La Chiesa ei single
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La Chiesa ei single
579-584:REGDOC 17-2008.qxd 8-10-2010 13:05 Pagina 579 S tudi e commenti La Chiesa e i single Introduzione Claire Lesegretain Una definizione amministrativa inadatta Chi sono i single? È giusto indicarli come «chi ha l’età per essere sposato ma non lo è»? E, poi, si pensano single i single? Sono questi gli interrogativi che i vescovi francesi hanno rivolto a Claire Lesegretain, giornalista de La Croix e scrittrice esperta del tema. Evitando il tranello d’invocare l’ennesimo nuovo settore pastorale, Lesegretain invita innanzitutto alla prudenza nelle definizioni. La categoria single può comprendere sacerdoti, suore, separati, divorziati, conviventi e anche coloro che non sono sposati né vivono attualmente in un rapporto di coppia. Quest’ultimo gruppo, che ha una discreta consistenza numerica, corre però il rischio di non sentirsi appieno popolo di Dio perché da un lato «l’attesa di un incontro provvidenziale» lo pone in «una certa incapacità di prendere in mano la propria vita», e, dall’altro è spesso risentito per la disattenzione della comunità. Mettere nuovamente in primo piano il fatto che la sequela di Cristo è una chiamata personale per la quale «il battesimo è sufficiente» significa liberarsi da schematizzazioni sclerotizzanti e avere il coraggio di sperimentare forme pastorali nuove. «Célibats, célibataires. Quelles perspectives en Église?», in Documents Épiscopat (2010) 3. Nostra traduzione dal francese. IL REGNO - DOCUMENTI 17/2010 Inizieremo con qualche osservazione che serva a chiarire l’argomento. Il celibato/nubilato, in quanto categoria sociale, non esiste! Esistono invece i single, molto diversi tra di loro… Tenere questo a mente significa innanzitutto sottolineare come la definizione comune del single – «chi ha l’età per essere sposato, ma non lo è» secondo il dizionario Le Robert – è diventata non adatta in quanto contrappone il celibato/nubilato al matrimonio (in calo) e non alla vita di coppia (in aumento). L’ultimo censimento (1999) parla di 12 milioni di single oltre i 20 anni in Francia, di cui 6,6 milioni sono maschi e 5,4 femmine. Ma a questi 12 milioni di single – cioè il 20% dei francesi oltre i 20 anni, che pone la Francia nella media dei paesi europei dietro l’Olanda (28%) o la Danimarca (27%), ma davanti alla Spagna (9%) o al Portogallo (7%) – corrispondono molteplici situazioni. La categoria amministrativa celibe/nubile comprende oggi (oltre ai sacerdoti, alle suore e ai consacrati) più di 4 milioni di conviventi eterosessuali (anche se la durata della coppia e spesso i figli che nascono testimoniano un impegno reale) e 307.000 «coppie di fatto» (dato della fine del 2007) che condividono «un progetto di vita comune» con un partner dell’altro sesso o dello stesso sesso. In questa categoria rientrano anche 60.000 concubini non conviventi (CNC, per i sociologi) e 700.000 single con uno o più figli (soprattutto donne, in ambiente urbano). Incrociando le statistiche dei single e delle persone che vivono sole si arriva a quasi 4 milioni di «veri single»che presentano profili assai diversi. Quali punti in comune possono avere un agricoltore che vive in una valle sperduta dell’Ardèche (dipartimento francese della regione Rhône-Alpes; ndr) e un dirigente di Parigi dal forte potere d’acquisto? Infine, anche se i sociologi distinguono un «celibato/nubilato d’attesa» prima dei 40 anni e un «celibato/nubilato definitivo» dopo tale età, è sempre più frequente sposarsi (per la prima volta) dopo i 40 anni. Una confusione di stati di vita Il termine «single» è ormai usato per parlare di «vie en solo»,1 cioè per qualificare una persona che «non divide la 579 579-584:REGDOC 17-2008.qxd 8-10-2010 13:05 Pagina 580 S tudi e commenti sua vita con qualcuno». Così persone divorziate o vedove che non si sono (ancora) «rifatte una vita» in coppia sono spesso considerate dalla cerchia di amici e conoscenti come «single». Anche se sono già state sposate due volte e hanno tre figli… Bisogna forse vedere in questa confusione il desiderio di cancellare ogni traccia di esperienza coniugale passata? È certo comunque che fra i «veri single» che non hanno mai vissuto in coppia c’è chi non è contento di vedersi paragonato a un divorziato. Malgrado ciò, in occasione di