La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 28 febbraio 2017 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Buste paga dei friulani più basse del Nord. Dirigenti “declassati” (M. Veneto, 2 articoli) Viminale-Fincantieri, accordo sulla legalità (Piccolo) Caso Gorizia, Telesca: «I controlli esistono e funzionano. La categoria è sana» (Piccolo) Terza corsia dell’A4, finanziamenti a quota 720 milioni (Piccolo) Alla Fantoni la pressa più lunga d’Europa (M. Veneto) Colloredo, personale ai minimi storici. Il sindaco minaccia di lasciare (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 7) Colautti non passa, la Fiom resta senza guida (Piccolo Trieste) Le cuoche “disertano” le mense. Per i bimbi scatta la dieta forzata (Piccolo Trieste, 2 art.) Cresce la paga di D'Agostino, ma l'uomo d'oro è Gurreri (Piccolo Trieste) «Lavori socialmente utili per i migranti» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Detroit, molti lavoratori in strada (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Indennità ai vigili, Cgil-Cisl-Uil vanno dal prefetto (M. Veneto Udine) Latisana, Bergamin verso la riapertura. C’è un acquirente (M. Veneto Udine) Overtel, i sindacati chiedono i contratti di solidarietà (M. Veneto Pordenone) Aviano: muro contro muro: «Sereni Orizzonti chiude» (M. Veneto Pordenone) Oralplant assume solo in Svizzera (Gazzettino Pordenone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Buste paga dei friulani più basse del Nord. Dirigenti “declassati” (M. Veneto) di Elena Del Giudice - All’ultimo posto tra le regioni del Nord con una retribuzione annua media di 28 mila 691 euro, e quindi buona ultima anche tra quelle del Nordest. E’ il Friuli Venezia Giulia secondo la rilevazione del Jp Salary Outlook 2017, l’analisi del mercato retributivo italiano, di Job Pricing, azienda specializzata nella rilevazione delle retribuzioni (www.jobpricing.it) che fornisce anche un servizio di valutazione e comparazione del proprio stipendio, nata «con l’intento di rendere trasparente il mondo opaco delle retribuzioni, fornendo risposte ai lavoratori ed offrendo strumenti semplici, gratuiti e facilmente comprensibili per misurare il valore del proprio lavoro». La retribuzione in Italia «Dall’osservatorio Job Pricing emerge che un lavoratore dipendente in Italia durante il 2016 ha percepito una Ral (Retribuzione annua lorda) media di 29 mila 309 euro». La qual cosa pone il nostro Paese al 9° posto tra quelli della zona euro nella classifica per valore delle retribuzioni medie. Al primo posto c’è il Lussemburgo, con 55 mila 553 euro, quindi l’Olanda (49.235), la Germania (47.042), il Belgio (46.693), la Finlandia (43.536). l’Austria (43.484), la Francia (37.792), l’Irlanda (34.847). Più in basso dell’Italia si trova la Spagna (26.259), la Grecia (20.296), la Slovenia (18.109) e via via fino alla Slovacchia (10.616). Il cuneo fiscale italiano, poi, fa sì che gli stipendi dei lavoratori dipendenti, considerati al netto della tassazione, ci portino agli ultimi posti della classifica. Il trend Lo scorso anno le retribuzioni medie sono cresciute del 2,1%, un bel salto se si considera che nel 2015 la variazione era stata solo del +0,1%. La tendenza positiva è stata più forte per la categoria degli operai, dove le retribuzioni medie sono salite del 2,8%; meno forte per gli impiegati, con una crescita media dello 0,9%, e per i quadri (1,1%), mentre la variazione è stata negativa per i dirigenti (2,9%). Nei territori La rilevazione conferma l’esistenza di una differenza retributiva territoriale: i lavoratori del Nord guadagnano di più rispetto ai lavoratori del Centro-Italia e soprattutto del Sud. «La dinamica - spiegano da Job Pricing - è attribuibile a diversi aspetti tra i quali la maggiore concentrazione al Nord di grandi aziende multinazionali rispetto al Centro (con l’eccezione di Roma) e al Sud, con una maggiore attrattività per profili con elevate competenze e figure di responsabilità e manageriali. Il costo della vita poi decresce scendendo nella penisola e giustifica un differente livello retributivo offerto dalle aziende, maggiore nelle regioni del Nord». In Friuli Venezia Giulia Il Fvg è al nono posto nella classifica delle regioni con una retribuzione annua lorda di 28 mila 691 euro, più vicina a Marche e Toscana che alla Lombardia. E anche il valore medio regionale risente del valore più elevato degli stipendi registrato a Trieste, con le province manifatturiere piuttosto distanti. Nei livelli alti, ovvero quello dei dirigenti, le differenze tra le regioni sono più modeste: Lombardia in vetta con oltre 104 mila euro, segue il Veneto con 101 mila, quindi il Lazio con 100 mila 567 e il Fvg al 4° posto con 100 mila e 43 euro. Per i quadri il Fvg è al 12° posto con 51 mila 753 euro, contro i 55.406 della Lombardia, al primo. Per gli impiegati siamo al 7° posto con 30 mila 679 euro, contro i 32.676 della Lombardia. Infine per gli operai la Ral regionale è di 24 mila 755, 8° posto nazionale, di poco sopra la media nazionale (24.608), contro i 26.520 della Val d’Aosta, al primo posto. All’interno del Fvg le differenze sono marcate: se a Trieste le Ral superano i 30 mila euro, a Udine e Gorizia si fermano a 28 mila, mentre Pordenone è buona ultima con 27 mila 414 euro medi. Donne penalizzate e ai giovani compensi tagliati anche del 60% testo non disponibile 2 Viminale-Fincantieri, accordo sulla legalità (Piccolo) Prevenire e ridurre i rischi di infiltrazioni e interferenze della criminalità organizzata in appalti e subappalti, una cabina di regia al Viminale, un continuo scambio di informazioni su soggetti a rischio, la possibilità di recedere da un appalto nel caso emerga che l'impresa aggiudicatrice abbia legami con le mafie: sono i punti centrali del “Protocollo quadro nazionale di legalità” firmato ierimattina al Viminale dal ministro dell'Interno Marco Minniti e dal presidente di Fincantieri Giampiero Massolo. L'intesa, ha sottolineato il titolale del Viminale, rappresenta una «cooperazione di alto livello» tra pubblico e privato. Ma, soprattutto è un «segnale molto importante per la vita economica del nostro paese, che può fare scuola nelle relazioni industriali». Il ministero, infatti, mette sul tavolo tutte le informazioni e le banche dati a sua