Basi molecolari e applicazioni cliniche della
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Basi molecolari e applicazioni cliniche della
REVIEWS RASSEGNE Basi molecolari e applicazioni cliniche della determinazione dell’antigene 3 del carcinoma prostatico (PCA3) Maurizio Ferrari1,2,3, Ivana Spiga3 Università Vita-Salute San Raffaele, Milano 2IRCCS San Raffaele, Unità di Genomica per la Diagnosi delle Patologie Umane, Centro di Genomica Traslazionale e Bioinformatica, Milano 3Diagnostica e Ricerca San Raffaele SpA, Milano 1 ABSTRACT Molecular bases and clinical applications of prostate cancer antigen 3 (PCA3) determination. Prostate cancer is one of the leading causes of death in men. Although the prostate-specific antigen (PSA) test has significantly improved the detection of prostate cancer, its low specificity results in a high number of false positive and subsequently in unnecessary prostate biopsies. The PCA3, discovered in 1999, is a non-coding RNA that is overexpressed in prostate cancer. Quantitative analysis of PCA3 mRNA in urine was found to be a good predictor of the outcome of prostate biopsies. The test, based on transcription-mediated amplification (TMA) on urine collected after a digital rectal examination, has high specificity and is particularly useful in patients with a previous negative biopsy. Recently, some studies have suggested that PCA3 may also have a prognostic value and could be utilized in the initial decision for biopsy. INTRODUZIONE Ogni anno in Europa vengono diagnosticati 345.900 casi di cancro della prostata (CP) e circa 87.400 muoiono per questa ragione (1). Negli ultimi 25 anni l’identificazione precoce del CP si è basata sulla determinazione nel siero dell’antigene prostatico specifico (PSA) e sull’esame digitale rettale (DRE). L’impiego del PSA per l’individuazione del CP ha mostrato un’alta sensibilità, ma nello stesso tempo una bassa specificità, con il risultato di sottoporre un alto numero di pazienti a biopsie, che poi sono risultate negative. In particolare, nei pazienti con valori di PSA compresi fra 3 e 10 μg/L la biopsia è risultata negativa in una percentuale variabile tra il 60% e il 75% (2). Inoltre, le concentrazioni sieriche di PSA aumentano anche in presenza di ipertrofia prostatica benigna (BPH) e in presenza di prostatite. Nonostante la biopsia prostatica sia ancora considerata il “gold standard” per la diagnosi di CP, vi sono numerose limitazioni a questo approccio, che è inoltre associato a una discreta morbidità. Per tale ragione, sarebbe molto importante avere marcatori più specifici per evitare biopsie inutili e una diagnosi più accurata. Inoltre, vi è necessità di avere marcatori, singoli o associati, che permettano di identificare i casi aggressivi, che danno metastasi, da quelli più indolenti. Numerosi marcatori sono stati proposti negli ultimi anni e tra questi l’antigene 3 del CP (PCA3), un “noncoding” RNA che è espresso in modo specifico e ad alti livelli nella prostata, è uno di quelli che è stato studiato più a fondo per le sue possibili applicazioni cliniche (3). BASI MOLECOLARI DEL PCA3 Il gene PCA3 è uno dei geni con maggior specificità per il CP; inizialmente denominato “differential display code 3” (DD3), è stato identificato nel 1999 da Bussemakers et al. (4) utilizzando la tecnica denominata “differential display analysis” per confrontare i profili di espressione di mRNA estratti da tessuto tumorale e da tessuto adiacente non neoplastico di campioni di tessuto prostatico derivanti da pazienti sottoposti a prostatectomia radicale. Mediante tale analisi gli Autori hanno evidenziato un’espressione aumentata del gene DD3 nel tessuto prostatico tumorale rispetto al tessuto sano adiacente in 53 dei 56 pazienti analizzati. L'analisi, mediante “reverse