La Chiesa ei single

Transcript

La Chiesa ei single
579-584:REGDOC 17-2008.qxd
8-10-2010
13:05
Pagina 579
S
tudi e commenti
La Chiesa
e i single
Introduzione
Claire Lesegretain
Una definizione amministrativa inadatta
Chi sono i single? È giusto indicarli
come «chi ha l’età per essere sposato
ma non lo è»? E, poi, si pensano single
i single? Sono questi gli interrogativi
che i vescovi francesi hanno rivolto a
Claire Lesegretain, giornalista de La
Croix e scrittrice esperta del tema.
Evitando il tranello d’invocare l’ennesimo nuovo settore pastorale, Lesegretain invita innanzitutto alla prudenza nelle definizioni. La categoria
single può comprendere sacerdoti,
suore, separati, divorziati, conviventi
e anche coloro che non sono sposati né
vivono attualmente in un rapporto di
coppia. Quest’ultimo gruppo, che ha
una discreta consistenza numerica,
corre però il rischio di non sentirsi
appieno popolo di Dio perché da un
lato «l’attesa di un incontro provvidenziale» lo pone in «una certa incapacità di prendere in mano la propria
vita», e, dall’altro è spesso risentito
per la disattenzione della comunità.
Mettere nuovamente in primo piano il
fatto che la sequela di Cristo è una
chiamata personale per la quale «il
battesimo è sufficiente» significa liberarsi da schematizzazioni sclerotizzanti e avere il coraggio di sperimentare forme pastorali nuove.
«Célibats, célibataires. Quelles perspectives
en Église?», in Documents Épiscopat (2010)
3. Nostra traduzione dal francese.
IL REGNO -
DOCUMENTI
17/2010
Inizieremo con qualche osservazione che serva a chiarire l’argomento.
Il celibato/nubilato, in quanto categoria sociale, non esiste! Esistono invece i single, molto diversi tra di loro…
Tenere questo a mente significa innanzitutto sottolineare
come la definizione comune del single – «chi ha l’età per
essere sposato, ma non lo è» secondo il dizionario Le Robert
– è diventata non adatta in quanto contrappone il celibato/nubilato al matrimonio (in calo) e non alla vita di coppia
(in aumento). L’ultimo censimento (1999) parla di 12 milioni di single oltre i 20 anni in Francia, di cui 6,6 milioni sono
maschi e 5,4 femmine. Ma a questi 12 milioni di single – cioè
il 20% dei francesi oltre i 20 anni, che pone la Francia nella
media dei paesi europei dietro l’Olanda (28%) o la
Danimarca (27%), ma davanti alla Spagna (9%) o al
Portogallo (7%) – corrispondono molteplici situazioni.
La categoria amministrativa celibe/nubile comprende
oggi (oltre ai sacerdoti, alle suore e ai consacrati) più di 4
milioni di conviventi eterosessuali (anche se la durata della
coppia e spesso i figli che nascono testimoniano un impegno
reale) e 307.000 «coppie di fatto» (dato della fine del 2007)
che condividono «un progetto di vita comune» con un partner dell’altro sesso o dello stesso sesso. In questa categoria
rientrano anche 60.000 concubini non conviventi (CNC,
per i sociologi) e 700.000 single con uno o più figli (soprattutto donne, in ambiente urbano). Incrociando le statistiche
dei single e delle persone che vivono sole si arriva a quasi 4
milioni di «veri single»che presentano profili assai diversi.
Quali punti in comune possono avere un agricoltore che
vive in una valle sperduta dell’Ardèche (dipartimento francese della regione Rhône-Alpes; ndr) e un dirigente di Parigi
dal forte potere d’acquisto? Infine, anche se i sociologi distinguono un «celibato/nubilato d’attesa» prima dei 40 anni e
un «celibato/nubilato definitivo» dopo tale età, è sempre più
frequente sposarsi (per la prima volta) dopo i 40 anni.
Una confusione di stati di vita
Il termine «single» è ormai usato per parlare di «vie en
solo»,1 cioè per qualificare una persona che «non divide la
579
579-584:REGDOC 17-2008.qxd
8-10-2010
13:05
Pagina 580
S
tudi e commenti
sua vita con qualcuno». Così persone divorziate o vedove
che non si sono (ancora) «rifatte una vita» in coppia sono
spesso considerate dalla cerchia di amici e conoscenti come
«single». Anche se sono già state sposate due volte e hanno
tre figli… Bisogna forse vedere in questa confusione il desiderio di cancellare ogni traccia di esperienza coniugale passata? È certo comunque che fra i «veri single» che non
hanno mai vissuto in coppia c’è chi non è contento di vedersi paragonato a un divorziato. Malgrado ciò, in occasione di
incontri recenti ai quali si erano iscritti dei divorziati o dei
vedovi (alcuni con figli), ho potuto constatare che tra questi
e i «veri single» c’era un dialogo costruttivo.
