Impianti di trattamento delle acque reflue

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Impianti di trattamento delle acque reflue
Impianti di trattamento
delle acque reflue
Generalità sugli impianti di depurazione
Un impianto di depurazione è costituito da una serie di trattamenti,
volti alla rimozione degli inquinanti presenti nelle acque di scarico di
qualsiasi origine (scarichi domestici, scarichi industriali di vario
genere, scarichi di provenienza agricola).
Le tipologie di trattamento presenti possono essere distinti in:
• trattamenti meccanici, basati sulla separazione e rimozione grazie
a elementi meccanici o forze meccaniche (ad esempio: griglie,
sedimentazione);
• trattamenti biologici, nei quali certi inquinanti vengono rimossi
grazie all’azione di microrganismi (principalmente batteri);
• trattamenti chimici o chimico-fisici, basati sulla rimozione degli
inquinanti grazie a reazioni chimiche (ossidazione, neutralizzazione)
eventualmente associate a fenomeni fisici (adsorbimento,
flocculazione, strippaggio, …).
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Generalità sugli impianti di depurazione
I depuratori sono ubicati nel punto terminale di un sistema fognario,
che a seconda delle situazioni, potrà essere:
• comunale (al servizio di un solo comune);
• consortile (al servizio di più comuni, consorziati);
• singolo (1 o poche abitazioni) o interno ad un’industria o ad un sito
produttivo.
Gli scarichi industriali, purché rispettino certi requisiti qualitativi,
possono essere scaricati, previa autorizzazione all’interno di
fognature comunali o consortili.
Le caratteristiche qualitative che si devono raggiungere allo scarico
dell’effluente depurato sono indicate per legge (D. Lgs. 152/06).
Tale decreto legislativo stabilisce, in funzione della dimensione e
della potenzialità dell’impianto, dei requisiti minimi, che possono però
essere di caso in caso resi più stringenti (o permissivi) in funzione
delle caratteristiche del corpo ricettore.
Indagini preliminari al dimensionamento
E’ necessario acquisire sia elementi quantitativi (portate in arrivo e loro andamento)
che qualitativi (inquinanti in arrivo e andamento delle loro concentrazioni nel tempo).
• Popolazione servita (residente e fluttuante).
• Insediamenti produttivi con più di 10 addetti: ubicazione, tipo di attività, entità
dell’approvvigionamento idrico, portate scaricate, inquinanti caratteristici.
• Previsioni di espansione demografica e/o industriale in base a strumenti urbanistici.
Eventualmente completate da un programma di analisi chimiche (per almeno 15
giorni, con cadenza 3÷4 ore) associato a misure di portata, in modo da rilevare i
carichi inquinanti in arrivo e le loro oscillazioni.
Impegno di area indicativo:
< 5.000 AE → 0,3 m2/abitante servito
> 5.000 AE → 0,12÷0,24 m2/abitante servito
–10÷30% se si adotta un trattamento biologico a biomassa fissa
+10÷30% se si adottano trattamenti di affinamento terziari
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Calcolo delle portate
Le portate in arrivo seguono delle oscillazioni giornaliere
marcate:
Calcolo delle portate
Portata media giornaliera su base annua: Q24 = Q24c + Q24i
Civile: Q24c = a×d×P [m3·d-1]
a = coefficiente afflusso in fognatura (0,7÷0,8). Tiene conto delle
perdite rispetto all’acqua approvvigionata (perdite rete acquedotto e
fognatura, acque non scaricate in fognatura)
d = dotazione idrica (l/abitante/d o m3/abitante/d)
P = popolazione civile di dimensionamento (quella prevista
all’orizzonte temporale di dimensionamento dell’impianto: 20 anni)
Industriale: Q24i = ai×Qi×g-1 [m3· d-1]
ai = afflusso in fognatura industriale (0,95)
Qi = portata media annua di approvvigionamento (da acquedotto e/o
pozzi privati)
g = numero di giorni/anno lavorati
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Portate di pioggia
Quando l’impianto viene alimentato da fognatura mista, sono previsti,
lungo i collettori fognari (per ridurre il costo dei collettori) ed a monte
dell’impianto, degli sfioratori, ovvero dei punti dai quali parte della
portata transitante viene sottratta ed allontanata. Le fasi di
trattamento presenti nell’impianto non sarebbero infatti in grado, né
dal punto di vista idraulico, né dal punto di vista dell’efficienza del
processo, di sopportare variazioni marcate di portata.