transcription-polymerase chain reaction” (RT-PCR), di diversi tessuti sia sani che tumorali ha rilevato la presenza del mRNA di PCA3 solo nel tessuto prostatico (sano o neoplastico), indicando che il mRNA di PCA3 è specifico della prostata. Tale specificità, ristretta all’esone 4 (5), e la sua aumentata espressione in caso di tumore, in media di circa 60 volte Corrispondenza a: Maurizio Ferrari, Università Vita-Salute San Raffaele, via Olgettina 60, 20132 Milano. Tel. 0226432303, Fax 0226434351, E-mail [email protected] Ricevuto: 17.07.2011 356 biochimica clinica, 2011, vol. 35, n. 5 Revisionato: 21.07.2011 Accettato: 22.08.2011 REVIEWS rispetto al tessuto sano, lo rendono un candidato eccellente per essere utilizzato come marcatore molecolare per la diagnosi di CP. La costruzione di una libreria di cDNA ottenuti da mRNA estratti da campioni di adenocarcinoma prostatico umano ha permesso di isolare il cDNA di PCA3 (4), che è stato a sua volta utilizzato per isolare e mappare sul cromosoma 19q21-22 il gene PCA3 di circa 25 Kb di lunghezza. Studi finalizzati alla definizione della struttura del gene PCA3 e al suo cammino evolutivo hanno permesso di localizzarlo nell’introne 6 del gene BMCC1 (detto anche PRUNE2) con orientamento opposto (6), coinvolto nella proliferazione, nell’apoptosi, nella trasformazione cellulare e nella formazione di metastasi. Numerosi studi hanno contribuito alla caratterizzazione del gene PCA3 (4, 7, 8). Inizialmente, Bussemakers et al. (4) identificarono 4 esoni (Figura 1A), un sito di inizio della trascrizione nell’esone 1 e tre differenti siti alternativi di poliadenilazione nell’esone 4. L’esone 2, a causa di uno “splicing” alternativo, è presente solo nel 5% dei cloni di cDNA analizzati. La presenza di numerosi codoni di “stop” in tutte e tre le cornici di lettura ha fatto supporre agli Autori che il gene PCA3 codifichi per un “non-coding RNA” (ncRNA). Più recentemente, Clarke et al. (7) hanno identificato altri 2 esoni sottoposti a “splicing” alternativo e ampliato in direzione 5’ l’esone 1 che passa così da 120bp a 1270bp (Figura 1B). Esperimenti di 5’ “rapid amplification of cDNA ends” (RACE) hanno permesso di identificare la RASSEGNE presenza di ulteriori 4 siti di inizio della trascrizione localizzati 1150bp, 699bp, 640bp e 136bp (isoforme 1-4) a monte del sito precedentemente descritto (isoforma 5). Mediante esperimenti di 3’ RACE sono stati identificati 4 nuovi siti di poliadenilazione (7 in totale) nell’esone 4 (Figura 1C). Dai quattro ulteriori siti di inizio della trascrizione partono quattro “open reading frames” (ORFs) parzialmente sovrapposti con inizio della traduzione dall’unico “ATG” nell’esone 1 (Figura 1C, freccia verticale verso l’alto). Le quattro ORFs terminano in uno degli esoni sottoposti a “splicing” alternativo (2a o 2b o 2c) o nell’esone 3, e sono costituiti rispettivamente da 71, 82, 76 e 73 residui amminoacidici. La reale esistenza e l’eventuale funzione dei peptidi putativi codificati da queste 4 ORFs non sono ancora stati studiati; l’analisi comparativa delle sequenze proteiche con proteine note non ha evidenziato omologie o indicazioni relative alla loro funzione. Per identificare gli elementi del promotore responsabili dell’espressione di PCA3 nelle cellule di CP, Verhaegh et al. (8) hanno isolato e caratterizzato il promotore di PCA3. Studi funzionali utilizzando costrutti tronchi hanno permesso di identificare la presenza di un possibile sito di regolazione negativa (“silencer”), che inibisce l’espressione di PCA3. I dati suggeriscono che un complesso repressore prostata-specifico regoli in modo molto stretto la trascrizione di PCA3. Tale complesso può legare e inibire il complesso di inizio della trascrizione o complessi di attivatori prostata- Figura 1 Struttura del gene