi effettivamente donavano e quel sangue era poi in qualche modo utilizzato. Gianni, Moncalieri, tra i 50 e i 60 Superare lo scetticismo Chi ha dimostrato di avere un atteggiamento tendenzialmente scettico nei confronti di alcuni elementi legati alla pratica della donazione di sangue ha anche posto l’accento sulla necessità di un’adeguata informazione, in grado di creare la necessaria consapevolezza non solo nel pubblico dei non donatori, ma anche da parte del personale sanitario e dei membri delle associazioni di donatori volontari, in modo da prevenire il formarsi di pregiudizi o di possibili ipocrisie nei valori e nelle azioni associate alla donazione di sangue. Da questa prospettiva, per alcuni partecipanti è utile quindi fare chiarezza sugli stereotipi e sulle “leggende metropolitane” che si diffondono a proposito della donazione e che finiscono per allontanare molte persone dal diventare donatori: 34 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue - Consapevolezza del gesto, cosa significa donare, quindi sempre la formazione, la promozione, l'abbattimento degli stereotipi delle leggende, la consapevolezza del gesto. - la consapevolezza è un po‟ figlia dell‟informazione, purtroppo molte volte si è un po‟ vittima delle leggende metropolitane […] quindi si è consapevoli quando si è anche informati. Discussione, incontro di Cosenza In questo senso, alcuni partecipanti hanno sostenuto la necessità di supportare e di promuovere la donazione di sangue evitando di impiegare argomentazioni di tipo “morale”, come quelle che si rifanno esclusivamente ai valori di solidarietà ed altruismo, per privilegiare invece la comunicazione di informazioni e dati rilevanti a proposito, anche per evitare di offrire un quadro interpretativo della donazione che alcuni considerano negativamente paternalistico: […] nel dare queste informazioni [evitare] un lancio che poi magari va nel religioso …cioè non dire solo l‟altruismo… Cinzia, Roma, tra i 35 e i 49 35 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 3.3 Un quadro d’insieme Nel corso dei paragrafi precedenti abbiamo descritto nel dettaglio le caratteristiche di tre principali tipi di freni alla donazione di sangue, sulla base dei dati emersi nel corso dei focus group. La tabella 1 riassume le principali caratteristiche dei tre tipi di freni, così come delle condizioni e delle possibilità che gli stessi non donatori hanno indicato come possibili strade per ovviare ai differenti problemi sollevati. Sulla base di questi dati è stato possibile mettere a punto tre profili di non donatori, ciascuno caratterizzato da specifici freni alla donazione e riassunti nella Tabella 1 (ho sistemato gli elenchi puntati): 1. Il non donatore emotivo ha paura dell’ago o del sangue, può sentirsi violato dal prelievo di sangue ed essere intimorito dagli aspetti burocratici legati all’esperienza della donazione. Questo tipo di non donatore risulta difficilmente convincibile ad un cambio di 36 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Non donatori: Principali freni: Possibili soluzioni: EMOTIVI -paura dell’ago /del -familiarità e accoglienza; - spirito “di comunità”: sangue; - sensazione di violazione coinvolgimento e solidarietà. e di controllo; - burocrazia. PIGRI SCETTICI -mancanza di occasioni o -incentivi alla donazione; incentivi per donare il -vicinanza e comodità di sangue. accesso alle strutture. -inadeguatezza delle -campagne informative e di strutture o del personale; -possibili discriminazioni e violazione della privacy; - “salutismo” (talvolta considerato incoerente) dei donatori. formazione; -maggiore consapevolezza da parte sia dei donatori sia del personale; -eliminare pregiudizi e “leggende metropolitane”. Tabella 1 - Tipologia di freni alla donazione di sangue emersa dall’analisi dei dati dei focus group. comportamenti verso la donazione attraverso l’impiego di argomentazioni razionali e cerca piuttosto un ambiente “familiare” e confortevole in cui sentirsi al sicuro e a proprio agio. 2. Il non donatore pigro soffre invece la mancanza di occasioni e incentivi adeguati a donare il sangue, ha un’idea positiva della donazione, ma tende a privilegiare il tempo che può dedicare a sé stesso. Questo tipo di non donatore cerca sostanzialmente lo stimolo adeguato che lo porti a donare il sangue, ed è disponibile a farsi convincere da incentivi di varia natura. 3. Il non donatore scettico è frenato soprattutto da una percepita inadeguatezza delle strutture o del personale sanitario, da problemi legati alla privacy e al questionario per la donazione. È critico nei confronti dell’atteggiamento “salutista” (talvolta giudicato incoerente) 37 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue di alcuni donatori e pone l’accento sulla necessità di un’informazione adeguata che sia in grado di eliminare “leggende metropolitane” e pregiudizi diffusi non solo tra il pubblico dei non donatori, ma anche tra il personale sanitario e tra i donatori volontari che si impegnano nelle associazioni. I tipi di non donatori individuati sono da considerarsi come strumenti interpretativi, i cui tratti risultano inseparabilmente mescolati nella realtà empirica. L’obiettivo è quello di identificare i principali fattori coinvolti nella percezione dei non donatori della pratica della donazione, anche allo scopo di individuare i profili socio-anagrafici dei tre tipi attraverso la realizzazione di una successiva indagine campionaria. 38 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 4. LA COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE E DELLA TRASFUSIONE IN ITALIA Un secondo insieme di dati emerso dall’analisi dei focus group e degli articoli dai quotidiani riguarda il tema della comunicazione della donazione e della trasfusione considerazioni che del sangue sono in Italia. direttamente Si tratta connesse di un non insieme solamente di alla percezione del pubblico, ma anche alla rappresentazione della donazione e della trasfusione nell’arena di discussione rappresentata dai media. 