Inquinanti principali
Gli apporti di inquinanti associati agli usi domestici delle acque sono
ben standardizzabili e descrivibili mediante degli apporti specifici
(carico giornaliero di inquinante per ogni abitante residente). I valori
dei principali inquinanti sono riportati di seguito:
A questi si aggiungono: oli e grassi, sostanze inerti (es. sabbie),
tensioattivi, Sali, …
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Inquinanti principali
Per gli scarichi di tipo industriale, non è possibile alcuna
standardizzazione: ciascun tipo di industria scaricherà degli inquinanti
tipici, ad esempio:
· per il tessile: coloranti e tensioattivi, oltre a COD ed ammoniaca;
· per il conciario: COD, cromo, coloranti, SST, ammoniaca, sali.
La maggior parte degli scarichi industriali contengono sostanza
organica – e quindi COD – più o meno biodegradabile.
Per convenzione, per definire l’apporto di sostanza organica
biodegradabile di origine industriale, si utilizza il concetto di:
abitante equivalente (AE): 1 AE = 60 g BOD5/d
Lo scarico di un’industria sarà quindi espresso in termini di AE.
Un’industria che scarica 600 g BOD5/d equivale a 10 AE.
Per tutti gli altri inquinanti (COD, azoto, P, ecc.) la suddetta
equivalenza NON VALE.
Obiettivi della depurazione
Rimozione degli inquinanti ovvero di quelle sostanze contenute nelle
acque e che scaricate nell’ambiente danno origine a conseguenze
altamente indesiderate.
Tra gli altri sono di particolare rilevanza i seguenti:
• sostanza organica (disciolta e particolata)
• solidi sospesi
• azoto e fosforo
• metalli
• microrganismi (in particolare quelli patogeni).
I processi di depurazione delle acque reflue (civili, industriali ed
urbane) possono essere suddivisi in 2 categorie:
- di tipo chimico-fisico (applicazioni limitate);
- di tipo biologico (ampia diffusione).
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Tipologie impiantistiche
I processi di depurazione chimico-fisici fanno ricorso a reagenti chimici che
favoriscono l’aggregazione degli inquinanti presenti in forma di particelle
sospese e colloidi (che non riuscirebbero a sedimentare). Le particelle
aggregate vengono poi separate dall’effluente attraverso la sedimentazione.
I processi di depurazione biologici prevedono l’utilizzo di microrganismi.
Vengono realizzati in opportuni impianti controllati e pilotati per il
raggiungimenti di certi obiettivi. I processi biologici sfruttano fenomeni naturali
(fisici e biologici) che vengono fatti avvenire in spazi e tempi ristretti.
Come già detto l’obiettivo dei trattamenti biologici delle acque è quello di far
coagulare e rimuovere i solidi non sedimentabili (colloidali e disciolti) e di
stabilizzare la materia organica. Nel caso specifico di scarichi domestici
l’obiettivo è quello di ridurre il contenuto organico e i nutrienti presenti (azoto e
fosforo).
I trattamenti biologici più frequentemente utilizzati nel trattamento delle acque
di origine civile sono solitamente suddivisi in due tipologie principali:
• Sistemi a biomassa sospesa;
• Sistemi a biomassa adesa.