Nessun senso di appartenenza
Ricordare che ogni single è unico significa anche affermare quello che sembra essere un tratto saliente dei veri single: la maggior parte di essi, per quanto diversi siano, stenta
a riconoscersi come tale. Sono numerosi coloro, uomini e
donne, che non si riconoscono in questa categoria e che la
vivono nel migliore dei casi come un’etichetta sociale, nel
peggiore come una scarsa considerazione personale. È difficile per loro, di punto in bianco, sentirsi parte di questa categoria amministrativa e sociale.
Tre «atteggiamenti»
Queste prime riflessioni invitano alla prudenza, perché
generalizzare a proposito dei single significa rischiare di non
capirli affatto. In compenso, interessarsi alla peculiarità di
ogni single significa trovare degli strumenti per individuare
quelli che i sociologi chiamano «atteggiamenti», cioè dei
modi di vivere e di pensare che caratterizzano una categoria
sociale. Noi ne abbiamo presi in considerazione tre: risentimento doloroso, bisogno di speranza e ricerca di fecondità, i
quali nascono dalle osservazioni da noi fatte e possono contribuire a una migliore conoscenza del celibato/nubilato
non volontario e non consacrato. Per ciascuno di questi
atteggiamenti proporremo degli elementi per l’analisi e delle
tracce per la ricerca, tracce che vogliono essere soltanto semplici prospettive da prendere in considerazione o da sviluppare. Poiché una tale presentazione è necessariamente arbitraria e schematica ci permettiamo, per maggiori approfondimenti, di rimandare ad altri scritti,2 alcuni passaggi dei
quali ci sono serviti per redigere questo documento.
Risentimento doloroso
Per presentare il primo atteggiamento bisogna innanzitutto sottolineare quello che sembra essere un comportamento contemporaneo molto diffuso, almeno in Occidente:
la difficoltà ad accettare frustrazioni di qualunque tipo che
vengono considerate delle ingiustizie.
ELEMENTI PER L’ANALISI
Frustrazioni affettive e sessuali
La nostra società, a forza di erotizzare la ricerca legittima di tenerezza e di fare della pratica della propria sessualità una necessità, fa nascere un sentimento di umiliazione e
quindi di rivolta in chi ne è escluso. Nelle trasmissioni televisive spesso si vedono dei single, di orientamento eteroses-
580
IL REGNO -
DOCUMENTI
17/2010
suale od omosessuale, che rivendicano con virulenza il privilegio del piacere, della vita di coppia, di avere dei figli…
come se ciascuna di queste componenti fosse fine a se stessa
e facesse nascere un diritto incondizionato.
Queste rivendicazioni, che possono cambiare a seconda
dell’ambiente di lavoro o della cerchia di amici e conoscenti, rendono dolorosa la mancanza di relazioni sessuali, l’assenza di un partner e di figli per quei single, più numerosi di
quanto non si pensi, che non vogliono cedere alla tentazione di «normalizzare l’anormale» e non progettano di «avere
delle avventure» o di «fare un figlio» per realizzarsi. Il quotidiano è spesso avvilente per questi «veri single» che sono
oggetto di commenti maleducati o sospettosi. Quanto a
quelli e a quelle che sono «da sempre» vergini, finiscono per
chiedersi se sono «normali». Un interrogativo che diventa
cruciale, se non esistenziale, quando delle voci o dei media
riportano i casi di sacerdoti o religiosi, persone che hanno
scelto liberamente il celibato/nubilato, che non hanno
rispettato il voto di castità.
Frustrazioni economiche e fiscali
Da una quindicina d’anni alcuni osservatori delle realtà
economiche e sociali (soprattutto l’Union nationale des
groupes d’action pour la défense des persone vivant seules,
UNAGRAPS) informano l’opinione pubblica di alcune
ingiustizie di cui i single sono vittime. Lo scarto del tenore di
vita fra il menage di una persona e quello di due persone
(senza figli) con due stipendi è stato calcolato del 30%
dall’UNAGRAPS. Invece di compensare tale scarto diminuendo le tasse delle persone che vivono sole, il sistema fiscale francese di imposta sul reddito (col sistema del quoziente
familiare) le aumenta. I single pagano così quasi il doppio
delle tasse di chi vive in coppia, mentre i costi ineliminabili
(affitto, assicurazioni, elettricità…) sono praticamente identici nei due casi. Penalizzazione aggravata dagli sgravi fiscali concessi alle coppie di fatto dal 1999. In materia di eredità, in compenso, lo stato di recente ha deciso di abbassare le
imposte di successione: un single che vuole lasciare i suoi
beni ai nipoti non è più costretto a versare il 55% al fisco, ma
solo il 35% (contro il 5,75% dei genitori che lasciano i beni
ai figli, in linea diretta).