4.1 Aspetti generali In primo luogo, sul tema della comunicazione, sono emersi nel corso degli incontri una serie di aspetti generali legati alla comunicazione della donazione: La richiesta, chiara e generalizzata, di una maggiore informazione riguardante il tema della donazione di sangue, così come il riconoscimento della necessità di maggiori investimenti in campagne di comunicazione e di sensibilizzazione incentrate sulla promozione della donazione di sangue. Se il medico di base è riconosciuto come possibile mediatore rilevante, tuttavia nel corso di tutti gli incontri è emersa la convinzione che questa categoria non parli a sufficienza di donazione con i suoi pazienti e che non sia impegnata nella promozione della donazione: 39 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue - Al massimo il medico ha delle cose tristi appese nel corridoio, gli incontri dell'AVIS… - Il medico potrebbe essere importante, perché conosce i suoi pazienti. Se il medico pensa che potenzialmente potresti essere una persona...anche perché in qualche modo è consapevole dello stato di salute del suo paziente. - anche perché al medico si dice tutto, infatti questa cosa qua la pensavo. Però anche ai medici di medicina generale mi sembra non sia mai partita un'iniziativa di questo genere… Discussione, incontro Padova. È riconosciuta anche la necessità di intraprendere iniziative di comunicazione e sensibilizzazione nelle scuole, o comunque indirizzate ai più giovani: Si potrebbero organizzare nelle scuole delle giornate informative, con associazioni supportate da medici e fare delle giornate, magari una volta all'anno per i bambini. Letizia, Padova, tra i 50 e i 60 Da ultimo, nel corso del focus group di Firenze con i donatori, è emersa anche la possibilità di utilizzare nuove tecnologie ed i social network nel Web (come ad esempio Facebook) per reclutare nuovi donatori. 40 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 4.2 Due “cornici interpretative": donazione come momento “positivo” e “propositivo” e donazione come momento legato alla crisi e all’emergenza. Le discussioni condotte nel corso dei focus group hanno permesso di evidenziare e distinguere due principali “cornici interpretative” attraverso cui, secondo i partecipanti, è possibile comunicare (e promuovere) la donazione di sangue. Il concetto di “cornice interpretativa” (frame), impiegato nell’ambito della seguente analisi, è stato messo a punto dal sociologo Erving Goffman8, come sinonimo per "principio che organizza l'esperienza". Attraverso l’impiego di tali “cornici”, secondo Goffman, ognuno di noi, a partire dalla continuità dell’esperienza, riesce a trasformare gli oggetti e le azioni che compiamo quotidianamente in qualcosa di significativo non solo per sé stesso, ma anche per gli altri. Nei paragrafi seguenti cercheremo quindi di indagare le modalità attraverso cui la comunicazione della donazione e della trasfusione di sangue sono “incorniciate” e quindi interpretate non solamente da parte dei partecipanti ai focus group, ma anche nel contesto dei mezzi di comunicazione di massa. Questo tipo di dati ci informeranno non solo sulle possibili modalità attraverso cui il pubblico può interpretare i messaggi di comunicazione e la loro potenziale efficacia, ma anche sulle differenti strategie di comunicazione impiegate per rappresentare questi temi. Una prima modalità riguarda la possibilità di inserire la donazione in un quadro significante dai tratti positivi e “propositivi”, che enfatizza la possibilità di aiutare gli altri con un gesto semplice, ma estremamente solidale e altruistico. Una seconda cornice interpretativa può essere invece impiegata per discutere e promuovere la donazione mettendo in evidenza la necessità concreta di sangue e le possibili conseguenze legate alla mancanza o alla scarsità di sangue. 8 Erving Goffman, 1974, Frame Analysis, Harvard University Press, Cambridge 41 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue La “cornice” positiva e propositiva della donazione di sangue… Un primo modo riportato dai partecipanti ai focus group per attribuire significato alla donazione di sangue in un’ottica di comunicazione è quello di evitare attribuzioni di colpa nei confronti dei non donatori: Io non saprei se mettere in risalto o no il fatto dell‟emergenza. Secondo me può essere messo in risalto, però l‟importante è che non si trasformi in colpevolizzazione di chi non dona. Emilio, Cosenza, tra i 20 e i 35 Da questa prospettiva, la comunicazione deve piuttosto fare leva su motivazioni “positive” che possono spingere una persona a donare il sangue. Non si deve quindi far nascere il gesto da un’esperienza negativa o traumatica, quanto piuttosto da informazioni capaci attraverso registri linguistici adeguati di invitare i diversi soggetti alla donazione: Innanzi tutto cercare una motivazione che sia una motivazione positiva; io immagino che ci sia una percentuale di donatori che, per esempio, ha perso un familiare in un momento in cui aveva necessità di avere sangue, quindi nasce una motivazione a donare che deriva da un‟esperienza negativa…per cui invece di aspettare che nasca una motivazione da esperienza negativa, fare delle campagne che invece giocano su delle motivazioni positive. Sergio, Cosenza, tra i 20 e i 35 Chi promuove questa interpretazione della comunicazione, pone l’accento sulla necessità di sottolineare i valori di solidarietà e di altruismo già più 42 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue volte messi in evidenza, soprattutto sulla base della considerazione che il gesto di donare il sangue è interpretato nei termini di qualcosa che nasce da dentro ed è rivolto ad un generico “tu” verso cui esprimere solidarietà in modo totalmente gratuito e alieno da qualsiasi logica di scambio: Un po‟ di tempo fa c‟era uno spot che mi ha abbastanza colpito, c‟era questo signore, anche abbastanza anziano che aveva donato il sangue e un signore all‟uscita gli dice: „Ma perché, lo conosceva?