Generalità sugli impianti di trattamento acque reflue
Negli impianti di depurazione il trattamento delle acque reflue avviene
per gradi e si è soliti fare la seguente classificazione (in ordine crescente
di trattamento):
• trattamenti preliminari, finalizzati alla rimozione di materiali grossolani,
che si basano su processi fisici;
• trattamenti primari, finalizzati alla rimozione di materiali in sospensione,
che si basano su processi fisici e chimico-fisici;
• trattamenti secondari, finalizzati alla rimozione di sostanza organica in
forma disciolta e colloidale, che si basano su processi biologici, e fisici
(in alcuni casi anche con l’ausilio di processi chimici);
• trattamenti terziari e/o sistemi avanzati, finalizzati alla rimozione di
specifici inquinanti e che possono sfruttare processi chimici, fisici e
biologici .
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Generalità sugli impianti di trattamento acque reflue
Preliminare
Primari
Secondari
EFFLUENTE
PROCESSO A
BASSO CARICO
DISINFEZIONE
Terziari (avanzati)
EFFLUENTE
EFFLUENTE
DISINFEZIONE
DISINFEZIONE
FITODEPURAZIONE
GRIGLIATURA
TRITURAZIONE
DISSABBIAMENTO
SEDIMENTAZIONE
PROCESSI AD ALTO CARICO
FANGHI ATTIVI
LETTI PERCOLATORI
DISCHI BIOLOGICI
RIMOZIONE AZOTO
NITRIFICAZIONE - DENITRIFICAZIONE
SCAMBIO IONICO
CLORAZIONE BREAK POINT
STRIPPAGGIO GAS
FITODEPURAZIONE
SEDIMENTAZIONE
SECONDARIA
RIMOZIONE FOSFORO
PRECIPITAZIONE CHIMICA
FITODEPURAZIONE
RIMOZIONE SOLIDI SOSPESI
COAGULAZIONE CHIMICA
FILTRAZIONE
TRATTAMENTO A MEMBRANA
FITODEPURAZIONE
TRATTAMENTO FANGHI
BIOLOGICI
ISPESSIMENTO
DIGESTIONE
DISIDRATAZIONE
NON BIOLOGICI
ISPESSIMENTO
CONDIZIONAMENTO
DISIDRATAZIONE
RIMOZIONE METALLI
E COMPOSTI ORGANICI
ADSORBIMENTO CARBONI ATTIVI
STRIPPAGGIO
OSSIDAZIONE AVANZATA
RIMOZIONE SOLIDI DISCIOLTI
OSMOSI INVERSA
ELETTRODIALISI
DISTILLAZIONE
SMALTIMENTO
Schema generale impianti biologici
PRETRATTAMENTI
Finalizzati alla rimozione di materiale grossolano,
sabbie, olii e grassi
TRATTAMENTI
PRIMARI
Eliminazione dei solidi sospesi sedimentabili
TRATTAMENTI
BIOLOGICI
(SECONDARI)
Trattamento biologico vero e proprio con
separazione della biomassa (mediante
sedimentazione o altro sistema)
TRATTAMENTI
TERZIARI DI
AFFINAMENTO
Trattamenti destinati a raggiungimento di livelli di
qualità superiore. I processi di trattamento sono
spesso mutuati da quelli utilizzati nel campo della
potabilizzazione (chiariflocculazione, filtrazione,
adsorbimento, disinfezione, …).
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Schema generale impianti biologici
Schema generale impianti biologici
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Pompe di sollevamento
Previste di norma in qualsiasi impianto, in testa e/o in una o più posizioni
intermedie. Le pompe utilizzate per il sollevamento sono prevalentemente di
tipo centrifugo sommergibile, oppure le coclee.
Il dimensionamento delle pompe deve essere fatto in base a:
• prevalenza richiesta (quota di scarico + perdite di carico lungo l’impianto
– quota di carico)
• oscillazioni di portata in arrivo (si devono prevedere più linee e sempre
delle pompe di riserva).