disposizione, mentre Fincantieri avrà a disposizione «un elemento di rafforzamento, poiché affronta con trasparenza e determinazione le questioni della competitività e della sicurezza». «Il protocollo è un esempio di modello di sicurezza partecipata, dove pubblico e privato lavorano fianco a fianco. Un passo in avanti nella prevenzione delle derive criminali che minacciano i settori redditizi dell'economia e dell'industria. Finora - ha spiegato Massolo - abbiamo cercato di ovviare ai problemi con accordi settoriali e locali, che hanno funzionato fin dove hanno potuto. Quel che ci mancava era una cornice nazionale, una cabina di regia per monitorare nel quotidiano quel che accade sul territorio». Per arrivare a quello che nell'accordo viene chiamato "partenariato strutturale", ci sono voluti cinque anni di lavoro. Il risultato è una «cooperazione rafforzata su scala nazionale - si legge - al fine di prevenire e ridurre i rischi di infiltrazioni e interferenze della criminalità organizzata nonché quei fenomeni di criminalità comune che rivelino, per loro natura o per le modalità esecutive, possibilità di collegamenti con la criminali organizzata o con forme di illegalità diffusa contigue alla criminalità organizzata». Il protocollo si applica a tutte quelle attività ritenute "sensibili" come, ad esempio, il trasporto di materiali in discarica e lo smaltimento rifiuti per conto terzi; l'estrazione, la fornitura e il trasporto di terra e materiali inerti; la guardiania nei cantieri, la fornitura di ferro lavorato; il confezionamento, la fornitura e il trasporto di calcestruzzo e bitume. Due i livelli dell'accordo: uno centrale, che prevede appunto la costituzione di una cabina di regia al Viminale in cui siederanno rappresentanti del ministero e dell'azienda, e uno territoriale, tra Fincantieri e le prefetture. 3 Caso Gorizia, Telesca: «I controlli esistono e funzionano. La categoria è sana» (Piccolo) di Diego d’Amelio - «Misure e controlli esistono già e funzionano bene, altrimenti a Gorizia non sarebbe emerso alcun caso di assenteismo. Non c'è dunque alcun bisogno di rafforzare le verifiche o intervenire sul sistema di timbratura delle presenze durante le ore di lavoro». L'assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca, ribadisce la «costernazione» davanti al provvedimento di sospensione ordinato dal Gip nei confronti di due medici dell'ospedale isontino indagati per truffa aggravata ai danni dello Stato e falsa attestazione di servizio, a causa dell'assenza ingiustificata dal posto di lavoro. L'assessore non ritiene comunque necessario alzare ulteriormente la guardia, perché «il sistema funziona e stiamo parlando di un'eccezione, per quanto grave». Anche un sistema solitamente corretto come quello del Friuli Venezia Giulia ha le sue pecore nere? Se fatti illeciti si verificano è fondamentale che vengano individuati e perseguiti. Ma la sanità funziona. Questi episodi non possono gettare discredito su un’intera categoria di operatori che si comportano sempre con totale correttezza. La Regione ha dato qualche indicazione all'Azienda isontina per rafforzare il contrasto dei disonesti? Non ce n'è bisogno. L'Azienda farà le sue valutazioni in merito al rispetto delle norme. Tutte le Aziende regionali che hanno casi di illecito o sospetti di qualche genere non esitano a farli emergere nella massima trasparenza. Regione e Azienda isontina hanno inoltre offerto massima collaborazione agli inquirenti, avendo sempre piena fiducia nei confronti di magistratura e Guardia di finanza. La questione creerà grattacapi rispetto all'attuazione a Gorizia del progetto di odontoiatria sociale che è uno dei cavalli di battaglia della giunta regionale in fatto di sanità? La prima cosa che mi preme dire è che non ci saranno interruzioni di sorta nel servizio. Senza dubbio l'episodio rappresenta un grave problema, ma l'Azienda isontina si è prontamente organizzata ed è stata subito stretta una convenzione con l'Azienda sanitaria triestina, che invierà personale per non lasciare scoperto l'organico di Gorizia, dove prossimamente la dirigenza sanitaria deciderà se e come prevedere delle assunzioni sostitutive. Teniamo molto all'odontoiatria sociale, che è un caso di sanità virtuosa e vicina ai cittadini: Gorizia è stata peraltro seconda a partire, dopo la storica esperienza maturata da anni a Trieste. 4 Terza corsia dell’A4, finanziamenti a quota 720 milioni (Piccolo) di Diego D’Amelio - Il finanziamento da 600 milioni ad Autovie Venete per la realizzazione della terza corsia dell'A4 potrebbe presto toccare i 720 milioni. La notizia è arrivata ieri, durante la firma dei contratti di finanziamento proposti alla concessionaria regionale da Banca europea per gli investimenti e Cassa depositi e prestiti. Poco prima della stipula, il vicepresidente di Bei, Dario Scannapieco, ha dichiarato che «altri 120 milioni potranno essere messi a disposizione quando l'assetto proprietario sarà definito», ovvero quando la nuova società interamente pubblica di Autovie sarà costituita e otterrà il rinnovo della concessione autostradale fino al 2038, grazie alla newco formata tra Regione (50,1%), Anas (43,9%) e Veneto (6%). La linea di credito aggiuntiva è insomma già prevista e richiede soltanto di essere autorizzata quando si aprirà il nuovo scenario. Scannapieco ha inoltre informato di aver «discusso con la presidente Debora Serracchiani di nuovi possibili impegni di Bei sul territorio, dal sistema delle piccole e medie imprese a opere di rinnovamento urbano che riguardano il porto di Trieste e l'area vicina». Interventi non a fondo perduto, ma in forma di prestito, sebbene «con tassi di interesse molto vantaggiosi», ha sottolineato il rappresentante della banca. Nel caso della terza corsia, i finanziamenti andranno restituiti da Autovie entro la fine del 2029 e la sostenibilità dell'operazione è già inclusa dal piano economico e finanziario che Autovie si è vista approvare dal Cipe ad agosto. Le risorse serviranno a proseguire i lavori sui tratti Alvisopoli-Gonars (terzo lotto), Gonars-Nodo di Palmanova (primo sublotto del quarto lotto), Alvisopoli-Portogruaro (primo stralcio del secondo lotto), nodo di Palmanova-Casello di Palmanova (secondo sublotto del quarto lotto). Una parte servirà poi per la costruzione