‟ E lui dice „No, non lo conoscevo‟. È un po‟ quello che dicevi prima, c‟è un‟assoluta gratuità del gesto […], questo mi sembrava abbastanza buono. Adriano, Torino, tra i 35 e i 49 …e la cornice dell‟ “emergenza” e della crisi Una seconda cornice interpretativa emersa nel corso dei focus group riguarda invece la possibilità di comunicare e di promuovere la donazione di sangue ponendo il pubblico di fronte a testimonianze dirette relative alla necessità di sangue, o fornendo, ad esempio, dati sul concreto uso del sangue e sulle possibili conseguenze legate alla mancanza o alla scarsità di sangue negli ospedali. Per chi propone questo punto di vista, la donazione dovrebbe essere rappresentata nei termini di un vero e proprio problema sociale allo scopo di renderlo maggiormente percepibile e rilevante agli occhi del pubblico: Secondo me non si sente come problema. Non lo so, come se fosse una cosa che non esiste, cioè tutti sappiamo che bisogna donare il sangue, però poi alla fine è come se… cioè non è un problema, nel senso che non serve. Nessuno ha sentito di persone che sono morte per mancanza di sangue. 43 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Sara, Roma, tra i 50 e i 60 Sullo stesso piano, sono così preferiti messaggi “di impatto”, in grado di colpire il pubblico anche attraverso immagini e espressioni forti: Tempo fa fecero le prime pubblicità progresso, alla fine degli anni Settanta, dicevano „In Italia ogni giorno muoiono tot persone perché manca il sangue e questo perché nessuno perde cinque minuti‟…. questi sono messaggi che, per me, fruttano... Dario, Roma, tra i 20 e i 34 Nell’ambito di questo quadro interpretativo, c’è anche chi mette in luce però i limiti di una riflessione basata solamente su una “cultura dell’emergenza” che caratterizzerebbe il contesto italiano e che porterebbe i soggetti a preoccuparsi di problemi simili a quello delle scorte di sangue esclusivamente nei casi in cui queste scarseggiano o vengono meno: Nella nostra cultura…a livello di salute in generale, c‟è insita proprio la cultura dell‟emergenza, quindi io vado in ospedale quando sono in fin di vita e quindi questo si traduce anche a livello di donazioni, perché le donazioni diventano di emergenza anche quelle. Claudio, Cosenza, tra i 35 e i 49 44 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 4.3 La percezione e la comunicazione della trasfusione Per quel che riguarda la trasfusione, l’analisi dei focus group vede quest’ultima collocarsi in modo decisamente chiaro nell’ambito di una cornice interpretativa legata all’emergenza e alla necessità, attraverso il richiamo al tema del rischio e delle paure: Io ho pensato più che altro alla trasfusione, mi sono immedesimato in una persona che si sveglia da un incidente, e dicono che gli hanno fatto la trasfusione, secondo me c‟è un atteggiamento ancora restio nei confronti di questa cosa qua. Nel senso che c‟è un lato abbastanza di paura, secondo me. Daniele, Moncalieri, tra i 20 e i 34 Anche secondo me...la trasfusione la vedo come una cosa molto rischiosa. Antonia, Padova, tra i 50 e i 60 Nelle testimonianze di alcuni partecipanti ai focus ritroviamo quindi una rappresentazione della trasfusione dai toni negativi, soprattutto per quanto riguarda il riferimento ad incidenti nel passato, con però il riconoscimento che la sicurezza è attualmente maggiore: Io ho avuto sia mio padre sia mia madre che hanno contratto l‟epatite con i vecchi sistemi di tanti anni fa, perché comunque non c‟era quel controllo, quella sicurezza, io comunque parto dal presupposto che ora questi controlli ci siano. Sara, Roma, tra i 50 e i 60 45 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue È ancora presente, in ogni caso, la memoria delle controversie che nel corso degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta hanno investito il sistema sanitario italiano, per i casi di trasmissione di epatite e HIV dovuti a trasfusioni di plasma e all’uso di emoderivati infetti: - c'è stato quel periodo a metà degli anni Ottanta, che veramente... - ma manco dal dentista andavi più quasi quasi… - eh si […] c'è stato questo periodo, almeno a livello di percezione, io non so se questa cosa è fondata oppure no...c'è stata questa ricaduta... Discussione, incontro di Roma Per quanto riguarda la connessione tra momento della donazione e momento della trasfusione emerge piuttosto chiaramente il generale riconoscimento del fatto che un momento di emergenza e necessità di sangue di un familiare o per una persona cara può far superare le paure legate alla donazione. In altre parole, timori come quelli che caratterizzano i non donatori emotivi possono essere superate, anche rapidamente, nel momento in cui si riconosce l’ineluttabile necessità della trasfusione in situazioni di emergenza in cui è a rischio la vita di una persona cara: Poi nella vita che cosa succede, che invece vieni coinvolto personalmente e secondo me è estremamente importante, per fare questo passo, viverlo in prima persona, cioè avere qualcuno in casa tua che ha bisogno di una trasfusione e a quel punto dici: „Beh, e se adesso non c‟era qualcuno che andava a donare il sangue, mia madre non se la cavava.