A monte delle pompe, se ubicate in testa all’impianto, vanno previste delle
griglie grossolane di protezione (spaziatura 3÷6 cm), che impediscano
l’ingresso di corpi grossolani nelle giranti.
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Pompe di sollevamento
Sollevamento
con coclee
Trattamenti preliminari
Hanno lo scopo di ridurre il trasporto verso l’impianto di
materiali di vario tipo (corpi grossolani, sabbie, oli e grassi,
…) che potrebbero comportare problemi di funzionamento
negli organi meccanici, sedimentazioni non desiderate nei
reattori o riduzione di efficienza dei processi di trattamento.
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Grigliatura
Ha la funzione di intercettare corpi grossolani che potrebbero creare
problemi di intasamento o estetici. Può essere modulata in due fasi
successive: grigliatura grossolana e fine. Si possono avere sistemi con
barre piane o ad arco. Si distinguono in funzione della spaziatura tra le
barre:
• medio-grossolana 30÷60 mm (fino a 100 mm)
• fine 15÷25 mm
• micro-grigliatura o stacciatura 0,5 ÷ 3 mm
La griglie sono dotate di sistemi di pulizia meccanizzati, collegati a nastri
trasportatori che scaricano il grigliato in appositi cassonetti. Solo su griglie
molto grossolane, non previste per il funzionamento continuo (per esempio
su by-pass), è ammissibile la pulizia manuale.
La rimozione del carico inquinante diventa apprezzabile solo nel caso della
stacciatura (fino al 20% di SST in ingresso).
Grigliatura
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Grigliatura
Griglie
Staccio
Dissabbiatura e disoleatura
Trattamento presente in caso di fognature miste (comunque sempre
consigliabile)
Scopo: rimuovere i solidi inerti (normalmente più pesanti e grossolani degli
organici), che darebbero inconvenienti (usura parti meccaniche, accumulo
inerti nella sezione fanghi) e gli oli e grassi, che diminuiscono l’efficienza di
ossigenazione del liquame e che causano l’accumulo di schiume nel bacino
di aerazione, in sedimentazione e nei digestori.
In un unico manufatto, dotato di aerazione, avviene la sedimentazione delle
sabbie e l’affioramento degli oli. L’aria viene fornita mediante dei diffusori
(tubi porosi) posizionati lungo il lato verticale della vasca. La sabbia viene
estratta mediante pompe. Tale manufatto consente anche una certa preaerazione del liquame, limitando i cattivi odori dovuti a putrefazione
sostanza organica.
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Dissabbiatori a gravità
I più semplici tipi di dissabbiatori sono quelli costituiti da una canale in cui la
velocità è mantenuta a circa 0.3 m/s con lunghezza di 10-12 metri in modo
che siano raccolte le sabbie attraverso la loro semplice sedimentazione. A
valle un venturimetro funziona da organo di regolazione.
Vasche combinate dissabbiatura e disoleatura
La disoleatura può essere efficacemente combinata con altre fasi di trattamento. In
impianti dotati di sedimentazione primaria oli e grassi possono essere raccolti con
appositi dispositivi. La disoleatura si presta anche ad essere attuata nel
dissabbiamento aerato prevedendo vasche con apposite zona di calma.
I criteri di dimensionamento devono tenere conto dei limiti imposti per la dissabbiatura
e la disoleatura.
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Vasche combinate dissabbiatura e disoleatura
Vasche combinate dissabbiatura e disoleatura
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Produzione di grigliato, sabbie e oli
Vengono stoccati in
cassoni e pozzetti
e poi inviati a
smaltimento
(discarica o
incenerimento)
Trattamenti primari
L’obiettivo dei trattamenti primari è quello di rimuovere solidi
organici ed inorganici mediante sedimentazione, oltre
all’eventuale materiale flottante come schiume, olii e grassi.
Come trattamento primario si utilizza un processo di
sedimentazione, eventualmente accoppiato ad un trattamento
chimico fisico.