incontri recenti ai quali si erano iscritti dei divorziati o dei vedovi (alcuni con figli), ho potuto constatare che tra questi e i «veri single» c’era un dialogo costruttivo. Nessun senso di appartenenza Ricordare che ogni single è unico significa anche affermare quello che sembra essere un tratto saliente dei veri single: la maggior parte di essi, per quanto diversi siano, stenta a riconoscersi come tale. Sono numerosi coloro, uomini e donne, che non si riconoscono in questa categoria e che la vivono nel migliore dei casi come un’etichetta sociale, nel peggiore come una scarsa considerazione personale. È difficile per loro, di punto in bianco, sentirsi parte di questa categoria amministrativa e sociale. Tre «atteggiamenti» Queste prime riflessioni invitano alla prudenza, perché generalizzare a proposito dei single significa rischiare di non capirli affatto. In compenso, interessarsi alla peculiarità di ogni single significa trovare degli strumenti per individuare quelli che i sociologi chiamano «atteggiamenti», cioè dei modi di vivere e di pensare che caratterizzano una categoria sociale. Noi ne abbiamo presi in considerazione tre: risentimento doloroso, bisogno di speranza e ricerca di fecondità, i quali nascono dalle osservazioni da noi fatte e possono contribuire a una migliore conoscenza del celibato/nubilato non volontario e non consacrato. Per ciascuno di questi atteggiamenti proporremo degli elementi per l’analisi e delle tracce per la ricerca, tracce che vogliono essere soltanto semplici prospettive da prendere in considerazione o da sviluppare. Poiché una tale presentazione è necessariamente arbitraria e schematica ci permettiamo, per maggiori approfondimenti, di rimandare ad altri scritti,2 alcuni passaggi dei quali ci sono serviti per redigere questo documento. Risentimento doloroso Per presentare il primo atteggiamento bisogna innanzitutto sottolineare quello che sembra essere un comportamento contemporaneo molto diffuso, almeno in Occidente: la difficoltà ad accettare frustrazioni di qualunque tipo che vengono considerate delle ingiustizie. ELEMENTI PER L’ANALISI Frustrazioni affettive e sessuali La nostra società, a forza di erotizzare la ricerca legittima di tenerezza e di fare della pratica della propria sessualità una necessità, fa nascere un sentimento di umiliazione e quindi di rivolta in chi ne è escluso. Nelle trasmissioni televisive spesso si vedono dei single, di orientamento eteroses- 580 IL REGNO - DOCUMENTI 17/2010 suale od omosessuale, che rivendicano con virulenza il privilegio del piacere, della vita di coppia, di avere dei figli… come se ciascuna di queste componenti fosse fine a se stessa e facesse nascere un diritto incondizionato. Queste rivendicazioni, che possono cambiare a seconda dell’ambiente di lavoro o della cerchia di amici e conoscenti, rendono dolorosa la mancanza di relazioni sessuali, l’assenza di un partner e di figli per quei single, più numerosi di quanto non si pensi, che non vogliono cedere alla tentazione di «normalizzare l’anormale» e non progettano di «avere delle avventure» o di «fare un figlio» per realizzarsi. Il quotidiano è spesso avvilente per questi «veri single» che sono oggetto di commenti maleducati o sospettosi. Quanto a quelli e a quelle che sono «da sempre» vergini, finiscono per chiedersi se sono «normali». Un interrogativo che diventa cruciale, se non esistenziale, quando delle voci o dei media riportano i casi di sacerdoti o religiosi, persone che hanno scelto liberamente il celibato/nubilato, che non hanno rispettato il voto di castità. Frustrazioni economiche e fiscali Da una quindicina d’anni alcuni osservatori delle realtà economiche e sociali (soprattutto l’Union nationale des groupes d’action pour la défense des persone vivant seules, UNAGRAPS) informano l’opinione pubblica di alcune ingiustizie di cui i single sono vittime. Lo scarto del tenore di vita fra il menage di una persona e quello di due persone (senza figli) con due stipendi è stato calcolato del 30% dall’UNAGRAPS. Invece di compensare tale scarto diminuendo le tasse delle persone che vivono sole, il sistema fiscale francese di imposta sul reddito (col sistema del quoziente familiare) le aumenta. I single pagano così quasi il doppio delle tasse di chi vive in coppia, mentre i costi ineliminabili (affitto, assicurazioni, elettricità…) sono praticamente identici nei due casi. Penalizzazione aggravata dagli sgravi fiscali concessi alle coppie di fatto dal 1999. In materia di eredità, in compenso, lo stato di recente ha deciso di abbassare le imposte di successione: un single che vuole lasciare i suoi beni ai nipoti non è più costretto a versare il 55% al fisco, ma solo il 35% (contro il 5,75% dei genitori che lasciano i beni ai figli, in linea diretta). Frustrazioni sociali e familiari In certi ambienti esistono nei confronti dei single altre discriminazioni più insidiose: pranzi sociali ai quali non sono invitati (per timore di non sapere accanto a chi farli sedere a tavola); l’obbligo di prendere le ferie fuori dal periodo delle vacanze scolastiche; minor considerazione da parte dei genitori rispetto a fratelli e sorelle sposati; spirito di sacrificio nei confronti dei genitori dato per scontato… Si tratta di segnali di una scarsa considerazione sociale e familiare che fa pensare che, in una società insieme sicuritaria e colpevolizzante, l’apparente insuccesso affettivo che il celibato/nubilato rappresenta faccia paura alla stregua della disoccupazione, in quanto apparente insuccesso professionale. Di fatto quello che la società pensa inconsciamente del celibato/nubilato – «se una persona è single, è perché l’ha voluto» – è colpevolizzante. E quando questa opinione della società si combina a quella che il single ha di se stesso – «se sono single, signi- 579-584:REGDOC 17-2008.qxd 8-10-2010 13:05 Pagina 581 fica che ho qualcosa che non va» –, il connubio delle due colpevolizzazioni porta le persone a chiudersi in se stesse. Frustrazioni ecclesiastiche Un gran numero di single cattolici si sente sottovalutato nella Chiesa: troppo rare sono le preghiere dei fedeli fatte per loro; non ci sono lettere apostoliche né testi di magistero a loro dedicati; ancora pochi sono i tempi forti o gli incontri rivolti in particolare a loro, anche se da una dozzina d’anni stanno aumentando; molti sacerdoti e predicatori non sono preparati ad affrontare l’argomento. In generale, mentre le parrocchie fanno affidamento sulla loro disponibilità, i single non si sentono accolti dalla Chiesa: d’altra parte non vanno a chiedere di partecipare ai corsi in preparazione del matrimonio, né a iscrivere i figli al catechismo... Ma quel che è peggio è che i single cattolici faticano a capire il discorso ecclesiale sulle «vocazioni» che, ai battezzati che vogliono seguire Cristo, sembra offrire solo due possibilità: il matrimonio (con molti figli) e l’ordinazione sacerdotale (o la vita religiosa). Sicché coloro che non sono stati scelti, almeno per il momento, né da un coniuge né da Dio si sentono trascurati due volte. Mentre c’è chi incontra il provvidenziale fidanzato o chi capisce di essere chiamato al sacerdozio, i single si sentono «dimenticati da Dio» per riprendere il titolo del libro di Dominique de Monléon!3 TRACCE PER LA RICERCA Parlare di più del corpo Il risentimento dei single laici che nasce dalle frustrazioni affettive e sessuali e dalla scarsa considerazione familiare e sociale non è legato soltanto al celibato/nubilato, ma anche a una certa visione antropologica contemporanea. Perché il celibato/nubilato casto4 pone una questione antropologica: a cosa serve la differenza uomo/donna se non c’è la possibilità di incontri sessuali? Cosa fare del proprio corpo sessuato se non può essere fecondo? Che senso ha un tale corpo in se stesso se non può trasmettere la vita di generazione in generazione? Sono tutte domande che portano a parlare del corpo. Non per fare di esso un nemico da dominare, tornando a un puritanesimo rigido (con i danni psicologici che ben conosciamo), ma per testimoniare al suo riguardo una sana libertà dandogli il suo posto e null’altro che il suo posto. In occasione della preparazione al battesimo o alla cresima di persone adulte, si può per esempio incoraggiarle ad amare il proprio corpo, a riconoscerlo come «tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,19), ricordando loro che la castità viene proposta a tutti i battezzati, single o sposati e che la relazione sessuale genitale non esaurisce ogni forma d’amore. In poche parole, che non è necessario avere delle relazioni genitali per vivere appieno la propria virilità o femminilità. Così come si possono dire parole giuste e «liberatorie» sulle questioni del corpo, della sessualità, della castità… in occasione di momenti forti dedicati ai single cristiani. 