Frustrazioni sociali e familiari
In certi ambienti esistono nei confronti dei single altre
discriminazioni più insidiose: pranzi sociali ai quali non
sono invitati (per timore di non sapere accanto a chi farli
sedere a tavola); l’obbligo di prendere le ferie fuori dal
periodo delle vacanze scolastiche; minor considerazione
da parte dei genitori rispetto a fratelli e sorelle sposati; spirito di sacrificio nei confronti dei genitori dato per scontato… Si tratta di segnali di una scarsa considerazione
sociale e familiare che fa pensare che, in una società insieme sicuritaria e colpevolizzante, l’apparente insuccesso
affettivo che il celibato/nubilato rappresenta faccia paura
alla stregua della disoccupazione, in quanto apparente
insuccesso professionale. Di fatto quello che la società
pensa inconsciamente del celibato/nubilato – «se una
persona è single, è perché l’ha voluto» – è colpevolizzante. E quando questa opinione della società si combina a
quella che il single ha di se stesso – «se sono single, signi-
579-584:REGDOC 17-2008.qxd
8-10-2010
13:05
Pagina 581
fica che ho qualcosa che non va» –, il connubio delle due
colpevolizzazioni porta le persone a chiudersi in se stesse.
Frustrazioni ecclesiastiche
Un gran numero di single cattolici si sente sottovalutato
nella Chiesa: troppo rare sono le preghiere dei fedeli fatte
per loro; non ci sono lettere apostoliche né testi di magistero
a loro dedicati; ancora pochi sono i tempi forti o gli incontri
rivolti in particolare a loro, anche se da una dozzina d’anni
stanno aumentando; molti sacerdoti e predicatori non sono
preparati ad affrontare l’argomento. In generale, mentre le
parrocchie fanno affidamento sulla loro disponibilità, i single
non si sentono accolti dalla Chiesa: d’altra parte non vanno
a chiedere di partecipare ai corsi in preparazione del matrimonio, né a iscrivere i figli al catechismo...
Ma quel che è peggio è che i single cattolici faticano a
capire il discorso ecclesiale sulle «vocazioni» che, ai battezzati che vogliono seguire Cristo, sembra offrire solo due possibilità: il matrimonio (con molti figli) e l’ordinazione sacerdotale (o la vita religiosa). Sicché coloro che non sono stati
scelti, almeno per il momento, né da un coniuge né da Dio
si sentono trascurati due volte. Mentre c’è chi incontra il
provvidenziale fidanzato o chi capisce di essere chiamato al
sacerdozio, i single si sentono «dimenticati da Dio» per
riprendere il titolo del libro di Dominique de Monléon!3
TRACCE PER LA RICERCA
Parlare di più del corpo
Il risentimento dei single laici che nasce dalle frustrazioni affettive e sessuali e dalla scarsa considerazione familiare
e sociale non è legato soltanto al celibato/nubilato, ma
anche a una certa visione antropologica contemporanea.
Perché il celibato/nubilato casto4 pone una questione antropologica: a cosa serve la differenza uomo/donna se non c’è
la possibilità di incontri sessuali? Cosa fare del proprio corpo
sessuato se non può essere fecondo? Che senso ha un tale
corpo in se stesso se non può trasmettere la vita di generazione in generazione? Sono tutte domande che portano a
parlare del corpo. Non per fare di esso un nemico da dominare, tornando a un puritanesimo rigido (con i danni psicologici che ben conosciamo), ma per testimoniare al suo
riguardo una sana libertà dandogli il suo posto e null’altro
che il suo posto. In occasione della preparazione al battesimo o alla cresima di persone adulte, si può per esempio
incoraggiarle ad amare il proprio corpo, a riconoscerlo
come «tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,19), ricordando
loro che la castità viene proposta a tutti i battezzati, single o
sposati e che la relazione sessuale genitale non esaurisce ogni
forma d’amore. In poche parole, che non è necessario avere
delle relazioni genitali per vivere appieno la propria virilità
o femminilità.
Così come si possono dire parole giuste e «liberatorie»
sulle questioni del corpo, della sessualità, della castità… in
occasione di momenti forti dedicati ai single cristiani.
1 Espressione utilizzata dal sociologo Jean-Claude Kaufmann,
autore di La femme seule et le prince charmant. Enquête sur la vie en
solo, Éditions Nathan, Parigi 1999; trad. it. C’era una volta il principe
azzurro. Donne che vivono da sole, ma non smettono di sognare,
Mondadori, Milano 2000.