Il processo di sedimentazione costituisce un trattamento delle acque
di rifiuto fra i più importanti, utilizzato come fase a sé stante, come
trattamento primario o come fase finale di separazione. La
sedimentazione si realizza in apposite vasche in cui deve avvenire:
•Separazione delle particelle dal mezzo liquido;
•Raccolta delle particelle, come fango;
•Concentrazione del fango;
•Allontanamento del fango.
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Sedimentazione primaria
Scopo della sedimentazione primaria è quello di provvedere alla
rimozione delle particelle facilmente sedimentabili (nell’ordine di 3 – 4 h
al massimo).
•Ha effetto principalmente sui solidi sospesi ma non interviene sulla
componente colloidale o disciolta.
Le percentuali di rimozione sono:
Solidi sospesi: 50 – 70%
BOD ~ 25 – 30%
NeP~5%
Non sempre è presente negli impianti di trattamento delle acque. In
particolare quando si ha la rimozione dell’azoto ed è necessario avere
un elevato carico organico
Porta alla formazione di un fango detto primario che può essere trattato in
modo separato o insieme al fango secondario che si forma nella fase di
ossidazione.
Vasche di tipo statico
Per impianti fino a qualche
migliaio di abitanti sono ancora
utilizzate vasche di tipo statico
a flusso ascensionale (tipo
Dortmund). Possono essere a
pianta circolare, con fondo
conico, o a pianta quadrata
con fondo piramidale.
L’inclinazione minima delle
pareti è di 45°
sull’orizzontale, nel caso di
pianta rettangolare lo
spigolo ha pendenza
minima di 50°.
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Vasche di tipo meccanizzato
Per potenzialità d’impianto che richiedono capacità superiori a 600-1000 m3
le vasche ascensionali diventano troppo profonde, per cui si ricorre a
vasche a flusso longitudinale o longitudinale-ascensionale, meno
profonde dotate di fondo con limitata pendenza.
Fig. 5.9
Particolari dispositivi di raschiamento del fondo spingono il fango sedimentato
verso la tramoggia di raccolta. In Europa, per le vasche circolari si tende a
realizzare il trascinamento del raschiatore per mezzo di un ponte con struttura
metallica azionato perifericamente da un carrello di traino con motore e
riduttore. L’impostazione americana vede l’azionamento tramite l’albero
centrale.
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Vasche meccanizzate
a pianta rettangolare
(flusso longitudinale)
Sedimentazione primaria
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Sedimentazione primaria
Sedimentazione primaria
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Sedimentazione
primaria
Sedimentazione
secondaria
Trattamenti secondari: biologici
Utilizzati per rimuovere:
• sostanza organica biodegradabile,
• azoto,
• fosforo (attualmente poco utilizzato poiché le concentrazioni di fosforo nei
reflui sono molto modeste e si usano trattamenti chimico-fisici, più semplici
da gestire).
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Sistemi a fanghi attivi
I batteri sono in sospensione in un reattore (seguono il flusso dell’effluente)
Sistemi a biomassa adesa
I batteri sono attaccati a dei supporti
Sedimentazione secondaria
I solidi in sospensione nelle vasche biologiche devono
essere separati dalla corrente liquida e questo viene fatto
nella sedimentazione secondaria.
Data l’importanza della sedimentazione secondaria, devono
essere assunti valori molto prudenziali del carico
idraulico superficiale solitamente apri a 0.5-0.6 la
velocità delle particelle a più lenta velocità di
sedimentazione, per tenere conto dei possibili fenomeni
di cattiva sedimentabilità.
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Tempo di detenzione
Con riferimento alla portata media:
Impianti ad aerazione prolungata 3-4 ore;
Impianti a fanghi attivi
2-3 ore;
Impianti a massa adesa
2-3 ore.