1 Espressione utilizzata dal sociologo Jean-Claude Kaufmann, autore di La femme seule et le prince charmant. Enquête sur la vie en solo, Éditions Nathan, Parigi 1999; trad. it. C’era una volta il principe azzurro. Donne che vivono da sole, ma non smettono di sognare, Mondadori, Milano 2000. 2 C. LESEGRETAIN, Être ou ne pas être célibataire, Éditions Saint- Questioni che, in generale, vengono affrontate in occasione della preparazione cristiana al matrimonio, ma passate sotto silenzio nel caso dei single che si ritrovano soli a gestire la propria vita affettiva e sessuale. Distinguere tra vocazione e stato di vita Per aiutare certi single a superare il risentimento nei confronti della Chiesa si potrebbe forse ricordare la distinzione tra stato di vita e vocazione: «Attribuire allo stato di vita l’importanza della vocazione significa seminare il dubbio e il timore negli animi» riassume Dominique de Monléon. Perciò è importante ricordare (soprattutto quando si prega per le «vocazioni») che la vocazione è la chiamata che Dio rivolge a ciascuno, indipendentemente dal suo stato di vita, per vivere in pienezza la vita cristiana. L’importante è rispondere, con tutto il proprio essere, all’appello alla santità, cioè al dono di sé. Sarà bene perciò dire e ripetere che il cammino intrapreso dai laici single, a patto che si lascino condurre dallo Spirito Santo, è orientato verso il Cristo quanto il cammino dei laici sposati o dei sacerdoti. Manifestare l’interesse della Chiesa Da una quindicina d’anni le iniziative ecclesiastiche (gruppi di condivisione, incontri, pellegrinaggi…) rivolte ai single sono in aumento. Possono essere organizzate da congregazioni religiose (il gesuita Michel Bureau è stato pioniere in questo campo) e da nuove comunità (soprattutto l’Emmanuel, da quindici anni a La Trinité a Parigi e a Paray-le-Monial, e più di recente i canonici di SaintAugustin nello Champenois con padre Luc Ravel, prima che fosse nominato vescovo della diocesi delle Armées), da centri di spiritualità diocesani, dalle parrocchie o ancora dai santuari (soprattutto a Sainte-Anne d’Auray dove, dal 1997, un gruppo anima «il primo maggio dei single»). Senza dubbio queste iniziative ancora isolate meriterebbero di essere coordinate a livello di province ecclesiastiche. Si potrebbe addirittura pensare di nominare un responsabile dei single laici nell’ambito del Consiglio per le questioni familiari e sociali. Quello che è certo è che i single cristiani aspettano dei segnali dalla loro Chiesa che non solo li aiutino a vivere la loro condizione, ma che rappresentino la riconoscenza e l’amore che per loro nutre «la grande famiglia» che è la Chiesa, «casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono “affaticati e oppressi” (Mt 11,28)» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1658). Bisogno di speranza Il secondo atteggiamento che si trova in un gran numero di single, anche se espresso in modi diversi, è il sentimento di vivere nell’attesa di un incontro provvidenziale. Attesa che porta a una certa incapacità di decidere e di prendere in mano la propria vita. Paul, Versailles 1998; I. PASCAL, Célibataires. Osez le mariage, Éditions Saint-Paul, Versailles 1999. 3 D. DE MONLÉON, Dieu ne m’a pas oublié, Éditions Saint-Paul, Versailles 2001. 4 C. PLETTNER, Le corps bouleversé. Choisir le célibat, Desclée de Brouwer, Parigi 2002. IL REGNO - DOCUMENTI 17/2010 581 579-584:REGDOC 17-2008.qxd 8-10-2010 13:05 Pagina 582 S tudi e commenti ELEMENTI PER L’ANALISI L’angoscia del domani Cambiare tipo di lavoro, acquistare un appartamento o trasferirsi in un’altra città… Come si possono fare progetti del genere se il desiderio dell’incontro di un essere amato è talmente forte da rimettere tutto in causa? Quando si è single, diventa ancora più difficile prendere certe decisioni per due motivi: perché non c’è una visione chiara del proprio futuro e perché non si ha il coraggio d’immaginare che questo «celibato/nubilato d’attesa» si possa prolungare. Una tale attesa genera inquietudine e a volte un’angoscia profonda. Inoltre il single non può proiettarsi nel futuro secondo le tappe abituali dell’esistenza: diventare genitori, vedere