2 C. LESEGRETAIN, Être ou ne pas être célibataire, Éditions Saint-
Questioni che, in generale, vengono affrontate in occasione
della preparazione cristiana al matrimonio, ma passate sotto
silenzio nel caso dei single che si ritrovano soli a gestire la
propria vita affettiva e sessuale.
Distinguere tra vocazione e stato di vita
Per aiutare certi single a superare il risentimento nei confronti della Chiesa si potrebbe forse ricordare la distinzione
tra stato di vita e vocazione: «Attribuire allo stato di vita
l’importanza della vocazione significa seminare il dubbio e il
timore negli animi» riassume Dominique de Monléon.
Perciò è importante ricordare (soprattutto quando si prega
per le «vocazioni») che la vocazione è la chiamata che Dio
rivolge a ciascuno, indipendentemente dal suo stato di vita,
per vivere in pienezza la vita cristiana. L’importante è
rispondere, con tutto il proprio essere, all’appello alla santità, cioè al dono di sé. Sarà bene perciò dire e ripetere che il
cammino intrapreso dai laici single, a patto che si lascino
condurre dallo Spirito Santo, è orientato verso il Cristo
quanto il cammino dei laici sposati o dei sacerdoti.
Manifestare l’interesse della Chiesa
Da una quindicina d’anni le iniziative ecclesiastiche
(gruppi di condivisione, incontri, pellegrinaggi…) rivolte ai
single sono in aumento. Possono essere organizzate da congregazioni religiose (il gesuita Michel Bureau è stato pioniere in questo campo) e da nuove comunità (soprattutto
l’Emmanuel, da quindici anni a La Trinité a Parigi e a
Paray-le-Monial, e più di recente i canonici di SaintAugustin nello Champenois con padre Luc Ravel, prima
che fosse nominato vescovo della diocesi delle Armées), da
centri di spiritualità diocesani, dalle parrocchie o ancora dai
santuari (soprattutto a Sainte-Anne d’Auray dove, dal 1997,
un gruppo anima «il primo maggio dei single»). Senza dubbio queste iniziative ancora isolate meriterebbero di essere
coordinate a livello di province ecclesiastiche. Si potrebbe
addirittura pensare di nominare un responsabile dei single
laici nell’ambito del Consiglio per le questioni familiari e
sociali. Quello che è certo è che i single cristiani aspettano
dei segnali dalla loro Chiesa che non solo li aiutino a vivere
la loro condizione, ma che rappresentino la riconoscenza e
l’amore che per loro nutre «la grande famiglia» che è la
Chiesa, «casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti
sono “affaticati e oppressi” (Mt 11,28)» (Catechismo della
Chiesa cattolica, n. 1658).
Bisogno di speranza
Il secondo atteggiamento che si trova in un gran numero di single, anche se espresso in modi diversi, è il sentimento di vivere nell’attesa di un incontro provvidenziale. Attesa
che porta a una certa incapacità di decidere e di prendere in
mano la propria vita.
Paul, Versailles 1998; I. PASCAL, Célibataires. Osez le mariage, Éditions
Saint-Paul, Versailles 1999.
3 D. DE MONLÉON, Dieu ne m’a pas oublié, Éditions Saint-Paul,
Versailles 2001.
4 C. PLETTNER, Le corps bouleversé. Choisir le célibat, Desclée de
Brouwer, Parigi 2002.
IL REGNO -
DOCUMENTI
17/2010
581
579-584:REGDOC 17-2008.qxd
8-10-2010
13:05
Pagina 582
S
tudi e commenti
ELEMENTI PER L’ANALISI
L’angoscia del domani
Cambiare tipo di lavoro, acquistare un appartamento
o trasferirsi in un’altra città… Come si possono fare progetti del genere se il desiderio dell’incontro di un essere
amato è talmente forte da rimettere tutto in causa?
Quando si è single, diventa ancora più difficile prendere
certe decisioni per due motivi: perché non c’è una visione
chiara del proprio futuro e perché non si ha il coraggio
d’immaginare che questo «celibato/nubilato d’attesa» si
possa prolungare. Una tale attesa genera inquietudine e a
volte un’angoscia profonda. Inoltre il single non può
proiettarsi nel futuro secondo le tappe abituali dell’esistenza: diventare genitori, vedere i propri figli crescere e
sposarsi a loro volta, diventare nonni. Questa impossibilità ad «adattarsi ai modelli» dei più per guardare al futuro può essere angosciante, soprattutto al momento della
pensione.