Profondità minima
La profondità favorisce lo sviluppo del letto di fango che
favorisce il rendimento di rimozione dei solidi sospesi;
La profondità permette una funzione di accumulo nei
momenti di punta;
La profondità garantisce la protezione del letto di fango dagli
agenti esterni (vento).
Per queste ragioni
la profondità delle
vasche di sedimentazione
secondaria è sempre
superiore a quelle
di sedimentazione primaria.
Tipo di trattamento
Profondità tipica
[m]
Fanghi attivi
3.5-6
Aerazione prolungata
3.5-6
Letti percolatori
3-4.5
Biodischi (effluente
secondario)
3-4.5
Biodischi (effluente nitrificato)
3-4.5
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Vasche di tipo statico
Per impianti fino a qualche migliaio di abitanti sono ancora utilizzate
vasche di tipo statico a flusso ascensionale (tipo Dortmund).
Possono essere a pianta circolare, con fondo conico, o a pianta
quadrata con fondo piramidale.
L’inclinazione minima delle pareti è di 45° sull’orizzontale, nel caso di
pianta rettangolare lo spigolo ha pendenza minima di °50.
Vasche di tipo meccanizzato
Fig. 5.9
Per potenzialità d’impianto
che richiedono capacità
superiori a 600-1000
m3 le vasche
ascensionali diventano
troppo profonde, per cui
si ricorre a vasche a
flusso longitudinale o
longitudinaleascensionale, meno
profonde dotate di
fondo con limitata
pendenza.
Dispositivi di raschiamento
del fondo spingono il
fango sedimentato verso
la tramoggia di raccolta.
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Vasche biologiche
Fabbisogno e fornitura di ossigeno
Nel reattore a fanghi attivi è necessario mantenere una concentrazione di ossigeno
disciolto di almeno 2 mg/l.
L’ossigeno deve essere fornito, mediante:
• sistemi che insufflano aria sul fondo della vasca (bolle fini, medie e grosse),
• sistemi che movimentano il liquame in superficie (spazzole rotanti ad asse
orizzontale, turbine ad asse verticale) e consentono l’arricchimento con ossigeno
atmosferico. Vincolano in una certa misura la profondità e la forma del reattore,
• “sistemi misti”, nei quali l’aria viene iniettata sul fondo in corrispondenza di una
turbina o di un agitatore che la distribuiscono.
I dispositivi di ossigenazione assolvono anche il compito di mantenere miscelato il
reattore.
I sistemi che insufflano aria hanno un rendimento medio di trasferimento
dell’ossigeno che dipende dalle condizioni (profondità, concentrazione di ossigeno
nel reattore, concentrazione di biomassa) e varia (a 3 m) dal 3% (bolle grosse) al
10% (bolle fini).
Le turbine hanno rese di ossigenazione in condizioni operative medie di 1,2 ÷ 1,7
kg O2 kWh-1.
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SISTEMI DI AERAZIONE
SUPERFICIALI
Turbine superficiali
Rotospazzole
DI FONDO O SOMMERSI
MECCANICI
Pompe-eiettori
A Flusso radiale
A DIFFUSIONE
Diffusori a candela
Diffusori a disco
Diffusori tubolari
(bolle fini e grosse)
AERATORE SUPERFICIALE AD ASSE VERTICALE
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Si ricordi che la capacità di
trasferimento dell’ossigeno
dipende anche dalla
superficie specifica, rapporto
fra l’area di interfaccia
liquido-gas e volume di
acqua considerato.
AERATORE SUPERFICIALE
ASSE ORIZZONTALE
“A SPAZZOLA”
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I diffusori a disco sono
disponibili in due versioni: a
membrana (gomma sintetica)
e ceramici (allumina
sinterizzata). I secondi sono
particolarmente soggetti ad
intasamento e richiedono
periodiche pulizie, realizzabili
introducendo nel condotto un
detergente come il gas
anidro HCl senza dover
svuotare la vasca.