i propri figli crescere e sposarsi a loro volta, diventare nonni. Questa impossibilità ad «adattarsi ai modelli» dei più per guardare al futuro può essere angosciante, soprattutto al momento della pensione. Fuga e dispersione Pensando di aumentare le chance d’«incontrare qualcuno», molti single cercano occasioni di contatto soprattutto con Internet (il sito Meetic ha un grande successo, anche tra i cristiani). Alcuni di essi avranno effettivamente la possibilità di fare un incontro decisivo, molti altri non faranno che disperdersi col rischio di perdersi del tutto. Bisogna dire che il celibato/nubilato è diventato un vero e proprio mercato e i single l’oggetto di un marketing telematico! D’altronde molti dei «consigli» dispensati dalle riviste o dalle agenzie per single incoraggiano senza coerenza una tale dispersione fra esperienze sportive, uscite in gruppo, stage di sviluppo personale e incontri effimeri. I single soffrono quando vengono tacciati di egoismo o dilettantismo, perché scopo del loro agire è quello di conoscersi meglio e di prepararsi all’incontro. L’amicizia dimenticata Preoccupati, se non ossessionati, dall’incontro con un potenziale coniuge molti single, soprattutto donne tra i 25 e i 35 anni, non sembrano più disponibili a legarsi in rapporti di amicizia, cioè delle relazioni gratuite dove l’altro viene scoperto poco a poco, apprezzato e amato per ciò che è. È anche vero che, considerato che le coppie si formano a un’età sempre più precoce, molti giovani adulti non hanno avuto il tempo di vivere qualche bella amicizia in gioventù. Pertanto, se non altro per mostrare la sua capacità di amare, il single può allenarsi ad amare in un rapporto di amicizia. TRACCE PER LA RICERCA Ricordare il senso di ogni esistenza Nel momento in cui la Chiesa insiste, a giusto titolo, nel difendere la famiglia in quanto prima cellula di socializzazione e di evangelizzazione, sarebbe opportuno ricordare il senso di ogni esistenza. La Chiesa non è forse il luogo dove ciascuno può riconoscersi accolto e amato da Dio in quanto figlio o figlio del Padre, cioè in quanto persona unica? D’altronde il Cristo s’interessava alle persone a prescindere dal loro stato civile; gli unici testi evangelici che fanno riferimento a un coniuge o a dei figli sono quelli della 582 IL REGNO - DOCUMENTI 17/2010 samaritana, che ha avuto cinque mariti e almeno sei uomini (cf. Gv 4), della cananea con la figlia tormentata da un demonio (cf. Mt 15,22) e di Giairo, capo della sinagoga, la cui figlia è in punto di morte (cf. Mc 5,22). In un certo senso il single cercherà il senso della propria vita, il senso della vita più di una persona sposata e con dei figli. «I single sono in prima linea nella ricerca di senso» diceva il gesuita Michel Bureau (deceduto nel 2005). La Chiesa potrebbe anche ricordare che se il senso di ciò che viviamo non si coglie appieno su questa terra, potrà essere colto meglio in una prospettiva escatologica. Perché Cristo è il solo avvenire dell’uomo. Tornare a parlare di speranza Molti single cristiani vorrebbero, senza saperlo esprimere chiaramente, che si desse più spazio alla speranza in quanto virtù da coltivare. Cioè non solo in quanto certezza interiore che Dio vuole la felicità di tutti i suoi figli, qui e ora, ma che la loro partecipazione attiva alla costruzione del Regno, anche se non immediatamente visibile, porterà frutto prima o poi, a volte anche dopo la morte. Se non possono avere dei progetti da seguire per il futuro, i single possono però nutrire una grande fiducia nel loro avvenire divino, nell’eternità promessa dal Padre. Ignorando il domani, non sono forse avvantaggiati per mettere in luce il valore dell’istante presente? Mostrando appunto che l’istante presente può essere vissuto con e per Dio, nella fedeltà alla sua Parola. «Il grande vuoto vissuto dai single invoca la venuta di Cristo e fa passare dall’attesa alla speranza» scrive Dominique de Monléon. Per il single, per il quale l’essenziale non è compiuto, questa fedeltà passa attraverso una povertà accettata paragonabile a quella dell’ebrea Ester che diceva: «Sono sola e non ho che Te». In una società in cui si cerca di essere protetti ed esauditi, i single possono perciò diventare delle bussole che ricordano che l’unico bisogno degli uomini è quello di un Dio d’amore. Rivalutare