del nuovo casello del Lisert e per una serie di interventi per la realizzazione di cavalcavia e barriere fonoassorbenti, nonché per le procedure di esproprio. I 600 milioni comprendono i 300 già messi a disposizione da Cdp (con due diverse linee di credito da 150 milioni ciascuna), cui si aggiungono i 300 stanziati dalla Bei sulla base del piano Juncker per le infrastrutture europee. La presidente Debora Serracchiani ha sottolineato che «oggi si riconosce che quest'opera è un asse strategico fondamentale per l'Europa centro-orientale e per il corridoio Adriatico-Baltico. Per questo è stata finanziata dal governo italiano e dal piano Juncker, di cui rappresenta la prima opera per cui si è passati ai fatti». Serracchiani ha aggiunto che «la procedura di creazione della newco di Autovie Venete sta andando avanti per ottenere la nuova concessione» . La sua costruzione ha richiesto al momento poco meno di un miliardo: ai 600 milioni si sommano infatti i 168 di risorse proprie impegnate da Autovie e i 153 garantiti dal governo a fondo perduto. Il presidente Maurizio Castagna ha evidenziato che il prestito Bei-Cdp «permetterà di chiudere il tratto PortogruaroPalmanova, che è il più critico: sarà finito nel 2021. L'impegno di Bei e Cdp testimonia la bontà di un'iniziativa di respiro europeo». Antonella Baldino, chief business officer di Cdp, ha manifestato infine soddisfazione perché «il finanziamento è il primo della piattaforma Bei-Cdp per sostenere interventi infrastrutturali strategici». 5 Alla Fantoni la pressa più lunga d’Europa (M. Veneto) Giornata storica quella di ieri nella zona industriale di Osoppo, negli stabilimenti Fantoni, dove è stata posata la parte finale della torre del Plaxil 8, l’impianto di produzione denominato Mdf che conterrà la pressa continua più lunga d’Europa (65,6 metri). Una gru alta 85 metri della portata di 800 tonnellate ha posato infatti 215 tonnellate di struttura metallica per l’edificio progettato dall’architetto Pietro Valle che raggiunge così la considerevole altezza di 48 metri complessivi. Un edificio estremamente imponente - 300 metri di lunghezza per contenere appunto la maxi pressa più lunga d’Europa - che spicca all’interno del campus progettato alla fine degli anni Sessanta dall’architetto Gino Valle e la cui progettazione architettonica prosegue con lo studio gestito dal figlio Pietro. Come è noto, quello del nuovo impianto di produzione di pannelli in fibra di legno è un investimento di circa 80 milioni di euro che permetterà alla Fantoni di rafforzare la propria posizione di avanguardia nella produzione di pannelli in Mdf, materiale di fibra a media intensità, derivato dal legno. L’impianto infatti, che andrà a sostituire i Plaxil 4 e 5, permetterà di utilizzare tecnologie produttive molto innovative aprendo nuove frontiere nella produzione dell’Mdf. Le principali aziende coinvolte in questa fase della realizzazione sono state: Simeon per le carpenterie, Zanon per i montaggi, Carpin e Vernazza per i sollevamenti. La fine dei lavori nel grande edificio è prevista per maggio, tra pochi mesi. Il Gruppo Fantoni (azienda fondata nel 1882) è leader nella realizzazione di mobili per ufficio, pareti divisorie ed attrezzate, pannelli Mdf e truciolari, pavimenti melamminici e pannelli fonoassorbenti. Tutte le fasi del processo produttivo vengono svolte dal network di società che compongono il Gruppo e che operano sinergicamente per lo sviluppo del prodotto: dalla produzione dei materiali e dei semilavorati, alla progettazione di sistemi d’arredo ufficio innovativi ed ispirati ai più attuali principi del benessere e del design. Costituito da sette società - Fantoni, Interrail, La Con, Lesonit (Slovenia), Novolegno, Patt, Spik Iverica (Serbia) - il Gruppo Fantoni produce autonomamente resine, impregna la carta per la nobilitazione dei propri pannelli e, grazie alle centrali idroelettriche e agli impianti di cogenerazione, contribuisce notevolmente al proprio fabbisogno energetico. Colloredo, personale ai minimi storici. Il sindaco minaccia di lasciare (M. Veneto) di Luciana Idelfonso - A fianco dei sindaci che hanno lanciato il guanto di sfida alla Regione per i tagli al personale c’è anche il primo cittadino di Colloredo di Monte Albano Luca Ovan pronto a partecipare alla “rivoluzione pacifica” e democratica avviata da alcuni colleghi sindaci a partire da quello di Lestizza Geremia Gomboso e se necessario a valutare le dimissioni. «La situazione - ha commentato Ovan- non è più sostenibile e mi domando se la Regione conosca lo stato in cui versano i Comuni. Possibile che a nessuno sia venuto in mente un piano di assegnazione del personale, per esempio provinciale, a supporto degli enti locali invece di finire tutti in Regione? Credo sia doverosa una presa di posizione che potrebbe arrivare anche alle dimissioni dei sindaci e non per problemi politici o per contrasti con le opposizioni ma per carenza di personale». Per Ovan i continui tagli non permettono di offrire i servizi necessari ai cittadini: «Ho quattro impiegati, di cui uno part time, un operaio e un vigile urbano. Per continuare ad andare avanti sfrutto, con scarso successo, la mobilità che non fa altro che complicare le relazioni tra le varie amministrazioni che si contendono il personale. Queste leggi ci stanno portando al collasso: il bilancio armonizzato, le procedure di mobilità, la leggi nazionali e regionali che limitano le possibilità di spesa hanno portato sempre più burocrazia e complicazioni e sempre meno personale. Proprio per questo mi unisco all’appello lanciato dal sindaco di Lestizza e ritengo sia indispensabile la convocazione immediata di un incontro pubblico con la Regione». 