PCA3. (A) Struttura parziale del gene come originalmente descritto da Bussemakers et al. (4) con 4 esoni; (B) struttura completa del gene PCA3. Le zone grigie identificano le regioni più recentemente identificate [Clarke RA et al. (7)]; (C) sono indicati i 5 siti di inizio della trascrizione, siti 1-4 identificati da Clarke RA et al. (7), sito 5 identificato da Bussemakers et al. (4), i 7 siti di poliadenilazione*, i 4 peptidi putativi derivanti dalle 4 “open reading frames” causate dagli “splicing” alternativi dei tre esoni 2 con l’esone 3 [modificato da Clarke RA et al. (7)]. biochimica clinica, 2011, vol. 35, n. 5 357 REVIEWS RASSEGNE specifici. Per attivare la trascrizione in vivo, causando la trasformazione, sono necessari specifici meccanismi per annullare la repressione, come ad esempio la mutazione, specifici inibitori del complesso repressore o altro. Tale argomento necessita tuttavia di approfondimenti ulteriori. La localizzazione del mRNA di PCA3 è controversa. Schalken et al. (9) hanno suggerito una localizzazione nucleare, ma non hanno mostrato dati comprovanti la loro ipotesi. Popa et al. (10), mediante esperimenti di ibridazione in situ effettuati su preparati istologici di biopsie di CP, hanno dimostrato la presenza del mRNA di PCA3 nel citoplasma delle cellule tumorali e l’assenza nelle cellule dello stroma. La funzione è ancora estremamente dibattuta. Clarke et al. (7) speculano su un possibile ruolo nell’apertura della cromatina per facilitare la trascrizione. In alternativa, essendo un trascritto intronico antisenso, il PCA3 potrebbe indurre il taglio e una “down” regolazione del mRNA di BMCC1 oppure una modulazione/inibizione dello “splicing” di BMCC1. Ulteriori studi relativi alle funzioni cellulari dei ncRNA porteranno sicuramente a una migliore comprensione dei processi di regolazione genica. L’ESAME DI LABORATORIO Lo sviluppo del test L’osservazione che il gene PCA3 presenta una espressione molto aumentata nel tessuto del CP spinse i ricercatori a esplorare la possibilità di utilizzarlo come marcatore per predire in modo non invasivo l’esito di una eventuale biopsia. Nel 2002 de Kok et al. svilupparono una metodica utilizzando RT-PCR per quantificare il mRNA PCA3 in campioni di tessuto di CP (11). Hessel et al. (12), utilizzando la tecnica di “time-resolved fluorescence” (TRF) RT-PCR, dimostrarono per la prima volta la possibilità di tradurre la specificità del PCA3 a livello tissutale in uno specifico esame diagnostico. Essi utilizzarono l’esame su sedimenti di urine raccolte dopo DRE in quanto è stato ipotizzato che la sollecitazione della prostata causi il rilascio di cellule prostatiche (normali e tumorali, se presenti) nell’uretra. Successivamente l’esame venne modificato in quanto, sebbene il mRNA PCA3 sia espresso ad alti livelli nelle cellule di CP, è presente a bassi livelli anche in cellule sane. Era quindi necessario normalizzare la quantità di mRNA PCA3 con la quantità di RNA estratto dalle cellule raccolte con le urine dopo DRE. Il gene KLK3 codificante per il PSA è anch’esso espresso in modo specifico nel tessuto prostatico, ma in egual misura o quasi nelle cellule sane e nelle cellule tumorali (circa 1,5 volte superiore nelle cellule sane rispetto a quelle tumorali). Il mRNA PSA è stato quindi utilizzato per normalizzare i livelli di mRNA PCA3. Nel test vengono quindi quantificati il mRNA PCA3 e il mRNA PSA; quest’ultimo è utilizzato come gene interno con cui normalizzare i livelli di mRNA PCA3 (13). Nel 2004 fu sviluppata una metodica che sfrutta la tecnologia “nucleic acid sequence-based amplification” 358 biochimica clinica, 2011, vol. 35, n. 5 (NASBA) e la “real time fluorescence detection” (RTFD) (14, 15). Il mRNA PCA3 è stato coamplificato con il mRNA PSA in campioni di RNA estratto da sedimenti di