l’amicizia Ogni single possiede delle capacità che è sufficiente riscoprire. In tal senso sarà bene incoraggiarli a vivere delle sane relazioni di amicizia, senza seduzione né gelosia, senza possesso né ricerca di esclusività. «La nostra vita umana è fatta per esercitarci a condividere con il maggior numero possibile di esseri umani l’amore d’amicizia in cui ci ameremo per l’eternità» scriveva Tommaso d’Aquino. E in questo ambito i single hanno tante più possibilità quanto più sono disponibili. Se sapranno essere attenti e discreti, potranno essere preziosi per tante persone a loro vicine, ai colleghi sposati o divorziati che si rivolgeranno a loro. Infine, più che per altri, per i single è importante capire che se è essenziale amare sé stessi, è però nel rapporto di amicizia con Cristo che ci si scopre davvero in tutto il proprio spessore umano. Ricerca di fecondità Per presentare il terzo atteggiamento è necessario sottolineare come la ricerca di una fecondità sia insita nel 579-584:REGDOC 17-2008.qxd 8-10-2010 13:05 Pagina 583 cuore di ogni essere umano. Ricerca che diventa più pressante se l’individuo non può inserirsi nella catena delle generazioni trasmettendo la vita. ELEMENTI PER L’ANALISI Valori dell’infanzia sopravvalutati I valori che contano oggi: la spontaneità gioiosa, la creatività ludica, l’immediatezza nella soddisfazione, l’assenza di progetti a lungo termine spesso sembrano appartenere al mondo dell’infanzia. Al contrario gli atteggiamenti cosiddetti «adulti»: autorità, trasmissione del sapere, rispetto della parola data e della legge, sembrano denigrati, sottovalutati. Avere dei figli, vivere con loro sembra perciò necessario per «non essere tagliati fuori» e gli adulti che non ne hanno, che siano single o coppie sterili, si sentono non solo messi in disparte, ma «inferiori». Non stupisce perciò che molti single cristiani, soprattutto donne, si sentano «obbligati» ad avere o a crescere dei figli anche a costo di mettersi in coppia con un uomo divorziato, padre di famiglia. Quando il lavoro è l’unico riconoscimento Anche il lavoro più gratificante non è sufficiente per la compiutezza di una persona. Tuttavia grande è la tentazione di «compensare» con un successo professionale quello che appare come un fallimento affettivo. Tanto più che carrierismo o attivismo possono essere incoraggiati, anche negli ambienti cristiani, da discorsi generici che alimentano la confusione tra efficacia e fecondità, tra lavoro e opera. Quando il lavoro diventa l’unico riconoscimento da parte della società i single, maschi o femmine, disoccupati o che esercitano una professione di basso profilo sociale sono penalizzati. Focalizzarsi sul successo professionale rischia inoltre di ostacolare l’incontro e di essere fonte di competizione tra uomini e donne: cosa posso portare a questa donna se ha già tutto? Cosa mi può portare quest’uomo se non è laureato come me? Diventa difficile scoprirsi in un clima simile. Pochi modelli di single laici Detto ciò, esistono alcune figure conosciute di single cristiani non consacrati che hanno saputo dare un senso e una fecondità a uno stato di vita, almeno all’inizio non scelta, attraverso un’opera scientifica o artistica o esercitando una professione orientata all’umano o al sociale. Ricordiamo Robert Schuman (1886-1963), considerato uno dei «padri fondatori dell’Europa», o Régine Pernoud (1909-1998), la storica che ha consacrato la sua vita allo studio del Medioevo. Fra le figure più vicine a noi Jean Vanier, fondatore delle comunità dell’Arca, Lucienne Sallé, già membro del Pontificio consiglio per i laici, Michaël Lonsdale, attore internazionale che crea o recita in lavori teatrali dedicati a figure di santi, Jean-Marie Pelt, botanico e fondatore dell’Istituto europeo di ecologia a Metz. Sicuramente esistono altre figure di single laici meno conosciuti, ma testimoni anch’essi di una disponibilità benevola e di una generosa intelligenza, che potrebbero essere portati a esempio in occasione dei raduni della gioventù. Perché non si creda che soltanto un sacerdote/suora o padre/madre di una famiglia numerosa possa essere un buon/buona cristiano/a. TRACCE PER LA RICERCA Parlare della fecondità di ciascuno nella Chiesa La normale vocazione di ogni uomo e di ogni donna è quella di donarsi completamente, nel matrimonio o