Fuga e dispersione
Pensando di aumentare le chance d’«incontrare qualcuno», molti single cercano occasioni di contatto soprattutto con Internet (il sito Meetic ha un grande successo,
anche tra i cristiani). Alcuni di essi avranno effettivamente
la possibilità di fare un incontro decisivo, molti altri non
faranno che disperdersi col rischio di perdersi del tutto.
Bisogna dire che il celibato/nubilato è diventato un vero e
proprio mercato e i single l’oggetto di un marketing telematico! D’altronde molti dei «consigli» dispensati dalle
riviste o dalle agenzie per single incoraggiano senza
coerenza una tale dispersione fra esperienze sportive, uscite in gruppo, stage di sviluppo personale e incontri effimeri. I single soffrono quando vengono tacciati di egoismo o
dilettantismo, perché scopo del loro agire è quello di conoscersi meglio e di prepararsi all’incontro.
L’amicizia dimenticata
Preoccupati, se non ossessionati, dall’incontro con un
potenziale coniuge molti single, soprattutto donne tra i 25
e i 35 anni, non sembrano più disponibili a legarsi in rapporti di amicizia, cioè delle relazioni gratuite dove l’altro
viene scoperto poco a poco, apprezzato e amato per ciò
che è. È anche vero che, considerato che le coppie si formano a un’età sempre più precoce, molti giovani adulti
non hanno avuto il tempo di vivere qualche bella amicizia
in gioventù. Pertanto, se non altro per mostrare la sua
capacità di amare, il single può allenarsi ad amare in un
rapporto di amicizia.
TRACCE PER LA RICERCA
Ricordare il senso di ogni esistenza
Nel momento in cui la Chiesa insiste, a giusto titolo, nel
difendere la famiglia in quanto prima cellula di socializzazione e di evangelizzazione, sarebbe opportuno ricordare il
senso di ogni esistenza. La Chiesa non è forse il luogo dove
ciascuno può riconoscersi accolto e amato da Dio in quanto figlio o figlio del Padre, cioè in quanto persona unica?
D’altronde il Cristo s’interessava alle persone a prescindere dal loro stato civile; gli unici testi evangelici che fanno
riferimento a un coniuge o a dei figli sono quelli della
582
IL REGNO -
DOCUMENTI
17/2010
samaritana, che ha avuto cinque mariti e almeno sei uomini (cf. Gv 4), della cananea con la figlia tormentata da un
demonio (cf. Mt 15,22) e di Giairo, capo della sinagoga, la
cui figlia è in punto di morte (cf. Mc 5,22). In un certo
senso il single cercherà il senso della propria vita, il senso
della vita più di una persona sposata e con dei figli. «I single sono in prima linea nella ricerca di senso» diceva il
gesuita Michel Bureau (deceduto nel 2005). La Chiesa
potrebbe anche ricordare che se il senso di ciò che viviamo
non si coglie appieno su questa terra, potrà essere colto
meglio in una prospettiva escatologica. Perché Cristo è il
solo avvenire dell’uomo.
Tornare a parlare di speranza
Molti single cristiani vorrebbero, senza saperlo esprimere chiaramente, che si desse più spazio alla speranza in
quanto virtù da coltivare. Cioè non solo in quanto certezza interiore che Dio vuole la felicità di tutti i suoi figli, qui
e ora, ma che la loro partecipazione attiva alla costruzione
del Regno, anche se non immediatamente visibile, porterà
frutto prima o poi, a volte anche dopo la morte. Se non
possono avere dei progetti da seguire per il futuro, i single
possono però nutrire una grande fiducia nel loro avvenire
divino, nell’eternità promessa dal Padre. Ignorando il
domani, non sono forse avvantaggiati per mettere in luce il
valore dell’istante presente? Mostrando appunto che l’istante presente può essere vissuto con e per Dio, nella
fedeltà alla sua Parola. «Il grande vuoto vissuto dai single
invoca la venuta di Cristo e fa passare dall’attesa alla speranza» scrive Dominique de Monléon.
Per il single, per il quale l’essenziale non è compiuto,
questa fedeltà passa attraverso una povertà accettata paragonabile a quella dell’ebrea Ester che diceva: «Sono sola e
non ho che Te». In una società in cui si cerca di essere protetti ed esauditi, i single possono perciò diventare delle bussole che ricordano che l’unico bisogno degli uomini è quello di un Dio d’amore.
Rivalutare l’amicizia
Ogni single possiede delle capacità che è sufficiente
riscoprire. In tal senso sarà bene incoraggiarli a vivere delle
sane relazioni di amicizia, senza seduzione né gelosia,
senza possesso né ricerca di esclusività. «La nostra vita
umana è fatta per esercitarci a condividere con il maggior
numero possibile di esseri umani l’amore d’amicizia in cui
ci ameremo per l’eternità» scriveva Tommaso d’Aquino. E
in questo ambito i single hanno tante più possibilità quanto più sono disponibili. Se sapranno essere attenti e discreti, potranno essere preziosi per tante persone a loro vicine,
ai colleghi sposati o divorziati che si rivolgeranno a loro.