6 CRONACHE LOCALI Colautti non passa, la Fiom resta senza guida (Piccolo Trieste) Non sono passate la candidatura e la proposta programmatica di Sasha Colautti per pilotare la Fiom triestina. E il segretario, dopo un anno e mezzo alla guida della categoria, ha deciso di non ricandidarsi, preferendo tornarsene al lavoro in Wärtsilä. «Sono a disposizione per gestire il passaggio di consegne con il mio successore, ma ritengo non revocabile la mia intenzione di correre nuovamente per la segreteria. Una questione di doverosa coerenza» Venerdì scorso l’assemblea generale dei metalmeccanici cigiellini non ha tributato a Colautti il quorum necessario: Colautti l’ha sbagliato di poco, perchè ha raccolto 21 voti e gliene servivano 23, cioè la maggioranza assoluta rispetto ai 45 aventi diritto. Vuoi i 9 assenti, vuoi i 10 voti contrari, vuoi i 5 astenuti, l’obiettivo di ri-ottenere l’investitura, dopo le dimissioni presentate alla fine dell’anno, non è stato centrato. Eppure sembrava che per Colautti le cose si fossero messe bene: infatti il responsabile nazionale organizzativo Enzo Masini, che ha coordinato i lavori assembleari, aveva monitorato nella giornata di giovedì gli umori dei “grandi elettori” e aveva riscontrato un’ampia (per quanto non unanime) adesione alle posizioni espresse dal segretario triestino. Tant’è che, nonostante Colautti militi all’opposizione del leader Maurizio Landini, i cosiddetti “centri regolatori” delle candidature, ovvero Cgil Fvg e Fiom nazionale, alla fine non avevano ostato alla ri-presentazione del segretario dimissionario. Ma, dopo il lungo dibattito della mattinata, la segretezza delle urne ha riservato un’amara sorpresa non solo a Colautti, ma allo stesso Masini che evidentemente riteneva che l’esito avesse dovuto essere un altro. Adesso, come avrebbe detto Gino Bartali, «l’è tutto da rifare». La strategia di Colautti non ha sfondato: il segretario si era dimesso, all’indomani del buon risultato ottenuto a Trieste dai “no” (46,11%) nel referendum sul contratto delle “tute blu”, per ri-ottenere la guida della Fiom con una più forte legittimazione. Ne aveva parlato con lo stesso Landini, che, a onta delle differenze politiche, alla fine non gli aveva tagliato la strada, pur consigliandolo di aprire la segreteria all’opposizione. Colautti metteva sul tavolo i buoni risultati conseguiti durante il 2016, che avevano portato l’organizzazione a 1100 iscritti con un aumento del 17% rispetto alla precedente gestione. Ma l’uscente doveva fare i conti con l’irriducibile opposizione arroccata soprattutto nella Ferriera, che proprio sullo stabilimento siderurgico ha una posizione differente da quella di Colautti. Insomma, è stallo al vertice della Fiom triestina. Perchè, se è vero che a Colautti è mancata la pienezza del consenso, è altrettanto vero che candidature alternative non ne sono state presentate. Roma e Trieste decideranno come proseguire per sbloccare l’impasse. magr 7 Le cuoche “disertano” le mense. Per i bimbi scatta la dieta forzata (Piccolo Trieste) di Laura Tonero - Niente pasta al ragù e polpette. E nemmeno tortellini panna e prosciutto seguiti da cosce di pollo con patate al forno. Giovedì, al loro rientro in classe dopo la pausa di Carnevale, i bambini iscritti ai nidi, alle materne e alle elementari di Trieste, non riceveranno all’ora di pranzo il classico pasto completo. Al massimo, sui loro vassoi, troveranno degli spaghetti al burro o dei panini. È il risultato del blocco dell’attività delle mense scolastiche legato allo sciopero proclamato dai sindacati. Per 48 ore (giovedì e venerdì prossimi) le 154 addette alle mense scolastiche dipendenti della Dussmann - la società che è aggiudicata il maxi appalto comunale per la ristorazione -, si terranno infatti alla larga dai fornelli e incroceranno le braccia per denunciare una situazione definita insostenibile. «Abbiamo tenuto duro per mesi - è il loro sfogo - ma ora passiamo al contrattacco: è arrivata la resa dei conti e diciamo basta». Sotto accusa il peggioramento delle condizioni di lavoro e il drastico taglio delle retribuzioni, come conseguenza della pesante della riduzione delle ore di lavoro. Un quadro, analizzato anche la settimana scorsa nel corso di un’affollata assemblea sindacale, che verrà illustrato pubblicamente anche con un picchetto nel salotto buono della città. «Dussmann non ha manifestato alcuna volontà ad accogliere le nostre richieste e ha presentato alternative insufficienti rispetto all’attuale situazione - spiega Andrea Blau della Fisascat Cisl -. L’azienda resta ferma sulle sue posizioni, per cui si è deciso di scioperare». La richiesta dei sindacati consiste nel consolidamento delle poche ore supplementari concesse in questi mesi alle dipendenti e nell’ulteriore allungamento dei turni di lavoro. Due condizioni necessarie, spiegano, per consentire alle addette alle mense di svolgere il proprio lavoro in modo decoroso, senza orari frenetici e con uno stipendio dignitoso. Dussmann, da parte sua, si è detta disponibile ad aggiungere al massimo 21 ore extra al giorno da spalmare sulle sette strutture più complesse, ipotizzando eventuali allungamenti dei turni di lavoro solo in caso di altri servizi aggiuntivi assegnati dal Comune. Troppo poco, insomma, per i sindacati. «Si sta calpestando la dignità di queste persone, è stato creato un problema sociale che va risolto quanto prima, - sottolinea Blau -. Auspico che il Comune non ricorra a servizi aggiuntivi per riparare ai tagli di Dussmann: creerebbe un precedente pericoloso». Le organizzazioni sindacali, come si ricorderà, avevano contestato fin dal principio quell'appalto da 21 milioni di euro per 42 plessi scolastici, definendo «non sostenibili» i tagli lineari avviati dall'azienda sulla maggior parte di dipendenti. Rispetto alla precedente gestione targata Cir Food, secondo i dati forniti dai sindacati, il monte ore totale settimanale delle lavoratrici è stato ridotto in media del 25%. E meno ore, ovviamente, significano meno soldi in busta paga a fine mese. Alcune lavoratrici, riferiscono i sindacati, si sono viste ridurre lo stipendio da 1.200 a 400 euro. Anche se la paga scende, però, le addette alle mense sono chiamate ad assicurare lo stesso servizio di un tempo. Come? Facendo i salti mortali, prima di tutto. Ma anche ricorrendo a “giochetti” ampiamente contestati dalle sigle sindacali. Per esempio a fronte della riduzione dell’orario giornaliero molte dipendenti si sono viste introdurre una lunghissima pausa pranzo. Risultato? Alla fine l’arco di impegno resta praticamente lo stesso. Va detto poi che le cuoche interessate dai tagli in busta paga meno drastici, si ritrovano poi con delle aiuto cuoche ad orario ridotto rispetto al precedente appalto. Condizione che impone appunto alle coordinatrici di ingegnarsi in mille modi, e con inevitabile stress, per riuscire a garantire il