urine post-DRE. Questi studi hanno confermato l’utilità della quantificazione del PCA3 come in precedenza mostrato mediante tecnica TRF RT-PCR. Sebbene le metodiche sopra descritte siano potenzialmente utili nella quantificazione del PCA3, le procedure di raccolta delle urine e, in particolar modo, di estrazione del RNA le rendono utilizzabili solo da laboratori altamente specializzati. Il PCA3 quindi non può essere utilizzato come un esame clinico per essere affiancato al dosaggio del PSA nel calcolo del rischio di CP. Groskopf et al. (16), in collaborazione con Gene Probe, hanno messo a punto una procedura semiautomatizzata, che è poi quella utilizzata nel kit di dosaggio del PCA3 attualmente disponibile in commercio, basata su “transcription-mediated amplification” (TMA), precedentemente utilizzata per la quantificazione di RNA virali. La raccolta del campione Groskopf et al. (16) hanno modificato la procedura di raccolta delle urine al fine di eliminare il passaggio di centrifugazione delle urine e di estrazione del RNA. Le urine entro 4 ore dalla raccolta dopo DRE (3 massaggi alla prostata per lobo) vengono diluite vol:vol con un tampone stabilizzante contenente un detergente [“urine transport medium” (UTM)], che ha lo scopo di lisare le cellule e di stabilizzare il mRNA. Gli Autori hanno testato la stabilità dei mRNA di PCA3 e di PSA, estratti dalle urine così trattate, e hanno trovato che i mRNA sono stabili per 5 giorni alla temperatura di 30 °C e per 14 giorni alla temperatura di 4 °C. Tale procedura permette quindi di trasportare le urine dal luogo di raccolta al laboratorio per essere sottoposte all’analisi (16). Il test è concepito per la quantificazione del mRNA di PCA3 e PSA nella prima minzione di urina dopo DRE. Questa viene immediatamente trasferita in provette di trasporto opportunamente identificate contenenti UTM. La procedura di DRE è richiesta al fine di aumentare la quota di prelievi informativi, che passa da 80% in campioni raccolti senza DRE a >95% in campioni raccolti dopo DRE. L’effetto del DRE agisce solo su questo dato, mentre non ha effetto sull’attendibilità del risultato come documentato da Sokoll et al. (17). Il metodo La procedura prevede 4 fasi: 1. “target capture”, che consiste nella purificazione dei mRNA bersaglio mediante ibridazione con oligonucleotidi specifici legati a particelle magnetiche; 2. TMA, che consiste in una fase di amplificazione delle sequenze di mRNA preceduta da trascrizione inversa. Viene amplificata una zona di 75 paia di basi (bp) che copre il sito di giunzione tra gli esoni 3 e 4. Non vengono amplificati i mRNA non sottoposti a “splicing”; 3. “hybridization protection assay”, che consiste nella ibridazione con sonde specifiche marcate con estere RASSEGNE REVIEWS di acridina; 4. lettura della fluorescenza emessa e quantificazione in RLU (“relative light units”) con luminometro. Ogni campione viene testato in duplicato e in ogni seduta analitica vengono processati anche 5 calibratori e 2 controlli a concentrazione nota forniti dal produttore. I calibratori vengono testati in triplicato per la costruzione di una curva di calibrazione che verrà utilizzata dal “software” per la trasformazione dei dati da RLU in copie/mL di mRNA. I dati relativi alla curva di calibrazione e ai controlli vengono anche utilizzati dal “software” per controllare alcuni parametri che, se non soddisfatti, invalidano la seduta analitica e richiedono la ripetizione dell’analisi. Il metodo mostra una buona riproducibilità per la quantificazione dei mRNA di PCA3 e di PSA. I CV nella serie e tra le serie per PCA3 e PSA mRNA sono rispettivamente <13% e <12% (16). Un’importante caratteristica di questa procedura è l’elevata percentuale di campioni informativi (>98%), più elevata di quella riscontrata con le