Infine, più che per altri, per i single è importante capire che
se è essenziale amare sé stessi, è però nel rapporto di amicizia con Cristo che ci si scopre davvero in tutto il proprio
spessore umano.
Ricerca di fecondità
Per presentare il terzo atteggiamento è necessario sottolineare come la ricerca di una fecondità sia insita nel
579-584:REGDOC 17-2008.qxd
8-10-2010
13:05
Pagina 583
cuore di ogni essere umano. Ricerca che diventa più pressante se l’individuo non può inserirsi nella catena delle
generazioni trasmettendo la vita.
ELEMENTI PER L’ANALISI
Valori dell’infanzia sopravvalutati
I valori che contano oggi: la spontaneità gioiosa, la
creatività ludica, l’immediatezza nella soddisfazione, l’assenza di progetti a lungo termine spesso sembrano appartenere al mondo dell’infanzia. Al contrario gli atteggiamenti cosiddetti «adulti»: autorità, trasmissione del sapere,
rispetto della parola data e della legge, sembrano denigrati, sottovalutati. Avere dei figli, vivere con loro sembra perciò necessario per «non essere tagliati fuori» e gli adulti che
non ne hanno, che siano single o coppie sterili, si sentono
non solo messi in disparte, ma «inferiori». Non stupisce
perciò che molti single cristiani, soprattutto donne, si sentano «obbligati» ad avere o a crescere dei figli anche a
costo di mettersi in coppia con un uomo divorziato, padre
di famiglia.
Quando il lavoro è l’unico riconoscimento
Anche il lavoro più gratificante non è sufficiente per la
compiutezza di una persona. Tuttavia grande è la tentazione di «compensare» con un successo professionale quello che appare come un fallimento affettivo. Tanto più che
carrierismo o attivismo possono essere incoraggiati, anche
negli ambienti cristiani, da discorsi generici che alimentano la confusione tra efficacia e fecondità, tra lavoro e
opera. Quando il lavoro diventa l’unico riconoscimento da
parte della società i single, maschi o femmine, disoccupati
o che esercitano una professione di basso profilo sociale
sono penalizzati. Focalizzarsi sul successo professionale
rischia inoltre di ostacolare l’incontro e di essere fonte di
competizione tra uomini e donne: cosa posso portare a
questa donna se ha già tutto? Cosa mi può portare quest’uomo se non è laureato come me? Diventa difficile scoprirsi in un clima simile.
Pochi modelli di single laici
Detto ciò, esistono alcune figure conosciute di single
cristiani non consacrati che hanno saputo dare un senso e
una fecondità a uno stato di vita, almeno all’inizio non scelta, attraverso un’opera scientifica o artistica o esercitando
una professione orientata all’umano o al sociale.
Ricordiamo Robert Schuman (1886-1963), considerato
uno dei «padri fondatori dell’Europa», o Régine Pernoud
(1909-1998), la storica che ha consacrato la sua vita allo
studio del Medioevo. Fra le figure più vicine a noi Jean
Vanier, fondatore delle comunità dell’Arca, Lucienne
Sallé, già membro del Pontificio consiglio per i laici,
Michaël Lonsdale, attore internazionale che crea o recita
in lavori teatrali dedicati a figure di santi, Jean-Marie Pelt,
botanico e fondatore dell’Istituto europeo di ecologia a
Metz.
Sicuramente esistono altre figure di single laici meno
conosciuti, ma testimoni anch’essi di una disponibilità
benevola e di una generosa intelligenza, che potrebbero
essere portati a esempio in occasione dei raduni della gioventù. Perché non si creda che soltanto un sacerdote/suora
o padre/madre di una famiglia numerosa possa essere un
buon/buona cristiano/a.
TRACCE PER LA RICERCA
Parlare della fecondità di ciascuno nella Chiesa
La normale vocazione di ogni uomo e di ogni donna è
quella di donarsi completamente, nel matrimonio o nella
vita consacrata. Ma questo dono totale di sé non deve essere inteso in senso ampio, soprattutto dopo il Vaticano II e
la costituzione pastorale Gaudium et spes? Quando la persona si dona sinceramente, nella libertà, nella verità e nell’amore non è forse al servizio del Regno? Inoltre i single
non consacrati sono non solo a pieno titolo membri del
popolo di Dio, ma sono anche «particolarmente vicini al
cuore di Gesù e meritano affetto e premurosa sollecitudine
da parte della Chiesa e in modo speciale dei pastori»
(Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1658).