servizio. «L'azienda deve provvedere ad un'iniezione di ore nell'appalto - sostiene Matteo Zorn di Uil Tucs - se poi ci saranno dei servizi aggiuntivi saranno benvenuti. La situazione è di una gravità inaudita - aggiunge - questa persone sono state catapultate in un sistema perverso che peggiora la loro situazione ogni qual volta c'è un cambio d'appalto. Ci aspettiamo solidarietà dai genitori e dal Comune - avverte Zorn -. Le lavoratrici non ce la fanno più, molte di loro non hanno nemmeno diritto al bonus da 80 euro istituito dal governo Renzi perché hanno un reddito inferiore a 8mila euro, ma hanno un forte senso del dovere e spesso restano al lavoro di più pur di garantire un buon servizio». Domani mattina i sindacati incontreranno i dirigenti del Comune. «Paga crollata da 1.200 a 400 euro» testo non disponibile 8 Cresce la paga di D'Agostino, ma l'uomo d'oro è Gurreri (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana - Mentre latita ancora l’annuncio della composizione della nuova governance dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale di cui faranno parte Trieste e Monfalcone, il ministero, secondo l’anticipazione fatta dal sito specializzato The Meditelegraph, ha emanato il decreto sulle indennità previste per i presidenti: 170mila euro lordi all’anno (circa 7mila euro netti al mese) a cui si aggiunge una quota variabile di ulteriori 60mila euro lordi ottenibile tramite il raggiungimento di determinati obiettivi. È quanto dovrebbe arrivare in tasca a Zeno D’Agostino. Nei suoi decreti di nomina a commissario dell’Authority triestina, si legge che gli era riconosciuto un trattamento economico pari all’80% di quanto previsto per i presidenti delle Autorità portuali e nel suo curriculum vitae datato 21 gennaio 2016 si specifica che il compenso previsto su base annua è di 150.896,73 euro al lordo delle trattenute di legge. D’Agostino non riceve alcun compenso per il ruolo di presidente di Trieste terminal passeggeri, né per quello di componente del consiglio di amministrazione dell’Azienda speciale per il porto di Monfalcone per cui percepisce un gettone di presenza di 30 euro a seduta. La sua nomina a presidente porta la data dell’8 novembre 2016 e ora il progresso anche economico della sua posizione è evidente anche se non clamoroso tanto da insediare il ruolo di autentico uomo d’oro del porto qual è oggi Antonio Gurrieri, responsabile della Direzione amministrativa (Contabilità finanziaria, contabilità generale e analitica, tesoreria, recupero crediti, economato, adempimenti fiscali) che nel 2015, come si legge sul sito web dell’Authority, ha raggranellato la bellezza di 214.153 euro, sempre lordi si intende. La situazione è infatti tale che è già stato segnalato che in non poche Adsp segretari generali e dirigenti a fine carriera guadagneranno più dei presidenti. Quanto a stipendi, i pezzi grossi della Torre del Lloyd non sembrano passarsela affatto male, dati i tempi di crisi generale. Il 10 aprile 2015 il Comitato portuale con una propria delibera ha nominato segretario generale dell’Authority Mario Sommariva stabilendo il suo trattamento economico in 175.500 euro lordi, riducendo così del 10% lo stipendio di 195.000 euro annui che nel 2010 venivano percepiti da Martino Conticelli segretario all’epoca della presidenza di Claudio Boniciolli. Marina Monassi, la presidente successiva non aveva mai nominato un segretario generale di ruolo affidando gli incarichi corrispondenti a Walter Sinigaglia, facente funzioni, che nello schema delle retribuzioni per l'anno 2013 risultava però nettamente in testa ai dirigenti con un trattamento di ben 215.000 euro. Nello schema delle retribuzioni lo stesso Sommariva risulta aver percepito nel 2015, 127.646 euro, ma la sua nomina come detto è appena di aprile di quell’anno. Non ha rivali dunque in fatto di soldi, Antonio Gurrieri, di origini siciliane, 57 anni, lauree in giurisprudenza (Bologna) e in somatopsichica (Bruxelles) che è anche amministratore delegato della società Alpe Adria. Nel 2015 ai suoi 196.000 euro di trattamento economico individuale si sono aggiunti 7.426 di premio fisso conglobato, 9.800 di raggiungimento obiettivi, 291 di incentivo progettazione e 636 di festivo non goduto. Dal punto di vista economico si è preso la rivincita per le mancate nomine a presidente e a segretario generale per le quali pure era stato candidato. Lo segue in classifica Eric Marcone, responsabile della Direzione tecnica (Pianificazione, manutenzioni, grandi opere, ambiente, programmazione) con 167.005 euro. Su livelli pressoché uguali gli altri cinque dirigenti della Torre del Lloyd: Fabio Rizzi responsabile della Direzione attività portuali (Autorizzazioni, security, safety, permessi di transito) ha percepito 149.109 euro, Fabio Crosilla (stessi incarichi), 147.925 euro, Francesca Trampus, responsabile della Direzione amministrativa demanio (atti pluriennali, licenze, ordinanze, catasto) 145.983 euro e Roberto Magris responsabile della Direzione servizi (servizi di interesse generale, controllo società, gare e contratti, patrimonio) 145.683 euro. Quanto ai portafogli personali il porto sembra almeno una spanna sopra il municipio che logicamente ha un numero superiore di dirigenti. Nello stesso anno, il 2015, solo l’ex segretario generale Filomena Falabella teneva testa alla Torre del Lloyd con 178.874 euro. Al secondo posto con 138.553 euro Mauro Silla a capo dei Servizi e politiche sociali, somma inferiore a quella di qualsiasi dirigente del porto. 