metodiche precedentemente utilizzate (80-95%) (16). L’espressione dei risultati Nell’esame vengono quantificati mRNA PCA3 e mRNA PSA. Il risultato dell’analisi è il rapporto tra questi due dati: (copie/mL di mRNA di PCA3/copie/mL di mRNA di PSA) x 1000, definito “PCA3 score”. Un aumento del “PCA3 score” corrisponde a un aumento della probabilità di riscontrare positività nella biopsia prostatica. Biopsie eseguite in pazienti con “PCA3 score” <5 hanno una probabilità del 6% di essere positive, mentre la probabilità in pazienti con “PCA3 score” >100 sale fino al 57%. Utilizzando un valore soglia di 35 la sensibilità e la specificità dell’esame sono 48% e 79%, rispettivamente (18). APPLICAZIONI CLINICHE DEL PCA3 Il PCA3, da quando nel 1999 è stato descritto per la prima volta, ha suscitato notevole interesse e numerosi studi si sono susseguiti per definire le possibili applicazioni cliniche (19, 20). In particolare, VlaeminckGuillem et al. (21) hanno valutato 11 studi clinici, mettendo in evidenza i principali risultati ottenuti con il PCA3 in pazienti con CP. Lo studio ha esaminato 6 studi multicentrici e 5 studi singoli per un totale di 2737 pazienti e sono stati inclusi soggetti che dovevano sottoporsi a biopsia prostatica in quanto avevano concentrazioni di PSA >2,5-3,0 μg/L, una DRE positiva e altri fattori di rischio, come una storia familiare positiva (13-17, 22-26). Il confronto è stato fatto tra due popolazioni: pazienti con biopsia positiva per CP in confronto a quelli con biopsia negativa (sani, prostatiti acute e croniche e BPH). Il rapporto tra PCA3 mRNA e PSA mRNA è stato utilizzato per valutare specificità, sensibilità e valore predittivo positivo (PPV) e negativo (NPV) del test. Inoltre, si sono applicate le curve ROC per definire la soglia ottimale del rapporto PCA3/PSA e la prestazione diagnostica dell’esame usando l’area sottesa alla curva (“area under curve”, AUC). Su 2048 pazienti l’AUC del PCA3 variava da 0,66 a 0,87 ed era sempre superiore, quando disponibile, a quella di PSA o free PSA (13, 22). La sensibilità variava da 54% a 82% (quindi inferiore a quella del PSA), mentre la specificità migliore di quella di PSA, variava da 66% a 89%. PPV (48%-75%) e NPV (74%-90%) erano migliori di quelli del PSA. Un altro dato importante è che i falsi negativi variavano dal 10% al 26%. Oltre agli studi sopra citati è anche da segnalare il “Reduction by dutasteride of prostate cancer events (REDUCE) trial” in cui si è valutata l’efficacia del farmaco nella chemioprevenzione del CP (27). Sono stati analizzati 1072 campioni di pazienti che avevano assunto placebo e il “PCA3 score” ha mostrato buona correlazione con pazienti con biopsia positiva. Utilizzo come marcatore prognostico Oltre al fatto di poter predire la presenza o l’assenza di tumore, vi sono evidenze che PCA3 possa correlare anche con alcuni fattori legati all’aggressività del tumore, quale le dimensioni, il “Gleason score” (che definisce il grado di malignità), l’estensione extracapsulare (ECE), e quindi avere anche un significato prognostico. L’ipotesi è quella che tumori più grandi e invasivi liberino un maggior numero di cellule dopo DRE. Due lavori hanno dimostrato che il “PCA3 score” correla in modo statisticamente significativo con il volume della neoplasia (28, 29). Inoltre, Nakanishi et al. hanno trovato correlazione con il “Gleason score” (28), mentre Whitman et al. non hanno rilevato una associazione con il “Gleason score”, ma evidenziato che PCA3 può essere un marcatore indipendente di ECE (29). Un altro lavoro non ha mostrato le stesse correlazioni, ma è stato eseguito su sedimento urinario invece che su urine intere come i precedenti e quindi non può essere fatta una comparazione diretta dei dati (30). Molto recentemente, Ploussard et al. (31), studiando