‟ Antonia, Padova, tra i 50 e i 60 46 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Proprio in relazione a questo aspetto emerge ancora il riconoscimento della presenza di una “cultura dell’emergenza” che caratterizzerebbe le pratiche della donazione e della trasfusione nel contesto italiano: Allora per l'emergenza siamo tutti pronti, per la necessità invece nessuno di noi è disponibile, perché non ci pensiamo nemmeno. Gina, donna, 35-49, Cosenza 47 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 4.4 La donazione e la trasfusione di sangue nei quotidiani italiani (1998-2008) All’indagine attraverso i focus group si è affiancato lo studio della copertura mediale dei temi della donazione e della trasfusione di sangue sulle due principali testate giornalistiche a diffusione nazionale - La Repubblica e Il Corriere della Sera. Testata: Il Corriere della Sera La Repubblica Totale Frequenza % 102 64,6% 56 35,4% 158 100% Tabella 2 – Distribuzione degli articoli sulla donazione e la trasfusione di sangue ne “Il Corriere della Sera” e ne “La Repubblica” Lo studio si è concentrato sull’analisi del contenuto di 158 articoli ricavati mediante ricerca nei database dei quotidiani attraverso una serie di parole chiave9, per un periodo di 10 anni, dal 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 2008. Come si vede in tabella 2, le pagine nazionali de Il Corriere della Sera hanno dedicato un’attenzione maggiore a queste tematiche rispetto a La Repubblica. 9 Per i dettagli della tecnica di ricerca applicata ai database on-line dei quotidiani si veda l’appendice metodologica. 48 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 30 27 25 21 20 20 17 15 10 11 15 14 11 11 7 5 4 0 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Figura 2 – Numero di articoli per anno riguardanti i temi della donazione e della trasfusione di sangue (“Il Corriere della Sera” e “La Repubblica”). Sul piano della distribuzione degli articoli nel corso del tempo (Figura 2), è interessante notare come l’attenzione dei media nei confronti del tema della medicina trasfusionale si sia caratterizzata per una copertura piuttosto consistente nel periodo che va dal 1998 al 2001, per una flessione negli anni che vanno dal 2002 al 2006 (con non più di 11 articoli per anno pubblicati in questo intervallo di tempo), e infine per una crescita di attenzione nel corso degli ultimi due anni, con 17 articoli pubblicati nel 2007 e 21 nel 2008. Ma quali sono, più nel dettaglio, i temi toccati dagli articoli raccolti? Come si può vedere nella tabella 3, l’analisi ha permesso di chiarire come il 16% degli articoli abbia avuto come oggetto eventi di promozione della donazione o di iniziative di raccolta di sangue. Il 13% degli articoli si è invece concentrato su episodi di crisi o di mancanza di sangue, e sempre il 13% ha avuto come oggetto episodi di discriminazione o episodi relativi 49 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue all’affermazione dell’identità di gruppi (quali ad esempio il gruppo religioso dei Testimoni di Geova) in relazione alla donazione di sangue. TEMA dell’articolo % Frequenza - Iniziativa di promozione della donazione - Episodi legati a crisi/mancanza di sangue - Discriminazioni o fatti legati al tema dell’ identità di gruppo (Testimoni di Geova, ecc…) - Incidenti legati alla medicina trasfusionale 16% 13% 13% 26 20 19 41% 65 - Ricerca scientifica o scoperta nel campo della medicina trasfusionale - Altro - Totale 12% 19 5% 100% 9 158 Tabella 3 – Temi specifici degli articoli dai quotidiani È particolarmente rilevante apprendere come circa 4 articoli su 10 abbiano avuto come oggetto incidenti legati alla medicina trasfusionale. Rientrano in questa categoria tutti quegli articoli dedicati ad incidenti dovuti ad errori umani (scambio di sacche nella trasfusione), a controversie legate all’uso di sangue infetto, così come alle vicende giudiziarie connesse all’impiego di sangue, plasma ed emoderivati infetti. Infine, il 12% degli articoli raccolti si occupa di nuove scoperte scientifiche o di innovazioni tecnologiche nel campo della medicina trasfusionale. Particolarmente interessanti appaiono i risultati dell’analisi dei cambiamenti della copertura dei differenti temi nel corso del periodo considerato. A questo proposito, la figura 3 mostra come le variazioni più significative abbiano riguardato il tema degli incidenti legati alla medicina trasfusionale. 50 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Quest’ultimo, dopo un primo periodo di alta copertura tra il 1998 e il 2001, ha perso rilevanza a partire dal 2002, per guadagnarne nuovamente nel corso degli ultimi due anni considerati (con 7 articoli pubblicati nel 2007 e 5 nel 2008). Gli altri temi rilevati non fanno notare variazioni significative, eccezion fatta per la rilevanza assunta nel corso del 2008 dalle questioni, per molti versi “simmetriche”, della promozione della donazione (6 articoli) e della crisi per mancanza di sangue (5 articoli). 14 Numero di articoli 12 10 Promozione donazione Emergenza sangue Discriminazioni/gruppi Incidenti trasfusione Ricerca scientifica /innovazione 8 6 4 2 0 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Figura 3 – Andamento della copertura dei temi nel corso del tempo (numero di articoli per tema). Alla luce di questi dati, è possibile sostenere che il tema degli incidenti legati alla trasfusione, sia per il numero di articoli, sia per il suo specifico andamento nel corso del tempo, costituisca in qualche modo un indicatore e una sorta di “termometro” della più generale attenzione dei media nei confronti della medicina trasfusionale in generale e quindi anche della donazione, influenzando in modo significativo anche la percezione del pubblico delle altre questioni legate alla medicina trasfusionale. 