Attribuire questo ruolo ai single laici nell’istituzione
ecclesiale non significa necessariamente affidare loro una
funzione o chiamarli a servire in parrocchia o nel cappellanato. Significa piuttosto rivalutare il battesimo in quanto datore della grazia inesauribile di vivere alla sequela di
Cristo. I single che a volte soffrono per non avere ricevuto un sacramento specifico (del matrimonio o dell’ordinazione) potrebbero in questo modo avere la certezza che il
battesimo è sufficiente. Infine attribuire questo ruolo significa ricordare che ciascuno è chiamato a una fecondità che
non si misura con il numero dei figli o dei successi professionali, che non dipende né dai talenti né dagli sforzi, ma
che fa parte di una disponibilità interiore e di un’obbedienza a Dio.
Evitare una pastorale specifica
Esistono dei single cristiani che vorrebbero inventare
una «pastorale dei single» così come, negli anni Cinquanta,
alcune coppie cristiane istituirono una «pastorale delle coppie» (con le Équipes Notre-Dame, per esempio). Ma la
Chiesa racchiude tutto il popolo di Dio, unificato nella sua
diversità. Una «pastorale» destinata ai single non dovrebbe perciò isolarli. D’altronde, la testimonianza del vero
celibato/nubilato può soltanto crescere positivamente
quando l’immagine della coppia è sempre più fragile. Un
approccio più specifico dei single da parte di alcune diocesi o decanati, però, potrebbe aiutare a entrare in una vera
relazione con Cristo e ad avvicinare le persone alla preghiera e ad accostarsi ai sacramenti.
Una pastorale di questo tipo può essere vissuta sotto
forma di condivisione, di preghiera e di adorazione come
già accade in alcune parrocchie parigine in occasione delle
serate di «preghiera per le vocazioni». Ma anche mediante l’accompagnamento spirituale per aiutare, con delicatezza, i single cristiani a esprimere i loro sentimenti di sconfitta e di colpevolezza, i dubbi dolorosi che nutrono nei
confronti di se stessi; a rileggere una storia personale più o
meno dolorosa, segnata da rifiuti e sconfitte amorose, da
un’immagine negativa della coppia, o da difficoltà d’identità sessuali. Tante ferite che, senza essere determinanti,
possono ostacolare l’incontro con l’altro sesso e l’impegno
in una vita di coppia. Così accompagnati, molti single possono passare dal giudizio: «la mia situazione è normale?»
IL REGNO -
DOCUMENTI
17/2010
583
579-584:REGDOC 17-2008.qxd
8-10-2010
13:05
Pagina 584
S
tudi e commenti
alla responsabilità: «cosa posso fare perché la mia situazione cambi?». Sicuramente i sacerdoti sono già molto sollecitati, ma forse le parrocchie e i movimenti potrebbero
proporre, ai cristiani che lo desiderano, una formazione
all’ascolto e all’accompagnamento individuale per poter
offrire in seguito un tale aiuto.
Il coraggio di proporre forme di vita comune
Molti single cristiani desiderano essere sostenuti nella
vita di preghiera. C’è chi si rivolge ai movimenti spirituali
per laici (come la Comunità di vita cristiana), a nuove
comunità (soprattutto l’Emmanuel) o a una «famiglia
evangelica» (come la intende suor Colette Delisy, che ha
dedicato la sua tesi di teologia a queste nuove fraternità di
laici vicini a una congregazione, una spiritualità o un fondatore).
Non si potrebbero anche reinventare delle forme di vita
comune e di aiuto reciproco fra single cristiani partendo
dai quartieri, attraverso un confronto caloroso, attivo e ben
inserito? Come succede a Louvain-la-Neuve (Belgio) dove,
dal 1995, esiste una sorta di «beghinaggio moderno»5 che
riunisce una dozzina di centri di pensionati di ogni stato
civile: sposati, divorziati, vedovi o single. Perché non proporlo a dei single cristiani che abbiano passato i 45-50 anni
che vivono in uno stesso quartiere, in case o appartamenti
indipendenti? Questo permetterebbe loro di ritrovarsi per
dei momenti di preghiera regolari e per prestare insieme
DIRETTORE RESPONSABILE
p. Lorenzo Prezzi
VICEDIRETTORE
CAPOREDATTORE PER ATTUALITÀ
Gianfranco Brunelli
CAPOREDATTORE PER
DOCUMENTI
Guido Mocellin
REDAZIONE
p. Alfio Filippi (Direttore editoriale
EDB) / Gianfranco Brunelli /
Alessandra Deoriti / Maria
Elisabetta Gandolfi / p. Marcello
Matté / Guido Mocellin /
p. Marcello Neri / p. Lorenzo
Prezzi / Daniela Sala / Piero
Stefani / Francesco Strazzari /
Antonio Torresin
EDITORE
Centro Editoriale Dehoniano, spa
PROGETTO GRAFICO
Scoutdesign Srl
STAMPA
Industrie grafiche Labanti e Nanni
Crespellano (BO)
Registrazione del Tribunale di
Bologna N. 2237 del 24.10.1957.