pazienti a basso rischio che hanno eseguito il PCA3 prima di una prostatectomia radicale, hanno dimostrato una forte correlazione tra “PCA3 score” e volume del tumore; inoltre, l’esame era anche utile, insieme ad altri fattori, per individuare quali pazienti sottoporre a una sorveglianza attiva. Infine anche Vlaeminck-Guillem et al. (32), confrontando i dati di “PCA3 score” e fattori istopatologici, inclusi il volume del tumore e il numero di foci tumorali, hanno trovato una correlazione significativa con il volume del tumore, ma non con il “Gleason score” o la stadiazione. Al contrario, hanno trovato una correlazione con l’invasione basale o apicale e con la bilateralità e multifocalità. Utilizzo come marcatore per indirizzare la prima biopsia prostatica Oltre all’indicazione di eseguire l’esame in pazienti con aumento di PSA e negativi alla prima biopsia per evitare la ripetizione multipla della stessa, sono biochimica clinica, 2011, vol. 35, n. 5 359 REVIEWS RASSEGNE recentemente stati pubblicati lavori sul possibile utilizzo del “PCA3 score” anche in prima battuta per decidere se effettuare o no la biopsia della prostata. Roobol et al. (33) hanno studiato 721 pazienti, tutti sottoposti a biopsia, del “European randomised study of screening for prostate cancer” e hanno confrontato il valore di PSA e PCA3 nel predire la presenza di tumore. Come atteso, PSA si è rilevato un modesto esame diagnostico di neoplasia, ma per la prima volta gli Autori hanno segnalato che il “PCA3 score” potrebbe essere usato anche in fase diagnostica iniziale. Molto recentemente, de la Taille et al. (34) hanno studiato 516 pazienti da uno studio multicentrico europeo con valori di PSA compresi tra 2,5 e 10 μg/L. La biopsia prostatica è risultata positiva nel 40% dei pazienti e il “PCA3 score” è risultato significativamente più alto in quelli positivi rispetto ai negativi (media, 69,6 vs. 31,0). Inoltre, il “PCA3 score” è risultato indipendente da età, PSA totale e volume prostatico. Il “PCA3 score” (cut-off, 35) ha mostrato una sensibilità del 64% e una specificità del 76%. L’analisi ROC ha mostrato un’AUC significativamente più alta per PCA3 in confronto a PSA totale e free PSA. Infine, il PCA3 è risultato significativamente più alto in pazienti con “Gleason score” ≥7. Utilizzo di PCA3 in associazione con altri fattori Finora i vari marcatori utilizzati singolarmente per la predizione di biopsia prostatica positiva hanno mostrato limiti significativi. Uno studio che ha valutato PCA3 in combinazione con PSA sierico, volume prostatico e DRE ha mostrato un’accuratezza diagnostica con un AUC di 0,75 in confronto a 0,69 per PCA3 e 0,55 per PSA sierico, se utilizzati singolarmente (26). Ankerst et al. (35) hanno utilizzato il “Prostate cancer prevention trial (PCPT) risk calculator” in cui si valutano sei fattori: PSA sierico, DRE, storia di CP in familiari di primo grado, dati delle biopsie, età e razza negra. Aggiungendo il PCA3 nel calcolo del rischio si è avuto un netto miglioramento dell’accuratezza diagnostica. Sono stati anche segnalati altri biomarcatori che potrebbero essere utili per migliorare l’accuratezza diagnostica e in particolare geni di fusione tra la regione 5’ non tradotta del gene TMPRSS2 con fattori di trascrizione della famiglia ETS, quali ERG, ETV1 e ETV4 (36, 37). Hessels et al. hanno dimostrato che il test per misurare il gene di fusione TMPRSS2-ERG è fattibile su urine e che l’associazione con il PCA3 migliora la sensibilità senza compromettere la specificità (38). Tali dati sono stati anche recentemente confermati da Salami et al. (39). Laxman et al. (40) hanno dimostrato che anche SPINK1, GOLPH2 e TMPRSS2-ERG, come PCA3, sono marcatori indipendenti di CP; l’analisi multipla degli stessi ha mostrato, in confronto con PCA3 da solo, un