51 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Seguendo il noto principio “una cattiva notizia è una buona notizia”, il tema degli incidenti finisce per influenzare in modo piuttosto rilevante l’agenda dei media e, come abbiamo visto nel precedente paragrafo dedicato alla trasfusione, suggerisce un quadro interpretativo negativo e “d’emergenza” della trasfusione stessa. Recenti studi sui media e la percezione del pubblico10 hanno sottolineato come i media siano in grado di strutturare la percezione del pubblico di una determinata tematica soprattutto nel lungo periodo e non tanto attraverso singoli messaggi di impatto. Una metafora efficace per comprendere questa azione lenta ma costante è rappresenta dal continuo cadere di gocce, che riescono lentamente a scavare la roccia. È possibile sostenere che nel caso della trasfusione l’azione dei media nel corso del tempo – con una rappresentazione quasi esclusivamente negativa della trasfusione - continui ad influenzare la percezione del pubblico anche oggi. Come é emerso dall’analisi dei focus group, infatti, i cittadini associano il tema della trasfusione quasi esclusivamente a situazioni di emergenza o al verificarsi di possibili incidenti. Un ulteriore dato interessante merita di essere sottolineato. Dei 65 articoli dedicati agli incidenti, l’86% (n=56) ha riguardato episodi o scandali relativi alla diffusione di patologie o vicende relative all’impiego di sangue o emoderivati infetti, mentre solamente il 14% (n=9) notizie relative ad incidenti causati da errori umani, un problema che risulta invece essere più rilevante e frequente nella pratica medica quotidiana. Per quanto riguarda la rilevazione di alcune dimensioni emerse attraverso l’analisi dei focus group, è possibile soffermarci su alcuni specifici sotto-temi e sulla loro presenza all’interno degli articoli. La figura 4 mostra la presenza di alcune di queste dimensioni interpretative negli articoli raccolti. Questa analisi mostra come trovino prevalentemente spazio nei media i riferimenti 10 Marin Bauer, 2006, “Come i media hanno alimentato la distinzione tra biotecnologie rosse e verdi”, in M. Bucchi e F. Neresini (a cura di), Cellule e Cittadini – Biotecnologie nello spazio pubblico, Milano, Sironi. 52 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue dimensioni collegate ai freni “scettici” nei confronti della donazione di sangue. Infatti, mentre solamente il 5% degli articoli contiene riferimenti al tema della paura dell’ago e solamente il 7% al tema della pigrizia dei non donatori, il tema dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie è stato affrontato in circa il doppio degli articoli (il 15%). E’ inoltre interessante rilevare come il riferimento all’attribuzione di valore economico al sangue sia comparso nel 16% degli articoli. 15% 16% 16% 14% 12% 10% 8% 7% 5% 6% 4% 2% 0% Paura dell'ago Pigrizia donatori Inadeg. strutture Val.economico al sangue Figura 4 – Indicatori della presenza nei media di alcune dimensioni emerse nel corso dei focus group (Valori % sul totale degli articoli analizzati) 53 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Frequenza % 21 23 5 12 20 65 5 7 158 13,3% 14,6% 3,2% 7,6% 12,7% 41,1% 3,2% 4,4% 100% solidarietà/umanità cittadinanza incentivi emergenza discriminazione/identità problemi strutture/organi di controllo scoperta altro Totale Tabella 4 – Principali quadri interpretativi attraverso cui il tema del sangue è presentato negli articoli. 66% 63% 70% 60% 50% 28% 40% 30% 15% 8% 20% 5% 3% 10% 0% Medici e/o Politici o Ist. Org. Politiche Sanitarie Ass. Ass. pazienti Agenzie donatori formazione CNS Societ scientifiche Figura 5 – Principali attori presenti nei media sui temi della donazione e della trasfusione di sangue (% di articoli in cui sono citati gli attori sul totale degli articoli) 54 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Il quadro, già emerso, della rappresentazione “critica” ed emergenziale della trasfusione è ulteriormente precisato dalla tabella 4, che mostra come circa il 41% degli articoli abbia discusso di sangue in merito a problemi delle strutture sanitarie o a deficit e mancanze degli organi di controllo deputati, mentre solamente il 13% degli articoli ha discusso di sangue impiegando un quadro interpretativo legato alla solidarietà e circa il 15% ha richiamato ai valori di cittadinanza legati alla donazione. Un’ultima serie di dati emersi dall’analisi degli articoli si riferisce ai diversi gruppi di attori che trovano spazio nelle notizie riguardanti la donazione e la trasfusione di sangue nei media. Come si può vedere in figura 5 gli attori principali sono il personale e le organizzazioni sanitarie (citati nel 66% degli articoli) e i politici e le istituzioni politiche (presenti nel 63% degli articoli). Seguono le Associazioni di donatori (presenti nel 28% degli articoli) e associazioni di Pazienti, come quelle di emofiliaci, presenti nel 15% degli articoli. Il Centro Nazionale Sangue è stato citato solamente nel 5% degli articoli, ma si tratta di un dato di rilevanza comunque importante, alla luce del fatto che il Centro è stato istituito solamente nel 2007. 55 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 5. I PRINCIPALI RISULTATI DELL’INDAGINE L’indagine conoscitiva “Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue” si è posta l’obiettivo di esplorare in modo preliminare, attraverso l’impiego della tecnica di ricerca dei focus group e un’analisi quantitativa della copertura mediale, la percezione del pubblico dei cittadini italiani delle pratiche di donazione e trasfusione di sangue. In particolare, la ricerca ha indagato la percezione dei non donatori della pratica della donazione, allo scopo di esplorare e costruire una mappa dei possibili freni alla donazione di sangue. I dati raccolti hanno consentito di mettere a punto una tipologia dei freni alla donazione di sangue, composta di tre tipi: Un primo tipo è costituito dalle paure e dagli ostacoli emotivi alla donazione di sangue. I non donatori emotivi hanno paura dell’ago e del sangue stesso, della sensazione di “essere violati” o della possibilità di avere effetti negativi sulla propria salute in seguito alla donazione. I non donatori emotivi sono particolarmente difficili da convincere attraverso l’impiego di argomentazioni razionali a cambiare i propri comportamenti verso la donazione e manifestano il bisogno di un ambiente “familiare” e