nella vita consacrata. Ma questo dono totale di sé non deve essere inteso in senso ampio, soprattutto dopo il Vaticano II e la costituzione pastorale Gaudium et spes? Quando la persona si dona sinceramente, nella libertà, nella verità e nell’amore non è forse al servizio del Regno? Inoltre i single non consacrati sono non solo a pieno titolo membri del popolo di Dio, ma sono anche «particolarmente vicini al cuore di Gesù e meritano affetto e premurosa sollecitudine da parte della Chiesa e in modo speciale dei pastori» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1658). Attribuire questo ruolo ai single laici nell’istituzione ecclesiale non significa necessariamente affidare loro una funzione o chiamarli a servire in parrocchia o nel cappellanato. Significa piuttosto rivalutare il battesimo in quanto datore della grazia inesauribile di vivere alla sequela di Cristo. I single che a volte soffrono per non avere ricevuto un sacramento specifico (del matrimonio o dell’ordinazione) potrebbero in questo modo avere la certezza che il battesimo è sufficiente. Infine attribuire questo ruolo significa ricordare che ciascuno è chiamato a una fecondità che non si misura con il numero dei figli o dei successi professionali, che non dipende né dai talenti né dagli sforzi, ma che fa parte di una disponibilità interiore e di un’obbedienza a Dio. Evitare una pastorale specifica Esistono dei single cristiani che vorrebbero inventare una «pastorale dei single» così come, negli anni Cinquanta, alcune coppie cristiane istituirono una «pastorale delle coppie» (con le Équipes Notre-Dame, per esempio). Ma la Chiesa racchiude tutto il popolo di Dio, unificato nella sua diversità. Una «pastorale» destinata ai single non dovrebbe perciò isolarli. D’altronde, la testimonianza del vero celibato/nubilato può soltanto crescere positivamente quando l’immagine della coppia è sempre più fragile. Un approccio più specifico dei single da parte di alcune diocesi o decanati, però, potrebbe aiutare a entrare in una vera relazione con Cristo e ad avvicinare le persone alla preghiera e ad accostarsi ai sacramenti. Una pastorale di questo tipo può essere vissuta sotto forma di condivisione, di preghiera e di adorazione come già accade in alcune parrocchie parigine in occasione delle serate di «preghiera per le vocazioni». Ma anche mediante l’accompagnamento spirituale per aiutare, con delicatezza, i single cristiani a esprimere i loro sentimenti di sconfitta e di colpevolezza, i dubbi dolorosi che nutrono nei confronti di se stessi; a rileggere una storia personale più o meno dolorosa, segnata da rifiuti e sconfitte amorose, da un’immagine negativa della coppia, o da difficoltà d’identità sessuali. Tante ferite che, senza essere determinanti, possono ostacolare l’incontro con l’altro sesso e l’impegno in una vita di coppia. Così accompagnati, molti single possono passare dal giudizio: «la mia situazione è normale?» IL REGNO - DOCUMENTI 17/2010 583 579-584:REGDOC 17-2008.qxd 8-10-2010 13:05 Pagina 584 S tudi e commenti alla responsabilità: «cosa posso fare perché la mia situazione cambi?». Sicuramente i sacerdoti sono già molto sollecitati, ma forse le parrocchie e i movimenti potrebbero proporre, ai cristiani che lo desiderano, una formazione all’ascolto e all’accompagnamento individuale per poter offrire in seguito un tale aiuto. Il coraggio di proporre forme di vita comune Molti single cristiani desiderano essere sostenuti nella vita di preghiera. C’è chi si rivolge ai movimenti spirituali per laici (come la Comunità di vita cristiana), a nuove comunità (soprattutto l’Emmanuel) o a una «famiglia evangelica» (come la intende suor Colette Delisy, che ha dedicato la sua tesi di teologia a queste nuove fraternità di laici vicini a una congregazione, una spiritualità o un fondatore). Non si potrebbero anche reinventare delle forme di vita comune e di aiuto reciproco fra single cristiani partendo dai quartieri, attraverso un confronto caloroso, attivo e ben inserito? Come succede a Louvain-la-Neuve (Belgio) dove, dal 1995, esiste una sorta di «beghinaggio moderno»5 che riunisce una dozzina di centri di pensionati di ogni stato civile: sposati, divorziati, vedovi o single. Perché non proporlo a dei single cristiani che abbiano passato i 45-50 anni che vivono in uno stesso quartiere, in case