Trattamento fanghi
• Stabilizzare la sostanza organica, se presente, in modo da
garantire uno smaltimento finale privo di inconvenienti
• Ridurre i volumi (per diminuire oneri di trasporto e
smaltimento finale) e, quindi, concentrare la frazione solida
Dopo i suddetti trattamenti, il fango viene inviato a smaltimento
finale (discarica controllata o incenerimento) oppure può
essere riutilizzato (impiego agricolo, compostaggio, recupero
prodotti – ad es. Fe e Cr da fanghi di origine industriale – ecc.)
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Fango di supero dalla linea acque
Ispessimento
per gravità
Concentrazione
Ispessimento
per flottazione
Digestione
aerobica
Stabilizzazione
Digestione
anaerobica
Concentrazione
Condizionamento
chimico
Letti e stagni
di essicc.
Incenerimento
e compostaggio
Smaltimento
finale
Stabilizzazione
chimica
Post-ispessimento
Condizionamento
Disidratazione
ed essiccamento
Ispessimento
per centrifugazione
Centrifu_
gazione
Pastorizzazione
Filtripressa
Presse a
nastro
Condizionamento
termico
Filtri a
vuoto
Incenerimento
Su terreno Su terreno Stagni di
allo stato allo stato accumulo Discarica
liquido
solido
permanenti
Essicc.
termico
Compostaggio
In Corsi
d’acqua
In mare
Stabilizzazione dei fanghi
I fanghi estratti sono ancora caratterizzati, in genere, da elevata
putrescibilità ovvero la sostanza organica presente è ancora tale da
essere utilizzata dai microrganismi; in mancanza di ossigeno si va
incontro a fenomeni settici con sviluppo di cattivi odori.
La stabilizzazione serve ad eliminare questa possibilità di ulteriore
avanzamento delle reazioni di utilizzazione della sostanza organica da
parte dei microrganismi; i fanghi stabilizzati, quindi, possono soggiornare
all’aria senza causare particolari problemi.
Altra finalità importante è quella della riduzione della carica patogena in
seguito all’accumularsi nel fango dei microrganismi con tali
caratteristiche, originariamente presenti nelle acque di rifiuto.
La stabilizzazione può avvenire:
per via biologica
per via chimica
In questo caso si parla anche
di ‘DIGESTIONE’
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Stabilizzazione biologica dei fanghi
La stabilizzazione biologica può essere effettuata per via aerobica
(sfruttando l’azione di microrganismi aerobici in presenza di ossigeno) o
anaerobica (sfruttando l’azione di microrganismi anaerobici in assenza
d’ossigeno).
Si hanno elevate riduzioni dei solidi sospesi inizialmente presenti nel fango.
I processi biologici, in mancanza di substrato, portano al metabolismo
endogeno con trasformazione dei microganismi in CO2, NH3 ed acqua.
Questo comporta anche una notevole diminuzione della quantità di fango
da trattare nelle fasi successive (circa1/3 rispetto alla quantità in origine).
Stabilizzazione del materiale organico;
Distruzione microrganismi patogeni;
Riduzione volume dei fanghi.
Digestione aerobica
La digestione è ottenuta permettendo il completamento dei processi
di degradazione ed assimilazione avviati nella vasca di ossidazione.
La digestione aerobica, a causa dei costi energetici, è realizzata
solamente su impianti medi-piccoli dotati o meno di
sedimentazione primaria.
Nel caso sia presente la sedimentazione primaria la digestione
aerobica avviene sia per assimilazione (delle sostanze organiche
contenute nel fango primario) che per respirazione endogena;
quando non c’è la stabilizzazione avviene essenzialmente per
metabolismo endogeno.
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Digestione aerobica
Si tratta essenzialmente di una vasca aerata ed agitata in modo da
omogeneizzare il fango e distribuire uniformemente l’ossigeno
insufflato.