IL REGNO -
DOCUMENTI
ABBONAMENTI
tel. 051/4290077 - fax 051/4290099
e-mail: [email protected]
QUOTE DI ABBONAMENTO
PER L’ANNO 2011
Il Regno - attualità + documenti
+ Annale 2011- Italia € 61,00;
SEGRETARIA DI REDAZIONE
Chiara Scesa
584
DIREZIONE E REDAZIONE
Via Nosadella, 6
40123 Bologna
tel. 051/3392611 - fax 051/331354
www.ilregno.it
e-mail: [email protected]
17/2010
Europa € 99,50;
Resto del mondo € 111,50.
un servizio sociale o pastorale legato al quartiere o alla parrocchia.
Riconoscere che la Chiesa accoglie molti single
Dato che i single si riconoscono come «poveri in spirito», «di essi è il regno dei cieli», come recita la prima beatitudine (Mt 5,3), la sola con il verbo al presente. E se di essi
è il regno dei cieli, i single avranno tutto ciò che desiderano dal Padre fin da ora. Possono perciò permettersi di chiedere tanto, per sé e per gli altri. Grazie a questa loro capacità d’intercessione, si potrebbe avere l’audacia di invitare
i single a sentirsi chiamati a compassione e a pregare con il
mondo, soprattutto con tutti coloro che soffrono per l’isolamento e la solitudine.
Conclusione
Verrà fatta servendosi di tre verbi: accettare, prendersi
cura e invitare.
Accettare
Accettare di non avere l’ultima parola sul celibato/nubilato significa uscire dalle categorie sposato/single,
laico/consacrato. Significa aiutare i single non solo a
«uscire» dal loro celibato/nubilato, ma a vedere in esso
una grazia per il presente, per entrare nel mistero dei
tempi attuali. «Nuovi» tipi di celibato/nubilato stanno per
spuntare un po’ ovunque in Occidente e sarà prudente
non catalogarli subito perché nessuno sa il significato che
Dio dà e donerà loro. Accettare significa infine affidarsi
all’inventiva.
Prendersi cura
Prendersi cura dei single perché costituiscono una ricchezza per la Chiesa. Prendersi cura significa incoraggiare
le parrocchie a preoccuparsi di più di loro, ad accoglierli
senza diffidenza, a proporre loro più luoghi di condivisione, più momenti forti. Famiglie e sacerdoti scopriranno
allora che i single possono diventare dei veri punti d’appoggio. Prendersi cura significa infine essere più delicati,
più riconoscenti.
Il Regno - attualità + documenti Italia € 58,50; Europa € 97,00;
Resto del mondo € 109,00.
Solo Attualità o solo Documenti Italia € 42,00; Europa € 64,00;
Resto del mondo € 69,00.
Una copia e arretrati: € 3,70.
CCP 264408 intestato a Centro
Editoriale Dehoniano.
Associato all’Unione Stampa
Periodica Italiana
Chiuso in tipografia l’8.10.2010.
Il n. 15 è stato spedito il 17.9.2010;
il n. 16 il 5.10.2010.
In copertina: SICILIANIGENNARI/FIR, Viaggio
di Benedetto XVI nel Regno Unito:
17 settembre, Westminster Abbey,
Londra e 16 settembre, Edimburgo.
Invitare
Invitare a riflettere e a lavorare sul senso del celibato/nubilato non consacrato come figura per la Chiesa di
oggi, che presuppone di non sacralizzare la vita consacrata. Perché la vita religiosa e il matrimonio sono solo dei
mezzi: l’unico fine è la relazione con Dio, la vita con
Cristo. Single consacrati o non consacrati hanno molte
cose da dirsi.
CLAIRE LESEGRETAIN*
5 Cf. «L’étonnante modernité des béguinages», in La Croix
12.12.2002.
* Claire Lesegretain è giornalista e autrice di tre libri: Les grands ordres
religieux, Fayard, Parigi 1990 (trad. it. Gli ordini religiosi ieri e oggi.
Manuale degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica,
Massimo, Milano 1993); Être ou ne pas être célibataire, Éditions Saint-Paul,
Versailles 1998; Les chrétiens et l’homosexualité, l’enquête, Presses de la
Renaissance, Parigi 2004.