o appartamenti indipendenti? Questo permetterebbe loro di ritrovarsi per dei momenti di preghiera regolari e per prestare insieme DIRETTORE RESPONSABILE p. Lorenzo Prezzi VICEDIRETTORE CAPOREDATTORE PER ATTUALITÀ Gianfranco Brunelli CAPOREDATTORE PER DOCUMENTI Guido Mocellin REDAZIONE p. Alfio Filippi (Direttore editoriale EDB) / Gianfranco Brunelli / Alessandra Deoriti / Maria Elisabetta Gandolfi / p. Marcello Matté / Guido Mocellin / p. Marcello Neri / p. Lorenzo Prezzi / Daniela Sala / Piero Stefani / Francesco Strazzari / Antonio Torresin EDITORE Centro Editoriale Dehoniano, spa PROGETTO GRAFICO Scoutdesign Srl STAMPA Industrie grafiche Labanti e Nanni Crespellano (BO) Registrazione del Tribunale di Bologna N. 2237 del 24.10.1957. IL REGNO - DOCUMENTI ABBONAMENTI tel. 051/4290077 - fax 051/4290099 e-mail: [email protected] QUOTE DI ABBONAMENTO PER L’ANNO 2011 Il Regno - attualità + documenti + Annale 2011- Italia € 61,00; SEGRETARIA DI REDAZIONE Chiara Scesa 584 DIREZIONE E REDAZIONE Via Nosadella, 6 40123 Bologna tel. 051/3392611 - fax 051/331354 www.ilregno.it e-mail: [email protected] 17/2010 Europa € 99,50; Resto del mondo € 111,50. un servizio sociale o pastorale legato al quartiere o alla parrocchia. Riconoscere che la Chiesa accoglie molti single Dato che i single si riconoscono come «poveri in spirito», «di essi è il regno dei cieli», come recita la prima beatitudine (Mt 5,3), la sola con il verbo al presente. E se di essi è il regno dei cieli, i single avranno tutto ciò che desiderano dal Padre fin da ora. Possono perciò permettersi di chiedere tanto, per sé e per gli altri. Grazie a questa loro capacità d’intercessione, si potrebbe avere l’audacia di invitare i single a sentirsi chiamati a compassione e a pregare con il mondo, soprattutto con tutti coloro che soffrono per l’isolamento e la solitudine. Conclusione Verrà fatta servendosi di tre verbi: accettare, prendersi cura e invitare. Accettare Accettare di non avere l’ultima parola sul celibato/nubilato significa uscire dalle categorie sposato/single, laico/consacrato. Significa aiutare i single non solo a «uscire» dal loro celibato/nubilato, ma a vedere in esso una grazia per il presente, per entrare nel mistero dei tempi attuali. «Nuovi» tipi di celibato/nubilato stanno per spuntare un po’ ovunque in Occidente e sarà prudente non catalogarli subito perché nessuno sa il significato che Dio dà e donerà loro. Accettare significa infine affidarsi all’inventiva. Prendersi cura Prendersi cura dei single perché costituiscono una ricchezza per la Chiesa. Prendersi cura significa incoraggiare le parrocchie a preoccuparsi di più di loro, ad accoglierli senza diffidenza, a proporre loro più luoghi di condivisione, più momenti forti. Famiglie e sacerdoti scopriranno allora che i single possono diventare dei veri punti d’appoggio. Prendersi cura significa infine essere più delicati, più riconoscenti. Il Regno - attualità + documenti Italia € 58,50; Europa € 97,00; Resto del mondo € 109,00. Solo Attualità o solo Documenti Italia € 42,00; Europa € 64,00; Resto del mondo € 69,00. Una copia e arretrati: € 3,70. CCP 264408 intestato a Centro Editoriale Dehoniano. Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Chiuso in tipografia l’8.10.2010. Il n. 15 è stato spedito il 17.9.2010; il n. 16 il 5.10.2010. In copertina: SICILIANIGENNARI/FIR, Viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito: 17 settembre, Westminster Abbey, Londra e 16 settembre, Edimburgo. Invitare Invitare a riflettere e a lavorare sul senso del celibato/nubilato non consacrato come figura per la Chiesa di oggi, che presuppone di non sacralizzare la vita consacrata. Perché la vita religiosa e il matrimonio sono solo dei mezzi: l’unico fine è la relazione con Dio, la vita con Cristo. Single consacrati o non consacrati hanno molte cose da dirsi. CLAIRE LESEGRETAIN* 5 Cf. «L’étonnante modernité des béguinages», in La Croix 12.12.2002. * Claire Lesegretain è giornalista e autrice di tre libri: Les grands ordres religieux, Fayard, Parigi 1990 (trad. it. Gli ordini religiosi ieri e oggi. Manuale degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, Massimo, Milano 1993); Être ou ne pas être célibataire, Éditions Saint-Paul, Versailles 1998; Les chrétiens et l’homosexualité, l’enquête, Presses de la Renaissance, Parigi 2004.