9 «Lavori socialmente utili per i migranti» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - «Bisogna fare in modo che i richiedenti-asilo vengano impiegati in qualche maniera. Come? Occupandoli con dei corsi, come peraltro già abbiamo fatto. Oppure ricorrendo ai lavori socialmente utili. Insomma, bisogna trovare occasioni per reimpiegarli in maniera concreta e fattiva: così, ci saranno meno occasioni, per loro, di raggiungere le zone fluviali». Il viceprefetto vicario Antonino Guletta torna a lanciare l’appello. E lo indirizza a tutti i Comuni isontini “ospitanti” richiedenti-asilo, compresa Gorizia. Capita, infatti, che i migranti passino l’intera giornata a passeggiare, a telefonare, a fare nulla, quando invece potrebbero trasformarsi in una risorsa per le comunità. Non più tardi di qualche giorno fa, l’assessore regionale Gianni Torrenti (in occasione dell’incontro dedicato ai controlli della Forestale) annunciò la disponibilità della Regione a «sostenere con i fondi necessari anche il Comune di Gorizia, oltre al Comune di Gradisca d’Isonzo, per progetti che prevedano l’impiego volontario dei richiedenti protezione internazionale in attività socialmente utili». Un annuncio che va nell’esatta direzione dei desiderata della Prefettura. «Attraverso il “tavolo accoglienza” sensibilizziamo i Comuni - la sottolineatura di Gulletta - per lanciare protocolli d’intesa con l’obiettivo di impiegare gli stranieri in attività socialmente utili». L’andamento degli arrivi «Com’è la situazione odierna? Diciamo che stiamo... respirando - annota Gulletta -. Dopo il trasferimento di cento richiedenti-asilo in Lombardia e in Piemonte, oggi siamo a quota 880 in tutta la provincia. Prima dell’arrivo delle corriere, il dato era di 950 unità. Significa che nel frattempo sono arrivate altre trenta persone. I flussi non si sono mai fermati: in questi giorni, i richiedenti-asilo arrivano al ritmo di 3, 4 persone al giorno. Insomma, non ci sono numeri mostruosi ma il rubinetto continua a funzionare. Comunque, non posso che ribadire il “grazie” al Ministero degli Interni per la sensibilità dimostrata nei confronti della nostra città». La “geografia” dei flussi I nuovi arrivi sono, in questa fase, soprattutto di afghani: arrivano da altri Paesi europei dove si stanno rinforzando i cosiddetti “rimpatri forzati”. In Germania, ad esempio, sono stati organizzati voli charter sulla rotta Francoforte-Kabul. Con lo spauracchio di altre iniziative di questo tipo, molti richiedenti-asilo stanno lasciando il suolo tedesco e, attraverso l’Austria, stanno raggiungendo il Friuli-Venezia Giulia. E le mete preferite continuano ad essere Udine e Gorizia. Non a caso, nei giorni scorsi, il sindaco Romoli aveva invocato anche l’intervento dei parlamentari isontini e della Regione per arginare il fenomeno. Detroit, molti lavoratori in strada (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Sono trascorsi due anni, ormai, da quando cessava la sua produzione lo stabilimento di Ronchi dei Legionari della Detroit Refrigeration. Qualche mese dopo, concluse le operazioni di smantellamento, il grande edificio di via Redipuglia veniva chiuso. Finiva un'epoca che aveva contraddistinto l'attività dello stabilimento che, con la sua produzione, si era fatti largo in tutto il mondo. E per la larga parte dei dipendenti finiti in mezzo ad una strada, ben 124, sono anche finiti gli ammortizzatori sociali. La minima parte di questi, forse il 10%, sino ad oggi hanno avuto la possibilità di essere reintegrati nel mondo del lavoro con contratti a tempo indeterminato. Per il resto si sono dovuti accontentare di contratti spot o di lavorare con i vaucher. Discorso diverso, invece, per i lavoratori che hanno più di cinquant'anni. Per loro un posto di lavoro è rimasto, spesso, una chimera. Nessuna prospettiva, poi, nemmeno per la vendita dell'area. Le poche, manifestazioni di interesse sono rimaste lettera morta e così lo stabilimento degrada a vista d'occhio. 10 Indennità ai vigili, Cgil-Cisl-Uil vanno dal prefetto (M. Veneto Udine) di Giacomina Pellizzari - Indennità di responsabilità ai vigili: la parola passa al prefetto. Cgil, Cisl e Uil proclamano lo stato di agitazione e chiedono al rappresentante del Governo di indire il tavolo di conciliazione. L’obiettivo è sbrogliare una matassa piuttosto complicata. Una matassa che poteva essere riavvolta prima del passaggio degli agenti della polizia municipale nell’Unione territoriale intercomunale (Uti) Friuli centrale, ma che nessuno si è preso la briga di fare nonostante tutti sapessero che quell’indennità conteggiata in busta paga dal 1999, quando il Comune armò i vigili, andava inserita nel pacchetto delle indennità specifiche di responsabilità soggette a contrattazione. Non a caso le organizzazioni sindacali sottoscrissero il pre accordo con la clausola che entro il 31 dicembre 2016 avrebbe dovuto essere discusso l’accordo integrativo. Il condizionale è d’obbligo perchè la data è stata disattesa e l’Uti ha sospeso il pagamento dell’indennità ai vigili. Ora che 75 ex dipendenti del Comune hanno ricevuto, senza preavviso, la busta paga decurtata di circa 80 euro netti, il problema è diventato urgente. Cgil e Cisl sostengono di aver sollecitato più volte l’incontro senza ottenere alcun riscontro, lo stesso fa il presidente dell’Uti e sindaco di Udine, Furio Honsell, assicurando di aver sempre fatto presente che il vero nodo da sciogliere era quello delle indennità. Il sindaco minimizza: «Una proposta era stata fatta, ma è stata rimandata. L’ultima modifica di legge prevede la costituzione di un tavolo unico di concertazione che copre i dipendenti di tutti i comuni dell’Uti e dell’Uti stessa. Si tratta di armonizzare le indennità». La lettera La questione è un po’ più complessa rispetto a come vine descritta anche perché l’armonizzazione delle indennità deve tener conto di due principi: l’indennità di responsabilità non può essere assegnata in modo continuativo e riconosciuta a tutti. Chiariti i tecnicismi torniamo alla lettera con la quale il direttore dell’Uti, Giuseppe Manto, ha comunicato ai dipendenti comunali che «l’ufficio di presidenza ha disposto di sospendere l’erogazione dei compensi per specifiche responsabilità riconosciuti al personale ora dipendente dell’Uti, nelle more della definizione dei nuovi criteri per il riconoscimento di dette indennità, che saranno oggetto di contrattazione unica sull’intero territorio dell’Unione e valevoli pertanto per tutto il personale dipendente». La decisione è stata assunta nonostante lo scorso ottobre le organizzazioni sindacali avessero chiarito che in assenza di contratto decentrato, quello che avrebbe dovuto vedere la luce entro il 2016, «fino alla sottoscrizione del decentrato Uti si applicheranno i Ccdi del Comune di provenienza di ciascun dipendente». Le organizzazioni sindacali Alla domanda «ma perché a fine dicembre le organizzazioni sindacali, di fronte alla mancata contrattazione, non hanno alzato la voce?», i referenti territoriali della Funzione pubblica, Giovanni Di Matola (Cisl), e