confortevole in cui eventualmente donare. Un secondo tipo di freni si riferisce agli ostacoli motivazionali alla donazione di sangue, e più precisamente alla pigrizia e all’impossibilità di trovare opportunità facili e convenienti per donare. Per questi non donatori “pigri”, è cruciale riuscire a provvedere i giusti incentivi e le appropriate opportunità per la donazione. Un terzo e ultimo tipo di freni alla donazione si riferisce al manifesto scetticismo di alcuni non donatori nei confronti di specifici aspetti 56 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue legati alla pratica della donazione. Qui, tra gli altri aspetti, è presente la sfiducia nei confronti delle strutture e del personale medico. In questo caso il cambio di atteggiamento nei confronti della donazione è prefigurato attraverso la realizzazione di campagne di formazione e informazione indirizzate non solo al pubblico, ma anche al personale medico e alle stesse associazioni di donatori. La ricerca ha permesso allo stesso tempo di individuare due principali “cornici interpretative” attraverso cui viene rappresentata la comunicazione della donazione da parte del pubblico: Una prima cornice positiva e “propositiva”, che enfatizza la solidarietà e la gratuità dell’atto della donazione di sangue, anche con l’obiettivo di evitare la colpevolizzazione dei non donatori. Una seconda cornice interpretativa pone invece l’accento sulla comunicazione dell’emergenza, descrivendo la donazione come una pratica necessaria per la presenza di crisi e mancanza di sangue. Per quanto riguarda la trasfusione, i dati che emergono dai focus group mostrano come questo tema sia rappresentato attraverso l’impiego di una cornice interpretativa legata a situazioni di emergenza. In particolare molti interpretano la trasfusione facendo ancora riferimento alla possibilità di incidenti, per l’uso e la trasmissione di sangue, plasma o emoderivati infetti. L’analisi dei media – basata su 158 articoli raccolti nei database on-line dei due principali quotidiani nazionali (La Repubblica e Il Corriere della Sera) – ha mostrato come il 41% degli articoli riguardasse episodi connessi ad incidenti nell’ambito della medicina trasfusionale, il 13% crisi di mancanza di sangue, il 13% episodi di discriminazione o tematiche legate 57 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue all’identità di gruppo, mentre il 16% ha riguardato iniziative di promozione della donazione e il 12% nuove scoperte o avanzamenti tecnologici nella medicina trasfusionale. In generale i risultati della ricerca confermano l’ipotesi degli effetti a lungo termine dei media e cioè che la percezione della trasfusione da parte del pubblico sia stata strutturata sulla base di una rappresentazione negativa e legata agli incidenti da parte dei media, soprattutto nel rappresentazioni passato, del che pubblico, continua ad nonostante essere questo presente problema nelle si sia fortemente ridotto. Infine, lo studio ha messo in luce una richiesta di maggiore informazione riguardante la donazione e, più in generale, la medicina trasfusionale; questa richiesta è accompagnata da un’attenzione crescente dei media verso i temi della donazione e della trasfusione nel corso degli ultimi due anni (2007 e 2008). Observa – Science in Society e il Centro Nazionale Sangue stanno progettando la realizzazione di un’inchiesta campionaria telefonica su un campione rappresentativo per approfondire e interpretare da un punto di vista quantitativo i fenomeni e i dati emersi nel corso di questa indagine preliminare. 58 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue APPENDICE METODOLOGICA Metodologia Sul piano metodologico, l’indagine conoscitiva “Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue” è stata condotta attraverso la realizzazione di una serie di focus group e attraverso l’analisi della copertura mediale ne “Il Corriere della Sera” e ne “La Repubblica”. Il focus group è una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale di tipo qualitativo, basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone. Essa consiste nel coinvolgere un numero limitato di persone in una discussione su un argomento prescelto da esaminare in profondità. Tale discussione, guidata da uno o più moderatori, ha lo scopo di far emergere opinioni, atteggiamenti, esperienze e comportamenti delle persone nei confronti di una determinata tematica, nonché di approfondire e spiegare le motivazioni che li sottendono. Diversamente dal colloquio individuale e ancor più dalla semplice intervista con questionario, il focus group permette di innescare delle dinamiche di gruppo, quindi delle interazioni, che consentono una maggior spontaneità, una caduta delle resistenze dei partecipanti, un maggior confronto e di conseguenza una migliore comprensione di problematiche, aspettative e reali opinioni relativamente all’oggetto di discussione. Gli articoli dai quotidiani sono stati analizzati attraverso la tecnica dell’analisi del contenuto, una rilevazione quantitativa basata sulla creazione e l’analisi di una matrice casiXvariabili. Composizione e dettagli dei focus group La ricerca è stata realizzata attraverso cinque focus group, di cui quattro con nondonatori e uno con partecipanti donatori. Gli incontri hanno coinvolto un totale di 53 partecipanti, di cui 27 femmine e 26 maschi, 41 non donatori e 12 donatori. Focus group con NON DONATORI: 1. VENETO/PADOVA 4-12-2008 Istituto di Cultura Italo-Tedesca Goethe, Via dei Borromeo 2. LAZIO/ROMA 15-12-2008 Università di Roma “La Sapienza”, Via Salaria 3. CALABRIA/RENDE (Cosenza) 18-12-08 Università della Calabria, Via Bucci 59 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue 4. PIEMONTE/ MONCALIERI (Torino) 22-01-09 Sede Consiglio Superiore per le Scienze Sociali, Via Real Collegio Focus group di controllo con DONATORI: 5. TOSCANA/FIRENZE 14-02-2008 Consociazione Nazionale dei Gruppi Misericordie d'Italia, Via dello Steccuto Donatori di Sangue Fratres delle Traccia Focus Group (Non-Donatori) Focus group – discussione Presentazione del moderatore e dell‟assistente; quest‟ultimo avrà il compito di raccogliere la sintesi dei contenuti presentati e di proporli ai partecipanti. Obiettivo principale: capire le dimensioni lungo cui si articola la percezione e la valutazione delle pratiche di donazione e di trasfusione del sangue da parte dei non-donatori. Arrivare alla definizione di una “mappa” dei freni inibitori alla donazione. Obiettivi secondari: comprendere le principali paure e i rischi percepiti in riferimento alle pratiche di donazione e trasfusione del sangue, la percezione della qualità del servizio offerto, delle dinamiche della fiducia e dei meccanismi comunicativi. 