L’alimentazione del fango e l’estrazione del surnatante avvengono
solitamente in modo discontinuo; il surnatante torna in vasca
d’ossidazione ed è quasi sempre a basso BOD.
Digestione anaerobica
La digestione è ottenuta attraverso un processo di mineralizzazione
(trasformazione in prodotti semplici non ulteriormente degradabili),
gassificazione (conversione in prodotti gassosi) e humificazione
(trasformazione di materiale putrescibile in prodotti soggetti a
decomposizione molto lenta) delle sostanze organiche, più lento dei
processi aerobici, ma economicamente vantaggioso quando devono essere
trattati volumi esigui ad alta concentrazione.
•
Processo in tre stadi principali:
– Idrolisi: Attraverso l’azione enzimatica i composti ad alto
peso molecolare vengono trasformati in composti adatti a
fungere da fonte di energia e carbonio;
– Acidificazione: Batteri acidificanti, anche attraverso reazione
fermentative, trasformano il substrato organico in acidi grassi
volatili (VFA)
– Metanizzazione: Batteri metanigeni utilizzano i VFA come
substrato e producono CH4 + CO2
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Rimozione carbonio
Metabolismo Aerobico
Carbonio uscente
come biogas (CH4 + CO2)
90% ~ 95%
Carbonio uscente
come CO2
~ 50 %
Carbonio Organico
influente
100 %
Carbonio Organico
residuo nell’effluente
~1%
Metabolismo Anaerobico
Carbonio Organico
influente
100 %
Carbonio Organico
nella Biomassa
~ 49 %
Carbonio Organico
residuo nell’effluente
~1-5%
Carbonio Organico
nella Biomassa
~5%
Il biogas
Il biogas prodotto dalla digestione anaerobica è una miscela
di metano (60-70%); anidride carbonica (20-30%), azoto
(2-5%) ed altri gas in proporzioni minori (H2S, H2, …),
caratterizzato da un buon potere calorifico (PCI = 5.0005.600 Kcal/m3). L’energia in esso contenuta corrisponde a
circa il 90% di quella contenuta nelle sostanze organiche
biodegradabili presenti nel fango.
Produzione gas biologico
L’entità della produzione di gas biologico dipende dalle caratteristiche del
fango grezzo e delle caratteristiche e durata del processo di digestione. A
livello indicativo si può assumere:
600-1200 l/kg SSV distrutti;
35-50 l/a.e. x giorno nel caso di fanghi da impianto a fanghi attivi.
Il gas prodotto è accumulato in gasometri metallici a bassissima pressione.
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Il digestore
Negli impianti di depurazione i processi di digestione anaerobica
avvengono all’interno di appositi contenitori, o nel comparto di
digestione delle fosse Imhoff, entro i quali le reazioni biologiche
si sviluppano al di fuori del contatto con l’atmosfera. Si tratta di
strutture che in grandi impianti assumono volumi ed altezze
molto rilevanti e costituiscono le opere civili di maggior impegno
dal punto di vista costruttivo.
Condizioni ambientali
Perché la stabilizzazione del fango avvenga si devono instaurare
nel digestore condizioni ambientali tali da consentire lo sviluppo
dei batteri metanigeni (fattore limitante).
Ambiente sufficientemente alcalino (condizioni ottimali pH > 6.2);
Assenza di ossigeno;
Alimentazione con fango il più possibile progressiva;
Efficace miscelazione.
Fattori che determinano le scelte progettuali
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Applicabilità del processo di trattamento;
Congruità con i carichi (quantità e qualità) in ingresso;
Congruità con le variazioni dei carichi in ingresso;
Caratteristiche climatiche;
Performance attese;
Possibilità di riuso;
Modalità di trattamento dei fanghi;
Vincoli ed impatti ambientali;
Obblighi normativi;
Occupazione del suolo e vincoli di destinazione;
Complessità di gestione;
Richiesta di energia;
Costi di impianto;
Costi di gestione;
Ciclo di vita atteso dell’impianto.
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