Roberto Boezio (Cgil), assicurano di averlo fatto. «La lettera per indire lo stato di agitazione era pronta, ma chi se ne doveva occupare per errore non l’ha fatto», afferma Di Matola guardandosi bene dal fare nomi e cognomi. «Prima di firmare l’accordo di ottobre - aggiunge -, la Cisl si è turata il naso e ha chiesto di avere una data certa che era quella del 31 dicembre 2016. A inizio febbraio abbiamo di nuovo sollecitato l’attivazione del tavolo negoziale chiedendo di destinare eventuali risparmi di spesa alle indennità dei lavoratori». Quell’impegno è stato disatteso e la Cisl denuncia apertamente «la mancanza di un interlocutore». Attraverso un volantino in distribuzione in queste ore, Di Matola vuole sapere perché la scadenza del 31 dicembre 2016 è venuta meno. «In questa situazione - rincara Boezio - siamo arrivati perché si è voluto arrivati». Boezio critica il modo con cui il Comune di Udine e l’Uti hanno intrattenuto le relazioni sindacali. «L’abbiamo denunciato più volte - sottolinea - le relazioni sindacali non si possono fare attraverso i media». Detto questo la Cgil ammette di non aver fatto alcuna forzatura o «manifestazione che dimostrasse la forza del sindacato», lo fa sottolineando che oggi questo fatto mette nelle condizioni «di ottenere un tavolo di concertazione per recuperare la situazione». Il tavolo di conciliazione Oggi il problema è convocare in tempi rapidi il tavolo e verificare se l’Uti ha istituito il fondo necessario a pagare le indennità. «Faremo di tutto perché la situazione si normalizzi subito», ripete Boezio annunciando lo stato di agitazione così come ha deciso l’assemblea e la richiesta del tavolo di conciliazione indirizzata al prefetto, Vittorio Zappalorto. «Il problema è economico», afferma Boezio nel precisare che ogni Comune ha un fondo a disposizione. Udine l’ha già previsto a bilancio, ma in base al numero di persone trasferite all’Uti (palazzo 11 D’Aronco ne ha cedute 270) deve trasferire una quota all’Uti. «Fino a quando non si completa quell’operazione come si fa a liquidare risorse in quota al bilancio dell’Uti?». La domanda di Boezio è lecita anche perché al tavolo di conciliazione dovranno essere sciolti anche altri nodi. Non ultimi quelli dell’organizzazione dei turni e del riconoscimento dei festivi. Detto che nell’Uti Friuli centrale quattro comuni su sei non hanno la polizia locale armata e che per svolgere determinati servizi è preferibile avere l’arma, Boezio si chiede: «Abbiamo le risorse per armare tutti i vigili dell’Uti. In quanto tempo si completerà questa operazione?». Pure queste sono domande lecite visto che gli agenti lavorano in squadra e quindi può capitare che due vigili si trovino a svolgere lo stesso servizio uno armato, l’altro no. Senza contare che a Udine i turni sono articolati su sette giorni e quindi gli agenti che garantiscono la sicurezza allo stadio, a differenza dei colleghi degli altri comuni, non hanno diritto al festivo. «Se, per ipotesi, decidiamo di strutturare i turni sulle 24 ore a Udine manca la copertura», prosegue Boezio convinto che, a prescindere dalle modifiche di legge, «c’era tutto il tempo per organizzarsi, se ne parla dal 2015». Latisana, Bergamin verso la riapertura. C’è un acquirente (M. Veneto Udine) di Paola Mauro - Altri quattro mesi di sospensione della licenza commerciale per riuscire a definire «la trattativa in corso con una ditta interessata a rilevare il complesso». E poi l'ex punto vendita di Bergamin di Latisana potrebbe riaprire, anche con un nuovo aspetto urbanistico. Il piano terra potrebbe infatti diventare un parcheggio al coperto al servizio dei rimantenti 3.000 metri quadrati di superficie di vendita, per un complesso posto all'ingresso di Latisana e classificato come esercizio di vendita al dettaglio di grande struttura. In un edificio di grande pregio architettonico: come tutte le sedi Bergamin anche questo porta la firma dell'architetto Gino Valle. Se non a una vendita l'attuale proprietà, il gruppo Sme, sta valutando anche l'ipotesi di procedere con un contratto affitto – ha spiegato ieri Plinio Trevisan, consulente del gruppo di Cessalto – l'importante sarebbe arrivare a una definizione del futuro dell'edificio entro il 30 giugno, quando scadrà la nuova proroga concessa dal Comune di Latisana: «speriamo che in questi mesi si arrivi a una definizione, ma le difficoltà del momento non aiutano – ha aggiunto il consulente del gruppo Sme – qualche contatto è in atto ma non è facile trovare imprenditori disposti a investire». La decisione di chiudere il punto vendita di Latisana, concentrando tutta l'attività nella sede di Summaga di Portogruaro, risale all'estate del 2015: due spazi commerciali a una quindicina di chilometri uno dall'altro, lavorando sullo stesso bacino di utenza, erano arrivati al punto di farsi concorrenza da soli. L'edificio di Latisana dispone di un'area di parcheggio di proprietà, un ventina di posti auto all'inizio di via Sabbionera che per l'attività di un negozio di arredamento erano sufficienti ma che per una nuova attività commerciale potrebbero essere pochi, ma l'ipotesi di aprire il piano terra dell'edificio e trasformarlo in un parcheggio al coperto potrebbe rappresentare il via libera alla trattativa in corso. La decisione della Giunta comunale di concedere una proroga è legata anche a quanto scritto dalla proprietà in una nota protocollata a fine anno, dove si parla di «una trattativa in corso con un'altra ditta interessata a rilevare il complesso». Una delle richiesta avanzate dal Comune di Latisana alla proprietà – conferma il consulente del gruppo Sme – è quella di riuscire a concludere una trattativa mantenendo la destinazione commerciale dell'edificio. 