1. INTRODUZIONE - la percezione del non donatore della donazione TECNICA DEL BRAINSTORMING: A ciascun partecipante viene chiesto di scrivere su post-it notes parole che vengono loro in mente a proposito della donazione di sangue. I Post-it sono raccolti e attaccati su un’apposita lavagna e aggregati in gruppi. Le parole sono poi impiegate per avviare la discussione. Vi ho chiesto di fare questo breve esercizio perché questa sera discuteremo di donazione di sangue. A scanso di equivoci, devo precisare che lo scopo di questo incontro non è affatto quello di spingervi o convincervi a diventare donatori, ma piuttosto quello di discutere con voi a proposito della pratica della donazione e della trasfusione del sangue, sentitevi quindi liberi di esprimere tutti i vostri pensieri su questo tema. Per cominciare, quindi, vorrei chiedervi se avete mai sentito parlare di donazione del sangue e che idea ne avete, la vostra opinione generale. Qualcuno di voi, ad esempio, ha mai pensato di diventare donatore o lo è stato? (Per animare la discussione e aiutare a “rompere il ghiaccio”, sarà possibile fare riferimento ad alcuni concetti riportati sulle mappe concettuali appena consegnate e selezionati ad hoc allo scopo di introdurre la discussione – ciò sarà possibile anche per tutte le domande successive). Approfondimenti: percezione dei non donatori della donazione /percezione dell‟utilità della pratica / opinioni sull‟uso del sangue in medicina /eventuale 60 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue percezione del valore “morale” e “solidale” dell‟atto di donare il sangue e suo legame con la necessità e lo scopo concreto per cui si ricorre alla donazione /percezione da parte dei non donatori della figura del donatore – che cosa li motiva e “perché lo fanno”. 2. FRENI ALLA DONAZIONE DI SANGUE – perché i donatori non donano il sangue Rispetto alla possibilità di diventare dei donatori, c’è qualcosa in particolare che vi frena o vi ha frenato nel passato? Approfondimenti: ragioni che frenano la pratica di donazione rispetto all‟organizzazione concreta del servizio /”paura dell‟ago” /percezione negativa del servizio sanitario /rischi connessi alla donazione del sangue /percezione su come è regolamentata la pratica della donazione e il reclutamento dei donatori (volontaria vs. con incentivo) – se la donazione prevedesse un compenso donereste il sangue? / ci sono e chi sono persone a rischio? / chi può donare il sangue e chi non può farlo, secondo voi? /Possibili esperienze passate negative /percezione del proprio stile di vita rispetto all‟opportunità di divenire donatori. 3. LA TRASFUSIONE Vi è mai capitato, a voi o ai vostri familiari o conoscenti, di ricevere una trasfusione di sangue? Che cosa pensate, in generale, della trasfusione? Approfondimenti: opinioni e pareri nei confronti della pratica della trasfusione; utilità della trasfusione, idee rispetto al contesto della trasfusione/ opinioni su controversie legate alla trasfusione di sangue (trasmissione di HIV e epatite) / La trasfusione è pericolosa, secondo voi? /C‟è qualche dettaglio che vi spaventa in particolare? Lettura di notizie d’attualità controverse legate alla trasfusione e richiesta di commento da parte dei partecipanti: c’è qualcosa che vi colpisce in modo particolare rispetto a queste notizie? Pensate che siano affidabili e corrispondano allo stato reale delle cose? C’è qualcosa che non vi convince? 4. COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE Avete parenti o amici donatori che hanno provato a convincervi a donare il sangue? Il vostro medico vi ha mai parlato della possibilità di donare il sangue? Approfondimenti: da chi avete sentito parlare di donazione? - canali di informazione sulla donazione di sangue /fonti ritenute affidabili e fonti che non sono ritenute affidabili /qualcuno vi ha parlato in termini negativi della donazione o della trasfusione? /avete mai notato messaggi di campagne di promozione della trasfusione, che idea ve ne siete fatti?/Avete commenti o suggerimenti specifici. 5. RICAPITOLIAMO: La “mappa” dei freni alla donazione del sangue Sintesi generale dei contenuti emersi (con la collaborazione dell‟assistente) 61 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Alla luce di quanto abbiamo discusso, potremmo provare a immaginare una mappa delle principali ragioni che pongono un freno alla possibilità di divenire donatori e su cui siamo, più o meno, tutti d’accordo? Quali sono i principali disincentivi a diventare donatore in cui vi sembra di riconoscervi? Avete delle idee su come sarebbe possibile risolvere questi problemi? Traccia Focus Group (Donatori Di Sangue) Focus group – discussione Presentazione del moderatore e dell‟assistente; quest‟ultimo avrà il compito di raccogliere la sintesi dei contenuti presentati e di proporli ai partecipanti. Obiettivo principale: capire le dimensioni lungo cui si articola la percezione, la valutazione e la messa in atto delle pratiche di donazione e di trasfusione del sangue. Ottenere un “identikit” della figura del