miglioramento del valore AUC da 0,66 a 0,76. “PCA3 score” in pazienti con “high grade prostatic intraepithelial neoplasia” (HGPIN) Recentemente, Morote et al. (41) hanno valutato i 360 biochimica clinica, 2011, vol. 35, n. 5 livelli di “PCA3 score” in soggetti con CP e con HGPIN per verificare se l’esame differenziava i due gruppi di pazienti. PCA3 è espresso anche in HGPIN e alcuni dati sembrano indicare che il “PCA3 score” aumenti in soggetti con HGPIN (23). Gli Autori hanno studiato, mediante RT-PCR, 243 soggetti di cui 64 con IHGPIN isolata, 83 con CP e 97 con patologie benigne. Il “PCA3 score” è risultato significativamente più alto nei pazienti con CP rispetto agli altri gruppi, mentre i valori nei soggetti HGPIN erano solo lievemente superiori a quelli con patologia benigna. E’ stata suggerita una minor efficacia di “PCA3 score” nel gruppo di pazienti con HGPIN. Infatti, la specificità del “PCA3 score” diminuisce dal 79% al 67% a una sensibilità del 90%. Seppur questi dati non siano stati ottenuti con la metodica maggiormente in uso, essi tuttavia suggeriscono che la presenza di HGPIN può essere un'altra variabile nello stabilire un programma di biopsia. CONCLUSIONI PCA3 è un gene specifico della prostata, probabilmente un “non-coding” RNA. E’ stato dimostrato che è misurabile nell’urina e tre differenti metodi sono stati utilizzati per la sua determinazione (RT-PCR, NASBA e TMA con rivelazione in chemiluminescenza). L’ultimo è disponibile commercialmente (Progensa PCA3, Gen-Probe Inc.). Per quanto riguarda le possibili applicazioni cliniche, ormai vi sono dati consistenti che l’indicazione primaria è in pazienti con aumento del PSA sierico e una precedente biopsia prostatica negativa. PCA3 può essere utilizzato nella stratificazione del rischio di sviluppare CP; in altre parole, se la biopsia è negativa e il “PCA3 score” è basso è indicato un atteggiamento più conservativo. Inoltre, vi sono dati preliminari, da confermare su casistiche più ampie, che suggeriscono che il “PCA3 score” possa dare indicazioni per differenziare tumori aggressivi da quelli a crescita lenta, in quanto, in alcuni studi il PCA3 correla con il volume della neoplasia, il “Gleason score” e l’ECE. Dati recenti sottolineano la potenziale utilità di “PCA3 score” anche prima della prima biopsia. Se questi dati venissero confermati estenderebbero l’indicazione all’esame a un numero molto più ampio di pazienti, riducendo probabilmente il numero di biopsie prostatiche. Altre potenziali applicazioni, che necessitano di ulteriori studi, sono la possibilità di individuare pazienti con recidiva locale dopo prostatectomia radicale o radioterapia o il possibile monitoraggio in pazienti che ricevono terapia farmacologica che influenza le concentrazioni di PSA sierico (ad es., 5α-reduttasi). Da valutare infine la possibile utilità di affiancare a PCA3 anche altri marcatori molecolari, come per esempio il gene di fusione TMPRSS2-ERG, che sembra migliorare la sensibilità senza compromettere la specificità, o altri marcatori sierici recentemente segnalati come il (-2)proPSA (42). RASSEGNE REVIEWS BIBLIOGRAFIA 19. 1. 20. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. Ferlay J, Autier P, Boniol M, et al. Estimates of the cancer incidence and mortality in Europe in 2006. Ann Oncol 2007;18:581-92. Roddam AW, Duffy MJ, Hamdy FC, et al. Use of prostatespecific antigen (PSA) isoforms for the detection of prostate cancer in men with a PSA level of 2-10 ng/ml: systematic review and meta-analysis. Eur Urol 2005;48:386-99. Hessels D, Verhaegh GW, Schalken JA, et al. Applicability of biomarkers in the early diagnosis of prostate cancer. Expert Rev Mol Diagn 2004;4:513-26. Bussemakers MJ, van Bokhoven A, Verhaegh GW, et al. 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