12 Overtel, i sindacati chiedono i contratti di solidarietà (M. Veneto Pordenone) di Giulia Sacchi - Da una parte la richiesta a Overtel di presentare un piano di rilancio aziendale, dall’altra quella di gestire gli esuberi coi contratti di solidarietà: a formularle i sindacati nell’incontro di ieri a Bologna per discutere della crisi che sta attraversando la società che gestisce il call center di Bofrost. L’azienda ha dichiarato 70 eccedenze a livello nazionale, di cui 30 tra i 115 dipendenti del sito di San Vito al Tagliamento. Ma sulla solidarietà c’è chiusura da parte dell’impresa, che preferisce la cassa integrazione. Peccato, però, che per quest’ultima siano previsti 24 mesi, per l’ammortizzatore su cui spingono le forze sociali invece 36. «Su questa partita non molliamo: un anno in più di ammortizzatore non è poco – chiarisce Daniela Duz (Filcams Cgil) –. La solidarietà dà la possibilità a tutti di lavorare, a meno ore. Abbiamo ribadito all’azienda che dovrà essere pure aperta la mobilità volontaria. Non si accettano forme coatte di uscita dal sito». I sindacati hanno chiesto anche di gestire ferie e permessi. Quindi i chiarimenti sullo spostamento di pacchetti clienti. «Un anno fa sono stati spostati 9 mila clienti dal sito sanvitese – fa sapere Duz –. Da qui la richiesta di lumi all’azienda». Saltato l’accordo sperimentale, che nasceva da una richiesta aziendale, per spezzare in due parti il part-time e fare cominciare a lavorare un quarto d’ora prima le maestranze. «Un’intesa che nasceva da una deroga al contratto nazionale – precisa Duz – e che da gennaio ha fatto partire una sperimentazione del nuovo orario che non ha dato i risultati attesi. Visto il fallimento, si tornerà all’orario normale». «Nel summit del 13 marzo Overtel presenterà una proposta elaborata sulla base delle richieste sindacali – conclude Duz –. E’ necessario che la società depositi un piano con chiare strategie anche per il futuro, al di là della riduzione dei costi che pare essere la priorità dell’impresa». Per i dipendenti è pure importante migliorare il clima di lavoro nel call center. «Le forme di controllo, soprattutto sulle unità ritenute meno performanti, si sono inasprite – spiegano Barbara Bortolussi, Sabrina Battistella e Tatiana Sommermann (Rsu Filcams) – . L’azienda deve intervenire per evitare situazioni di tensione». Aviano: muro contro muro: «Sereni Orizzonti chiude» (M. Veneto Pordenone) di Sigfrido Cescut - Bagarre in consiglio comunale sulla vicenda di Sereni Orizzonti. È stato muro contro muro tra maggioranza e opposizione sulla mozione che intendeva sollecitare l’amministrazione di centrosinistra a riaffidare il servizio nella struttura di accoglienza per anziani di Prà de Plana ala società. La discussione della mozione i consiglio è andata avanti per ore, fino alla voto del documento. Danilo Signore, di Forza Italia, ripercorrendo tutto l’iter dei cinque anni di Sereni Orizzonti ha chiesto perché solo ora Aas5, Ambito e Comune danno un giudizio negativo sulla collocazione e sulla gestione. E il capogruppo Paolo Tassan Zanin ha posto una domanda all’assemblea: serve questo servizio, si deve fare un altro bando? Il consiglio comunale, affrontando la discussione del documento dell’opposizione è anche entrato nel merito del servizio offerto da Sereni Orizzonti. Gli esponenti della maggioranza hanno espresso un parere che esclude di proseguire l’esperienza della struttura di accoglienza per anziani. Pertanto, la sperimentazione messa in atto dalla giunta Del Cont Bernard, nel 2011 – aggiuntiva e integrativa al servizio della casa di riposo comunale – «può considerarsi finita sotto tutti i punti di vista», dice la giunta. «Il Comune non può fare quello che vuole per accontentare Sereni Orizzonti – ha ribadito il vicesindaco Sandrino Della Puppa –. Secondo quanto stabilito dal codice degli appalti è proibita una proroga del contratto. Il Comune ha applicato solo dilazioni tecniche, – prima di cinque e poi di tre mesi, fino alla fine di marzo, per consentire la chiusura di Sereni Orizzonti e il trasferimento degli anziani». Entrando nel merito di quest’ultimo aspetto, Alfonso Colombatti, assessore all’assistenza e ai servizi sociali, ha affermato: «Anche gli anziani ancora ospitati possono trovare posto in altre strutture, compresa la casa di riposo di Aviano». Venendo al servizio garantito da Sereni Orizzonti, per Colombatti, «non esistono più i presupposti per continuare la sperimentazione». Il giudizio viene sottolineato da una valutazione del servizio stesso, sul quale l’amministrazione comunale rileva molte ombre». Colombatti ha letto alcuni passaggi di una lettera di denuncia inviata dalla figlia di un ospite. 13 Oralplant assume solo in Svizzera (Gazzettino Pordenone) Marco Agrusti - Cordenons? No grazie, si assume solo in Svizzera. Dell'azienda Oralplant si era già parlato due anni fa, così come della delocalizzazione parziale che aveva scelto il suo fondatore, il presidente e amministratore delegato Sergio Moro. La ditta specializzata nell'innovazione tecnologica in campo odontoiatrico, con sede in via Amman, aveva infatti scelto il Ticino (la Svizzera italofona) e Mendrisio per spostare direzione e marchio. E oggi il quadro si è aggravato ulteriormente. A raccontarlo è proprio Moro, che inizia con una promessa e un aneddoto: «Non lascerò Cordenons - mette le mani avanti - ma solo perché sono folpo e parlo in folpo. Qui ci sono le mie radici e la mia identità, ecco perché non me ne vado del tutto. Ma siamo bravi a restare, ho detto tutto». Poi l'aneddoto: «Di recente l'azienda è entrata in contatto con possibili clienti provenienti dalla Russia e dalla Turchia, ma entrambi hanno rifiutato l'Italia e Cordenons. Volevano dialogare solo con il marchio svizzero e la componente ticinese dell'azienda. Ecco come e dove siamo finiti». Un quadro che fotografa l'appeal di un'Italia in caduta e la differenza tra una divisione aziendale che trova posto nella zona industriale che si dirama da via Chiavornicco e un'altra gemella - con sede in Svizzera. E qui si arriva al cuore dell'annuncio, che non lascia spazio a ulteriori e complesse interpretazioni: «Assumere a Cordenons? Sarebbe come sposarsi e metterci poi sette anni per divorziare. Non conviene più e noto anche molte carenze nei giovani del posto. Non c'è la corsa al lavoro che tanti descrivono. Volevamo ampliare il capannone cordenonese, ma non c'è stata la possibilità a causa di una burocrazia troppo lenta e complessa. Ora se possiamo assumiamo nella divisione svizzera dell'azienda. Anzi, a Cordenons i numeri potranno diminuire, perché spesso quelli bravi se ne vanno dove conviene di più». Un'ultima nota di colore che però dà il senso del contesto: la Oralplant ha cambiato il suo marchio e affiancata al nome c'è la croce greca che domina la bandiera della Confederazione svizzera. 14