donatore. Obiettivi secondari: comprendere le caratteristiche delle pratiche legate alla donazione a partire dall’esperienza diretta dei partecipanti, la percezione delle paure e dei freni che possono inibire le pratiche di donazione e trasfusione del sangue, la percezione della qualità del servizio offerto, delle dinamiche della fiducia e dei meccanismi comunicativi. INTRODUZIONE – la percezione generale della donazione Com’è iniziata la vostra esperienza di donatori? Ragionando anche sulla base della vostra esperienza personale, secondo voi che cosa spinge una persona a decidere di diventare donatore? E in particolare che cosa ha motivato voi a compiere questa scelta? Approfondimenti: Da quanto tempo siete donatori/Chi vi ha parlato inizialmente della donazione (come è perché vi ha convinto)/La “prima volta”/Cosa vi ha convinto a continuare/Avete modificato il vostro stile di vita da quando siete diventati donatori? QUALITÀ DEL SERVIZIO, SUA ORGANIZZAZIONE E UTILITÀ DELLA DONAZIONE (qual è l’accoglienza che generalmente ricevete – valorizzazione, soddisfazione, le pratiche legate alla donazione) Dove vi recate quando andate a donare il sangue? Come vi pare sia organizzato il servizio di donazione? Approfondimenti: Qual è la “giornata tipo del donatore”: quali sono le pratiche, come ci si prepara, chi sono le figure professionali che si incontrano, le difficoltà percepite/ci sono stati episodi di disservizio?/ funziona sempre tutto?/frequenza della donazione Qual è la cosa che vi entusiasma di più rispetto all’idea di essere donatori? Approfondimenti: Basi e valori della solidarietà /utilità della donazione/idee rispetto agli usi del sangue in medicina 62 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue PAURE: Percezione delle paure rispetto alla pratica di donazione. Qualcuno di voi, prima di diventare donatore, aveva paura della donazione? E’ vero che chi non dona è spaventato per qualche ragione? Approfondimenti: ragioni che frenano la pratica di donazione e strategie per eventualmente superarle; opinioni su come è regolamentata la pratica della donazione e il reclutamento dei donatori (volontaria vs. con incentivo); ci sono persone a rischio, chi può donare il sangue e chi non può farlo? LA TRASFUSIONE DI SANGUE Qualcuno di voi ha mai ricevuto una trasfusione di sangue? Che cosa ne pensate? Approfondimenti: opinioni e pareri nei confronti della pratica della trasfusione; utilità della trasfusione, idee rispetto al contesto della trasfusione/ opinioni su controversie legate alla trasfusione di sangue (trasmissione di HIV e epatite) / La trasfusione è pericolosa? LA COMUNICAZIONE DELLA DONAZIONE Vi sentite adeguatamente informati rispetto alla donazione? Quali sono le fonti di informazioni più affidabili, secondo voi? Approfondimenti: Quali sono le fonti di informazioni utilizzate e qual è la loro affidabilità/opinioni su come sono organizzate le campagne di comunicazione /che cosa fareste per migliorare l‟informazione e le strategie di reclutamento dei donatori? /Vi impegnate personalmente nella promozione della donazione? Se si, che cosa fate? /Partecipate o avete partecipato a iniziative pubbliche di associazioni di donatori? Potete raccontare brevemente la vostra esperienza? CONCLUSIONE Avete qualche ulteriori considerazione da fare? Vi ritrovate nelle sintesi e negli appunti presentati? Esistono delle differenze significative? Volete chiarire meglio la vostra posizione? Grazie per la vostra disponibilità e partecipazione. Abbiamo apprezzato il vostro contributo e i vostri commenti. Se desiderate conoscere i risultati della ricerca, una volta conclusa, vi preghiamo di lasciarci i vostri riferimenti. Vi invitiamo a prendere alcuni dolci e bibite che abbiamo preparato per concludere l‟incontro. 63 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Piano di campionamento per la composizione dei focus group Protocollo per la raccolta degli articoli attraverso parole chiave, logica booleana e modulo di ricerca Web dei quotidiani PERIODO 10 ANNI: 1 gennaio 1998 - 31 dicembre 2008 - ricerca attraverso: tutte le parole [tutti i passi prevedono la selezione manuale degli articoli allo scopo di controllare la loro effettiva rilevanza] 1. dona* sangue 2. autosufficienza sangue - dona* 3. emoderivati sangue - autosufficienza - dona* 4. "Centro Nazionale Sangue" 5. Avis sangue -dona* 6. Civis sangue -dona* 7. "Croce Rossa" sangue -dona* 8. Fidas sangue -dona* 9. Fratres sangue -dona* 10. dona* plasma -sangue* 11. sacche dona* -sangue 12. trasfusion* sangue -dona* 13. Chikungunya 14. "West Nile Virus" 15. Emovigilanza 16. "Sangue infetto" 64 Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue Observa – Science in Society, un’associazione culturale senza fini di lucro, che intende promuovere la riflessione e il dibattito sui rapporti tra scienza e società, favorendo il dialogo tra ricercatori, policymakers e cittadini. Observa realizza studi sulla percezione pubblica di temi e istituzioni dell’area tecno-scientifica e sulla loro rappresentazione nei media; svolge attività di supervisione, pianificazione e valutazione di iniziative per il coinvolgimento dei cittadini in ambito scientifico; promuove attività di sensibilizzazione e formazione sulle tematiche del rapporto tra scienza, cittadini e mass media. Attraverso strumenti quali l’Osservatorio Scienza e Società e l’Annuario Scienza e Società – realizzati grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo - e operando in stretto contatto con istituzioni internazionali tra cui Commissione Europea, CERN, London University College, Università Pompeu Fabra di Barcellona, Accademia Austriaca delle Scienze, Observa contribuisce alla comprensione delle trasformazioni della ricerca e dell’innovazione nella società contemporanea. Informazioni, pubblicazioni, news e materiali di ricerca sono disponibili sul sito web www.observa.it 65